MANDATO - OBBLIGAZIONI DEL MANDATARIO - OBBLIGO DEL RENDICONTO – CONTRATTO DI GESTIONE DI PORTAFOGLI.
L’OBBLIGO DEL RENDICONTO ED IL RECESSO ANTICIPATO DEL CLIENTE NEL CONTRATTO DI
GESTIONE DI PATRIMONI.
Xxxxxxxx Xxxxxx*
Corte di Cassazione, Sez. I civ. 2 dicembre 2010, n. 24548.
Pres. X. Xxxxxxxxx – Rel. X. Xxxxxxx
MANDATO - OBBLIGAZIONI DEL MANDATARIO - OBBLIGO DEL RENDICONTO – CONTRATTO DI GESTIONE DI PORTAFOGLI.
Con riguardo al contratto di gestione individuale di patrimoni mobiliari, il rendiconto periodicamente inviato al cliente dalla società di gestione di portafogli costituisce un vero conto di gestione, ma la normativa di settore non pone alcun termine entro cui il cliente sia onerato della contestazione del rendiconto, né si dà applicazione analogica dell'art. 119 t.u.b. e dell'art. 1832
c.c. in tema di approvazione tacita dell'estratto conto bancario: pertanto, il mancato reclamo entro il termine prefissato non comporta la decadenza dal diritto di agire in responsabilità nei confronti del gestore, sebbene il comportamento complessivo del cliente, che come quello del gestore deve essere improntato a buona fede, possa essere valutato dal giudice nel contesto delle risultanze istruttorie.
SOMMARIO: 1. Annotazioni sul caso - 2. L’informazione dell’intermediario finanziario al cliente sulla gestione di patrimoni: il rendiconto di gestione negli argomenti dei giudici di legittimità - 3. Segue: alcune riflessioni sulla funzione del rendiconto di gestione e sul diritto di recesso del cliente dal contratto di gestione individuale di portafogli - 4. Il contratto di gestione individuale di patrimoni: un’ipotesi ricostruttiva.
1.- La sentenza in epigrafe si confronta con temi di notevole interesse in materia di intermediazione finanziaria soffermandosi, in particolare, su specifici profili della disciplina del contratto di gestione individuale di portafogli d’investimento. 1
1 * Dottorando di ricerca in Diritto privato presso l’Università degli Studi di Palermo
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Nel caso di specie, il cliente lamenta in giudizio la violazione dei doveri di diligenza e correttezza da parte della società di investimento (poi incorporata in un istituto bancario) con la quale aveva concluso un contratto di gestione individuale di un patrimonio mediante operazioni aventi ad oggetto valori mobiliari (ex art. 8, legge 2 gennaio 1991, n. 1, applicabile ratione temporis ai fatti di causa). 2 In particolare, chiede il risarcimento dei danni derivati da un’operazione di vendita di strumenti finanziari non corrispondente alle previsioni del contratto intercorso tra le parti.
Di converso, la banca solleva, in entrambi i gradi del giudizio di merito, eccezioni riferibili a contegni del cliente i quali avrebbero cagionato - o concorso a cagionare - l’infausto esito della gestione patrimoniale. In primo luogo, rileva l’intervenuta decadenza dell’attore dal diritto di promuovere azioni di responsabilità per mala gestio, in ragione della mancata tempestività nella contestazione dei rendiconti di gestione periodicamente ricevuti. In secondo luogo, con riguardo al merito della gestione patrimoniale, la banca sostiene che, trattandosi di rapporto di durata e tenendo conto della natura e delle caratteristiche della gestione di un portafogli di investimento, non possa in alcun modo ignorarsi l’orizzonte temporale delle scelte di investimento e l’incidenza di un imprevisto ed anticipato scioglimento del rapporto. Di conseguenza, le perdite di capitale accusate sarebbero dipese dalla decisione dell’investitore di recedere prematuramente dal contratto.
Cass. 2-12-2010, n. 24548, in Foro it., I, 2011, 423 s., con nota di F. S. Xxxxxxxxxx; in Notariato, 2011, 135 s.; in Xxxxx e resp., 2011, 329 s.; in Xxxxxxxxx, 2011, 269 s.; in Soc., 2011, 219 s.; in Nuova giur. comm., 2011, 527 s., con nota di X. Xxxxx, Sulla ammissibilità della richiesta di risarcimento del danno alla banca per gestione patrimoniale scorretta anche senza previa contestazione dell’estratto conto; in Giur. it., 2011, 1817 s., con nota di M. D’Auria, Sull’obbligo di rendiconto nella gestione di portafogli di investimento. La pronuncia reca la firma di Xxxxxx Xxxxxxx, dalla cui autorevole penna sono scaturite le note sentenze «gemelle» emesse a Sezioni Unite nel dicembre 2007: Cass. s.u. 19-12-2007, nn. 26724 e 26725, pubblicate ex multis in Foro it., I, 2008, 785 s., con nota di X. Xxxxxxxx, La violazione delle regole di comportamento dell’intermediario finanziario e le sezioni unite.
2 Nel corso della trattazione si adopereranno indifferentemente le locuzioni
«gestione di patrimoni» (contenuta nella l. n. 1/1991, recante la «Disciplina dell’attività di intermediazione mobiliare e disposizioni sull’organizzazione dei mercati mobiliari») e
«gestione di portafogli» (nel d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58: «Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria», di seguito TUF), in quanto non pare che la diversità nominalistica rechi con sé una diversità anche sostanziale delle due fattispecie negoziali: in questo senso X. Xxxxx, La gestione di portafogli tra diritto dei contratti e diritto dei mercati finanziari, Milano, 2002, 200 s.
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Respinte tali ragioni dalle Corti territoriali, la banca censura la pronunzia della Corte d’Appello di Milano insistendo nei suddetti motivi di ricorso.3
Alle cure del Supremo Consesso perviene la questione della configurabilità e, se del caso, della portata di un termine di decadenza per la contestazione da parte del cliente del contenuto del rendiconto periodico di gestione fornito dall’intermediario finanziario nell’ambito di un rapporto di gestione individuale di patrimoni.
La Cassazione condivide la premessa del ragionamento della banca ricorrente, secondo la quale il rendiconto non è mero riepilogo di dati storico-contabili, bensì costituisce vero e proprio rendiconto di gestione atto a consentire la valutazione delle modalità di svolgimento e dei risultati dell’attività di intermediazione finanziaria svolta nell’interesse del cliente. Siffatta natura del rendiconto, a parere del Collegio, discende con assoluta evidenza dalla normativa primaria e secondaria emanata tanto all’epoca dei fatti di causa quanto successivamente. 4 Le conclusioni cui perviene la Corte non coincidono però con le deduzioni difensive della banca stessa: «nessun meccanismo di approvazione implicita del conto in conseguenza dell’omessa contestazione entro uno specifico termine è previsto dalla normativa di settore, né si può postulare un’applicazione analogica delle disposizioni dettate […]»in altri rami dell’ordinamento. In altri termini, la mancata contestazione del rendiconto entro un termine prestabilito non comporta per il cliente la decadenza dal diritto di agire in responsabilità nei confronti del gestore relativamente a quel determinato torno di gestione. 5
La Corte non ritiene postulabile, anzitutto, l’applicazione in xxx xxxxxxxxx xxxxx xxxxx xx xxxxxxx di approvazione tacita dell’estratto del conto corrente bancario (secondo il combinato disposto degli artt. 1832 c.c. e 119 del Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385), attesa la diversa natura e funzione dei due istituti.
Viene altresì escluso il richiamo delle disposizioni codicistiche concernenti gli obblighi di comunicazione gravanti sul mandatario (art. 1712
3 App. Milano 17-9-2005, n. 2166: la Corte, confermando integralmente la decisione del Tribunale di Milano oggetto di gravame, aveva condannato la banca al risarcimento dei danni derivati da una specifica operazione di vendita di strumenti finanziari non corrispondente alle previsioni del contratto concluso tra le parti.
4 Cass. 2-12-2010, n. 24548, cit., parr. 1, 2 e 3.
5 Cass. 2-12-2010, n. 24548, cit., par. 4.1.
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c.c.). Il meccanismo di approvazione tacita dell’attività del mandatario previsto da questa disposizione non risulterebbe congruente con la struttura del rapporto di gestione in quanto, a parere della Corte, esso «presuppone l’esecuzione già interamente avvenuta dell’incarico affidato al mandatario stesso, laddove la valutazione periodica di una gestione patrimoniale ancora in corso è cosa affatto diversa e, proprio per il suo carattere continuativo e perdurante nel tempo, il più delle volte mal si presta ad essere approvata per segmenti temporali […]». 6
Sulla circostanza che sia la volontà negoziale a fissare in apposita clausola del contratto di gestione un termine di reclamo nei riguardi del rendiconto inviato dal gestore al cliente, la pronuncia in esame si conforma, per lo più, a quanto già deciso dalla Corte d’Appello. 7 Quest’ultima aveva escluso che la suddetta clausola ricollegasse al mancato reclamo la decadenza del cliente dalla facoltà di contestare in giudizio l’operato del gestore; ad ogni modo, aveva ritenuto che una clausola di tal foggia dovesse ritenersi vessatoria, proprio perché comportante tale meccanismo decadenziale per il cliente, e fosse pertanto bisognosa di una specifica approvazione per iscritto della parte aderente ex art. 1341, 2° comma, c.c. Approvazione che non constava in giudizio. 8
6 Cass. 2-12-2010, n. 24548, cit., par. 4.1. L’affermazione della Corte «suona» invero come obiter dictum; d’altra parte la stessa banca ricorrente ha escluso l’applicabilità dell’art. 1712 c.c.
7 Sullo sfondo si rinviene una ragione di carattere eminentemente processuale, consistente nella mancata osservanza da parte della difesa della banca del principio di autosufficienza del ricorso in Cassazione, il quale avrebbe imposto di riportare il testo della clausola contrattuale in questione e, soprattutto, di censurare sul punto la motivazione della sentenza della Corte d’Appello.
8 Si veda X. Xxxxxxx, La responsabilità degli intermediari finanziari, Napoli, 1999, 266 s., il quale riteneva che una clausola dal tenore analogo a quella del caso di specie (nella quale si prevedeva un termine di decadenza di 45 giorni per la proposizione del reclamo, decorrente dalla spedizione del rendiconto), ove inserita in un contratto di investimento stipulato con un consumatore, possa essere ricondotta alla fattispecie prevista dall’art. 1469 bis, 2° comma, n. 18, c.c. (oggi 33, 2° comma, lett. t, cod. cons.), e quindi considerata vessatoria fino a prova contraria e passibile di dichiarazione di inefficacia ai sensi dell’art. 1469 quinquies c.c. (nullità di protezione, nell’attuale formulazione dell’art. 36 cod. cons.); cfr. altresì X. Xxxxx, Sulla ammissibilità della richiesta di risarcimento, cit., 533. Giunge ad analoghe conclusioni nell’ipotesi di introduzione di clausole di questo tipo in un contratto bancario X. Xxxxxxx, Caratteristiche ed efficacia probatoria dell’estratto di conto corrente bancario, nota a Cass. 5-4-2005, n. 7087, in Notariato, 2006, 423. X. Xxxxxxx, Il mandato. Le obbligazioni del mandatario e del mandante, in I contratti di collaborazione, a cura di P. Sirena, Torino, 2011, 228, sulla eventualità che l’effetto preclusivo 18
Più in generale la Cassazione ritiene che prospettare la sussistenza di un generale principio di approvazione tacita dei rendiconti risulterebbe non coerente, sotto il profilo sistematico, con la complessiva regolamentazione del rapporto di gestione individuale di portafogli. Il favor per l’investitore - emergente dalla disciplina dei contratti per la prestazione di servizi di investimento e, segnatamente, del contratto di gestione di portafogli - non consentirebbe, quindi, di dare ingresso in via interpretativa ad una regola discrepante. Sicché il diritto del cliente a pretendere il risarcimento del danno patito a causa dell’inadempimento del gestore potrebbe essere esercitato sino all’intervenuta estinzione per prescrizione, senza che la mancata contestazione dei rendiconti di gestione prodotti nel corso del rapporto possa determinare una decadenza. 9
Con riguardo al secondo ordine di ragioni la Cassazione sancisce che, non inerendo necessariamente un termine finale al contratto di gestione, ad esso è «naturalmente connaturata la facoltà del cliente di disinvestire il proprio denaro ponendo fine al rapporto». Non è, dunque, identificabile un momento prima del quale l’esercizio di tale facoltà di recesso possa dirsi prematuro o anticipato. La decisione del cliente potrà al più essere tenuta in considerazione al fine di stabilire se ed in quale misura le perdite derivanti dalla gestione siano imputabili alla condotta negligente del gestore, qualora essa ragionevolmente appaia calibrata su un più ampio orizzonte temporale.
La pronuncia si colloca nel solco dell’unico precedente di legittimità che aveva deciso su analoga questione: in mancanza di un’apposita disciplina legislativa - al tempo, infatti, non era ancora stata varata la legge 1/1991, costituente invece il substrato normativo della fattispecie oggetto della
dell’approvazione del rendiconto da parte del mandante discenda da un’apposita clausola contenuta nel contratto di mandato, precisa che la previsione di meccanismi decadenziali, ad opera della xxxxxxxx xxxxxxxx, può rivelarsi idonea a determinare l’effetto ulteriore di un sostanziale esonero da responsabilità della banca verso il cliente. Per tali ragioni, essa rimane soggetta agli ordinari limiti di validità imposti dagli artt. 1229 e 2698 c.c. i quali, come noto,
«demoliscono» con la previsione della nullità i patti che, rispettivamente, escludono o limitano preventivamente la responsabilità del debitore ovvero che invertono o alterano la distribuzione dell’onere della prova rendendo eccessivamente difficile l’esercizio del diritto per una delle parti.
9 Cass. 2-12-2010, n. 24548, cit., par. 4.1.
10 Cass. 2-12-2010, n. 24548, cit., par. 4.3.
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sentenza in commento - la Cassazione aveva negato l’applicabilità ad un mandato di gestione di un patrimonio mobiliare del termine di dieci giorni entro il quale contestare i conti di liquidazione, previsto dall’art. 53 degli usi della borsa valori di Milano. 11 In quella decisione il Collegio escludeva l’operatività del meccanismo di incontestabilità delle risultanze del conto non impugnato previsto dall’art. 1832 c.c., in quanto attinente all’effettività contabile delle singole partite numeriche (non censurata nel caso di specie); parimenti non riteneva conducente il richiamo all’art. 1712, 2° comma, c.c., giacché esso, presupponendo l’esecuzione già compiuta di tutto il mandato, regola una fattispecie palesemente diversa rispetto a quella controversa.
2.- In via preliminare, sembra opportuno ricostruire il proscenio normativo, delineato nella disciplina di settore, che fa da sfondo alla decisione della Corte.
11 Cass. 15-1-2000, n. 426, in Foro it., I, 2002, 1160 s. (da cui in seguito si citerà), con nota di F. Di Ciommo, Clausole generali e responsabilità civile dell’intermediario mobiliare; in Contratti, 2000, 911 s., con nota di X. Xxxxxxx, Responsabilità del mandatario per la gestione azionaria. Nella vicenda oggetto della richiamata pronuncia, l’investitore lamentava la cattiva esecuzione del mandato conferito ad un agente di cambio e da questi affidato ad un remisier per la gestione di alcuni titoli azionari, contestando forti perdite ed omissione di informazioni volte a renderlo edotto della situazione negativa. Analogamente al caso in rassegna, l’agente di cambio eccepiva la mancata impugnazione, entro il termine previsto dagli usi della borsa valori di Milano, dei singoli conti di liquidazione.
12 Regolamento di esecuzione di alcune norme della legge 2 gennaio 1991, n. 1, concernenti le SIM ed altri intermediari mobiliari (deliberazione Consob 2 luglio 1991, n. 5386), il cui Capo V è intitolato «Rendiconti periodici relativi alla gestione di patrimoni».
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21-25), il quale risultava minuziosamente determinato nella sua struttura, articolata su tre documenti: prospetto riassuntivo (art. 23); 13 estratto conto dei movimenti lire (art. 24); 14 estratto conto e valutazione del patrimonio gestito (art. 25). 15
Tale disciplina veniva sostanzialmente confermata con l’introduzione nel nostro ordinamento, a seguito dell’emanazione della direttiva sui servizi di investimento 93/22/CEE, dapprima del d.lgs. 23 luglio 1996, n. 415 (c.d. Eurosim) e successivamente del Testo Unico dell’Intermediazione Finanziaria (d.lgs. n. 58/1998). La normativa sul rendiconto diveniva di fonte esclusivamente regolamentare ed in essa si contemplava un analitico schema di rendiconto di gestione parimenti composto dai predetti documenti. 16
La direttiva c.d. Mifid 2004/39/CE e la direttiva secondaria 2006/73/CE hanno definito un assetto parzialmente diverso del rendiconto, nel quadro di una regolamentazione più ampia e sofisticata degli obblighi di comunicazione relativi ad un contratto di gestione di portafogli ispirata al principio secondo il quale «i clienti devono ricevere dall'impresa di investimento adeguate relazioni sui servizi prestati» (art. 19, par. 8, dir. Mifid). 17 Tale assetto è stato integralmente recepito all’art. 54 del reg.
13 Ai sensi del 1° comma dell’art. 23 del menzionato regolamento il prospetto riassuntivo «indica la valutazione del patrimonio gestito, il risultato della gestione relativo al periodo di riferimento considerato ed il risultato progressivamente cumulato nell’anno solare di riferimento».
14 «L’estratto conto dei movimenti lire […] indica il saldo liquido e disponibile esistente alla data di redazione del rendiconto, la movimentazione dei valori nel periodo di riferimento e gli interessi maturati»: art. 24, reg. n. 5386/1991.
15 L’estratto conto e la valutazione del patrimonio gestito, redatti secondo gli analitici criteri previsti dall’art. 25 del regolamento, si atteggiano alla stregua di un inventario del patrimonio affidato dal cliente.
16 Così disponeva il 2° comma dell’art. 62 reg. Consob n. 11522/1998: «Nella
prestazione del servizio di gestione su base individuale di portafogli di investimento, gli intermediari autorizzati inviano al domicilio dell'investitore almeno con cadenza trimestrale il rendiconto relativo al periodo di riferimento, redatto secondo lo schema di cui all'Allegato n. 5». Qui si stabiliva che «il rendiconto del servizio di gestione di portafogli si compone di un prospetto riassuntivo, di un estratto conto dei movimenti lire, di un estratto conto dei movimenti degli strumenti finanziari, di una valutazione del portafoglio di pertinenza dell'investitore alla fine del periodo di riferimento e di un estratto conto dei finanziamenti concessi».
17 La dir. 2006/73 della Commissione detta agli artt. 41 e 42 la disciplina degli
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Consob Intermediari n. 16190/2007, rubricato «rendiconti nel servizio di gestione di portafogli», ai sensi del quale «gli intermediari che prestano il servizio di gestione di portafogli forniscono ai clienti rendiconti periodici, su supporto duraturo, del servizio svolto» (art. 54, 1° comma). La medesima disposizione impone altresì peculiari prescrizioni c.d. di forma-contenuto, le quali individuano gli elementi indefettibili di tale rendiconto: il resoconto del contenuto e della valutazione del portafoglio gestito dall’intermediario (compresi i dettagli relativi a ciascun strumento finanziario detenuto); il saldo contante all’inizio e alla fine del periodo oggetto del rendiconto ed, in particolare, il relativo rendimento del portafoglio (art. 54, 2° comma, lett. c). Di indubbia pregnanza per il cliente si rivela la voce che effettua il «raffronto del rendimento durante il periodo oggetto del rendiconto con il parametro di riferimento eventualmente convenuto tra l’intermediario e il cliente» (art. 54, 2° comma, lett. e).
Particolarmente significativa è poi l’attribuzione al cliente al dettaglio della facoltà di valutare tempistica e frequenza con le quali ritiene più opportuno ricevere i rendiconti (che di default vanno forniti con cadenza semestrale). Tale facoltà si estende alla possibilità di richiedere una comunicazione puntuale, «di volta in volta», di informazioni essenziali su tutte le operazioni, «all’atto dell’esecuzione» e con successiva immediata conferma dell’avvenuto compimento (art. 54, 5° e 6° comma). Ad ulteriore conferma della rilevanza di tale previsione si segnala che sull’intermediario finanziario grava l’obbligo di informare il cliente di siffatto diritto di richiedere una rendicontazione dell’attività di gestione secondo tempi e modalità «individualizzate» (art 54, 4° comma).
Non è quindi dato rinvenire nella disciplina di settore un’espressa previsione sulla (modalità di) approvazione dei rendiconti di gestione da parte del cliente e sulla possibilità che tale approvazione possa essere implicitamente desunta dall’omessa contestazione dei conti entro uno specifico termine. Né - ancor più significativamente - vengono definiti eventuali effetti, ricollegati a suddetta implicita approvazione, preclusivi del diritto del cliente di far valere in giudizio le posizioni giuridiche nascenti dal rapporto di gestione.
obblighi di comunicazione riguardanti la gestione del portafoglio, collocando in posizione di eminenza l’obbligo di rendiconto. Ad essa è stata data attuazione in Italia con il regolamento Consob in materia di Intermediari n. 16190 del 29 ottobre 2007.
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Tornando alla decisione in esame va osservato come, nella ricerca della regola da applicare alla questione controversa, la Corte rifletta sulla natura e sulla funzione del rendiconto di una gestione individuale di patrimoni, accostandolo ad altre fattispecie nelle quali grava su una parte l’obbligo di fornire il conto di un’attività giuridica compiuta, a vario titolo, nell’interesse della controparte. Il collegio vaglia, cioè, l’eventualità che l’argomento analogico possa dischiudere il risultato rivendicato dalla banca ricorrente, setacciando tutte le possibili strade che potrebbero produrre - quale precipitato della mancata contestazione del rendiconto entro un termine prefissato - l’effetto dell’accettazione dei risultati della gestione e della preclusione al cliente del diritto di esercitare in giudizio le azioni ad essa relative.
All’esito di tale percorso, come detto, il Supremo Collegio ritiene che non possa enuclearsi una norma che, nell’ipotesi dell’omessa contestazione entro uno specifico termine, dia la stura ad un meccanismo di approvazione tacita o implicita del rendiconto il quale determini la «decadenza del cliente dal diritto di agire in responsabilità nei confronti del gestore». 18
In primo luogo, il giudice guarda alle norme in materia di contratti bancari ed, in particolare, a quelle relative all’estratto del conto corrente bancario, constatandone la diversità ontologica con la disciplina del rendiconto di gestione di portafogli. 19 Conseguentemente, viene esclusa in
18 Cass. 2-12-2010, n. 24548, cit., par. 4.1.
19 In letteratura l’orientamento maggioritario esclude la sussistenza dell’obbligo di rendiconto nei rapporti di conto corrente (sia ordinario che bancario) poiché difetterebbe, in queste ipotesi, il presupposto fondamentale di tale obbligo ossia lo svolgimento di attività nell’interesse altrui: in ciò consisterebbe la differenza tra il rendere conto di una gestione compiuta per conto altrui ed il fornire un prospetto di dati contabili relativi a partite di dare/avere quale, invece, l’estratto di un conto corrente bancario. La disciplina dell’approvazione dell’estratto conto nel contratto di conto corrente, contenuta all’art. 1832 c.c., viene invero ritenuta autosufficiente: si vedano per questa posizione, tra gli altri, X. Xxxxxxx, Il rendimento dei conti nel processo civile a confronto con la rendicontazione nel processo contabile, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1982, 1391; F. P. Xxxxx, Xxxxxxxxxx (diritto privato), in Enc. dir., XXXIX, Milano, 1988, 794; B. Comunale, Rendiconto, in Digesto civ., XVI, Torino, 1997, 602. Invero anche coloro i quali ritengono direttamente applicabile al contratto di conto corrente bancario l’art. 1713 c.c. (il quale, come noto, prevede l’obbligo per il mandatario di rendere il conto del proprio operato), tuttavia precisano che «l’obbligo di rendiconto della banca non è adempiuto con il semplice invio degli estratti conto della banca che si limitano a riportare la movimentazione contabile delle poste del conto»: così X. Xxxxxxxxx, Delle obbligazioni del mandatario. Delle obbligazioni del mandante, in Comm. Scialoja-Xxxxxx-Xxxxxxx sub artt. 1710-1721,
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radice la possibilità di applicare in via analogica le norme in materia di approvazione tacita degli estratti conto bancari poste dagli artt. 119 del Testo unico delle leggi bancarie e creditizie attinente alle comunicazioni periodiche alla clientela e 1832 c.c. concernente l’approvazione del conto nel contratto di conto corrente. 20
La motivazione della Corte sul punto appare pienamente condivisibile. L’estratto del conto corrente bancario costituisce - come osservato in dottrina - un «prospetto contabile […] che evidenzia tutte le partite a debito e a credito con specificazione sintetica dell’origine delle stesse […]. Risultato di tale prospetto è necessariamente un saldo, attivo o passivo per l’altra parte, che andrà a costituire, se non contestato, la prima posta del nuovo conto». 21 Questo documento mira a conferire cognizione in cifre del servizio di cassa prestato dalla banca attraverso tutte le operazioni di pagamento e riscossione compiute per conto del cliente e dietro suo ordine (diretto o indiretto): le singole rimesse costituiscono, quindi, l’oggetto stesso del rapporto di conto corrente. 22
Viceversa, il rendiconto di una gestione individuale di portafogli costituisce una dichiarazione attraverso la quale si procura alla controparte conoscenza, sia in termini contabili che sostanziali, circa l’esito dei negozi relativi a tale gestione. Viene, in tal modo, fornita al gerito una puntuale
Bologna–Roma, 1985, 158, nt. 1; dello stesso avviso X. Xxxxxxx, Il conto corrente bancario, in
Comm. Xxxxxxxxxxx, Milano, 1992, 168.
20 L’art. 1832 c.c. – ai sensi del quale l’estratto conto si intende approvato se non contestato dall’altro correntista entro il termine pattuito o usuale – è disposizione collocata nell’ambito della disciplina del conto corrente ordinario, e poi richiamata dall’art. 1857 c.c. in materia di operazioni bancarie regolate in conto corrente. L’art. 119 del TUB - riproponendo il disposto dell’art. 32 della legge bancaria (r.d.l. 12.3.1936, n. 375) - stabilisce che «per i rapporti regolati in conto corrente l'estratto conto è inviato al cliente con periodicità annuale o, a scelta del cliente, con periodicità semestrale, trimestrale o mensile. In mancanza di opposizione scritta da parte del cliente, gli estratti conto e le altre comunicazioni periodiche alla clientela si intendono approvati trascorsi sessanta giorni dal ricevimento». Sulla natura dell’atto di approvazione, espressa o tacita, dell’estratto conto si è molto dibattuto in dottrina: non potendo in questa sede affrontare compiutamente il tema si rinvia a X. Xxxxxxx, Il conto corrente bancario, cit., 212 s.; X. Xxxxx, I contratti bancari, in Tratt. Cicu-Messineo-Mengoni, Milano, 1981, 555 s.
21 Così X. Xxxxxxx, op. cit., 207.
22 Ricostruisce in questi termini il contenuto del rapporto di conto corrente bancario e, conseguentemente, la funzione dell’estratto conto X. Xxxxx, Conto corrente di corrispondenza, in Enc. dir., IX, Milano, 1961, 666 s.; si veda altresì X. Xxxxx, I contratti bancari, cit., 472.
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rappresentazione delle singole operazioni di investimento/disinvestimento compiute per suo conto, nonché del senso unitario che quelle operazioni conferiscono alla complessiva gestione.
In ogni caso, anche qualora si ritenesse di applicare in via analogica la menzionata disciplina in materia di estratto del conto corrente bancario, va richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui «ai sensi dell’art. 1832 c.c., la mancata contestazione dell'estratto conto e la connessa implicita approvazione delle operazioni in esso annotate riguardano gli accrediti e gli addebiti considerati nella loro realtà effettuale, nonché la verità contabile, storica e di fatto delle operazioni annotate, ma non impediscono la formulazione di censure concernenti la validità ed efficacia dei rapporti obbligatori da cui esse derivano […]». 23 Il punto viene colto anche nella pronuncia in esame la quale sottolinea, seppur con argomento di carattere sussidiario, come «l’approvazione tacita del conto prevista da tali ultime norme è limitata alla conformità dei dati contabili alle singole operazioni da cui derivano e non implica un esonero generalizzato da responsabilità della banca verso il correntista». 24 D’altra parte va osservato come, nel caso di specie, il cliente non abbia contestato l’effettività o la veridicità delle singole annotazioni del rendiconto, bensì l’inesatta esecuzione del mandato per mancata conformità ai canoni generali di condotta imposti dalla legge all’intermediario mobiliare ed a quelli convenuti dalle parti in vista del risultato sperato.25 L’approvazione implicitamente dedotta dalla mancata impugnazione dell’estratto conto non potrebbe comunque - secondo il ragionamento della Suprema Corte - impedire al
23 Così Cass. 26-5-2011, n. 11626, in Obbl. contr., 2011, 700. Tale pronuncia si colloca in un filone ormai corposo, dal quale si richiamano ex multis: Cass. 14-2-2011, n. 3574, in Mass. Giust. civ., 2011, 237; Cass. 18-9-2008, n. 23807, in Guida dir., 2008, 60 s.; Cass. 19-3- 2007, n. 6514, in Xxxxxxxxx, 2007, 667 s.; Cass. 5-5-2006, in Obbl. contr., 2006, 938 s.; Cass. 5-4- 2005, n. 7087, cit., 413 s.; Cass. 26-8-2001, n. 10186, in Foro it., I, 2002, 459 s.; Cass. 11-5- 2001, n. 6548, in Mass. Giust. civ., 2001, 961. L’orientamento si è affermato, e in prosieguo via via consolidato, a partire dalla sentenza n. 1760 del 1971 della Suprema Corte; in precedenza si riteneva, infatti, che il conto approvato potesse essere impugnato esclusivamente per ragioni attinenti alla legittimità dell’inclusione di partite contabili: cfr. in dottrina X. Xxxxxx, Dei singoli contratti e delle altre fonti delle obbligazioni, in Commentario al codice civile, IV, Torino, 1966, 288 s. Riflessioni sul tema in X. Xxxxxxxx, Gli effetti dell’approvazione del conto corrente bancario e l’impugnazione delle singole partite, nota a Cass. 7-9-1984, n. 4788, in Giur. it., 1985, 1090 s.
24 Cass. 2-12-2010, n. 24548, cit., par. 4.1.
25 Analoghe valutazioni venivano espresse già da Cass. 15-1-2000, n. 426, cit., 1180.
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cliente di invocare la cattiva gestione dell’intermediario, sotto il profilo della violazione della diligenza professionale o dell’inadempimento di altri specifici obblighi gravanti sul gestore di patrimoni mobiliari. 26 Ed anche in dottrina, a tal proposito, si è sottolineato che il cliente nel rapporto di conto corrente deve conservare, relativamente alle singole operazioni, il diritto di esercitare le azioni ed eccezioni a fondamento delle quali sono sottese, di norma, valutazioni che necessitano di maggior tempo e ponderazione rispetto ad un breve termine di decadenza. 27
Altra ipotesi valutata dal Supremo Collegio è rappresentata dall’applicazione, sempre in xxx xxxxxxxxx, xxxxx xxxxx xxx xxxxxxx e, segnatamente, degli artt. 1712 e 1713 c.c. Com’è noto, l’art. 1712 c.c. obbliga il mandatario a comunicare l’avvenuta esecuzione del mandato alla controparte e stabilisce che l’operato del mandatario, pur difforme rispetto alle istruzioni ricevute o eccedente i limiti del mandato, si intende approvato dal mandante che, ricevuta la comunicazione, abbia impiegato un tempo superiore a quello richiesto dalla natura dell’affare o dagli usi per contestarne l’operato. Tale disposizione viene diffusamente interpretata in letteratura nel senso di imporre in capo al mandatario un preciso obbligo di comunicazione attinente alla «conclusione del negozio gestorio». 28 Come accennato, la Corte sostiene l’inapplicabilità alla fattispecie concreta del meccanismo di acquiescenza del creditore/mandante alla prestazione inesatta (con conseguente tacita rinuncia a far valere l’inesatto adempimento del mandatario) sancito dal 2° comma dell’art. 1712, dal momento che tale previsione postula, ai sensi del 1° comma del medesimo articolo, l’esaurimento del rapporto di mandato stesso. 29 Rispetto alle
26 In dottrina propendono per tale xxxxxxxxx X. Xxxxx-X. Xxxxxxxx, Il mercato mobiliare, Padova, 2004, 338.
00 Xxx. X. Xxxxxxxx, Gli effetti dell’approvazione del conto corrente, cit., 1093 s.
28 L’orientamento è largamente maggioritario: cfr., tra gli altri, X. Xxxxxxxxx, Delle obbligazioni del mandatario, cit., 123. X. Xxxxxxxxx, Il mandato, la commissione, la spedizione, Torino, 1952, 89, sottolinea la coerenza di tale soluzione ermeneutica con l’intenzione a suo tempo espressa dai compilatori del codice, richiamando gli artt. 57 del Progetto Corsi e 417 del Progetto preliminare (da cui scaturirono l’art. 357, 1° comma del cod. comm. e l’attuale, pressoché identico, art. 1712 c.c.) ove si prevedeva che «tosto conchiuso l’affare, il commissionario deve darne avviso al committente». In giurisprudenza cfr. Cass. 1-12-2003, n. 18299, in Guida dir., 2003, 37.
29 Su questa linea si poneva già la Cassazione nella menzionata sentenza del 15-1- 2000, n. 426, cit., 1184.
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argomentazioni della Corte permane una riserva: è proprio con specifico riguardo ad un’attività di gestione avente carattere continuativo e reiterato che si ravvisa l’esigenza della società di investimento di riporre legittimo affidamento su un quadro di scelte di investimento stabile e compiuto. Si potrebbe invero sostenere che il complessivo sistema delle comunicazioni trasmesse dal gestore ed, in particolare, il rendiconto della gestione di portafogli di investimento, per la caratteristica di consentire al cliente un adeguato e consapevole controllo sulla conformità della gestione svolta al mandato conferito, possano essere ritenute - nell’ambito della gestione di portafogli, diversamente che nel mandato - equipollenti quoad effectum alla comunicazione di eseguito mandato di cui all’art. 1712, 1° comma, c.c. 30 Tuttavia, apparendo la «sanatoria» dell’inadempimento del gestore professionale (di cui al 2° comma del medesimo articolo) sanzione quantomeno sproporzionata per il silenzio del cliente, nel bilanciamento dei contrapposti interessi quello della società di investimento non può che risultare soccombente di fronte alle esigenze di tutela rafforzata del cliente non professionale emergenti dalla disciplina del contratto di gestione di portafogli. 31 Sulla questione si svolgerà nel prosieguo una breve ulteriore riflessione.
Allo stesso modo non pare poter essere dirimente il richiamo all’art. 1713 c.c., il quale impone al mandatario l’obbligo di rendimento del conto
30 In dottrina questa posizione è sostenuta da X. Xxxxxxx, Regole prudenziali e obblighi di comportamento nella prestazione dei servizi di investimento, in Intermediari finanziari, mercati e società quotate, a cura di X. Xxxxxxx Xxxxxx-X. Xxxxxxxx-X. Xxxxxxx, Torino, 1999, 180 s., per il quale la soluzione dell’approvazione tacita del rendiconto periodico di una gestione di portafogli discenderebbe dal principio generale dell’ordinamento, ricavabile dall’art. 1712, 2° comma, c.c., secondo cui «dalla mancata contestazione, nei termini prescritti (anche eventualmente in via convenzionale), del conto reso a colui che ha dato l’ordine di compiere un determinato atto giuridico è lecito desumere la conferma dell’approvazione dell’atto»; l’approvazione tacita varrebbe dunque quale confessione che «i singoli atti comunicati dal mandatario rispondono a verità e sono conformi alla volontà dell’ordinante».
31 Nella pronuncia in commento, la Corte afferma che l’applicazione del meccanismo di cui all’art. 1712, 2° comma, c.c. risulta ictu oculi incompatibile con il principio cardine della legislazione speciale in esame, rappresentato dal surplus di tutela assicurato al cliente non professionale. In dottrina perviene alla medesima conclusione della inapplicabilità, ma sulla scorta di altre motivazioni X. Xxxxxxx, Il mandato, cit., 221, il quale argomenta che la mancata risposta del cliente non può importare approvazione ai sensi dell’art. 1712 c.c., in quanto gli obblighi di comunicazione previsti dal regolamento Consob Intermediari sono posti, prima ed oltre che nell’interesse dei clienti, in funzione della tutela dell’ «integrità dei mercati».
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del proprio operato e la rimessione di tutto ciò che ha ricevuto a causa del mandato, tacendo, invece, sulla necessità di un’approvazione da parte del mandante, la quale si rivela soltanto eventuale. 32 Ne discende che il mandante non è tenuto a far seguire la sua approvazione o contestazione al rendiconto ricevuto dal mandatario, il quale peraltro - diversamente da quanto inderogabilmente stabilito nella descritta disciplina del rendiconto di gestione di portafogli - può essere dispensato da tale incombenza ai sensi dell’art. 1713 cpv. c.c. In dottrina si sostiene al riguardo, in modo ancor più tranchant, che l’eventuale dichiarazione di approvazione non possa assumere
«il valore di disciplina definitoria di tutti i rapporti derivanti dall’esecuzione del mandato con portata esclusiva o preclusiva». 33
La Corte, infine, identifica nell’esigenza di apprestare un «surplus di tutela» all’investitore, parte «debole» del rapporto, l’architrave della disciplina dei contratti per la prestazione dei servizi di investimento e, specificamente, del contratto di gestione individuale di portafogli. A parere del Supremo Collegio, infatti, la regolamentazione di tali contratti è connotata da una specifica rafforzata esigenza di protezione del cliente non professionalmente qualificato, paradigma della quale è l’ «imposizione della forma scritta sin dalla stipulazione del contratto». Il che - si può aggiungere anticipando riflessioni successive - costituisce una precisa deviazione dalle regole codicistiche sul mandato.
Anche questa statuizione della Corte risulta persuasiva, sicché nel prosieguo della trattazione si segnaleranno talune regole del contratto di gestione individuale di patrimoni poste a speciale presidio degli interessi del cliente, richiamate a supporto dell’affermazione - in questo contesto pour cause un po’ corriva - della Suprema Corte.
3.- Xxxxxx conclusioni possono inferirsi dai ragionamenti condotti. Se è vero che l’ordinamento sistematicamente impone a carico di colui che agisce nell’interesse altrui l’obbligo di dichiarare, attraverso la presentazione di un
32 In questo senso in letteratura X. Xxxxxxx, op. cit., 228.
33 In dottrina così si esprime X. Xxxxxxxxx, Delle obbligazioni del mandatario, cit., 175 s., per il quale, nell’ambito del rapporto di mandato, l’approvazione del rendiconto da parte del mandante non potrebbe precludergli il diritto di contestare le singole operazioni menzionate sul conto, dal momento che non si qualificherebbe quale negozio di accertamento tecnicamente inteso, essendo semmai eventualmente idoneo ad esplicare una funzione meramente ricognitiva della situazione preesistente (cioè dell’esecuzione del mandato).
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conto, l’esistenza di fatti storici in base ai quali l’interessato possa verificare l’osservanza dei doveri di buona amministrazione 34, ciò non toglie che, nell’ambito del rapporto di gestione di portafogli, ci si trovi dinnanzi ad un
«obbligo di rendiconto qualificato», caratterizzato cioè da portata e funzione
Sull’intermediario finanziario grava, dunque, non una mera obbligazione di «rendimento di conto» esaurentesi nella presentazione di un prospetto numerico delle diverse partite di entrate e uscite relative alle operazioni di investimento realizzate, quanto piuttosto una complessa obbligazione di
«render conto del proprio operato». 36 Lo strumento predisposto dall’ordinamento a questi fini è il rendiconto di gestione.
Il rendiconto, dunque, altro non è che la speciale forma rivestita dall’obbligo di informazione attinente alla prestazione eseguita dal gestore in esecuzione di un contratto di gestione individuale di portafogli d’investimento. 37 In quanto obbligo di informazione esso riposa, secondo l’elaborazione dogmatica tradizionale, sul principio di buona fede e correttezza imposto alle parti dagli artt. 1175, 1337 ed, in particolare, 1375 cod. civ. 38
34 La ratio dell’obbligo di rendiconto viene generalmente rinvenuta, in dottrina, nella tutela dell’interesse del soggetto gestito all’informazione circa l’attività svolta dal gestore per suo conto: esso si fonda sul dovere, gravante su colui il quale svolga un’attività di gestione nell’interesse di altri, di portare a conoscenza di questo i dati storici relativi a ciò che è stato compiuto. Per una disamina puntuale delle diverse ipotesi di rendiconto di matrice codicistica si veda Luiso, Rendiconto, cit., 789 s.; B. Comunale, Rendiconto, cit., 595 s.
35 L’espressione è di X. Xxxxx, La gestione di portafogli, cit., 174; Ead., Contratto di gestione di portafogli, in I contratti del mercato finanziario, a cura di X. Xxxxxxxxx-X. Xxxxx, Torino, 2011, 743, la quale non reputa che tale obbligo sia riconducibile né riducibile alla generica formulazione contenuta nell’art. 1713 c.c. Ad ogni modo, secondo l’A., l’obbligo di rendiconto, pur essendo considerato obbligo in sé autonomo, va comunque qualificato come obbligazione accessoria, con funzione ausiliaria e strumentale, all’obbligazione principale nel contesto di un complesso rapporto giuridico di gestione.
36 Individua questa sostanziale differenza X. Xxxxxxxxx, Il mandato, cit., 91, richiamando l’elaborazione dottrinale tedesca e francese.
37 Cfr. F. P. Xxxxx, Xxxxxxxxxx, cit., 792; X. Xxxxxxx, La responsabilità degli intermediari finanziari, cit., 267
38 Cfr. F.P. Xxxxx, op. cit., 792 s., il quale richiama in proposito la dottrina tedesca che riconduce l’obbligo di rendiconto (Rechenschaft) agli obblighi di informazione (Auskunftspflichten) dei quali viene sottolineato il legame con il principio della buona fede (Grundsatz von Xxxx und Glauben) previsto dal §242 BGB.
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La principale funzione dell’obbligo di rendiconto consiste pertanto in ciò, che il cliente è posto nelle condizioni di valutare periodicamente se l’andamento della gestione, concretamente posta in essere, sia in «traiettoria» rispetto ai parametri della «linea di gestione personalizzata» convenuta. Esso consente di «traslare» al gerito la conoscenza circa i diritti e doveri scaturenti, nei confronti dei terzi e dello stesso gestore del patrimonio mobiliare, dalle operazioni di investimento e disinvestimento realizzate, affinché egli possa assumere le determinazioni conseguenti, far valere tali diritti ed adempiere tali doveri. 39
Va osservato che l’obbligazione del gestore di fornire un’analitica e periodica rendicontazione è peraltro sintomatica della natura stessa del rapporto di gestione individuale di patrimoni. É proprio nel corso di un rapporto di durata e ad esecuzione continuata 40, strutturato sulla intrinseca discrezionalità connessa alla prestazione del gestore, che il cliente - in ossequio al disposto dell’art. 6, 1° comma, lett. c), legge SIM, immutato nella formulazione dell’art 21, 1° comma, lett. b), TUF - deve esser tenuto
«sempre adeguatamente informato» dall’intermediario. L’informazione attinente all’andamento stesso della gestione si rivela, quindi, di capitale importanza: essa consente di valutare la bontà della decisione di (af)fidarsi ad una banca o società di gestione del risparmio, al fine di valorizzare un certo patrimonio attraverso l’investimento nei mercati finanziari. 41
39 Il nesso strumentale congiungente l’informazione e la conoscenza assicurati dal rendiconto all’esercizio dei diritti scaturenti dal rapporto gestorio da parte del cliente è colto in letteratura tra gli altri da X. Xxxxxxxx, Mandato, commissione, spedizione, in Tratt. Cicu-Messineo- Mengoni, Milano, 1984, 348 s.; X. Xxxxxxxxx, Delle obbligazioni del mandatario, cit., 158. Comunale, Rendiconto, cit., 601 s., mette in luce la strumentalità della rendicontazione nell’ambito della gestione di portafogli alla generale finalità di trasparenza del servizio prestato dall’intermediario finanziario (proclamata dall’art. 21, lett. a), TUF) e sottolinea la imprescindibilità, a tal fine, dei caratteri della completezza, intelligibilità e precisione che il documento deve presentare.
40 Così lo qualifica in dottrina X. Xx Xxxx, La correttezza nell’attività di intermediazione mobiliare, in L’intermediazione mobiliare. Studi in memoria di Xxxx Xxxxxxx, a cura di X. Xxxxxxxxx-
X. Xxxxxxxxx, Napoli, 1993, 7.
41 Non meno rilevante, quindi, della informazione precontrattuale rivolta a rendere informata e consapevole la conclusione di un contratto per la prestazione di servizi di investimento, etichettata quale «informazione-consulenza» da X. Xxxxxx, I doveri d’informazione, in Manuale dir. priv. eur., a cura di X. Xxxxxxxxxx-X. Xxxxxxxxx, Milano, 2007, 436 s., trattandosi, in questo caso, di una informazione destinata a disvelare al cliente rischi e convenienze dell’investimento attraverso la trasmissione di dati, concernenti emittenti e 30
Deve altresì sottolinearsi che il rendiconto nella gestione di portafogli si flette verso una funzione ulteriore rispetto al suo omologo nel mandato, peraltro coerente con i peculiari interessi regolati nella fattispecie speciale. 42 L’informazione sulla gestione si rivela, infatti, strettamente strumentale all’esercizio da parte del cliente del potere di recedere, in ogni momento, dal rapporto. 43 L’idea sottesa è quella per cui soltanto un cliente adeguatamente informato potrà consapevolmente ponderare l’opportunità di esercitare tale diritto di recesso che, se conseguente ad un andamento negativo della gestione, si configura quale «reazione postuma al fallimento del progetto gestorio». 44
prodotti finanziari ma anche prospettive di mercato.
42 Sulla funzione dell’informazione al mandante si veda, per tutti, X. Xxxxxxxxx, Il mandato, cit., 90 s. In letteratura si afferma da alcuno l’esistenza di un «sistema delle comunicazioni» nel contratto di mandato incardinato su un obbligo di comunicazione imposto, in via generale, al mandatario di rendere edotto il mandante di tutte le «vicende connesse all’esecuzione del mandato»: così con varie sfumature, X. Xxxxxxx, voce Mandato (diritto privato), in Enc. dir., XXV, Milano, 1965, 356 s.; A. Xxxxxxxx, Mandato, cit., 351. Confuta questa prospettazione indicando, viceversa, le singole occasioni nelle quali sussiste uno specifico obbligo di comunicazione X. Xxxxxxxxx, Delle obbligazioni del mandatario, cit., 122 s.
43 Pongono in risalto tale funzione X. Xxxxxxx, La responsabilità degli intermediari finanziari, cit., 265; X. Xxxxx, La gestione di portafogli, cit., 161 s.
44 Questa è la raffigurazione che ne dà X. Xxxxx, Recesso dell’investitore e determinazione del danno risarcibile nella gestione di portafogli di investimento, in Banca borsa, I, 2006, 81.
45 L’art. 8, lett. d), legge SIM, attribuiva al cliente la facoltà di recedere dal contratto in ogni momento e ritirare in tutto o in parte le somme e i valori mobiliari di cui era titolare. Similmente disponeva l’art. 20, 1° comma, lett. d) del d.lgs. n. 415/1996, con l’ulteriore precisazione per la quale anche all’intermediario, ai sensi dell’art. 1727 c.c., era offerta analoga facoltà. L’attuale formulazione dell’art. 24, 1° comma, lett. b), TUF ricalca quella del previgente decreto, riconoscendo al cliente la facoltà di recedere in ogni momento dal contratto. A livello regolamentare, la lett. f) dell’art. 33, reg. n. 5387/1991 stabiliva che nel contratto di gestione di patrimoni dovesse essere specificato che «il cliente può recedere in qualsiasi momento dal contratto ovvero disporre, in tutto o in parte, il trasferimento o il ritiro dei propri valori, senza che ad esso possa essere addebitata alcuna penalità». Inoltre si faceva divieto agli intermediari di intraprendere, dal momento del recesso del cliente, qualsiasi operazione avente ad oggetto i valori di questo, fatti salvi i soli atti necessari ad assicurare la conservazione del patrimonio stesso. Norme di identico contenuto era possibile rintracciare all’art. 37 del successivo reg. Intermediari n. 11522/1998. Tali ultime previsioni sono
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riconoscimento della facoltà di recesso del cliente, sancito già all’art. 8, lett. d), legge n. 1/1991 in via inderogabile e a pena di nullità «relativa», significativamente incide sul sinallagma contrattuale disegnato dal legislatore SIM: giacché dalla volontà del cliente - titolare del patrimonio mobiliare nonché dell’interesse alla valorizzazione del patrimonio stesso attraverso operazioni di investimento sul mercato finanziario - può dipendere la decisione relativa alla durata della gestione stessa,46 si realizza, in definitiva, una sorta di riequilibrio della posizione del cliente rispetto a quella della società di investimento, soggetto professionalmente competente alla cui discrezionalità sono lasciate le scelte d’investimento del patrimonio affidato.
Siffatto profilo della disciplina del rapporto di gestione di patrimoni mobiliari riecheggia la ratio sottesa alle norme del codice civile in tema di estinzione del rapporto di mandato per revoca del mandante. 47 Il fondamento della recedibilità nelle due fattispecie negoziali, speciale e codicistica, riposa sull’alterità dell’interesse gerito dall’incaricato, la quale impone che la gestione stessa non prosegua contro la volontà del dominus negotii. La sintonia ontologica che lega le due fattispecie non può celare le distonie che le separano: mentre le disposizioni codicistiche subordinano la revocabilità del mandato oneroso ad opera del mandante alla sussistenza di una giusta causa (se il mandato è a tempo determinato) ovvero di un congruo preavviso salvo giusta causa (se il mandato è a tempo indeterminato), di converso il legislatore speciale ha ritenuto di tenere interamente libero da vincoli il potere di recesso del cliente. 48 Qui, pertanto,
scomparse dal vigente reg. Intermediari 16197/2007, lasciando così la definizione dei rapporti conseguenti al recesso del cliente all’eventuale specifica regolamentazione pattizia ovvero a regole e principi di diritto comune.
46 Cfr. X. Xxxxx, La gestione di portafogli, cit., 162.
47 Non può non constatarsi il parallelismo fra il potere di scioglimento unilaterale dal contratto di gestione di patrimoni riconosciuto al cliente ed il potere di revoca del mandato rimesso alla libera ed insindacabile volontà del mandante dall’art. 1723 c.c.: si veda in letteratura X. Xxxxxxx, Xxxxx revoca del mandato, in Scritti in onore di Xxxxxxxxx, Milano, 1978, 92 s.;
X. Xxxxx, Estinzione del mandato, in Comm. Scialoja-Xxxxxx-Xxxxxxx sub artt. 1722-1730, Xxxxxxx- Xxxx, 0000, 51 s.; X. Xxxxxxxxx, Il mandato, cit., 179. In altri termini, «come il mandante è del tutto libero di conferire a terzo l’incarico a curare uno o più affari, così il mandante stesso deve essere libero di riappropriarsi della legittimazione esclusiva ad amministrare gli interessi coinvolti nel preesistente rapporto gestorio»: così X. Xxxxx, Il mandato. L’estinzione del mandato, in I contratti di collaborazione, cit., 247.
48 La descritta affinità di logiche non necessariamente importa l’integrale applicabilità al contratto di gestione di patrimoni delle disposizioni dettate dal codice civile in materia di 32
si rinviene uno di quegli esempi di potenziamento della protezione del cliente rispetto alla posizione del mandante che si erano prefigurati: l’esercizio della facoltà di recesso dal contratto di gestione di patrimoni si rivela cioè più «libero» che nel rapporto di mandato. Spicca - per contrasto - la perfetta coincidenza, sull’altra sponda del rapporto, tra il diritto di recesso riconosciuto dalla legislazione speciale all’impresa di investimento e l’ipotesi di estinzione del mandato per rinunzia del mandatario disciplinata dal codice civile. 49
Anche sotto questo profilo convince, dunque, la ricostruzione operata dal Supremo Collegio nella decisione in esame: non è possibile determinare un momento o una modalità rispetto a cui la facoltà di recesso del cliente, nel quadro di un contratto di gestione individuale di patrimoni mobiliari, sia prematuramente o illegittimamente esercitata. La variabile «tempo» sulle scelte di investimento compiute dal gestore sembra poter assumere rilievo esclusivamente nell’ambito di astratte formulazioni di principio 50 ovvero di valutazioni di merito - non di pertinenza del giudizio di Cassazione - circa la possibilità che al recesso ad nutum del cliente possano essere imputate,
estinzione del mandato agli artt. 1722 ss. (come avviene, invece, nel caso dell’espresso richiamo legislativo dell’art. 1727 c.c. in tema di recesso della società di gestione). Non sembra infatti congruente alla dinamica dei rapporti intercorrenti tra società di gestione e cliente/investitore il disposto dell’art. 1725 c.c. il quale, come noto, al 1° comma subordina il recesso anticipato del mandante da un mandato oneroso, conferito per un tempo determinato o per un determinato affare, alla ricorrenza di una giusta causa, imponendo in mancanza l’obbligo di risarcimento dei danni patiti dal mandatario; mentre al 2° comma, se il mandato è a tempo indeterminato, il risarcimento non è dovuto qualora sia dato un congruo preavviso, salvo che ricorra una giusta causa. È opportuno tener presente come in dottrina si sottolinei che, in occasione dello scioglimento del rapporto di mandato, sorgano in capo alle parti obblighi di protezione e rispetto degli interessi della controparte riposanti sulla clausola generale di buona fede e correttezza: per tutti X. Xxxxxxxx, Mandato, cit., 463 s.
49 La lett. e) dell’art. 8 legge 1/1991 ed oggi la lett. b) dell’art 24 TUF riconoscono il diritto di recesso della SIM dal contratto di gestione di portafogli di investimento e lo sottopongono tout court alla disciplina dettata dall’art. 1727 c.c. Quest’ultimo, come noto, prevede che il mandatario che rinunzia senza giusta causa al mandato deve risarcire i danni al mandante; se il mandato è a tempo indeterminato, il mandatario che rinunzia senza giusta causa è tenuto al risarcimento qualora non abbia dato congruo preavviso.
50 Si fa riferimento al passo della pronuncia nel quale si afferma che «le argomentazioni svolte dalla banca ricorrente circa la necessità di valutare i risultati della gestione del portafoglio in una prospettiva che tenga conto dell’orizzonte temporale nel quale le scelte del gestore si iscrivono sono pienamente condivisibili, nella loro valenza generale, ma restano su un piano astratto»: Cass. 2-12-2010, n. 24548, cit., par. 4.3.
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perlomeno in parte, le conseguenze pregiudizievoli scaturenti dalla gestione, da quest’ultimo inopinatamente interrotta.
Quest’ultimo ordine di argomentazioni è meritevole di un approfondimento alla luce del riconoscimento al rendiconto di gestione di portafogli della funzione di veicolo di informazione sull’andamento e sui risultati della gestione: ci si chiede se sia possibile configurare in capo al cliente un dovere di attenzione e di cautela nell’apprezzamento della rispondenza della gestione alla strategia di investimento convenuta, nonché alle eventuali successive istruzioni impartite nel corso del rapporto al gestore del portafoglio. 51 Attenzione eventualmente da intensificare qualora il cliente abbia richiesto un’informazione approfondita e costante in occasione di ogni operazione posta in essere dal gestore (art. 54, 5° e 6 ° comma, reg. Intermediari 16190/2007). Una vigilanza costante consentirebbe, infatti, al cliente di rilevare tempestivamente la violazione degli obblighi di condotta gravanti sull’intermediario e di intervenire al fine di evitare o limitare le ulteriori conseguenze economiche pregiudizievoli, derivanti da operazioni non adeguate al suo «profilo».
Riannodandoci qui alle precedenti osservazioni va segnalato, tuttavia, che la giurisprudenza non pare avallare soluzioni interpretative di questo tipo. É stato infatti affermato che, nell’ambito di un mandato c.d. professionale - nell’ipotesi in cui il mandante si sia affidato ad un soggetto proprio perché esperto, come accade nella gestione di patrimoni - la mancata tempestiva contestazione del rendiconto non sia indice di negligenza del mandante, non essendo configurabile in capo allo stesso un dovere di sorveglianza sull’operato del mandatario. 52 Può forse intravedersi sul punto un movimento in avanti della Suprema Corte, la quale nella pronuncia in esame opportunamente rammenta che «ovviamente il comportamento passivo del
51 La rilevanza della questione è testimoniata dall’esperienza giurisprudenziale di altri ordinamenti europei che si sono trovati a dirimere risvolti critici della disciplina del rendiconto di gestione, con esiti di segno conforme all’orientamento giurisprudenziale italiano. Per gli opportuni riferimenti a pronunce di corti supreme tedesche e francesi sino alla fine degli anni Novanta, si veda Xxxxxxx, La responsabilità degli intermediari finanziari, cit., 265 s. Per un’interessante disamina giurisprudenziale della gestion du portefeuille nell’ordinamento francese si veda la più recente pronuncia della CA Paris, 26-10-2007, in xxx.xxxxxxxxxx.xxxx.xx.
52 Così Cass. 15-1-2000, n. 426, cit., 1184. Ma già Cass. 2-5-1975, n. 2064, in Foro it.,
1976, voce Mandato, n. 13.
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cliente, che al pari di quello del gestore deve essere improntato a buona fede, potrà essere valutato dal giudice». 53 Tale affermazione di principio potrebbe suggerire che un «risveglio» postumo di un cliente «letargico» nel controllo dei rendiconti informativi ricevuti configuri una condotta del danneggiato concorrente con quella dell’intermediario finanziario danneggiante nella determinazione complessiva del danno, così da alleviare, ai sensi dell’art. 1227, 1° comma, c.c., il peso dell’obbligo risarcitorio gravante sul secondo.54
4.- La decisione offre altresì l’occasione per riflettere su taluni profili di criticità della disciplina del contratto di gestione individuale di patrimoni nel sistema attuale.
Come accennato, la definizione della trama di diritti ed obblighi delle parti di questo contratto presuppone un’opera di razionalizzazione e sistematizzazione, in prospettiva sincronica, di un materiale normativo variegato e composito, allocato presso fonti diverse sia in senso orizzontale sia verticale, che in questa sede non è possibile affrontare funditus: 55 dalle disposizioni espressamente dedicate al contratto 56 e al servizio di gestione individuale di portafogli al common core di principi e regole disciplinante la prestazione di servizi di investimento da parte di soggetti professionali
53 Cass. 2-12-2010, n. 24548, cit., par. 4.1.
54 In letteratura avanza questa ipotesi X. Xxxxxxx, La responsabilità degli intermediari finanziari, cit., 267 s. E già in precedenza X. Xxxxxxxxx, Delle obbligazioni del mandatario, cit., 136.
55 Si rende necessaria un’attività di «ricomposizione e riorganizzazione concettuale»
peculiare della dottrina: X. Xxxxxxxxx- X. Xxxxxxx Xxxxxxxx generali e legislazione speciale: l’attualità del codice civile italiano, in Rivista critica del diritto privato, 1992, 531. X. Xxxxxxxxxx, Il diritto civile della legislazione nuova. La legge sulla intermediazione mobiliare, in L’intermediazione mobiliare, cit., 28 s., così suggestivamente raffigura il ruolo della dottrina: «di fronte al non finito legislativo sempre più frequente, essa prima di ricostruire il sistema deve portare il dato testuale ad un punto di finitura che lo renda coerente all’interno ed omogeneo all’esterno, rispetto al più ampio contesto normativo».
56 L’art. 24 TUF così recita: «1. Al servizio di gestione di portafogli si applicano le seguenti regole: a) il cliente può impartire istruzioni vincolanti in ordine alle operazioni da compiere; b) il cliente può recedere in ogni momento dal contratto, fermo restando il diritto di recesso dell'impresa di investimento, della società di gestione del risparmio o della banca ai sensi dell'articolo 1727 del codice civile; c) la rappresentanza per l'esercizio dei diritti di voto inerenti agli strumenti finanziari in gestione può essere conferita all'impresa di investimento, alla banca o alla società di gestione del risparmio con procura da rilasciarsi per iscritto e per singola assemblea […] 2. Sono nulli i patti contrari alle disposizioni del presente articolo; la nullità può essere fatta valere solo dal cliente».
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abilitati, articolati nella legislazione speciale; 57 dalla disciplina generale del contratto alle disposizioni di specifici tipi contrattuali nell’ambito dei quali il contratto di gestione di portafogli sia sussumibile o al quale sia comunque riconducibile, 58 passando per la normativa di protezione prevista dal codice del consumo in quanto (soggettivamente e oggettivamente) applicabile. 59 Si
57 La legge SIM elencava all’art. 1 le «attività di intermediazione mobiliare» e poneva all’art. 6 principi generali e regole di comportamento ad esse generalmente applicabili. Analogamente, il Testo Unico elenca e definisce all’art. 1 «i servizi e le attività di investimento»; e di seguito adopera la locuzione generica «contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento» (art 23, 1° comma) capace di «contenere» servizi e contratti di investimento di natura diversa che comunque consentono all’investitore/cliente di accedere al mercato finanziario e agli strumenti finanziari in esso contrattati. Tale locuzione «attiva» un minimo eppur fondamentale insieme di regole generalmente applicabili a tutti i possibili rapporti intercorrenti tra intermediario finanziario e cliente: gli artt. 21 e 23 TUF, rispettivamente, prevedono criteri generali cui deve conformarsi la condotta degli intermediari e le regole in materia di conclusione dei suddetti contratti, tra le quali l’obbligatorietà della forma scritta (art. 23, 1° comma, TUF). Su questi profili la letteratura è vastissima: si rimanda qui, per tutti, ad X. Xxxxxxxxxx, La disciplina del mercato mobiliare, Torino, 2008, 103 s.
58 Rappresenta la complessità della gestione di portafogli, sia sotto il profilo della fattispecie che sul piano della disciplina, X. Xxxxx, Contratto di gestione di portafogli, cit., 700 s.: quanto al primo aspetto, si afferma che la gestione di portafogli è insieme servizio di investimento rispetto all’ordinamento dei mercati finanziari e contratto (tipico) di investimento dal punto di vista del diritto civile; quanto all’aspetto della disciplina, si afferma che la gestione di portafogli è «sottoposta ad uno statuto trasversale e variegato che comprende […] regole del diritto privato, in parte contenute in leggi speciali, in parte codicistiche». Prosegue l’A. sottolineando che i contratti per la prestazione di servizi di investimento «non soggiacciono ad una disciplina unitaria ed organica bensì a corpi di norme progressivamente assemblati».
59 Deve sottolinearsi che la stessa disciplina consumeristica in materia di clausole abusive esclude parzialmente dal proprio campo di applicazione la contrattazione avente ad oggetto la prestazione di servizi finanziari (art. 33, 3°, 4°, 5° comma, cod. cons.); e, soprattutto, che finora mai il legislatore, né in sede comunitaria né nazionale, ha previsto un’equiparazione tra le due figure, consumatore ed investitore, sfociata nell’applicazione di regole comuni. É possibile, tuttavia, cogliere un’affinità di fondo fra le due figure sotto il profilo del bisogno di tutela manifestato dal c.d. «cliente al dettaglio», identificato dalla direttiva Xxxxx quale controparte non istituzionalmente o professionalmente qualificata né competente in materia di investimenti. In talune previsioni dell’ordinamento interno il processo di avvicinamento fra consumatore e risparmiatore sembra evolvere fino al punto da farle collimare (si vedano la disciplina della commercializzazione a distanza di servizi finanziari inserita nel codice del consumo, nonché l’art. 100 bis TUF che introduce la nozione di «acquirente che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale»). In dottrina propendono per la applicabilità della disciplina consumeristica ai rapporti di 36
tenterà inoltre - nei limiti di queste note - di dar conto, in prospettiva diacronica, del mutamento del dato normativo, con l’avvertenza che le riflessioni seguenti, pur appuntandosi sulla normativa SIM per dovere di conformità alla decisione in esame, in massima parte non vengono revocate in discussione da tale vorticosa evoluzione e possono estendersi al diritto oggi vigente.
Districare le maglie di questa fitta «ragnatela» normativa impone la risoluzione di una questione logicamente prioritaria: la qualificazione della natura e della funzione del contratto di gestione individuale di portafogli. Tenuta in considerazione l’estrema eterogeneità dei differenti rapporti contrattuali che possono intercorrere fra un intermediario finanziario ed un investitore, i quali mal si prestano ad essere genericamente accomunati sotto un’unica etichetta 60, l’analisi di una fattispecie contrattuale ben individuata
intermediazione finanziaria a protezione della posizione del cliente al dettaglio/consumatore (di servizi finanziari) X. Xxxxx, Clausole vessatorie o abusive e disciplina dei contratti di investimento, in Rass. dir. civ., 1999, 131 s.; X. Xxxxx, Il danno da informazione finanziaria inesatta, Bologna, 2009,
376 s. Compie un interessante raffronto tra le due figure X. Xxxx, L’informazione del risparmiatore, in Dir. informaz. e informatica, 1990, 335, il quale sostiene che i due aspetti del consumo e del risparmio risultino coessenziali al medesimo soggetto, essendo il secondo presupposto necessario del primo. Individua una relazione di analogia anche X. Xxxxxxx Xxxxx Xxxxx, Appunti sulla responsabilità dell’intermediario nel rapporto di gestione personalizzata di portafogli, in Riv. critica dir. privato, 1991, 866 s.: secondo l’A. entrambi i soggetti si contraddistinguono per un analogo atteggiarsi nei confronti delle rispettive controparti contrattuali caratterizzandosi, generalmente, per un’intrinseca condizione di «debolezza». Di converso X. Xxxxxxx, La responsabilità degli intermediari finanziari: tutela del risparmiatore incolpevole o «copertura assicurativa» per l’investimento sfortunato?, in Banca imp. soc., 2008, 389 s., sottolinea i diversi obiettivi sottesi all’investimento in strumenti finanziari e all’acquisto di beni di consumo e, conseguentemente, le differenti esigenze di tutela. In giurisprudenza si segnala un parere reso dal Consiglio di Stato (concernente la specifica questione della ripartizione di competenza tra l’AGCM e la Consob in materia di pratiche commerciali scorrette poste in essere da un operatore del mercato finanziario) nel quale si afferma che «l’investitore, come il risparmiatore (che è un investitore non professionale), si presenta, conformemente alla tendenza del diritto comunitario, in sostanza come una specie del genere consumatore, in quanto destinatario finale di un prodotto standardizzato seppur finanziario: un consumatore di servizi finanziari» (Cons. Stato, parere 3-12-2008, n. 3999, in xxx.xxxxxxxxx-xxxxxxxxxxxxxx.xx).
60 Diversi autori non ritengono, infatti, possa configurarsi un tipo contrattuale unitario che racchiuda in sé tutte le diverse ipotesi di contratti di intermediazione finanziaria (o, rectius, di contratti per la prestazione di servizi di investimento) non fosse altro perché un presunto «tipo […] che abbia oggetti transtipici, cioè capaci di appartenere ai tipi nominati noti, certamente è una categoria diversa dal tipo»: R. Sacco, Considerazioni conclusive, in La vendita «porta a porta» di valori mobiliari, a cura di X. Xxxxxxx- F. D. Busnelli, Milano, 1992, 178;
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può rappresentare la specola meglio posizionata dalla quale focalizzare correttamente il problema. 61 Problema lambito anche dalla pronuncia in commento laddove sostiene che «se pure per certi versi avvicinabile al mandato, la prestazione del servizio di investimento consistente nella
nonché per la segnalata mancanza, già a partire dalla legge SIM, di una vera e propria nozione di «contratto di investimento»: X. Xxxx, Una nozione pericolosa: il c.d. contratto di investimento, in I valori mobiliari, Padova, 1991, 393 s. Tuttavia X. X’Xxxxx, La tutela dell’investitore in strumenti finanziari tra regole di validità e regole di responsabilità, in Diritto civile e diritti speciali. Il problema dell’autonomia e delle normative di settore, Milano, 2008, 66, afferma che «il master agreement (che l’art. 23 TUF denomina «contratto relativo alla prestazione dei servizi di investimento») è ormai un contratto «tipico» (o quanto meno, «nominato»), il cui contenuto essenziale consiste per l’appunto nell’assunzione […] da parte di un intermediario dell’obbligo di prestare, a mezzo della propria organizzazione imprenditoriale e verso corrispettivo, «servizi di investimento» e «servizi accessori» […] a favore del cliente». Emerge invero come non sia in effetti possibile rinvenire in letteratura persino una denominazione unitaria e omnicomprensiva stipulativamente condivisa: da un lato, si suggerisce l’etichetta di «contratto di investimento» propendendo per una tipicità dello stesso (in questo senso già X. Xxxxx, Investimento in valori mobiliari (contratto di), in Contr. e Imp., 1986, 261 s.); dall’altro, all’indomani della legge n. 1/91, si propone la nozione di «contratto di intermediazione mobiliare», capace di inglobare anche quella di contratto di investimento, rispetto alla quale viene individuato un nucleo di disposizioni comuni a tutta la categoria (X. Xxxxxxxxxx, I contratti di intermediazione mobiliare, Milano, 1992, 1 s.). Sovente la giurisprudenza ha elaborato ipotesi ricostruttive genericamente riferite al contratto per la prestazione di servizi di investimento, omettendo di soffermarsi sulla funzione dello specifico contratto concluso tra intermediario e cliente: vedi ex multis Trib. Venezia 22-11-2004, in Contratti, 2005, 8 s.; Trib. Catania 21-10-2005 e 25-10- 2005, in xxx.xxxxxx.xx; Trib. Rovereto, 18-1-2006, in Contr. e Imp., 2006, 579 s.; soprattutto significative di tale impostazione sono le note pronunce delle Sezioni Unite del dicembre 2007 nelle quali si pone l’affermazione di principio, invero tacciabile di genericità, secondo cui «dal «contratto quadro», cui può darsi il nome di contratto di intermediazione finanziaria e che per alcuni aspetti può essere accostato al contratto di mandato, derivano dunque obblighi e diritti reciproci dell’intermediario e del cliente» (Cass. s.u. 19-12-2007, nn. 26724 e 26725, cit., par. 1.2).
61 L’adozione di una prospettiva di tal fatta viene in letteratura suggerita già da X. Xxxxxxxx, Il conflitto di interessi nel rapporto di gestione, in Riv. dir. civ., I, 2007, 759, secondo il quale «la riflessione sulla natura dei contratti in esame dovrebbe essere effettuata in maniera più analitica in relazione ai singoli tipi e sottotipi di contratti di investimento». Accoglie fruttuosamente questa proposta di metodo X. Xxxxxx, I rimedi per la violazione delle regole di condotta degli intermediari finanziari (oltre la distinzione tra regole di validità e regole di responsabilità), in Abuso del diritto e buona fede nei contratti, a cura di X. Xxxxxxxxxxx, Torino, 2010, 322 s., il quale modula la ricerca dei rimedi più adatti alle singole fattispecie contrattuali alla luce dei rispettivi schemi negoziali.
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gestione individuale di portafogli ha regole sue proprie […] essenzialmente dettate dall’esigenza di fornire all’investitore un surplus di tutela […]». 62
La gestione di patrimoni ha sempre goduto di autonoma considerazione da parte del legislatore interno fin dalla legge n. 1/1991, la quale ne segnalava la «specialità» rispetto alle altre attività di intermediazione mobiliare (nell’elencazione delle quali, contenuta all’art. 1, lett. c, veniva comunque inclusa) per mezzo di una disposizione espressamente dedicata. Infatti, il richiamato art. 8 della legge e gli artt. 33 e seguenti reg. Consob 5387/1991 approntavano un apparato di stringenti regole di comportamento dell’intermediario/gestore, integrativo e specificativo dei canoni di condotta generalmente applicabili all’esercizio delle attività di intermediazione mobiliare, cristallizzati nell’art. 6 della stessa legge. Tali disposizioni prescrivevano l’inclusione nel contratto di gestione di una serie di clausole tipizzate le quali, essendo inderogabili, di riflesso si traducevano in altrettanti limiti imposti all’autonomia negoziale delle parti ed, in particolare, al potere gestorio dell’intermediario mobiliare. In questa prospettiva, la lett. a) dell’art. 8 – oltre a ribadire la necessità della forma scritta del contratto di gestione, già generalmente prescritta dall’art. 6, lett. c)
– imponeva che il contratto dovesse specificare «la natura dei servizi forniti, i poteri conferiti alla società, il tipo di valori mobiliari acquistabili, la durata dell’incarico, l’ammontare del compenso». 63 Siffatta disciplina perseguiva, dunque, il fine dell’erosione della discrezionalità del gestore e del correlativo irrobustimento delle tutele a protezione dell’affidamento riposto dal cliente nella professionalità della controparte e, in definitiva, nel buon esito dell’attività gestoria relativa al suo patrimonio mobiliare. 64
62 Cass. 2-12-2010, n. 24548, cit., par. 4.1.
63 Il contenuto indefettibile del contratto era ulteriormente specificato dall’art. 33 reg. Consob n. 5387/1991, il quale dopo aver stabilito che il contratto deve «prevedere gli eventuali limiti con riferimento all’ammontare od alla proporzione degli investimenti compresi nel patrimonio gestito, specificando il tipo di valori mobiliari che possono formare oggetto di investimento» (lett. a), si preoccupava che il contratto individuasse con nettezza i limiti all’esercizio del potere gestorio in relazione ai valori mobiliari per i quali l’intermediario possa trovarsi in una situazione di confitto d’interesse (lett. b, c), alle operazioni effettuabili anche in relazione a valori mobiliari non negoziati su mercati regolamentati (lett. d), ai casi in cui l’intermediario può affidare a terzi l’esecuzione di singoli atti inerenti il patrimonio gestito (lett. h). Per puntuali riferimenti in dottrina X. Xxxxxxxxxx, I contratti di intermediazione mobiliare, cit., 87 s.
64 In letteratura X. Xxxxxxxxxx, Regole di comportamento degli intermediari e riforme dei
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L’intendimento del legislatore permane sostanzialmente inalterato nel corso dell’evoluzione normativa della materia, segnata - come detto - dal recepimento nell’ordinamento municipale delle direttive 93/22/CEE (c.d. Eurosim) e Mifid. Al di là delle metamorfosi nominalistiche - giacché ora si discorre di «gestione di portafogli» e la si annovera fra «servizi e attività di investimento» (art. 1, 5° comma) - anche nel TUF si rinviene una disposizione che tratteggia specificamente la disciplina del contratto (art. 24) 65, nonché una definizione del servizio: «per «gestione di portafogli» si intende la gestione, su base discrezionale e individualizzata, di portafogli di investimento che includono uno o più strumenti finanziari e nell’ambito di un mandato conferito dai clienti» (art. 1, comma 5° quinquies).66
L’attuale disciplina di matrice regolamentare è anch’essa animata dall’esigenza di «governare» la discrezionalità del gestore ed assicurare una protezione rafforzata (rispetto al diritto comune) della posizione della controparte contrattuale, in particolare ove cliente retail secondo la dizione dell’art. 26 reg. Intermediari 16190/2007. A tal fine, l’art. 38 del medesimo regolamento erige l’impalcatura del programma negoziale di gestione del portafoglio, definendone il contenuto indefettibile: esso dovrà indicare i tipi di strumenti finanziari che possono essere inclusi nel portafoglio e le operazioni che possono essere realizzate su tali strumenti (lett. a); gli obiettivi di gestione, il livello del rischio entro il quale il gestore può esercitare la sua discrezionalità ed eventuali specifiche restrizioni a tale discrezionalità (lett. b); il parametro di riferimento (benchmark) al quale verrà raffrontato il rendimento del portafoglio del cliente (lett. d); il metodo e la frequenza di valutazione degli strumenti finanziari contenuti nel portafoglio (lett. f). 67
mercati mobiliari, Milano, 1993, 364, sottolinea come si tratti di un dato proprio della disciplina della gestione di patrimoni che emerge costante dall’analisi comparata con l’ordinamento inglese e con quello francese. Più in generale X. Xxxxxxxxx, Il problema della forma nei contratti di intermediazione mobiliare, in L’intermediazione mobiliare, cit., 193, ricollega il disegno normativo alla peculiare caratterizzazione soggettiva delle parti del rapporto di intermediazione mobiliare.
65 L’art. 24 si limita ora a regolare il profilo del recesso delle parti, dell’esercizio dei diritti di voto e quello delle istruzioni che, con carattere di vincolatività, il cliente può impartire all’impresa di investimento in ordine alle operazioni da compiere.
66 Tale definizione è stata introdotta dalla dir. 93/22 ed è oggi contenuta all’art. 4, par. 1, n. 9, dir. Mifid e quindi recepita nel nostro sistema.
67 Sempre ai sensi del citato art. 38 il contratto di gestione di portafogli deve indicare
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Lo svolgimento del servizio di gestione individuale di portafogli di investimento rinviene, pertanto, di volta in volta la propria fonte nella conclusione con il singolo investitore di un contratto di gestione individuale di portafogli, la cui funzione economico-sociale consiste nell’affidamento ad un soggetto professionale specializzato delle decisioni di investimento o disinvestimento in strumenti finanziari nell’interesse di un determinato cliente e della loro conseguente attuazione. 68 Attraverso il contratto di gestione l’investitore affida un patrimonio mobiliare ad un soggetto abilitato alla prestazione di servizi di investimento incaricandolo di eseguire per suo conto e nel suo interesse la gestione, dietro la corresponsione di un compenso. 69 L’obbligazione principale del gestore è costituita da un’attività
«se il portafoglio del cliente può essere caratterizzato da effetto leva» (lett. c); «se l’intermediario delega a terzi l’esecuzione dell’incarico ricevuto, specificando i dettagli della delega» (lett. e). Il contratto di gestione deve altresì contenere gli elementi previsti dall’art. 37 del reg. Intermediari n. 16190/2007 in via generale per tutti i contratti per la prestazione di servizi di investimento, fra i quali si segnalano: indicazione dei servizi forniti e delle loro caratteristiche, nonché del contenuto delle prestazioni dovute e delle tipologie di strumenti finanziari e di operazioni interessate (lett. a); individuazione del periodo di efficacia e delle modalità di rinnovo del contratto, nonché delle modalità da adottare per le modificazioni del contratto stesso (lett. b); previsione di frequenza, tipo e contenuti della documentazione da fornire al cliente a rendiconto dell'attività svolta (lett. c); indicazioni di modalità e contenuti per mezzo dei quali, in connessione con il servizio di investimento, può essere prestata la consulenza in materia di investimenti (lett. g).
68 Si profila, nella normativa odierna, un diaframma tra disciplina del servizio di gestione - quale attività professionalmente esercitata nei confronti del pubblico sul mercato degli strumenti finanziari - e disciplina del contratto di gestione concluso con il singolo investitore, le quali, in ultima istanza, devono compenetrarsi in funzione della regolamentazione di quel fenomeno complesso che è la gestione individuale di portafogli di investimento. Per una raffigurazione in senso antagonistico dei due momenti si veda, da un canto, X. Xxxxxxx, La responsabilità degli intermediari finanziari, cit., 119, il quale mette in luce che «il contratto costituisce, pertanto, il punto di riferimento costante della relazione che vien a crearsi tra il gestore ed il gestito, l’atto con il quale l’intermediario pone la sua organizzazione d’impresa a disposizione del cliente, […] il fondamento per l’operatività delle regole di comportamento che la disciplina legislativa e regolamentare collegano alla stipulazione del contratto, vale a dire, del complesso di regole di condotta funzionali alla realizzazione delle singole operazioni di gestione»; d’altro canto, X. Xxxxx, «Servizio» e
«contratto» nel rapporto fra intermediario e cliente, in I contratti del mercato finanziario, cit., 200 s., che esalta la centralità della prestazione del servizio di investimento.
69 Con lievi sfumature è questa la definizione elaborata dalla dottrina: fra gli altri cfr.
X. Xxxxxxx, Gestione fiduciaria e disposizione del diritto, Milano, 1991, 183 s.; X. Xxxxx Xxxxx, Le gestioni patrimoniali, in Giur. comm., 1992, 50; X. Xxxx, Il conflitto di interessi nelle gestioni individuali di
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di investimento e disinvestimento del patrimonio in questione, che si concreta in operazioni di acquisto e vendita di strumenti finanziari, la determinazione del contenuto, della frequenza, del momento e delle modalità di esecuzione delle quali è rimessa a scelte più o meno ampiamente discrezionali del gestore. Il servizio di gestione risulta finalizzato alla valorizzazione del patrimonio affidato al gestore, ossia al raggiungimento di un risultato utile in funzione dell’interesse del cliente alla redditività dell’investimento. 70
Nell’ambito del rapporto di gestione di portafogli, il cliente - più che impartire vere e proprie istruzioni su operazioni in strumenti finanziari (in fase precontrattuale o esecutiva) - fornisce all’intermediario informazioni sulla propria situazione finanziaria e sulle proprie competenze in materia di investimenti mobiliari ed esprime esigenze di investimento, propensione al rischio, obiettivi di rendimento (secondo le previsioni dell’art. 39 reg. Intermediari). 71 Questi flussi informativi provenienti dal cliente specificano il programma obbligatorio nel cui quadro dovrà svolgersi l’attività di gestione del portafogli di investimento, connotata peculiarmente dalla discrezionalità professionalmente qualificata del gestore. 72
La «discrezionalità» e l’ «individualizzazione» - così come emergenti dalla menzionata definizione del servizio di gestione di portafogli contenuta nel TUF e ribaditi in sede regolamentare - costituiscono, secondo giurisprudenza costante, elementi tipologici della gestione di portafogli, la cui eventuale carenza «trascinerebbe» la fattispecie concreta in altra figura
patrimoni mobiliari, in Riv. critica dir. priv., 1997, 291 s.; X. Xxxxxxx, I contratti di gestione patrimoniale (a proposito di un libro di Xxxxx Xxxxxxxxxx), in Contr. e Imp., 2001, 702 s.; X. Xxxxx, Mala gestio e profili di responsabilità del gestore patrimoniale, in I contratti del mercato finanziario, cit., 918
70 Cfr. X. Xxxxxxxxxx, I contratti di intermediazione mobiliare, cit., 84, identifica nella finalità di valorizzazione del patrimonio la peculiarità della «gestione» di patrimoni realizzata attraverso investimenti in valori mobiliari, in contrapposizione alla nozione di
«amministrazione» la quale risulta invece orientata alla conservazione del patrimonio e all’esercizio dei diritti connessi ai beni amministrati; in senso analogo R.Costi-X. Xxxxxxxx, Il mercato mobiliare, cit., 246.
71 In questo senso in dottrina si veda X. Xxxxxxx, Gli obblighi di comportamento degli intermediari mobiliari, in Riv. soc., 1994, 797. Parimenti X. Xxxxxxx Xxxxx Xxxxx, Appunti sulla responsabilità dell’intermediario, cit., 875 s.
72 X. Xxxxxxxx, Mandato, cit., 28, mette in luce la rilevanza nel mandato del momento programmatico (si discorre di «insieme dei risultati programmati», 118) e l’indefettibilità dell’elemento della destinazione al mandante dei risultati economico-pratici dell’atto gestorio.
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contrattuale: «si ha gestione patrimoniale ove siano presenti gli elementi del mandato e dello svolgimento su base discrezionale ed individualizzata, cosicché, ove difettino tali elementi, si è al di fuori della gestione patrimoniale, rientrandosi nell’area consentita ai promotori finanziari, della consulenza ed assistenza nelle attività decisionali del cliente». 73
La discrezionalità della società di investimento è cifra intimamente correlata alla natura della relazione tra le parti nel contratto di gestione individuale di portafogli, segnata a monte da una condizione ontologica di squilibrio di potere contrattuale ed economico nonché di asimmetria informativa: una parte «forte», professionalmente competente, offre i propri servizi ad un soggetto che, al contrario, è tendenzialmente sguarnito di professionalità e conoscenza della materia. 74 Razionale è, pertanto, la scelta dell’investitore, specialmente non qualificato, di affidarsi ad un soggetto altamente professionale, tecnicamente competente a perseguirne gli interessi attraverso la movimentazione di un portafoglio mobiliare. 75 Di guisa che
73 Così, nella giurisprudenza di legittimità: Cass. 28-5-2007, n. 12479, in Soc., 2007, 1351 s.; Cass. 20-3-2003, n. 4081, in Foro it., I, 2003, 2085 s.; Cass. 12-4-2005, n. 7546, in Soc., 2005, 984 s. Per la giurisprudenza di merito si veda Trib. Biella 5-4-2007, in Banca borsa, I, 2009, 76 s.; App. Torino 8-7-2010, in xxx.xxxxxx.xx.
74 Più diffusamente su questi temi si rinvia alle considerazioni, tra gli altri, di X. Xxxxxxx, Autodeterminazione e formazione eterologa del regolamento negoziale. Il problema dell’effettività delle regole di condotta, in Riv. dir. priv, 2009, 93 s.; X. Xxxxxxx, Gli obblighi di informazione nella prestazione dei servizi di investimento, in Banca borsa, I, 2006, 372 s.; A. Fici, Il conflitto di interessi, cit., 295, il quale sostiene che l’asimmetria informativa opera, da un lato, giustificando l’esistenza stessa dell’intermediazione e, dall’altro, contribuendo a conformare le modalità di svolgimento della gestione.
75 Descrive plasticamente i termini della posta in palio X. Xxxxxxx, La natura e la struttura dei contratti di investimento, in Riv. dir. priv., 2009, 72, nt. 29: «sono in gioco due letture diversissime. In base alla prima, avvalersi di un intermediario professionale è meno pericoloso perché egli dispone di un patrimonio informativo e appunto di una professionalità che dovrebbero consentire di operare al meglio. […] Nella seconda lettura, avvalersi di un intermediario professionale è più pericoloso perché egli può approfittare del suo patrimonio informativo ed operare bensì al meglio, ma per sé. Questa seconda lettura è quella che si è prepotentemente affermata con la teoria nordamericana dell’agency, che ha insistito sulla possibilità che l’intermediario possa adottare comportamenti opportunistici». Per un approccio di analisi economica del diritto a questi temi si veda per tutti P. Giudici, La responsabilità civile nei mercati finanziari, Milano, 2008, 7 s.; X. Xxxxx, Informazione e consenso. Modelli economici e regole giuridiche, Torino, 2010, 113 s. Per significativi cenni sull’agency theory cfr. X. Xxxxxxx, I confitti di interesse e le regole di organizzazione, in Banche, servizi di investimento e conflitti di interesse, a cura di AA. VV., Bologna, 2007, 62 s.
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una certa libertà di scelta del gestore, un (più o meno) ampio arco di discrezionalità diviene immanente al rapporto di gestione di portafogli, pena il depauperamento della funzione dello stesso. 76
Il legislatore interviene per emendare e superare tale genetica condizione di asimmetria strutturale sul piano della funzionalità del rapporto, potenziando la tutela del cliente rispetto al gestore professionale. 77 A tal fine, per un verso, sono ad esso imposti doveri di informazione aventi ad oggetto la gestione medesima (per tutti l’obbligo di rendiconto) che assolvono la funzione di «tenere edotto il cliente delle vicende che […] coinvolgono il portafogli dato che questi potrebbe decidere di revocare l’incarico ed esigere la restituzione dei valori in gestione anche, eventualmente, in dipendenza di nuove informazioni». 78 Per altro verso, è prescritta l’individuazione nel regolamento contrattuale degli «obiettivi di gestione» e del «livello di rischio», elaborati sulla base delle informazioni fornite dal cliente, i quali definiscono oggetto e limiti del mandato di gestione: l’attività del gestore del portafoglio di investimento dovrà spiegarsi,
76 In letteratura mettono in luce l’importanza del ruolo giocato dalla discrezionalità del gestore nella prestazione del servizio di gestione di portafogli, fra gli altri: X. Xxxxxxx, Le regole di condotta degli intermediari finanziari. Discipline e forme di tutela, Milano, 2004, 98 s.; X. Xxxx, Il conflitto di interessi, cit., 296 s.
77 E ciò a salvaguardia, in particolare, dell’affidamento riposto del cliente nella professionalità del gestore. Sul tema si veda X. Xxxx, op. cit., 288 s., il quale argomenta l’idea che la relazione tra gestore e cliente sia lato sensu fiduciaria nel senso che «la rilevanza della fiducia sta nel fatto che il soggetto cui è affidata la gestione, non sopportando il rischio delle decisioni che assume, potrebbe non compiere le scelte più idonee nell’interesse del patrimonio gestito». Secondo X. xx Xxxxx, Patrimonio e gestione. Spunti per una ricostruzione sistematica dei fondi comuni di investimento, in Riv. dir. comm., I, 1992, 54 s., non è possibile determinare a priori e con esattezza il contenuto dell’obbligazione del gestore proprio perché esso va modulato alla luce dell’interesse concreto del gerito. L’A. individua, nell’ambito del rapporto gestorio, una corrispondenza biunivoca tra fiduciarietà e discrezionalità, cosicché il problema posto da questa fattispecie negoziale diviene quello di tutelare l’affidamento risposto da una parte nell’altra. Per una nitida distinzione tra la fides (intesa nei termini appena descritti) ed altri fenomeni giuridici di carattere fiduciario (trust, società fiduciarie, intestazione fiduciaria) cfr. X. Xxxxx Xxxxx, Le gestioni patrimoniali, cit., 53 s. La rilevanza dell’elemento fiduciario è testimoniata dalle altre esperienze europee nelle quali si discorre di fiduciaries duties o di obligation de fidèlitè, gravanti sui gestori di portafogli di investimento: indaga il dato comparatistico X. Xxxxxxx, I contratti di gestione patrimoniale, cit., 704 s.
78 Così X. Xxxxx, Contratto di gestione di portafogli, cit., 736.
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pertanto, secondo scelte discrezionali che si palesino «adeguate» a siffatti limiti. 79
La regola di adeguatezza delle scelte di investimento, innestata esclusivamente nei meccanismi di prestazione del servizio di gestione di portafogli, rappresenta l’elemento principale di novità della disciplina
«Mifid». 80 L’accentuazione dei doveri di condotta gravanti sul gestore di
79 In dottrina si è ulteriormente sviluppato questo tipo di ricostruzione, sostenendo che il compimento di una scelta di gestione ritenuta non adeguata all’interesse dedotto nel programma negoziale, travalicando i limiti del mandato conferito dall’investitore, dà la stura all’invocazione da parte di quest’ultimo del rimedio di carattere «reale» previsto dal 1° comma dell’art. 1711 c.c., ossia la reiezione degli effetti dell’atto che abbia ecceduto i limiti fissati nel mandato. L’atto esorbitante resterà così a carico del mandatario/gestore. Per questa riflessione si veda Xxxxxxxx, Il conflitto di interessi, cit., 766; parimenti X. Xxxxxxx, Discipline preventive nei servizi di investimento: le sezioni unite e la notte (degli investitori) in cui tutte le vacche sono nere, in Contratti, 2008, 408; X. Xxxxxx, I rimedi per la violazione delle regole di condotta, cit., 336 s., opportunamente precisa che, in ragione delle esigenze di tutela dei terzi che entrano in rapporto con il gestore, il rimedio potrà essere utilmente invocato solo con riguardo ad operazioni di investimento e non di disinvestimento. Concretizza un’ipotesi di inadeguatezza nel caso dell’incongruenza tra il rischio dell’operazione risultata e il rischio appropriato al
profilo dell’investitore X. Xxxxxxxxxx, Mercato mobiliare e tutela del risparmio, Milano, 2009, 79
80 Anche nella previgente normativa regolamentare si contemplava la regola dell’adeguatezza all’art. 11 reg. Consob n. 5387/1991: «gli intermediari autorizzati, quando ricevono da un cliente disposizioni relative ad operazioni che, sulla base delle informazioni acquisite ai sensi dell’art. 6, comma 1, non appaiano adeguate per il cliente stesso lo
informano compiutamente delle ragioni per cui dette operazioni non risultano adeguate». L’art. 29 del successivo reg. n. 11522/1998 aggiungeva che «gli intermediari autorizzati si astengono dall’effettuare con e per conto degli investitori operazioni non adeguate tipologia, oggetto, frequenza o dimensione». Come noto, nella vigente normativa comunitaria la regola di adeguatezza è posta dagli artt. 35 e 36 dir. 2006/73 attuativa della Mifid, in Italia recepiti agli artt. 39 e 40 reg. Intermediari n. 16190/2007. L’art. 39 prescrive all’intermediario finanziario di raccogliere dal cliente informazioni in merito a: a) conoscenza ed esperienza nel settore di investimento rilevante per il tipo di strumento o di servizio, b) situazione finanziaria, c) obiettivi di investimento. Laddove non le ottenga ovvero le ritenga manifestamente superate, inesatte, incomplete si dovrà astenere dal prestare il servizio di investimento (art. 39, 5° e 6° comma). Ancora si pone divieto agli intermediari di incoraggiare l’investitore a non fornire le predette informazioni (art. 39, ultimo comma). In dottrina sulla regola di adeguatezza si veda, tra gli altri, X. Xxxxxxx, Le regole di adeguatezza e i contratti di borsa: tecniche normative, tutele e prospettive Mifid, in Riv. dir. priv., 2008, 36, il quale evidenzia come essa si colori di variegate sfumature: i) è adeguatezza finanziaria, in quanto le operazioni devono risultare corrispondenti agli obiettivi di investimento del cliente; ii) è adeguatezza patrimoniale, poiché il cliente deve essere finanziariamente in grado di sopportare qualsiasi rischio connesso all’investimento; iii) è adeguatezza conoscitiva, nel
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portafogli rende manifesta la relazione di proporzionalità diretta coniugante l’intensità della tutela predisposta a favore del cliente al tasso di discrezionalità del gestore connotante il servizio. 81 Nella normativa interna, l’art. 40 del reg. Intermediari n. 16190/2007 impone, infatti, al gestore di portafogli l’obbligo di porre in essere esclusivamente operazioni reputate adeguate a siffatto complesso di informazioni. La valutazione di adeguatezza in merito alle scelte di gestione è intimamente legata ad un altro elemento precipuamente caratterizzante il rapporto di gestione di portafogli: il dovere dell’intermediario di informarsi sulla propria controparte contrattuale - sancito all’art. 21, lett. b), TUF - che risulta, infatti, prodromico alla valutazione di adeguatezza dell’operazione che l’intermediario si accinge ad eseguire nel quadro del servizio di gestione individualizzata di portafogli. 82
In linea di continuità si pone l’altro carattere distintivo del servizio di gestione di portafogli cui si accennava: l’ «individualizzazione» è, infatti, espressione della necessità che l’impresa di investimento predisponga e metta in atto una linea di gestione patrimoniale «personalizzata» sulla scorta delle informazioni fornite dal singolo cliente, calibrata su un livello di rischio adeguato e il cui rendimento verrà raffrontato ad uno specifico benchmark. 83
senso che il cliente deve possedere la necessaria esperienza e conoscenza per comprendere i rischi inerenti all’operazione e alla gestione del suo portafoglio.
81 In dottrina sul punto X. Xxxxxx, La non adeguatezza delle operazioni di investimento al vaglio della Corte di Cassazione, nota a Cass., 25-6-2008, n. 17340, in Giur. it., 2009, 895 s.
82 In dottrina mette in risalto lo stretto rapporto di strumentalità tra il dovere di informarsi e l’obbligo di valutazione dell’adeguatezza delle operazioni di investimento X. Xxxxxxx, Le regole di condotta degli intermediari finanziari, cit., 205 s. Pare potersi suggerire che, in questo settore, la know your customer rule e la suitability rule informino e strutturino il giudizio di diligenza - che qui si atteggia quale «specifica diligenza» (art. 23, 6° comma, TUF) risultante dal combinato disposto degli artt. 1176, 2° comma, c.c., 1710 c.c. e 21, lett. a), TUF - relativo allo sforzo debitorio dovuto dal gestore professionale di portafogli di investimento; per questo profilo si veda in dottrina l’analisi di Barcellona, Mercato mobiliare e tutela del risparmio, cit., 59.
83 L’individualizzazione consente altresì di discernere fra lo schema contrattuale in esame ed altre figure che, per certi versi affini, si distinguono proprio sotto questo profilo. Si fa riferimento, in particolare, al contratto di gestione collettiva del risparmio, al quale sia la disciplina di rango ordinario che i regolamenti attuativi riservano una normativa ad hoc. In letteratura si ritiene che, pur condividendo la funzione economico-sociale, il discrimen fra le due fattispecie può scorgersi in ciò, che nelle gestioni collettive il sottoscrittore di quote del fondo di investimento non detiene alcun potere di iniziativa e di intervento rispetto alla gestione del fondo stesso, trovandosi in una posizione di sostanziale passività: si veda X. Xxxxx-X. Xxxxxxxx, Il mercato mobiliare, cit., 373. Parla di «spersonalizzazione della posizione del 46
Sul piano della prassi, il tasso di effettiva «personalizzazione» diviene sovente estremamente ridotto, poiché l’interesse del singolo risulta assorbito da quello standardizzato dell’insieme dei clienti che hanno optato per una certa linea di gestione. Tuttavia, l’individualizzazione conserva un’effettiva valenza lungo il dispiegarsi del rapporto, consentendo al cliente di manifestare il cambiamento delle proprie esigenze e dei propri obiettivi o di impartire istruzioni, così da rendere necessaria una rimodulazione del servizio concretamente prestato a suo favore, pena la responsabilità dell’intermediario. 84
La lett. a) dell’art. 24 TUF, sancendo che «il cliente può impartire istruzioni vincolanti in ordine alle operazioni da compiere», attribuisce all’investitore/mandante, in quanto titolare dell’interesse gerito, la facoltà di impartire nella fase esecutiva del rapporto ulteriori istruzioni vincolanti per il gestore/mandatario. 85 L’esercizio di tale facoltà consente al cliente di specificare, rettificare o aggiornare la linea della gestione patrimoniale, facendo sì che la strategia di investimento, entro la quale si dispiega la discrezionalità tecnica del gestore, si moduli secondo le sue rinnovate priorità.
Va precisato che l’utilizzo da parte dell’investitore della facoltà di impartire istruzioni specifiche - aventi cioè ad oggetto un’operazione di
mandante»nella gestione collettiva X. Xxxxx, Patrimonio e gestione, cit., 68.
84 Si veda X. Xxxxx-X. Xxxxxxxx, op. cit., 251; X. Xxxxx, Strumenti finanziari e servizi di investimento, in Banca borsa, I, 1997, 343; X. Xxxxxxxxxx, La disciplina del mercato mobiliare, cit., 82; e già X. Xxx, Xxxxxxxx e problemi dell’attività fiduciaria, in Giur. comm., I, 1989, 112 s., secondo cui
«è all’interesse individuale del cliente, per quanto di fatto standardizzato esso sia, che deve essere in ogni momento conforme l‘azione dell’intermediario: il parametro di riferimento per un eventuale giudizio di responsabilità del medesimo sarà dunque dato da quell’interesse individuale».
85 Le istruzioni del cliente possono essere assimilate a quelle del mandante, le quali vengono qualificate in letteratura come dichiarazioni non negoziali volte a specificare l’oggetto della prestazione dovuta dal mandatario da X. Xxxxxx, Efficacia giuridica, in Enc. dir., XIV, Milano, 1965, 496 s.; X. Xxxxxxxx, La dichiarazione non negoziale di volontà, Milano, 1965, 120 s. Dalla disciplina dei servizi di investimento di fonte comunitaria ed interna sembra opportuno trarre una distinzione tra i concetti di «istruzione» e di «ordine» (arg. ex art. 21 dir. 2004/39 ed art. 44, par. 2, dir. 2006/73): tramite l’istruzione il cliente è in grado di specificare o modificare la cornice programmatica del mandato di gestione e financo di indicare particolari modalità esecutive di determinate operazioni; l’ordine, invece, ha quale oggetto un’operazione di investimento/disinvestimento su uno strumento finanziario in sé considerata.
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investimento/disinvestimento o le relative modalità tecniche esecutive - non può costituire espressione della «normalità» nella dinamica del rapporto di gestione. 86 Xxxxxx, potrebbe rivelarsi estremamente contraddittorio che l’investitore, dopo avere affidato la gestione di un patrimonio ad altro soggetto tecnicamente qualificato, pretenda poi di determinare, in modo continuativo ed autonomo, le singole operazioni di acquisto/vendita di strumenti finanziari sul mercato mobiliare. Il potere di governo del gerito sull’azione del gestore tende in concreto ad indebolirsi dinanzi ad un’esigenza di sostituzione nello svolgimento di un’attività professionalmente svolta. 87 Al riguardo può osservarsi che, nel momento in cui l’investitore dovesse impartire un’istruzione in merito ad un’operazione di investimento non adeguata alla strategia precedentemente concordata con l’intermediario, il gestore non potrà limitarsi ad eseguire pedissequamente l’operazione inadeguata oggetto di istruzione. 88 Alla luce del fondamentale
86 In letteratura X. Xxxxxxxx, Contratto di investimento e rapporto di gestione (riflessioni sulla proprietà delegata), in Riv. critica. dir. priv., 1988, 751, sostiene che «d’altra parte non sarebbe concepibile un esercizio sistematico di questa (eccezionale) facoltà dell’investitore se non a costo di svuotare del proprio senso economico e giuridico l’operazione e il servizio di gestione».
87 La contestualizzazione dell’istruzione dell’investitore/mandante nelle dinamiche proprie del rapporto di gestione è argomentazione condivisa in dottrina: si vedano, in particolare, X.Xxxxxxx, Gli obblighi di comportamento degli intermediari mobiliari, cit., 797, il quale sostiene che il legislatore abbia voluto garantire una «sacca» di autonomia al gestore, razionalmente giustificata dalla professionalità dell’incaricato e dalla tendenziale incompetenza del cliente; X. Xxxxxxx Xxxxx Xxxxx, Appunti sulla responsabilità dell’intermediario, cit., 877, secondo cui «l’interesse del cliente può essere tecnicamente perseguito con efficacia solo dal gestore, a meno che il cliente non abbia, per avventura, anch’egli una specifica competenza professionale nel settore».
88 Questa peculiare ipotesi era regolata dal già
citato art. 11 del reg. Consob n. 5387/1991 e poi dall’art. 29, 3 ° comma, reg. n. 11522/1998: entrambi imponevano agli intermediari mobiliari, con talune cautele, l’obbligo di eseguire l’istruzione reiterata dal cliente informato della non adeguatezza della stessa. La dottrina, nella vigenza della legge n. 1/91, aveva prefigurato un’apposita dialettica tra gestore e cliente in base alla quale «1) l’intermediario rifiuta l’esecuzione di un ordine perché lo ritiene incongruo rispetto al patrimonio del cliente; 2) il cliente reitera l’ordine; 3) l’intermediario è costretto ad eseguirlo»: così X. Xxxxxxx, Gli obblighi di comportamento degli intermediari mobiliari, cit., 801. Nella disciplina attuale non compare più tale meccanismo dialogico standardizzato; oltre al ricordato disposto della lett. a) dell’art. 24 TUF, si prevede, con specifico riguardo alla gestione di portafogli, che «in ogni caso, qualora il cliente impartisca istruzioni specifiche, l’intermediario è tenuto ad attenersi alle stesse, limitatamente agli elementi oggetto delle indicazioni ricevute» (art. 48, 4 ° comma, reg. Intermediari n. 16190/2007).
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principio secondo cui «il mandatario si fa interprete intelligente della volontà del mandante» 89 e della centralità assunta dall’informazione nella disciplina del contratto di gestione di portafogli, è possibile sostenere che il gestore sia tenuto ad informare chiaramente il cliente sullo stato delle cose, raccomandando una rinnovata ponderazione dell’istruzione impartita. 90 Qualora il gestore decidesse poi di porre in essere l’operazione di investimento oggetto dell’istruzione reiterata del cliente ciò importerà un aggravio della sua prestazione, in quanto si troverà costretto a riconfigurare per il futuro un diverso piano di investimento sulla scorta delle «novità» manifestate dal cliente. 91
89 Le parole, pronunziate da Xxxxxxx Xxxxxxxx nel corso dei lavori preparatori in seno alla Commissione delle Assemblee legislative sul Progetto del Libro delle obbligazioni, sono riportate da X. Xxxxxxxxx, Il mandato, cit., 54, nt. 4, e riprese da X. Xxxxxxx, Il mandato, cit., 178.
90 Per questa ricostruzione si vedano Xxxxxxx, Gli obblighi di comportamento degli intermediari mobiliari, cit., 793, il quale riconduce siffatto complessivo contegno alla diligenza professionale del gestore; X. Xxxxxxx Xxxxx Xxxxx, Appunti sulla responsabilità dell’intermediario, cit., 875, il quale sostiene che al gestore/mandatario compete, per legge e/o per contratto, un potere di iniziativa autonomo ed intelligente; X. Xxxxxxx, Il mandato, cit., 183 s., che ravvisa, in queste ipotesi, la sussistenza in capo all’intermediario finanziario dell’obbligo di eseguire una prestazione di vera e propria «consulenza». Siffatta impostazione consente, peraltro, di affrontare il rischio di una sostanziale «deresponsabilizzazione» dell’intermediario finanziario, che verrebbe dunque scongiurata attraverso una condotta conforme ai termini descritti: sul problema le considerazioni di Xxxxxxx, Le regole di condotta degli intermediari finanziari, cit., 259. Si veda altresì l’indicazione di ASSOGESTIONI, Contratti relativi al servizio di gestione di portafogli. Linee guida, validate dalla Consob il 5 agosto 2009, p. 17, laddove è precisato che il contratto di gestione deve specificare che la società di intermediazione non darà corso ad istruzioni specifiche del cliente che non siano ritenute adeguate.
91 Così si esprime X. Xxxxxxx Xxxxx Xxxxx, Appunti sulla responsabilità dell’intermediario, cit., 878. Si rammenta che, quale extrema ratio rispetto alla reiterazione di un istruzione del cliente avente ad oggetto un’operazione inadeguata al mandato ricevuto, la lett. e) dell’art. 8 legge SIM faceva salvo il diritto del gestore di recedere ai sensi dell’art. 1727 c.c., il quale specifica, come noto, che la rinunzia deve esser fatta con modalità e tempi tali che consentano al mandante di provvedere altrimenti. Non potendo in questa sede approfondire l’argomento ci si limita a segnalare che tale esplicito collegamento non è più espressamente posto nella vigente legislazione in materia; sicché si può (sulla base del brocardo «ubi lex noluit tacuit») argomentare che l’inadeguatezza dell’istruzione non potrà più essere considerata - come invece in passato - quale giusta causa di recesso della società di investimento. Tuttavia si richiama sul punto l’orientamento di recente espresso dalle linee guida di ASSOGESTIONI, Contratti relativi al servizio di gestione di portafogli. cit., 17, in cui è fatto salvo il diritto di recesso della società di intermediazione nell’ipotesi di ricevimento di istruzioni specifiche inadeguate da parte del cliente. Si segnala inoltre che, tuttora, i moduli contrattuali standard di gestione di
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L’intrecciarsi di queste caratteristiche suggella quella che, in dottrina, è stata definita «l’autonomia tipologica della gestione rispetto alla intermediazione». 92 Tale autonomia non si spiega soltanto in ragione del peculiare contenuto della prestazione eseguita dall’intermediario finanziario che agisce nelle vesti di gestore di un portafogli individuale di investimento. Diversamente dagli altri contratti di intermediazione mobiliare, nella
«gestione individuale di patrimoni» la volontà decisionale viene traslata tout court dall’investitore al gestore, pur permanendo integro il potere del primo di modificare e rinnovare le linee direttive della gestione. Con tale contratto, come si è avuto occasione di dire, in vista della valorizzazione del suo patrimonio mobiliare il risparmiatore sceglie di non occuparsi specificamente, nell’an e nel quomodo, delle scelte di investimento/disinvestimento e piuttosto di riporre la propria fiducia nelle capacità professionali del gestore.
portafogli di imprese di investimento e banche presentano clausole di questo contenuto.
92 X. Xxxxxxxxxx, Il diritto civile della legislazione nuova, cit., 38, il quale evidenzia la discrasia fra la suddetta autonomia tipologica ed il formale inserimento dell’attività di gestione fra le attività di intermediazione mobiliare.
93 Da quasi tre decenni in dottrina ed in giurisprudenza ci si interroga sulla natura di questo contratto. Propende decisamente per l’avvenuta conclusione di un processo di tipizzazione legale del contratto di gestione di portafogli, avente come epicentro la maturata autonomia dell’elemento causale, X. Xxxxx, Contratto di gestione di portafogli, cit., 705 s. Per tale ragione, la gestione di portafogli viene ritenuta un «contratto tipico e nominato». Di quest’avviso altresì X. Xxxxx-X. Xxxxxxxx, Il mercato mobiliare, cit., 373, secondo cui «la gestione di portafogli di investimento in strumenti finanziari è, fin dal 1991, un contratto tipico, del quale è pertanto superflua e anzi fuorviante la qualificazione in termini di contratto di mandato»; X. Xxxxxxxxxx, I contratti di intermediazione mobiliare, cit., 106 s. Il trend giurisprudenziale è in questa direzione: si veda Trib. Biella 5-4-2007, cit., 76 s., secondo cui «il contratto di gestione individuale di portafogli di investimento è un contratto nominato, caratterizzato dalla funzione gestoria, regolato espressamente dalle norme primarie e secondarie […] , e solo in xxx xxxxxxxxx, xx xxxxxxxx xx xxxxxxxxxxxx xx xxxxxxx, xxxxx xxxxx xxx xxxxxxx professionale»; App. Torino 8-7-2010, cit.: «la gestione di portafogli integra un contratto tipico strutturato sugli elementi del mandato, connotati dal carattere della discrezionalità».
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gestione di portafogli» è difatti assurto a contratto nominato, poiché così
«battezzato» dal legislatore speciale, e tipico.
Si tratta, a rigore, di una tipizzazione legale lacunosa poiché, se è vero che il legislatore ha estratto l’attività di gestione di patrimoni mediante investimenti in valori mobiliari dalle «paludi» dell’atipico impostando un canovaccio di norme primarie e regolamentari 94, non può tuttavia essere ignorata la frammentarietà del dettato normativo di rango primario in punto di disciplina del sinallagma contrattuale e, segnatamente, dei doveri gestori gravanti sull’intermediario finanziario, nonché dei rimedi apprestati per le
«patologie» del rapporto contrattuale. Né può tacersi la circostanza che, con riguardo a siffatti profili, siano i regolamenti Consob a comporre la porzione di disciplina di questa fattispecie più significativa sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo.
Nonostante questa regolamentazione a più livelli, la disciplina del contratto di gestione di portafogli non può essere considerata quale sistema chiuso ed in sé autosufficiente.
Pertanto, non perde di senso sia speculativo sia pragmatico l’operazione ermeneutica di riconduzione del contratto di gestione di portafogli ai tipi del codice civile che possano condividerne funzione e struttura. 95
94 Discorre dei «disastri del fenomeno dell’atipico» in questa materia X. Xxxxx Xxxxx, Le gestioni patrimoniali, cit., 44 s. Nella fase antecedente all’introduzione della legge SIM, X. Xxxxxxxx, Contratto di investimento e rapporto di gestione, cit., 692 s., sosteneva la «tipicità sociale» del contratto di gestione in contrapposizione alla ricostruzione del rapporto gestorio in termini di mandato, sottolineando il sostanziale esautoramento dell’investitore (titolare dell’interesse gerito) rispetto alla posizione tipica del mandante.
95 Con riguardo al metodo tipologico il rinvio è su tutti a X. Xx Xxxx, Il tipo contrattuale, Padova, 1974, passim; in particolare in relazione all’emersione di nuove figure contrattuali, 174 s. Riguardo allo specifico settore in esame, si veda X. Xxxxxxx, Gli obblighi di comportamento degli intermediari mobiliari, cit., 792 s., il quale sostiene che «il problema del riferimento ai tipi del codice civile - e tra essi al mandato che costituisce lo schema generale di gestione per conto altrui - non è completamente superato dalla tipizzazione dei contratti di intermediazione»; X. Xxxxxxx, Le regole di condotta degli intermediari finanziari, cit., 100 s., afferma che «il contratto di gestione è ormai da ritenersi una fattispecie tipica ed autonoma» ma precisa come «risulta ancora di notevole portata giuridico - pratica la questione della sussunzione o, per lo meno, della riconducibilità del contratto di gestione nell’ambito del contratto di mandato, là dove la disciplina di riferimento non sia idonea a regolamentare la fattispecie concreta». Di quest’avviso anche X. Xxxxxxxxxx, La disciplina del mercato mobiliare, cit., 81, secondo il quale «la disciplina del mandato ha comunque vocazione ad applicarsi, se non altro per colmare le lacune della disciplina speciale, e per agevolarne l’interpretazione».
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L’attenzione dell’interprete è subito attratta dal contratto di mandato, quale schema fondamentale di gestione per conto altrui. A fondare questo approccio sono anzitutto numerosi e significativi riferimenti testuali a tale tipo contrattuale presenti nella normativa comunitaria e municipale: si pensi all’espressione «incarico» prevista dalla lett. a) dell’art. 8, legge n. 1/1991 nonché, nella disciplina odierna, all’esplicita menzione del «mandato» presente nella citata definizione del servizio di gestione di cui all’art. 1, comma 5° quinquies, TUF; ed, ancora, al diritto del cliente di impartire istruzioni vincolanti all’intermediario finanziario e al diritto di recesso della SIM testualmente assoggettato all’art. 1727 c.c., disciplinati in stretta relazione dall’art. 8, lett. e), l. n. 1/1991. 96 Ulteriormente probante si palesa una serie di regole, dettate riguardo al contratto di gestione di patrimoni, le quali evocano elementi «naturali» del rapporto di mandato, come delineato dal codice civile: dalla facoltà di recesso del cliente (art. 8, lett. d, l. 1/91; art. 24, 1° comma, lett. b, TUF) alla titolarità delle somme e dell’affare attribuita al cliente/mandante (art. 7, 1° comma, lett. d, l. 1/91; art 22 TUF); dalla sostituzione del gestore/mandatario (art. 8, lett. i, l. 1/91; art. 38, lett. e, reg. Consob 16190/2007) all’obbligo di rendiconto di quest’ultimo (art 8, lett. h, l. 1/91; art. 54 reg. 16190/2007). 97
96 Si rammenta inoltre che nella l. n. 1/1991 si compiva altresì un richiamo alla diligenza del mandatario, quale parametro di riferimento dell’onere probatorio gravante sull’intermediario mobiliare nei giudizi di responsabilità (art. 13, 10° comma), espunto dalla corrispondente regola odierna in tema di responsabilità dell’intermediario finanziario (art. 23, 6° comma, TUF).
97 In dottrina compie un’analitica valutazione di compatibilità del richiamo, nell’ambito del rapporto di gestione di patrimoni, delle regole di impianto codicistico che disciplinano il mandato, rilevando sia soluzioni di continuità che di differenziazione, X. Xxxxxxxxx, Rappresentanza e responsabilità nell’intermediazione mobiliare, in L’intermediazione mobiliare, cit., 137 s. Su questa scia si attestano altresì X. Xxxxxxxxxxx, Le gestioni bancarie di patrimoni mobiliari, in Banca borsa, I, 1987, 280 s.; Id., Gestioni patrimoniali, asset management, tutela del risparmiatore, in Banca borsa, I, 2002, 443 s.; X. Xxxxxx, Il mandato: profili d’inquadramento, in Il mandato, a cura di X. Xxxxxx, Milano, 2000, 5 s.; X. Xxxxxxxx, Il conflitto di interessi, cit., 758;G.
G. X’Xxxxx, La tutela dell’investitore, cit., 67; X. Xxxxx, Mala gestio e profili di responsabilità, cit., 925 s. Lo qualifica come «mandato di diritto speciale» X. Xxxxxxxxxxx, Intermediazione mobiliare e sollecitazione al pubblico risparmio nella disciplina del mercato mobiliare, in Trattato di dir. comm. e dir. pubbl. dell’ec., diretto da X. Xxxxxxx, Padova, 1994, 53.Viene contrassegnato come «mandato speciale senza rappresentanza» da X. Xxxxxx, I rimedi per la violazione delle regole di condotta, cit., 336.
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Emerge nitidamente come il legislatore, fin dal 1991, nel disciplinare il contratto di gestione di patrimoni abbia sempre avuto in mente lo schema codicistico del mandato e sia poi intervenuto con apposite previsioni - ora integrando e specificando la regola di diritto comune, ora discostandosene - qualora abbia ritenuto opportuno ridisegnare l’equilibrio tra i «vettori» di forza agenti nel rapporto, per rafforzare la tutela dell’investitore in un rapporto strutturato, come detto, sulla discrezionalità del professionista. 98 Nelle regole vincolanti il contenuto e la forma del contratto di gestione di portafogli, nella disciplina dell’informazione sulla gestione da fornire al cliente attraverso il rendiconto di gestione, nella regola di adeguatezza degli atti di gestione del patrimonio mobiliare al profilo concordato con il cliente, nella facoltà dell’investitore di impartire istruzioni vincolanti nel corso del rapporto e nella libera recedibilità del cliente dal contratto (regole per lo più previste sotto pena di nullità relativa azionabile dal solo cliente, a mente dell’art. 24, 2° comma, TUF) si possono identificare epifanie di tale obiettivo.
La riconduzione alle regole del mandato, lungi allora dal voler disperdere o obliterare gli elementi di autonomia tipologica del contratto di gestione di portafogli, mira invece ad esaltarne il comune elemento causale 99: la cooperazione gestoria, di cui il mandato è archetipo. 100
98 Così X. Xxxxxxxxx, Rappresentanza e responsabilità, cit., 138
99 Di questo tenore le considerazioni di X. Xxxxx, Mala gestio e profili di responsabilità, cit., 926, nt. 24, il quale sostiene che «nel ricondurre la gestione di patrimoni al tipo legale del mandato non si intende, peraltro, affermare l’esaustività del relativo schema contrattuale, ma soltanto esaltare il carattere neutro della sua causa che lo rende riferibile a fattispecie di cooperazione gestoria impensabili all’epoca della redazione del codice civile». Sottolinea come lo schema contrattuale del mandato sia sostanzialmente «incolore», a bassa definizione e per questo particolarmente elastico Xx Xxxx, Il mandato. La nozione, in I contratti di collaborazione, cit., 30. Sul tema già X. Xxxxxxxxx, Del mandato. Disposizioni generali, in Comm. Scialoja-Xxxxxx- Xxxxxxx sub artt. 1703-1709, Bologna-Roma, 1985, 2 s., scriveva: «sarà agevole verificare come la normativa del mandato […] trovi molteplici applicazioni, dirette o indirette, anche in relazione a taluni profili (diligenza, responsabilità, ecc.) della disciplina di fattispecie regolate solo parzialmente dalla normazione predisposta per altri tipi «nominati».» La disciplina del mandato, in quanto costituita prevalentemente da regole c.d. «transtipiche», «persiste nel conservare pressoché integro il suo ruolo di tipo-guida, di fondamentale punto di riferimento normativo per la regolamentazione di tutti i contratti di collaborazione». Non manca, però, chi dal medesimo presupposto della duttilità dei meccanismi negoziali del mandato ha dedotto «una decadenza e un deperimento del suo ruolo di paradigma logico e normativo delle forme di cooperazione gestoria, tale da mettere in dubbio perfino l’utilità della sua stessa
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Potrebbe rivelarsi pertinente, dunque, il richiamo alla categoria del
«sottotipo», in quanto il contratto di gestione individuale di patrimoni si sviluppa tutto nello schema causale del mandato e muta per peculiari elementi caratterizzanti: elementi, per un verso, correlati alla circostanza che qui si tratta di cooperazione specialistica, in ragione delle particolari competenze e capacità professionali del mandatario/gestore, naturalmente destinata a protrarsi nel tempo e finalizzata al perseguimento del precipuo interesse del mandante/investitore alla valorizzazione del patrimonio mobiliare; per altro verso, teleologicamente orientati verso la predetta finalità di protezione del cliente. 101
Sotto il profilo euristico, l’operazione di qualificazione e di «regolamento di confini» fra tipi contrattuali convince della bontà di un’integrazione in xxx xxxxxxxxxxxxxx xxxxx xxxxxx xxxxxxxxxxxx xxx xxxxxxx nel tessuto normativo del contratto di gestione di portafogli, sottoposta alla condizione di un preliminare vaglio di compatibilità di tali regole con le finalità proprie della
presenza»: X. Xx Xxxx, Il tipo contrattuale, cit., 229. Descrive un vero e proprio revirement negli equilibri tra il mandato e le figure di gestione speciali a favore di queste ultime X. Xxxxx, La gestione di portafogli, cit., 35 s.
100 La dottrina insegna che il mandato è il paradigma dei rapporti di cooperazione: così, su tutti, X. Xxxxxxxxx, Il rapporto di gestione sottostante alla rappresentanza, ora in Studi sulla rappresentanza, Milano, 1965, 166; Id., Rilevanza del rapporto interno nella rappresentanza indiretta, ivi, 486. X. Xxxxxxxx, Il conflitto di interessi, cit., 743, scrive che «il rapporto di gestione per eccellenza è quello che nasce dal mandato, che costituisce l’archetipo dei contratti funzionalmente caratterizzati dalla cooperazione gestoria»; si veda altresì X. Xxxxxxxxx, Xxxxxxx, in Riv. dir. civ., I, 1997, 147 s. Per recenti trattazioni si veda P. Sirena, La categoria dei contratti di collaborazione, in I contratti di collaborazione, cit., 12, secondo cui «l’obbligazione di agire nell’interesse altrui […] costituisce il criterio formale che unifica dogmaticamente la categoria dei contratti di collaborazione». In dottrina inquadra la gestione di portafogli nella categoria dei contratti di cooperazione (o collaborazione) con causa mandati X. Xxxxxxx, Forme informative, cura dell’interesse ed organizzazione dell’attività nella prestazione dei servizi di investimento, in Riv. dir. priv., 2005, 587 s.; X. Xxxxxxxxx, Collocamento di prodotti finanziari e regole di informazione: la scelta del rimedio applicabile, in Danno e resp., 2005, 1242. Nell’ambito della disciplina dei contratti per la prestazione di investimento in generale e con particolare riguardo alla gestione di patrimoni, l’essenza dello sforzo di cooperazione dovuto dal gestore è racchiusa nella locuzione normativa «servire al meglio l’interesse del cliente», contenuta nella lett. a) dell’art. 21 TUF.
101 La nozione di «sottotipo» si fonda sull’idea per cui «da un tipo, quindi, in misura proporzionale al suo grado di elasticità, possono discendere altrettanti sottotipi, in quante siano le possibilità di aggiungere, a quello schema, note individuatrici ulteriori - non contemplabili come essenziali per la definizione del tipo - rispetto a quelle proprie del tipo»: così X. Xxxxxxxxx, I contratti in generale, Torino, 1999, 44 s.
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disciplina in esame ed, in definitiva, con il generalizzato favor per l’investitore non professionale che da essa - come si è tentato di illustrare - si trae. 102
102 Questo vuol essere, d’altronde, il percorso esegetico seguito in precedenza con riguardo alle questioni, poste dal caso di specie, della sussistenza di un termine di approvazione del rendiconto fornito dal gestore e delle conseguenze della omessa contestazione (si veda p. 10) ovvero della delimitazione del potere di recesso del cliente (si veda nt. 46).
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