COLLABORAZIONI FAMILIARI. Con lettera circolare (n° prot. 37/0010478/MA 007. A001) del 10 giugno 2013, il Ministero del Lavoro ha preso posizione in merito alle collaborazioni familiari, avuto particolare riguardo all’agricoltura. Com’è patrimonio orami acclarato, ed incontrastato, la collaborazione resa all’interno di una famiglia integra una prestazione avente principalmente eziologia “morale”, basata sulla c.d. affectio vel benevolentiae causa, e cioè sul vincolo solidaristico ed affettivo proprio del contesto familiare; ovviamente in un rapporto coniugale, di parentela e di affinità non si prevede d’ordinario la corresponsione di alcun compenso. Secondo il Ministero “il carattere abituale e prevalente del lavoro del familiare dell’imprenditore, individuale o socio, ai fini della iscrizione presso le apposite Gestioni previdenziali INPS – la circostanza che il lavoro sia reso da un familiare contribuisce a determinare in molti casi la natura occasionale della prestazione lavorativa, così da escludere l’obbligo di iscrizione in capo al familiare. In alcune specifiche circostanze, inoltre, l’occasionalità della prestazione può essere qualificata come regola generale e pertanto si ritiene che in sede di verifica ispettiva se ne debba tener conto”. Importante ancora la precisazione relativa al soggetto pensionato: secondo la circolare “appare opportuno ricondurre nell’ambito delle collaborazioni occasionali affectionis causa, escluse dall’obbligo di iscrizione presso l’Ente previdenziale, le prestazioni rese da pensionati, i quali verosimilmente non possono garantire al familiare che sia titolare o socio dell’impresa un impegno con carattere di continuità. Le ragioni possono essere molte: la scarsa volontà di impegnarsi in un’attività nuova, la scelta di dedicarsi ad altri progetti o a curare più da vicino il contesto familiare. In sintesi, è sempre possibile individuare una o più ragioni che possano giustificare un limitato ed occasionale impegno lavorativo”. Pertanto, “il personale ispettivo considererà le prestazioni rese dai pensionati, parenti o affini dell’imprenditore, quali collaboratori occasionali di tipo gratuito, tali dunque da non richiedere né l’iscrizione nella Gestione di competenza, né da ricondurre alla fattispecie della subordinazione”. Parimenti, per le prestazioni svolte dal familiare impiegato full time presso altro datore di lavoro , considerato il residuale e limitato tempo a disposizione per poter espletare altre attività o compiti con carattere di prevalenza e continuità presso l’azienda del familiare. La circolare chiarisce in modo inequivoco come, nelle predette casistiche, “la collaborazione del familiare si considera “presuntivamente” di natura occasionale e pertanto il personale ispettivo, solo ove non ritenga di accedere a tale impostazione per la presenza di precisi indici sintomatici di una “prestazione lavorativa” in senso stretto, dovrà comunque dimostrarne la sussistenza mediante puntuale ed idonea documentazione probatoria di carattere oggettivo ed incontrovertibile”. Con specifico riferimento alle attività agricole, l’art. 74 del D.Lgs. n. 276/2003 prevede che “non integrano in ogni caso un rapporto di lavoro autonomo o subordinato le prestazioni svolte da parenti e affini sino al quarto grado in modo meramente occasionale o ricorrente di breve periodo, a titolo di aiuto, mutuo aiuto, obbligazione morale senza corresponsione di compensi …”. La norma si fonda, quindi, sul fattore dell’occasionalità che rappresenta l’elemento dirimente al fine di escludere l’obbligo di iscrizione all’Ente previdenziale ed il conseguente versamento relativo all’attività svolta dal familiare a titolo gratuito. Con la circolare in commento, il Ministero del Lavoro fornisce indicazioni di carattere tecnico sul mero piano della metodologia ispettiva anche mediante l’utilizzo di presunzioni operative; ciò al fine di orientare le valutazioni in merito alle collaborazioni familiari di tipo occasionale escluse dagli obblighi previdenziali, assicurando in tal modo un’uniforme applicazione delle soluzioni da adottare in sede di accertamento ispettivo. In primo luogo, il Ministero sottolinea come per attività occasionale si debba intendere quella caratterizzare dalla non sistematicità e stabilità dei compiti espletati, non integrante comportamenti di tipo abituale e prevalente nell’ambito della gestione e del funzionamento dell’impresa. Il giudizio sulla non abitualità della prestazione è individuato attraverso un parametro di natura quantitativa di tipo convenzionale e ciò al fine dell’accertamento delle collaborazioni “familiari”. La circolare ritrova tale indicatore “ispettivo” dalla disposizione di cui all’art. 21, comma 6 ter, del D.L. n. 269/2003 (valevole per il settore dell’artigianato, che fissa in 90 giorni nel corso dell’anno il limite temporale massimo della collaborazione occasionale e gratuita prestata nel caso in cui il familiare sia impossibilitato al lavoro. Secondo il Ministero, quindi, è opportuno legare la nozione di occasionalità al limite quantitativo dei 90 giorni, intesi frazionabili in ore, ossia 720 ore nel corso dell’anno solare. Nel caso di superamento dei 90 giorni, il limite quantitativo si considera comunque rispettato anche laddove l’attività resa dal familiare si svolga soltanto per qualche ora al giorno, fermo restando il tetto massimo delle 720 ore annue. La circolare, inoltre, reputa la occasionalità della prestazione del collaboratore a prescindere dalla contestuale presenza del titolare nei locali dell’azienda ove impegnato in altre attività; il mancato rispetto del parametro quantitativo dovrà comunque essere dimostrato dal personale ispettivo mediante la acquisizione di elementi di natura documentale o testimoniale, in assenza dei quali non potrà ritenersi provato il superamento del limite dei 90 giorni ovvero delle 720 ore annue. In ordine al vincolo di parentela, sono genuine le collaborazioni occasionali (escluse dagli adempimenti previdenziali), quelle instaurate tra il titolare dell’azienda, oltre che con il coniuge, con parenti affini fino al quarto grado. In proposito, si ricorda che sono parenti: - di primo grado i genitori e i figli; - di secondo grado i nonni, i fratelli e sorelle, i nipoti intesi come figli dei figli; - di terzo grado i bisnonni e gli zii, i nipoti intesi come figli di fratelli e xxxxxxx, i pronipoti intesi come figli dei nipoti di secondo grado; riguardo agli affini sono tali i parenti del coniuge: - di primo grado i suoceri; - di secondo grado i nonni del coniuge ed i cognati; - di terzo grado i bisnonni del coniuge, gli zii del coniuge, i nipoti intesi come figli dei cognati.
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