Disegno di legge AS n. 2330 (delega in materia di contratti pubblici)
Associazione delle organizzazioni di ingegneria, di architettura e di consulenza tecnico-economica
Disegno di legge AS n. 2330 (delega in materia di contratti pubblici)
Senato della Repubblica
8a Commissione Lavori pubblici, comunicazioni
Audizione OICE
26 ottobre 2021
Xxx Xxxxxxxx, 000 - 00000 Xxxx
Tel. 00 00000000 - Fax 00 0000000
e-mail: xxxxxxxxxx@xxxx.xx - PEC: xxxx.xxxxxxxxxxxx@xxx.xx xxxx://xxx.xxxx.xx
C.F. 80138630589 - P.I. 03687911002
1. Premessa: La situazione del mercato e gli obiettivi generali della riforma
L’avvio di un nuovo percorso che porterà alla revisione delle regole per l’affidamento di contratti pubblici di appalto e di concessione non può che essere condiviso in ragione della necessità di ricondurre il quadro normativo ad elementi di chiarezza e certezza, dopo le numerose modifiche intercorse in questi ultimi cinque anni, dopo le diverse sentenze della Corte di giustizia europee e dopo il passo indietro compiuto rispetto alla cosiddetta soft law, abbandonata a favore del ripristino dello schema “codice + regolamento”.
Ogni intervento di riforma del codice dei contratti pubblici, dovrà però tenere conto in primo luogo della necessità di non introdurre elementi che, ancorché in un sistema semplificato, digitalizzato e attento alla sostenibilità ambientale, possano risultare tali da ingessare alcuni segmenti della disciplina del Codice, con limitazioni non proporzionate alla libertà di impresa e di organizzazione degli operatori economici.
In secondo luogo riteniamo che l’opera di revisione delle attuali regole (peraltro ampiamente derogate dalla normativa di urgenza sia per gli interventi del Pnrr sia, in alcuni casi, per tutti gli interventi) non debba introdurre elementi di freno alla domanda pubblica che potrebbero avere effetti deleteri anche sulla crescita del PIL in un momento così delicato per la nostra economia.
Dal punto di vista delle dinamiche del mercato vanno premesse alcuni considerazioni generali di cui tenere conto.
La prima riguarda l’insufficiente valore che ancora rappresenta l’ingegneria e l’architettura all’interno del complessivo volume di investimenti nel settore delle costruzioni.
Illuminante è questa tabella da cui si evince chiaramente che il contesto internazionale vede i servizi di ingegneria e architettura in Italia in una posizione critica rispetto al resto dei partners europei, in quanto l’incidenza del valore dei servizi di architettura e ingegneria
rispetto al valore della produzione in costruzioni, è sui livelli più bassi (11,2%) rispetto all’incidenza che si raggiunge negli altri principali paesi, dal 24,3% Germania al 14,9% della Spagna.
VALORE DELLA PRODUZIONE IN COSTRUZIONI E SERVIZI DI ARCHITETTURA E INGEGNERIA E ISPEZIONE IN EUROPA (MLN DI EURO) | ||||
n. | Nazione | Valore della produzione per costruzione | Valore della produzione per servizi di ingegneria e ispezione | Incidenza in percentuale dei servizi sulle costruzioni |
European Union | 1.584.448 | 261.745 | 16,52% | |
1 | Belgium | 68.496 | 8.132 | 11,87% |
2 | Bulgaria | 8.052 | 628 | 7,80% |
3 | Czechia | 32.958 | 5.180 | 15,72% |
4 | Denmark | 38.048 | 8.482 | 22,29% |
5 | Germany | 311.195 | 75.412 | 24,23% |
6 | Estonia | 3.891 | 340 | 8,74% |
7 | Ireland | 29.640 | 5.931 | 20,01% |
8 | Greece | 9.309 | 2.073 | 22,26% |
9 | Spain | 150.361 | 22.690 | 15,09% |
10 | France | 309.259 | 46.331 | 14,98% |
11 | Croatia | 6.519 | 941 | 14,43% |
12 | Italy | 166.844 | 18.716 | 11,22% |
13 | Cyprus | 3.578 | 124 | 3,48% |
14 | Latvia | 4.708 | 276 | 5,86% |
15 | Lithuania | 6.172 | 405 | 6,56% |
16 | Luxembourg | 6.251 | 969 | 15,50% |
17 | Hungary | 14.065 | 3.037 | 21,59% |
18 | Malta | 1.252 | 205 | 16,38% |
19 | Netherlands | 105.001 | 17.628 | 16,79% |
20 | Austria | 52.894 | 8.191 | 15,49% |
21 | Poland | 78.186 | 6.295 | 8,05% |
22 | Portugal | 20.151 | 2.585 | 12,83% |
23 | Romania | 20.458 | 2.156 | 10,54% |
24 | Slovenia | 5.580 | 1.649 | 29,56% |
25 | Slovakia | 11.078 | 1.637 | 14,78% |
26 | Finland | 38.639 | 5.338 | 13,81% |
27 | Sweden | 81.865 | 16.393 | 20,02% |
00 | Xxxxxx Xxxxxx | 314.062 | 73.576 | 23,43% |
Elaborazione Ufficio studi OICE su dati Eurostat
Il secondo elemento riguarda il numero e il valore delle gare superiori alle soglia UE dei 214.000 euro in Italia rispetto agli altri Paesi.
Numero dei bandi pubblicati nella gazzetta comunitaria dai primi cinque paesi
Nazione | Anni | ||||||
2017 | 2018 | 2019 | 2020 | 2020 (xxxx xxxx) | 2021 (otto mesi) | ||
1 | Germania | 5.853 | 7.023 | 8.939 | 9.974 | 6.424 | 6.679 |
2 | Francia | 7.060 | 7.008 | 7.749 | 7.377 | 4.729 | 5.605 |
3 | Polonia | 3.053 | 3.827 | 4.117 | 4.511 | 2.578 | 1.571 |
4 | Svezia | 1.241 | 1.262 | 1.391 | 1.347 | 811 | 927 |
5 | Italia | 963 | 1.152 | 1.330 | 1.529 | 980 | 964 |
Totale primi cinque paesi | 18.170 | 20.272 | 23.526 | 24.738 | 15.522 | 15.746 | |
Totale Paesi UE | 26.392 | 29.179 | 34.035 | 36.200 | 22.641 | 22.737 |
Elaborazione Ufficio studi OICE
Il dato dei primo otto mesi fa chiaramente comprendere come in Italia l’entità dei grandi investimenti pubblici (di cui si affidano progettazioni) sia ben al di sotto rispetto a paesi simili ai nostri come Francia e Germania che è prima con 6.679 gare, +4.0% rispetto al 2020, seguita da Francia (5.605 gare, +18,5%), Polonia (1.571 - 39.1%). L’Italia con 964 gare (-1.63%) è al quinto posto. Nei primi otto mesi del 2021 la Germania risulta aver pubblicato il 29,4% del totale dei bandi apparsi sulla gazzetta comunitaria (al netto di quelli banditi dalla Commissione), la Francia il 24,7%, la Polonia il 6,9%, l'Italia solo il 4,2%.
L’esigenza di definire interventi di riforma dell’assetto normativo che non pregiudichino le dinamiche interne del nostro mercato già era avvertita anni fa; vale ancora di più oggi quanto meno nell’ambito dei servizi di ingegneria e architettura dopo che il 2020 - alla luce dei dati del nostro Osservatorio sulle gare pubbliche di ingegneria e architettura attivo dal 1994 - nonostante la pandemia, ha chiuso con la domanda pubblica di progettazione che ha registrato un +82,0% in valore e un +10,5% in numero sul 2019. I primi otto mesi del 2021 confermano questo trend di aumento rispetto ai primi otto mesi del 2020: +14,7% in valore e +22,4%in numero.
In questo quadro generale, positivo per il settore, l’ennesima riforma del codice appalti, anche in quanto inserita nel quadro delle riforme richieste dal Next generation UE, deve a nostro avviso - ancora di più
- creare le condizioni per una maggiore capacità di spesa delle risorse pubbliche e questo attraverso azioni volte, in prima istanza, ad introdurre elementi di forte innovazione e modernizzazione, a partire dalla semplificazione delle procedure.
Altrettanto decisivo sarà poi puntare ad una forte riduzione degli oneri economici e amministrativi che oggi gravano sui partecipanti e sui soggetti aggiudicatari, anch’essi perseguibili tramite il ricorso ad una forte dose di digitalizzazione dei processi.
Siamo poi dell’avviso che per qualsiasi opera pubblica sia essenziale il perseguimento dei più alti livelli qualitativi della progettazione affinché si raggiunga il massimo livello di efficienza della spesa pubblica.
La realizzazione di questo obiettivo - ovviamente - dipende innanzitutto dai progettisti, che devono sempre più continuare ad investire in formazione del personale, in innovazione e ricerca, ma coinvolge in misura forse ancora maggiore la Pubblica Amministrazione che deve essere in grado di dialogare in maniera appropriata e consapevole con i soggetti esterni (progettisti e imprese) e, per questo, deve essere rinnovata e ammodernata nei propri Uffici tecnici.
Siamo invece assolutamente contrari ad ipotesi di “Centrali” o “Strutture” di progettazione per risolvere i problemi di progettualità nelle pubbliche amministrazioni in particolare negli enti locali, lo abbiamo detto nel 2018 e lo ribadiamo oggi con forza e siamo da sempre convinti che incentivi ai tecnici delle PP.AA. debbano essere dati per la fase di programmazione e controllo (mai per quella di progettazione), premiando chi governa le procedure (i RUP) in maniera efficiente sotto il profilo dei tempi e dei costi programmati.
Nessuno nega – come accennato - l’esigenza di rafforzare i ruoli tecnici delle Amministrazioni, ma ciò va fatto per le fondamentali fasi di programmazione e controllo del processo di esecuzione delle opere pubbliche e non per attività di progettazione in house: si rischierebbe
di riproporre modelli statalisti, certamente anacronistici, più onerosi e senza eguali in Europa.
Anche da punto di vista tecnico riteniamo anacronistico, nell’era digitale del BIM, centralizzare l'attività progettuale in tante strutture locali (anche “costituite da professionisti esterni indipendenti”), mettendo all'angolo gli operatori privati che investono in formazione, innovazione, ricerca per competere sul mercato. La via maestra per acquisire progetti deve essere quella del sano confronto competitivo sul mercato per vagliare la qualità delle proposte e non strutture pubbliche o pubblico/private. I privati, sempre scelti in gara, possono semmai essere utilizzati in strutture di project management a supporto dei RUP, come diremo più avanti.
Va invece molto bene investire risorse per un corposo piano di formazione delle stazioni appaltanti che dovranno imparare a “leggere” i nuovi progetti in BIM.
In questa dinamica fra P.A. e soggetti esterni, ribadiamo come principio generale, da rendere espresso e palese nella delega, che la Pubblica Amministrazione debba essere fortemente indirizzata sulla fase di gestione dei processi, lasciando al mercato i profili tecnici legati alla progettazione per i quali l’esperienza e la costante necessità di innovazione e formazione vede chi opera sul mercato naturalmente più preparato e pronto a rispondere alla domanda.
In altre parole, crediamo in uno Stato che non debba progettare o fare direzione lavori come nei decenni passati, ma in uno Stato che sappia soprattutto gestire i complessi iter procedurali e i rapporti con gli affidatari e che quindi sia impegnato a pianificare, programmare, monitorare e fare eseguire nei tempi e nei costi le opere appaltate, lasciando a chi sta sul mercato (nazionale e internazionale) il compito di svolgere quei compiti tecnici che soltanto sul mercato possono essere svolti con efficienza e economicità per il committente.
Con riferimento al tema della stretta aderenza alle direttive europee, positivamente richiamato nel disegno di legge delega, si
segnala che la disciplina eurounitaria definisce livelli di regole e vincoli diversificati per le singole materie sulle quali interviene e l’applicazione di queste regole a tutte le tipologie di contratti non sempre determina risultati coerenti. Inoltre, per la parte dell’esecuzione del contratto, la normativa UE risulta del tutto carente e quindi l’eventuale scelta di utilizzare le sole direttive europee, come già detto in passato, determinerebbe un vuoto normativo a livello primario particolarmente negativo. Nei suoi effetti sull’andamento del mercato.
Si condivide la necessità di indirizzare il legislatore delegato alla definizione di un quadro di normazione primaria fondato su un codice snello e aderente alla normativa UE, ma che sia opportunamente adattato alla realtà del mercato nazionale, mettendo a punto quindi livelli di regolazione coerenti rispetto alle diverse tipologie e importi dei contratti.
Molto potrà e dovrà essere definito con il regolamento attuativo del codice: l’esperienza del primo regolamento della legge quadro sui lavori pubblici, molto corposo perché la prima legge quadro era certamente ben più snella dell’attuale codice, andrebbe recuperata nella sua impostazione.
Quindi: codice snello e disciplina secondaria di dettaglio, con un livello di approfondimento coerente anche con il livello di discrezionalità che si intende lasciare alla stazione appaltante. Il tutto però con un ruolo svolto dall’ANAC di vigilanza ma soprattutto collaborativo nei confronti di tutti gli operatori, fondato su disciplinari-tipo e contratti-tipo vincolanti.
2. I limiti del Codice dei contratti e i punti da inserire o modificare nel ddl delega
Nessuno può negare che diversi punti del codice abbiano creato alcune criticità, ma bisogna discernere con attenzione le vere criticità da quelle. Dobbiamo infatti essere consapevoli che diversi punti cardine della riforma del 2016 si sono incagliati per le “auto difese del Sistema” che non ha consentito di portare a termine importanti principi di quella complessa versione del codice;
per tutti la qualificazione e la riduzione delle stazioni appaltanti, la semplificazione della fase di gara che adesso vedremo se sarà finalmente attuato con il cd. “Fasciolo virtuale” dell’operatore economico previsto dal decreto semplificazioni nell’ambito della Banca dati nazionale dei contratti pubblici, rendendo finalmente effettiva l’idea, giusta, che era alla base del cd. AVCPASS.
Su quest’ultimo aspetto - per inciso - siamo dell’idea che sia da perseguire direttamente la via del “fascicolo virtuale”, evitando ulteriori sovrastrutture e costi che potrebbero derivare da eventuali estensioni del sistema Soa anche ai servizi di progettazione.
In ogni caso è evidente che occorre assolutamente mettere mano alla disciplina: ne è prova anche il numero di procedure di infrazione di questi ultimi anni.
Ciò detto, emerge la necessità di procedere con particolare cautela, non ripetendo errori del passato ma soprattutto evitando di determinare brusche frenate della domanda pubblica in un momento così delicato.
Due sono stati i problemi fondamentali che ha scontato il codice del 2016: l’assenza di una congrua disciplina transitoria e la “scommessa” sulla soft law.
Per quanto riguarda il primo punto sarà sufficiente prevedere un
adeguato periodo transitorio.
Per quel che attiene il secondo aspetto (la disciplina attuativa del codice) due anni fa si è giustamente scelto di tornare al regolamento del codice superando l’esperienza della soft law. Sarà quindi opportuno, in sede regolamentare, fare comunque tesoro dell’esperienza accumulata in questi cinque anni a partire dall’esigenza di scorporare dal resto della normativa (altri servizi e forniture) la disciplina dei lavori pubblici e della progettazione (e degli altri servizi tecnici ad essa connessi). Sarà poi opportuno recuperare comunque quanto già fatto in questi cinque anni, adattando la disciplina regolamentare al codice novellato. Riteniamo quindi che si possa in futuro procedere alla raccolta in un unico testo regolamentare di tutte le parti dei decreti e delle linee guida varati fino ad oggi e delle linee guida dell’Autorità.
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In linea generale ribadiamo quindi l’esigenza per il settore di regole certe e chiare con una disciplina “cornice” una normazione secondaria di dettaglio si spera, stabile nel tempo. Tutto ciò dovrebbe portare a certezza del diritto e minore contenzioso.
Il fil rouge di questa operazione dovrà essere a nostro avviso quello di soddisfare l’esigenza di certezza e cogenza delle regole, unitamente ad una forte semplificazione delle procedure, che non tocchi però i principi generali di trasparenza e concorrenza.
In linea generale, l’attuale disegno di legge appare connotato da criteri in alcuni casi molto generici. Riteniamo quindi che il ddl possa essere migliorato sia definendo meglio alcuni principi e criteri direttivi, sia integrandolo con altri.
Certamente sarà opportuno non ripetere l’esperienza della legge delega 11/2016, di estremo dettaglio e altamente vincolante per il legislatore delegato, ma un’opportuna via mediana fra l’esperienza passata e quella attuale è auspicabile.
Per quanto riguarda le proposte OICE, riteniamo che sia necessario
tenere conto nei criteri di delega dei seguenti punti:
a) rafforzamento ANAC per il precontenzioso, i bandi-tipo e i contratti-tipo
Premesso quanto detto sull’attuazione del “fascicolo virtuale”, nel disegno di legge si fa riferimento alla necessità di rafforzare i sistemi di deflazione del contenzioso.
L’utilità indiscussa dei pareri di precontenzioso ANAC, sotto il profilo dell’effetto deflattivo del contenzioso di fronte al Tar, ha come contraltare negativo quello dei tempi in cui l’Autorità rende i pareri. Occorre quindi rafforzare l’ANAC affinché possa svolgere in maniera più celere questo importante ruolo.
Occorre poi insistere su due importantissimi compiti che l’ANAC a nostro avviso deve svolgere: la redazione di bandi-tipo e contratti-tipo, strumenti fondamentali non solo per evitare contenziosi, ma soprattutto per il riequilibrio del rapporto fra P.A. e operatori economici.
b) separazione fra progettazione e costruzione: no all’appalto integrato liberalizzato, sì alla sua regolamentazione
Premesso che l’istituto dell’appalto integrato costituisce uno strumento di particolare utilità in tutti i casi in cui realmente vi sia una effettiva necessità che l’impresa di costruzioni apporti il proprio know how e le proprie tecnologie all’interno della progettazione esecutiva, in un rapporto virtuoso e corretto con il progettista indicato o associato, l’OICE ritiene però che il principio generale della separazione dei ruoli fra progettista e costruttore che è stato alla base della riforma del 2016 debba essere preservato, come elemento di assoluta trasparenza, a garanzia e nell’interesse di tutti gli operatori del settore e della qualità del progetto.
E questo lo ribadiamo anche oggi, a valle di una fase storica in cui tale principio, progressivamente (fino al decreto “sblocca cantieri” del 2019 e ai recenti decreti 76/2020 e 77/2021), è stato in larga misura superato con la sospensione della norma che imponeva l’obbligo di affidare i lavori sulla base del progetto esecutivo.
I risultati dell’allentamento del principio contenuto nel codice del 2016 si sono visti in particolare in quest’ultimi anni in cui abbiamo assistito ad un sempre maggiore ricorso all’appalto integrato che, in valore, è passato dal 9,8% del totale del valore della progettazione messa in gara nel 2019 in Italia dalle Amministrazioni pubbliche, al 17,8% nel 2020, fino ad attestarsi anche nei primi otto mesi del 2021 al 17,1% del totale del mercato della progettazione. Allargando l’orizzonte, si è passati dal 2017 quando l’Osservatorio OICE rilevava 106 gare all’anno per appalti integrati, con un importo di lavori di 1,3 mld. di euro, al 2020 quando i bandi sono stati 505 per il valore di 9,6 mld di euro. Anche il 2021, negli otto mesi, segna un incremento rispetto ai dati del 2020 (+39,7% in numero e
+31,8% in valore).
L’esperienza che hanno fatto i nostri associati in questi anni, operando a fianco delle imprese (come progettisti) non depone a favore dell’utilità del ricorso a questo strumento per assicurare rapidità di realizzazione e contenimento di costi.
Non è vero poi che con l’appalto integrato si evita il contenzioso perché l'impresa ha naturalmente l'interesse ad inserire riserve che, poi, la stazione appaltante accetterà necessariamente per non ammettere che il progetto definitivo che ha predisposto, approvato e validato non andava bene.
Così come i presunti snellimenti della fase approvativa non hanno trovato – a quanto ci viene segnalato - alcun riscontro nella realtà per diverse ragioni: la modifica (a volte radicale) nelle scelte/decisioni della SA; la progettazione a base di gara inadeguata o manchevole di alcune parti fondamentali; le forti differenze di importo opere tra base di gara e progetto sviluppato dall'appaltatore. Queste ragioni portano a lunghi ed accesi confronti per la validazione ed approvazione del progetto esecutivo.
c) riduzione del numero delle stazioni appaltanti e loro qualificazione
E’ questo un punto previsto nei criteri di delega che, se possibile, andrebbe anche rafforzato definendo tempistiche realistiche entro le quali realizzare l’obiettivo. L’eccessivo numero di stazioni appaltanti è infatti fonte di disomogeneità applicative e di enormi oneri per gli operatori economici che spesso sono costretti a tenere conto di regole e prassi operative diverse. E’ quindi necessario mantenere l’obiettivo di accorpamento e aggregazione della domanda.
Allo stesso modo è necessario confermare la disciplina sulla qualificazione delle stazioni appaltanti che deve essere al più presto perfezionata e attuata con rigore e speditezza.
d) trasparenza dell’azione amministrativa e concorrenza fra gli operatori economici: ridurre affidamenti diretti La previsione di sistemi ad evidenza pubblica, più o meno procedimentalizzati, ha garantito negli anni (a partire dal
lontano 1992) lo sviluppo di un mercato trasparente e concorrenziale, a tutela dell’interesse pubblico e della collettività.
In quest’ultimo anno l’inserimento di elementi di forte flessibilità con l’affidamento diretto passato da 40.00 a 75.000 e da qualche mese a 139000 euro, accompagnato dal ricorso generalizzato alla procedura negoziata fino alla soglia UE, ha indebolito i presidi di trasparenza (-50% gare fino a 139.000 e
-30% gare sopra soglia di progettazione) e alimentato un sistema che punta alla semplificazione procedurale senza spesso garantire qualificazione degli operatori economici affidatari. Sul tema della scelta di operatori economici sulla base di esperienza e competenza tecnico-professionale il ddl delega dovrebbe intervenire per rispetto ai principi di efficacia della spesa pubblica e buon andamento dell’azione amministrativa, riportando il tetto per gli affidamenti diretti al livello dei 40.000 euro, uscendo quindi dalle regole dettate dal post pandemia e dal PNRR.
e) scelta del progettista con l’OEPV e non con il criterio del prezzo più basso
E’ necessario ribadire con forza che una progettazione di qualità non solo non può essere affidata con una trattativa o con una selezione basata soltanto sul prezzo come è stato previsto un anno fa con il decreto 76/2020 per le gare sopra soglia UE e come accade in larga parte del mercato nazionale (fino a 139.000 euro). Le offerte dei prestatori di servizi di ingegneria e architettura devono essere valutate con riguardo alla qualità delle soluzioni proposte e non con riguardo al solo elemento prezzo che, purtroppo, anche con l’OEPV finisce spesso per essere, sia pure limitatamente ad un peso ridotto, l’elemento decisivo nell’aggiudicazione del contratto. E qui si pone anche il tema dell’individuazione di meccanismi che riducano il ribasso sulla componente prezzo.
f) equo compenso e idonea stima dei corrispettivi a base di gara
L’introduzione dell’obbligo di applicazione del decreto 16 giugno 2016 (c.d. decreto parametri) ha solo in parte limitato i comportamenti delle stazioni appaltanti tesi a sottostimare le prestazioni da affidare e ha ridato slancio alla domanda pubblica. Nella prassi applicativa e nella giurisprudenza si è fatto strada un orientamento che individua il citato decreto come un elemento di puro riferimento, nella sostanza derogabile dalle stazioni appaltanti che spesso (si stima in oltre il 40% dei casi) arrivano ad applicare riduzioni del 40/50% rispetto ad una corretta stima del corrispettivo posto a base di gara. Si tratta di un tema legato strettamente a quello dell’equo compenso, che innanzitutto deve partire da una stima corretta dell’importo a base di gara, per poi essere gestito e attuato con meccanismi di contenimento dei ribassi. Ancora oggi si vedono addirittura bandi di gara che non prevedono corrispettivi per i professionisti affidatari ma soltanto meri rimborsi spese nel presupposto che l’affidamento è elemento di promozione del soggetto che riceve l’incarico. Tutto questo viola la legge sull’equo compenso e penalizza soprattutto i giovani professionisti e le piccole organizzazioni di ingegneria che si affacciano sul mercato. Bisogna quindi integrare la delega con un esplicito riferimento a queste tematiche.
g) limitazione dei ribassi eccessivi: “punteggio soglia”, limite prezzo al 20%, o prezzo fisso
I ribassi medi delle gare di progettazione si collocano sul 40%, con punte anche del 60/70%. I ribassi eccessivi mortificano la qualità delle offerte. E’ necessario, non certo nella delega ma in prospettiva, riportare il livello massimo di punteggio per l’offerta economica al 20% (oggi al 30%) come previsto prima del decreto 56/2017. Una misura importante per ridurre l’impatto del prezzo all’interno dell’OEPV sarebbe poi l’obbligo di applicare il punteggio soglia per le offerte economiche: si aprono le buste economiche soltanto per le offerte che
abbiano superato un predeterminato punteggio per la valutazione tecnica. Più in generale e nella normativa di dettaglio si ritiene necessario che siano date indicazioni affinché siano utilizzate formule per la massima riduzione del peso delle offerte di maggiore ribasso attraverso l’applicazione di formule bilineari. Infine si fa presente la possibilità, in alternativa, di esperire gare con prezzo fisso e invariabile (calcolato sulla base del c.d. “decreto parametri”), ipotesi peraltro contemplata anche dall’articolo 67, comma 2 della direttiva UE 24/2014.
h) promozione e revisione della disciplina dell’accordo quadro, un valido strumento per lo sviluppo dell’offerta ma da rivedere
L’applicazione degli accordi quadro nel settore dei servizi di ingegneria e architettura disposta dal decreto legislativo 50/2016, ha visto concentrarsi su questo strumento procedurale (che assicura una certa continuità di lavoro all’aggiudicatario e molta flessibilità alla stazione appaltante) una parte sensibile della domanda pubblica
L’esperienza applicativa di questi anni conferma l’utilità dello strumento e la necessità di promuoverne sempre l’utilizzo, ma anche la necessità di introdurre alcuni correttivi.
In particolare, de iure condendo, occorrerà:
- determinare l’oggetto degli affidamenti – per casi di ripetitività e standardizzazione delle prestazioni – che devono essere effettuati nell’arco della durata dell’accordo, stimando correttamente i corrispettivi con riferimento alla tabella Z2 del d.m. 17.6.2016 (c.d. decreto parametri); in tale modo si evitano successive rinegoziazioni in fase di attivazione dei singoli contratti;
- prevedere che la stazione appaltante sia vincolata ad attivare ogni anno almeno una determinata percentuale del valore annuale dell’accordo;
- applicare la cauzione definitiva sui singoli contratti attuativi e non sull’importo globale dell’accordo.
i) rendere meno onerosa e complessa la partecipazione alle gare
Occorre ridurre gli oneri amministrativi per gli operatori economici (e gli obblighi di acquisizione d’ufficio da parte delle stazioni appaltanti) mettendo al più presto on-line la banca dati delle referenze necessarie per partecipare alle gare (BDNOE) e quindi il cd. “Fascicolo virtuale” di ogni operatore economico, semplificando la non felice esperienza di Xxxxxxx, anche per assicurare controlli rapidi e certi sui requisiti dei concorrenti.
l) promuovere il ricorso a servizi di project and construction management
L’esigenza di assicurare la massima efficacia ed efficienza della spesa pubblica, di rispettare i limiti di tempo e di costi e quindi di evitare spreco di denaro pubblico, anche in ottica Pnrr può essere raggiunta attraverso l’applicazione di tecniche di controllo dei tempi e dei costi affidate a project manager, così come accade nel settore delle costruzioni con committenza privata. Per fare ciò occorre agire con un piano di formazione del personale della P.A. e, parallelamente, introdurre l’obbligo di nomina di un project manager esterno alla P.A. e a suo supporto del RUP, per opere complesse e di particolare importanza (es. oltre 100 milioni), scelto con procedure ad evidenza pubblica, come avviene usualmente a livello internazionale e nel settore privato, per garantire tempi e costi dell'investimento.
m) rivedere la disciplina sulle garanzie e le assicurazioni
Le direttive UE e il codice hanno stabilito che si può provare il requisito di capacità economico-finanziaria (alternativo al fatturato quinquennale per servizi) con la produzione di una polizza assicurativa r.c. professionale. Ciò per agevolare la partecipazione alle gare anche e soprattutto delle P.M.I. e dei professionisti e studi che si affacciano sul mercato. Ciononostante, le amministrazioni, in questi ultimi mesi hanno applicato questa possibilità chiedendo massimali commisurati
all’importo dei lavori (invece che a quello dei servizi) con il risultato di restringere eccessivamente la partecipazione alle gare. E’ necessario quindi prevedere che il massimale della polizza non superi l’importo del servizio da affidare, così come avviene nel resto d’Europa.
n) rendere certi i tempi di svolgimento delle gare
Nel disegno di legge si parla (lettera f del comma 2 dell’articolo 1) della riduzione dei tempi di gara. Si condivide tale riferimento e si suggerisce di introdurre anche elementi di responsabilizzazione della P.A.. E’ opportuno infatti ripristinare condizioni di parità fra P.A. e operatori economici: come il concorrente deve inviare le offerte entro un termine perentorio, così le stazioni appaltanti devono concludere le operazioni di gara entro termini certi (contenziosi permettendo).
o) definire le regole della partecipazione alle gare di Università, enti di ricerca, onlus e fondazioni
E’ materia oggetto di esame anche del ddl legge europea ma occorre ricondurre ad unità di disciplina quanto definito dalla giurisprudenza europea e nazionale, rispettando criteri di non discriminazione rispetto a chi opera professionalmente sul mercato dei contratti pubblici.
p) prevedere la consultazione pubblica degli stakeholders prima dell’adozione della proposta di decreto delegato
Occorre a nostro avviso assicurare il pieno e trasparente coinvolgimento dei rappresentanti degli operatori economici e delle pubbliche amministrazioni nella definizione della proposta di decreto legislativo; e questo prima della presentazione in Consiglio dei Ministri ad opera dei Ministri competenti.
Roma, 26 ottobre 2021