Nota per Camera dei deputati Commissioni VII e XI su Schema di decreto legislativo atto n. 230 (lavoro sportivo)
Nota per Camera dei deputati Commissioni VII e XI su Schema di decreto legislativo atto n. 230 (lavoro sportivo)
Art. 2 (Definizioni)
Comma 1 “Ai fini del presente decreto, si intende:
(…)
c) Associazioni di atlete e atleti: le associazioni fra le atlete e gli atleti praticanti discipline sportive regolamentate dalla medesima Federazione, aventi lo scopo di tutelare gli interessi collettivi degli atleti e delle atlete che vi aderiscono;
d) Associazioni di tecnici: le associazioni fra i tecnici di discipline sportive regolamentate dalla medesima Federazione, aventi lo scopo di tutelare gli interessi collettivi dei tecnici che vi aderiscono;
(…)”.
Se è vero che atleti e tecnici rappresentano le c.d. componenti tecniche, occorre osservare che l’impianto normativo attuale vede il coinvolgimento, quantomeno nel settore calcistico, anche dell’associazione rappresentativa dei direttori sportivi e segretari (ADISE): peraltro, laddove all’art. 25 si elencano le figure di lavoratore sportivo, si continua a far riferimento al direttore tecnico e al direttore sportivo. Posto che andrà chiarito l’ambito di riferimento del “direttore tecnico” (ovvero se rientri tra i “tecnici” e debba dunque ritenersi rappresentato dalla relativa associazione), dovendo il rapporto di lavoro del c.d. lavoratore sportivo svolgersi nella cornice normativa individuata dall’accordo collettivo stipulato dall’associazione di riferimento, non si vede come possa non citarsi quella relativa ai direttori sportivi.
PROPOSTA: inserire tra le definizioni le associazioni rappresentative di tutti i soggetti elencati
dall’art. 25.
Comma 1 “Ai fini del presente decreto, si intende:
(…)
Direttore sportivo: il soggetto che cura l’assetto organizzativo e amministrativo di una società sportiva, con particolare riferimento alla gestione dei rapporti fra società, atleti e allenatori, nonché la conduzione di trattative con altre società sportive aventi ad oggetto il trasferimento di atleti, la stipulazione delle cessioni dei contratti e il tesseramento;
(…)”.
Il riferimento all’ambito “amministrativo” pare riferito ad ambito diverso da quello meramente tecnico-sportivo. Il riferimento alla “stipulazione delle cessioni” è già ricompreso nel riferimento a “la conduzione di trattative con altre società sportive aventi ad oggetto il trasferimento di atleti”, pertanto può essere abrogato.
PROPOSTA: modificare la norma in funzione dei rilievi predetti.
Art. 13 (Costituzione e affiliazione delle società sportive professionistiche)
Comma 1 “Le società sportive professionistiche sono costituite nella forma di società per azioni o di società a responsabilità limitata. È obbligatoria la nomina del collegio sindacale”.
L’art. 2477 c.c., a seguito della modifica intervenuta con L. 4 aprile 2012, n. 35 (di conversione del
D.L. 9febbraio 2012, n. 5), prevede che l’organo di controllo possa essere costituito da un solo membro effettivo, mentre la disposizione previgente individuava l’organo di controllo nel Collegio Sindacale.
Alla luce di ciò, pur nel mancato richiamo all’art. 2477 c.c. (corretto in quanto riferito unicamente alle s.r.l. e non alle s.p.a.), si ritiene che la norma debba prevedere la possibilità che, ferma l’obbligatorietà dell’organo di controllo per tutte le società militanti in ambito professionistico, sia nominato un sindaco unico.
Occorre poi rilevare la necessità di un coordinamento con la norma attualmente in vigore con riguardo al tema della revisione, ovvero l’art. 1 co. 644 L. 30 dicembre 2018,n. 145.
Sulla revisione sarebbe opportuno, sempre per chiarezza, riportare nel presente contesto normativo la norma, auspicabilmente modificandola in quanto sarebbe più equilibrato prevedere incarichi di revisione triennali con massimo due rinnovi (nove anni totali), come già avviene in altri casi nel nostro ordinamento, e non incarichi triennali senza rinnovo (se non dopo il decorso di un nuovo triennio). Ciò anche perché spesso le società sportive fanno parte di gruppi, con la conseguente necessità di uniformare l’organo di revisione all’interno del gruppo, evitando di avere per la società sportiva una società di revisione che cambia triennalmente a fronte di norme che consentono incarichi ben più estesi per l’intero gruppo.
PROPOSTA: modificare la norma in funzione dei rilievi predetti, in particolare facendo unicamente riferimento all’obbligatorietà della nomina dell’organo di controllo ovvero aggiungendo il riferimento all’organo monocratico ove consentito dalla legge.
Comma 2 “L’atto costitutivo prevede che la società possa svolgere esclusivamente attività sportive
ed attività ad esse connesse o strumentali”.
Se le attività inerenti stadi e impianti sportivi possono dirsi tutte connesse e strumentali, compresa la gestione in senso ampio di questi spazi e impianti (“entertainment”, spazi commerciali, ecc.), di proprietà o in concessione, non sussistono osservazioni.
Comma 3 “L’atto costitutivo prevede altresì che una quota parte degli utili, non inferiore al 10 per
cento, sia destinata a scuole giovanili di addestramento e formazione tecnico-sportiva”.
Dal punto di vista pratico trattasi di norma, già oggi prevista dal comma 3 dell’art. 10 L. 91/1981, che non è mai stata chiara nell’applicazione concreta. In ambito calcistico, le stesse raccomandazioni contabili FIGC prevedono la specifica denominazione della riserva in parola, da riportare nei bilanci, ma non ne spiegano l’effettivo funzionamento (utilizzo) contabile. Appare più una disposizione che voleva introdurre un principio (oggi presente in modo molto più concreto ad esempio nel decreto Melandri in tema di mutualità generale) ma errandone il metodo.
PROPOSTA: abrogazione della norma in parola.
Comma 7 “Negli atti costitutivi delle società sportive professionistiche è prevista la costituzione di un organo consultivo che provvede, con pareri obbligatori ma non vincolanti, alla tutela degli interessi specifici dei tifosi. L’organo è formato da non meno di tre e non più di cinque membri, eletti ogni tre anni dagli abbonati alla società sportiva, con sistema elettronico, secondo le
disposizioni di un apposito regolamento approvato dal consiglio di amministrazione della stessa società, che deve stabilire regole in materia di riservatezza e indicare le cause di ineleggibilità e di decadenza, tra le quali, in ogni caso, l’emissione nei confronti del tifoso di uno dei provvedimenti previsti dall'articolo 6 della legge 13 dicembre 1989, n. 401, o dal codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, ovvero di un provvedimento di condanna, anche con sentenza non definitiva, per reati commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive. Sono fatti salvi gli effetti dell’eventuale riabilitazione o della dichiarazione di cessazione degli effetti pregiudizievoli ai sensi dell'articolo 6, comma 8-bis, della citata legge n. 401 del 1989. L'organo consultivo elegge tra i propri membri il presidente, che può assistere alle assemblee dei soci. Le società sportive professionistiche adeguano il proprio assetto societario alle disposizioni del presente comma entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto”.
Come noto, i vigenti commi 7 e 8 L. 91/1981 sono stati aggiunti dalla L. 8 agosto 2019, n. 86 (entrata
in vigore 31 agosto 2019). Il D.L. 162/2019 (c.d. “Milleproroghe”), convertito in L. 28 febbraio 2020,
n. 8, ha poi prorogato l'entrata in vigore della disposizione riferita all’organo consultivo dei tifosi (“In materia di sport, si proroga a 18 mesi dal 31 agosto 2019 il termine entro cui le società sportive professionistiche devono prevedere nei propri atti costitutivi un organo consultivo che provvede alla tutela degli interessi specifici dei tifosi”) al 31 marzo 2021.
Appare evidente l'unicità oltre che l’anomalia della previsione nel quadro normativo statuale in termini di obbligatorietà di organi consultivi all'interno di società di capitali a partecipazione privata. PROPOSTA: abrogazione integrale della previsione in commento.
Comma 10 “Avverso le decisioni della Federazione Sportiva Nazionale è ammesso ricorso alla Giunta del CONI, che si pronuncia entro sessanta giorni dal ricevimento del ricorso”.
L’art. 12 bis Statuto CONI (rubricato “Collegio di Garanzia dello Sport”) prevede al comma 1 che “È istituito presso il CONI, in posizione di autonomia e indipendenza, il Collegio di Garanzia dello Sport, organo di ultimo grado della giustizia sportiva, cui è demandata la cognizione delle controversie decise in via definitiva in ambito federale, ad esclusione di quelle in materia di doping e di quelle assunte dal Giudice sportivo o dalla corte sportiva d’Appello che hanno comportato l’irrogazione di sanzioni tecnico-sportive di durata inferiore a novanta giorni o pecuniarie fino a 10.000 euro”, e al comma 2 che “È ammesso ricorso al Collegio di Garanzia dello Sport avverso tutte le decisioni non altrimenti impugnabili nell’ambito dell’ordinamento sportivo emesse dagli organi di giustizia federale esclusivamente per violazione di norme di diritto, nonché per omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia che abbia formato oggetto di disputa tra le parti”.
La formulazione proposta, riportante la formulazione del vigente art. 10 co. 11 L. 91/1981, pare anacronistica in funzione del suddetto art. 12bis Statuto CONI, che individua la competenza del Collegio di Garanzia dello Sport.
PROPOSTA: modificare la norma in funzione dei rilievi predetti.
Art. 15 (Tesseramento)
Comma 1 “Con l’atto di tesseramento l’atleta instaura un rapporto associativo con la propria
associazione o società sportiva”.
Come noto, il tesseramento è l’atto di adesione attraverso il quale il soggetto esercita il diritto di praticare l’attività sportiva nel circuito delle manifestazioni organizzate dal CONI, dalle FSN, dalle DSA, dagli EPS. La richiesta di tesseramento di norma è contenuta in un modulo di adesione, predisposto dalle singole entità, compilata e sottoscritta dai soggetti interessati. Per gli atleti è necessario l’ intervento, come inoltrante, della società o associazione sportiva: l'atleta dunque si tessera alla Federazione per il tramite della società/associazione sportiva per la quale presterà attività (tranne casi particolari, ove il tesseramento avviene direttamente nei confronti delle Federazioni, la regola è quella del tesseramento per il tramite delle società di appartenenza). Ciò vuol dire che l'atleta si vincola con la società sportiva e contemporaneamente si associa alla Federazione. Alla luce di quanto precede, si ritiene di segnalare come il rapporto associativo della persona fisica intercorra non con la società/associazione sportiva, bensì con la Federazione di riferimento, per il tramite della società/associazione sportiva.
PROPOSTA: modificare la norma in funzione dei rilievi predetti.
Comma 2 “Il tesserato ha diritto di partecipare all’attività e alle competizioni organizzate dalla Federazione Sportiva Nazionale, dalla Disciplina Sportiva Associata, dall’Ente di Promozione Sportiva di appartenenza dell’associazione o dalla società sportiva cui è associato, (…)”.
La previsione citata pare lasciar intendere che possa esserci l’ipotesi in cui l’attività/la competizione sia organizzata “dalla società sportiva cui [l’atleta, ndr] è associato”: fermo quanto precede circa il rapporto associativo tra atleta e società/associazione sportiva, si rileva come l’ipotesi prospettata non paia configurabile, in quanto l’attività/la competizione è sempre organizzata dall’ente sovraordinato. Ciò salvo che la formulazione proposta non intendesse ricomprendere anche le società sportive nel passaggio precedente, nel senso di ritenersi da formulare come segue “Il tesserato ha diritto di partecipare all’attività e alle competizioni organizzate dalla Federazione Sportiva Nazionale, dalla Disciplina Sportiva Associata, dall’Ente di Promozione Sportiva di appartenenza dell’associazione o dalla della società sportiva cui è associato, (…)”.
Ove non si trattasse di mero errore nella formulazione testuale, si rileva come la previsione in parola potrebbe limitare la contrattazione collettiva nella misura in cui, storicamente nel settore calcistico, individua quale unico diritto dell’atleta sotto il profilo della resa della prestazione, a differenza del lavoratore di diritto comune, quello di partecipare agli allenamenti e alla preparazione precampionato (vedasi art. 7 co. 1 Accordo Collettivo FIGC-LNPB-AIC “(…) In ogni caso il calciatore ha diritto di partecipare agli allenamenti e alla preparazione precampionato con la prima squadra, (…)”). Ciò, evidentemente, a salvaguardia nel necessario principio della c.d. “scelta tecnica”.
PROPOSTA: chiarire la portata soggettiva delle disposizioni richiamate con relativa codificazione
secondo l’impostazione ritenuta preferibile.
Art. 17 (Tecnici e dirigenti sportivi)
Comma 1 “Rientrano tra i tecnici gli istruttori, gli allenatori, i maestri e i selezionatori”.
La norma non menziona i preparatori atletici, sino ad oggi, in funzione dell’elencazione tassativa prevista dall’art. 2 L. 91/1981, pacificamente ricompresi tra i lavoratori sportivi professionisti al ricorrere delle altre condizioni previste, salva poi la ricomprensione nella previsione sub art. 25: quest’ultima previsione, in combinato disposto con l’assenza del relativo richiamo alla figura dei preparatori atletici nell’art. 17 co. 1, ingenera il dubbio che essi non siano da ricomprendere tra i “tecnici”.
Non vengono poi qualificati i “dirigenti sportivi”, con l’evidente difficoltà di andare ad individuare i
soggetti di riferimento.
PROPOSTA: chiarire la portata soggettiva delle disposizioni richiamate con relativa codificazione
secondo l’impostazione ritenuta preferibile.
Art. 25 (Lavoratore sportivo)
Comma 1 “È lavoratore sportivo l’atleta, l’allenatore, l’istruttore, il direttore tecnico, il direttore sportivo, il preparatore atletico e il direttore di gara che, senza alcuna distinzione di genere e indipendentemente dal settore professionistico o dilettantistico, esercita l’attività sportiva verso un corrispettivo al di fuori delle prestazioni amatoriali di cui all’articolo 29”.
La norma riporta integralmente l’elencazione prevista dall’art. 2 L. 91/1981, aggiungendovi l’istruttore tecnico e il direttore di gara. Pare dunque chiarito l’ambito di riferimento soggettivo delle figure ricomprese dall’intervento normativo in quanto afferenti all’ambito tecnico-sportivo, rimanendone dunque escluse quelle figure che sinora si sono viste contrattualizzate nell’ambito della L. 91/1981 pur afferendo la loro attività alla sfera dirigenziale/amministrativa (Direttore Generale, Segretario Generale e Sportivo).
Alla luce di ciò, non si rinviene ragione sistematica della previsione nell’art. 17 co. 2 laddove richiama i “dirigenti sportivi” senza alcun contenuto né descrittivo né precettivo (che non sia l’osservanza delle norme settoriali), salvo che con tale locuzione non si vogliano ricomprendere il direttore tecnico e il direttore sportivo.
PROPOSTA: chiarire la portata soggettiva delle disposizioni richiamate con relativa codificazione
secondo l’impostazione ritenuta preferibile.
Comma 3 “Ai fini della certificazione dei contratti di lavoro, gli accordi collettivi stipulati dalle Federazioni Sportive Nazionali, dalle Discipline Sportive Associate, anche paralimpiche, e dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative, sul piano nazionale, delle categorie di lavoratori sportivi interessate (…)”.
Gli accordi collettivi sono stipulati dalle Federazioni, dalle Leghe di riferimento e dalle associazioni dei tesserati.
PROPOSTA: modifica della norma in parola nel senso di prevedere che “Ai fini della certificazione dei contratti di lavoro, gli accordi collettivi stipulati dalle Federazioni Sportive Nazionali, dalle Discipline Sportive Associate, anche paralimpiche, e dalle organizzazioni comparativamente più
rappresentative, sul piano nazionale, delle categorie di lavoratori sportivi interessate dai rappresentanti delle categorie interessate (…)”, analogamente a quanto previsto dall’art. 4 co. 1 L. 91/1981.
Art. 26 (Disciplina del rapporto di lavoro subordinato sportivo)
Comma 1 “Ai contratti di lavoro subordinato sportivo non si applicano le norme contenute negli articoli 4, 5, 13 e 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, come successivamente modificati e
integrati, negli articoli 1, 2, 3, 5, 6, 7, 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604, come successivamente
modificati e integrati, nell’articolo 1, commi da 47 a 69, della legge 28 giugno 2012, n. 92, negli
articoli 2, 4 e 5 della legge 11 maggio 1990, n. 108, nell’articolo 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, come successivamente modificato e integrato, e nel decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23”. A questo proposito, particolarmente degno di nota è il tema riferito alle norme per il diritto al lavoro dei disabili, e dunque all’applicazione delle medesime alle società sportive professionistiche. In questo contesto si inserisce la nota prot. n. 3401 del 20 maggio 2016, con la quale il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha fornito chiarimenti inerenti la computabilità da parte delle società sportive degli sportivi professionisti. Nello specifico la nota richiamata ha evidenziato che, ai fini della determinazione del numero di soggetti con disabilità da assumere, vadano computati tra i dipendenti tutti i lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato, elencando espressamente i lavoratori non computabili e disponendo che restano salve le ulteriori esclusioni previste dalle discipline di settore: secondo il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali gli sportivi con rapporto di natura subordinata debbono essere computati, atteso che tale figura non rientra tra quelle per le quali valgono le esimenti previste dall’art. 4, comma 1, della legge n. 68/1999 e dall’art. 3 del D.P.R. n. 333/2000.
Alla luce delle modifiche introdotte da ultimo dal X.Xxx. n. 151/2015, emanato in attuazione della L.
n. 183/2014 (Jobs Act), non risultano computabili:
· i lavoratori occupati con contratto a tempo determinato di durata inferiore a 6 mesi;
· i disabili già in forza;
· i soci di cooperative di produzione e lavoro;
· i dirigenti;
· i lavoratori assunti con contratto di inserimento o reinserimento;
· i lavoratori occupati con contratto di somministrazione presso l’utilizzatore;
· i lavoratori assunti per attività da svolgersi all’estero per la durata di tale attività;
· i soggetti impegnati in lavori socialmente utili;
· i lavoratori a domicilio;
· i lavoratori che aderiscono al “programma di emersione”;
· gli apprendisti;
· i lavoratori con contratto di formazione-lavoro.
Si ricorda che i datori di lavoro che occupano più di 14 dipendenti sono assoggettati all’obbligo
assuntivo in base alla dimensione della forza lavoro impiegata:
a) da 15 a 35 unità: obbligo di assumere un disabile;
b) da 36 a 50 unità: obbligo di assumere 2 disabili;
c) oltre 150: obbligo di riservare il 7% dei posti a favore dei disabili più l’1% a favore dei familiari
degli invalidi e dei profughi rimpatriati.
C’è da segnalare per completezza di quadro portato dall'art. 5 L. n. 68/1999 ("Esclusioni, esoneri parziali e contributi esonerativi"), il quale al comma 3 stabilisce che "I datori di lavoro privati e gli enti pubblici economici che occupano addetti impegnati in lavorazioni che comportano il pagamento di un tasso di premio ai fini INAIL pari o superiore al 60 per mille possono autocertificare l'esonero dall'obbligo di cui all'articolo 3 per quanto concerne i medesimi addetti e sono tenuti a versare al Fondo per il diritto al lavoro dei disabili di cui all'articolo 13 un contributo esonerativo pari a 30,64 euro per ogni giorno lavorativo per ciascun lavoratore con disabilità non occupato".
L'INAIL, con delibera n. 560 del 2001, ha istituito, a decorrere dal 16 marzo 2000, il sottogruppo "0590 - Attività degli sportivi professionisti" nell'ambito della "Tariffa Industria", stabilendo altresì un tasso medio nazionale, mediante il quale determinare il premio assicurativo, del 79 per mille. Tale delibera è stata successivamente recepita con il Decreto del Ministero del Welfare datato 28 marzo 2002, pubblicato in G.U. n. 142 del 19 giugno 2002. L'art. 1 di tale decreto stabilisce che "è istituito, nell'ambito della tariffa industria approvata con decreto ministeriale 12 dicembre 2000, il sottogruppo "0590 Attività degli sportivi professionisti (atleti, allenatori, direttori tecnico sportivi, preparatori atletici), con il tasso medio nazionale pari al 79 per mille".
Deve osservarsi che la prestazione a titolo oneroso dell’atleta è sì oggetto di contratto di lavoro subordinato, ma regolato da norme del tutto speciali (clausola compromissoria per la risoluzione delle controversie di lavoro, specifica tutela sanitaria con la relativa scheda, regolamentazione sulla cessione dei contratti, non applicabilità di articoli fondamentali della L. 300/1970, della L. 604/1966 e della disciplina sui contratti a termine). Ci si trova dinanzi, dunque, ad un contratto subordinato atipico, caratterizzato da evidenti peculiarità.
PROPOSTA: escludere espressamente i lavoratori sportivi professionisti dal novero dei soggetti computabili ovvero rettificare l’impostazione portata dalla nota richiamata, nel senso della non computabilità degli atleti sportivi professionisti, anche sulla base di alcune considerazioni fatte proprie, in via amministrativa, dallo stesso Ministero del Lavoro:
a) specialità del rapporto di lavoro: anche per il lavoro a domicilio, il DPR 333/2000 ha adottato siffatta impostazione pur non prevista espressamente dalla legge, sulla base di un consolidato orientamento amministrativo e sul particolare estrinsecarsi della subordinazione;
b) esistenza di particolari requisiti fisici: tale concetto è stato fatto proprio dal Ministero del Lavoro con la nota n. 1238/M20 del 20 luglio 2001 con riguardo alle guardie giurate, laddove, attraverso l’assimilazione ai servizi di polizia (ed alla necessità di una particolare complessione fisica), si è addivenuti all’applicazione del “collocamento dei disabili nei soli servizi amministrativi”;
c) atipicità della prestazione: il rapporto presenta forti caratteristiche di autonomia, non trovando applicazione la normativa sulle visite di controllo per malattia, sulle sanzioni disciplinari e sui licenziamenti. Occorre ricordare che anche altri contratti atipici, sia pure per espressa disposizione di legge, sono esclusi dalla base di computo (contratti di formazione e lavoro, apprendisti, reinserimento, lavoratori già addetti in attività socialmente utili assunti a tempo indeterminato).
Art. 27 (Rapporto di lavoro sportivo nei settori professionistici)
Comma 3 “Esso costituisce, tuttavia, oggetto di contratto di lavoro autonomo quando ricorra almeno uno dei seguenti requisiti:
a) l’attività sia svolta nell’ambito di una singola manifestazione sportiva o di più manifestazioni
tra loro collegate in un breve periodo di tempo;
b) lo sportivo non sia contrattualmente vincolato per ciò che riguarda la frequenza a sedute di preparazione o allenamento;
c) la prestazione che è oggetto del contratto, pur avendo carattere continuativo, non superi otto ore settimanali oppure cinque giorni ogni mese ovvero trenta giorni ogni anno”.
Con riferimento all’ipotesi di cui alla lett. c), costituendo trasposizione della previsione oggi vigente ex L. 91/1981, permane il tema interpretativo se nel computo delle ore o dei giorni in essa indicati rientri anche il tempo impiegato per la preparazione o gli allenamenti cui l’atleta sia obbligato a partecipare (tema che pare da risolversi in senso affermativo). Quanto al contenuto normativo della disposizione in esame, permane il tema interpretativo collegato all’ipotesi in cui il contratto non dura esattamente una settimana, un mese o un anno, ma si colloca nelle fasce intermedie di tali periodi, in quanto la disposizione stessa, da un lato, sembra frazionarli assegnando a ciascuno di essi un limite proprio, mentre dall’altro indica parametri temporali differenti, le ore per le settimane e i giorni per il mese e l’anno: con riguardo a quest’ultimo punto, le alternative sono (i) considerare indifferente determinare di quante ore sia formata la giornata lavorativa dell’atleta, essendo sufficiente stabilire l’impegno lavorativo in cinque e trenta giorni, indipendentemente dal numero di ore della prestazione di ciascun giorno, oppure (ii) considerare il riferimento al giorno come corrispondente a quello delle ore che lo compongono, equivalenti a otto alla stregua dell’art. 1 della legge 17 aprile 1925, n. 473, norma di carattere generale e di conseguenza applicabile anche alla disciplina speciale del lavoro sportivo, per cui i limiti devono considerarsi superati quando le ore di lavoro prestate, ragguagliate al giorno, superano i giorni stabiliti dalla lett. c).
PROPOSTA: dirimere i temi interpretativi predetti con relativa codificazione dell’impostazione
ritenuta preferibile.
Comma 4 “Il rapporto di lavoro si costituisce mediante assunzione diretta e con la stipulazione di un contratto in forma scritta, a pena di nullità, tra lo sportivo e la società destinataria delle prestazioni sportive, secondo il contratto tipo predisposto ogni tre anni dalla federazione sportiva nazionale, dalla disciplina sportiva associata e dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, sul piano nazionale, delle categorie di lavoratori sportivi interessate, conformemente all’accordo collettivo stipulato”.
Come già rilevato nel commento sub art. 25 co. 3, gli accordi collettivi sono stipulati dalle Federazioni, dalle Leghe di riferimento e dalle associazioni dei tesserati.
PROPOSTA: modifica della norma in parola nel senso di prevedere che “Il rapporto di lavoro si costituisce mediante assunzione diretta e con la stipulazione di un contratto in forma scritta, a pena di nullità, tra lo sportivo e la società destinataria delle prestazioni sportive, secondo il contratto tipo predisposto ogni tre anni dalla federazione sportiva nazionale, dalla disciplina sportiva associata e dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, sul piano nazionale, delle
categorie di lavoratori sportivi interessate dai rappresentanti delle categorie interessate, conformemente all’accordo collettivo stipulato”, analogamente a quanto previsto dall’art. 4 co. 1 L. 91/1981.
Comma 5 “La società ha l’obbligo di depositare, entro 7 giorni dalla stipulazione, il contratto presso la Federazione Sportiva Nazionale o la Disciplina Sportiva Associata per l’approvazione. Unitamente al predetto contratto devono essere depositati tutti gli ulteriori contratti stipulati tra il lavoratore sportivo e la società sportiva, ivi compresi quelli che abbiano ad oggetto diritti di immagine o promo-pubblicitari relativi o comunque connessi al lavoratore sportivo”.
Si segnala che, pur costituendo la norma riproposizione di quanto già previsto ex art. 4 co. 2 L. 91/1981, la realtà fattuale ha da sempre individuato nel settore calcistico la competenza degli Uffici Tesseramento presso le Leghe. Peraltro, sussistono in base alla normativa regolamentare federale termini diversificati per il deposito dei contratti di prestazione sportiva a seconda che si tratti di “primo contratto” ovvero di “rinnovo”.
PROPOSTA: prevedere l’obbligo di deposito “presso gli uffici individuati dalla Federazione Sportiva Nazionale (…)”, senza indicazione del relativo termine, come peraltro avviene sulla base della norma sù citata.
Art. 31 (Abolizione del vincolo sportivo e premio di formazione tecnica)
Comma 1 “Le limitazioni alla libertà contrattuale dell’atleta, individuate come vincolo sportivo, sono eliminate entro il 1° luglio 2022. Le Federazioni Sportive Nazionali possono dettare una disciplina transitoria che preveda la diminuzione progressiva della durata massima dello stesso. Decorso il termine di cui al primo periodo del presente comma, il vincolo sportivo si intende abolito”.
Pur comprendendosi le finalità della norma in commento, occorre osservare come l’abolizione tout court del vincolo sportivo potrebbe determinare un forte disincentivo per le società negli investimenti mirati al settore giovanile, in considerazione del fatto che gli atleti non avrebbero più alcun legame con il club formatore.
PROPOSTA: mantenere il vincolo sportivo con limitazione temporale più stringente di quanto oggi previsto.