JOBS ACT: UN NUOVO COLPO DI SPUGNA PER IL CONTRATTO DI APPRENDISTATO
JOBS ACT: UN NUOVO COLPO DI SPUGNA PER IL CONTRATTO DI APPRENDISTATO
Puntuale come ormai quasi ogni anno, ecco giungere nuovi rimaneggiamenti alla disciplina dell’apprendistato. Con il D.L. n. 34/2014, infatti, il nuovo Governo modifica le regole della fattispecie contrattuale in esame confermando, in questo modo, da un lato, l’interesse crescente nei confronti del cosiddetto contratto privilegiato per l’inserimento dei giovani nel mercato del lavoro e, dall’altro, le innegabili difficoltà riscontrate nel far decollare un contratto “snaturato” da vincoli e oneri di natura burocratica, tanto a livello nazionale, quanto a quello regionale.
Quali sono, dunque, le nuove proposte che si propongono di cambiare le sorti dell’apprendistato? Il DL 34/2014 apporta, sostanzialmente, quattro modifiche:
-eliminazione della forma scritta del PFI: il nuovo decreto dispone l’obbligo della forma scritta solo per il contratto e per il patto di prova, ma elimina tale onere (esistente in capo al datore di lavoro) per la redazione del PFI. Conseguenza pratica diretta è, da un lato, la piena discrezionalità lasciata, in materia, al datore di lavoro; dall’altro la verifica in concreto dell’avvenuta formazione, affidata agli ispettori del lavoro, che non potranno, infatti, più rifarsi ad una documentazione specifica.
È da sottolineare, tuttavia, che questa soluzione si inserisce nel solco già segnato dalle precedenti linee guida adottate in Conferenza permanente Stato, Regioni e Province Autonome di Trento e Bolzano, lo scorso 17 ottobre 2013, in cui si disponeva l’obbligatorietà di predisporre il PFI solo per la formazione specialistica, divenendo facoltativo, dunque, per la formazione di base e trasversale.
-Eliminazione della percentuale di conferma: sembra non sussistere più l’obbligo per il datore di lavoro di mantenere in servizio una percentuale di apprendisti che concludono il periodo di formazione, per poter avviare nuovi rapporti di apprendistato.
Vengono meno, infatti, le disposizioni del Testo Unico che consentivano alla contrattazione collettiva di fissare forme e modalità per la conferma in servizio (art. 2, c. 1, lett. i); nonché le prescrizioni che ammettevano l’assunzione di nuovi apprendisti, qualora fossero mantenuti in servizio almeno il 50% (per i datori di lavoro con un numero di lavoratori sopra i nove dipendenti) di quelli avviati nei 36 mesi precedenti (percentuale ridotta al 30%, fino al 31 dicembre 2015) (art. 2, c. 3-bis) e, infine, i precetti normativi che escludevano dalla disciplina della percentuale di conferma i datori di lavoro che avevano alle dipendenze un numero di lavoratori inferiore alle 10 unità (art. 2, c. 3-ter).
È opportuno sottolineare, tuttavia, che la mancata chiarezza della disposizione normativa, lascia spazio a differenti interpretazioni sul punto.
Da un lato, vi è chi sostiene che, sebbene sia venuta meno la condicio sine qua non prevista dalla legge, di prevedere tramite contratti collettivi la percentuale di stabilizzazione di apprendisti, ciò non escluderebbe la possibilità per la contrattazione medesima di individuare le clausole di stabilizzazione in parola. Quello che verrebbe meno, secondo tale orientamento, è il mero carattere cogente della disposizione, come disposto dalla Riforma Fornero, che comporterebbe conseguenze immediate anche sul fronte delle sanzioni. La disciplina vigente, infatti, dispone che in caso di mancato rispetto di dette percentuali, il rapporto di lavoro si trasformerebbe, automaticamente, in contratto a tempo indeterminato.
Secondo un altro orientamento, invece, l’abrogazione del riferimento normativo che concedeva alla contrattazione collettiva di fissare oneri di stabilizzazione a carico delle imprese, al fine di realizzare nuove assunzioni in apprendistato, dovrebbe comportare che le clausole introdotte dai contratti collettivi perdano la loro efficacia e, dunque, il datore di lavoro non avrebbe più l’obbligo di rispettarle.
Segnatamente, nel settore degli studi professionali, il CCNL per i dipendenti degli studi professionali, in attuazione della disciplina su esposta, dispone per il solo apprendistato professionalizzante, l’obbligo, per il datore di lavoro che voglia assumere nuovi apprendisti tramite contratto di apprendistato professionalizzante, di mantenere in servizio il 50% dei lavoratori il cui contratto sia venuto a scadere nei 18 mesi precedenti.
È evidente che, in fase di rinnovo contrattuale, il CCNL in parola dovrà tener conto delle innovazioni apportate dal decreto legge in esame ed eventualmente modificare il dettato contrattuale di riferimento.
-Introduzione per l’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale di una retribuzione del 35%, solo per le ore di formazione: solo per gli apprendisti che devono conseguire una qualifica o un diploma professionale viene introdotta una percentuale retributiva per le ore di formazione svolte.
Xxxxx restando la possibilità per i contratti collettivi di fissare limiti percentuali differenti, secondo le nuove disposizioni, l’apprendista sarà destinato a ricevere il 100% della retribuzione durante le ore di lavoro e il 35% del monte ore complessivo durante quelle di formazione.
-Previsione della possibilità (e non più l’obbligo) di integrare la formazione professionalizzante con quella pubblica nei limiti delle risorse annualmente disponibili: dalla mera lettera della norma sembra potersi affermare che la formazione di base e trasversale non sia più obbligatoria. Il datore di lavoro, dunque, non è più obbligato ad iscrivere i propri apprendisti ai corsi di base e trasversale organizzati dalle Regioni.
In realtà, si potrebbe addivenire anche ad una diversa interpretazione, in virtù della quale la “possibilità” di integrazione possa intendersi riferita alle Regioni che avrebbero, dunque, la facoltà di integrare la formazione professionalizzante con quella pubblica.
Le conseguenze pratiche a seconda dell’interpretazione che si delinea sono differenti: nel primo caso (il datore di lavoro, e non la Regione, ha la facoltà di integrare la formazione trasversale) oltre a non sussistere più in capo al datore di lavoro l’obbligo di sottoporre l’apprendista alla formazione erogata dalle Regioni, da integrare con quella di mestiere, svolta sotto la totale responsabilità del datore medesimo; rimarrebbe, ad ogni modo, da specificare se tale facoltà riguardi anche i contratti di apprendistato in corso, limitatamente alla formazione trasversale che matura dopo l’entrata in vigore del decreto.
Nel secondo caso (facoltatività rivolta alle Regioni), invece, le modifiche introdotte non apporterebbero novità rilevanti, se solo si considera che in realtà, già con la precedente disciplina tale formazione era da considerarsi eventuale e non obbligatoria, in ragione del vincolo delle “risorse annualmente disponibili”.
È auspicabile, dunque, al fine di scoraggiare prossimi contenziosi giudiziari, l’intervento di chiarimenti ministeriali, che definiscano in maniera specifica i limiti di applicabilità delle disposizioni analizzate.