S E M I N A R I O G I U R I D I C O
S E M I N A R I O G I U R I D I C O
D E L L A U N I V E R S I T À D I B O L O G N A CCCI
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CONTRATTAZIONE COLLETTIVA E PLURALITÀ DI CATEGORIE
S E M I N A R I O G I U R I D I C O
D E L L A U N I V E R S I T À D I B O L O G N A
CCCI
XXXXXX XXXXXXXXX
CONTRATTAZIONE COLLETTIVA E PLURALITÀ DI CATEGORIE
Bononia University Press
Xxx Xxx Xxxxxxx 0, 00000 Xxxxxxx
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Quest’opera è pubblicata sotto licenza Creative Commons BY-NC-SA 4.0 ISSN 2283-916X
ISBN 978-88-6923-567-2
ISBN online 978-88-6923-568-9 DOI 10.30682/sg301
Prima edizione: xxxxxx 2020
S E M I N A R I O G I U R I D I C O
D E L L A U N I V E R S I T À D I B O L O G N A
***
Per la presente monografia xx Xxxxxx di Dipartimento ha nominato la se- guente Commissione di lettura:
Xxxxxx Xxxxxxxxxx (Xxxx Mater Studiorum - Università di Bologna), per il Settore Scientifico Disciplinare IUS/07 Diritto del Lavoro
Xxxxxx Xxxxxxxx (Xxxx Mater Studiorum - Università di Bologna), per il Set- tore Scientifico Disciplinare IUS/07 Diritto del Lavoro
Xxxxx Xxxx (Xxxx Mater Studiorum - Università di Bologna), per il Settore Scientifico Disciplinare IUS/07 Diritto del Lavoro
Ai miei genitori x x xxx Xxxx
Xxxxxxxx I
LIBERTÀ SINDACALE E CATEGORIA CONTRATTUALE
SOMMARIO: 1. Il problema della categoria. – 2. Pluralità di significati del lemma ca- tegoria nel diritto sindacale. – 3. Categoria professionale e categoria sindaca- le. – 4. Categoria contrattuale. – 5. Le tipizzazioni dell’autonomia collettiva. –
6. Principio di libertà sindacale e definizione delle unità negoziali. – 6.1. La giurisprudenza costituzionale sulla xxxxx Vigorelli. – 6.2. L’affermazione di una nozione volontaristica di categoria. – 7. La sovrapposizione tra gli am- biti di applicazione dei contratti collettivi di categoria: un fenomeno relati- vamente nuovo. – 8. Inquadramento delle questioni da affrontare e struttu- ra del lavoro.
1. Il problema della categoria
Il tema della categoria – che xxx xxxxxxxxx anni xx Xxxxxx defi- niva «suggestivo e antico»1 – è dai più considerato particolarmente complesso2, se non un puzzle logico-giuridico3, o persino uno dei nodi permanenti della materia4: uno di quei problemi, xxxx, xxx so-
1 X. XXXXXX, Osservazioni sulle sentenze n. 70 e 106 xxxxx Xxxxx costituziona- le, in Giur. Cost., 1963, p. 828.
2 X. XXXXXXXXXXX, Area contrattuale e autonomia collettiva, in Dir. Lav. Rel. Ind., 1999, p. 284.
3 X. XXXX, Verso una rappresentanza misurata? Strumenti e metodi di misu- razione della rappresentatività datoriale, in Dir. Lav. Rel. Ind., 2017, p. 38.
4 X. XXXXXXXX, La contrattazione collettiva nazionale oggi: caratteri, meta- morfosi, criticità, in A. XXXXXXXXXX, X. XXXXXXXXXX, X. XXXXXXX, X. ZOLI (a cura di),
6 Contrattazione collettiva e pluralità di categorie
lo temporaneamente possono «scomparire xxxxx xxxxx xxxxx materia trattata […] per l’affollarsi di questioni particolari, [ma che] a cau- sa dell’importanza che rivestono per la scienza tornano di continuo alla superficie ed esigono attenzione»5. Ciò non dovrebbe stupire, se si considera la sorprendente varietà di prospettive e, per così dire, di gradazioni, con le quali il tema de quo si è riproposto, xxx xxxxx del- la (ormai più che) «semisecolare singolare vicenda del nostro diritto sindacale eternamente provvisorio»6.
Vi è la questione per definizione irrisolta di se e come dare attua- zione all’art. 39 Cost. Una xxxxx xxx attribuisse effetti erga omnes ai contratti collettivi non potrebbe eludere il nodo, da una parte, dell’a- dozione di meccanismi mediante i quali definire le unità negoziali del- la contrattazione collettiva (comma 4°) e, dall’altra, della conciliabili- tà di tali meccanismi con il principio di libertà sindacale (comma 1°)7.
Si ricorderà che all’epoca della ricostruzione post-costituzionale del diritto sindacale8, la nozione di categoria è stata al centro di uno dei “sommovimenti” decisivi per la cultura della materia, per opposizione o, se si vuole, in polemica con i retaggi del regime corporativo9. Da xx- xxxx, non è più stato messo seriamente in discussione l’assunto che una nozione preconcetta di categoria non sia ricavabile dall’ordinamento giuridico10. Eppure, vi è talvolta l’impressione che il dibattito sulla no- zione di categoria non sia del tutto sopito: non ne rappresenta forse una
La contrattazione collettiva xxxxx spazio economico globale, Bologna, Bononia Uni- versity Press, 2017, p. 5.
5 X. XXXXXXX, Problemi circa l’ambito di applicazione dei contratti collettivi, in AA.VV., Categorie professionali e contratti collettivi, Suppl. Notiz. Giur. Lav., Roma, Assicredito, 1990, p. 21.
6 X. XXXX, La contrattazione collettiva di diritto comune e l’art. 2070 c.c., in
Giust. Civ., 1997, p. 1203.
7 Cfr. X. XXXX, Problemi costituzionali del diritto sindacale italiano, Milano, Feltrinelli, 1960, pp. 51-68.
8 X. XXXXXX, I primi due decenni del diritto del lavoro repubblicano, I. Dalla liberazione alla metà degli anni ’50, II. Dalla metà degli anni ’50 xxxx xxxxx xxx xx- cenziamenti individuali, in Riv. It. Dir. Lav., 2007, I, pp. 221 ss., 249 ss.
9 X.X. XXXXXXX, Libertà sindacale e contratto collettivo “erga omnes”, in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 1963, p. 570 ss. ora con il titolo Il problema dell’art. 39 (xx- xxxxx sindacale e contratto collettivo erga omnes) in ID., Costituzione e movimento operaio, Bologna, Il Mulino, 1976, p. 133 ss.
10 X. XXXXXXXXX, Il xxxxxxxxx collettivo d’impresa, Milano, Giuffrè, 1963, pp. 40-45.
Libertà sindacale e categoria contrattuale 7
prova il fatto che sia stata in questi anni discussa, in dottrina, la legitti- mità costituzionale dell’art. 8, l. n. 148/2011, nella parte in cui prevede l’efficacia generale dei contratti collettivi di prossimità11?
Vi è altresì la prospettiva – non più attuale, se non per gli in- segnamenti che se ne possono trarre – xxxxx xxxxx cd. Xxxxxxxxx (n. 741/1959), che ha posto alla dottrina e alla giurisprudenza dell’e- poca, anche costituzionale12, questioni di elevata complessità, rela- tivamente alla definizione del campo di applicazione delle discipline collettive recepite nei decreti delegati13.
Xxxx xxxx storica sentenza n. 2665/1997 delle Sezioni Unite del- la Cassazione14, il tema de quo è stato teatro di un episodio, invero, tra i più controversi, di dissociazione tra formante dottrinale e giu- risprudenziale, in merito all’applicabilità dell’art. 2070 c.c. ai con- tratti collettivi di diritto comune. Tuttavia, il consolidamento, nella giurisprudenza successiva15, dell’orientamento accolto dalle Sezioni
11 Il problema ha, come xxxx, origine dai dubbi di legittimità costituzionale che solleverebbe qualsiasi xxxxx o atto avente forza di xxxxx xxx estendesse gli effetti dei contratti collettivi «con forme e procedimento diversi da quelli previsti dall’art. 39 Cost.» (C. cost. 19 dicembre 1962, n. 106, in Giur. Cost., 1962, p. 1408, note X. XXXXXXXXXX, X. XXXXXXXXX, X. XXXXX, Mass. Giur. Lav., 1962, p. 648, nota X. XXXX, Xxx. Dir. Lav., 1963, II, p. 23, nota X. XXXXXXX). Secondo un primo orientamento, tuttavia, il problema non avrebbe motivo xx xxxxx in relazione all’art. 8, cit., dal mo- xxxxx xxx la xxxxx costituzionale impedirebbe di estendere l’efficacia soggettiva (in modi diversi da quelli previsti dall’art. 39 Cost.) dei soli contratti collettivi di settore (xxxx’esperienza italiana: nazionali e provinciali); secondo altri, invece, una tale inter- pretazione non sarebbe ricavabile xxxxx xxxxx costituzionale, se non finendo per ri- cadere nel preconcetto di una definizione aprioristica della categoria: l’impedimento costituzionale ad estendere erga omnes, per xxxxx, l’efficacia soggettiva dei contratti collettivi sussisterebbe, perciò, non soltanto per i contratti collettivi di settore, ma an- che per quelli di livello aziendale. Sul tema, cfr. X. XXXXXXX, Il diritto sindacale al tem- po xxxxx xxxxx. Intervento eteronomo e profili di legittimità costituzionale, in Dir. Lav. Rel. Ind., 2012, pp. 500-503, X. XXXXXXXXX, La regolazione per xxxxx del contratto collettivo aziendale alla xxxx del sistema costituzionale, Torino, Giappichelli, 2017.
12 Specialmente, C. cost. 15 xxxxxx 1963, n. 70, 20 giugno 1963, n. 106, en- trambe in Giur. Cost., 1963, pp. 585, 820, nota X. XXXXXX, xxx, p. 822 ss.
13 Sul tema, cfr. X. XXXXXXXXX, La categoria xxxx’ordinamento giuridico del la- voro, Milano, Giuffrè, 1963; v. altresì i contributi raccolti in AA.VV., La categoria e la contrattazione collettiva, Milano, Giuffrè, 1964.
14 Cass. SSUU 26 marzo 1997, n. 2665, in Giust. Civ., 1997, p. 1203, nota
X. XXXX, Mass. Giur. Lav., 1997, p. 739, nota X. XXXXXXXXXXXX, Giur. It., 1998, p. 916, nota X. XXXXXXX.
15 Tra le molte, Cass. 8 xxxxxx 2008, n. 11372, in Giust. Civ. Mass., 2008, p. 683, Cass. 13 luglio 2009, n. 16340, in Giust. Civ. Mass., 2009, p. 1087, Cass. 18
8 Contrattazione collettiva e pluralità di categorie
unite non ha impedito che continuasse a porsi il problema di una se- lezione, mediante criteri oggettivi, dei contratti collettivi da assumere xxxxx parametro del trattamento economico e/o normativo, nei casi di rinvio dalla xxxxx all’autonomia collettiva16. In altri termini, quella giurisprudenza non ha impedito che si ponesse nuovamente il proble- ma della nozione di categoria di cui si sarebbe dotato il legislatore17.
Per non dare che un ultimo, ma non meno rilevante, elemento di contesto: la definizione dei comparti, ai xxxx xxxxx contrattazione collet- tiva per il settore pubblico, rappresenta uno dei più delicati momenti di contatto, in questa materia, tra intervento dei pubblici poteri e sfera di autonomia delle parti sociali. La dottrina lo aveva evidenziato fin dalla xxxxx-quadro n. 93/198318 e, dagli anni Novanta in poi, le vicende del- la contrattazione collettiva lo hanno confermato19, ma è con xx xxxxxx riduzione a quattro del numero dei comparti, prevista dalla cd. riforma Xxxxxxxx del 2009, che i nodi sembrano essere xxxxxx al pettine20.
2. Pluralità di significati del lemma categoria nel diritto sindacale
Al fine di orientarsi in questo groviglio di discipline xxxx-xxxxx- cali “in stile italiano”, giova per prima cosa chiarire meglio cosa s’in- tenda quando si utilizza il lemma categoria.
In un’accezione basilare o, se si preferisce, generalissima, esso
dicembre 2014, n. 26742, in Pluris. Nella giurisprudenza di merito, Trib. Xxxxxxx, 22 marzo 2010, in Lav. Giur., 2010, p. 736, nota X. XXXXXX.
16 A. BELLAVISTA, La clausola sociale dell’art. 36 st. lav. e l’art. 2070 c.c., in
Riv. It. Dir. Lav., 1999, II, p. 462 ss.
17 Cfr. X. XXXXXXX, Riflessioni sulla misurazione della rappresentanza dato- xxxxx xxxx’ordinamento statale e intersindacale, in WP CSDLE “Xxxxxxx X’Xxxx- na”.IT, 376/2018, pp. 9-10, X. XXXXXXX, Trattamento economico minimo (del socio lavoratore) e c.c.n.l. parametro: chi individua la categoria ed il perimetro della stes- sa?, in Labor, 2019, pp. 404-414.
18 X. XXXX XXXXXXXXXX, Xxxxx quadratura di molti circoli, in Pol. Dir., 1984, p. 11.
19 X. XXXXXXXX, Problemi costituzionali della contrattazione collettiva nel la- voro pubblico, Bari, Xxxxxxx, 1997, p. 419 ss.
20 C. XXXX, La struttura della contrattazione collettiva nel lavoro pubblico, in
X. XXXXXXXX, X. XXXXXXX (dir. da), Il nuovo diritto del lavoro, 1, Il lavoro alle xxxxx- xxxxx delle amministrazioni pubbliche, Torino, Giappichelli, 2013, p. 165.
Libertà sindacale e categoria contrattuale 9
allude alla rappresentazione di una porzione ideale o materiale della realtà, mediante la costruzione di una serie di relazioni tra sequenze linguistico-concettuali e dati di esistenza oggettiva21: vi si potrebbe alludere in termini di “classi di realtà”. Corrispondente a locuzioni quali serie, classificazione, raggruppamento e così via, “categoria” potrebbe a ben vedere riferirsi a qualsiasi partizione dotata xx xxxx- xxxxx per la materia, in base al contesto xxx xxxxx è utilizzato, agli attributi che lo qualificano o alle sue specificazioni. Categoria pro- fessionale, categoria sindacale, categoria contrattuale, interesse di categoria, autotutela di categoria, rivendicazione di categoria, sin- dacato di categoria, contratto di categoria (e si potrebbe continuare) sono tutte nozioni che sollevano difficoltà terminologiche e concet- tuali di non poco momento22. Non stupisce – notava tempo addietro Tarello – che tale vocabolo sia adoperato in molti luoghi dell’ordi- namento giuridico senza essere definito, o che dalla dottrina e dal- la giurisprudenza sia sovente presupposto, e solo di rado precisato, con esiti, peraltro, incerti e controvertibili23.
Ad esempio, in occasione xxxxx xxxxxxx sentenza n. 123 del 1962
xxxxx sciopero per fini non contrattuali24, la Corte costituzionale ado- però il vocabolo categoria in una varietà di accezioni, non sempre, peraltro, in modo perspicuo, come osservava all’epoca Pera25. Il giu- xxxxx a quo prendeva le mosse da un fatto di «abbandono collettivo del lavoro effettuato dagli appartenenti a quattro categorie di per- sonale»; era discusso xx xxxxx o meno legittimo «escludere o limita- re il diritto garantito dall’art. 40 in confronto a quella determinata categoria di prestatori»; si poneva un problema di confronto tra «in- teressi generali assolutamente preminenti rispetto agli altri collegati
21 X. XXXXX, Categories, in Routledge Encyclopaedia.
22 M. DELL’OLIO, Ancora sulla rappresentatività, e su maggioranza e propor- zionalità, organizzazione sindacale, categoria, xxxxx xxxxxxx dei lavoratori e nel si- stema, in Giur. Cost., 1988, II, p. 1433 ss.
23 X. XXXXXXX Xxxxxx e ideologie nel diritto sindacale, Milano, Edizioni di Co- munità, 1967, p. 45 testo e nota 50, ma passim.
24 Cfr. X. XXXXXXX, Il conflitto collettivo nella giurisprudenza costituzionale, Milano, Giuffrè, 1971, p. 50 ss.
25 X. XXXX, Lo sciopero di solidarietà nelle più recenti concezioni, in Riv. Giur. Lav., 1964, I, p. 1 ss. La sentenza citata nel testo è ovviamente C. cost. 28 di- cembre 1962, n. 123, in Dir. Lav., 1963, II, p. 198.
10 Contrattazione collettiva e pluralità di categorie
all’autotutela di categoria»; si affermò, inoltre, che «non è contestabi- le la sussistenza di interessi comuni a intere categorie di lavoratori» e che a determinate condizioni è legittima la sospensione del lavoro in appoggio a «uno sciopero già in via di svolgimento, ad opera di lavo- ratori appartenenti alla stessa categoria dei primi scioperanti»; infine, in uno dei passaggi ancora oggi più controversi della motivazione26, si sostenne xxx xxxxxx xx xxxxxxx del merito verificare «il grado di col- legamento fra gli interessi economici di cui si invoca la soddisfazione ed, in relazione ad esso, determinare l’ampiezza da assegnare al com- plesso categoriale formato dai titolari degli interessi stessi».
Non si andrebbe lontani dal vero se si rimarcasse che un altro dei grands arrêts del diritto sindacale repubblicano – la sentenza n. 334 del 1988 xxxxx Xxxxx costituzionale, sul sindacalismo dei qua- dri27 – si è xxxxx xx un continuo di ambiguità terminologiche e so- stanziali: esito forse inevitabile, in una vicenda in cui si contrappo- xxxx, xx xxxx dell’accesso alle prerogative del titolo III dello statuto dei lavoratori, il modello di sindacato confederale storico pluricate- goriale o multicategoriale (che aggrega più categorie di prestatori di lavoro ed è operativo con proprie federazioni di categoria nella gran parte dei rami dell’economia) e un soggetto che aggrega un’unica ca- tegoria di prestatori di lavoro (i quadri) xx x xxxxxx definibile mono- categoriale, ma che al contempo ha una struttura organizzativa che si potrebbe dire a sua volta multicategoriale, in quanto radicata in una pluralità di rami dell’economia28.
In breve, cosa si debba intendere con il termine categoria, quan-
26 Cfr. X. XXXXXXX, Xxxxx per lo studio del diritto sindacale, Padova, Cedam, 1965, pp. 120-121; più di recente, X. XXXXXXXXX, Conflitto collettivo, in Enc. Dir., Xxxxxx, IX, 2016, p. 112.
27 C. cost. 24 marzo 1988, n. 334, in Giur. Cost., 1988, II, p. 1433, nota M. DELL’OLIO, Mass. Giur. Lav., 1988, p. 189, nota R. PESSI, Riv. It. Dir. Lav., 1988, II, p. 549, nota V.A. POSO.
28 Dietro le ambiguità terminologiche si celavano delicate questioni di poli- tica sindacale attinenti alle linee organizzative dei soggetti storici: ad essere in di- scussione era, cioè, la nozione tradizionale di categoria professionale: x. X. XXXXXX, Il problema xxxxx xxxxxxxx rappresentatività sindacale davanti xxxx Xxxxx costitu- zionale (nella questione dei Sinquadri), in Riv. It. Dir. Lav., 1989, I, p. 141 ss., X. XXXXXXXX, Rappresentatività sindacale e categorie professionali, in La rappresen- tatività del sindacato, Quaderni di diritto del lavoro e delle relazioni industriali, Torino, Utet, 1989, p. 75 ss.
Libertà sindacale e categoria contrattuale 11
do è adoperato nel diritto positivo, dalla giurisprudenza o dalle stesse parti sociali, non è sempre agevole da stabilire29. «Quando ad una pa- rola vengono richiesti servizi così diversi, complessi e casuali, da mol- teplici agenti e per molteplici fini, può risultare incapace di selezioni fino a diventare mera evocazione»30: è un tema, quello che ci occupa, xxx xxxxx il continuo intrecciarsi di diversi piani di linguaggio – quello del diritto e dei suoi interpreti e quello dei rapporti sindacali, ciascuno con una propria logica formale e sostanziale31 – complica non poco i tentativi di operare una ricostruzione tecnico-giuridica. Per avvicinar- si ai temi oggetto di questo studio, è necessario, perciò, spostare gra- dualmente l’attenzione verso le questioni specifiche che si pongono in materia di contrattazione collettiva, in modo da dotare il vocabolo di una xxxxxxxx portata selettiva, che xx xxxxx utilizzabile nella ricerca32.
3. Categoria professionale e categoria sindacale
Saggiandone una prima declinazione volta ad un utilizzo in con- creto, il termine categoria può designare una serie aperta di soggetti, che condividono una collocazione xxxx’economia e nel mercato del
29 Cfr. X. XXXX, Concorrenza, lavoro, diritti (aspetti collettivo-sindacali), in
Arg. Dir. Lav., 2017, p. 1350, ma v. spec. nota 34.
30 Il passo è tratto da X. XXXXXXXXXX, Alle origini del dibattito giuridico-istitu- zionale sulla democrazia industriale: il caso italiano, in AA.VV., Studi in onore di Xxxx Xxxxxxxxx, I, Studi di diritto costituzionale, diritto civile, diritto del lavoro, xx- xxxxx commerciale, Milano, Giuffrè, 1983, p. 796: le osservazioni che l’A. formula a proposito dell’espressione “democrazia industriale” sembrano, per così dire, ben rap- presentare anche i profili di ambiguità terminologiche e di sostanza che riguardano il vocabolo “categoria”. Del medesimo A., per una più approfondita digressione se- mantica sulla democrazia industriale, v. Democrazia industriale e subordinazione. Poteri e fattispecie nel sistema giuridico del lavoro, Milano, Giuffrè, 1985, p. 133 ss.
31 Cfr. X. XXXXXXXXX, Il Testo Unico sulla rappresentanza tra relazioni indu- striali e diritto, in Dir. Rel. Ind., 2014, p. 688.
32 Traccia, in xxxxx ma significative pagine, queste linee metodologiche, volte a indirizzare il significato delle nozioni giuridiche verso gli «scopi per cui vengono formulate» e verso le «mutevoli situazioni storico-culturali nelle quali vengono pro- poste ed usate», L. XXXXXXXX, Mistero ed esperienza sociale e giuridica, in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 1961, p. 949 (per la citazione); v. altresì, alcuni anni prima, G. CA- XXXXXX, La polemica xxx xxxxxxxx giuridici, in Riv. Dir. Comm., 1945, I, p. 112 ss. e
A.C. XXXXXX, Ancora xxx xxxxxxxx giuridici, ivi, p. 130 ss.
12 Contrattazione collettiva e pluralità di categorie
lavoro, id est un raggruppamento professionale, identificabile sulla base di elementi convenzionalmente stabiliti33.
Ad esempio, mediante le attività di raccolta e di classificazio- ne di dati sulle forze produttive e del lavoro in un dato perimetro, gli istituti di analisi statistica forniscono periodicamente tassonomie delle occupazioni, utilizzate a fini di divulgazione e di studio, ma anche dall’attore pubblico per predisporre misure di intervento nel mercato del lavoro34. Le categorie professionali sono presupposte o identificate all’occasione dal legislatore, per individuare l’ambito di applicazione di disposizioni xx xxxxx o di altri provvedimenti. Al co- sto di una marcata semplificazione, può osservarsi come il legislato- re sia libero di individuare le categorie che sono assoggettate a talu- ne discipline protettive35, ossia i destinatari delle norme36.
Tuttavia, tali partizioni non dovrebbero avere effetto, se non ai fini dell’applicazione delle medesime disposizioni37. Ciò è vero spe- cialmente sul terreno dei rapporti sindacali, ove i termini del ragio- namento sono per così dire invertiti. Con l’operare dell’art. 39, c. 1, Cost., assume rilievo predominante un elemento volitivo del sogget- to storico. Il concetto di categoria è definito dall’attributo “sindaca- le” (se si preferisce, categoria in senso organizzativo). Il vocabolo non perde il significato elementare di selezione di un segmento della realtà socioeconomica, ma si qualifica in modo dirimente per l’auto- determinazione dei confini di quest’ultimo38.
33 Si tratta di un significato elementare xxxxx xxxxxx, avverte X. XXXX, Categorie e qualifiche del lavoratore, in Enc. Giur. Trecc., VI, 1988, p. 1. V. altresì V. SIMI, For- mazioni sociali e categoria professionale, in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 1965, p. 436 ss.
34 Ad esempio, ISTAT, La classificazione delle professioni, Roma, Istituto na- zionale di statistica, 2013.
35 X. X. XXXXXXXXX, Il significato e la funzione del «fatto» xxxx’esperien- za giuridica (1929), in ID. Formalismo e sapere giuridico. Studi, Milano, Giuffrè, 1963, pp. 285-287. Più di recente, X. XXXXX, Fatto giuridico, in Dig. Civ., Aggior- namento, 2010, p. 616.
36 Invero, la questione dell’individuazione dei destinatari delle xxxxx xx xxxxx è più complessa della soluzione oltremodo lineare xxxx xxxxx si allude con la conside- razione di cui al testo. Non sembra tuttavia necessario approfondirne i termini, per l’attinenza limitata con il tema di questa ricerca: cfr., comunque, X. XXXXXXX, Nor- ma giuridica (teoria generale), in Enc. Dir., XXVIII, 1978, p. 337, spec. note 35-38.
37 X. XXXXXXXX, Il sindacato, I, L’organizzazione sindacale, Torino, Utet, 1984,
p. 87, X. XXXXX, L’inquadramento dei datori di lavoro, Milano, Giuffrè, 1993, passim.
38 X. XXXX, Categorie e qualifiche del lavoratore, cit., pp. 1-2.
Libertà sindacale e categoria contrattuale 13
La categoria sindacale, pur essendo naturaliter individuata per rin- vio ad elementi in grado di suggerire una collocazione nel mondo del la- voro e dell’economia (ad esempio, «le lavoratrici e i lavoratori operanti xxxx’impresa metalmeccanica italiana»), altro non è se non una proiezio- ne identitaria del gruppo, che si determina, appunto, da sé.
Non vi è, perciò, coincidenza (per lo meno, non per principio) tra le categorie sindacali e gli aggregati professionali che si forma- no nel mondo del lavoro o per come sono identificati dagli istituti di statistica o dal legislatore. Come dire che non è la rassomiglian- za tra le attività alle quali i lavoratori sono addetti, o un qualche tipo di determinismo socioeconomico39, a identificare un interesse collettivo, bensì il fatto che, in autonomia, un gruppo – più o me- no ampio e più o meno coeso al proprio interno – si riconosca in un’esperienza da rappresentare ad altri, individui, gruppi e istitu- zioni40, diventando, per via di un momento organizzativo, soggetto storico41. Al proposito non dovrebbero più esserci voci discordan- ti42. Può ritenersi superata, cioè, ogni nozione ontologica di inte- xxxxx collettivo, precostituita dalla composizione o da una struttura bloccata dei gruppi professionali, che il sindacato si limiterebbe a riconoscere e fare propria43. Un interesse della categoria è concepi- bile come momento ancora «teorico», xxx xxxx’organizzazione è in grado di reificarsi44; il che non potrebbe avvenire senza una deter- minazione politico-identitaria, in un andamento che pone al centro il soggetto e la sua azione.
39 J.-X. XXXXXXX, Rapport sur la négociation collective et les branches profes- sionnelles, Rapport au Premier ministre, Paris, La documentation française, Remis le 28 avril 2009, p. 9.
40 X. XXXXXXX-XXXXXXXXXX, Autonomia collettiva, giurisdizione, diritto di scio- pero (1949) e L’autonomia dei privati nel diritto dell’economia (1956), in ID., Saggi di diritto civile, Napoli, Jovene, 1961, pp. 177 ss., 227 ss.
41 X. XXXXXX, Libertà sindacale, in Dig. Comm., IX, 1993, pp. 26-27.
42 La posizione di cui al testo si può fare risalire a X. XXXXXX, La funzione giu- ridica del contratto collettivo di lavoro, in Il contratto collettivo di lavoro, Atti del III congresso nazionale dell’Aidlass, Milano, Giuffrè, 1968, p. 30 ss. x x X. PERSIA- NI, Xxxxxx sull’autonomia privata collettiva, Padova, Cedam, 1972, pp. 33-34, nota 106, pp. 69-70, 74.
43 X. XXXXXX, Rappresentanza sindacale e consenso, Milano, Xxxxxx Xxxxxx, 1992, p. 111 ss.
44 X.X. XXXXXXXX, Interessi collettivi e comportamento antisindacale dell’im- prenditore, Napoli, Jovene, 1979, p. 156.
14 Contrattazione collettiva e pluralità di categorie
Per quanto la forma di aggregazione sindacale più diffusa nel si- stema italiano di relazioni industriali xxx xxxxxx delle federazioni di categoria, non vi è alcuna inferenza necessaria tra le categorie sinda- cali e, per semplificare, il complesso degli addetti ad un medesimo ramo dell’industria o branca produttiva o settore merceologico45. Si pensi alle aggregazioni per mestiere o per professione, la cui diffu- xxxxx è aumentata, con l’articolazione del mercato del lavoro, dagli anni Ottanta del secolo scorso in avanti46; all’eventualità xxx xxxxx- cati attivi in un’impresa sovranazionale xxxxx xxxx ad organizzazioni a misura di azienda, svincolate dalle federazioni del settore e dalle loro confederazioni47; ancora, ai tentativi di costituire sindacati in- tercategoriali, per superare, in alcune catene del valore (si pensi al- la logistica)48, il modello tradizionale della struttura sindacale cd. verticale, che sarebbe inadatto a fronteggiare le linee più intensive dell’odierno sviluppo dell’economia di mercato49; infine, alle forme particolarmente vivaci di sindacalismo che sta sollecitando l’evolu- zione in senso digitale dell’economia50.
Ciascun gruppo, con una scelta insindacabile, individua un pro-
prio ambito di inquadramento, che può sovrapporsi, in tutto o in
45 X. XXXXXXXXX, Xx xxxxx e il contenuto del principio di libertà sindacale, in C. ZOLI (a cura di), Xx xxxxx. Il diritto sindacale, in X. XXXXXXX (dir. da), Diritto del la- voro. Commentario, II ed., Torino, Utet, 2007, p. 75.
46 La genesi degli svolgimenti attuali risale, come xxxx, agli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso, ma la situazione è cambiata rispetto al quadro degli «ex- tra-confederali» allora descritto da X. XXXXXXXXX, La parabola del sindacato, Bolo- gna, Il Mulino, 1992, p. 259 ss., o da G. DELLA ROCCA, Il sindacato, in X.X. XXXXX,
X. XXXX, Le nuove relazioni industriali. L’esperienza italiana nella prospettiva eu- ropea, Bologna, Il Mulino, 1998, p. 103.
47 Un cenno, prendendo spunto dal “caso Fiat”, in X. XXXXXXXX, Verso un nuovo regime collettivo per l’auto?, in X. XXXXXXX (a cura di), Xx Xxxxxxxxxx a Mi- rafiori: la cronaca si fa storia, Milano, Ipsoa, 2012, p. 107 ss., nonché in X. XXXXXX, La categoria come ambito di applicazione e perimetro di misurazione della rappre- sentanza, in Riv. It. Dir. Lav., 2017, I, pp. 328-329, nota 62.
48 X. XXXXXXXXXX, X. XXXXXXX (a cura di), Logistica e lavoro, Quaderni Riv. Giur. Lav., Roma, Ediesse, 2018, SE. BOLOGNA, X. XXXX, Relazioni industriali e ser- vizi di logistica: uno studio preliminare, in Dir. Lav. Rel. Ind., 2019, p. 125 ss.
49 Del tema ci si occupava già negli anni Novanta: X. XXXXX, Sindacati e Co- bas: il contratto collettivo “conteso”, in Riv. It. Dir. Lav., 1990, I, p. 318 ss.
50 P. TULLINI, L’economia digitale alla prova dell’interesse collettivo, in Lab. Law. Iss., 2018, 1, p. 15 ss.
Libertà sindacale e categoria contrattuale 15
parte, con quello degli altri51. Si è scritto che «Dalla libertà di cia- scun gruppo di organizzarsi nel medesimo ambito di riferimento, o di individuare una categoria professionale trasversale a quella iden- tificata da altri sindacati, deriva anche la garanzia del pluralismo sindacale»52.
In effetti, è indubbio che l’ordinamento giuridico garantisca la libertà, non solo di dar vita a sindacati, ma anche, per questi, di svi- luppare una diramazione organizzativa e di delineare, per lo più me- diante uno statuto, un ambito xxx xxxxx esercitare le attività di reclu- tamento, protezione e promozione degli interessi di lavoro. In tale sfera di autonomia è precluso allo Stato di interferire con la scelta dell’organizzazione di «estendersi fin dove vuole» e di raggruppa- re i lavoratori secondo criteri considerati opportuni, affinché l’or- ganizzazione «nel suo insieme ed in ogni sua parte, nel suo “se” e nel suo “come” xxxxxxx xx xxxxxxx e sia indipendente da imposizio- ni autoritarie»53. Per il soggetto collettivo è questione di «determi- xxxxxxx xxxxx propria identità [xx xxxxx] non può non restare asso- luta, siccome […] costituente profilo o elemento essenziale, e se si vuole xxxxxx o incrocio di altri, in ogni explicatio della formula di garanzia»54.
L’espressione «L’organizzazione sindacale è libera» (art. 39, c. 1, Cost.) ha acquisito questo significato, «nei confronti xxxxx xxxxx soggettiva del sindacato»55, in virtù di una sistemazione xxxxx xxxxx- sprudenza costituzionale che potrebbe considerarsi acquisita già alla
51 X. XXXXXXXX, La retribuzione tra xxxxx, autonomia collettiva e determina- zione giudiziale, in AA.VV., Nuove forme di retribuzione e attualità dei principi co- stituzionali. Atti dell’incontro di studio Roma, 3 febbraio 1997, Quaderni Arg. Dir. Lav., Padova, Cedam, 1998, p. 39.
52 X. XXXXXXXXX, Xx xxxxxxx sindacale, in X. XXXXX (a cura di), Organizzazione sindacale e contrattazione collettiva, in X. XXXXXXX, X. XXXXXXXX (dir. da), Trattato di diritto del lavoro, Padova, Cedam, 2014, p. 38.
53 X. XXXXXXXX, Lo Stato e i sindacati nella Costituzione italiana, in ID., La Costituzione italiana. Saggi, Padova, Cedam, 1954, p. 160.
54 M. DELL’OLIO, L’organizzazione e l’azione sindacale, Padova, Cedam, 1980, p. 136.
55 GIO. BRANCA, L’associazione sindacale, Milano, Giuffrè, 1960, pp. 102-
103.
16 Contrattazione collettiva e pluralità di categorie
fine degli anni Sessanta del secolo scorso56. Furono delineati all’e- poca alcuni dei capisaldi del nuovo ordinamento sindacale democra- tico, anche per opposizione al precedente regime corporativo57. Se- condo quanto osservato dalla Corte costituzionale, le categorie pro- fessionali non derivano da «astratti concetti classificatori delle atti- vità produttive», ma «dalla spontanea organizzazione sindacale»58. È da un atto di volontà che traggono fondamento tali entità della realtà socioeconomica59, la cui sfera di elezione è sottratta ad un in- tervento xxxxxxx xxxxx legge60, atteso che la «libertà di organizzazione e di inquadramento» non potrebbe essere «limitata o annullata», da parte dei pubblici poteri, senza compromettere altresì una delle basi dell’ordine democratico61.
In breve, il diritto di definire arbitrariamente una sfera di inqua- dramento elettivo è un corollario xxxxxxxxx del principio di libertà sindacale62: è questa anzi la manifestazione «più classica xxxxx xxxxx-
56 Cfr. X. XXXXX, Autonomia collettiva e giustizia costituzionale, Bari, Cacuc- ci, 1999, pp. 304-309.
57 Dopo averne preparato il campo per alcuni anni (A. AQUARONE, Aspirazio- ni tecnocratiche del primo fascismo, in Nord e Sud, 1964, 9, p. 117 ss.), il regime aveva realizzato d’imperio una razionalizzazione del sistema di relazioni industria- li, mediante la riconduzione delle forze dell’economia e del lavoro entro un nu- mero predeterminato di categorie, sulla base di criteri di inquadramento fissati ex ante, ma soggetti nel tempo a revisioni ed aggiustamenti (X. XXXXXXX, Lineamen- ti generali dell’attività di inquadramento sindacale, Pavia, Libreria internazionale Garzanti, 1942). In relazione a ciascuna categoria era attribuita la rappresentanza legale ad un’associazione soltanto dei datori di lavoro e dei lavoratori, in modo da evitare o, comunque, ridurre entro termini accettabili, l’eventualità che si sovrap- ponessero le aree di influenza organizzativa e di competenza negoziale tra le asso- ciazioni (cfr., per un quadro riassuntivo, L. XXXX XXXXXXXXXXX, Corporazione (diritto corporativo), in Enc. Dir., X, 1962, p. 679 ss.).
58 C. cost. n. 70/1963, cit.
59 C. cost. 26 giugno 1969, n. 105, in Giur. Cost., 1969, p. 1597, nota X. XXXXXXX, Mass. Giur. Lav., 1969, p. 383, nota X. XXXXXXXXX.
60 C. cost. 26 gennaio 1960, n. 1, in Giur. Cost., 1960, p. 10, nota X. XXXX, che respinse la censura di illegittimità costituzionale xxxxx x. 22 dicembre 1956, n. 1589, sul distacco da Confindustria delle aziende a prevalente partecipazione statale, con l’argomentazione che l’art. 3 xxxxx xxxxx si sarebbe limitato a creare il presupposto di fatto per il raggiungimento dello scopo voluto dal legislatore storico.
61 C. cost. 22 dicembre 1965, n. 88, in Riv. Giur. Lav., 1966, II, p. 179, nota
X. XXXX, Xxx. Dir. Lav., 1966, II, p. 17, nota X. XXXXXXX.
62 X. XXXXXXXXXXX, Libertà sindacale (premesse generali), in Enc. Dir., XXIV, 1974, p. 494 ss. In chiave storico-giuridica, X. XXXXXXX, La conquista xxxxx xxxxxxx sindacale, Roma, Edizioni Xxxxxxxx, 1947, p. 192, ma passim. V. altresì su que-
Libertà sindacale e categoria contrattuale 17
tà organizzativa»63. Dal momento xxx xx xxxxxx di fondo dell’ordi- namento giuridico non è stata di tipizzare una certa forma di coali- zione, bensì di garantire i dispositivi socioeconomici volti ad un’ef- fettiva tutela degli interessi di lavoro64, è parso irrinunciabile che le organizzazioni sindacali fossero a questi fini munite di autodetermi- nazione65. Solo in un momento successivo, a giochi fatti, se si vuole, dal punto di vista organizzativo, il diritto positivo interviene sui rap- porti sindacali, dando per acquisita la configurazione del soggetto66. Nel complesso, ciò si risolve in una situazione di base xxxxx xxxxxxx- zione dei sindacati xxxx’ordinamento statuale67.
sti xxxx X. XXXXXXX, Delle associazioni non riconosciute e dei comitati. Art. 36- 42, Bologna-Roma, Zanichelli-Società editrice del Foro italiano, 1967, pp. 53-55. Una nutrita serie di disposizioni di diritto sovranazionale, vincolanti per lo Stato italiano, nel sancire il principio di libertà sindacale, tutelano parimenti e, in qual- che modo, ulteriormente rafforzano, il diritto di definire in autonomia una struttura organizzativa. Per un inquadramento complessivo del tema, cfr. A. BAYLOS XXXX,
X. XXXXXXX (a cura di), La libertà sindacale nel mondo: nuovi profili e vecchi pro- blemi. In memoria di Xxxxxx Xxxxxx, Quaderni Dir. Lav. Merc., Napoli, Editoriale Scientifica, 2019, sez. I.
00 Xxxx, X. XXXXXXXXX, Stato e autonomia collettiva. Diritto sindacale compa- rato, Bari, Xxxxxxx, 1992, p. 75.
64 X. XXXXXXX, Contributo all’analisi dei sindacati di fatto. I. Autotutela degli interessi di lavoro, Milano, Giuffrè, 1963.
65 X. XXXXX, Libertà sindacale e ordinamento della polizia, in Giur. Cost., 1976, p. 656 ss.
66 X. XXXXXX, Sindacato, in Dig. Comm., XVI, Appendice, 1999, p. 510.
67 X.X. XXXXXXXXXXX, Interesse collettivo e conflitto, in Lav. Dir., 2018, p.
426. Come xxxx, xx xxxxxxx di inquadramento incontra penetranti limitazioni con ri- ferimento ad alcune situazioni che sono state oggetto di dibattito anche di recente, ma che toccano appena il tema vero e proprio oggetto di questa ricerca. È il tema xxxxx xxxxxxx sindacale e di inquadramento degli appartenenti alle forze di polizia ed alle forze armate. Per le forze di polizia, sin dal 1981 (xxxxx n. 121) è stato rico- nosciuto un diritto di libertà sindacale cd. separata, che consente la costituzione di associazioni sindacali tra il personale delle forze di polizia, a condizione che queste non xxxxx inquadrate nelle organizzazioni confederali dei lavoratori (cfr. M. NICO- LOSI, Libertà sindacale separata e Polizia di Stato, in Lav. Xxxx., 2012, p. 1051 ss.). Un recente intervento xxxxx Xxxxx costituzionale ha affermato un principio similare per le forze armate, aprendo alla costituzione di associazioni «professionali a carat- tere sindacale alle condizioni e con i limiti fissati dalla xxxxx», purché non aderisca- no «ad altre associazioni sindacali»: C. Cost. 13 giugno 2018, n. 120, in Dir. Lav. Merc., 2018, II, p. 621, nota X. XXXXXXXXXXX, M.D. XXXXXXX, Dir. Rel. Ind., 2018,
p. 1185, nota X. XXXXXXX, Xxx. Giur. Lav., 2018, II, p. 611, nota M. FORLIVESI, Lav. Pubb. Amm., 2018, 4, p. 75, nota X. X. XXXXXXX; v. altresì X. XXXXXXXXXXX, Le linee
18 Contrattazione collettiva e pluralità di categorie
4. Categoria contrattuale
Secondo terminologia in uso nel diritto sindacale, è categoria anche quella “contrattuale”. Tale espressione allude al campo di ap- plicazione dei contratti collettivi. Di analogo significato sono formu- le quali “unità contrattuale”, “ambito contrattuale”, “area negozia- le”, “area contrattuale” o simili combinazioni68. Anche l’espressione inglese “bargaining unit” è utilizzata correntemente dalla dottrina italiana, sin dagli xxxx Xxxxxxxxx del secolo scorso69. Tali formule saranno adoperate nella ricerca in modo interscambiabile. L’espres- xxxxx “comparto di contrattazione” è anch’essa, in sostanza, sino- nimo di categoria contrattuale, ma il suo utilizzo è proprio special- mente del settore pubblico.
In questa materia è frequente anche l’uso dei termini “giurisdi- zione” (nella letteratura scientifica)70 e “competenza” (negli accordi
evolutive xxxxx xxxxxxx di associazione sindacale per i militari, in Lav. Dir., 2019,
p. 305 ss.
68 V. ad esempio il Protocollo d’intesa 31 xxxxxx 2013 concluso tra Confin- dustria e Cgil, Cisl e Uil, xxx xxxxx le espressioni “ambito di applicazione del con- tratto collettivo” (sub «Misurazione della rappresentatività», n. 2 e sub «Titolarità ed efficacia della contrattazione», n. 1) e “ambito contrattuale” (sub «Misurazio- ne della rappresentatività», n. 4) ricorrono, in sostanza, in modo interscambiabile.
69 Sembra a chi scrive che ciò si possa spiegare per la profonda influenza eser- citata dall’esperienza americana e anglosassone di relazioni industriali su alcuni ce- lebri giuristi italiani che, nel dopoguerra, parteciparono da protagonisti al rinnova- xxxxx degli studi sul tema della categoria (si allude specialmente a Xxxx Xxxxxx e Xxxxxxxx Xxxxxxx). Per non fare che alcuni esempi, tratti dalla recente letteratura di diritto sindacale, l’espressione bargaining unit è utilizzata in X. XXXXXXXXXX, Rap- presentatività sindacale: fattispecie ed effetti, Milano, Giuffrè, 2000, p. 156, A. VI- SCOMI, Soggettività sindacale e categorie contrattuali, in Riv. Giur. Lav., 2014, I, p. 82, X. XXXX, Verso una rappresentanza misurata? Strumenti e metodi di misurazio- ne della rappresentatività datoriale, cit., p. 25.
70 L’uso dell’espressione “giurisdizione”, in riferimento alle sfere di influen- za organizzativa e negoziale delle organizzazioni sindacali, divenne corrente negli studi di diritto sindacale a partire dagli xxxx Xxxxxxxxx e Sessanta del secolo scor- so, dopo essere stata mutuata dall’esperienza americana e anglosassone (v. nota prec.): cfr. X.X. XXXXXXX, La rappresentanza sindacale nel diritto statunitense e l’art. 39 della Costituzione italiana, in Riv. Dir. Lav., 1950, I, spec. pp. 472-474,
X. XXXXXX, Bargaining units and labor organization in Italy, in Ind. Lab. Rel. Rev., 1957, 10, 3, p. 424 ss.; nella dottrina anglosassone, su questi temi, il notissimo X. XXXX-XXXXXX, Intergroup Conflicts and Their Settlement, in Brit. J. Soc., 1954, 5, 3, spec. p. 199.
Libertà sindacale e categoria contrattuale 19
tra le parti sociali)71. Più xxx xx xxxxx di applicazione dei contrat- ti collettivi, si allude in questo modo ad una sfera di influenza o, se si vuole, di autorità, che le organizzazioni sindacali rivendicano per un dato segmento del mondo dell’economia e del lavoro e che è lo- ro riconosciuta (o meno, o non interamente) all’interno delle rela- zioni industriali, sotto il profilo organizzativo e della contrattazione collettiva.
È significativo che nella prassi contrattuale sia di recente emer- sa (o semplicemente divenuta di uso più comune) una nuova espres- xxxxx: “perimetri” contrattuali (o negoziali). Il suo utilizzo ricorre più volte xxxx’accordo interconfederale del 9 marzo 2018 stipulato tra Confindustria e Cgil, Cisl e Uil su «Contenuti e indirizzi delle re- lazioni industriali e della contrattazione collettiva» (cd. Patto per la fabbrica)72. Dopo l’accordo, tale espressione è rapidamente divenu- xx xxxxxxxx nella pubblicistica di settore73.
A ben vedere, essa è segno dei tempi: benché non sia che un al- tro equivalente della più tradizionale formula categoria contrattua- le74, non vi è dubbio che il suo utilizzo si ricolleghi alla contesa, in
71 V. ad esempio l’Accordo interconfederale 26 novembre 2015 concluso tra Confcommercio – Imprese per l’Italia e Cgil, Cisl e Uil, lett. A) «Contrattazione col- lettiva nazionale di categoria», n. 3 «Modalità di rilevazione della rappresentativi- tà», punto III (ove le parti stipulanti alludono in particolare alla competenza nego- ziale di ciascuna organizzazione in relazione alla misurazione della rappresentativi- tà ai xxxx xxxxx contrattazione nazionale).
72 V., xxxx’accordo citato nel testo, sub n. 4 «Democrazia e xxxxxx xxxxx rap- presentanza», passim.
73 Cfr. X. XXXXXXX, Perimetri e rappresentanze sindacali (dei datori di lavo- ro e dei lavoratori), in Lab. Law Iss., 2018, 2, p. III ss., X. XXXX, Qualche erratica considerazione sul recente accordo interconfederale Confindustria, Cgil, Cisl e Uil del 9 marzo 2018, in Xxxx. Adapt, 23 aprile 2018, n. 16, X. XXXXX, L’accordo inter- confederale del 9 marzo 2018: una svolta dagli esiti incerti, in Arg. Dir. Lav., 2018,
p. 1412 ma passim, X. XXXXXXXX, L’accordo Confindustria-sindacati del 9 mar- zo 2018 su relazioni industriali e contrattazione collettiva, in Dir. Lav. Rel. Ind., 2019, pp. 46-47. L’espressione “perimetri contrattuali” era talvolta utilizzata anche prima del Patto per la fabbrica: x. X. XXXXXXX, Xxxxx “autoregolamentazione” alla “xxxxx sindacale”? La questione dell’ambito di misurazione della rappresentatività sindacale, in Arg. Dir. Lav., 2014, p. 609.
74 X. XXXXXX, La crepa interna dell’articolo 39 della Costituzione, in www.pie- xxxxxxxxx.xx, il xxxxx, dopo aver rimarcato come le espressioni “categorie” e “peri- metri” xxxxx equivalenti, avverte che tra le due utilizzerà la seconda, proprio «per adottare la terminologia del Patto per la fabbrica» (corsivo dell’autore). Contra, M.
20 Contrattazione collettiva e pluralità di categorie
xxxx xxxxx relazioni industriali di questi anni, su quali organizzazio- ni xxxxx competenti a (o abbiano giurisdizione per) stipulare i con- tratti collettivi per le diverse tipologie di attività economica. In altre parole, l’utilizzo dell’espressione perimetri contrattuali è indicativo di una situazione di tensione circa i confini dei contratti collettivi di categoria: situazione che, a sua volta, deriva dalla maggiore fre- quenza con xx xxxxx, rispetto al passato, si verificano commistioni tra le sfere di influenza delle organizzazioni di interessi, special- mente xxx xxxx datoriale75. Il Patto per la fabbrica non lascia dubbi, a questo proposito: l’operazione di «ricognizione dei perimetri del- la contrattazione collettiva nazionale di categoria» e di individua- zione dei soggetti più rappresentativi in tali ambiti, che esso preco- nizza (n. 4, lett. a-b), è volta ad assicurare «il rispetto dei perimetri della contrattazione collettiva e dei suoi contenuti» e ad impedire che «soggetti privi di adeguato livello di rappresentatività» possano (meglio: continuino a) «violare o forzare arbitrariamente i perimetri e gli ambiti di applicazione dei contratti collettivi nazionali xx xxxx- xxxxx» (corsivi miei).
Tanto xxxxxxxx, è appena il caso di precisare che non vi è corri-
spondenza (per lo meno, non necessariamente o per principio) tra le categorie sindacali e le categorie contrattuali76. Situazione ricorrente, per il sistema italiano di relazioni industriali, è che un’organizzazione sindacale o, più frequentemente, una coalizione di esse, concluda più d’un contratto collettivo, ossia contribuisca, per così dire, a “creare” più d’una categoria contrattuale. Tuttavia, sarebbe inesatto per ciò solo affermare che la categoria sindacale sia più ampia xx xxxxxx con- trattuale, che nella prima risulterebbe – come in un sottoinsieme – ri-
XXXXXXX, Perimetri e rappresentanze sindacali (dei datori di lavoro e dei xxxxxx- xxxx), cit.
75 X. XXXXXXX, X. ROMA, X. XXXXXX, La contrattazione nazionale di categoria, in X. XXXXXXX (a cura di), l’Annuario del lavoro 2019, Roma, Il diario del lavoro, 2019, pp. 67-71.
76 Il rilievo è già in GIO. BRANCA, L’associazione sindacale, cit., pp. 103-104,
«proprio per la diversa impostazione consentita dalla libertà sindacale», ed altresì in X. XXXXXXX, Il regime giuridico delle organizzazioni professionali in Italia, in X. XXXXX et al., Il regime giuridico delle organizzazioni professionali nei Paesi membri della C.E.C.A., Lussemburgo, Comunità europea del xxxxxxx e dell’acciaio Alta au- torità, 1966, pp. 470-471, nota 76.
Libertà sindacale e categoria contrattuale 21
compresa. Ad essere diverse sono, ab imis, le sintesi che inducono le parti sociali ad individuare l’una e l’altra. Nel xxxxx xxxx, tale sintesi è l’esito di un processo organizzativo-identitario interno al soggetto medesimo77. Nel secondo, è l’esito di un processo di contrattazione collettiva e, perciò, di un compromesso raggiunto, in una logica di op- posizione78, tra le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro79.
Tali compromessi possono avere esiti molto diversi, in base all’articolazione della struttura contrattuale80.
Il campo di applicazione dei contratti collettivi può essere definito sulla base della tipologia di attività economica svolta dai datori di lavo- ro, come per lo più avviene nella contrattazione collettiva cd. di settore o per ramo d’industria, che aggrega segmenti del tessuto produttivo re-
77 Xxxxxxxxx, per quanto “interna”, l’operazione con xx xxxxx il soggetto col- lettivo individua il segmento della realtà socioeconomica xxx xxxxx intende opera- re è inevitabilmente influenzata dal più ampio contesto delle relazioni industriali. Si tenga presente, d’altra parte, come tali operazioni avvengano, almeno potenzial- mente, a discapito di altri gruppi, che per esito di una decisione altrui potrebbero vedere circoscritta la propria sfera di reclutamento e di organizzazione. A questo proposito, è istruttiva l’esperienza delle relazioni industriali del Regno Unito, atteso che il TUC si è dotato, fin dai primi decenni del XX secolo, di un sistema articolato di delimitazione delle sfere di influenza sindacale, che include meccanismi di risolu- zione di eventuali controversie. Si tratta dei cd. Bridlington principles, ai quali Ot- to Xxxx-Xxxxxx alludeva nei termini di un «indispensable element of our system of industrial relations» (cfr. X. XXXXXX, X. XXXXXXXXX, Xxxx-Xxxxxx’x Labour and the law, London, Xxxxxxx, 1983, p. 235). X. XXXXXX, Xxx un intervento eteronomo sulla rappresentanza sindacale: se non ora quando!, in WP CSDLE “Xxxxxxx X’Xxxx- na”.IT, 206/2014, pp. 6-7, ma v. anche nota 10, si sofferma su questo aspetto del sistema inglese, in una riflessione sul tema che ci occupa. Anche X. XXXX, Regole e procedure nelle relazioni industriali: retaggi storici e criticità da affrontare, in WP CSDLE “Xxxxxxx X’Xxxxxx”.IT, 396/2019, pp. 12-13, riprende, parimenti, sot- to questo profilo l’esperienza inglese di relazioni industriali, paragonandovi altresì quella tedesca, ove il DGB ha adottato principi di ripartizione ordinata delle giuri- sdizioni organizzative e negoziali e di risoluzione di eventuali controversie. Per l’e- sperienza italiana, su questi profili, x. X. XXXXXX, Ordinamento sindacale democra- tico. La prospettiva interna, Torino, Xxxxxxxxxxxx, 2018, p. 136 ss.
78 X. XXXXXXXX, Esiste ancora un ordinamento intersindacale?, in AA.VV.,
Studi in memoria di Xxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxx, 1, Bari, Xxxxxxx, 2015, p. 445.
79 X. XXXXXXX, Applicazione del contratto collettivo e categoria professiona- le. Vecchi e nuovi problemi, in Riv. Giur. Lav., 1999, I, p. 360 nota 11, ma passim.
80 Cfr. X. XXXXXXXX, Sistema di relazioni industriali e contratto collettivo, in
X. XXXXXXXX, X. XXXXXXX (a cura di), Contratto collettivo e disciplina dei rapporti di lavoro, II ed., Torino, Xxxxxxxxxxxx, 2004, p. 11 ss., X. XXXX, Contrattazione collet- tiva, in Enc. Dir., Xxxxxx, VI, 2011, p. 227 ss.
22 Contrattazione collettiva e pluralità di categorie
lativamente omogenei. In altri ordinamenti vi si allude anche in termini di ambito di applicazione “funzionale” dei contratti collettivi81.
Nella ripartizione per unità dei sistemi contrattuali, un altro ele- xxxxx xx xxxxx è data rilevanza consiste nella collocazione delle at- tività economiche in una certa area geografica, solitamente indivi- duata con un collegamento ad una porzione più o meno ampia (fino all’intero, come per lo più avviene xxxx’esperienza italiana) del xxxxx- xxxxx nazionale: vi si può riferire in termini xx xxxxx di applicazione territoriale dei contratti collettivi.
Nulla impedisce, tuttavia, che sia un elemento ricollegabile ai la- voratori a costituire il tratto caratterizzante dell’unità negoziale. Ad esempio, la contrattazione collettiva potrebbe essere svolta in modo differenziato per operai e impiegati: benché nel sistema italiano di relazioni industriali ciò, nella sostanza, sia stato superato con il cd. inquadramento unico82, altrove questo può essere ancora il caso83. Nel modello italiano sono per lo più i dirigenti ad avere ottenuto dal- le controparti il riconoscimento di unità negoziali ad hoc, benché in alcuni settori del mercato gruppi professionali dotati di particolare “leva” contrattuale abbiano ottenuto la medesima prerogativa.
Possono essere, inoltre, più o meno diffuse le unità negoziali definite sulla realtà d’impresa84, di gruppo85, di sito, di filiera, di di-
81 Ad esempio, per la Spagna, X.X. XXXXXXXX, Compendio de derecho del tra- bajo, XI ed., Madrid, Tecnos, 2018, p. 545; per il Belgio, R. BLANPAIN, Labour law in Belgium, IV ed., Alphen aan den Rijn, Kluwer law international, 2012, p. 367 ss.
82 Cfr. X. XXXXXXX, Categorie dei lavoratori (in generale), in Dig. Comm., III, 1988, p. 40 ss.
83 Ad esempio, in Belgio, benché da alcuni anni sia emersa la volontà di superare gradualmente, con una revisione delle unità negoziali, questa caratteristi- ca della contrattazione collettiva: un cenno in X. XXXXXXXX, Belgium: stability on the surface, mounting tensions beneath, in X. XXXXXX, X. XXXXXXXX, X. XXXXXXX- TON, Collective bargaining in Europe: towards an endgame, I, Brussels, Etui, 2019,
p. 55. È xxxx xxx nel sistema statunitense la definizione delle bargaining units si determina, in larga parte, per l’esistenza di una comunanza di interessi tra i xxxxxx- xxxx che dipende dall’attività da essi svolta o da loro requisiti o status professiona- li (per una recente rassegna degli orientamenti del NLRB in materia di definizione delle unità negoziali, v. SI. BOLOGNA, La contrattazione collettiva negli Stati Uniti xxx Xxxxxx act ai nostri giorni, in Riv. It. Dir. Lav., 2016, I, p. 421 ss.).
84 X. XXXXXXXXX, Il xxxxxxxxx collettivo d’impresa, cit.
85 X. XXXXXXXX, Autonomia collettiva e gruppi di imprese, Torino, Giappi- chelli, 1996, p. 195 ss., A. LASSANDARI, Il contratto collettivo aziendale e decentra- to, Milano, Giuffrè, 2001, pp. 362-366.
Libertà sindacale e categoria contrattuale 23
stretto, di rete e via discorrendo86: invero, l’apertura di nuove unità negoziali è un processo che «in ragione soprattutto delle modifiche di una “geografia” industriale soggetta a rapide evoluzioni tecnolo- giche […] non potrà xxxxx xxx esaurirsi né pervenire a risultati pra- ticamente definitivi»87.
Non sfuggirà, peraltro, che per ragioni xxxxxx allo sviluppo del movimento sindacale88 e ad una risalente propensione della cultura giuridica89, nel gergo sindacale si identifica “la” categoria con le uni- tà negoziali definite sulla base del settore produttivo di beni o servizi (il Ccnl): è il «contratto per eccellenza»90 che, non per caso, xxxxx- xxx ad essere comunemente definito “di” categoria, quasi che questa sia la dimensione «xxxxx» o «naturale» di svolgimento delle attività sindacali91. Quanto ciò corrisponda oggi alla realtà dei processi eco- nomici e produttivi xx xxxx stessi orientamenti dei corpi intermedi, è questione tanto affascinante quanto sfuggente92, ma xxxxx xxxxx la ricerca non si occuperà. Il tema vero e proprio oggetto dello studio xxxx identificato e precisato nei prossimi paragrafi.
86 X. XXXXXX, X. XXXXXXXX, Contrattazione collettiva e “prossimità delle im- prese”. La struttura del contratto collettivo di filiera, distretto, rete d’imprese, in
M.T. XXXXXXX (a cura di), Dall’impresa a rete alle reti d’impresa. Scelte organizzati- ve e diritto del lavoro, Milano, Giuffrè, 2015, p. 107 ss., X. XXXXX XXXXXX, La con- trattazione collettiva xxxxx xxxx di imprese: spunti per una efficace implementazione, in Giur. It., 2017, p. 1482 ss.
87 Così scriveva, nel 1963, X. XXXXXXXXX, Il xxxxxxxxx collettivo d’impresa, cit., p. 43.
88 In Italia, come xxxx’Europa continentale: X. XXXXXXXXX, Industrial Relations at European Sector Level: The Weak Link?, in Eco. Ind. Dem., 2005, 4, p. 511 ss.
89 Non perdono di attualità le riflessioni di X. XXXXXXXXX, Politica e tecnica nella contrattazione collettiva, in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 1962, p. 245 testo e nota 11.
90 X.X. XXXXX, X. XXXX, Relazioni industriali e contrattazione collettiva, Bolo- gna, Il Mulino, 2009, p. 115.
91 M. DELL’OLIO, L’organizzazione e l’azione sindacale, cit., p. 134.
92 X. XXXXXXXX, La parabola del contratto collettivo nella società economica italiana, in Lav. Giur., 2013, p. 653 ss.
24 Contrattazione collettiva e pluralità di categorie
5. Le tipizzazioni dell’autonomia collettiva
La definizione più generale del concetto di categoria come “classi di realtà” (v. supra, § 2) rimanda a un’esigenza basilare di ogni pro- posizione normativa: l’identificazione di un complesso di situazioni di fatto alle quali ricollegare il verificarsi di effetti giuridici. È un’esi- xxxxx xxx deriva dall’impossibilità stessa di fornire una valutazione di qualcosa senza che si abbia prima per essa un oggetto93. A tale oggetto si allude, in genere, nel diritto, con il termine “fattispecie”: come serie, cioè, di ipotesi di fatti astrattamente previsti e ordinati in una classi- ficazione, ai quali ricollegare (in un momento che rimane distinto nel ragionamento) un trattamento94 o, se si preferisce, uno statuto95. La qualificazione operata xxxxx xxxxx attribuisce alle ipotesi di fatti da essa previsti una rilevanza giuridica96. Non serve addentrarsi nel te- ma: da una lettura, come quella suggerita, elementare e fin troppo li- neare97, si può ricavare l’esigenza di massima di «edificare il linguag- gio concettuale» mediante serie di classificazioni, in modo da «descri- vere in modo ordinato i fenomeni giuridici»98.
È da simili spunti che una parte della dottrina lavoristica ha preso le mosse, per rimarcare come anche la contrattazione collettiva, per definire il trattamento economico e normativo dei lavoratori, abbia l’esigenza preliminare di delimitare l’ambito di applicazione delle si- tuazioni regolande, mediante un rinvio a serie più o meno articolate di ipotesi di fatti, tratte dal mondo dell’economia e del lavoro. Si deve, in particolare, a un xxxxxx del 1990 di Pedrazzoli99, di avere identificato, all’interno della funzione normativa del contratto collettivo, una sub- funzione qualificatrice, come «operazione in cui si delimita l’ambito
93 X. XXXXXXXXXX, Fattispecie, in Enc. Dir., XVI, 1967, p. 926 ss., ma spec.
p. 932 ss.
94 X. XXXXX, Teoria generale del negozio giuridico, II ed., III xxxx., Torino, Utet, 1960, p. 2.
95 X. XXXXXXXXX, Impresa (diritto privato), in Enc. Dir., Xxxxxx, I, 2007, pp. 766-767.
96 X. XXXXX, Teoria generale del negozio giuridico, cit., p. 3.
97 Dalla xxxxx si dipartono riflessioni di respiro: X. XXXXX, Fattispecie, in Dig. Civ., Agg., 2010, p. 594 ss.
98 Così, P.G. MONATERI, Fattispecie, in Dig. Civ., VIII, 1992, p. 224.
99 X. XXXXXXXXXX, Qualificazioni dell’autonomia collettiva e procedimento applicativo del giudice, in Lav. Dir., 1990, pp. 355 ss., 549 ss.
Libertà sindacale e categoria contrattuale 25
di incidenza xxxxx xxxxxx, ovvero si determinano le situazioni o “figure del fatto”»100 «alle quali [tale regola] è imputata»101.
Come per qualsiasi altra regola di comportamento, l’esigenza di individuarne i destinatari mediante astratte tipizzazioni di situazioni di fatto è ineludibile: si tratta, avvertiva Ghezzi, di «clausole essen- ziali» dei contratti collettivi, non in applicazione delle disposizioni codicistiche sul contratto collettivo (spec. artt. 2069-2070), ma per via della «necessaria delimitazione degli effetti contrattuali […] alla realtà e alle esigenze pratiche del fenomeno»102. L’esperienza com- parata può confermare l’assunto. Da una parte, è significativo che, nei sistemi in cui la contrattazione collettiva è regolata dalla xxxxx, le clausole sul campo di applicazione xxxxx per lo più annoverate tra quelle da stipulare obbligatoriamente; peraltro, «in questa materia, l’inesistenza di una disposizione espressa non elimina l’obbligo per le parti di una previsione siffatta, atteso xxx xx xxxx come è ovvio di- pende la stessa applicabilità della xxxxx»103. Xxxx’altra, non è meno rilevante che, in relazione ai sistemi autoregolati dalle parti sociali, si osservi comunemente come la definizione del campo di applica- zione sia un indispensabile passaggio preliminare per la contratta- zione collettiva104 o uno dei suoi momenti più delicati105.
In breve, la previa delimitazione delle situazioni regolande me-
100 Ivi, pp. 377-378.
101 Ivi, p. 380.
102 X. XXXXXX, La responsabilità contrattuale delle associazioni sindacali, Milano, Giuffrè, 1963, p. 24, spec. nota 54. È un’ipotesi invero improbabile quella di un contratto collettivo concluso senza che sia in alcun modo specificato il campo di applicazione; si può prendere più realisticamente in considerazione l’ipotesi che le relative clausole non lo definiscano in modo inequivocabile: in xxx xxxx, non è da escludere che si possa sopperire in via interpretativa, anche mediante altre clausole del contratto collettivo che orientino la scelta dell’interprete (Cass. 9 giugno 1993,
n. 6412, in Riv. It. Dir. Lav., 1994, II, p. 291 ss., nota X.X. XXXXX). Sul punto v. co- munque il cap. IV, § 3.
103 (Trad. xxx xxxxx xxxxxxxx). Cfr. X.X. XXXXXXXX (dir.), La negociación co- lectiva en Europa. Una perspectiva transversal, Madrid, Ministerio del Trabajo, Mi- graciones y Seguridad Social, Subdirección General de Información Administrativa y Publicaciones, 2019; ma spec. v. sub Contenido convencional (cap. redatto da X.
X. XXXXXXXX), pp. 435-436 (per la citazione testuale v. p. 435).
104 X. XXXXXXX, Collective bargaining, in R. BLANPAIN (ed.), Comparative xx- xxxx law and industrial relations, Dordrecht, Springen, 1982, pp. 229-230.
105 X. X. XXXXX, X. XXXXX, X. XXXXX (eds.), Rolling out the Manifesto for Xx- xxxx Law, Liverpool, the Institute of Employment Rights, 2018, p. 20.
26 Contrattazione collettiva e pluralità di categorie
xxxxxx xxxxxxxxx collettivo è un’esigenza logica prima che giuridica, come dimostra il fatto, in sé significativo, che sono in genere le clau- sole iniziali ad individuarne il campo di applicazione.
L’osservazione dei testi contrattuali dimostra come queste ope- razioni xxxxx svolte con tecniche di redazione e con formule lingui- stiche diverse da settore a settore. Del resto, diverse sono le situa- zioni di fatto, tratte dal mondo dell’economia e del lavoro, che le parti sociali devono descrivere ed identificare, al fine di stabilire una disciplina collettiva. Di diversa intensità, inoltre, a seconda dei con- testi, possono essere le esigenze di una (più o meno) puntuale defi- nizione del campo di applicazione dei contratti collettivi, per evitare sovrapposizioni – o, al contrario, proprio per sovrapporsi surretti- ziamente – con il campo di applicazione di altri accordi. Infine, non va trascurato che tali clausole dei contratti collettivi sono il frutto di un confronto tra le parti che non sempre perviene ad esiti real- mente condivisi106: con il risultato, in questi casi, di produrre dispo- sizioni dalla portata ambigua, corredate di dichiarazioni a verbale o puntualizzazioni di vario genere, e di proseguire in definitiva il con- fronto sul terreno dell’interpretazione delle clausole contrattuali107.
Da questi rilievi di massima, può passarsi a qualche situazione più specifica. Ad esempio, continua a far discutere, in dottrina, la manipolazione dell’area contrattuale del Ccnl del credito del 1990, che ricomprese, xx xxxxxxx di una vertenza difficile108, le società con- trollate di diritto o di fatto dalle aziende associate alle organizza- zioni stipulanti109. Anche da vicende meno controverse potrebbe-
106 X. XXXXXX, La validità “erga omnes” dei contratti collettivi, in Nord e Sud, 1960, 2, pp. 74-75; Cfr. altresì X. XXXXXXXX, Divagazioni in tema di interpretazio- ne del contratto collettivo, in X. XXXXXXX (a cura di), L’interpretazione dei contratti collettivi di lavoro, Roma, Bancaria, 1999, p. 75.
107 Da tempo la dottrina più attenta alle dinamiche reali delle relazioni indu- striali ha rimarcato le difficoltà di attribuire interpretazioni lineari a «espressioni verbali non consuete né alla lingua dei puristi, né ai simboli concettuali o alle xxxx- xxxxx proprie della dottrina, e neppure al più conciliante linguaggio legislativo» (co- sì, X. XXXXXX, L’interpretazione delle norme delegate sul trattamento minimo dei prestatori di lavoro, in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 1963, p. 351).
108 X. X. XXXXXXXX, Decentramento produttivo, impresa-rete e area contrat- tuale dei bancari, in Riv. Giur. Lav., 1991, I, p. 71 ss.
109 La questione sollevò negli anni Novanta un vivacissimo dibattito dottri- xxxx: AA.VV., Categorie professionali e contratti collettivi, cit., X. XXXXXXXX, Leg-
Libertà sindacale e categoria contrattuale 27
ro trarsi riscontri interessanti, su come l’autonomia collettiva orga- nizza le proprie “tipizzazioni”. Si andrebbe dalla lineare elencazio- ne dei settori di attività per i quali è stipulato il Ccnl dell’industria alimentare110, all’area contrattuale sostanzialmente aperta del Ccnl Multiservizi111, passando per il Ccnl dell’industria metalmeccanica, che definisce il campo di applicazione in un’esposizione articolata in xxx xxxxx pagine112: a un’identificazione di massima dei settori si
xx x xxxxxxxxx collettivo nelle trasformazioni delle imprese, in AA.VV., Le trasfor- mazioni aziendali in vista del Mercato europeo: xxxxx e xxxxxxxxx collettivo, Roma, Bancaria, 1992, p. 52 ss., X. XXXXXXXX, Rapporti di partecipazione societaria ed am- bito di applicazione del contratto collettivo nel sistema creditizio, in Dir. Rel. Ind., 1993, p. 39 ss., P. TULLINI, La revisione del sistema di relazioni sindacali nelle ban- che, in Dir. Prat. Lav., 1998, pp. 1498-1500, X. XXXXXXXX, Autonomia collettiva e gruppi di imprese, cit., p. 195 ss., X. XXXXXXXXXXX, Area contrattuale e autonomia collettiva, cit., p. 305 ss. Dell’area contrattuale del settore del credito si continua, tuttavia, a discutere, ogni qual volta si xxxxxxxx il tema dei rapporti tra trasforma- zioni dei processi economici e ambito di applicazione dei contratti collettivi: L. CO- RAZZA, Contractual integration e rapporti di lavoro, Padova, Cedam, 2004, p. 240 ss., X. XXXXXX, Il lavoro xxxxx xxxx d’imprese: profili giuridici, Milano, Xxxxxxx, 2014,
p. 284 ss., X. XXXX, Lavoro negli appalti e dumping salariale, Torino, Giappichelli, 2018, pp. 48-49.
110 Si tratta attualmente del Ccnl 27 ottobre 2012 concluso tra Federalimen- tare, Aidepi, Aiipa, Ancit, Anicav, Assalzoo, Assica, Assitol, Assobibe, Assobirra, Assocarni, Assolatte, Federvini, Italmopa, Mineracqua, Unionzucchero, Fai-Cisl, Flai-Cgil e Uila-Uil.
111 Ccnl per il personale dipendente da imprese esercenti servizi di pulizia e servizi integrati/multiservizi del 31 xxxxxx 2011 concluso tra Fise-Federazione im- prese di servizi, Legacoop Servizi, Federlavoro e Servizi Confcooperative, Union- servizi Confapi, Agci Servizi e Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltrasporti-Uil. Inve- ro, questo contratto collettivo è stato “ideato”, nella stagione delle privatizzazioni, proprio per regolare un’ampia varietà di servizi, svolti in regime di esternalizzazio- ne per conto di pp.aa. e di imprese private. L’art. 1 fornisce un’elencazione di ta- li servizi definita «esemplificativa», ma che l’area contrattuale sia sostanzialmente indeterminata, lo si desume più che altro dalla formula di chiusura, con xx xxxxx si prevede che sono «escluse dalla sfera di applicazione del contratto le eventuali au- tonome attività, anche per specifici contratti di committenza, ai rapporti di lavoro delle quali si applichino, secondo la vigente normativa, autonomi e specifici c.c.n.l. corrispondenti». Che tale area contrattuale sia difficilmente determinabile è consi- derazione che trova riscontro anche nella giurisprudenza: v., ad es., Cons. St., sez. V, 1° marzo 2017, n. 932, massima in Giur. It., 2017, p. 1667, nota X. XXXXXXXX, testo integrale in Pluris.
112 Si tratta attualmente del Ccnl 26 novembre 2016 concluso tra Federmec- canica, Assistal, Fim-Cisl, Fiom-Cgil e Uilm-Uil. Cfr. X. XXXXXXX, Il rinnov(xxxxx)
o del contratto collettivo dei meccanici: c’è ancora un futuro per il contratto collet- tivo nazionale di categoria, in Dir. Lav. Rel. Ind., 2017, p. 709 ss., X. XXXXXX, Xx
28 Contrattazione collettiva e pluralità di categorie
aggiungono una descrizione «a titolo indicativo ed esemplificativo» di una serie di stabilimenti e di attività ricomprese xxx xxxxxxxxx, un
«chiarimento a verbale» (circa alcune attività «tradizionalmente» ri- comprese nel metalmeccanico) e una «xxxxx comune» (sui criteri per definire l’attività prevalente negli stabilimenti in cui se ne svol- xxxx più d’una)113. Fino xx xxxx sui generis del contratto collettivo dei giornalisti, che contempla, ai xxxx xxxxx propria applicazione, un requisito oggettivo (lo svolgimento dell’attività di giornalista e l’es- sere il datore di lavoro un editore) e un requisito soggettivo (la qua- lifica di giornalista iscritto all’albo)114.
In definitiva, si è colto nel segno col rilevare che ogni categoria possiede un proprio “stile”115 o una propria “identità”116 nella defi- nizione del campo di applicazione del contratto collettivo; non po- xxxxxx essere diversamente: ciascuna di tali costruzioni della realtà socioeconomica è l’esito di un articolato gioco di relazioni tra orga- nizzazioni collettive117, che perviene nel tempo ad esiti diversi118, «in base alla storia, xxxx xxxxxxxxx economica, alla forza contrattuale»119.
contratto nazionale dei metalmeccanici 2016: una prospettiva sulle relazioni indu- striali italiane, ivi, p. 729 ss.
113 Per un commento alle clausole sul campo di applicazione (rinnovo del 2008), cfr. A. LASSANDARI, Campo di applicazione del contratto, in M. G. XXXXXX- XX, X. XXXXXXXX (a cura di), Commentario xx xxxxxxxxx collettivo nazionale di lavo- ro dei metalmeccanici: 20 gennaio 2008, Bari, Cacucci, 2010, p. 29 ss.
114 X. XXXXXX, Lavoro giornalistico, in Enc. Dir., XXIII, 1973, p. 449: è una
«delle caratteristiche più singolari della contrattazione collettiva dei giornalisti».
115 J.-X. XXXXXXX, Rapport sur la négociation collective et les branches profes- sionnelles, cit., p. 36.
116 A. LASSANDARI, Intervento, in Autonomia collettiva e occupazione. Atti del XII Congresso nazionale di diritto del lavoro Milano, 23-25 xxxxxx 1997, Milano, Giuffrè, 1997, p. 204.
117 X. XXXXXX, La régulation de branche dans le système français de relations professionnelles, in Les relations sociales en Europe, Paris, Ministère du Travail et de l’Emploi, SES, 1990, p. 37.
118 X. XXXXXXXXX, X. XXXXXXXX XXXXX, The Realities of Regulatory Change: Beyond the Fetish of Deregulation, in Sociology, 2005, p. 505 ma passim.
119 Così, X. XXXXXXXXXX, Qualificazioni dell’autonomia collettiva e procedi- xxxxx applicativo del giudice, cit., p. 554.
Libertà sindacale e categoria contrattuale 29
6. Principio di libertà sindacale e definizione delle unità negoziali
La definizione di una sfera elettiva di inquadramento è ogget- to di una tutela piena da parte del comma 1° dell’art. 39 Cost., che deriva dalla stessa libertà di costituire organizzazioni sindacali (v. supra, § 3). D’altro canto, è un dato ormai acquisito alla riflessione giuridica xxx xx xxxxxx xxxxx xxxxx costituzionale si riferisca non sol- tanto alle organizzazioni, ma anche alle loro attività, ivi compresa la contrattazione collettiva, anche se svolta in base al diritto comune dei contratti, in alternativa allo schema inattuato di cui all’art. 39, c. 4, Cost.120.
In relazione al tema che ci occupa, si pone la questione di chia- rire se ed in che modo quel particolare “momento” della contratta- zione collettiva, con il xxxxx le organizzazioni contrapposte defini- scono le unità negoziali, sia protetto, in sé, xxxxx xxxxx di garanzia della Costituzione. Xxxxxxx chiedersi, xxxx, xx xxxx’attività quali- ficatrice o, se si vuole, di tipizzazione dell’autonomia collettiva si possa ravvisare una situazione giuridica autonoma, rispetto al più generale svolgimento della contrattazione collettiva, che ne xxxxxx-
120 Il ragionamento è in xxxx in C. cost. 9 aprile 1969, n. 68, in Dir. Lav., 1970, II, p. 58, xxx xxxxxxxx l’illegittimità costituzionale delle disposizioni che sottraggono i lavoratori domestici alla disciplina della contrattazione collettiva (la Corte si arresta alla censura ex art. 3 Cost. e non entra in medias res sull’art. 39 Cost.), ma è apertamente svolto a partire dalle sentenze sui tetti xxxxxxx al- la contrattazione collettiva (tra di esse, v. C. cost. 7 febbraio 1985, n. 34, in Giust. Civ., 1985, p. 607, nota X. XXXX, Xxx. It. Dir. Lav., 1985, II, p. 153, no- xx X. XXXXXXX) sul nulla-xxxx xxxxx Banca d’Italia per la contrattazione collettiva per le Casse di risparmio (C. cost. 24 marzo 1988, n. 330, in Riv. It. Dir. Lav., 1988, II, p. 568, nota V.A. POSO, oss. X. XXXX) e, di recente, ripreso in mate- ria di “blocco” della contrattazione collettiva nel settore pubblico (C. cost. 23 luglio 2015, n. 178, in Giur. Cost., 2015, p. 1651, nota X. XXXXXXXX, Dir. Rel. Ind., 2015, p. 1120, nota X. XXXXXXXX, Dir. Lav. Merc., 2015, p. 377, nota X. XXXXXXX). Per l’orientamento dottrinale secondo il xxxxx l’attività contrattuale di diritto comune delle associazioni sindacali di fatto è direttamente tutelata, nel diritto positivo, dal 1° comma dell’art. 39 Cost., X. XXXX, Problemi costitu- zionali del diritto sindacale italiano, cit., p. 106, X. XXXXXXXXXXXX, Autonomia sindacale ed efficacia del contratto collettivo di lavoro, in Riv. Dir. Civ., 1971,
p. 160, X. XXXXXXXX, Xxxxxx sull’autonomia privata collettiva, cit., p. 38 ss., X. XXXXXX, Art. 39, in GIU. BRANCA (a cura di), Commentario alla Costituzione, Rapporti economici, I, Bologna-Roma, Zanichelli-Società editrice del Foro ita- liano, 1979, p. 257 ss.
30 Contrattazione collettiva e pluralità di categorie
fichi una protezione, per così dire, diretta da parte del comma 1° dell’art. 39 Cost.
Sia pure a costo di qualche schematismo, è possibile individua- re due passaggi-chiave, nel consolidamento dell’opinione, avanzata apertamente per la prima volta da Xxxxxxxx xxx 1954121, xxxxxxx xx xxxxx la definizione delle unità negoziali della contrattazione collet- tiva sia, in quanto tale, espressione di libertà sindacale.
6.1. La giurisprudenza costituzionale sulla xxxxx Vigorelli
Il primo di tali passaggi può essere compreso con alcuni riferi- menti all’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale in materia xx xxxxx Xxxxxxxxx. La vicenda è fin troppo nota per dover essere rica- pitolata122. Il punto che interessa riguarda la nozione di categoria accolta dalla xxxxx, xx xxxxx, al suo art. 1, delegava il Governo ad emanare xxxxx xx xxxxx xx xxxx di «assicurare minimi inderogabili di trattamento economico e normativo nei confronti di tutti gli appar- tenenti ad una medesima categoria», uniformandosi «a tutte le clau- sole dei singoli accordi economici e contratti collettivi, anche inter- categoriali, stipulati dalle associazioni sindacali anteriormente alla data di entrata in vigore della […] xxxxx».
La dottrina aveva da subito avvertito che si sarebbero prospet- xxxx alcune situazioni problematiche123. In primo luogo, nei casi di sovrapposizione tra gli ambiti di applicazione di contratti collettivi recepiti in decreto. Non si sarebbe trattato di casi frequenti (data la complessità tutto sommato circoscritta del sistema contrattuale dell’epoca, per lo meno rispetto a quello odierno), ma in quelle si- tuazioni in cui si fosse in concreto posto il problema, si sarebbe po- tuta dare prevalenza a una soltanto tra le discipline di categoria in astratto applicabili? In caso di risposta affermativa, in base a quali criteri, dato xxx xx xxxxx non ne prevedeva alcuno? In xxxxxxx xxx-
121 X. XXXXXXXX, Lo Stato e i sindacati, cit.
122 Cfr. X. XXXXXXX-XXXXXXXXXX, La disciplina transitoria dei rapporti di lavo- ro, Roma, Edizioni Ricerche, 1961.
123 X. XXXXXX, La disciplina legislativa del trattamento minimo di categoria, in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 1959, p. 863 ss.
Libertà sindacale e categoria contrattuale 31
go, si poneva il problema della vincolatività dei contratti collettivi recepiti in decreto per le aziende artigiane. In particolare, per il caso in cui, pur svolgendo attività ricomprese negli ambiti di applicazione dei contratti collettivi di categoria stipulati per le aziende industriali, esse fossero inquadrate in associazioni estranee alla stipulazione dei contratti collettivi; oppure, nel caso in cui, pur non essendo sindaca- lizzate, esse si ritenessero comunque estranee alle aree contrattuali stabilite xxx xxxxxxxxx collettivi di area industriale124.
In sintesi, si poneva il problema se la disciplina delegata avrebbe potuto (senza prevederlo espressamente) alterare le determinazioni sugli ambiti di applicazione dei contratti collettivi recepiti in decre- to, allo scopo di renderle, per così dire, più aderenti alle regolande realtà economico-produttive.
In relazione alla prima ipotesi, di coesistenza di più contrat- ti collettivi con ambiti di applicazione sovrapposti125, la Corte co- stituzionale risolse la questione affermando l’illegittimità dei relati- vi d.p.r. di recepimento126. In assenza di criteri di preferenza xxxxx xxxxx delega, il legislatore delegato si sarebbe dovuto semplicemen- te astenere dall’operare tra di essi una scelta o, come era avvenuto, dal recepire entrambi i contratti collettivi. Come dire, in altri ter- mini, che il funzionamento del meccanismo previsto dalla xxxxx n. 741/1959 presupponeva il corretto svolgimento dell’ordinamento intersindacale, ossia, tra le altre cose, l’esistenza di una ripartizione ordinata delle unità negoziali della contrattazione collettiva.
La seconda situazione era più complessa. Al riguardo, erano emerse due principali posizioni in dottrina. Un primo orientamento
124 Questa, invero, è una rappresentazione semplificata di questioni assai più articolate di politica retributiva e di appartenenza sindacale, che interessavano già allora le aziende artigiane e, più in generale, il vasto mondo delle piccole imprese, in relazione all’area di rappresentanza confindustriale e che avrebbero in futuro con- tinuato a riproporsi (cfr. X. XXXXXXX, L’attività sindacale xxxxx xxxxxxx impresa, in AA.VV., Piccola impresa e diritto del lavoro, Quaderni di diritto del lavoro e delle relazioni industriali, Torino, Utet, 1991, p. 163 ss.).
125 Nella specie, si trattava dei contratti collettivi conclusi per i dipendenti delle aziende lattiero casearie da una parte (categoria per così dire più “ampia”, per le tipologie di attività in essa ricomprese) e per i dipendenti delle centrali del latte e dei centri di trattamento e di confezionamento del latte alimentare (categoria se si vuole più “ristretta”, ossia volta a regolare un numero inferiore di attività).
126 C. cost. n. 106/1963, cit.
32 Contrattazione collettiva e pluralità di categorie
sosteneva che l’art. 1 avesse accolto una nozione “merceologica” di categoria (semplificando: settore metalmeccanico, edilizia, ecc.). Da qui, si deduceva che tutti i datori di lavoro operanti xxx xxxx dell’e- conomia (che svolgevano, cioè, quel tipo di attività), per il xxxxx era stato stipulato un contratto collettivo recepito in decreto sarebbero stati vincolati dalla disciplina estesa erga omnes, xxxxx xxx ne xxxxx stato in origine il campo di applicazione127. Il discrimine, xxxx, xx- rebbe stato costituito dai “confini” del settore economico e non da quelli delle unità negoziali dei contratti collettivi. Per un secondo orientamento, i contratti collettivi recepiti in decreto sarebbero stati resi obbligatori esclusivamente per i soggetti ricompresi nei loro am- biti di applicazione, in base a un’interpretazione rimessa xx xxxxxxx delle clausole sulla determinazione delle aree contrattuali128. Quali che fossero i confini dei settori economici è alle clausole (sul campo di applicazione) dei contratti collettivi recepiti in decreto che si sa- rebbe dovuto guardare, per definire l’ambito di obbligatorietà delle discipline estese erga omnes. Xx xxxxx non avrebbe potuto mutare, in modo surrettizio, le unità negoziali definite xxx xxxxxxxxx xxxxxxxx- vi in categorie merceologiche o produttive, senza violare il principio di libertà sindacale o, comunque, senza condurre a conseguenze in- congrue129.
A prevalere fu la seconda tesi: nelle parole xx Xxxxxx, «xxxxx-
xxxx erga omnes vuol dire, semplicemente, applicare la disciplina contenuta xxx xxxxxxxxx anche ai non iscritti, ma pur sempre nella cornice di efficacia che il contratto si è dato secondo la volontà dei
127 Questo orientamento era difeso specialmente dalla Riv. Giur. Lav.: cfr., per tutti, X. XXXXXX, Alcuni rilievi in vista dell’attuazione xxxxx xxxxx 15 luglio 1959, n. 741, in Riv. Giur. Lav., 1959, I, p. 103 ss.
128 Propendevano per questo (prevalente) orientamento: X. XXXXXX, La disci- plina legislativa del trattamento minimo di categoria, cit., pp. 879-884, X. XXXXXX- ZI, X. XXXXXXX, Le norme transitorie per garantire minimi di trattamento economi- co e normativo ai lavoratori, in Mass. Giur. Lav., 1959, pp. 122-123, X. XXXXXXX, Diritto sindacale transitorio, Milano, Giuffrè, 1960, pp. 68, 203 s., X. XXXXXXX, I limiti di applicabilità dell’art. 2070 cod. civ. ed il potere sindacale di valutazione degli interessi collettivi, in Mass. Giur. Lav., 1964, p. 107 ss.
129 V., in tal senso, A. XXXXXXX, L’interpretazione dei contratti collettivi, Mila- no, Xxxxxxx, 1963, pp. 94-95, 116 ss.
Libertà sindacale e categoria contrattuale 33
contraenti»130. La Corte costituzionale, pur senza risolvere aperta- mente la questione controversa della vincolatività dei contratti col- lettivi rispetto alle aziende artigiane, affermò che sarebbe spettato xx xxxxxxx xxxxxxxxx accertare i confini della categoria contrattuale ri- spetto alle tipologie di attività in esse ricomprese, mediante un’inter- pretazione delle clausole negoziali. È a questo proposito xxx xx Xxxxx precisò che il legislatore non ha sostituito le categorie che «si sono spontaneamente definite mediante l’autonomo ordinamento xxxxx- xxxx e mediante la stipulazione di contratti collettivi», con altre «sul- la base di un’astratta identificazione di attività merceologiche o sulla scorta di altri criteri arbitrariamente prestabiliti»131.
Invero, se a distanza di alcuni anni si poté affermare xxx xxxx’e- sperienza applicativa xxxxx xxxxx «l’autonomia contrattuale dei sin- dacati non era uscita né distrutta né mortificata»132, lo si deve anche al fatto che tale autonomia fu preservata in uno dei suoi profili so- stanziali: la determinazione delle aree contrattuali. Xxxx, proprio la controversa esperienza xxxxx xxxxx Xxxxxxxxx aveva condotto xx xxxxx- sprudenza costituzionale ad affermare apertamente che la determi- nazione del campo di applicazione dei contratti collettivi xxxxx xxxx stessa protetta dal principio di libertà sindacale. Atteso che la defi- nizione delle unità negoziali «si assume e si ammette conforme alla dinamica delle forze del lavoro ed alla struttura delle imprese», una loro alterazione «porterebbe alla violazione del principio di libertà e di autonomia sindacale»133.
000 Xxxx, X. XXXXXX, Osservazioni sulle sentenze n. 70 e 106 xxxxx Xxxxx costi- tuzionale, cit., p. 827.
131 C. cost. n. 70/1963, cit. Come si potrà intuire, il problema xxxxx xxxxxxx- tività per le aziende artigiane dei contratti collettivi per ramo d’industria estesi er- ga omnes non si poté considerare risolto, atteso che non sempre l’interpretazione del testo contrattuale avrebbe fornito risposte univoche circa la ricomprensione o meno di tali imprese nelle aree contrattuali. Non stupisce che nella giurispruden- za successiva si registrino pronunce di segno contrastante: v. ad esempio Xxxx. III Sez. pen. 23 aprile 1965, n. 1318, in Riv. Dir. Lav., 1966, II, p. 9 ss., nota X. XXXX-
TIEROTTI.
000 Xxxx, X. XXXXXXXXX, Il xxxxxxxxx collettivo difficile (1971), in ID., Xxxxxx- xxxx e sindacati tra vecchio e nuovo diritto, Bologna, Il Mulino, 1974, pp. 215-216.
133 C. cost. n. 106/1963, cit.
34 Contrattazione collettiva e pluralità di categorie
6.2. L’affermazione di una nozione volontaristica di categoria
Le vicende xxxxx xxxxx Xxxxxxxxx, come xxxx, culminarono nella dichiarazione di incostituzionalità xxxxx xxxxx di proroga (n. 1027) approvata dal Parlamento il 1° ottobre 1960, per reiterare il mec- canismo di recepimento dei contratti collettivi sperimentato nel 1959134.
Ora, si potrebbe anche supporre che se il legislatore avesse, do- po tali vicende, emanato una disciplina attuativa dell’art. 39, c. 2 ss., Cost., sarebbe stata ridimensionata la portata della giurisprudenza costituzionale in materia di definizione delle unità contrattuali, che era pur sempre scaturita da questioni applicative xxxxx xxxxx Xxxx- xxxxx: ciò, si badi, non nel principio di fondo – di una sfera di auto- nomia delle parti sociali in questa materia –, che è inscindibile dalla garanzia di libertà sindacale, bensì in alcuni risvolti pratici, come i meccanismi mediante i quali pervenire a una ripartizione ordinata del sistema di contrattazione collettiva in unità negoziali135. La pre- visione di tali meccanismi non può che implicare l’esistenza di un bilanciamento136 tra ragioni di certezza giuridica e libertà delle parti sociali di determinare in autonomia le aree contrattuali137: «la libertà inizialmente affermata – scriveva Xxxx xxxxx sua celebre monografia del 1960 – è suscettiva di ridursi concretamente di quel tanto o di quel poco che il complessivo congegno esige»138.
Tuttavia, il fatto stesso che ciò non sia accaduto ha innegabil- mente rilevanza: il valore in senso lato normativo della mancata at- tuazione dell’art. 39 Cost. è uno dei motivi ricorrenti dell’intera ela- borazione gius-sindacale italiana. Da tale inattuazione – si è soliti
134 C. cost. n. 106/1962, cit.
135 È la stessa Corte costituzionale, nella sentenza n. 106/1963, cit., a prende- re in considerazione, in un passaggio della motivazione, la possibilità che il quadro possa cambiare, in questa materia («quando ancora non è stata data esecuzione al precetto del quarto comma dell’art. 39 Cost.»). V. in dottrina X. XXXX, Categorie e qualifiche del lavoratore, cit., p. 3.
136 Sul bilanciamento tra principi costituzionali, cfr. X. XXXXXX, La disciplina dei licenziamenti individuali xxxx’epoca del bilanciamento tra i “principi” costitu- zionali, in Dir. Lav. Rel. Ind., 2007, p. 593 ss.
137 X.X. XXXXXXX, Libertà sindacale e contratto collettivo “erga omnes”, cit.,
p. 140 ss.
138 X. XXXX, Problemi costituzionali del diritto sindacale italiano, cit., p. 59.
Libertà sindacale e categoria contrattuale 35
affermare – non è derivato soltanto un vuoto di disciplina, ma si sono anche dipartiti, ad opera di dottrina e giurisprudenza, una se- rie di percorsi ricostruttivi che il costituente non aveva preconizza- to139. Questa considerazione conduce, in sostanza, ad affermare che il consolidamento del sistema negoziale di fatto, su linee che proprio in quegli anni iniziavano a percepirsi con lo sviluppo della contrat- tazione articolata, ha contribuito in modo decisivo alla maturazione del convincimento che la configurazione delle unità negoziali rientri toto coelo tra le prerogative “sovrane” dell’autonomia collettiva140.
Non è un caso, insomma, che il secondo passaggio-chiave per il consolidamento di questa opinione sia coinciso con il processo di articolazione su più xxxxxxx xxxxx struttura contrattuale, avviato- si nella seconda metà degli xxxx Xxxxxxxxx del secolo scorso, id est con la “apertura” di nuove unità negoziali, ricavate dalla dimensione dell’impresa o dell’unità produttiva141.
A quel tempo, lo sviluppo tecnologico dell’industria, col xxxxx- re obsolete le classificazioni delle mansioni contenute nei contratti di settore (spesso riprese in modo tralatizio dai precedenti corpora- tivi) apriva rapidamente la strada ad una negoziazione svolta per il perimetro aziendale142. Nel dibattito giuridico si poneva, tuttavia, la
139 Per tali ragionamenti, si vedano specialmente i contributi di X.X. XXXXXXX, Sindacato e Costituzione trent’anni dopo, in ID., Costituzione e movimento operaio, cit., p. 163 ss., X. XXXXXXX, l’orgoglio dell’inattuazione costituzionale, in Pol. Dir., 1985,
p. 421 ss., X. XXXX, Il trentanovismo è xxxxx xxxx, ivi, p. 503 ss., X. X’XXXXXX, Il quar- to comma dell’art. 39 della Costituzione, oggi, in Dir. Lav. Rel. Ind., 1998, p. 665 ss.
140 Simili andamenti emergono con chiarezza dalle parole di X. XX XXXX XX- XXXX, L’evoluzione dei contenuti e delle tipologie della contrattazione collettiva, in Riv. It. Dir. Lav., 1985, I, p. 18: «la mancata adozione di una xxxxx sindacale ha fat- to sì xxx xxxxx il profilo dei contenuti dei contratti collettivi, l’autonomia sindacale potesse muoversi in completa autonomia»; «l’art. 39, comma 1°, Cost., nel sancire il principio di libertà sindacale, garantisce, implicitamente ma inscindibilmente, la libertà dei contenuti, degli svolgimenti e dei livelli di svolgimento dell’autonomia collettiva che, nel testo costituzionale come nella prassi delle relazioni industriali, assume la configurazione di un potere sociale non predeterminato nei fini e negli oggetti e perciò caratterizzato da una possibilità di esplicazione su una pluralità di versanti e nei confronti di una molteplicità di antagonisti».
141 Mette in xxxx la relazione tra sviluppo della contrattazione articolata e rin- novamento del concetto tradizionale di categoria nel diritto sindacale, X. XXXXXXX, Teorie e ideologie del diritto sindacale, cit., p. 101 ss.
142 F. XXXXXXXXXX, Sindacati, progresso tecnico, programmazione economi- ca, Torino, Einaudi, 1966, p. 127 ss.
36 Contrattazione collettiva e pluralità di categorie
questione della configurabilità di una contrattazione collettiva che si svolgesse su un piano altro da quello delle unità aggregate per setto- re143. Si poneva, cioè, il problema xx xxxx’ordinamento giuridico (in specie, art. 39 Cost.) potesse ricavarsi una nozione preconcetta di categoria contrattuale, che si sarebbe inverata nella contrattazione collettiva di settore o per branca produttiva. Il che avrebbe impedito agli attori sociali di negoziare veri e propri contratti collettivi in am- biti diversi144. L’esito della vicenda in xx x xxxx: prevalse la posizio- ne che non potesse ricavarsi dall’ordinamento giuridico una nozio- ne ontologica di categoria contrattuale; di categoria non si sarebbe potuto parlare se non come risultato di una negoziazione collettiva svolta per xxxxx xxxxx quali le parti contrapposte si fossero ricono- sciute come validi interlocutori145.
L’organizzazione sindacale e la contrattazione collettiva sono il prius, le categorie il posterius, per riprendere un passaggio, rima- sto xxxxxxx, xxxxx prolusione bolognese xx Xxxxxxx del 1962, con il xxxxx si affermava la libertà del soggetto storico di modellare arbi- trariamente la propria presenza nella realtà industriale e di giocarvi un ruolo non predeterminato negli ambiti e nei livelli di intervento. È un rovesciamento del procedimento metodologico del diritto sin- dacale e una rivoluzione «dei suoi principi o di quello che prima era ritenuto tale»146, che investe in pieno la nozione tradizionale xx xxxx- xxxxx, determinandone la crisi.
In questa sistemazione, la definizione delle unità negoziali del- la contrattazione collettiva diviene «parte essenziale xxxxx xxxxxxx di associazione sindacale»147 o, se si vuole, corollario148 dell’individua- zione, da parte delle organizzazioni sindacali, di una sfera elettiva di
143 V. la ricostruzione di X. XXXXXXX, Autonomia collettiva e xxxxx, in X. X’XXXXXX (a cura di), Letture di diritto sindacale, Napoli, Jovene, 1990, pp. 51-71.
144 Su questi passaggi, cfr. R. DEL PUNTA, Il contratto aziendale nella dottrina italiana, in Riv. It. Dir. Lav., 1989, I, p. 258 ss.
145 Tra i molti, GIO. BRANCA, La prestazione di lavoro in società collegate, Mi- lano, Xxxxxxx, 1965, p. 94.
146 Così, X. XXXXXXX Xxxxxx e ideologie nel diritto sindacale, cit., p. 103.
147 Si trae da C. cost. n. 88/1965, cit.
148 X. XXXX, Regole e procedure nelle relazioni industriali: retaggi storici e cri- ticità da affrontare, cit., p. 11.
Libertà sindacale e categoria contrattuale 37
intervento nel mondo dell’economia e del lavoro149. Entrambe le si- tuazioni, in tal senso, sono percepite come momenti distinti ma ine- stricabilmente connessi di una medesima esperienza sindacale, che può dispiegarsi liberamente nella realtà socioeconomica con la pro- tezione «diretta»150 del primo comma dell’art. 39 Cost.151.
Si giunge, così, a un’impostazione che, nei suoi postulati essen- ziali, non xxxx più rimessa in discussione: la categoria contrattuale è il prodotto di una libera valutazione delle parti contrapposte, le qua- li, per un’esigenza logica prima che giuridica, per darsi una disciplina collettiva delle condizioni di lavoro, devono poterne individuare i po- tenziali destinatari. È opinione comune che la definizione delle aree contrattuali sia tra i «più delicati e rilevanti momenti di espressione»152 dell’autonomia collettiva o, per altri, «una delle prime – e più gelo- samente difese – prerogative desumibili dal principio di […] libertà sindacale»153. Tale attività è la proiezione, sul piano negoziale, della rappresentatività che le parti dei contratti collettivi reciprocamente si riconoscono, per una sfera di interessi produttivi e di lavoro. Essa è altresì lo strumento con il xxxxx la contrattazione collettiva adatta le proprie configurazioni strategiche alle strutture di mercato e dei pro- cessi produttivi e ai mutamenti nella composizione della forza lavo- ro154. La situazione giuridica che consiste nella definizione delle unità
149 La stessa diffusione, all’epoca, della terminologia in uso nel Regno Unito e negli Stati Uniti (v. supra, § 4) è indicativa di come tra i giuristi delle «nuove scuole» (X. XXXX, Libertà sindacale (diritto vigente), in Enc. Dir., XXIV, 1974, p. 519) si allu- desse, fin dal linguaggio, e in particolar modo con l’uso del vocabolo “giurisdizione”, all’esistenza di una sfera di autonomia dei sindacati che si estende tanto sul piano del- la struttura organizzativa quanto su xxxxxx xxxxx contrattazione collettiva.
150 X. XXXXX, Le c.d. clausole sociali: evoluzione di un modello di politica le- gislativa, in Dir. Rel. Ind., 2001, p. 151.
151 L. XXXX XXXXXXXXXXX, Xxxxxxxxx collettivo di lavoro, in Enc. Dir., X, 1962, pp. 67-68.
152 Così, X. XXXXXXXX, (X.X. XXXXXXXX), La contrattazione collettiva, in X. XXXXXXX (dir. da), Il lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche dal D.LGS. 29/1993 alla Finanziaria 1995. Commentario, I, Milano, Giuffrè, 1995, p. 697.
153 Così, A. LASSANDARI, Pluralità di contratti collettivi nazionali per xx xxxx- xxxx categoria, in Lav. Dir., 1997, p. 291.
154 X. XXXX, La CISL degli anni 50 e le ideologie giuridiche dominanti, in X. XXXXXXX (a cura di), Dottrine giuridiche e ideologie sindacali, Materiali per una sto- ria della cultura giuridica, III/2, Bologna, Il Mulino, 1973, pp. 303-304.
38 Contrattazione collettiva e pluralità di categorie
negoziali della contrattazione collettiva è dotata, in breve, di un’au- tonomia concettuale xxx xx xxxxx, in quanto tale, meritevole xx xxxxxx da parte dell’ordinamento giuridico. Tale situazione è espressione di libertà, come lo è tout court la contrattazione collettiva, e si è invero colto nel segno avvertendo che è in quel momento che precisamente si celebra il principio xxxxx xxxxxxx sindacale155.
7. La sovrapposizione tra gli ambiti di applicazione dei contrat- ti collettivi di categoria: un fenomeno relativamente nuovo
Le clausole sul campo di applicazione dei contratti collettivi at- tribuiscono alle ipotesi di fatti da esse previsti una “rilevanza xxxxx- le”, per il sistema di relazioni industriali: riconoscendosi come inter- locutori (rappresentativi), i soggetti che stipulano i contratti collet- tivi manifestano, per così dire, apertamente, agli altri attori negozia- li, la propria giurisdizione o, se si preferisce, la propria competenza, per un determinato segmento del mondo dell’economia e del lavoro. Osservate nel loro complesso, le tipizzazioni dell’autonomia collettiva dovrebbero idealmente dare luogo a una serie di “insiemi”, in grado di ricomprendere al loro interno una parte più o meno consi- stente del tessuto produttivo. Xxxx’esperienza italiana, si è soliti osserva- re come la rete costituita dalla contrattazione collettiva includa la gran parte, se non la quasi totalità, dei processi economici e produttivi svolti
nel Paese156.
155 X. XXXXXXXXXX, Qualificazioni dell’autonomia collettiva e procedimento applicativo del giudice, cit., p. 553. Riepilogando, sul tema de quo è ravvisabile una sostanziale convergenza tra le posizioni espresse dalla dottrina e dalla giurispru- denza in età repubblicana. V., in aggiunta alla ricostruzione operata nel paragrafo precedente, soffermatasi in particolare sulla giurisprudenza costituzionale, Cass. 16 gennaio 1986, n. 260, in Dir. Lav., 1986, II, p. 233, per xx xxxxx «Rientra xxxx’au- tonomia collettiva, costituzionalmente garantita (art. 39, 1° comma, cost., la defi- nizione della categoria contrattuale che delimita l’ambito soggettivo di efficacia po- tenziale della parte normativa del contratto collettivo ed individua quindi i soggetti dei rapporti di lavoro nei cui confronti il contratto suddetto possa svolgere la sua funzione di predeterminazione del contenuto di contratti individuali».
156 È possibile di ciò fornire una dimostrazione indiretta, ma attendibile, con qualche riferimento al dibattito scaturito dalla disposizione della l. n. 183/2014 (art. 1, c. 7, lett. g) che delegava il Governo ad introdurre un compenso orario mi-
Libertà sindacale e categoria contrattuale 39
In certa misura, è inevitabile che vi xxxxx intersezioni tra le unità negoziali della contrattazione collettiva. Benché esse corrispondano in linea di massima a settori distinti di attività economica, è invero la stessa demarcazione tra i settori a non essere sempre chiarissima157, specialmente nei periodi caratterizzati da rapida evoluzione tecnolo- gica e dei processi produttivi158. Anche a voler trascurare gli effetti del pluralismo organizzativo, gli attori sociali non sempre potranno aggiustare con tempismo le proprie strutture all’evoluzione dell’e- conomia. In breve, le linee di sviluppo del sistema di contrattazione collettiva e dell’economia sono solo tendenzialmente sovrapponibi- li159 e sarebbe irrealistico pensare di poter tracciare con precisione geometrica i confini tra le unità negoziali.
Tuttavia, come regola di fondo, la struttura contrattuale dovreb- be essere configurata dalle parti sociali in modo da evitare che in più d’una unità negoziale ci si occupi della medesima tipologia di attivi- tà economica. Detto altrimenti, una situazione di fatto non dovreb- be, a rigore, essere oggetto di più d’una disciplina collettiva, se non in casi marginali, e possibilmente in presenza di criteri di xxxxxxx
xxxx per i lavoratori subordinati, nei «settori non regolati da contratti collettivi sot- toscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro compara- tivamente più rappresentative sul piano nazionale»: al proposito, basterà ricordare che la dottrina da subito osservò che i contratti collettivi stipulati dalle organizza- zioni storiche «regolano i rapporti di lavoro nella quasi totalità delle attività produt- tive del nostro paese» (così, X. XXXXXXXX, Le politiche del lavoro del Governo Xxxxx: il Jobs Act e la riforma dei contratti e di altre discipline del rapporto di lavoro, in WP CSDLE “Xxxxxxx X’Xxxxxx”.IT, 233/2014, p. 48), dato che la contrattazione collettiva è «presente, in quasi tutte, se non in tutte, le categorie» (così, X. XXXX, Il xxxxxxx minimo: limiti della supplenza giurisprudenziale e prospettive, in Giur. It., 2015, p. 747). Xxxxx stesso senso, X. XXXXXXXX, Sistema politico, xxxxx e relazioni industriali: dalla promozione all’esclusione?, in AA.VV., Studi in memoria di Ma- rio Xxxxxxxx Xxxxxxxx, 1, cit., pp. 110-112.
157 Il rilievo è risalente nella dottrina economica (X. XXXXX, The concept of economic sector, in Quart. J. Eco., 1955, 3, p. 402 ss.) così come in quella giuridi- ca (X. XXXX XXXXXXXXXX, Relazioni sindacali e xxxxx normative xxxxx xxxxx quadro sul pubblico impiego, in X. XXXX XXXXXXXXXX et al., Accordi sindacali e xxxxx quadro sul pubblico impiego, Milano, Giuffrè, 1984, p. 11).
158 Anche questo è un rilievo risalente nella dottrina: v. a questo proposito gli spunti di riflessione di X. XXXXXXX, La classificazione delle imprese ai sensi dell’art. 49 xxxxx xxxxx n. 88/1989, in Riv. It. Dir. Lav., 1990, I, pp. 162-163.
159 X. XXXXXXX, X. XXXXXX, X. XXXXXX, Sectors or countries? Typologies and levels of analysis in comparative industrial relations, in Eur. J. Ind. Rel., 2012, 3, p. 192.
40 Contrattazione collettiva e pluralità di categorie
di xxxxxxxxx xxx – ricorda Xxxxxx000 – sono conflitti di rappresentanza prima che tra contratti collettivi (applicabili).
La regola di tendenziale unicità del contratto collettivo nel pro- prio campo di applicazione permette, in pratica, che non vi xxxxx xx- cessive ambiguità xxx xxxxxxx di trattamento economico e normativo dei rapporti di lavoro che il mercato considera adeguati, settore per setto- re, per voce degli attori delle relazioni industriali. Di ciò è a ben vede- re un esempio la stessa “funzione” del Ccnl, per come individuata dai più importanti accordi interconfederali di questi ultimi anni: «garanti- re la certezza dei trattamenti economici e normativi comuni per tutti i lavoratori del settore ovunque impiegati sul territorio nazionale» (si trae dal Testo unico sulla rappresentanza 10 gennaio 2014 Confin- dustria e Cgil, Cisl e Uil, parte III, ma si ritrovano formule analoghe in altri accordi interconfederali). In questa formula, xx xxxxxx settore sembra essere utilizzata in modo volutamente ambiguo, per rappre- sentare sia l’unità negoziale sia il settore economico e rimarcare, co- sì, il valore delle discipline collettive come standard minimo xx xxxxxx- xxxxx per tutti coloro che svolgono una certa attività161.
Peraltro, con xx xxxxxxxx complessità xxx xxxxx acquisito, nel tempo, i sistemi di relazioni industriali, è diventato evidente come l’esigenza di una ripartizione ordinata delle aree di influenza orga- nizzativa e negoziale delle associazioni sindacali e dei datori di la- voro non sia confinata all’espletamento xxxxx xxxx funzione cd. nor- mativa dei contratti collettivi: si pensi, ad esempio, ai problemi de- rivanti dalla sovrapposizione tra gli ambiti di operatività degli enti bilaterali162. Più in generale, del resto, una ripartizione del sistema contrattuale su unità negoziali ben delimitate consente, alle organiz- zazioni dei lavoratori non meno che a quelle dei datori di lavoro, di evitare un’eccessiva competizione interna, tra strutture appartenenti
160 X. XXXXXX, Xxx un intervento eteronomo sulla rappresentanza sindacale: se non ora quando!, cit., pp. 6-7.
161 Il che equivale a dire che le parti sociali danno per presupposta la «iden- tificazione della categoria con la platea dei lavoratori dipendenti da aziende a loro volta ricomprese in un medesimo settore merceologico o comparto produttivo»: X. XXXXXXX, Soggettività sindacale e categorie contrattuali, cit., p. 79.
162 X. XXXXXXXX, Il sistema di rappresentanza imprenditoriale e la struttura della contrattazione collettiva, in X. XXXXXXXX, X. XXXX (a cura di), Verso nuove re- lazioni industriali, Bologna, Il Mulino, 2013, p. 259.
Libertà sindacale e categoria contrattuale 41
ad una stessa confederazione, oltre che tra diverse confederazioni163. Infatti, la possibilità di estendere il xxxxxx di azione negoziale, verso ambiti ricompresi in altri contratti collettivi, significa anche amplia- re, oltre xxxx xxxxx sul sistema economico-produttivo, il xxxxxx di po- tenziali iscritti o di fruitori dei servizi di assistenza164: una questione invero non da poco, in un’epoca in xxx x xxxxx di sindacalizzazione, sia tra la forza lavoro sia tra i datori di lavoro, destano costante pre- occupazione165.
La ripartizione del sistema contrattuale su unità negoziali non sovrapposte è stata a lungo uno dei presupposti di fatto dell’espe- rienza italiana di relazioni industriali. La comprensibile esistenza di eccezioni166 finiva in qualche modo per confermare la regola di fondo della tendenziale “unicità” dei contratti collettivi nel proprio campo di applicazione. La tipica frammentazione organizzativa del sistema sindacale, sia xxx xxxx dei lavoratori xxx xx xxxxxx dei datori di lavoro, non aveva, cioè, impedito di pervenire ad una distribuzio- ne della contrattazione collettiva su un numero ampio, aperto – per definizione – ma in fondo circoscritto di unità negoziali. Nel 1990, quando si iniziavano appena ad avvertire le trasformazioni con le quali oggi xx x xxxxx il sistema di relazioni industriali167, era ancora possibile osservare che «nel nostro ordinamento sindacale di fatto, per i diversi ambiti di riferimento e in particolare per le categorie, xxxx un unico contratto collettivo, nonostante il pluralismo»168. Al- tri aggiungeva: l’idea «suggestiva della suddivisione del mondo del
163 M. FORLIVESI, La rappresentatività datoriale: funzioni, modelli, indici di accertamento, in Lav. Dir., 2018, p. 521 ss.
164 X. XXXXXXXXX, Linee e problemi dei fenomeni di esternalizzazione e decen- tramento produttivo, in M. XXXXXX (a cura di), Il mercato del lavoro, in X. XXXXXXX,
X. XXXXXXXX (dir. da), Trattato di diritto del lavoro, Padova, Cedam, 2012, p. 1448.
165 X. XXXXXXXX, X. XXXXXXX, Al bivio. Lavoro, sindacato e rappresentanza xxxx’Italia d’oggi, Roma, Donzelli, 2016.
166 Si pensi ai dubbi, di cui la dottrina si occupava già nei primi anni Sessanta del secolo scorso, generati dalla coesistenza, per una medesima tipologia di attività economica, o per attività economiche non sempre nettamente distinguibili, di con- tratti collettivi per l’industria, per xx xxxxxxx e media impresa e per l’impresa xxxx- xxxxx (cfr. X. XXXXXXXX, Contributo alla teoria della autonomia sindacale, Milano, Giuffrè, 1963, pp. 247-248).
167 AA.VV., Categorie professionali e contratti collettivi, cit.
168 Così, X. XXXXXXXXXX, Qualificazioni dell’autonomia collettiva e procedi- xxxxx applicativo del giudice, cit., p. 395.
42 Contrattazione collettiva e pluralità di categorie
lavoro e della economia per categorie e la buona tenuta del sistema sindacale su di esse imperniato bastano a contenere entro xxxxxxx xx- gionevoli le inevitabili disfunzioni di un sistema aperto»169.
Tuttavia, ciò non corrisponde più alla situazione esistente nel sistema di contrattazione collettiva (del settore privato). Lo xxxx- xxxxxx il numero spropositato di contratti collettivi depositati presso l’archivio pubblico dei contratti del Cnel e, indirettamente, gli stes- si tentativi delle parti sociali di riportare ordine nel sistema contrat- tuale, mediante la conclusione di accordi interconfederali su temi nevralgici come la misurazione della rappresentatività e i criteri di maggioranza per la stipulazione dei contratti collettivi. L’accentuar- si del pluralismo, anche – se non soprattutto – tra i datori di lavo- ro170, si riflette oggi in una sovrapposizione tra gli ambiti di applica- zione dei contratti collettivi che supera un livello da considerare fi- siologico, se non ineliminabile, in ogni sistema di relazioni industria- li. Specialmente nei comparti dell’economia in cui più esasperata è la segmentazione delle attività d’impresa e della forza lavoro171, la regola di unicità dei contratti collettivi nel proprio campo di appli- cazione è divenuta instabile, se non appena tendenziale, con ricadu- te sul piano del conflitto collettivo172, anche nei servizi essenziali173. È in questi xxxxxxxx xxx le trasformazioni dei processi econo-
000 Xxxx, X. XXXXXXXXXXXX, Intervento, in AA.VV., Categorie professionali e contratti collettivi, cit., p. 131.
170 X. XXXXXX, A proposito di rappresentanza datoriale, in Dir. Lav. Rel. Ind., 2017, p. 265 ss.
171 X. XXXX, Il conflitto e le regole, in Dir. Lav. Rel. Ind., 2000, pp. 314, 322;
v. altresì X. XXXXXXX, La disciplina dello sciopero nei servizi pubblici essenziali al- la prova dei fatti, in Riv. It. Dir. Lav., 2005, I, pp. 69-70.
172 Per il caso emblematico dell’industria alimentare x. X. XXXXXXXXX, Il caso Castelfrigo, in X. XXXXXXXXXX, X. XXXXXXX (a cura di), Logistica e lavoro, cit., pp. 131-132.
173 V. ad esempio la Relazione annuale 2019 sull’attività svolta xxxx’anno 2018 della Commissione di garanzia (p. 31), xxxxx xxxxx, in relazione al settore dei servizi di igiene ambientale, tra le cause di insorgenza dei conflitti, si identifica (per l’Italia settentrionale) la «sempre più pronunciata frammentazione e segmentazio- ne del servizio, con il massiccio ricorso al subappalto ed il fiorire di Cooperative so- ciali che operano sul territorio con il ricorso a mano d’opera a basso costo oppure applicando alle maestranze storiche, protette dalle clausole sociali, xxxxxxxxx xxx- giorativi; nel settore è, ormai, comune la pratica di applicare agli operatori ecologici il C.C.N.L. Pulizie e Multiservizi, totalmente estraneo alle mansioni effettivamente svolte dai lavoratori».
Libertà sindacale e categoria contrattuale 43
mici si sono risolte in un «gioco di specchi», xxx xxxxx è «diffici- lissimo esercitare l’attività sindacale» e che in definitiva «mette in crisi alcune nozioni tipiche delle relazioni industriali, come il con- cetto di categoria merceologica, su cui si è sviluppata storicamente la nostra contrattazione collettiva di livello nazionale»174.
8. Inquadramento delle questioni da affrontare e struttura del lavoro
Dato questo punto di partenza, la ricerca si articolerà di qui in avanti su tre capitoli ed altrettanti piani di ragionamento.
Il prossimo capitolo (II) esaminerà il problema della categoria in una “prospettiva interna alle relazioni industriali”. Data la con- solidata tradizione volontaristica del sistema italiano, e la diretta ri- levanza del principio di libertà sindacale nelle attività di definizio- ne delle unità negoziali della contrattazione collettiva, non può che essere questo il primo passaggio della riflessione. In particolare, si cercherà di fare il punto xxxxx “stato dell’arte” del sistema di contrat- tazione collettiva del settore privato, con riferimento alla sovrappo- sizione tra gli ambiti di applicazione dei contratti collettivi. Si porrà l’attenzione, da un lato, sulla proliferazione di accordi collettivi “pi- rata”, stipulati tra coalizioni negoziali dalla dubbia rappresentativi- tà rispetto al tessuto produttivo delle imprese ed alla forza lavoro; dall’altro, sui casi (più frequenti di quanto talvolta non si pensi) di intersezione tra gli ambiti di applicazione dei contratti collettivi sti- pulati all’interno dello stesso circuito della rappresentanza confede- rale. In seguito, ci si soffermerà sui tentativi che, tra molte difficol- tà, gli attori più accreditati del sistema di relazioni industriali stanno portando avanti in questi anni, allo scopo di rinnovare il compro- messo che si pone alla base della contrattazione collettiva e rivede- re i confini delle sfere di influenza organizzativa e negoziale delle confederazioni e delle federazioni di categoria. L’obiettivo di una semplificazione del sistema di contrattazione collettiva, peraltro, si ricollega a quello dell’effettiva implementazione dei meccanismi di
174 Così, X. XXXXXXX, La nuova nozione di appalto nel sistema delle tecniche xx xxxxxx del lavoratore, in WP CSDLE “Xxxxxxx X’Xxxxxx”.IT, 93/2009, p. 21.
44 Contrattazione collettiva e pluralità di categorie
misurazione della rappresentatività delle organizzazioni dei xxxxxx- xxxx e dei datori di lavoro, atteso che gli ambiti di applicazione dei Ccnl costituiranno i perimetri all’interno dei quali misurare tale rap- presentatività.
Il capitolo III, dedicato all’intervento xxxxx xxxxx sul sistema di contrattazione collettiva, si porrà su un piano di ragionamento radi- calmente diverso, per l’esperienza italiana di relazioni industriali. In un sistema, come il nostro, considerato a bassa istituzionalizzazione, l’idea stessa che in conseguenza dell’intervento eteronomo del legi- slatore vi possa essere un affievolimento dell’originaria libertà del- le parti sociali di stabilire il campo di applicazione dei contratti col- lettivi è considerata dai più poco meno che eretica. Tuttavia, è xxxx come in questi ultimi anni sia riemersa una notevole attenzione, in ambienti sindacali ed accademici, ma anche nei luoghi della politica, per la questione dell’attuazione dell’art. 39 Cost.: in uno dei moti- vi ricorrenti della materia, le difficoltà xxxxxxxxx xxx le parti sociali stanno incontrando nel governo del sistema di contrattazione collet- xxxx xxxxx sollecitato un ritorno del dibattito sulla xxxxx sindacale. In particolare, sono state oggetto di discussione alcune proposte xx xxxxx: una prima avanzata dalla Cgil (nel quadro xxxxx Xxxxx dei xx- xxxxx universali del lavoro) ed altre due elaborate da settori della dot- xxxxx (la proposta della rivista Diritti lavori mercati e la proposta del gruppo Freccia Rossa).
Nel complesso, tali progetti non potevano eludere il nodo dei
meccanismi di definizione delle unità negoziali della contrattazione collettiva e xxxxx xxxx compatibilità con il principio di xxxxxxx xxxxx- xxxx. Questi svolgimenti hanno sollecitato un intenso dibattito, xx xxxxx la ricerca, col capitolo III, proverà a contribuire, con l’idea di fondo xxx xxxxxx dell’inquadramento per categorie sia, a ben guar- dare, un problema di soluzioni tecniche – se si vuole, di pesi e con- trappesi – in grado di dare ordine al sistema contrattuale senza di- midiare oltre un certo limite la sfera di autonomia delle parti sociali. A tal fine, un rapido sguardo al diritto sindacale xxxxxxxxx consen- tirà di ampliare la riflessione xxxxx xxxx di congegni tecnici adotta- bili, mentre una rassegna delle proposte xx xxxxx attuativa dell’art. 39 Cost. susseguitesi negli anni darà modo di verificare come xxxxx cambiate, nel tempo, le sensibilità e gli approcci della riflessione giu-
Libertà sindacale e categoria contrattuale 45
ridica italiana rispetto al tema de quo. In seguito, l’attenzione xxxx xxxxx sulle normative in materia di contrattazione collettiva del set- tore pubblico (d.lgs. n. 165/2001) e di limitazione al diritto di scio- pero nei servizi pubblici essenziali (l. n. 146/1990), allo scopo di ve- rificare, in questi due rami emblematici della disciplina xxxx-xxxxx- xxxx, quali equilibri xxxxx stati trovati tra eteronomia ed autonomia nella delimitazione del campo di applicazione dei contratti collettivi. Peraltro, oltre a sollecitare le parti sociali a rivedere i perimetri della contrattazione collettiva e a risvegliare l’interesse per l’emana- zione di una xxxxx sindacale, i processi di frammentazione del siste- ma contrattuale hanno reso più complessa, e meno scontata negli esiti, l’attività di selezione dei contratti collettivi da utilizzare xxxxx parametro del trattamento economico e normativo dovuto ai xxxxxx- xxxx nei casi di rinvio all’autonomia collettiva. Ciò si è verificato spe- cialmente nei casi di rinvio ai contratti collettivi in materia di calco- lo del minimale contributivo, trattamento economico dovuto ai soci lavoratori di cooperativa e trattamento economico e normativo do- vuto ai lavoratori impiegati nel contesto di contratti pubblici, oltre che di determinazione giurisprudenziale della retribuzione adeguata ex art. 36 Cost. Di ciò si occuperà il capitolo IV. Dopo un inquadra- xxxxx per linee generali del tema dei rinvii all’autonomia collettiva per la definizione di un parametro del trattamento dovuto ai xxxxxx- xxxx, il capitolo si soffermerà sul problema della selezione dei con- tratti collettivi oggetto di rinvio. In particolare, la domanda che la dottrina oggi si pone e xxxx xxxxx la giurisprudenza fatica, invero, a dare una risposta è la seguente: se le categorie non sono più defini- te con esattezza e gli ambiti di applicazione dei contratti collettivi si sovrappongono tra di loro, come si potrà individuare il contratto collettivo “della” categoria xx xxxxx fare riferimento come parame-
tro del trattamento?
Capitolo II
LA PROSPETTIVA INTERNA ALLE RELAZIONI INDUSTRIALI
SOMMARIO: 1. Le unità negoziali nella contrattazione collettiva del settore privato: considerazioni introduttive. – 2. Il problema del criterio di collegamento tra le unità negoziali e i rapporti di lavoro. – 3. La contrattazione collettiva di ca- tegoria al bivio. – 3.1. L’archivio Cnel dei contratti collettivi: cenni essenzia- li. – 3.2. Dal pluralismo al caos? – 3.2.1. Il grattacapo degli accordi “pirata”.
– 3.2.2. Il dumping contrattuale interno al sistema di rappresentanza “confe- derale”. – 4. Il percorso a ostacoli per una riorganizzazione del sistema con- trattuale.
1. Le unità negoziali nella contrattazione collettiva del settore pri- vato: considerazioni introduttive
In un sistema di contrattazione collettiva autoregolato dalle par- ti sociali e privo di un obbligo legale di portata generale di applica- re i contratti collettivi, come quello del settore privato1, i problemi relativi alla definizione delle unità negoziali sono risolti all’interno delle relazioni industriali. L’unica garanzia operante è quella del- la libertà sindacale, che ricomprende sia la sfera di costituzione e di inquadramento dell’organizzazione sia xxxxxx xxxxx contrattazio- ne collettiva. L’attività stessa con xx xxxxx le parti sociali definisco-
1 Per uno svolgimento della dottrina del contratto collettivo di diritto comu- ne, X. XXXXXXXX, Il xxxxxxxxx collettivo di diritto comune nel sistema delle xxxxx del diritto del lavoro, in Arg. Dir. Lav., 2004, p. 13 ss.
48 Contrattazione collettiva e pluralità di categorie
no le unità contrattuali è espressione diretta dell’art. 39, c. 1, Cost. Le parti sociali sono, in buona sostanza, “sovrane” xxxxx xxxxxxxxx- ne delle partizioni fondamentali della contrattazione collettiva: tali svolgimenti avvengono «spontaneamente nella realtà sindacale sen- za alcun piano preordinato dall’alto»2.
Per quanto tali partizioni xxxxx anzitutto il risultato delle strut- ture del mercato3, è da un accordo tra le organizzazioni che stipu- lano i contratti collettivi che deriva l’individuazione delle situazioni di fatto per le quali si xxxxx xx xxxxxx comune di lavoro. La minore o maggiore ampiezza (più in generale, l’articolazione) di ogni unità contrattuale può considerarsi, perciò, l’esito dei compromessi rag- giunti tra le organizzazioni contrapposte dei datori di lavoro e dei lavoratori. Per lo meno, in via di principio: non si può trascurare, in- fatti, come la definizione delle unità contrattuali sia condizionata da più complesse dinamiche sindacali4.
Vi possono influire conflitti di giurisdizione interni al movimento dei lavoratori, ad esempio per una contrapposizione tra sindacati di me- stiere o professionali e sindacati industriali, oppure tra sindacati indu- striali con sfere di inquadramento adiacenti, che induca una delle due parti a desistere dal dettare una disciplina collettiva per un segmento della forza lavoro sul xxxxx non abbia più la necessaria “presa rappre- sentativa”. È un rilievo che rimanda ai primordi del movimento xxxxx- cale5, ma che si è riproposto, con intensità crescente, a partire dagli an- ni Ottanta del secolo scorso, sia sul piano contrattuale6 sia su quello del conflitto collettivo7.
2 X. XXXX, Problemi costituzionali del diritto sindacale italiano, cit., p. 55.
3 L’esistenza e la configurazione di un processo economico sono il presuppo- sto del perché e del come vi si detti una disciplina collettiva: X.X. XXXXX, Quali cam- biamenti per le relazioni industriali italiane?, in Lav. Dir., 2007, p. 227.
4 Cfr. X. XXXX, Regole e procedure nelle relazioni industriali: retaggi storici e criticità da affrontare, cit., passim.
5 Ricostruisce tali passaggi V. FOA, Cento anni di sindacato in Italia (1973), in ID., Per una storia del movimento operaio, Torino, Einaudi, 1980, spec. p. 107. In relazione alla questione delle unità contrattuali, cfr. X. XXXXXX, Bargaining units and labor organization in Italy, cit., p. 428.
6 Un cenno in X. XXXXXXXXXXX, Xxxxxxxxx collettivo, rappresentanza e rappre- sentatività sindacale: spunti per il dibattito, in Dir. Lav. Rel. Ind., 2009, p. 561.
7 X. XXXX, Conflitto collettivo nei servizi pubblici essenziali, in Enc. Dir., An- nali, X, 2017, p. 265 ss.
La prospettiva interna alle relazioni industriali 49
Le implicazioni che derivano da contrapposizioni interne al mondo imprenditoriale non sono meno importanti8. Specialmente nei periodi caratterizzati da mutamenti degli assetti economici e dei processi produttivi e da trasformazioni tecnologiche, non è infre- quente che l’apertura di nuove unità contrattuali si debba ai tenta- tivi di una parte del tessuto imprenditoriale di sottrarsi a dinamiche negoziali reputate inadeguate rispetto alle aspettative di partecipa- zione al mercato. Data la tipica frammentazione, in Italia, del tes- xxxx delle imprese manifatturiere, questo è stato spesso il caso delle contrapposizioni tra l’area di rappresentanza confindustriale e quel- la delle aziende artigiane e delle PMI: la dottrina lo rimarcava sin dai primi anni Sessanta del secolo scorso, ma oggi tali dinamiche si ri- propongono con ben altro dinamismo9. Il terziario è un fronte forse persino più caldo, xxx xxxxx le prime operazioni manipolative delle aree contrattuali si osservavano già nei primi anni Novanta del seco- lo scorso10, ma che sembra ora diventato il centro più aggrovigliato della «giungla»11 della contrattazione collettiva12.
In situazioni di accentuato pluralismo organizzativo, non è da
escludere che si pervenga, da parte dei gruppi, anche minoritari13, a una delimitazione opportunistica delle unità negoziali, in modo da sottrarsi all’applicazione di certe discipline collettive e forgiarne al- tre che si assumono più convenienti14. In un sistema volontaristico, sono le parti sociali a dover sorvegliare i propri spazi di regolazio-
8 Per un quadro complessivo, x. X. XXXX, L’attività sindacale delle organizza- zioni datoriali. Rappresentanza, rappresentatività e contrattazione, Torino, Xxxx- xxxxxxxx, 2017.
9 X. XXXX, Verso una rappresentanza misurata? Strumenti e metodi di misu- razione della rappresentatività datoriale, cit., p. 28.
10 X. XXXX, Le nuove tendenze del diritto del lavoro nel terziario, in Dir. Lav. Rel. Ind., 1991, pp. 627-631.
11 S. CIUCCIOVINO, Mettere ordine nella giungla dei ccnl: un’esigenza indifferi- bile, in Dir. Lav. Rel. Ind., 2018, p. 227 ss.
12 X. XXXXX, I contratti nazionali: quanti sono e perché crescono, in Dir. Lav. Rel. Ind., 2016, p. 423 ma passim.
13 X. XXXXXXXXX, Il xxxxxxxxx collettivo di diritto comune, in X. XXXXX (coord. da), Il diritto sindacale, in X. XXXXXXX (a cura di), Il lavoro subordinato, in M. BES- SONE (dir. da), Trattato di diritto privato, Torino, Giappichelli, 2007, p. 277.
14 X. XXXXXXXX, Contributo alla teoria della autonomia sindacale, cit., pp. 247-248.
50 Contrattazione collettiva e pluralità di categorie
ne15 dalle incursioni di altri, xxx xxxxxx a dettare una disciplina di- versa per le medesime attività produttive o per un segmento di es- se16. Purché vi sia reciproco riconoscimento tra i soggetti che rap- presentano le imprese e quelli che rappresentano i lavoratori, sarà possibile dar corso a un tentativo di inquadramento alternativo a quello invalso da più tempo nel settore17.
Riepilogando, l’esperienza delle relazioni industriali post-cor- porative si è caratterizzata per un sistema di definizione delle uni- tà negoziali che potrebbe definirsi “implicito”, ossia maturato in assenza di un accordo “esplicito” tra le parti sociali. Le categorie sono state individuate, in pratica, sulla base delle determinazioni che le organizzazioni stipulanti assumevano con i rinnovi dei Ccnl (confermandone o via via modificandone l’ambito di applicazio- ne) o con l’apertura di nuove aree di negoziazione. Riprendendo su questo punto Mancini, potrebbe dirsi che le categorie sono il posterius non soltanto per l’ordinamento giuridico, dal quale non si ricava una nozione preconcetta di categoria, ma per lo stesso si- stema contrattuale, dato che le parti sociali non si sono mai dotate di meccanismi di definizione ex ante delle sfere di influenza nego- ziale (né a maggior ragione di sistemi di risoluzione delle relative controversie).
Una diversa possibilità consisterebbe nella stipulazione di ac- cordi “espliciti”, tra le manifestazioni di vertice del sistema di re- lazioni industriali, che abbiano per oggetto le sfere di influenza negoziale o che provvedano, comunque, a stabilire alcune regole a tale proposito. Ragionando in astratto, ciò potrebbe intervenire all’interno del solo movimento dei lavoratori o, all’opposto, con una regolazione dei confini interna al sistema di rappresentanza delle imprese. In alternativa, le giurisdizioni contrattuali potreb-
15 Per questa nozione, v. R. MACKENZIE, M. MARTINEZ LUCIO, The Realities of Regulatory Change: Beyond the Fetish of Deregulation, cit.
16 M. GRANDI, In difesa della rappresentanza sindacale, in Dir. Lav. Rel. Ind., 2004, p. 640. Vi si soffermano più di recente I. ALVINO, L. IMBERTI, Contratto collet- tivo leader e rappresentanza datoriale, in Lab. Law Iss., 2018, 2, p. 12.
17 G. PERA, Note sui contratti collettivi «pirata», in Riv. It. Dir. Lav., 1997, I, p. 384, il quale osserva, però, che ogni tentativo di inquadramento alternativo a quello invalso fino ad un certo momento nel settore sarebbe destinato al fallimen- to, se non sorretto dal consenso della maggioranza delle imprese e dei lavoratori.
La prospettiva interna alle relazioni industriali 51
bero stabilirsi congiuntamente, mediante accordi tra le maggiori confederazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro o, comunque, in una sede di negoziato di vertice tra le parti sociali, anche dota- ta di stabilità, come ad esempio un organismo bilaterale costituito ad hoc. In ognuno di questi casi ne uscirebbe ovviamente affievoli- ta (se non, in ipotesi, del tutto esclusa, a seconda della pervasività del negoziato di vertice sui perimetri) la tradizionale prerogativa delle federazioni di categoria di determinare esse stesse, in sede di contrattazione collettiva, i confini applicativi delle discipline col- lettive di lavoro.
È significativo che una parte della dottrina abbia attribuito portata e significato simili agli accordi interconfederali conclusi al- cuni anni fa in materia di contrattazione collettiva nazionale e di misurazione della rappresentatività sindacale18. Posto che le previ- sioni sulla misurazione della rappresentatività delle organizzazioni stipulanti ai fini dello svolgimento della contrattazione collettiva nazionale presuppongono la “stabilità” dei perimetri contrattuali, gli accordi interconfederali si risolverebbero, anche senza averlo affermato apertamente, nell’attribuzione alle confederazioni del- la prerogativa di definire gli ambiti di applicazione dei contrat- ti collettivi. Non sembra, cioè, che «possa avere più corso quella “autodeterminazione” della categoria contrattuale ad opera delle parti stipulanti il CCNL caratteristica dell’attuale produzione ne- goziale», atteso che, diversamente, «ci troveremmo di fronte ad un paradosso simile a quello del Barone di Münchhausen, il quale raccontava di essersi tratto in salvo da una palude tirandosi per i capelli»19. Fuor di metafora, secondo tale orientamento il processo
18 V. PINTO, Gli accordi interconfederali del 2013 e i persistenti problemi te- orici (e pratici) della definizione autonoma della “categoria contrattuale”, in M. BARBERA, A. PERULLI (a cura di), Consenso, dissenso e rappresentanza: le nuove re- lazioni sindacali, Padova, Cedam, 2014, p. 361 ss. In particolare, l’autore si con- frontava con il testo degli accordi conclusi nel 2013 in area confindustriale (Proto- collo d’intesa del 31 maggio con Cgil, Cisl e Uil e successivi accordi con del 6 giu- gno con UGL, del 18 giugno con Cisal e del 4 luglio con Confsal), in area Confser- vizi (accordo del 1° agosto con Cgil, Cisl e Uil) e nel settore cooperativo (accordo del 18 settembre tra Agci, Confcooperative e Legacoop con Cgil, Cisl e Uil).
19 Così, V. PINTO, Gli accordi interconfederali del 2013 e i persistenti proble- mi teorici (e pratici) della definizione autonoma della “categoria contrattuale”, cit., pp. 367-368.
52 Contrattazione collettiva e pluralità di categorie
di misurazione della rappresentatività delle organizzazioni che sti- pulano i contratti collettivi sottrarrebbe a queste ultime la preroga- tiva di modificarne il campo di applicazione, atteso che, così facen- do, finirebbero per modificare anche il bacino di misurazione della rappresentatività, bloccando, di fatto, il funzionamento dell’intero meccanismo: «occorre ammettere che la competenza a dettare una definizione “autonoma” delle stesse sia orma transitata dal livello della categoria a quello interconfederale»20.
Questa tesi ha colto nel segno, nell’individuare, tra le righe degli accordi del 2013, le avvisaglie di un processo di complessiva riorga- nizzazione del sistema contrattuale, al termine del quale è presumibile che si avrà un riassestamento dei congegni di definizione delle categorie sperimentati da decenni nel modello italiano di relazioni industriali21.
Al contempo, essa si espone tuttavia ad alcune critiche incisi- ve. Da una parte, si deve riconoscere che con gli accordi intercon- federali citati (peraltro, il discorso non cambierebbe se si conside- rassero anche quelli più recenti: v. infra, § 4) sono state poste sol- tanto le premesse del processo di misurazione della rappresentati- vità delle organizzazioni che stipulano i Ccnl. Finché tale processo non sarà effettivamente implementato, pare quantomeno prematu- ro trarne delle conseguenze così incisive, se non proprio compro- mettenti, per le attività negoziali delle federazioni di categoria. Da un’altra, non è condivisibile l’idea stessa che un tale sovvertimen- to di precetti storicamente condivisi nel sistema sindacale di fatto
20 Ivi, p. 368.
21 Cfr. anche L. BELLARDI, L’attuazione dell’accordo quadro: pluralità dei sistemi contrattuali ed eterogenesi dei fini. Alcune note di sintesi, in Dir. Lav. Rel. Ind., 2010, p. 387 ss. Alla luce delle disposizioni dell’accordo quadro del 22 gennaio 2009 e degli accordi interconfederali conclusi nell’anno successivo per i comparti dell’industria, dei servizi e dell’artigianato, l’autrice rilevava una complessiva tendenza alla ri-centralizzazione, in materia di cd. razionalizzazione del sistema contrattuale: una tendenza particolarmente evidente per il compar- to artigiano, ove però è da sempre importante il livello interconfederale, ma non estranea alla stessa area di rappresentanza confindustriale (spec. accordo inter- confederale Confindustria, Cisl e Uil 15 aprile 2009, n. 8 «Razionalizzazione e ri- duzione del numero dei contratti collettivi nazionali di lavoro di categoria») e di Confservizi (spec. accordo interconfederale Confservizi, Cisl e Uil 18 novembre 2009, n. 7 «Razionalizzazione e riduzione del numero dei contratti collettivi na- zionali di lavoro di categoria»).
La prospettiva interna alle relazioni industriali 53
sia effettuato in modo per così dire implicito. Per trasferire dalle federazioni di categoria alle confederazioni una tra le prerogative più «gelosamente difese»22 dalle organizzazioni sindacali occorre- rebbe, infatti, un accordo che non soltanto affermi “apertamente” la novità rispetto al passato, ma che indichi, soprattutto, le solu- zioni tecniche mediante le quali procedere, di lì in avanti, con la revisione, l’adattamento e la modifica delle unità negoziali: sareb- be questo probabilmente il cuore della questione ed il suo aspetto più controverso.
Del resto, in mancanza di un accordo particolarmente robu- sto su questi aspetti, anche sotto il profilo procedurale, le federa- zioni di categoria resterebbero libere di stabilire in autonomia le aree contrattuali, in base all’interpretazione dell’art. 39, c. 1, Cost. consolidata nella dottrina e nella giurisprudenza (ma prima anco- ra nella prassi contrattuale)23. È una costante del modello italiano di relazioni industriali quella di un condizionamento più o meno intenso delle categorie sul sistema negoziale nel suo complesso, a
«cominciare da quelle più forti che sono storicamente caratteriz- zate da orientamenti diversi» e che sono spesso in grado di met- tere in discussione l’operatività delle «direttive provenienti dalle confederazioni»24.
2. Il problema del criterio di collegamento tra le unità negoziali e i rapporti di lavoro
Quali che siano le soluzioni adottate dalle parti sociali per sta- bilire i perimetri negoziali, si pone, comunque, il problema se sia ri- cavabile dall’ordinamento giuridico una regola di (quantomeno ten- denziale) coerenza tra le partizioni in unità negoziali della contratta-
22 A. LASSANDARI, Pluralità di contratti collettivi nazionali per la medesima categoria, cit., p. 291.
23 F. CARINCI, Una dichiarazione d’intenti: l’Accordo Quadro 22 gennaio 2009 sulla riforma degli assetti contrattuali, in Riv. It. Dir. Lav., 2009, I, pp. 194- 195.
24 T. TREU, Regole e procedure nelle relazioni industriali: retaggi storici e cri- ticità da affrontare, cit., p. 11.
54 Contrattazione collettiva e pluralità di categorie
zione collettiva e l’individuazione dei contratti collettivi applicabili ai rapporti individuali di lavoro.
Secondo un orientamento consolidato da decenni nella giuri- sprudenza di legittimità, l’obbligatorietà dei contratti collettivi può derivare dall’affiliazione alle organizzazioni stipulanti25 o, in alterna- tiva, dal rinvio esplicito o per fatti concludenti operato dalle parti in- dividuali ad un determinato contratto collettivo o ad un sistema con- trattuale nel suo complesso26. Ne deriva che per quanto possa essere considerato, per così dire, socialmente opportuno, che le discipline collettive siano rispettate dai soggetti che rientrano nel loro campo di applicazione, in assenza di una legge che ne preveda l’obbligato- rietà, datori di lavoro e lavoratori sono liberi di applicare o meno un contratto collettivo.
In altri termini, il criterio per l’individuazione del contratto col-
25 Invero, che nel modello italiano si debba aver riguardo anzitutto o pre- valentemente all’affiliazione sindacale del datore di lavoro, per l’applicazione di un contratto collettivo, è sostenuto in dottrina sin dagli anni Cinquanta del seco- lo scorso (cfr. G. PERA, Fondamento ed efficacia del contratto collettivo di diritto comune (1958), in Scritti di Giuseppe Pera, II, Diritto sindacale, Milano, Giuffrè, 2007, p. 989 ss.). Una volta obbligato, si ritiene che il datore di lavoro debba ap- plicare generalmente il contratto collettivo ai propri dipendenti. Che la sottova- lutazione della posizione giuridica e sociale del lavoratore, che da ciò in qualche modo ne deriva sia, sotto più d’un aspetto, criticabile, diverrà chiaro con il pro- rompere della legislazione dell’emergenza e con la diffusione di una contrattazio- ne collettiva non più necessariamente (o non per tutti) acquisitiva. Questi svolgi- menti sono, com’è ovvio, più evidenti per il livello aziendale di contrattazione col- lettiva, ove il problema dell’efficacia soggettiva degli accordi rispetto ai lavoratori dissenzienti e non iscritti ai sindacati stipulanti è avvertito con più urgenza: è a questo proposito, infatti, che la giurisprudenza di legittimità ha dovuto precisare il tiro rispetto ai propri passati indirizzi e che il legislatore è intervenuto, alcuni anni fa, con la manovra di ferragosto del 2011 (V. BAVARO, Azienda contratto sin- dacato, Bari, Cacucci, 2012).
26 L’orientamento secondo il quale i contratti collettivi di diritto comune ob- bligano i soggetti iscritti alle associazioni stipulanti o quelli che li abbiano esplici- tamente o implicitamente adottati si era consolidato, con isolate voci contrarie, già nei primi anni Cinquanta del secolo scorso (cfr. L. MENGONI, Le fonti del diritto del lavoro in Italia, in G. BOLDT et al., Le fonti del diritto del lavoro, Lussemburgo, Co- munità europea del carbone e dell’acciaio Alta autorità, 1962, pp. 149-152). Di re- cente, tra le molte, v. Cass. 2 maggio 2019, n. 11537, in RGL News, 2019, 3, p. 8 ss. Per una trattazione di respiro: C. ZOLI, Contratto collettivo come fonte e contrat- tazione collettiva come sistema di produzione di regole, in M. PERSIANI (a cura di), Le fonti del diritto del lavoro, in F. CARINCI, M. PERSIANI (dir. da), Trattato di diritto del lavoro, Padova, Cedam, 2010, p. 487 ss.
La prospettiva interna alle relazioni industriali 55
lettivo da applicare al rapporto di lavoro è quello cd. soggettivo27, che si risolve in una quaestio voluntatis28. Più che come legge pro- fessionale della categoria, il contratto collettivo si configura, in que- sto modello, come uno «schema di disciplina nell’interesse di coloro che vogliono servirsene»29.
Comunque, qualora per affiliazione sindacale o previo rinvio in- dividuale un contratto collettivo possa considerarsi applicabile al rapporto di lavoro, parrebbe di primo acchito scontato che tale con- tratto sia quello stipulato per disciplinare proprio quella tipologia di attività economica e di lavoro. In altri termini, il contratto col- lettivo applicato sarà, in linea di massima, quello che nel campo di applicazione ricomprenda le situazioni di fatto dedotte nel contrat- to di lavoro. In modo tale, cioè, che vi sia una corrispondenza tra le discipline collettive applicate ai rapporti di lavoro e le partizioni fondamentali del sistema di contrattazione collettiva. Oltre che ad una comprensibile logica organizzativa delle relazioni sindacali, ciò risponderebbe, a ben vedere, a un’esigenza pratica, che si può sin- tetizzare in un interrogativo: in quale testo contrattuale dovrebbero rinvenirsi una descrizione delle mansioni, un trattamento economi- co e una disciplina del lavoro adeguate, se non in quello che si pro- pone di regolare precisamente quel tipo di situazioni di fatto? Tutta- via, occorre riconoscere che questo non è necessariamente il caso, in assenza di una legge che disponga in tal senso: la «normalità»30 può non essere la regola, in un settore dell’ordinamento che rinviene il proprio presupposto nei rapporti di forza.
Anche nel caso in cui un contratto collettivo sia applicabile al
rapporto di lavoro, a determinare quale non sarà un collegamento (criterio) “oggettivo”, tra il tipo di attività esercitata dal datore di la- voro e/o dal lavoratore ed il campo di applicazione dell’accordo. Ad essere determinante sarà l’affiliazione sindacale oppure l’interpre- tazione della manifestazione di volontà dalle quale si trae l’intento
27 L. RIVA SANSEVERINO, Contratto collettivo di lavoro, cit., passim.
28 Sul tema, v. A. VALLEBONA, Autonomia collettiva e occupazione: l’efficacia soggettiva del contratto collettivo, in Dir. Lav. Rel. Ind., 1997, p. 381 ss.
29 Così, P. BELLOCCHI, Il contratto collettivo di diritto comune, cit., p. 280.
30 Per una brillante trattazione del tema v. W. BIGIAVI, «Normalità» e «anor- malità» nella costruzione giuridica, in Riv. Dir. Civ., 1968, I, p. 518 ss.
56 Contrattazione collettiva e pluralità di categorie
delle parti di applicare il contratto collettivo31. Come affermato dalle Sezioni Unite con la storica sentenza n. 2665/1997 sull’applicazione dell’art. 2070 c.c. ai contratti collettivi di diritto comune32, «dai vi- genti principi di libertà contrattuale e di associazione sindacale può derivare […] l’eventualità che al rapporto individuale di lavoro si applichi un contratto del tutto innaturale rispetto alle oggettive ca- ratteristiche dell’impresa». Da qui, il principio di diritto, confermato dalla giurisprudenza successiva33: nell’ipotesi di contratto di lavoro regolato dal contratto collettivo di diritto comune proprio di un set- tore non corrispondente a quello dell’attività svolta dall’imprendi- tore, il lavoratore non può aspirare all’applicazione di un contratto collettivo diverso34.
Si potrebbe persino osservare che, in un sistema sindacale au- toregolato dalle parti sociali, la definizione del campo di applica- zione dei contratti collettivi abbia, in via di principio, una mode- sta “rilevanza giuridica”, per lo meno «se i soggetti – identificati nella loro generalità dalla manifestazione di autonomia sindacale – non aderiscono alla formazione collettiva per tutelare gli interes- si tipici professionali indicati nella tipica autoregolamentazione del sindacato»35. È come dire, se si preferisce, che soltanto coloro che abbiano concorso, anche indirettamente, tramite le proprie associa- zioni, alla formazione della disciplina collettiva, o che la abbiano in alternativa recepita con un atto di volontà nei rapporti di lavoro, vi saranno soggetti, quale che ne sia il potenziale bacino sociale di ap- plicazione36.
31 Cfr., per uno svolgimento più compiuto di questioni che con la sintetica formulazione di cui al testo si sono soltanto evocate, A. LO FARO, Contratto collet- tivo (lavoro privato), in Enc. Dir., Annali, VI, 2013, p. 204.
32 Cass. SSUU n. 2665/1997, cit. Cfr. O. MAZZOTTA, Intervento, in AA.VV.,
Categorie professionali e contratti collettivi, cit., pp. 97-100 ma spec. 99.
33 Tra le molte, Cass. n. 11372/2008, cit., Cass. n. 16340/2009, cit., Cass. n.
26742/2014, cit.
34 G. PROIA, M. GAMBACCIANI, Il contratto collettivo di diritto comune, in G. PROIA (a cura di), Organizzazione sindacale e contrattazione collettiva, cit., pp. 657-658.
35 Così, B. BALLETTI, Contributo alla teoria della autonomia sindacale, cit., p. 247.
36 G. VARDARO, Il mutamento della funzione del contratto collettivo, in Dir. Lav. Rel. Ind., 1983, pp. 741-742.
La prospettiva interna alle relazioni industriali 57
Beninteso, non si vuole con ciò negare che il sistema di relazioni industriali sia pregiudicato dai datori di lavoro che restino, per così dire, fuori dal sistema contrattuale o che, pur essendovi ricompre- si, si sottraggano all’applicazione del contratto collettivo “naturale”, per adottarne uno che sia, ad esempio, meno oneroso nelle retribu- zioni oppure più rigido nella disciplina del personale.
Tuttavia, è nell’ordine delle cose di un sistema privo di una legge che, in queste situazioni, la reazione non possa che con- sistere negli atti di pressione che le organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori siano in grado di attuare, in base al con- testo produttivo ed alla fase storica che si attraversa37: oltre ad una razionalizzazione dei tavoli e dei perimetri contrattuali, è lo sciopero (per le organizzazioni dei lavoratori) lo strumento cui ricorrere per attrarre nella sfera di applicazione del contratto col- lettivo tutti i soggetti in essa astrattamente ricompresi38. Le com- plicazioni interne ai meccanismi di ripartizione del sistema con- trattuale in unità negoziali sono, cioè, assorbite dalle dinamiche negoziali tra le parti sociali e in ultima analisi dal conflitto collet- tivo39. L’intera questione è «affidata alla capacità dei sindacati di far rispettare i contratti»40.
37 Cfr. M.G. GAROFALO, Per una teoria giuridica del contratto collettivo. Qualche osservazione di metodo, in Dir. Lav. Rel. Ind., 2011, p. 515 ss.
38 G. VARDARO, Il mutamento della funzione del contratto collettivo, cit., p. 742. Lo sciopero cd. giurisdizionale può considerarsi uno strumento di reazione verso comportamenti consistenti nello shopping contrattuale: diffuso soprattutto in altri sistemi di relazioni industriali (ad esempio, in alcune esperienze nordiche), tale manifestazione di conflitto collettivo è più efficace se attuata con l’appoggio di gruppi di lavoratori da principio estranei alla contesa, i quali, per solidarietà o, co- me si dice, “per simpatia”, si uniscano alla lotta principale, auspicandone e favo- rendone l’esito positivo (G. PERA, Problemi costituzionali del diritto sindacale ita- liano, cit., p. 55).
39 M. BARBIERI, Intervento, in Autonomia collettiva e occupazione. Atti del XII Congresso nazionale di diritto del lavoro Milano, 23-25 maggio 1997, cit., p. 179.
40 P. BELLOCCHI, Il contratto collettivo di diritto comune, cit., p. 281.
58 Contrattazione collettiva e pluralità di categorie
3. La contrattazione collettiva di categoria al bivio
Riepilogando, in un modello di contrattazione collettiva auto- regolato mediante accordi tra le parti sociali, gli svolgimenti ine- renti alla definizione delle unità negoziali sono un affare interno al sistema di relazioni industriali, che viene regolato per via delle dinamiche sindacali, dei rapporti di forza e del conflitto colletti- vo. La modifica del campo di applicazione dei contratti collettivi o l’apertura di nuove aree contrattuali ha come unico requisito il reciproco riconoscimento tra le organizzazioni contrapposte, ossia
– per esser chiari – il fatto in sé che sia stipulato un contratto col- lettivo (dato che la stipulazione presuppone logicamente che ne sia stato individuato il campo di applicazione). Esito di questi svolgi- menti è un sistema contrattuale particolarmente agile, che senza ingessature o rallentamenti può adattare le proprie unità di nego- ziazione ai mutamenti del mercato e della forza lavoro, come av- venne negli anni Sessanta del secolo scorso con il prorompere della contrattazione articolata.
È anche vero che in situazioni di accentuato pluralismo – dal lato dei lavoratori e dal lato dei datori di lavoro, come nel sistema italiano di questi anni – possono essere messe in discussione fa- cilmente le tradizionali sfere di giurisdizione negoziale, senza che ne derivi in tempi rapidi un riassestamento. Il che può finire per creare una situazione di “caos”, sia per le parti sociali sia per gli operatori economici, dato che non sono ricavabili dall’ordinamen- to giuridico, a rigore, strumenti per mezzo dei quali orientare con esattezza le determinazioni delle parti dei rapporti di lavoro circa i contratti collettivi cui dare applicazione, soprattutto se sono sti- pulati molteplici contratti collettivi con ambito di applicazione in parte coincidente. Ebbene, dopo aver posto le basi del ragionamen- to giova cominciare ad interrogarsi su quale sia, per il tema che ci occupa, lo “stato dell’arte” del sistema di contrattazione collettiva del settore privato.
La prospettiva interna alle relazioni industriali 59
3.1. L’archivio Cnel dei contratti collettivi: cenni essenziali
Il punto di partenza non può che essere costituito da quanto si desume dalla banca dati pubblica tenuta dal Cnel («Archivio nazio- nale dei contratti collettivi di lavoro»). L’archivio è istituito ai sensi dell’art. 17, l. n. 936/1986, al fine di consentire il deposito dei con- tratti e degli accordi collettivi di lavoro e di agevolarne il reperimen- to e la consultazione; la legge prevede che i criteri di conservazione e di catalogazione dei contratti collettivi siano stabiliti di concer- to con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e con il cen- tro elettronico di documentazione della Corte di cassazione, previa consultazione delle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei da- tori di lavoro41. Direttive per l’organizzazione dell’archivio sono im- partite (art. 16, l. n. 936/1986) da una «Commissione informazio- ne e lavoro» (questa è la sua attuale denominazione), presieduta dal Presidente del Cnel e nella quale sono rappresentate le parti sociali. Nel corso dell’attuale Consiliatura sono stati effettuati rilevantissi- mi lavori di aggiornamento e di ammodernamento della banca dati dei contratti collettivi, che costituisce ormai una fonte ricca di dati, informazioni ed elaborazioni sul sistema contrattuale, sia privato sia pubblico (è quasi superfluo rimarcare che ciò costituisce un’impor-
41 Si veda il sito xxx.xxxx.xx/Xxxxxxxx-Xxxxxxxxx (consultato l’ultima volta il 30 aprile 2020). L’art. 17, cit., dispone ai suoi primi tre commi: «1. È istituito presso il CNEL l’archivio nazionale dei contratti e degli accordi collettivi di lavoro presso il quale vengono depositati in copia autentica gli accordi di rinnovo e i nuo- vi contratti entro 30 giorni dalla loro stipula e dalla loro stesura. 2. Il deposito av- viene a cura dei soggetti stipulanti. 3. L’organizzazione dell’archivio nazionale dei contratti e degli accordi collettivi di lavoro deve consentire la loro conservazione nel tempo e la pubblica consultazione. […]». Il Cnel ha di recente esercitato il suo potere di iniziativa legislativa, approvando (seduta del 27 marzo 2019) un disegno di legge ai sensi dell’art. 99, c. 3, Cost., volto ad ampliare e precisare le prerogati- ve del Consiglio in questa materia. In particolare, il d.d.l. S. 1232, comunicato alla Presidenza del Senato il 5 aprile 2019, nel suo unico art. 1, prevede l’attribuzione al Cnel in collaborazione con l’Inps della prerogativa di definire un «codice unico di identificazione dei contratti e degli accordi collettivi di lavoro nazionali», me- diante una sequenza alfanumerica (c. 1). Ciò dovrebbe consentire di armonizzare gli archivi del Cnel (alimentato dai depositi effettuati dalle parti sociali) e dell’Inps (alimentato dai flussi Uniemens derivanti dalle denunce dei datori di lavoro) e di agevolare, in definitiva, le verifiche relative all’applicazione dei contratti collettivi da parte dei datori di lavoro.
60 Contrattazione collettiva e pluralità di categorie
tante novità per gli studi sulla contrattazione collettiva e, in prospet- tiva, per gli andamenti del sistema contrattuale).
Attualmente, la ricerca dei Ccnl all’interno dell’archivio «corren- te» dei contratti collettivi «in vigore»42 avviene su due livelli43. Una prima catalogazione è effettuata sulla base di 14 macrosettori contrat- tuali, definiti con le parti sociali rappresentate in seno alla Commissio- ne istituita ai sensi dell’art. 16, cit. Tali macrosettori dovrebbero gros- so modo corrispondere ad alcune partizioni basilari dell’economia, per come individuate dagli attori delle relazioni industriali: agricoltu- ra, alimentaristi-agroindustriale, altri vari, amministrazione pubblica, aziende di servizi, chimici, commercio, credito assicurazioni, edilizia, enti e istituzioni private, meccanici, poligrafici e spettacolo, tessili, trasporti (in ordine alfabetico).
Il secondo livello di ricerca nell’archivio è costituito dalla “cate- goria”. Ogni contratto collettivo, individuando un campo di applica- zione, genera, con la registrazione nell’archivio pubblico, la propria categoria, all’interno di uno dei macrosettori citati. La determinazio- ne delle parti sociali in ordine a tale definizione è meramente recepita dal Cnel: la nozione di categoria adottata dall’archivio pubblico coin- cide, in sostanza, con il campo di applicazione dei contratti collettivi che vi sono depositati (ma non sarebbe pensabile il contrario, ossia un rimaneggiamento delle determinazioni adottate dalle parti sociali). Peraltro, il Cnel sta predisponendo in questi anni sistemi più avanzati di ricerca. Giovandosi di collaborazioni interistituzionali,
42 Traggo da CNEL, Notiziario dell’Archivio contratti, n. 30, nuova serie, lu- glio 2018, p. 3: «sono considerati correnti i CCNL non dichiarati cessati o confluiti mediante una comunicazione dei contraenti all’ufficio, oppure mediante una dichia- razione contenuta in un altro CCNL che li sostituisce». Si badi che i Ccnl correnti non sono costituiti soltanto da “testi definitivi”, bensì, più spesso, da una serie di accordi che si sovrappongono al testo vero e proprio del Ccnl al fine di regolarne aspetti «specifici, o che nel tempo hanno rinnovato solo alcuni istituti» (così, CNEL, Notiziario dell’Archivio contratti, n. 33, nuova serie, novembre 2019, pp. 10-11). In particolare, gli accordi depositati sono catalogati come i) testo definitivo, ii) ac- cordo di rinnovo, iii) accordo economico, iv) verbale integrativo.
43 Le modalità di ricerca all’interno dell’archivio pubblico sono in questi anni in via di ripensamento, al fine di agevolare ulteriormente il reperimento e la consul- tazione dei testi contrattuali (v. xxx.xxxx.xx/Xxxxxxxx-Xxxxxxxxx, consultato l'ulti- ma volta il 30 aprile 2020, in particolare la sezione guida alla consultazione, aggior- namento al 10 febbraio 2020).
La prospettiva interna alle relazioni industriali 61
sono in via di elaborazione mappature più progredite del sistema contrattuale44. Come ad esempio quelle che stabiliscono un colle- gamento tra i codici attribuiti ai contratti collettivi dal Cnel (codici associati ai depositi delle parti sociali) e dall’Inps (codici associati ai sistemi di comunicazioni effettuate dai datori di lavoro all’istitu- to): tali operazioni rappresentano il presupposto per conoscere con esattezza il numero di imprese e di lavoratori ai quali sono applica- ti i contratti collettivi. Altro collegamento importante, in via di im- plementazione, è quello tra i codici Cnel dei contratti collettivi e i codici Ateco delle attività economiche, allo scopo di individuare con esattezza i perimetri dei Ccnl, in relazione alle attività economi- che ricomprese nei loro campi di applicazione, nonché per mettere in relazione l’archivio Cnel dei contratti con le banche dati Istat e Unioncamere. Se tali informazioni riguardano i Ccnl vigenti, è rile- vante che l’archivio pubblico dei contratti consenta altresì l’accesso ai Ccnl “confluiti” ed a quelli “cessati”, che sono utili soprattutto per ricostruire l’evoluzione storica delle discipline negoziali nei diversi settori contrattuali.
Il Cnel pubblica con cadenza periodica una serie di utilissimi
report sulla contrattazione collettiva, dai quali sono reperibili dati e spunti di riflessione sulle dinamiche del sistema contrattuale45.
3.2. Dal pluralismo al caos?
Esito di un tessuto economico-produttivo complesso, diversa- mente articolato su base territoriale e soggetto a frequenti trasfor- mazioni, il modello italiano di relazioni sindacali è caratterizzato da un elevato livello di pluralismo organizzativo, sia dal lato dei lavora- tori sia da quello dei datori di lavoro, che si riflette giocoforza nella stipulazione di alcune centinaia di Ccnl46.
44 Qualche cenno da parte di M. RICCI, L’accordo interconfederale del 9 mar- zo 2018: una svolta dagli esiti incerti, cit., p. 1399, ma passim.
45 L’ultimo in ordine di tempo è CNEL, 10° Report periodico dei Contratti Collet- tivi Nazionali di Lavoro depositati nell’archivio CNEL, aggiornamento dicembre 2019.
46 In particolare, sull’influenza che il sistema di rappresentanza delle imprese esercita sulla struttura della contrattazione collettiva, v. G.P. CELLA, T. TREU, Rela- zioni industriali e contrattazione collettiva, cit., p. 117.
62 Contrattazione collettiva e pluralità di categorie
Per non riprendere che alcuni elementi di contesto, si consideri, per prima cosa, che in molti settori la frammentazione del sistema di rappresentanza delle imprese porta ad alcune diversificazioni, talo- ra minimali, talaltra più accentuate, delle discipline di categoria, in base alla natura industriale o artigiana delle aziende, alla condizione (ambigua, anche nell’inquadramento contrattuale)47 di PMI o alla forma societaria (cooperative o consorzi).
Peraltro, nonostante non siano mancati alcuni segnali di segno contrario, la competizione interna al sistema di rappresentanza del- le imprese è aumentata da alcuni anni a questa parte. Vi sono casi in cui una stessa coalizione di organizzazioni sindacali di categoria è indotta a stipulare Ccnl simili, se non analoghi, con diverse organiz- zazioni datoriali48. In altri la frammentazione della rappresentanza datoriale determina, invece, uno scompaginamento nel fronte oppo- sto, delle organizzazioni dei lavoratori49.
Processi interni al mondo imprenditoriale hanno anche portato alla conclusione di accordi che, in virtù di una scelta di politica con- trattuale, creano una nuova unità “per secessione” da quella in cui era in passato ricompresa: è il caso della lunga vertenza che ha por- tato nel 2018 alla stipulazione del Ccnl della Distribuzione Moder- na Organizzata50. Sono vicende che talora suscitano clamore, come nel caso del distacco del gruppo FCA dal sistema di rappresentanza di Federmeccanica, che aveva lo scopo di realizzare un sistema con- trattuale alternativo alla categoria dei metalmeccanici industria, in
47 T. TREU, Regole e procedure nelle relazioni industriali: retaggi storici e cri- ticità da affrontare, cit., p. 15, nota 16.
48 D. GOTTARDI, La contrattazione collettiva tra destrutturazione e ri-regola- zione, in Lav. Dir., 2016, p. 886, con riferimento alle agenzie di somministrazione di lavoro, riportava l’esempio dei Ccnl stipulati da Assolavoro da un lato (27 feb- braio 2014) e da Assosomm dall’altro lato (7 aprile 2014), sempre con Cgil, Cisl, Uil, Felsa-Cisl, Nidil-Cgil e Uil-Temp.
49 Cfr. P. TOMASSETTI, La nozione di sindacato comparativamente più rappre- sentativo nel decreto legislativo n. 81/2015, in Dir. Rel. Ind., 2016, pp. 380-381 te- sto e nota 55, con riferimento al settore della panificazione, nel quale a partire dal 2012-2013 Assipan, Fippa e Fiesa hanno rotto l’unità del settore, stipulando, la pri- ma, il contratto collettivo con Ugl Terziario (19 giugno 2013, ma ora rinnovo del 4 aprile 2018) e le altre due con le organizzazioni di categoria Flai-Cgil, Fai-Cisl e Uila-Uil (13 febbraio 2013, ma ora rinnovo del 17 maggio 2017).
50 Ccnl 19 dicembre 2018 stipulato da Federdistribuzione e Filcams-Cgil, Fi- sascat-Cisl, Uiltucs-Uil.
La prospettiva interna alle relazioni industriali 63
cui l’automotive era tradizionalmente ricompreso. Più in generale, non è infrequente che, per imprese in grado di sostenerne il peso, in termini economico-organizzativi, la contrattazione collettiva si svol- ga sì al livello aziendale o di gruppo, ma dando luogo a testi di una complessità normativa e rivolti ad una platea di lavoratori tale, da apparire nei fatti come contratti di categoria51.
Si tenga presente, inoltre, che, in virtù di scelte di politica sin- dacale talvolta risalenti nel tempo, il sistema negoziale comprende anche Ccnl applicati a poche migliaia di lavoratori, dipendenti, nel complesso, da alcune centinaia (talvolta decine) di aziende52.
Anche la frammentazione interna al movimento sindacale dei lavoratori induce fenomeni di proliferazione contrattuale: più che i casi della cd. contrattazione separata degli anni Duemila (in specie, nel metalmeccanico e nel commercio-terziario)53, si hanno in men- te quelli dovuti alla risalente conventio ad excludendum del sistema sindacale di fatto54, che in molti settori tiene fuori l’Ugl dai tavoli ne-
51 È un elemento, presente anche in altri sistemi di relazioni industriali, che l’esperienza italiana conosce da tempo: ne trattava già L. MENGONI, Il regime giu- ridico delle organizzazioni professionali in Italia, cit., p. 450, a proposito dei con- tratti stipulati dall’ENI, «in rappresentanza di singole aziende del gruppo» (prima della costituzione dell’ASAP e della fuoriuscita dal sistema di rappresentanza con- findustriale).
52 Si prenda il Ccnl per gli addetti alle aziende produttrici di penne, matite, parti staccate di matite, penne, articoli affini e per gli addetti alle aziende produt- trici di spazzole, pennelli, scope e preparatrici relative materie prime, stipulato tra Assoscrittura, Assospazzole, Femca-Cisl, Filctem-Cgil, Uiltec-Uil, che è ap- plicato, secondo quanto si desume dal Database Cnel-Inps, a 538 addetti, dipen- denti da 19 aziende. Si tenga presente, per avere un’unità di misura del bacino di alcuni tra i maggiori Ccnl, che, stando al medesimo database pubblico, il Ccnl per i dipendenti dalle aziende metalmeccaniche e della installazione di impianti, stipulato tra Federmeccanica, Assistal, Fim-Cisl, Fiom-Cgil, Uilm-Uil, risulta ap- plicato a 1.445.293 addetti, dipendenti da 57.314 aziende, mentre il Ccnl Indu- stria chimica, chimica-farmaceutica, stipulato tra Federchimica, Farmindustria, Filctem-Cgil, Femca-Cisl, Uiltec-Uil, risulta applicato a 209.302 addetti, dipen- denti da 3.832 aziende.
53 A. MARESCA, Accordi collettivi separati: tra libertà contrattuale e democra- zia sindacale, in Riv. It. Dir. Lav., 2010, I, p. 29 ss.
54 V. G. MAZZONI, L’azione sindacale e lo Statuto dei lavoratori, Milano, Giuffrè, 1974, pp. 98-99, e più di recente D. GOTTARDI, La contrattazione collettiva tra destrutturazione e ri-regolazione, cit., p. 886, ma passim.
64 Contrattazione collettiva e pluralità di categorie
goziali di Cgil, Cisl e Uil per la contrattazione di categoria55. Esiste, inoltre, per i dirigenti, un’ampia struttura negoziale, che in alcuni casi supera la logica della contrattazione verticale o per ramo d’in- dustria56, mentre in altri si muove in parallelo a quella per le altre categorie di lavoratori dipendenti57. Con l’accresciuta articolazione del mercato del lavoro, ha acquisito più rilevanza anche l’esperienza della contrattazione di mestiere o professionale58.
Da queste brevissime considerazioni si ricava l’indicazione di massima di un sistema contrattuale caratterizzato da un elevato li- vello di pluralismo, e la cui complessità è con il tempo aumentata, con la maggiore articolazione della forza lavoro e con le trasforma- zioni tecnologiche e dei processi produttivi.
Ora, per avere un metro di paragone del numero di Ccnl da con- siderare proporzionato (con tutte le approssimazioni del caso) alle caratteristiche del sistema italiano di relazioni industriali, si consi- deri che nel documento unitario di Cgil, Cisl e Uil del maggio 2008, recante «Linee di riforma della struttura della contrattazione», era valutato eccessivo il numero di «oltre 400 Ccnl» allora presenti: se ne auspicava infatti una «razionalizzazione», per via di una «verifica […] delle aree di copertura» e di «accorpamenti per aree omogenee e per settori, favorendo la riunificazione di contratti analoghi facen- ti riferimento a diverse organizzazioni di rappresentanza datoriale». Iniziava tuttavia in quegli anni la crisi economica. Otto anni dopo (nel 2016) il numero di Ccnl depositati nell’archivio Cnel supera- va le 700 unità59 e dopo altri tre anni sarebbe stata superata quota
55 Un esempio di tali svolgimenti è rappresentato dal Ccnl Agricoltura ope- rai agricoli e florovivaisti, che è stipulato da Confagricoltura, Coldiretti e Cia, con Flai-Cgil, Fai-Cisl e Uila-Uil da un lato (19 giugno 2018) e con Sindacato nazionale agricoli e forestali Ugl dall’altro lato (16 giugno 2016).
56 Esempio rilevante di contrattazione collettiva “orizzontale” per i dirigenti è il Ccnl per i Dirigenti di aziende industriali tra Confindustria e Federmanager (30 dicembre 2014).
57 È il caso del contratto collettivo Bancari ABI Dirigenti (13 luglio 2015), tra ABI, FABI, First-Cisl, Fisac-Cgil, Sinfub, Ugl credito, Uilca-Uil e Unisin; oppu- re, si pensi al contratto collettivo Autoferrotranvieri Dirigenti (27 aprile 2010), tra Asstra e Federmanager.
58 Cfr. P. BELLOCCHI, La libertà sindacale, cit., p. 39.
59 CNEL, 3° Report periodico dei Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro de- positati nell’archivio CNEL, aggiornamento marzo 2016.
La prospettiva interna alle relazioni industriali 65
90060: una vera e propria «esplosione» negoziale61. Occorre allora soffermarsi sulle ragioni che sembrano aver esasperato, da alcuni anni, il tipico carattere pluralistico del modello italiano, finendo per renderlo caotico e difficilmente governabile da parte dei suoi attori più accreditati62.
3.2.1. Il grattacapo degli accordi “pirata”
Il numero complessivo di Ccnl depositati nell’archivio Cnel ha subito un’inflazione radicale tra il 2008 (400), il 2013 (600) e il 2019 (900). Il macrosettore nel quale la crescita in numero assoluto è stata maggiore è il commercio: i 121 Ccnl del 2013 erano diventati 226 nel 201863. Secondo i dati risalenti a dicembre 201964, il nume- ro di Ccnl depositati nell’archivio dei contratti vigenti65 era di 922,
60 CNEL, 10° Report periodico dei Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro de- positati nell’archivio CNEL, cit.
61 Così, G. OLINI, I contratti nazionali: quanti sono e perché crescono, cit., p. 419.
62 Il rilievo è condiviso da larghi settori della dottrina: cfr. tra i molti L. MARI- UCCI, Gli eterni ritorni: dentro, fuori o oltre l’art. 39 della Costituzione?, in L. ZOP- POLI, A. ZOPPOLI, M. DELFINO (a cura di), Una nuova Costituzione per il sistema di relazioni sindacali?, Napoli, Editoriale scientifica, 2014, p. 491, L. BELLARDI, Re- lazioni industriali e contrattazione collettiva: criticità e prospettive, in Lav. Dir., 2016, p. 939, I. ALVINO, L. IMBERTI, Contratto collettivo leader e rappresentanza datoriale, cit., p. 13.
63 CNEL, Notiziario dell’Archivio contratti, n. 30, cit., pp. 8-9. In quel periodo l’unica decrescita si è registrata per la PA (da 40 a 20), come era lecito attendersi, con i rinnovi successivi al d.lgs. n. 150/2009, che aveva disposto la riduzione a 4 del numero dei comparti e delle aree dirigenziali, ed al Ccnq del 13 settembre 2016, che ha dato seguito a tale previsione.
64 CNEL, 10° Report periodico dei Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro de- positati nell’archivio CNEL, cit.
65 Si tenga presente che il deposito dei contratti collettivi nell’archivio Cnel non è obbligatorio per le parti stipulanti (meglio: dal mancato deposito non deri- vano conseguenze particolari, ad esempio in ordine alla astratta applicabilità ai rapporti di lavoro dei Ccnl). Al costo di una certa approssimazione, si può comun- que ritenere che il numero di Ccnl depositati sia sostanzialmente identico a quello dei Ccnl “esistenti”, atteso che il deposito presso l’archivio è una misura minima, non impegnativa per i soggetti stipulanti e che anzi consente loro di “accreditarsi” come soggetti effettivamente attivi nel sistema contrattuale; non vi sarebbe moti- vo, perciò, di stipulare un Ccnl per poi non depositarlo in archivio (benché possa- no certamente esservi eccezioni a questa osservazione: potrebbe essere il caso, per
66 Contrattazione collettiva e pluralità di categorie
così ripartiti tra i macrosettori: 53 agricoltura, 33 chimici, 36 mec- canici, 29 tessili, 42 alimentaristi-agroindustriale, 75 edilizia, 43 po- ligrafici e spettacolo, 244 commercio, 70 trasporti, 28 credito e as- sicurazioni, 47 aziende di servizi, 19 amministrazione pubblica, 114 enti e istituzioni private, 89 altri vari.
Una tale proliferazione di Ccnl si deve per lo più ad accordi sti- pulati da organizzazioni datoriali e/o dei lavoratori estranee ai prin- cipali circuiti della rappresentanza di interessi nel Paese.
Il problema della stipulazione di contratti collettivi alternati- vi a quelli del sistema confederale da parte di soggetti newcomers (considerati) scarsamente rappresentativi emergeva già nella me- tà degli anni Novanta del secolo scorso66. Si trattava di contratti collettivi che prevedevano un trattamento economico e normati- vo inferiore a quello dei contratti collettivi del sistema confede- rale. In alcuni casi erano state ravvisate clausole negoziali aper- tamente contra legem67. Per contrastare le ricadute del fenomeno sull’approvvigionamento finanziario del sistema previdenziale68, il legislatore (art. 2, c. 25, l. n. 549/1995, di interpretazione au- tentica dell’art. 1, c. 1, d.l. n. 338/1989, conv. con modifiche l.
n. 389/1989) stabiliva che, in caso di pluralità di contratti collet- tivi con ambito di applicazione sovrapposto, la retribuzione base per il calcolo del minimale contributivo andasse ricavata da quelli stipulati dalle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative. Nei primi anni Duemila sembrava che il fenomeno si fosse «largamente ridimensionato»69. A seguito del deterioramento della situazione economica dovu-
non provare che a fare un esempio, di accordi conclusi su singoli istituti per “set- tori minori”).
66 Tra i primi a interrogarsi sul tema dei contratti “pirata”, D. GOTTARDI, Si- gnificato e anomalia di un contratto, in Lav. Inf., 1997, p. 21 ss., A. LASSANDARI, Pluralità di contratti collettivi nazionali per la medesima categoria, cit., G. PERA, Note sui contratti collettivi «pirata», cit., p. 381 ss.
67 A. LASSANDARI, Pluralità di contratti collettivi nazionali per la medesima categoria, cit.
68 G. PERA, Note sui contratti collettivi «pirata», cit., p. 382.
69 M. ROCCELLA, Contrattazione collettiva, azione sindacale, problemi di re- golazione del mercato del lavoro, in Lav. Dir., 2000, p. 355.
La prospettiva interna alle relazioni industriali 67
to alla crisi del 200870, il fenomeno ha tuttavia assunto le dimen- sioni considerevoli viste supra. In tutti o quasi i settori contrattua- li (con l’eccezione del pubblico, per ovvie ragioni legate all’operare del d.lgs. n. 165/2001) vi sono accordi con ambito di applicazione sovrapposto a quelli dei contratti collettivi stipulati dalle associazio- ni aderenti alle confederazioni storiche71. Sono stati messi in piedi, nel volgere di pochissimi anni, una serie di sistemi negoziali paralle- li, da parte di coalizioni negoziali che sembrano dotate di una certa stabilità72. In alcuni casi, le circostanze nelle quali si è pervenuti alla stipulazione dei contratti collettivi sono tali da far dubitare della ge- nuinità dell’azione negoziale, se non della stessa alterità sostanziale tra le parti stipulanti73. In altri, pare che alla prova di un’indagine
70 Ma anche – osserva Lassandari – in corrispondenza di un processo di dele- gittimazione della contrattazione nazionale venuto negli stessi anni a maturazione:
A. LASSANDARI, Sulla verifica di rappresentatività delle organizzazioni sindacali da- toriali, in Dir Lav. Rel. Ind., 2017, pp. 4-6.
71 La questione è affrontata anche nell’ultimo rapporto che la Commissione Europea, nel contesto del Semestre europeo, ha dedicato al sistema-Paese Italia: v. il Country report 2019 – Italy, pp. 38-39.
72 Ne rappresenta un esempio il sistema contrattuale messo in piedi dalla Fa- mar (Federazione autonoma dei movimenti associativi), che a sua volta afferma di aderire alla confederazione Confamar (Confederazione autonoma dei movimenti associativi di rappresentanza dei lavoratori e dei consumatori). In base all’archivio contratti Cnel, la Famar risulta firmataria di 45 Ccnl, così ripartiti tra i diversi set- tori contrattuali: 5 Agricoltura, 2 Chimici, 4 Metalmeccanici, 2 Tessili, 2 Alimenta- risti-Agroindustriale, 3 Edilizia, 11 Commercio, 5 Trasporto, 8 Aziende di Servizi, 1 Enti e Istituzioni Private, 2 altri vari. Insomma, è ormai «riduttivo continuare a ritenere che solo Ugl, Cisal e Confsal arricchiscano il panorama delle confederazio- ni» (così, D. GOTTARDI, La contrattazione collettiva tra destrutturazione e ri-rego- lazione, cit., p. 887).
73 È il caso di dirlo, con riferimento ai Ccnl stipulati dalla confederazione Esaarco, che nel 2014 aveva stipulato, come capofila di coalizioni eterogenee, ben 38 Ccnl nel medesimo giorno (1° novembre 2014), con ambiti di applicazione che spaziavano sulla gran parte dell’arco dei settori dell’economia (lo aveva posto in lu- ce G. OLINI, I contratti nazionali: quanti sono e perché crescono, cit., p. 420). Che la capacità di mettere in piedi una tale singolare “economia di scala” sia un caratte- re distintivo dell’attività negoziale della confederazione datoriale Esaarco, è confer- mato dai rinnovi intervenuti nel 2018: anche questa volta in uno stesso giorno (il 30 marzo 2018) sono stati stipulati 38 Ccnl, in settori contrattuali che spaziano su tutto l’arco del tessuto produttivo; sono 6 nel settore agricoltura, 4 nel metalmec- canico, 2 in alimentaristi-agroindustriale, 4 in edilizia, 1 in poligrafici e spettacolo, 8 nel commercio, 2 nei trasporti, 2 in aziende di servizi, 7 in enti e istituzioni pri- vate, 1 sub altri vari.
68 Contrattazione collettiva e pluralità di categorie
giudiziale più approfondita sia emersa l’inconsistenza dei sindacati dei lavoratori con i quali un’accreditata associazione datoriale aveva stipulato un contratto collettivo nazionale74.
I contratti collettivi “alternativi” prevedono, in molti casi, un trattamento economico inferiore e, quindi, più attraente, per chi fondi la competitività sul basso costo del lavoro75. Studi appro- fonditi hanno illustrato come le differenze non riguardino sol- tanto i minimi retributivi, bensì anche istituti del trattamento cd. normativo, come ad esempio la disciplina del lavoro straordina- rio o quella delle sospensioni del rapporto di lavoro per malat- tia o infortunio, ed altro ancora76. Talvolta, tali contratti collet- tivi intervengono sulla regolamentazione dei contratti di lavoro diversi da quello cd. standard, intercettando, cioè, il sistema di rinvii che la legge rivolge esclusivamente ai soggetti più accredi- tati del sistema di relazioni industriali, mediante la controversa
74 Si allude alla vicenda che nel 2014 ha portato al superamento della tradi- zionale unitarietà della contrattazione collettiva del settore delle agenzie assicurati- ve in gestione libera: nel 2014 l’Associazione datoriale Sna ha rifiutato di rinnova- re il Ccnl concluso, unitamente all’associazione datoriale Anapa (ex Unapass), con Fiba-Cisl, Fisac-Cgil e Uilca-Uil, per stipulare invece un Ccnl con i sindacati Fesi- ca-Confsal e Confsal-Fisals (una breve ricostruzione in G. PIGLIALARMI, La rappre- sentatività tra libertà sindacale e categoria merceologica. A proposito di una recen- te riflessione di Pietro Ichino, in Boll. Adapt, 7 ottobre 2019, n. 35). Tale vicenda contrattuale ha avuto alcune ricadute giudiziali, specie per la pretesa dell’Inps di continuare a utilizzare come retribuzione base per il calcolo del minimale contri- butivo quella prevista dal Ccnl stipulato con le federazioni di categorie di Cgil, Cisl e Uil: un contenzioso dagli esiti non scontati, atteso che se, da una parte, si può ri- tenere (provarlo è comunque cosa diversa) che le federazioni aderenti a Cgil, Cisl e Uil siano più rappresentative dei sindacati Confsal, dall’altra parte le organizza- zioni datoriali avevano, nelle rispettive categorie contrattuali, ciascuna una propria consistenza nel tessuto produttivo. In ogni modo, per l’affermazione di cui al testo («inconsistenza dei sindacati dei lavoratori») è significativo che il Trib. Genova, 1° febbraio 2019, in Riv. Giur. Lav., 2019, II, p. 644, nota di D. GHIGIARELLI, pur fa- cendo uso dei poteri istruttori ex art. 421 c.p.c., non sia riuscito a trovare «traccia dei sue sindacati Fesica-Confsal e Confsal-Fisals», atteso che all’indirizzo «dove ci sarebbe dovuto essere un rappresentante» è stato rinvenuto «un Club del Genoa». Un esito opposto in Trib. Pavia 26 febbraio 2019, sempre in Riv. Giur. Lav., 2019, II, p. 644, ma anche in Dir. Rel. Ind., 2019, p. 1215 ss., nota G. PIGLIALARMI.
75 M.G. GRECO, Contrattazione collettiva, contratti pirata e regolamenti nel- la determinazione dei livelli retributivi nelle cooperative di produzione e lavoro, in Variaz. Temi Dir. Lav., 2017, p. 374.
76 Cfr. G. RIZZUTO, P. TOMASSETTI, Il dumping contrattuale nel settore moda, Roma, Edizioni lavoro, 2019, p. 213 ss.
La prospettiva interna alle relazioni industriali 69
formula della rappresentatività comparativamente maggiore77. Si è rimarcato inoltre come il dumping sul trattamento economico e/o normativo dei lavoratori rappresenti in alcuni casi soltanto un «obiettivo intermedio»78: le convenienze maggiori derivereb- bero infatti dalla istituzione di patronati, enti bilaterali79, organi- smi per la formazione80 e così via.
La portata dirompente di questo fenomeno è chiara. Il modello italiano di relazioni industriali si identifica, dal dopoguerra in avan- ti, con il sistema contrattuale realizzato dai rapporti continuativi in- tercorsi tra le maggiori confederazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro81. Dal sistema sindacale di fatto, sul quale si fonda una delle intuizioni più feconde della cultura giuridica della materia82, dipen- de la tenuta dei livelli salariali, in assenza di una legge sul salario minimo83, e, più in generale, il rispetto di condizioni di lavoro ade- guate.
Tuttavia, contrastare gli effetti distorsivi della proliferazione di contratti collettivi non è semplice, in un modello gius-sindacale
77 Istruttiva è ad esempio la vicenda della regolazione di un contratto part- time a zero ore, nel Ccnl intersettoriale – Commercio, terziario, distribuzione, ser- vizi, pubblici esercizi e turismo, concluso da Cifa e Confsal (19 dicembre 2016): v. la nota critica di F. D’ADDIO, M. TIRABOSCHI, Part-time senza vincolo di orario mi- nimo e sindacato comparativamente più rappresentativo, in Dir. Rel. Ind., 2017,
p. 882 ss.
78 G. OLINI, I contratti nazionali: quanti sono e perché crescono, cit., pp. 418, 421.
79 M. MARAZZA, Perimetri e rappresentanze sindacali (dei datori di lavoro e dei lavoratori), cit., p. IX.
80 Come nel caso della vicenda decisa dal TAR Lazio 30 giugno 2015, n. 8765, in Dir. Rel. Ind., 2015, p. 1180, nota L. VARI.
81 È significativo che in alcune celebri elaborazioni dottrinali, la forza po- litico-sociale delle confederazioni sindacali storiche sia stata valorizzata al pun- to di affermare, a diritto costante, l’efficacia generale (o tendenzialmente tale) dei contratti collettivi stipulati unitariamente, per tutti i lavoratori della cate- goria produttiva o merceologica da essi individuata: cfr. P. ICHINO, Funzione ed efficacia del contratto collettivo nell’attuale sistema delle relazioni sindacali e nell’ordinamento statale, in Riv. Giur. Lav., 1975, I, p. 457 ss., G. FERRARO, Or- dinamento, ruolo del sindacato, dinamica contrattuale di tutela, Padova, Ce- dam, 1981.
82 G. GIUGNI, Introduzione allo studio dell’autonomia collettiva, Milano,
Giuffrè, 1960.
83 M. MAGNANI, Il salario minimo legale, in Riv. It. Dir. Lav., 2010, I, pp. 776-779.
70 Contrattazione collettiva e pluralità di categorie
in cui «tutti i passaggi logici del discorso sono controvertibili»84.
È scivolosa, oltre che ripida, se si può usare la metafora, la via che passa da un accertamento della natura autenticamente sindacale dell’azione negoziale svolta dai soggetti che stipulano i contratti col- lettivi “pirata”. Un tale accertamento si baserebbe su un dato di ef- fettività dell’autotutela, che sarebbe proprio dei “veri” sindacati sol- tanto85. A tacer del fatto che non sarebbe facile fornire una nozione esatta di “pirata” e che gli esiti di un esame in concreto potrebbero non rivelarsi scontati, sorgerebbero comunque dubbi significativi. Da un lato, non sarebbe sempre facile distinguere una contrattazio- ne collettiva genuinamente ablativa, frutto di compromesso sinda- cale, da una che abbia, invece, precisamente e soltanto lo scopo di offrire ai datori di lavoro uno strumento di riduzione dei costi del- la manodopera86. Dall’altro, e a parte i casi eclatanti, una verifica di questo tipo rischierebbe di risolversi in un apprezzamento tra mez-
84 Così, G. PERA, Note sui contratti collettivi «pirata», cit., p. 385, il quale, in questo passo rimasto celebre, aggiungeva che «di troppa o totale libertà, specie sul pia- no delle fonti, si può anche morire, cioè essere nell’incapacità di costruire in positivo».
85 Cfr. M.G. GRECO, Contrattazione collettiva, contratti pirata e regolamenti nella determinazione dei livelli retributivi nelle cooperative di produzione e lavoro, cit., pp. 374-377, che si rifà specialmente alla teorizzazione di Flammia.
86 Al riguardo, può essere istruttiva la vicenda del Ccnl per i dipendenti da Istituti e Imprese di vigilanza privata e servizi fiduciari (8 aprile 2013) stipulato tra Assiv-Confindustria, Legacoop Servizi, Federlavoro e servizi – Confcooperati- ve, Agci-Servizi, con Filcams-Cgil e Fisascat-Cisl. Giova richiamare brevemente le circostanze che hanno portato alla stipulazione di questo contratto collettivo (sulle quali v. però ampiamente Trib. Torino 9 agosto 2019, n. 1128, in Lav. Dir. Eur., 2019, 3, nota L. IMBERTI, in Labor, 2020, p. 75 ss., nota M. GIACONI), che prevede livelli retributivi minimi particolarmente bassi per le posizioni di vigilantes meno qualificate. Sembra che Filcams-Cgil e Fisascat-Cisl si siano risolte a concludere questo contratto collettivo con retribuzioni sensibilmente inferiori a quelle previste, per mansioni analoghe, da altri Ccnl del circuito confederale, allo scopo di evita- re che le aziende del settore si volgessero in blocco verso l’applicazione di un con- tratto collettivo stipulato da organizzazioni “meno rappresentative”: si trattereb- be dunque di un caso emblematico di come il dumping effettuato tramite contratti collettivi “pirata” possa incidere negativamente sulle attività negoziali degli stessi soggetti più accreditati del sistema contrattuale. Tuttavia, è significativo che i livelli retributivi previsti da tale contratto collettivo stipulato dalle due federazioni di ca- tegoria probabilmente più rappresentative dell’intero comparto terziario (Filcams- Cgil e Fisascat-Cisl) siano stati più volte, in giudizio, considerati contrari all’art. 36 Cost. (oltre a Trib. Torino n. 1128/2019, cit., v. Trib. Milano 30 giugno 2016, n. 1977, in Labor, 2017, p. 233 ss., nota G. CENTAMORE, confermata da CA Milano 28 dicembre 2017, n. 1885, a quanto consta inedita).
La prospettiva interna alle relazioni industriali 71
zi e fini dell’azione collettiva, ossia in un penetrante controllo giudi- ziale sull’operato delle organizzazioni sindacali, dalla non scontata compatibilità con l’art. 39, c. 1, Cost.87.
Peraltro, alcune tra le organizzazioni che, in questi anni, si as- sociano al fenomeno della negoziazione “pirata”, sono firmatarie di importanti accordi interconfederali sulla contrattazione collettiva88 e sulla rappresentanza89; sono, cioè, soggetti accreditati dai principali attori del sistema di relazioni industriali, ai quali non sarebbe sconta- to potere attribuire l’etichetta di firmatari di accordi “non genuini”. Tanto più che l’inapplicabilità ai rapporti di lavoro (men che meno l’invalidità)90 di tali contratti collettivi non potrebbe essere affermata per essere la stipulazione effettuata da coalizioni minoritarie, solo che si consideri che lo stesso sistema sindacale di fatto si fonda su un prin- cipio di riconoscimento reciproco che non necessariamente si risolve nella realizzazione di una volontà maggioritaria91.
3.2.2. Il dumping contrattuale interno al sistema di rappresentan- za “confederale”
Sarebbe errato tuttavia ridurre l’intera questione ad una con- trapposizione tra «noi e loro»92, tra sindacato tradizionale e agen-
87 Su questi temi, cfr. M. PERSIANI, Il contratto collettivo di diritto comune nel sistema delle fonti del diritto del lavoro, cit.
88 Oltre all’Accordo quadro del 22 gennaio 2009, v. (dopo il Protocollo d’in- tesa del 31 maggio 2013 con Cgil, Cisl e Uil), i Protocolli d’intesa stipulati tra Con- findustria e Ugl il 6 giugno 2013, tra Confindustria e Cisal il 18 giugno 2013 e tra Confindustria e Confsal il 4 luglio 2013.
89 V. il Testo unico sulla rappresentanza stipulato, pochi giorni dopo rispetto alla stipulazione con Cgil, Cisl e Uil, tra Confindustria e Ugl il 10 gennaio 2014, tra Confindustria e Cisal il 14 gennaio 2014 e tra Confindustria e Confsal il 15 gennaio 2014; oppure il Testo unico sulla rappresentanza stipulato tra Confservizi e Cisal il 10 marzo 2014 e tra Confservizi e Ugl il 17 marzo 2014.
90 Cons. St. 13 ottobre 2015, n. 4699, in Riv. Giur. Lav., 2016, II, p. 20, no- ta D. CALDERARA.
91 M. PERSIANI, Le vicende della rappresentanza e rappresentatività sindacali tra legge e contratto collettivo, in Arg. Dir. Lav., 2017, p. 551.
92 Per riprendere il titolo di un saggio di U. ROMAGNOLI («Noi e loro»: diritto del lavoro e nuove tecnologie, in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 1986, p. 377 ss.), nel quale l’a. si confrontava con l’allora incipiente fenomeno dell’evoluzione tecnologi- ca e con i suoi riflessi sul dibattito giuslavoristico.
72 Contrattazione collettiva e pluralità di categorie
ti newcomers, tra sindacato rappresentativo e sindacato filo-padro- nale, tra prodotti contrattuali frutto di genuina azione industriale e contratti collettivi “pirata”. In realtà, non mancano tensioni all’in- terno degli schieramenti dello stesso sistema confederale, anche (se non soprattutto) dal lato dei datori di lavoro, né ad esso sono estra- nee situazioni di vero e proprio dumping contrattuale, come emerge confrontando gli ambiti di applicazione dei contratti collettivi in al- cune aree di particolare sofferenza del sistema negoziale93.
Tali svolgimenti si spiegano principalmente come una conse- guenza dell’accresciuto livello di competizione tra le organizzazioni dei datori di lavoro94. Non sarebbe errato osservare che, mentre la triplice sindacale ha saputo ritrovare unità di azione, dopo le frat- ture della contrattazione separata e del caso Fiat95, le principali or- ganizzazioni dei datori di lavoro hanno, invece, progressivamente distanziato gli uni dagli altri i propri sistemi contrattuali96, sia sul piano delle politiche salariali sia su quello (ancora in fieri) della mi- surazione della rappresentatività97.
La dottrina ha evidenziato le principali aree di tensione. Una prima si registra in relazione alle imprese di minori dimensioni, che, da una parte, costituiscono una delle storiche roccaforti di rappre-
93 M. VITALETTI, La rappresentatività sindacale “utile”. Cosa resta del T.U. del 2014, in Dir. Lav. Merc., 2018, p. 42.
94 Vedi in questo senso il Documento unitario del 14 gennaio 2016 Cgil, Cisl, Uil per «Un moderno sistema di relazioni industriali», parte I «La contrattazione: riformare il modello per renderlo più inclusivo». In dottrina, cfr. L. BELLARDI, Il sistema di rappresentanza imprenditoriale e la struttura della contrattazione col- lettiva, cit., pp. 251-253, 260, M. MASCINI, Le relazioni industriali, in ID. (a cura di), l’Annuario del lavoro 2018, Roma, Il diario del lavoro, 2018, p. 36. Non sono mancati tuttavia i segnali di senso contrario, tra i quali la costituzione di umbrella associations nel settore terziario e delle cooperative: cfr. V. PAPA, Verso una rap- presentanza misurata? Strumenti e metodi di misurazione della rappresentatività datoriale, cit., p. 23, nota 4.
95 F. MARTELLONI, Processo al sindacato, trent’anni dopo, in A. LASSANDARI,
F. MARTELLONI (a cura di), Giorgio Ghezzi. Processo al sindacato, Roma, Ediesse, 2012, p. 147 ss.
96 V. PAPA, Verso una rappresentanza misurata? Strumenti e metodi di misu- razione della rappresentatività datoriale, cit., p. 23.
97 In modo che appare persino «eclatante», ove si tenti un paragone «con quanto accaduto nell’ormai lontanissimo 1993»: così, A. LASSANDARI, Retribuzione e contrattazione collettiva, in Riv. Giur. Lav., 2019, I, p. 219.
La prospettiva interna alle relazioni industriali 73
sentanza della Confindustria98, ma che, dall’altra, sono sempre più attratte dal dinamismo contrattuale delle organizzazioni degli arti- giani e delle PMI99. Una seconda riguarda le imprese che forniscono servizi: un mercato in crescita, anche per i rapidi cambiamenti so- ciali e tecnologici che lo sospingono, e che è conteso sia dalle orga- nizzazioni di area industriale sia da quelle del terziario100. Lo stesso comparto del terziario è interessato al suo interno da rilevanti feno- meni di competizione regolativa101.
Poiché le sfere di influenza non sono più ben definite nel sistema di relazioni sindacali, aumentano anche le situazioni di sovrapposi- zione tra i perimetri dei contratti collettivi di settore. Alcuni esempi possono dare l’idea della tendenza in atto.
Nel settore edile il Ccnl stipulato dalle principali associazioni di categoria, per aziende industriali e cooperative102, subisce una dop- pia concorrenza, se così la si può chiamare103: da un lato, da par- te del Ccnl Multiservizi, che include nella propria sfera di applica- zione le attività di manutenzione di immobili e, dall’altro, da parte
98 G. PERA, Note sui contratti collettivi «pirata», cit., p. 384. V. altresì M. MA- SCINI, Le relazioni industriali, in ID. (a cura di), l’Annuario del lavoro 2017, Roma, Il diario del lavoro, 2017, pp. 40-41.
99 È significativo che, di recente, alcuni contratti collettivi di area artigiana abbiano apertamente esteso il proprio campo di applicazione alle piccole imprese tout court: si può ricordare il caso dei contratti delle imprese artigiane del settore alimentare e comunicazione, che con il rinnovo del 2010 «hanno esteso il proprio campo di applicazione alle aziende che, pur non rientrando nella fattispecie lega- le dell’impresa artigiana ex l. n. 443/1985, presentano caratteristiche dimensiona- li simili. L’obiettivo esplicitamente perseguito è, infatti, proprio quello di favorire l’accesso delle piccole e medie aziende – finora inserite in altri sistemi di rappresen- tanza – ad un modello contrattuale più aderente alle esigenze di questa particolare dimensione produttiva»: così, L. BELLARDI, Il sistema di rappresentanza imprendito- riale e la struttura della contrattazione collettiva, cit., p. 260, la quale riprende sul punto M. MARAZZA, L’artigianato, in M. MASCINI (a cura di), l’Annuario del lavoro 2010, Viterbo, Union Printing, 2010, p. 247 ss.
100 N. PENELOPE, La contrattazione interconfederale, in M. MASCINI (a cura di),
l’Annuario del lavoro 2017, cit., p. 77.
101 M. MASCINI, Le relazioni industriali, in M. MASCINI (a cura di), l’Annuario del lavoro 2017, cit., pp. 40-41.
102 Il Ccnl (ora 18 luglio 2018) è stipulato tra Ance, Legacoop produzione e servizi, Confcooperative lavoro e servizi, Agci produzione e lavoro, Feneal-Uil, Fil- ca-Cisl e Fillea-Cgil.
103 V. LECCESE, G. ROMA, M. LOZITO, La contrattazione nazionale di catego- ria, in M. MASCINI (a cura di), l’Annuario del lavoro 2018, cit., p. 80.
74 Contrattazione collettiva e pluralità di categorie
del Ccnl meccanici artigiani, che, in virtù di un’estensione dell’area contrattuale decisa dalle parti con il rinnovo del 2018, annovera nel campo di applicazione le attività di montaggio e smontaggio di pon- teggi edili104. Un secondo esempio, che di recente ha sollecitato l’inte- resse della dottrina lavoristica105 e sociologica106, riguarda il Ccnl Ali- mentari industria, la cui applicazione è insidiata dai Ccnl della Lo- gistica107 e Multiservizi, che prevedono un trattamento economico e normativo minore rispetto al primo ed annoverano posizioni profes- sionali “adattabili” alle attività di lavorazione dei prodotti alimentari. Una terza situazione, giunta all’attenzione anche della giurispruden- za, concerne le attività di vigilanza non armata, custodia, portierato e simili108. Tali attività sono regolate da almeno quattro contratti collet- tivi, stipulati da associazioni di categoria certamente tra le più rappre- sentative, a livello nazionale, nei propri ambiti di azione: il Ccnl del Commercio, il Ccnl Multiservizi, il Ccnl per i dipendenti di proprietari
104 Ccnl Meccanica, orafi, argentieri e affini, odontotecnica, art. 1 – Sfera di applicazione; il contratto collettivo (rinnovo 24 agosto 2018) è stipulato tra CNA Produzione, CNA Installazione di impianti, CNA Servizi alla comunità/Autoripara- tori, CNA artistico e tradizionale, CNA Benessere e sanità, Confartigianato Autori- parazione, Confartigianato Metalmeccanica di produzione, Confartigianato impian- ti, Confartigianato Orafi, Confartigianato odontotecnici, Casartigiani, Claai, Fiom- Cgil, Fim-Cisl e Uilm-Uil.
105 S. BATTISTELLI et al., Structural characteristics and industrial relations in the pork value chain: the case of Italy, in P. CAMPANELLA, D. DAZZI (eds.), Meat- up Ffire Fairness freedom and industrial relations across Europe: up and down the meat value chain, Milano, Franco Angeli, 2020, p. 139 ss., O. BONARDI, Tra gover- nance della global value chain e frammentazione del tessuto produttivo nazionale: quale regolamentazione per il lavoro nel settore della logistica?, in A. ALLAMPRESE,
O. BONARDI (a cura di), Logistica e lavoro, cit., p. 34.
106 L. DORIGATTI, A. MORI, L’impatto delle scelte datoriali sulle condizioni di lavoro e sulle diseguaglianze: disintegrazione verticale, esternalizzazioni e appalti, in Soc. Lav., 2016, p. 190 ss.
107 Ccnl logistica, trasporto, merci e spedizione (3 dicembre 2017) tra Aite, Aiti, Assoespressi, Assologistica, Fedespedi, Fedit, Fisi, Trasportounito Fiap, assi- stite dalla Confetra, Anita, Fai, Assotir, Federtraslochi, Federlogistica, Fiap, Unitai, assistite dalla Conftrasporto, Cna Fita, Confartigianato Trasporti, Sna Casartigiani, Claai, Filt-Cgil, Fit-Cisl e Uiltrasporti-Uil.
108 Tra le più recenti vedi Cass. 20 febbraio 2019, n. 4951, in Labor, 2019, p. 401 ss., nota L. IMBERTI, Cass. 21 febbraio 2019, n. 5189, Cass. 1° marzo 2019, n. 6143, entrambe in Pluris. In giurisprudenza di merito, Trib. Torino n. 1128/2019, cit.
La prospettiva interna alle relazioni industriali 75
di fabbricati109 e il Ccnl Vigilanza non armata – sezione servizi fidu- ciari, che prevedono per una medesima attività di lavoro trattamenti economici sensibilmente diversi. Simili questioni ha affrontato la giu- risprudenza110, in relazione ai Ccnl Cooperative sociali111, Igiene ur- bana112 e Multiservizi, che sono tutti in qualche misura riconducibili, come campo di applicazione, alle attività di igiene urbana.
4. Il percorso a ostacoli per una riorganizzazione del sistema con- trattuale
I descritti svolgimenti interni al sistema della contrattazione collettiva ne hanno messo apertamente in discussione uno dei pi- lastri113, ossia la tendenziale unicità dei contratti collettivi nei loro ambiti di applicazione. Ciò complica non poco l’attività di selezione dei contratti collettivi da utilizzare quale parametro del trattamento, nei casi di rinvio all’autonomia collettiva (v. infra, capitolo IV), ma, per la verità, a (rischiare di) divenire ingovernabile è ancor prima lo stesso sistema contrattuale.
Non stupisce quindi che l’esigenza di una semplificazione del sistema contrattuale sia da anni nell’agenda delle parti sociali, che sembrano porsi una serie di obiettivi. Un primo obiettivo consiste nel ridurre il numero di Ccnl “vigenti”, con operazioni di accorpa- mento tra unità negoziali affini, oppure facendo confluire le aree di Ccnl poco applicati verso Ccnl più “attivi”, solo per fare alcuni
109 Ccnl per i dipendenti di proprietari di fabbricati (12 novembre 2012), sti- pulato tra Confedilizia, Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl, Uiltucs-Uil.
110 Cass. 27 marzo 2019, n. 8592.
111 Ccnl Servizi socioassistenziali cooperative (16 dicembre 2011) tra Agci Solidarietà, Legacoop Sociali, Federsolidarietà Confcooperative, FP-Cgil, FP-Cisl, Fisascat-Cisl e FPL-Uil.
112 Ccnl Pulizia Igiene urbana Private, 20 giugno 2017, stipulato tra Fise As- soambiente, Fise, FP-Cgil, Fit-Cisl, Uiltrasporti e Fiadel (sottoscrizione per adesio- ne da parte di Ugl e Ugl Igiene ambientale 12 luglio 2017).
113 S. SCARPONI, Rappresentatività e organizzazione sindacale, Padova, Ce- dam, 2005, pp. 122-123.
76 Contrattazione collettiva e pluralità di categorie
esempi114. Un secondo consiste nel rivedere, sia pure gradualmente, le clausole sugli ambiti di applicazione dei contratti collettivi, in mo- do da «garantire una più stretta correlazione tra CCNL applicato e reale attività d’impresa»115 e, per questa via, ridurre di numero e di intensità i conflitti di giurisdizione interni al sistema confederale116. Il terzo obiettivo è il contrasto alla contrattazione collettiva “pirata”. Il punto di partenza del processo di riforma del sistema contrat- tuale può essere individuato nel documento unitario di Cgil, Cisl e Uil del maggio 2008, recante «Linee di riforma della struttura della contrattazione». Si è già avvertito che le parti stipulanti manifesta- vano già allora l’esigenza di «una verifica in ordine alla razionaliz- zazione delle aree di copertura dei CCNL (oltre 400) prevedendo la possibilità di accorpamenti per aree omogenee e per settori, favoren- do la riunificazione di contratti analoghi facenti riferimento a diver-
se organizzazioni di rappresentanza datoriale».
Nel 2009 è stato poi stipulato, tra governo e parti sociali (con
114 Due esempi possono essere tratti dal comparto artigianato – piccole e me- die imprese: i) il Ccnl per i dipendenti della piccola e media industria moda – chimi- ca ceramica – decorazione piastrelle in terzo fuoco del 7 novembre 2017, concluso tra Cna Federmoda, Cna produzione, Cna artistico e tradizionale, Confartigianato moda, Confartigianato chimica, Confartigianato ceramica, Casartigiani, Claai, con Filctem-Cgil, Femca-Cisl, Uiltec-Uil, ha rinnovato e accorpato i Ccnl scaduti di area tessile-moda e chimica-ceramica; ii) il Ccnl area meccanica per i lavoratori dipenden- ti dalle imprese artigiane dei settori metalmeccanica, installazione di impianti, orafi, argentieri ed affini, e dalle imprese odontotecniche del 16 giugno 2011 ha accorpato i tre Ccnl (tutti scaduti nel 2008) del settore artigiano metalmeccanica ed installazio- ne di impianti, del settore artigiano orafi, argentieri ed affini e del settore odontotec- nica (vedi la premessa al Ccnl). Altri esempi in V. LECCESE, G. ROMA, M. LOZITO, La contrattazione nazionale di categoria, in M. MASCINI (a cura di), l’Annuario del la- voro 2019, cit., pp. 68, 71-72 (per il settore dei materiali da costruzione), F. SIOTTO, La categoria come ambito di applicazione e perimetro di misurazione della rappre- sentanza, cit., p. 317 nota 19 (per il nuovo Ccnl unico dell’industria armatoriale) e in V. PAPA, Verso una rappresentanza misurata? Strumenti e metodi di misurazione della rappresentatività datoriale, cit. p. 25 nota 9 (per il settore delle public utilities).
115 Si trae dal cd. Patto per la fabbrica del marzo 2018.
116 In alternativa ad una vera e propria revisione delle clausole sul campo di applicazione dei contratti collettivi, sarebbe anche pensabile (e forse meno impe- gnativa) l’adozione di note di chiarimento e di esplicazione da parte delle organiz- zazioni stipulanti, con le quali si indichi in modo non equivocabile se certe attività rientrano o meno nelle aree contrattuali.
La prospettiva interna alle relazioni industriali 77
l’eccezione significativa della Cgil)117, l’accordo quadro di «riforma degli assetti contrattuali»118, al cui punto 19 si prevede che «le parti convengono sull’obiettivo di semplificare e ridurre il numero dei con- tratti collettivi nazionali di lavoro nei diversi comparti». All’accordo quadro seguivano accordi interconfederali conclusi, senza l’adesione della Cgil, per le aree confindustriale (15 aprile), dell’artigianato (23 luglio) e di Confservizi (18 novembre), oltre a un protocollo d’intesa (unitario) per l’agricoltura (22 settembre). Ciascuno di tali accordi ri- badiva la volontà delle parti sociali di semplificare il quadro dei con- tratti collettivi di categoria119. Per l’area dell’artigianato veniva con- cluso (28 settembre) uno specifico accordo «per la semplificazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro nell’artigianato e sui settori scoperti»: tale accordo stabiliva le disposizioni da osservare, in sede di rinnovi, al fine di procedere con gli accorpamenti dei Ccnl in un numero più limitato, rispetto al passato, di macroaree contrattuali120.
117 L’accordo è stipulato tra il Governo e Cisl, Uil, Ugl, Cisal, Confsal, Xxx.Xx, Confindustria, Confcommercio, Confesercenti, Confapi, Confservizi, Confetra, Confar- tigianato, Cna, Casartigiani, Claai, Confagricoltura, Coldiretti, Cia, Copagri, Lega delle cooperative, Confcooperative, Unci, Agci, Unione italiana cooperative, Cida, Confedir, Ciu Unionquadri, Confail, Cuq, Assolavoro, Confedertecnica e Confprofessioni.
118 Cfr. F. CARINCI, Una dichiarazione d’intenti: l’Accordo Quadro 22 gennaio 2009 sulla riforma degli assetti contrattuali, cit., L. BELLARDI, L’attuazione dell’ac- cordo quadro: pluralità dei sistemi contrattuali ed eterogenesi dei fini. Alcune note di sintesi, cit., A. LASSANDARI, La contrattazione collettiva: prove di de-costruzione di un sistema, in Lav. Dir., 2011, p. 321 ss.
119 L’AI Confindustria, Cisl e Uil del 15 aprile 2009, al punto 8 «Razionalizza- zione e riduzione del numero dei contratti collettivi nazionali di lavoro di categoria» manifesta tale volontà, ma precisa che dovrà su ciascuna ipotesi «essere verificato lo specifico interesse reso esplicito dalle Associazioni/Federazioni di Categoria titolari dei rispettivi contratti nazionali». (Anche) a tale scopo veniva istituita una sede bilate- rale (Comitato paritetico, spec. dall’allegato all’AI). Formulazione e rubrica identiche si ritrovano nell’AI Confservizi, Cisl e Uil del 18 novembre 2009 (punto 7). L’AI 23 luglio 2009 tra Confartigianato imprese, Cna, Casartigiani, Claai, con Cisl e Uil (at- tuativo dell’intesa del 21 novembre 2008) al n. 6 «Nuove aree contrattuali» stabilisce, in applicazione dell’intesa del 2008, che una commissione tecnica bilaterale «si inse- dierà per definire gli ambiti di applicazione dei 9 CCNL d’area e per dare copertura contrattuale ai settori scoperti». Il protocollo d’intesa del 22 settembre 2009 tra Con- fagricoltura, Coldiretti, Cia, Flai-Cgil, Fai-Cisl e Uila-Uil, al n. 9 «Razionalizzazione e armonizzazione dei contratti collettivi», allude a un interesse delle parti stipulanti «a proseguire nell’attività di verifica circa la possibilità di semplificazione, di razionaliz- zazione o di armonizzazione dei contratti collettivi».
120 AI 28 settembre 2009 (medesime parti firmatarie dell’AI del luglio), con il quale si stabilivano, n. 1): sulla base di 9 macro-aree contrattuali, una serie di
78 Contrattazione collettiva e pluralità di categorie
Con alcune significative eccezioni (tra le quali l’area artigia- na), le previsioni del 2009 sono rimaste, tuttavia, in larga misura, prive di seguito, per quanto attiene alla questione di una risoluta semplificazione dei contratti di categoria. Un obiettivo di questa portata non avrebbe potuto, del resto, essere conseguito senza un elevato livello di condivisione tra le strutture confederali, da una parte, ed un appoggio da parte delle federazioni di categoria, dall’altra121. Le intese interconfederali erano non soltanto prive del sostegno, non secondario, della Cgil, ma anche impotenti, di fronte alle questioni più spinose122, di definizione dei confini tra le aree di rappresentanza delle principali confederazioni datoria- li. Né sembra che il coinvolgimento delle federazioni di categoria
– che sono i soggetti «titolari dei contratti collettivi»123 – sia an- dato oltre mere «dichiarazioni di intenti»124.
Il tema sarebbe, peraltro, svanito, per alcuni anni, dall’agenda
accorpamenti tra contratti collettivi di categoria, da realizzarsi nella successiva tornata di rinnovi; n. 2): i criteri da rispettare per procedere con tali accorpamen- ti e tenere al contempo conto delle specificità dei settori che sarebbero conflui- ti in Ccnl unitari; n. 3): disposizioni volte ad estendere la copertura contrattuale a settori in precedenza «scoperti». I successivi rinnovi avrebbero dato seguito a tali previsioni. Il più recente AI del 23 novembre 2016 (Confartigianato impre- se, Cna, Casartigiani, Claai, con Cgil, Cisl e Uil) sulle «linee guida per la riforma degli assetti contrattuali e delle relazioni sindacali», al n. 1 («Gli assetti contrat- tuali»), lett. g) («razionalizzazione CCNL») prevede di proseguire nel percorso avviato dieci anni prima: «Le parti convengono di procedere ad ulteriori accor- pamenti per pervenire alle seguenti quattro macro-aree» (manifatturiero, servizi, edilizia, autotrasporto).
121 Diversamente, emergerebbe il rilievo di indicazione soltanto politico-sin- dacale degli accordi interconfederali: cfr. P. TOSI, Gli assetti contrattuali fra tradi- zione e innovazione, in Arg. Dir. Lav., 2013, pp. 518, 548 ma passim. Anni prima,
T. TREU, Il conflitto e le regole, cit., p. 320, osservava che «anche le proposte più stringenti di regolazione provenienti dai vertici confederali» corrono il rischio di
«vanificarsi nella giungla della settorializzazione […] contrattuale».
122 A. LASSANDARI, Sulla verifica di rappresentatività delle organizzazioni sin- dacali datoriali, cit., pp. 15-16.
123 L’espressione tra virgolette è forse poco felice, ma, oltre a rendere l’idea del concetto che si vuole esprimere, rientra nel lessico delle relazioni industriali: es- sa è utilizzata dall’AI Confindustria, Cisl e Uil del 15 aprile 2009, punto 8, cit., così come negli AI successivi che hanno dedicato disposizioni al tema della «Titolarità ed efficacia della contrattazione collettiva».
124 Per riprendere F. CARINCI, Una dichiarazione d’intenti: l’Accordo Quadro 22 gennaio 2009 sulla riforma degli assetti contrattuali, cit., pp. 194-195.
La prospettiva interna alle relazioni industriali 79
delle parti sociali, in corrispondenza delle vicende di contrattazione separata del Ccnl metalmeccanici industria (2009), del Ccnl terzia- rio, distribuzione e servizi (2011) e della contrapposizione sindaca- le e giudiziaria tra gruppo FCA e Fiom-Cgil. I nodi da sciogliere per le parti sociali riguardavano, in quella fase, soprattutto il decentra- mento della struttura contrattuale, la contrattazione in deroga e le strutture di rappresentanza dei lavoratori in azienda.
Il problema di una razionalizzazione dei perimetri contrattuali è riproposto, tuttavia, dagli accordi interconfederali unitari conclusi, dal 2011, a partire dall’area-guida confindustriale125, ma via via per tutti i principali comparti dell’economia. Tale problema rappresen- ta, invero, uno dei convitati di pietra dei meccanismi di verifica della rappresentatività sindacale, previsti per l’accesso alle trattative e per la stipulazione maggioritaria dei contratti collettivi126.
Logica vuole che, per procedere in questa direzione, si stabili- scano per prima cosa le unità per le quali effettuare la misurazio- ne della rappresentatività. Si è osservato a questo proposito che
«L’ambito di misurazione della rappresentatività ha carattere co- stitutivo della stessa»127. Altri ha precisato che delimitare a monte il gruppo d’interesse nell’ambito del quale effettuare un’operazio- ne deliberativa è uno dei problemi centrali della democrazia sin- dacale128.
Le formulazioni dei primi accordi del 2011-2012 facevano ri- ferimento ad una rappresentatività calcolata su un generico com- plesso di «lavoratori della categoria cui si applica il contratto col-
125 M. BARBIERI, Note critiche sul testo unico sulla rappresentanza sindacale, in L. ZOPPOLI, A. ZOPPOLI, M. DELFINO (a cura di), Una nuova Costituzione per il si- stema di relazioni sindacali?, cit., p. 211.
126 A. VISCOMI, Prime note sul protocollo 31 maggio 2013, in Riv. It. Dir. Lav., 2013, I, p. 764, per il quale nell’accordo «l’ambito di applicazione [dei contratti collettivi] è invocato a monte per la definizione della rappresentatività». Dello stes- so avviso è M. MAGNANI, Rappresentatività e diritti sindacali tra autonomia colletti- va e giustizia costituzionale, in F. CARINCI (a cura di), Legge o contrattazione? Una risposta sulla rappresentanza sindacale a Corte costituzionale n. 231/2013, Adapt Labour Studies, E-Book Series, n. 20, 2014, p. 61.
127 A. ZOPPOLI, Rappresentanze sindacali e rappresentatività, le insidie del tempo, in Dir. Lav. Merc., 2018, p. 366.
128 V. BAVARO, Il principio maggioritario nelle relazioni industriali, in Lav. Dir., 2014, p. 19.
80 Contrattazione collettiva e pluralità di categorie
lettivo nazionale di lavoro»129, o di organizzazioni «che abbiano nel settore una rappresentatività…»130. Si trattava di formulazione gene- riche, inadatte ad individuare in modo adeguato il bacino di misura- zione della rappresentatività delle organizzazioni firmatarie dei con- tratti collettivi. Gli accordi degli anni seguenti avrebbero adottato formulazioni più precise. In particolare, dal Protocollo d’intesa del 31 maggio 2013 in avanti, si sarebbe stabilito di misurare la rappre- sentatività sulla base degli ambiti di applicazione dei contratti col- lettivi131, ossia, per così dire, dell’unico “insieme” che l’art. 39, c. 1, Cost. consente alle parti sociali di definire esattamente.
Ciò si ricava dagli accordi conclusi in area Confindustria132,
129 (Corsivo mio). Si cita dall’AI 28 giugno 2011 tra Confindustria e Cgil, Cisl e Uil, punto 1, in materia di legittimazione a negoziare i contratti collettivi nazionali (era indicata, in particolare, una soglia del 5% di rappresentatività, calcolata come media tra dato associativo ed elettorale).
130 (Corsivo mio). Così, sulla scia dell’AI 28 giugno 2011, ma con la varia- zione semantica indicata nel testo, sia l’AI tra Confservizi e Cgil, Cisl e Uil del 21 dicembre 2011, punto 1, sia l’AI «in materia di rappresentanza» del 20 aprile 2012 tra Confapi e Cgil, Cisl e Uil, punto 1, sempre in materia di ammissione alle tratta- tive per la contrattazione collettiva nazionale (soglia del 5% di rappresentatività, calcolata come media tra dato associato ed elettorale).
131 A. MARESCA, Il contratto collettivo nazionale di categoria dopo il Protocol- lo d’intesa 31 maggio 2013, in Riv. It. Dir. Lav., 2013, I, pp. 719-721.
132 Il Protocollo d’intesa del 31 maggio 2013 tra Confindustria e Cgil, Cisl e Uil, sub «misurazione della rappresentatività», n. 2, prevede che tale misurazione debba avvenire, per quanto attiene alla raccolta delle deleghe sindacali, «per am- bito di applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro di competenza» e, per il dato elettorale, «per ambito contrattuale». Le disposizioni del Protocollo so- no sviluppate e precisate dal Testo unico sulla rappresentanza del 10 gennaio 2014, concluso tra le stesse parti. La parte I («misura e certificazione della rappresentan- za ai fini della contrattazione collettiva nazionale di categoria») prevede che il dato di rappresentanza sarà «relativo ai singoli contratti collettivi nazionali di lavoro». La parte III («Titolarità ed efficacia della contrattazione collettiva nazionale di ca- tegoria ed aziendale») stabilisce che il diritto a partecipare alle trattative per la sti- pulazione dei contratti collettivi sia attribuito alle organizzazioni che abbiano una rappresentatività non inferiore al 5% «nell’ambito di applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro». Conferma questa linea anche l’accordo di modifica al Testo unico concluso tra le medesime parti il 4 luglio 2017, con il quale le parti manifestavano l’intenzione di trasferire all’Inps le prerogative in precedenza attri- buite al Cnel. Vedi a conferma anche le convenzioni stipulate tra le parti sociali e l’Inps, una prima il 16 marzo 2015 e una seconda tra le stesse parti, con l’aggiunta dell’Inl, il 19 settembre 2019.
La prospettiva interna alle relazioni industriali 81
Confservizi133, Confapi134, Confcommercio135, Confesercenti136, del-
133 V. il Protocollo d’intesa concluso il 1° agosto 2013 tra Confservizi e Cgil, Cisl e Uil, che, sub «Misurazione della rappresentatività», prevede, al punto 2), che il dato associativo sia raccolto «per ambito di applicazione del contratto colletti- vo nazionale di lavoro» e al punto 4) che il dato elettorale sia raccolto «per ambi- to contrattuale» e che la ponderazione tra i due sarà effettuata «per ogni contratto collettivo nazionale di lavoro»; sub «Titolarità ed efficacia della contrattazione», il Protocollo prevede che saranno ammesse alla contrattazione le Federazioni di cate- goria che abbiano una rappresentatività non inferiore al 5% «nell’ambito di appli- cazione del contratto collettivo nazionale di lavoro». Analogamente, le disposizio- ni del Testo unico sulla rappresentanza del 10 febbraio 2014 concluso tra le stesse parti. V. anche la convenzione stipulata tra le parti sociali e l’Inps in data 16 marzo 2016, che ha affidato all’Inps le attività di raccolta, elaborazione e comunicazione del dato associativo.
134 V. l’AI in materia di rappresentanza del 26 luglio 2016 tra Confapi e Cgil, Cisl e Uil: nella Parte I «Misura e certificazione della rappresentanza ai fini della contrattazione collettiva nazionale di categoria», si prevede che ai fini della misurazione della rappresentatività delle organizzazioni sindacali sia il dato asso- ciativo sia il dato elettorale siano rilevati e ponderati per «ambito di applicazione del CCNL»; nella Parte III «Titolarità ed efficacia della contrattazione collettiva nazionale di categoria, aziendale e territoriale», si attribuisce la «titolarità» della contrattazione collettiva alle federazioni di categoria che abbiano una rappresen- tatività non inferiore al 5% «nell’ambito di applicazione del contratto collettivo». Conferma questa linea l’accordo di modifica del 23 settembre 2019, con il quale le parti manifestano l’intenzione di attribuire all’Inps le prerogative prima attri- buite al Cnel. V. anche la convenzione stipulata tra le parti sociali, l’Inps e l’Inl il 27 settembre 2019.
135 V. l’AI del 26 novembre 2015 tra Confcommercio – Imprese per l’Italia e Cgil, Cisl e Uil, lett. A) «contrattazione collettiva nazionale di categoria», punto 3)
«Modalità di rilevazione della rappresentatività»: I) le parti prevedono che il dato associativo sia rilevato «per ambito di applicazione del contratto collettivo nazio- nale di lavoro»; sub II-III) che il dato elettorale sia rilevato «per ambito di applica- zione del contratto collettivo nazionale di lavoro di competenza»; sub IV-V) che la ponderazione tra dato associativo ed elettorale avverrà «per ogni contratto colletti- vo nazionale di lavoro». Al punto 4) «Titolarità ed efficacia della contrattazione», sub I) si stabilisce che parteciperanno alla contrattazione collettiva nazionale le or- ganizzazioni di categoria con una rappresentatività non inferiore al 5% «nell’ambi- to di applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro». L’AI del 24 novem- bre 2016 concluso tra le medesime parti conferma tali regole.
136 Disposizioni di tenore analogo a quelle stabilite in area Confcommer- cio – Imprese per l’Italia sono contenute nell’AI sul modello di relazioni sindaca- li del 7 settembre 2017 tra Confesercenti e Cgil, Cisl e Uil; in particolare, v. lett.
A) «contrattazione collettiva nazionale di categoria», punto 3) «Modalità di rile- vazione della rappresentatività» e punto 4) «Titolarità ed efficacia della contrat- tazione».
82 Contrattazione collettiva e pluralità di categorie
la cooperazione137 e delle organizzazioni dell’artigianato e delle PMI138.
Tali accordi hanno stabilito che, una volta implementati, i mec- canismi di misurazione della rappresentatività dei sindacati dei lavo- ratori opereranno sulla base delle unità definite mediante gli ambiti di applicazione dei contratti collettivi di categoria.
Le critiche avanzate da una parte della dottrina a questo tipo di sistema sono sostanzialmente due. La prima consiste nel rimarcare che, in questo modo, si corre il rischio di ingessare le dinamiche ne- goziali, dato che «la previsione contrattuale presuppone che le cate- gorie contrattuali, e le relative parti stipulanti, siano quelle ad oggi esistenti, e non contempla l’eventualità di un loro mutamento»139: non sarebbe, dunque, ammissibile una tale «sclerotizzazione delle
137 L’AI del 18 settembre 2013 concluso tra Agci, Confcooperative, Le- gacoop e Cgil, Cisl e Uil, lett. B) «con riferimento alla contrattazione collettiva nazionale di categoria», punto 2) «misurazione della rappresentatività», sub II-
IV) prevede che il dato associativo sarà raccolto «per ambito di applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro di competenza», che il dato elettorale sa- rà raccolto «per ambito contrattuale» e che la ponderazione sarà effettuata «per ogni contratto collettivo nazionale di lavoro». Al punto 3) «Titolarità ed effica- cia della contrattazione», si prevede che la contrattazione collettiva nazionale sia svolta dalle Federazioni di categoria che dispongano di una rappresentatività non inferiore al 5% «nell’ambito di applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro». L’AI concluso tra le stesse parti il 28 luglio 2015 contiene disposizioni analoghe, in merito all’ambito nel quale misurare la rappresentatività delle orga- nizzazioni sindacali, anche ai fini della titolarità della contrattazione collettiva. L’accordo interconfederale «sulle linee guida per la riforma delle relazioni indu- striali» concluso tra le stesse parti il 12 dicembre 2018 non prevede novità a que- sto proposito.
138 L’AI sulla rappresentanza del 23 novembre 2016 tra Confartigianato im- prese, CNA, Casartigiani, Claai e Cgil, Cisl e Uil, «Misura e certificazione della rap- presentatività e della rappresentanza ai fini della contrattazione collettiva nazionale di categoria», lett. A) «criteri di misurazione della rappresentatività e rappresentan- za», punto 1) «certificazione e misurazione dei dati associativi», prevede che le de- leghe sindacali saranno raccolte in relazione a «ciascun ambito di applicazione del CCNL». Alla lett. C) «misurazione e certificazione della rappresentanza», le parti prevedono che la ponderazione sarà effettuata in relazione «ai singoli contratti col- lettivi nazionali di lavoro e alle singole realtà territoriali».
139 Tra gli autori che hanno sostenuto questa posizione cfr. specialmente A. TURSI, L’accordo del 31 maggio su rappresentanza e rappresentatività per la stipu- la dei Ccnl: appunti in tema di rappresentatività, legittimazione negoziale, effica- cia soggettiva e contrasto agli “accordi separati”, in Dir. Rel. Ind., 2013, p. 643.
La prospettiva interna alle relazioni industriali 83
categorie contrattuali»140. Per una seconda opinione critica, un mec- canismo di questo tipo non potrebbe comunque impedire alle fede- razioni di categoria o alle organizzazioni extra-confederali di modi- ficare le categorie preesistenti, sulle quali sia stata operata la misu- razione, o di individuarne di nuove, finendo, in ogni caso, per vani- ficare il corretto andamento delle verifiche sulla rappresentatività141. Al proposito, si è poi sostenuto che il fatto stesso di aver adottato un meccanismo di misurazione della rappresentatività basato sugli am- biti di applicazione dei contratti collettivi abbia agito, dal 2014 in avanti, per una singolare eterogenesi dei fini, quale «moltiplicatore del dumping contrattuale»142.
Queste critiche, tuttavia, non sembrano cogliere pienamente nel segno.
Rispetto alla prima, occorre riconoscere che qualsiasi meccani- smo di verifica della rappresentatività sindacale non può funzionare, a meno che non sia prima «ben individuato e delimitato l’ambito nel quale la misurazione deve avvenire»143. Le parti sociali sono i sog- getti cui una tale valutazione deve essere rimessa144 ed esse hanno
140 V. PINTO, Gli accordi interconfederali del 2013 e i persistenti problemi te- orici (e pratici) della definizione autonoma della “categoria contrattuale”, cit., p. 368; si è già avvertito che tale autore risolveva la questione in via interpretativa, so- stenendo che la competenza a modificare le categorie contrattuali, per effetto degli accordi del 2013, fosse transitata implicitamente dalle federazioni di categoria ver- so le confederazioni: si è già illustrata, tuttavia, la ragione per la quale tale opinione non può essere accolta (v., supra, in questo capitolo, sub § 1).
141 M. MARAZZA, Dalla “autoregolamentazione” alla “legge sindacale”? La questione dell’ambito di misurazione della rappresentatività sindacale, cit., pas- sim, il quale, anche per tale ragione, si interroga sull’eventualità di sopperire alle carenze dell’accordo per via legislativa; sulla stessa linea mi sembra porsi M. VI- TALETTI, La rappresentatività sindacale “utile”. Cosa resta del T.U. del 2014, cit., p. 42.
142 Se ben si coglie, è questa la posizione di M. MARAZZA, Perimetri e rappre- sentanze sindacali (dei datori di lavoro e dei lavoratori), cit., p. VIII, ma passim, secondo il quale le parti sociali (area confindustriale) vi avrebbero posto rimedio mediante il Patto per la fabbrica del 2018.
143 Così, R. DEL PUNTA, Note sparse sul Testo Unico sulla rappresentanza, in
Dir. Rel. Ind., 2014, p. 676.
144 A. LASSANDARI, Sulla verifica di rappresentatività delle organizzazioni sin- dacali datoriali, cit., pp. 15-16 (l’autore si interrogava sull’eventualità che a stabi- lire un meccanismo del genere fosse una legge, ma le sue considerazioni valgono a maggior ragione ove la prospettiva resti quella interna alle relazioni industriali).
84 Contrattazione collettiva e pluralità di categorie
esercitato tale prerogativa con una serie di accordi interconfedera- li. A ciò non si può non attribuire un significato, anche alla luce del principio di libertà sindacale di cui all’art. 39, c. 1, Cost., che cer- tamente consente alle parti sociali di rivedere nel tempo le proprie determinazioni in ordine al governo della struttura contrattuale. Pe- raltro, è più che ragionevole che tali unità siano state individuate nei perimetri dei contratti collettivi «sinora stipulati e vigenti, rispetto ai quali è dunque possibile avviare il sistema di misurazione con po- che incertezze»145. È una logica lineare, di effettività delle relazioni industriali, che non impedirebbe, di per sé, in futuro di rivedere i confini della contrattazione collettiva (e, così, della misurazione di rappresentatività), dato che il rilievo è sempre e soltanto rebus sic stantibus146.
In altri termini, se non è ovviamente immaginabile una cristal- lizzazione definitiva dei perimetri della contrattazione collettiva, lo è una loro momentanea stabilizzazione, specie se intervenuta per volon- tà delle stesse parti sociali. Al proposito, è significativo che siano stati indirettamente stabiliti congegni in grado di garantire l’evoluzione del sistema contrattuale. In particolare, si trae dalla convenzione stipula- ta il 19 settembre 2019 tra Inps, Inl, Confindustria, Cgil, Cisl e Uil, per rendere operativi i meccanismi di verifica della rappresentatività, l’impegno delle parti sociali (art. 2) «a comunicare tempestivamente all’Inps, a mezzo posta elettronica certificata, ogni variazione nell’as- setto dei contratti collettivi di lavoro riferibili all’area di rappresentan- za di Confindustria»147. Ciò vuol dire che – per come oggi configurato
– il sistema di misurazione della rappresentatività, pur avendo adotta- to come “unità di misura” i perimetri dei Ccnl, non priverebbe le or-
145 Così, F. SCARPELLI, Il Testo Unico sulla rappresentanza tra relazioni indu- striali e diritto, cit., pp. 693-694.
146 V. LECCESE, La contrattazione collettiva nazionale oggi: caratteri, meta- morfosi e criticità. Temi per il dibattito, in A. LASSANDARI, F. MARTELLONI, P. TULLI- NI, C. ZOLI (a cura di), La contrattazione collettiva nello spazio economico globale, cit., p. 113.
147 In precedenza, erano state stipulate il 16 marzo 2015 una convenzione tra Inps, Confindustria, Cgil, Cisl e Uil, e il 16 marzo 2016 una convenzione tra Inps, Confservizi, Cgil, Cisl e Uil. Dopo la convenzione citata nel testo del 10 settembre 2019, ne è stata stipulata un’altra il 27 settembre 2019 tra Inps, Inl, Confapi, Cgil, Cisl e Uil.
La prospettiva interna alle relazioni industriali 85
ganizzazioni stipulanti della prerogativa originaria di stabilire il cam- po di applicazione dei contratti collettivi, ma imporrebbe loro, in tali eventualità, un obbligo di comunicazione, volto a conferire “traspa- renza” e “pubblicità” alle relative determinazioni, allo scopo di non al- terare i meccanismi di rilevazione e ponderazione dei dati.
La seconda critica solleva il problema che la verifica di rappre- sentatività sarebbe, comunque, interna alle aree di rappresentanza del circuito confederale (meglio, di alcune confederazioni dei dato- ri di lavoro) senza poter raggiungere la profondità di intervento e la vincolatività erga omnes proprie della legge. Anche se resa opera- tiva, cioè, la verifica non potrebbe impedire a soggetti dissenzienti di realizzare comportamenti ostruzionistici o di neutralizzarne, co- munque, gli esiti, mediante la creazione di nuove categorie contrat- tuali.
Tali dubbi sono, in qualche modo, condivisibili148, benché al- cune chiose possano contribuire a ridimensionarne in concreto la portata. Non serve dimostrazione del fatto che la legge abbia una capacità di sanzione dei rapporti civili e sociali che il contratto non raggiunge, per lo meno dalla modernità giuridica in avanti149. Tut- tavia, da un lato, ciò non significa che sia la legge a cogliere sempre in modo più appropriato le dinamiche in atto nella società e che il decisore pubblico possa stabilire meccanismi di razionalizzazione del pluralismo più affidabili di quelli che l’autonomia collettiva sia in grado di darsi150. Soprattutto, dall’altro lato, non si può trascura- re che, nonostante il fervore di questi anni151, non sembra che si sia- no create le condizioni per l’emanazione da parte del Parlamento di una legge sindacale.
Non senza pragmatismo, giova ammettere che non sembrano esservi all’orizzonte alternative rispetto alla valorizzazione delle potenzialità espansive che un meccanismo – rodato e ben conge- gnato – di verifica della rappresentatività sindacale può avere, sia
148 Una sintetica esposizione in B. CARUSO, Testo Unico sulla Rappresentan- za, in WP CSDLE “Massimo D’Antona”.IT, 226/2014, pp. 10-13.
149 G. VARDARO, Contrattazione collettiva e sistema giuridico, cit., p. 102.
150 È il cuore della lezione di M. GRANDI, In difesa della rappresentanza sin- dacale, cit., p. 640.
151 Infra, capitolo III, § 3.
86 Contrattazione collettiva e pluralità di categorie
nel sistema di relazioni industriali sia nell’ordinamento giuridi- co152.
Una volta (meglio, se) a regime, tali meccanismi dovrebbero consentire di verificare quali siano i soggetti più accreditati, dal la- to dei lavoratori e, in prospettiva, dei datori di lavoro153, a stabilire le discipline collettive di lavoro in relazione alle diverse tipologie di attività. Da ciò potrebbero derivare alcuni effetti positivi per il fun- zionamento del sistema contrattuale.
Il fatto di dotarsi di congegni di misurazione della rappre- sentatività sindacale imporrebbe per prima cosa di stabilire qua- li siano gli ambiti nei quali operare la misurazione (come già più volte rilevato); poiché i recenti accordi hanno individuato nei perimetri dei contratti collettivi tali unità, parrebbe che la de- terminazione nel conseguire il primo obiettivo (la misurazione della rappresentatività) possa essere di stimolo anche per il rag- giungimento del secondo (la mappatura dei perimetri contrat- tuali, che costituisce il presupposto per una semplificazione del quadro negoziale)154.
Inoltre, il fatto di rendere operativi i congegni di misurazione della rappresentatività sindacale dovrebbe contribuire, sia pure indirettamente, a contrastare i fenomeni di proliferazione di con- tratti collettivi di categoria155. Nella prospettiva interna al circui- to confederale diverrebbe più complesso, da un punto di vista po- litico-sindacale, sconfinare nella sfera di “giurisdizione” di altre
152 Cfr. G. FERRARO, Sul rinnovato “sistema” di relazioni industriali, in L. ZOPPOLI, A. ZOPPOLI, M. DELFINO (a cura di), Una nuova Costituzione per il sistema di relazioni sindacali?, cit., p. 302 ma passim.
153 Come osserva M. RICCI, L’accordo interconfederale del 9 marzo 2018: una svolta dagli esiti incerti, cit., pp. 1400-1401, 1412.
154 Questa correlazione si trae da tutti i più recenti accordi interconfederali, ma in modo particolarmente evidente dal Patto per la fabbrica del 2018 tra Con- findustria e Cgil, Cisl e Uil (specialmente, punto 4 «democrazia e misura della rap- presentanza»).
155 M. MARAZZA, Dalla “autoregolamentazione” alla “legge sindacale”? La questione dell’ambito di misurazione della rappresentatività sindacale, cit., p. 621. L’autore ritiene tuttavia che i meccanismi elaborati con il Testo unico 2014 abbiano finito per avere l’effetto opposto e che anche per tale ragione si sia reso necessario il nuovo accordo interconfederale del 2018: M. MARAZZA, Perimetri e rappresentanze sindacali (dei datori di lavoro e dei lavoratori), cit., p. VIII.
La prospettiva interna alle relazioni industriali 87
organizzazioni, senza potere, al contempo, in relazione a queste ultime, dimostrare un effettivo radicamento tra le imprese e tra i lavoratori. Nella prospettiva esterna, di contrasto al fenomeno della contrattazione “pirata”, le operazioni di creazione ad hoc di contratti collettivi alternativi a quelli del circuito confederale diverrebbero, invero, meno credibili di quanto (talvolta) non lo siano (già) oggi. Né parrebbe peregrino rimarcare che il fatto di rendere operativi i meccanismi di misurazione della rappresenta- tività sindacale agevolerebbe le valutazioni che la giurisprudenza è tenuta ad effettuare nelle ipotesi di rinvio dalla legge all’autono- mia collettiva156.
Nel processo di riforma del sistema contrattuale, la verifica di rappresentatività degli attori negoziali e la semplificazione dei con- tratti collettivi di categoria sono due lati di una stessa medaglia, utili allo scopo di irrobustire un sistema contrattuale indebolito dalle in- cursioni esterne dei contratti collettivi “pirata” e dai conflitti di giu- risdizione interni.
In definitiva, l’esigenza di una «riconsiderazione della com- posizione quantitativa e qualitativa dei Ccnl»157 è parte integrante dell’agenda delle parti sociali. Gli accordi di area Confcommercio (24 novembre 2016) e Confesercenti (7 settembre 2017)158, con formulazioni identiche, auspicano «una riduzione dei molteplici
156 V. infra, cap. IV. È significativo che siano le stesse parti sociali a rimarca- re questa correlazione tra riforma del sistema di relazioni sindacali e disposizioni di rinvio dalla legge ai contratti collettivi stipulati dai soggetti comparativamente più rappresentativi. V. ad esempio l’accordo interconfederale 24 novembre 2016 tra Confcommercio e Cgil, Cisl e Uil «per un nuovo sistema di relazioni sindacali e modello contrattuale» (in particolare, il punto sulla «rappresentanza»), l’accordo interconfederale 7 settembre 2017 tra Confesercenti e Cgil, Cisl e Uil (la premessa all’accordo) e l’accordo interconfederale 12 dicembre 2018 «sulle linee guida per la riforma delle relazioni industriali» tra Agci, Confcooperative, Legacoop, Cgil, Cisl e Uil (premessa all’accordo).
157 Così, il documento unitario del 14 gennaio 2016 di Cgil, Cisl e Uil su «Un moderno sistema di relazioni industriali», che prosegue: «Occorre per questo, sulla base delle reali esigenze di tutela di specifiche realtà produttive, conseguire un pro- cesso di razionalizzazione e diminuzione del numero di contratti nazionali, consa- pevoli che in parte essi rappresentano un processo di frammentazione della rappre- sentanza associativa dell’impresa».
158 Tra i due accordi interconfederali del 7 settembre 2017 di area Confeser- centi si allude a quello su «relazioni sindacali».
88 Contrattazione collettiva e pluralità di categorie
contratti collettivi esistenti, spesso insistenti sui medesimi settori/ comparti». In tali accordi si pone il punto di partenza del nume- ro di contratti collettivi stipulati dalla confederazione per il com- parto del Terziario di mercato (14 Ccnl Confcommercio e 8 Ccnl Confesercenti)159 e si indica la volontà di dotarsi di strumenti di ve- rifica della rappresentatività, sia delle organizzazioni dei lavoratori sia delle organizzazioni dei datori di lavoro, ma il processo è in fie- ri. Nel comparto artigiano sono stati realizzati alcuni accorpamen- ti tra Ccnl (dopo gli accordi del 2009) ed altri sono stati previsti (accordo 23 novembre 2016), con l’obiettivo di arrivare ad accor- di di settore per quattro macroaree (manifatturiero, servizi, edili- zia e autotrasporto). In area Confindustria, il Patto per la fabbrica (2018) delinea un percorso in più fasi160, che, da una perimetrazio- ne esatta della contrattazione collettiva (attività per la quale si ri- manda alle analisi del Cnel) e da un’eventuale revisione delle unità negoziali, dovrebbe condurre all’attivazione dei meccanismi di mi- surazione della rappresentatività e, in prospettiva, al «rispetto dei perimetri della contrattazione» e a una maggiore «coerenza e fun- zionalità» della stessa161. In ciascuno degli accordi interconfedera- li il contrasto al dumping contrattuale è preso in considerazione come uno degli obiettivi centrali del processo di riforma delle re- lazioni industriali162. La soluzione, comunque, non è vicina163. Per un verso, la scissione del sistema confederale in tante aree quante sono le principali confederazioni dei datori di lavoro è eloquente della lontananza, non solo temporale, dagli accordi “costituenti”
159 Tra i due accordi interconfederali del 7 settembre 2017 di area Confeser- centi si allude adesso a quello su «modello contrattuale».
160 M. RICCI, L’accordo interconfederale del 9 marzo 2018: una svolta dagli esiti incerti, cit., p. 1399.
161 L. BORDOGNA, L’accordo Confindustria-sindacati del 9 marzo 2018 su re- lazioni industriali e contrattazione collettiva, cit., pp. 46-47.
162 Oltre agli accordi menzionati nelle note precedenti v. (anche per la parti- colare rilevanza che il fenomeno della contrattazione “pirata” ha assunto nel settore della cooperazione) il più volte citato accordo interconfederale 12 dicembre 2018
«sulle linee guida per la riforma delle relazioni industriali».
163 F. LISO, Qualche erratica considerazione sul recente accordo interconfede- rale Confindustria, Cgil, Cisl e Uil del 9 marzo 2018, cit., p. 5.
La prospettiva interna alle relazioni industriali 89
del 1993164. Per l’altro, il processo delineato dalle Confederazioni rischia, comunque, di arrestarsi, se non implementato dalle federa- zioni di categoria in sede di rinnovi dei Ccnl165.
164 A. LASSANDARI, Sulla verifica di rappresentatività delle organizzazioni sin- dacali datoriali, cit., p. 5.
165 P. TOSI, Concorrenza, lavoro, diritti (aspetti collettivo-sindacali), cit., pp. 1340-1341.
Capitolo III
AUTONOMIA DELLE PARTI ED INTERVENTO DELLA LEGGE NELLA DEFINIZIONE DELLE UNITÀ NEGOZIALI
SOMMARIO: 1. Libertà di definizione delle unità negoziali e certezza giuridica: conside- razioni sull’esigenza di pervenire ad un contemperamento. – 2. Il criterio ogget- tivo di collegamento tra le unità negoziali e i rapporti di lavoro. – 3. I meccani- smi di definizione delle unità negoziali: una possibile bipartizione. – 3.1. Mec- canismi antecedenti (che operano in una fase che precede lo svolgimento della contrattazione collettiva). – 3.2. Meccanismi contestuali (in cui la categoria è fis- sata con la stipulazione dei contratti collettivi). – 3.3. Considerazioni conclusi- ve. – 4. Rassegna delle soluzioni tecniche avanzate per la definizione delle unità negoziali nelle proposte di attuazione dell’art. 39 Cost. – 4.1. Dall’entrata in vi- gore della Costituzione ai primi anni Sessanta. – 4.2. Riprende il dibattito sul- la legge sindacale: gli anni Ottanta e Novanta. – 4.3. La Carta dei diritti della Cgil e le proposte della rivista DLM e del gruppo Freccia Rossa. – 5. La defini- zione dei comparti di contrattazione nel settore pubblico. – 5.1. Evoluzione del- le discipline legislative e della corrispondente attività negoziale. – 5.2. La limi- tata “sovranità” delle organizzazioni sindacali nella definizione dei comparti. –
6. Sciopero nei servizi pubblici essenziali e prestazioni indispensabili. – 6.1. Il quadro normativo: cenni essenziali. – 6.2. La definizione del campo di applicazio- ne degli accordi collettivi.
1. Libertà di definizione delle unità negoziali e certezza giuridica: considerazioni sull’esigenza di pervenire ad un contemperamento
Nelle ipotesi in cui il contratto collettivo trova per legge ap- plicazione erga omnes1, è possibile che si debba pervenire altresì
1 Ciò può avvenire in una varietà di soluzioni tecniche: un quadro comparato in S. HAYTER, J. VISSER (eds), Collective Agreements: Extending Labour Protection, Geneva, International Labour Organization, 2018.
92 Contrattazione collettiva e pluralità di categorie
ad un contemperamento tra la “originaria” libertà delle parti socia- li di definire in autonomia le unità negoziali e le esigenze di certez- za dei rapporti giuridici che derivano dall’intervento eteronomo in questa materia. In tal caso, la definizione delle unità negoziali della contrattazione collettiva non sarà (più) soltanto espressione di una sfera di “competenza” o, se si vuole, di “rilevanza sociale” delle or- ganizzazioni sindacali e dei datori di lavoro nel sistema di relazioni industriali: le tipizzazioni operate dai contratti collettivi diverranno, altresì, giuridicamente rilevanti, allo scopo di individuare un’area di obbligatorietà delle discipline di lavoro, che normalmente non coin- ciderà, se non in parte (specialmente nei segmenti più periferici del mercato), con quella di rappresentanza delle associazioni firmata- rie2.
Si tratta di considerazioni che nella loro sostanza sono ac- quisite da decenni alla riflessione giuridica3: una contrattazione collettiva con effetti maggiori di quelli ricavabili dal diritto co- mune esige non soltanto «qualche garanzia sulla formazione e sulla qualificazione giuridica dei soggetti»4, ma anche di misurar- si con l’inquadramento delle categorie contrattuali5. È lo «scot- to che paga il sindacato nel momento in cui […] permette allo Stato di invadere la zona di riservato dominio che gli è propria, sia pure per consolidare su di un’area geografica o per una pro- fessione più estesa i risultati della sua vocazione contrattuale e rivendicativa»6.
2 S. LIEBMAN, Contributo allo studio della contrattazione collettiva nell’ordi- namento giuridico italiano, Milano, Giuffrè, 1986, p. 70.
3 Tra i primi a interrogarsi in modo approfondito su tali correlazioni, G. PERA,
Problemi costituzionali del diritto sindacale italiano, cit., pp. 51-68.
4 Così, M. GRANDI, Normatività privata e contratto collettivo, in AA.VV., Il sistema delle fonti nel diritto del lavoro. Atti delle giornate di studio di diritto del la- voro Foggia-Baia delle Zagare, 25-26 maggio 2001, Milano, Giuffrè, 2002, p. 218.
5 M. RICCI, Il contratto collettivo fonte e l’art. 39 Cost., in AA.VV., Il sistema delle fonti nel diritto del lavoro, cit., p. 143.
6 Così, B. VENEZIANI, Stato e autonomia collettiva. Diritto sindacale compa- rato, cit., p. 177. Da tempo si è rilevato che l’intervento della legge ha lo scopo di rafforzare il tasso di applicazione dei contratti collettivi nei settori più marginali del mercato, nei quali le organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori hanno una “presa” minore, rispettivamente, sul tessuto produttivo e sulla forza lavoro: G. GIU- GNI, La validità “erga omnes” dei contratti collettivi, cit., p. 69 ss.
Autonomia delle parti ed intervento della legge 93
Naturalmente è comprensibile che, in base alle vicende storiche delle relazioni industriali, oltre che tra i diversi ordinamenti giuridi- ci, possa variare, anche in modo significativo, il punto di equilibrio tra autonomia ed eteronomia da considerarsi ottimale o, per lo me- no, accettabile per le parti sociali, nella definizione delle unità con- trattuali7.
Vi è comunque un punto fermo: dotarsi di meccanismi con cui pervenire ad una definizione delle unità negoziali non equivale a do- ver fissare, una volta per tutte, la disposizione degli “insiemi di giuri- sdizioni” che compongono il sistema di contrattazione collettiva. In questo settore della vita civile sarebbe impensabile non lasciare alle parti sociali la possibilità di rivedere, nel tempo, le proprie determi- nazioni, in ordine alle sfere di influenza organizzativa e negoziale8. Diversamente, si finirebbe per imporre loro una “camicia di nesso”, che paralizzerebbe la contrattazione collettiva, soprattutto nelle fasi caratterizzate da rapidi mutamenti sociali, tecnologici e dei proces- si produttivi: ma non è questo un elemento strutturale delle società che vengono dette ad economia avanzata?9.
7 U. CARABELLI, Legge sindacale e ordinamento intersindacale: alcune rifles- sioni sparse, in AA.VV., L’attuazione degli articoli 39 e 46 della Costituzione. Tre proposte a confronto, Quaderni Riv. Giur. Lav., Roma, Ediesse, 2016, p. 184.
8 È significativo che ciò si possa rimarcare anche per l’ordinamento corporati- vo, nonostante l’adozione di meccanismi di predeterminazione coatta delle catego- rie contrattuali e di attribuzione, ad una sola organizzazione, della rappresentanza legale di ciascuna di esse: il sistema conobbe, a più riprese, specie negli anni Trenta, operazioni di rimaneggiamento e di manipolazione delle categorie: cfr. in generale sul tema G. PROIA, L’inquadramento dei datori di lavoro, cit., cap. II.
9 È un luogo comune, ma alle volte torna utile ricordarsi della «mentalità par- ticolarmente duttile del sindacalista, che non è mai a corto di espedienti e di adat- tamenti (anche se – talvolta – non del tutto ortodossi, dal punto di vista giuridico), per raggiungere la finalità che si propone; cioè, l’equo accordo con la controparte». Le citazioni sono tratte da alcuni passaggi dedicati al tema della categoria profes- sionale, da un documento risalente, ma di indubbio valore (non soltanto storico): le Risposte al questionario del Ministro del lavoro e della previdenza sociale sul tema Verso la nuova legislazione sindacale, pubblicate dalla Riv. Dir. Lav., 1949, III, p. 94 ss., specie, per le citazioni, p. 97 (si trattava qui delle risposte della Cgil, che re- spingeva all’epoca ogni ipotesi di intervento rigido dei pubblici poteri sul tema del- le categorie professionali).
94 Contrattazione collettiva e pluralità di categorie
2. Il criterio oggettivo di collegamento tra le unità negoziali e i rapporti di lavoro
Affrontare il problema della ripartizione del sistema contrattua- le in unità negoziali implica porsi quello del collegamento tra gli ambiti di applicazione dei contratti collettivi e i rapporti di lavoro. Nella sostanza, occorre individuare taluni criteri che consentano di individuare con ragionevole certezza quali discipline collettive siano applicabili ai rapporti di lavoro, tra le diverse che potrebbero esse- re potenzialmente richiamabili (più un sistema contrattuale diviene complesso e articolato, più tale selezione può in concreto farsi com- plicata). In altri termini, se, da una parte, il sistema contrattuale do- vrebbe essere suddiviso in sfere di competenza negoziale (quali che siano i meccanismi a tale scopo adottati: v. infra, § 3 ss.), dall’altra occorrerebbe comunque stabilire in base a quali criteri le parti dei rapporti individuali di lavoro siano associate ad una o ad un’altra di tali sfere. Un principio basilare di civiltà giuridica sembra suggerire che, nel caso in cui il contratto collettivo spieghi i propri effetti al di là dei soggetti aderenti alle organizzazioni stipulanti, non possano esservi eccessive ambiguità su quale sia quello applicabile, in quan- to le parti dei rapporti di lavoro sono tenute a rispettare obblighi ag- giuntivi rispetto a quelli che deriverebbero dall’adesione volontaria al sistema contrattuale.
In astratto, i criteri utilizzati per selezionare la disciplina col-
lettiva applicabile ai rapporti di lavoro potrebbero essere i più vari. Non è escluso, ad esempio, che possano consistere nell’in- quadramento delle parti dei rapporti di lavoro nelle organizza- zioni stipulanti, ma è evidente che occorrerebbe a tal fine dotar- si di un sistema di sindacalismo obbligatorio10. Escluso il criterio
10 Vigente l’ordinamento corporativo in Italia era stata presa in considera- zione, nei lavori per la redazione del codice civile del 1942, la possibilità di sta- bilire come criterio di collegamento quello dell’inquadramento soggettivo. Tale eventualità era stata tuttavia scartata, in sede di redazione del codice, in favore del criterio oggettivo poi stabilito all’art. 2070 c.c., considerato più affidabile e ri- spettoso delle posizioni giuridiche delle parti dei rapporti di lavoro. V. sul punto la Relazione del Ministro Guardasigilli Grandi al c.c. del 1942, n. 817; un cenno, dal quale ho tratto lo spunto, in P. BELLOCCHI, Art. 2070, in G. AMOROSO, V. DI CERBO, A. MARESCA (a cura di), Diritto del lavoro, 1, La Costituzione, il Codice ci-
Autonomia delle parti ed intervento della legge 95
dell’inquadramento sindacale, logica vuole che, per la contratta- zione di settore, i criteri di collegamento consistano prevalente- mente nell’attività svolta dai datori di lavoro. Ciò si deve al fatto che nella gran parte dei sistemi di relazioni industriali (nei quali è diffusa la negoziazione multi-employer) la contrattazione col- lettiva sia prevalentemente organizzata sulla base di un sindaca- lismo cd. industriale11.
Anche nel sistema italiano, che riconosce piena libertà alle parti di definire le unità negoziali, i contratti collettivi, sia pure con tec- niche di redazione che cambiano da settore a settore, delineano ten- denzialmente le aree contrattuali con riferimento alle tipologie di at- tività espletate dalle imprese12, allo scopo di garantire uniformità al- le discipline del lavoro tra le multiformi realtà aziendali (non ultimo, a tutela della tenuta della stessa aggregazione sindacale)13.
Un criterio oggettivo basato sull’attività svolta dai datori di la- voro era stato adottato dal diritto corporativo (art. 2070 c.c.)14. La sua applicazione ai contratti collettivi di diritto comune è sta- ta esclusa dalle Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza n. 2665/1997, quale coerente (benché tardiva) conseguenza dell’o-
vile e le leggi speciali, Milano, Giuffrè, 2017, p. 662. Cfr. altresì M. NOVELLA, Ap- plicazione del contratto collettivo e categoria professionale, cit., il quale illustra come la redazione dell’art. 2070 c.c. sia stata il risultato di un dibattito avviato- si con la legge del ’26 e composto dalla giurisprudenza di legittimità soltanto nei primi anni Quaranta: in base all’orientamento risultato prevalente, anche nel vi- gore della legge del ’26 il criterio dell’attività svolta dal datore di lavoro avrebbe prevalso, ai fini dell’applicazione dei contratti collettivi, su quello eventualmente difforme dell’inquadramento sindacale.
11 Per il caso italiano v. in tal senso M. RUSCIANO, Il contratto collettivo, in Impresa e lavoro, T. I, 2° ed., in P. RESCIGNO (diretto da), Trattato di diritto priva- to, Torino, Utet, 2004, p. 45. Cfr. altresì G. GIUGNI, Introduzione a S. PERLMAN, Per una teoria dell’azione sindacale, Roma, Edizioni lavoro, 1980, pp. 29-30, 34-35.
12 Qualche esempio lo si è fornito supra, cap. I, § 5. In dottrina cfr. R. SCO- GNAMIGLIO, Il problema dell’applicabilità dell’art. 2070 c.c.: categoria e contratto collettivo, in Scritti in onore di Giuseppe Federico Mancini, I, Diritto del lavoro, Milano, Giuffrè, 1998, p. 570.
13 Cfr. M.G. GAROFALO, Solidarietà, differenze, riunificazione del mondo del lavoro (1991), in M. BARBIERI, R. VOZA (a cura di), Gianni Garofalo. Il pane del sa- pere, Roma, Ediesse, 2011, p. 297.
14 V. supra nota 10; amplius, L. RIVA SANSEVERINO, Della impresa: disciplina delle attività professionali. Impresa in generale, II ed., Bologna-Roma, Zanichelli- Società editrice del Foro italiano, 1956, p. 70 ss.
96 Contrattazione collettiva e pluralità di categorie
rientamento sull’efficacia soggettivamente limitata dei contratti col- lettivi15. In sistemi nei quali la contrattazione collettiva acquisisce normalmente efficacia generale, analoghi criteri sono previsti dal- la legge o adottati dalla giurisprudenza: è il caso ad esempio della Francia16 o del Belgio17.
Vero è che l’adeguatezza di un siffatto criterio oggettivo può essere messa in discussione, nel contesto di un’economia di servizi, nella quale i processi produttivi sono trasversali rispetto alle ripar- tizioni tradizionali della contrattazione collettiva, ma non è questo un tema che può essere adeguatamente approfondito18. Vale la pe- na invece precisare che esso è in sé neutrale rispetto al principio di libertà sindacale. Al proposito, non vi è migliore dimostrazione di quella fornita, per la quale disposizioni simili sono state adot- tate sia in un modello sindacale autoritario (come quello italiano del ventennio), sia da regimi di Paesi europei (Belgio o Francia, ad esempio) in cui non è in discussione la libertà sindacale e che sono, per di più, dotati di congegni eterogenei per la definizione delle unità negoziali (v. infra, § 3). Per un verso, infatti, il criterio oggettivo non interferisce con i meccanismi di definizione delle ca- tegorie19: esso non ha «alcun riflesso sulla libertà di autodetermi-
15 Cass SSUU n. 2665/1997, cit. La questione è stata approfondita supra, cap. II, § 2.
16 Art. L2261-1 code du travail: «La convention collective applicable est celle dont relève l’activité principale exercée par l’employeur».
17 Nell’ordinamento belga, la legge del 5 dicembre 1968 sulla contrattazione collettiva è interpretata dalla giurisprudenza nel senso di prevedere che l’applica- zione dei contratti collettivi sia stabilita in base all’attività prevalente esercitata dal datore di lavoro sul territorio belga (cfr. V. VANNES, Identification de la commis- sion paritaire compétente envers les entreprises concernées, in Orientations, 2010, 4, p. 1 ss.).
18 Cfr. il Documento unitario del 14 gennaio 2016 Cgil, Cisl, Uil per «Un mo- derno sistema di relazioni industriali», parte I «La contrattazione: riformare il mo- dello per renderlo più inclusivo».
19 V. in questo senso C. cost. n. 105/1969, cit., sull’applicabilità dell’art. 2070 c.c. ai contratti collettivi recepiti nei decreti delegati ex l. n. 741/1959, nella quale si afferma che «L’art. 2070 cod. civ. risulta, pertanto, diretto a dirimere razio- nalmente gli eventuali conflitti tra diverse normative collettive, di cui sia invocata l’applicazione ad un rapporto individuale di lavoro, e non è in contrasto col princi- pio della libertà ed autonomia sindacale garantito dall’art. 39, primo comma, del- la Costituzione, in quanto ha riferimento alla nozione di categoria professionale ri- sultante dalla spontanea organizzazione sindacale e dall’autonomia collettiva». Cfr.
Autonomia delle parti ed intervento della legge 97
nazione delle unità organizzative e contrattuali», che interviene (e si conclude) in un momento precedente rispetto a quello in cui si pone la questione dell’applicazione dei contratti collettivi ai rap- porti individuali di lavoro20. Per l’altro, esso non si pone neppure in collisione con la libertà delle parti dei rapporti di lavoro, atteso che «presuppone, e non impone, la soggezione dei singoli alla di- sciplina collettiva»21.
sul punto D. GUERRIERI, I vigenti decreti di applicabilità del contratto collettivo, in Mass. Giur. Lav., 1969, p. 389, ma passim. Nella giurisprudenza di legittimità, per l’applicabilità dell’art. 2070 c.c. ai contratti collettivi recepiti nei decreti delegati, v. Cass. 4 febbraio 1989, n. 701, in Riv. It. Dir. Lav., 1990, II, p. 61, nota A. VALLE- BONA, Cass. n. 6412/1993, cit.
20 Così, P. BELLOCCHI, Art. 2070, cit., p. 665. Per quanto fosse viziata dal no- to errore di fondo risolto dalle Sezioni Unite della Cassazione nel 1997, di ciò è una prova la stessa giurisprudenza che affermava l’applicabilità dell’art. 2070 c.c. ai contratti collettivi di diritto comune (per una rassegna cfr. M. QUARANTA, Art. 2070, in R. DE LUCA TAMAJO, O. MAZZOTTA (a cura di), Commentario breve alle leg- gi sul lavoro, VI ed., Milano, Wolters Kluwer-Cedam, 2018, p. 497 ss.). Infatti, se si eccettuano isolati e risalenti precedenti di merito (App. L’Aquila 5 marzo 1963, in Orient. Giur. Lav., 1963, p. 350, o Trib. Parma 21 gennaio 1965, in Riv. Giur. Lav., 1965, II, p. 211) o, a tutto concedere, obiter dicta di sentenze più recenti, tale giurisprudenza non ha mai messo in discussione la prerogativa delle parti sociali di delineare gli ambiti di applicazione dei contratti collettivi: neanche quando, in al- cuni settori, sono state sperimentate soluzioni eccentriche rispetto alle tradiziona- li aree contrattuali, per far fronte alle cangianti geografie produttive e al decentra- mento delle attività d’impresa, negli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso (cfr. Cass. 23 novembre 1984, n. 6063, in Riv. It. Dir. Lav., 1985, II, p. 593 ss., nota M. PAPALEONI, Cass. 19 febbraio 1986, n. 1005, in Giust. Civ., 1986, p. 1669 ss., nota M.P., P. Roma, 2 febbraio 1990, in Riv. It. Dir. Lav., 1991, II, p. 504 ss., nota L. ANGELINI, Cass. 30 gennaio 1992, n. 976, in Riv. It. Dir. Lav., 1992, II, p. 531 ss., nota M. CARO; ulteriori riferimenti in R. BORTONE (P. CURZIO), Il contratto colletti- vo, Torino, Utet, 1984, pp. 192-193). Quella giurisprudenza era volta, per lo più, a individuare la retribuzione conforme all’art. 36 Cost., ricavandola dal contratto collettivo di settore stipulato per quel tipo di attività d’impresa. Ciò, per i casi in cui i datori di lavoro non applicassero alcun contratto collettivo, oppure, più di fre- quente, in cui applicassero un contratto collettivo “innaturale” rispetto all’attività svolta. Si perveniva, così, a selezionare la disciplina economica più favorevole al la- voratore (P. BELLOCCHI, Art. 2070, cit., p. 665), in un’ottica di tutela individuale, ma con il risultato, indiretto, di «delineare un quadro legale minimo di sostegno della contrattazione in assenza di una disciplina legislativa del contratto» (così, A. VISCO- MI, Soggettività sindacale e categorie contrattuali, cit., p. 73).
21 Così, P. BELLOCCHI, Art. 2070, cit., p. 662.
98 Contrattazione collettiva e pluralità di categorie
3. I meccanismi di definizione delle unità negoziali: una possibile bipartizione
Muovendo sempre dal principio di libertà sindacale (ossia, escludendo l’ipotesi di un ordinamento autoritario dei rapporti col- lettivi di lavoro), sono pensabili molteplici soluzioni tecniche, me- diante le quali pervenire ad una ripartizione in unità negoziali del si- stema di contrattazione collettiva.
Si proporrà il seguente criterio di classificazione, con il quale di- stinguere a seconda che le unità contrattuali siano definite: a) in una fase che precede la stipulazione dei contratti collettivi, con una de- terminazione per così dire separata rispetto alla vera e propria trat- tativa negoziale; b) contestualmente alla conclusione dei contratti collettivi, con una determinazione adottata nel medesimo testo che pone le discipline di lavoro. Si illustreranno alcuni esempi dell’uno e dell’altro tipo, traendoli dal diritto italiano o da altri ordinamenti giuridici.
3.1. Meccanismi antecedenti (che operano in una fase che pre- cede lo svolgimento della contrattazione collettiva)
Tra le soluzioni del tipo a) potrebbe rientrare quella prevista “in potenza” dall’art. 39, c. 4, Cost. La norma costituzionale – è il cuore della prolusione bolognese di Mancini del 1962 – ha ripreso dal diritto corporativo, sia pure depurandola dalle “incrostazioni più autoritarie”, la soluzione di una determinazione ex ante delle unità negoziali della contrattazione collettiva (la categoria che precede la contrattazione collettiva, nelle parole del chiaro autore)22. In par- ticolare, ciò si sarebbe realizzato sia mediante la registrazione del- le associazioni sindacali per categorie di inquadramento (cioè, con una razionalizzazione dei soggetti), sia e soprattutto con l’istituzio- ne delle rappresentanze unitarie, atteso che si sarebbe in primis do- vuto stabilire per quali unità di negoziazione costituirle. Non ci si
22 La profonda influenza esercitata sulla riflessione successiva dalle tesi di Mancini del 1962 è ravvisabile anche nella dottrina più recente: cfr. P. ICHINO, La crepa interna all’art. 39, cit.