L’ARBITRATO SPORTIVO NEL PROFESSIONISMO E NEL DILETTANTISMO: DUE SISTEMI A CONFRONTO
L’ARBITRATO SPORTIVO NEL PROFESSIONISMO E NEL DILETTANTISMO: DUE SISTEMI A CONFRONTO
di Xxxxxxxxx Xxxxxxx*
Sommario: 1. Breve introduzione al professionismo e al dilettantismo sportivo - 2. Cenni alla giustizia sportiva e introduzione all’arbitrato sportivo - 3. L’arbitrato sportivo nel professionismo - 4. L’arbitrato sportivo nel dilettantismo - 5. Riflessioni conclusive
1. Breve introduzione al professionismo e al dilettantismo sportivo
In Italia, a differenza di altri Paesi, esiste una profonda quanto peculiare differenza tra l’attività sportiva svolta a livello professionistico e a livello dilettantistico.
L’attività sportiva professionistica è disciplinata dalla legge 23 marzo 1981, n. 91, che qualifica come «sportivi professionisti gli atleti, gli allenatori, i direttori tecnico-sportivi ed i preparatori atletici, che esercitano l'attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità nell'ambito delle discipline regolamentate dal CONI e che conseguono la qualificazione dalle federazioni sportive nazionali, secondo le norme emanate dalle federazioni stesse, con l'osservanza delle direttive stabilite dal CONI per la distinzione dell'attività dilettantistica da quella professionistica».1
Dopo aver inquadrato la figura dello sportivo professionista, la legge individua la tipologia di rapporto di lavoro intercorrente tra lo sportivo e la società sportiva di appartenenza, con la previsione di una presunzione di lavoro subordinato per la sola figura dell’atleta e con l’indicazione di residuali ipotesi in cui l’attività dell’atleta costituisce oggetto di lavoro autonomo2.
* Avvocato in Milano, componente del Comitato Scientifico del Master di I° Livello in Diritto Sportivo e Rapporti di Lavoro nello Sport dell’Università degli Studi di Milano Bicocca.
1 Tale quadro normativo ha legittimato ogni Federazione sportiva nazionale ad autodeterminarsi nella scelta di dotarsi o meno di settore professionistico. Attualmente le discipline sportive professionistiche sono il calcio (Serie A, Serie B, Serie C), la pallacanestro (Serie A), il golf ed il ciclismo.
2 L’art. 3 della legge 23 marzo 1981, n. 91 recita: «La prestazione a titolo oneroso dell'atleta costituisce oggetto di contratto di lavoro subordinato regolato dalle norme contenute nella presente legge. Essa costituisce, tuttavia, oggetto di contratto di lavoro autonomo quando ricorra almeno uno dei seguenti requisiti: a) l'attività sia svolta nell'ambito di una singola manifestazione sportiva o di più manifestazioni tra loro collegate in un breve periodo di tempo; b) l'atleta non sia contrattualmente vincolato per ciò che riguarda la frequenza a sedute di preparazione od allenamento; c) la prestazione che è oggetto del
Al contrario, per le altre figure di sportivi professionisti (allenatori, direttori tecnico-sportivi e preparatori atletici), l’individuazione della natura subordinata o autonoma del rapporto di lavoro viene rimessa alla volontà contrattuale delle parti, con significative conseguenze in tema di onere probatorio in capo allo sportivo che, negli anzidetti casi, in sede di eventuale contenzioso sul punto, dovrà fornire la prova della c.d. subordinazione.
L’attività sportiva dilettantistica – ritenendo tale anche quella svolta ai massimi livelli di discipline che non si sono dotate di settore professionistico, come, ad esempio, la Serie A di pallavolo - non trova organica disciplina a livello legislativo e nel corso degli anni ha costituito oggetto di interventi legislativi settoriali. Il dilettantismo sportivo, infatti, viene inquadrato dal legislatore come uno di questi settori a cui riservare un particolare trattamento normativo, specialmente con riferimento agli aspetti di natura fiscale.
In particolare, il primo atto normativo nella storia della legislazione tributaria a favore dell’associazionismo sportivo dilettantistico è rappresentato dalla legge 16 dicembre 1991, n. 398, emanata al fine di facilitare le incombenze contabili e fiscali delle associazioni sportive che, nel corso dell’esercizio sociale, conseguissero proventi commerciali non superiori a 100 milioni di lire (limite più volte elevato fino all’importo di euro 400.000,00).
L’ulteriore tassello in materia di sport dilettantistico è costituito dall’art. 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 2893 che ha esteso le disposizioni di cui alla legge 16 dicembre 1991, n. 398 e successive modificazioni e le altre disposizioni tributarie riguardanti le associazioni sportive dilettantistiche, anche alle società sportive dilettantistiche costituite in forma di società di capitali senza scopo di lucro.
Tuttavia, al fine di evitare l’indebita fruizione delle agevolazioni fiscali anche da parte di associazioni e società sportive estranee all’ambito sportivo, è stato emanato il decreto legge 28 maggio 2004, n. 136, convertito nella legge 27 luglio 2004, n. 186, il cui articolo 7 dispone, al comma 1, che «il CONI è l’unico organismo certificatore della effettiva attività sportiva svolta dalle società e dalle associazioni dilettantistiche” e, al comma 2, che «il CONI trasmette
contratto, pur avendo carattere continuativo, non superi otto ore settimanali oppure cinque giorni ogni mese ovvero trenta giorni ogni anno».
3 L’art. 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 contiene una dettagliata indicazione delle caratteristiche che devono possedere le associazioni sportive dilettantistiche (con o senza personalità giuridica) e le società sportive dilettantistiche senza scopo di lucro per poter usufruire delle agevolazioni fiscali.
annualmente al Ministero dell'Economia e delle Finanze - Agenzia delle entrate, l'elenco delle società e delle associazioni sportive dilettantistiche riconosciute ai fini sportivi». Il riconoscimento del CONI avviene, nello specifico, attraverso l’iscrizione delle associazioni sportive dilettantistiche (ASD) e delle società sportive dilettantistiche (SSD) nel Registro Nazionale delle associazioni e società sportive dilettantistiche istituito ai sensi dell’art. 5, comma 2, lett. c) del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242.
2. Cenni alla giustizia sportiva e introduzione all’arbitrato sportivo
Prima di trattare le procedure arbitrali nel settore sportivo, sia a livello professionistico che dilettantistico, occorre tracciare il quadro di riferimento della giustizia sportiva - all’interno del quale si inserisce l’arbitrato - che presenta tratti peculiari.
La legge 17 ottobre 2003, n. 280, al fine di stabilire i precisi confini dell’ordinamento sportivo e dell’ordinamento statale, ha previsto una ripartizione di giurisdizione tra gli organi della giustizia sportiva e gli organi della giustizia statale, riservando in modo esclusivo all’ordinamento sportivo la trattazione delle controversie di carattere tecnico-sportivo e disciplinari4 ed assegnando all’ordinamento statale l’ambito delle vertenze c.d. amministrative ed economiche afferenti il settore sportivo5.
4 L’art. 2 della legge recita: «1. In applicazione dei principi di cui all'articolo 1, è riservata all'ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto: a) l'osservanza e l'applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell'ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive; b) i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive. 2. Nelle materie di cui al comma 1, le società, le associazioni, gli affiliati ed i tesserati hanno l'onere di adire, secondo le previsioni degli statuti e regolamenti del Comitato olimpico nazionale italiano e delle Federazioni sportive di cui agli articoli 15 e 16 del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, gli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo».
5 L’art. 3 della legge prevede che «1. Esauriti i gradi della giustizia sportiva e ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario sui rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti, ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive non riservata agli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo ai sensi dell'articolo 2, è disciplinata dal codice del processo amministrativo. In ogni caso è fatto salvo quanto eventualmente stabilito dalle clausole compromissorie previste dagli statuti e dai regolamenti del Comitato olimpico nazionale italiano e delle Federazioni sportive di cui all'articolo 2, comma 2, nonché quelle inserite nei contratti di cui all'articolo 4 della legge 23 marzo 1981, n. 91. Sono in ogni caso riservate alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ed alla competenza funzionale inderogabile del tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma, le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche delle società o associazioni sportive professionistiche, o comunque
Per quanto riguarda la sfera di pertinenza dell’ordinamento sportivo, i regolamenti federali, sulla base delle disposizioni del Codice di Giustizia Sportiva del CONI, prevedono organi di giustizia sportiva istituti all’interno delle singole Federazioni sportive deputati alla risoluzione delle controversie tecnico-sportive (i c.d. Giudici Sportivi, nella specie il Giudice Sportivo Nazionale, i Giudici Sportivi Territoriali e la Corte Sportiva d’Appello) e delle vertenze di natura disciplinare6 (i c.d. Giudici Federali, nella specie il Tribunale Federale e la Corte Federale d’Appello)7.
Occorre precisare che l’ambito esclusivo di giurisdizione poc’anzi detto non esaurisce il campo di cognizione della giustizia sportiva, in quanto il legislatore non ha delegato sic et simpliciter ai giudici statali la trattazione delle altre materie (controversie “amministrative” ed economiche), ma ha previsto meccanismi che legittimano, anche in tali casi, l’intervento della giustizia sportiva.
Le vertenze c.d. amministrative - intendendosi come tali quelle aventi ad oggetto provvedimenti del CONI e delle Federazioni sportive aventi ad oggetto questioni diverse da quelle tecnico-sportive e disciplinari (si pensi, ad esempio, ad un provvedimento di diniego di tesseramento di un’atleta da parte della Federazione) - sono riservate alla giurisdizione del
incidenti sulla partecipazione a competizioni professionistiche. Per le stesse controversie resta esclusa ogni competenza degli organi di giustizia sportiva, fatta salva la possibilità che lo statuto e i regolamenti del CONI e conseguentemente delle Federazioni sportive di cui gli articoli 15 e 16 del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, prevedano organi di giustizia dell'ordinamento sportivo che, ai sensi dell'articolo 2, comma 2, del presente decreto decidono tali questioni anche nel merito ed in unico grado e le cui statuizioni, impugnabili ai sensi del precedente periodo, siano rese in via definitiva entro il termine perentorio di trenta giorni dalla pubblicazione dell'atto impugnato. Con lo spirare di tale termine il ricorso all'organo di giustizia sportiva si ha per respinto, l'eventuale decisione sopravvenuta di detto organo è priva di effetto e i soggetti interessati possono proporre, nei successivi trenta giorni, ricorso dinanzi al tribunale amministrativo regionale del Lazio».
6 Un’eccezione a tale principio è rappresentata dai procedimenti in materia di doping, aventi senz’altro natura disciplinare, che sono tuttavia sottratti alla cognizione degli organi di giustizia delle Federazioni sportive e devoluti in via esclusiva al Tribunale Nazionale Antidoping istituito dal Consiglio Nazionale del CONI.
7 Tale impostazione consegue all’emanazione del Codice di Giustizia Sportiva del CONI, avvenuta con deliberazione n. 1512 dell’11 giugno 2014 del Consiglio Nazionale CONI, che ha imposto a tutte le Federazioni sportive di dotarsi di organi di giustizia uniformi. Più in particolare, poi, il Codice elenca le questioni connesse allo svolgimento delle gare per cui sono competenti i Giudici Sportivi, lasciando invece aperta la casistica di pertinenza dei Giudici Federali, a cui viene riservata una competenza di tipo residuale su tutte le questioni per cui non sia pendente un giudizio avanti ai Giudici Sportivi e che riguardino interessi meritevoli di tutela per l’ordinamento federale.
giudice amministrativo solo previo esaurimento dei gradi interni della giustizia sportiva. Si tratta della c.d. pregiudiziale sportiva8.
Le controversie economiche sono devolute, in linea di principio, alla giurisdizione del giudice ordinario, ma la legge fa salva l’ipotesi per cui l’ordinamento sportivo preveda al proprio interno specifiche clausole compromissorie volte a deferire tali vertenze a collegi arbitrali9.
L’istituto dell’arbitrato ha subito una significativa evoluzione che lo ha condotto nel tempo ad ottenere consenso e riconoscimento quale autentico ed efficace strumento alternativo di risoluzione delle controversie su diritti disponibili.
Autorevole dottrina qualifica l’arbitrato quale vero e proprio surrogato della giurisdizione ordinaria10, con la logica conseguenza dell’applicabilità al procedimento arbitrale di principi e norme proprie del processo ordinario, quali, a titolo esemplificativo, il principio di ragionevole durata del procedimento11 e la facoltà per gli arbitri di stabilire termini perentori alle parti12.
Nel corso degli anni lo strumento arbitrale si è dimostrato particolarmente efficace nel settore sportivo13, in quanto presenta aspetti che ben si adattano alle peculiarità dello sport, necessitante, per sua natura, di metodi rapidi di definizione delle controversie a tutela dei soggetti dell’ordinamento e dell’intero sistema14.
8 Sui rapporti tra giustizia amministrativa e giustizia sportiva vedasi Cons. Stato 24 agosto 2018, n. 5046, che ha così statuito: «il rapporto tra giustizia sportiva e giurisdizione amministrativa resta riconducibile a un modello progressivo a giurisdizione condizionata, dove coesistono successivi livelli giustiziali, susseguentisi in ragione di oggetto e natura, più o meno specialistica, delle competenze dell’organo giudicante».
9 Cfr. nota 5.
10 Sul tema X. XXXXXXX, L’arbitrato come equivalente della giurisdizione statuale: linee evolutive, in Riv. dir. proc., 2018, I, p. 51 e ss.
11 Cfr. Collegio Arbitrale 29 marzo 2015, in Giur. it, 2016, p. 671, con nota di X. XXXXXXXXXXX. L’Autore, richiamando i principi espressi nel lodo arbitrale, afferma che «le istruzioni congiunte di rinvio vincolano quindi gli arbitri, ma non all’infinito, perché c’è un principio superiore che impone all’organo giudicante di scandire il tempo della fine ed è quello di una durata ‘‘ragionevole’’ del procedimento».
12 Cfr. Cass 21 gennaio 2016, n. 1099, in Corr. giur., 2016, 10, p. 1272 e ss., con nota di X. XXXXXXXXXXX. 13 Per una completa disamina sull’arbitrato sportivo, vedi F. CAMPIONE, Il punto sull’arbitrato sportivo, in Rivista dell’Arbitrato, 2010, 3, p. 509 e ss.
14 Si pensi ad un ricorso al Collegio Arbitrale da parte di un atleta per ottenere la risoluzione del contratto per inadempimento del club, depositato in prossimità dei periodi annualmente previsti di apertura dei termini di tesseramento. In tali casi, la decisione del Collegio Arbitrale deve necessariamente esaurirsi prima della chiusura dei termini di tesseramento e ciò al fine di consentire allo sportivo, in caso di esito favorevole del ricorso, di stipulare un nuovo contratto con altra società sportiva.
Inoltre, l’arbitrato si presenta come meccanismo idoneo a fornire una serie di ulteriori garanzie, quali la tendenziale specializzazione degli organi arbitrali e la presenza di una decisione vincolante tra le parti, dalla cui inosservanza consegue la reazione dell’ordinamento sportivo nei confronti della parte inadempiente al lodo arbitrale15.
Infine, la previsione di una clausola compromissoria costituisce, al pari del vincolo di giustizia16, un deterrente per i tesserati ed affiliati intenzionati ad adire le autorità statali, in quanto la violazione della predetta clausola - così come del vincolo di giustizia - viene punita dagli organi di giustizia sportiva con l’irrogazione di sanzioni disciplinari17. Tale circostanza contribuisce ad assicurare una maggior autonomia all’ordinamento sportivo, in grado di attrarre a sé la trattazione delle vertenze di natura economica che rivestono notevole importanza all’interno del xxxxxxx00.
15 In ambito calcistico, il Codice di Giustizia Sportiva FIGC prevede, all’art. 136, comma 2, che «decorsi venti giorni senza che la parte obbligata abbia adempiuto, l’altra parte potrà richiedere al Consiglio federale che venga dichiarato lo stato di morosità e l’adozione di ogni idoneo provvedimento per garantire esecutività al lodo». Inoltre, al comma 3 del medesimo articolo, viene previsto che «il provvedimento di dichiarazione di morosità adottato dal Consiglio federale nei confronti delle affiliate o dei tesserati che siano risultati soccombenti e non abbiano adempiuto, è trasmesso alla Procura federale per gli adempimenti di competenza dinanzi al Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare».
16 Il vincolo di giustizia consiste nell’obbligo assunto da ogni tesserato di accettare diritti e doveri scaturenti dal tesseramento, tra i quali rientra l’obbligo di rivolgersi agli organi federali competenti per la risoluzione delle controversie nascenti dall’attività sportiva. In materia, si è espressa, a più riprese, la giurisprudenza di legittimità (cfr., tra le altre, Cass. 28 settembre 2005, n. 18919) che ha chiarito la natura negoziale del vincolo di giustizia che «costituisce un momento fondamentale dell’ordinamento sportivo, essendo ontologicamente finalizzato a garantirne l’autonomia, quanto alla gestione degli interessi settoriali, da quello statale, autonomia ritenuta generalmente necessaria per assicurare sia la competenza tecnica dei giudici sportivi, sia, in correlazione con lo svolgimento dei campionati sportivi, la rapidità della soluzione delle controversie agli stessi sottoposte».
17 In ambito calcistico, l’art. 34 del Codice di Giustizia Sportiva FIGC prevede che i soggetti indicati dall’art. 30 dello Statuto Federale che pongano in essere comportamenti finalizzati alla violazione o elusione del vincolo di giustizia e, di conseguenza, anche della clausola compromissoria, incorrono nell'applicazione di sanzioni non inferiori alla penalizzazione di almeno tre punti in classifica per le società; alla inibizione o squalifica non inferiore a sei mesi per i calciatori e per gli allenatori nonché ad un anno per tutte le altre persone fisiche.
18 Il tema dell’autonomia dell’ordinamento sportivo in relazione alle clausole compromissorie è stato affrontato da X. XXXXXX - X. XXXXXXX, Lineamenti di diritto sportivo, Addenda di aggiornamento, p. 9, reperibile sul sito internet xxxxx://xxx.xxxxx.xx/xxxxxxxxxxxxxx/xxxxxxxxx_xxxxxxxxx/0000_0000_000_00000.xxx, in cui gli Autori sottolineano che «per assicurare in maniera più compiuta il potere di autodichia e, dunque, per ridurre ancor di più eventuali intromissioni del giudice statale, l’ordinamento sportivo talvolta opera il richiamo alla clausola compromissoria e, dunque, al procedimento arbitrale, al di là del suo ambito di applicazione precipuo, che concerne […] le controversie di natura economica tra società sportive ed atleti. Precisamente,
I risvolti potenzialmente critici dell’arbitrato, quali, ad esempio, le spese di funzionamento dei Collegi Arbitrali vengono spesso risolte all’interno dell’ordinamento sportivo attraverso meccanismi di calmiere, con la previsione di tariffe di particolare favore concordate a livello di associazioni di categoria o a livello federale.
3. L’arbitrato sportivo nel professionismo
L’art. 3 della legge 17 ottobre 2003, n. 280 concede all’ordinamento sportivo la facoltà di prevedere apposite clausole compromissorie che, nel professionismo sportivo, vanno ricercate all’interno dei contratti di lavoro sportivo previsti dalla legge 23 marzo 1981, n. 91.
Il settore sportivo professionistico è caratterizzato dalla tendenziale sussistenza di rapporti di lavoro, prevalentemente di carattere subordinato, con evidenti ricadute sul tema trattato, in quanto l'arbitrato in materia di lavoro presenta tratti peculiari.
L'art. 806 c.p.c., incidendo sulle concrete modalità di devoluzione delle controversie in sede arbitrale, dispone che le vertenze c.d. lavoristiche possono essere decise da arbitri solo se ciò sia previsto dalla legge o nei contratti o accordi collettivi di lavoro.
Nel caso dello sport professionistico, la legge 23 marzo 1981, n. 91 prevede la facoltà delle parti di un contratto di lavoro sportivo di inserire all’interno del medesimo una clausola compromissoria di deferimento delle controversie a collegi arbitrali19. Tale possibilità è stata colta dall’ordinamento sportivo e i contratti collettivi stipulati tra le associazioni di categoria più rappresentative nelle discipline del calcio e della pallacanestro prevedono l’obbligo di devoluzione ad arbitri delle vertenze contrattuali insorte tra sportivi e società sportive20.
avendo gli organi giurisdizionali federali una competenza i cui confini sono delineati negli Statuti e nei regolamenti federali, essi non riescono ad abbracciare tutte le controversie di natura sportiva che possono sorgere all’interno dell’ordinamento. A questa carenza supplisce la previsione di giudizi arbitrali, ai quali i consociati possono ricorrere per decidere le controversie non rientranti nella competenza degli organi giurisdizionali federali».
19 L’art. 4, comma 5, della legge 23 marzo 1981, n. 91 recita: «Xxxxx stesso contratto potrà essere prevista una clausola compromissoria con la quale le controversie concernenti l'attuazione del contratto e insorte fra la società sportiva e lo sportivo sono deferite ad un collegio arbitrale. La stessa clausola dovrà contenere la nomina degli arbitri oppure stabilire il numero degli arbitri e il modo di nominarli».
20 Nel calcio, per esempio, l’art. 25.1 dell’accordo collettivo stipulato fra l’Associazione italiana calciatori (A.I.C.) e la Lega italiana calcio professionistico (Lega Pro) prevede che «la soluzione di tutte le controversie concernenti l’attuazione del contratto o comunque il rapporto tra Società e Calciatori, sarà devoluta ad un Collegio Arbitrale composto da tre membri [...]». Nella pallacanestro, l’art. 32.1 dell’accordo collettivo concluso fra l’Associazione dei giocatori di basket (G.I.B.A.) e la Lega di Serie A (L.B.A.) prevede che «Il
L’arbitrato in ambito professionistico trova, quindi, la propria legittimazione in una previsione legislativa che consente il ricorso a tale strumento e nella contrattazione collettiva che, con un giudizio di utilità operato ex ante, obbliga le parti a sottoporre le loro future vertenze ad appositi collegi arbitrali.
Naturalmente, un aspetto imprescindibile dell’arbitrato è dato dalla libera determinazione delle parti contraenti di rivolgersi alla sede arbitrale. Nel professionismo sportivo, se è vero che lo sportivo e la società sottoscrivono di proprio pugno la clausola compromissoria contenuta nel contratto individuale di lavoro, permangono dubbi sulla legittimità di un arbitrato obbligatorio che, lungi dall’avere carattere volontaristico, deriva da un’imposizione esterna non derogabile21. Difatti, al tesserato professionista non sarebbe offerta la possibilità di sottrarsi alla via arbitrale per la risoluzione delle controversie, essendo sottoposto all’obbligo, previsto dall’articolo 4 della legge 23 marzo 1981, n. 9122, di
C.P.C.A. (Collegio Permanente di Conciliazione e Arbitrato, n.d.r.) svolge funzione arbitrale ai sensi dell’articolo 4, quinto comma, della legge n. 91 del 1981 per la risoluzione di tutte le controversie riguardanti l’interpretazione e l’esecuzione del presente accordo collettivo e del relativo contratto individuale di lavoro nonché, più in generale, di tutte le possibili controversie, anche di natura economica relative o connesse al rapporto di lavoro fra società e giocatore professionista, anche nel caso di successiva retrocessione della società in un campionato non professionistico o di successivo tesseramento del giocatore per una società militante in un torneo non professionistico, ed anche in caso di trasferimento all’estero dell’atleta, purché il fatto da cui trae origine la controversia si sia verificato in costanza di rapporto professionistico». Fa eccezione la categoria degli allenatori di calcio di Serie A, in quanto non risulta sottoscritto un accordo collettivo tra l’Associazione di categoria degli allenatori (A.I.A.C.) e Lega di Serie A e, pertanto, non sussiste alcun obbligo di inserimento di clausola compromissoria nel contratto di prestazione sportiva. Di conseguenza, in mancanza di una scelta arbitrale in sede di stipulazione del contratto individuale, per la risoluzione di eventuali controversie opererà la riserva di giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria prevista dall’art. 3 della legge 17 ottobre 2003, n. 280.
21 Sul tema dell’obbligatorietà dell’arbitrato, vedi X. XXXXX, La prassi dell’arbitrato rituale, Torino, 2012, p. 36, il quale, dopo avere escluso che la legge possa imporre al datore di lavoro e al lavoratore il ricorso all’arbitrato, in quanto si tratterebbe di un’ipotesi inaccettabile di arbitrato obbligatorio, dubita del fatto che i contratti collettivi di lavoro possano imporre agli iscritti ai sindacati firmatari di regolare eventuali controversie tramite arbitrato. L’Autore si sofferma, poi, sulla condotta che dovrebbero tenere le parti del contratto individuale nelle ipotesi di un arbitrato obbligatorio previsto dalla contrattazione collettiva, pervenendo alla conclusione che, benché tendenzialmente siano ritenute valide le clausole compromissorie recepite tramite un chiaro rinvio ad altro documento (nella specie, il contratto collettivo), la cautela suggerirebbe di riprodurre integralmente nel contratto individuale la clausola compromissoria contenuta nel contratto collettivo.
22 L’art. 4 della legge 23 marzo 1981, n. 91 prevede che «il rapporto di prestazione sportiva a titolo oneroso si costituisce mediante assunzione diretta e con la stipulazione di un contratto in forma scritta, a pena di nullità, tra lo sportivo e la società destinataria delle prestazioni sportive, secondo il contratto tipo predisposto, conformemente all'accordo stipulato, ogni tre anni dalla federazione sportiva nazionale e dai rappresentanti delle categorie interessate».
sottoscrivere, a pena di nullità, un contratto di lavoro, redatto su un modulo predisposto dalle parti collettive, contenente la clausola compromissoria.
Del resto, anche la giurisprudenza prevalente ritiene che l’arbitrato in esame si configuri come strumento alternativo al giudizio ordinario che non determina una rinunzia assoluta alla giurisdizione23.
La soluzione interpretativa adottata dalle Corti si sposa con il disposto dell’art. 5 della legge 11 agosto 1973, n. 553, che, da un lato, prevede che l’arbitrato irrituale sia ammesso solo se previsto dalla legge o dagli accordi collettivi (norma ripresa dall’art. 806 c.p.c.) e, dall’altro lato, precisa che, in quest’ultimo caso (di arbitrato previsto da accordi collettivi), ciò deve avvenire senza pregiudizio delle parti di adire l’autorità giudiziaria.
Tale previsione normativa ha trovato pacifica applicazione nell’ambito della giurisprudenza che si è occupata di casistica sportiva, ove è stato sottolineato che la previsione di una clausola arbitrale in ambito lavoristico non è in grado di derogare alla giurisdizione del giudice naturale24.
Risolto in senso positivo l’interrogativo circa la legittimità dell’arbitrato in materia di lavoro sportivo ed esaminate le principali tematiche giuridiche, si possono enucleare, sinteticamente, i tratti distintivi degli organismi arbitrali nel settore professionistico.
In ambito calcistico, nel contratto collettivo stipulato tra l’Associazione italiana calciatori (A.I.C.) e la Lega Serie A, a cui è allegato il Regolamento del Collegio Arbitrale, è previsto un arbitrato di tipo regolamentato, in cui le parti collettive richiamano un regolamento arbitrale a
23 Cfr., sul punto, Cass. 19 agosto 2013, n. 19182, in Riv. dir. proc., 2014, 3, 2, p. 766.
24 Cfr. Trib. Napoli 3 aprile 2014, n. 2477. In tale occasione, il Giudice ha statuito che «pur in presenza di una clausola compromissoria per arbitrato irrituale, a prescindere dalle eventuali responsabilità in cui incorre il calciatore per la violazione della stessa, nell’ambito della disciplina sportiva, in conformità al principio di alternatività delle tutele consentite in relazione alla specificità delle ipotesi delle controversie di lavoro, ai sensi dell'art. 5, primo comma, legge n. 533 del 1973, deve comunque ritenersi legittima la scelta del lavoratore di adire l’autorità giudiziaria ordinaria. Ed anche ove il lavoratore abbia adito il collegio arbitrale (con ciò dando luogo ad un atto astrattamente incompatibile con la volontà di avvalersi della tutela in sede giudiziaria), e tuttavia il predetto collegio si sia dichiarato – com’è peraltro avvenuto nel caso di specie - privo di legittimazione a decidere la controversia o se il procedimento non sia pervenuto alla sua conclusione con il lodo o comunque se il relativo patto sia divenuto per qualsiasi ragione inoperante, ben può proporre l'azione giudiziaria». In senso contrario, recentemente, Trib. Foggia 25 giugno 2020, n. 1589 in cui, nel dichiarare l’improponibilità della domanda giudiziale di una società sportiva, è stato affermato che «la domanda […] avendo ad oggetto la contestazione di un’asserita violazione di obblighi contrattuali, avrebbe dovuto esser svolta dinnanzi all’organo arbitrale competente, secondo quanto previsto dai contratti individuali di lavoro».
cui sottoporre le controversie economiche, ma senza riferirsi ad una specifica organizzazione che governi l’arbitrato. Nel caso della Serie B e della Serie C, l’arbitrato prescelto è di tipo regolamentato ed amministrato, avendo le parti contrattuali deciso di risolvere le loro controversie sottostando alle regole stabilite da una più ampia organizzazione a ciò finalizzata, nello specifico la Lega, la quale fornisce anche supporto amministrativo, organizzativo e logistico nell’ambito della procedura arbitrale25.
L’altra disciplina sportiva professionistica interessata all’arbitrato è la pallacanestro, ove con la previsione del Collegio Permanente di Conciliazione e Arbitrato (C.P.C.A.), istituto presso la Lega Serie A e formato da componenti, nominabili quali arbitri di parte, selezionati dalle associazioni di categoria (G.I.B.A. e L.B.A.) e da un Presidente invariabile per tutte le procedure arbitrali26.
Una peculiarità a livello procedurale è costituita da un particolare meccanismo di risoluzione delle controversie, azionabile in alcuni casi specifici e cioè un procedimento di ingiunzione che si conclude con una pronuncia del Presidente del C.P.C.A. all’esito di un giudizio sommario27.
25 Estremamente differenti sono le modalità di nomina dei componenti dei Collegi Arbitrali nell’ambito delle tre leghe calcistiche professionistiche, in quanto nella Serie A la designazione dei membri del collegio è completamente libera, sia per quanto riguarda il Presidente che per gli altri componenti; nella Serie B, la nomina degli arbitri di parte è libera, mentre la scelta del Presidente ricade su uno dei presidenti iscritti negli appositi elenchi tenuti dalla Lega; nella Serie C, tanto la nomina del Presidente quanto quella dei componenti del panel devono riguardare soggetti iscritti nelle liste depositate presso la Lega.
26 Il procedimento avanti al C.P.C.A., disciplinato dagli artt. 29 e ss. dell’accordo collettivo G.I.B.A./L.B.A., si articola sostanzialmente in due fasi: in primo luogo viene prevista una procedura obbligatoria di conciliazione che si introduce attraverso il deposito di una c.d. “istanza conciliativa”. Tale istanza, a pena di nullità, deve essere accompagnata dall’istanza di arbitrato, finalizzata all’instaurazione del vero e proprio giudizio arbitrale. La seconda fase di giudizio arbitrale risulta dunque solo eventuale in quanto, ai sensi dell’art. 31.4, viene instaurata solo a seguito dell’esito negativo della fase conciliativa o in caso di mancata comparizione di una o entrambe le parti.
27 Quanto al procedimento sommario, la sua previsione in un accordo collettivo rappresenta un unicum nel settore sportivo. In proposito, l’art. 32.11 dell’accordo collettivo G.I.B.A./L.B.A. prevede che possano avviare il procedimento di ingiunzione sia gli atleti, «in caso di morosità di oltre dieci giorni nel pagamento dei ratei di compenso fisso e dei premi”», sia il Fondo di Fine Rapporto, disciplinato dall’art. 3 del medesimo accordo, «in caso di morosità di oltre dieci giorni nel versamento delle quote». La domanda si propone con ricorso e, qualora il C.P.C.A. ritenga raggiunta la prova del credito vantato dal ricorrente, si pronuncerà, inaudita altera parte, condannando l’ingiunto al pagamento delle somme dovute. Ai sensi dell’art. 32.13, avverso il provvedimento emesso dal C.P.C.A. è ammessa opposizione, da presentarsi a mezzo ricorso entro 10 giorni dalla ricezione dell’ingiunzione di pagamento. A seguito dell’opposizione si instaura l’ordinario giudizio arbitrale previsto dall’art. 32 dell’accordo collettivo.
4. L’arbitrato sportivo nel dilettantismo
Sotto un profilo generale, il CONI concede alle singole Federazioni sportive riconosciute ampia facoltà di prevedere, all’interno dei propri regolamenti, meccanismi arbitrali per la risoluzione delle controversie.
Alcune Federazioni hanno abbracciato in toto lo strumento arbitrale per la definizione delle vertenze28; in altri contesti federali si è voluto rimettere alle parti interessate (tesserati e affiliati) la scelta tra la via arbitrale e il giudizio ordinario29; in altri casi ancora, le Federazioni non prevedono l’arbitrato a livello federale, come, per esempio, nel caso della Federazione Italiana Pallavolo (F.I.P.A.V.).
Si deve rammentare che, ai sensi dell’art. 3 della legge 17 ottobre 2003, n. 280, la fonte del meccanismo arbitrale nel dilettantismo non si rinviene, come per il professionismo, nel contratto individuale di lavoro sportivo, bensì negli statuti e nei regolamenti delle singole Federazioni, ai quali lo sportivo e le società si obbligano a conformarsi rispettivamente all’atto del tesseramento e dell’affiliazione.
L’arbitrato sportivo nel dilettantismo si presenta spesso come un ibrido, in quanto si possono manifestare aspetti sia dell’arbitrato regolamentato, con previsioni federali che disciplinano le specifiche norme procedurali, sia dell’arbitrato amministrato, con l’intervento della Federazione a fornire supporto nella gestione dell’arbitrato e nei meccanismi di nomina in caso di inerzia delle parti30.
28 L’art. 54 dello Statuto F.I.P. prevede che «le affiliate e i tesserati si impegnano a devolvere ad un giudizio arbitrale irrituale le controversie tra essi insorte che siano originate dalla loro attività sportiva o associativa e abbiano carattere meramente patrimoniale, sempre che per tali controversie la legge non escluda la compromettibilità in arbitri».
29 L’art. 31 dello Statuto F.I.N. stabilisce che «gli affiliati e i tesserati della Federazione possono rimettere a un giudizio arbitrale definitivo la risoluzione di controversie interindividuali a contenuto strettamente patrimoniale ai sensi dell’art. 806 e seguenti del Codice di Procedura Civile, che siano originate dalla loro attività sportiva od associativa, qualora non rientrino nella competenza degli Organi di Giustizia federali o nei casi di cui al precedente articolo, nei modi e termini fissati dal Regolamento di Giustizia».
30 A titolo esemplificativo, il Regolamento di Giustizia della Federazione Ciclistica Italiana (F.C.I.) contiene una dettagliata disciplina della procedura arbitrale e prevede, all’art. 73.5, che «nel caso di mancata indicazione dell’arbitro, ad opera della controparte, entro il termine suindicato, il Presidente della Corte Federale d’Appello procederà d’ufficio alla nomina dell’arbitro non indicato». Disposizione analoga è prevista dall’art. 73.7 del medesimo Regolamento, il quale prevede che «qualora gli arbitri non provvedano, per qualunque motivo, alla concorde designazione del Presidente del Collegio entro il termine
Un esempio significativo è dato dal sistema arbitrale della pallacanestro, ove è istituito, a livello federale, un organo centrale, la Commissione Vertenze Arbitrali (C.V.A.) che amministra gli arbitrati, occupandosi anche della selezione e della designazione degli arbitri ritenuti idonei, i quali vengono inseriti in apposito elenco tenuto dalla medesima C.V.A.
All’interno della Federazione Italiana Pallacanestro, i tesserati ed affiliati sono tenuti, per disposizione federale, a rivolgersi al collegio arbitrale endofederale per la risoluzione delle controversie tra loro insorte aventi carattere patrimoniale31.
Tale struttura arbitrale e il relativo procedimento presentano profili di criticità, con particolare riferimento alla obbligatorietà dell’arbitrato ed alla garanzia di terzietà ed indipendenza degli arbitri.
In punto obbligatorietà dell’arbitrato, è opinione diffusa che siffatta impostazione, seguita da altre Federazioni sportive, si pone in aperto contrasto con la ratio dell’arbitrato che rappresenta uno strumento alternativo alla giurisdizione ordinaria per effetto di una libera determinazione del singolo32.
Secondo condivisibile dottrina, le clausole contenute nei regolamenti federali che impongono ai tesserati di ricorrere all’arbitrato per la risoluzione delle controversie non possano avere l’effetto di privarli della possibilità di rivolgersi all’autorità ordinaria, bensì possano avere una valenza esclusivamente disciplinare; di tal guisa, l’unica conseguenza di una devoluzione al
di 7 giorni dalla nomina del secondo arbitro, il Presidente della Corte Federale d’Appello, II Sezione, su istanza di una delle parti, provvederà a nominarlo».
31 Cfr. nota 28.
32 Sul punto, si veda, X. XXXXXXXX, Le problematiche attinenti alla natura ed alla efficacia dei lodi pronunciati negli arbitrati sportivi, p. 16, reperibile all’indirizzo internet xxxxx://xxxxxxx.xxxxx.xx/0000/0/xxxxxxxx-00000000-xxxx.xxx, secondo cui è necessario verificare se tali clausole compromissorie prospettino o meno un “arbitrato obbligatorio”, come tale costituzionalmente illegittimo. L’Autore ritiene che «il carattere performativo del linguaggio legislativo non è in alcun modo rinvenibile nelle norme statutarie e regolamentari sportive, che, lo si ricorda, si esprimono in termini di possibilità o si limitano, tutt’al più, a ricordare l’impegno assunto dalle parti, al momento dell’affiliazione- associazione, ad intraprendere la via arbitrale, senza configurare alcuna esclusione della giustizia istituzionale». In materia di arbitrato obbligatorio, si segnala il ragionamento di altra dottrina, X. XXXXXXX XXXXX XXXXXXX, Arbitrato dello sport: una better alternative, in questa Rivista, versione online, reperibile all’indirizzo internet xxxxx://xxx.xxxx.xx/xxxxxx/xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx/xxxxxxxx/Xxxxxxx0.xxxx.xxx, in cui l’Autore, facendo un parallelismo con l’arbitrato endosocietario, sostiene che «l’attenuazione della libertà di consenso può essere giustificata solo se siano date alle parti, ed in specie alla parte svantaggiata, garanzie di effettiva tutela nell’arbitrato; quando, cioè, l’arbitrato rappresenti una better alternative rispetto alla giurisdizione statuale».
giudice ordinario di una vertenza “coperta” da arbitrato federale obbligatorio consisterebbe nella reazione dell’ordinamento sportivo attraverso i suoi organi di giustizia ai fini dell’irrogazione di sanzioni disciplinari per violazione del patto associativo assunto con il tesseramento33.
Spostando l’attenzione sull’indipendenza e terzietà dei collegi arbitrali, la regolamentazione federale sottopone alla potestà disciplinare degli organi di giustizia della Federazione gli arbitri incaricati di risolvere le controversie loro deferite34 - che vengono appunto selezionati da un organo centrale della F.I.P. - circostanza che non depone a favore di un giudizio di legittimità dell’arbitrato.35
Tuttavia, altra attenta dottrina, pur consapevole di tali criticità, ha tentato di minimizzarne l’impatto effettivo nei casi concreti, sostenendo che «il problema della indipendenza del giudicante possa teoricamente porsi solo con riferimento ai casi, residuali, di
33 La giurisprudenza (cfr., tra le altre, Cass. 19 dicembre 2008, n. 29886) ha statuito che l’arbitrato, anche se previsto a livello federale, «non riveste carattere di obbligatorietà, tant’è vero che il mancato ricorso ad esso è fonte esclusivamente di responsabilità disciplinare a livello endofederale e, quindi, non può determinare l’improcedibilità della domanda proposta avanti l’autorità giudiziaria». In senso contrario, un’altra parte della giurisprudenza (cfr. Cass. 28 settembre 2005, n. 18919) ha sottolineato che «la rinunzia preventiva alla tutela giurisdizionale statale si fonda dunque sul consenso delle parti, le quali, aderendo in piena autonomia e consapevolezza agli statuti federali, accettano anche la soggezione agli organi interni di giustizia».
34 Significativa, in proposito, la previsione dell’art. 103 del Regolamento Organico F.I.P. che recita: «1. I componenti del Collegio Arbitrale, fino al deposito del lodo presso la CVA, sono equiparati per le funzioni svolte ai dirigenti federali. 2. Essi sono obbligati ad adempiere con lealtà e correttezza al mandato ricevuto.
3. Gli iscritti nella Lista assumono l’impegno di accettare le nomine e di partecipare alle riunioni fissate per le singole procedure, fatti salvi comprovati motivi che impediscono l’accettazione della nomina e la partecipazione alla riunione. 4. E’ dovere dei componenti del Collegio rispettare le norme procedurali di cui al presente Capo, rispettare i termini di deposito dei lodi e ogni altro termine previsto dalle norme di regolamento o stabilito dalla CVA, per le attività del Collegio. 5. Qualsiasi violazione dei doveri di cui ai commi precedenti da parte del Presidente o dei componenti del Collegio Arbitrale, costituisce violazione dei principi di lealtà e correttezza ed è sanzionata ai sensi dell’art. 44 del Regolamento di Giustizia. La CVA, in tali casi, anche d’Ufficio, rimette gli atti al Tribunale Federale, competente per tali violazioni quale Organo di giustizia federale di primo grado».
35 Secondo un’attenta dottrina (cfr., E. ZUCCONI XXXXX XXXXXXX, Quel che resta dell’arbitrato sportivo (dopo il nuovo Codice della Giustizia Sportiva 2014), in questa Rivista, versione online, reperibile all’indirizzo internet
xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xxxx.xx/xxxxxx/xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx/xxxxxxxx/XXXXXXX- QUEL_CHE_RESTA_DELLARBITRATO_SPORTIVO.pdf), una struttura arbitrale siffatta potrebbe, in alcuni casi, porsi in contrasto con l’art. 832 c.p.c., a mente del quale «le istituzioni di carattere associativo e quelle costituite per la rappresentanza degli interessi di categorie professionali non possono nominare arbitri nelle liti che contrappongono gli associati a terzi».
conflitto in cui sia parte una Federazione, non anche, evidentemente, le ipotesi di controversie tra soli tesserati, affiliati ed associati, rispetto ai quali gli organi giudiziali endofederali, pur volendo ammettere una partecipazione oppure un controllo diretti della Federazione su di essi, sono (sostanzialmente) ed appaiono (formalmente) equidistanti ed imparziali»36.
5. Riflessioni conclusive
Conclusivamente, si ritiene opportuno enucleare alcune questioni giuridiche di particolare interesse all’esito della disamina riguardante le procedure arbitrali nel settore professionistico e dilettantistico.
L’elemento che accomuna l’arbitrato nel settore professionistico e dilettantistico è rappresentato dalla natura irrituale37 del procedimento arbitrale, che viene ritenuta pacifica dalla dottrina38 e dalla giurisprudenza39.
36 X. XXXXXXXX, cit., p. 55 e ss. L’Autore sottolinea che le ipotesi di arbitrato federale in cui sia parte la Federazione sono residuali e, infatti, le clausole compromissorie ricorrenti nell’ambito degli Statuti e dei Regolamenti federali attengono principalmente alle controversie tra tesserati ed affiliati e non tra tesserati o affiliati e la Federazione.
37 Per una completa disamina circa la natura dell’arbitrato, vedasi X. XXXXX, Disegno sistematico dell’arbitrato, vol. 2, 2012, p. 264 e ss., che ha sottolineato che «la mera previsione che gli arbitri potessero giudicare senza formalità o senza formalità di procedura non era di per sé – se non coniugata con l’esonero o il rispetto delle norme previste dagli art. 806 e ss. c.p.c. – decisiva per la classificazione dell’arbitrato”». L’autore cita, altresì, giurisprudenza sul punto che ha «ritenuto irrilevanti, a tal fine, espressioni tecniche come quelle di «controversia», «giudizio» e «questioni», che, pur essendo peculiari del procedimento giurisdizionale, possono essere utilizzate anche in riferimento all'arbitrato irrituale, per mera scelta lessicale dei contraenti” (cfr. Cass. 20 luglio 2006, n. 16718) ed ha statuito che «ai fini della qualificazione dell'arbitrato l'indagine dovesse fondarsi non tanto sulle espressioni letterali usate dalle parti, quanto sul contenuto sostanziale delle clausole contrattuali e sulle finalità perseguite» (cfr. Cass. 12 gennaio 1984, n. 268).
38 In materia di arbitrato sportivo, in dottrina vi è chi sostiene che l’irritualità si deduce dalla circostanza che l’arbitrato sportivo è, generalmente, disciplinato dai regolamenti di procedura previsti dalle Federazioni sportive, secondo uno schema che si discosta da quello previsto dagli art. 806 e ss. c.p.c. per ciò che attiene l’arbitrato rituale (cfr. F. XXXXXXXX, xxx., x. 000).
39 Cfr., tra le tante, Xxxx. 1 agosto 2003, n. 11751, in Dir. e giust., 34, 2003, p. 103 che ha così statuito:
«oltre che per consistenti ragioni di carattere giuridico la tesi che assegna all'arbitrato in materia sportiva la natura di arbitrato libero […] si lascia preferire anche perché più funzionale alle esigenze dell'ordinamento sportivo in ragione della maggiore stabilità del lodo irrituale (stante la più estesa impugnabilità del loro rituale) e del fatto che un sistema di risoluzione di controversie, improntato a libertà di forme, svincolato dalla stretta osservanza di norme processuali e suscettibile di definitività in tempi relativamente brevi si presenta maggiormente adeguato all'attività agonistica cadenzata su eventi susseguentisi in ristretti spazi temporali».
Anche il tema della perdurante giurisdizione dei giudici statali nelle materie sottoposte all’arbitrato sportivo, anche se per motivi differenti, può dirsi comune al settore professionistico e dilettantistico.
Si è visto che in ambito professionistico, caratterizzato dalla sussistenza di rapporti di lavoro, vige il c.d. principio di alternatività delle tutele40, mentre nel dilettantistico appare arduo ipotizzare forme di arbitrato obbligatorio41, anche a mente della carenza di un espresso consenso del tesserato alla clausola compromissoria contenuta negli Statuti federali42.
L’arbitrato professionistico, anche per effetto dell’intervento delle associazioni di categorie, si presenta maggiormente disciplinato ed appare compatibile con lo schema disegnato dall’ordinamento statale con riferimento all’istituto dell’arbitrato.
Al contrario, in ambito dilettantistico la situazione si presenta frammentata, con previsioni federali variegate, spesso sintetiche, che, al di là di mere definizioni, non chiariscono del tutto la natura dei meccanismi di risoluzione delle controversie economiche.
La presenza pressoché costante ed invasiva delle istituzioni federali nel contesto delle procedure arbitrali porta a dubitare della natura arbitrale delle medesime e ritenere, al contrario, che tali procedimenti costituiscano rimedi interni all’ordinamento sportivo inidonei a costituire una alternativa alla giurisdizione ordinaria e ad assolvere alla funzione arbitrale, tecnicamente intesa.
Il dilettantismo sportivo presenta un ulteriore aspetto di potenziale criticità, rappresentato dalla possibile sussistenza di rapporti di lavoro anche in tale ambito.
Se è pacifico che gli sportivi che praticano attività sportiva, anche ai massimi livelli, nell’ambito del dilettantismo non possano essere inquadrati come lavoratori ex lege 91/1981, tuttavia, secondo una più attenta valutazione, non può ritenersi dirimente, ai fini della corretta qualificazione del rapporto tra sportivo dilettante e società sportiva, la circostanza che le singole
40 Cfr. nota 24.
41 Cfr. nota 32.
42 Per un maggior approfondimento sul tema del consenso arbitrale nell’arbitrato sportivo, E. ZUCCONI XXXXX XXXXXXX, op. ult. cit.
Federazioni sportive escludano nei propri regolamenti ogni forma di lavoro in ambito dilettantistico43 .
A parere di chi scrive, non può escludersi che l’autorità giudiziaria ordinaria possa, per esempio, riconoscere ad uno sportivo dilettante, applicando le ordinarie norme civilistiche, la qualità di lavoratore subordinato, se dovessero ricorrere gli elementi caratterizzanti della fattispecie. In tale eventualità, apparirebbe estremamente arduo legittimare l’attuale assetto dell’arbitrato nel settore dilettantistico, in quanto a ciò osterebbe il principio secondo cui, in materia di lavoro, l’arbitrato è ammissibile solo se disciplinato dalla legge o dagli accordi collettivi, requisiti che non ricorrerebbero in ambito dilettantistico.
Il tema è di particolare attualità, stante l’emanazione, da parte del legislatore, della legge 8 agosto 2019, n. 8644, con cui il Parlamento ha delegato il Governo per il riordino e la
43 Per esempio, l’art. 29 comma 2 delle NOIF dispone che «per tutti i “non professionisti” è esclusa ogni forma di lavoro, sia autonomo che subordinato».
44 L’art. 5 della legge 8.8.2019, n. 86 così recita: «1. Allo scopo di garantire l'osservanza dei principi di parità di trattamento e di non discriminazione nel lavoro sportivo, sia nel settore dilettantistico sia nel settore professionistico, e di assicurare la stabilità e la sostenibilità del sistema dello sport, il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi di riordino e di riforma delle disposizioni in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici nonché di disciplina del rapporto di lavoro sportivo, secondo i seguenti principi e criteri direttivi: a) riconoscimento del carattere sociale e preventivo-sanitario dell'attività sportiva, quale strumento di miglioramento della qualità della vita e della salute, nonché quale mezzo di educazione e di sviluppo sociale; b) riconoscimento del principio della specificità dello sport e del rapporto di lavoro sportivo come definito a livello nazionale e dell'Unione europea, nonché del principio delle pari opportunità anche per le persone con disabilità, nella pratica sportiva e nell'accesso al lavoro sportivo sia nel settore dilettantistico sia nel settore professionistico; c) individuazione, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e fermo restando quanto previsto dal comma 4, nell'ambito della specificità, di cui alla lettera b) del presente comma, della figura del lavoratore sportivo, ivi compresa la figura del direttore di gara, senza alcuna distinzione di genere, indipendentemente dalla natura dilettantistica o professionistica dell'attività sportiva svolta, e definizione della relativa disciplina in materia assicurativa, previdenziale e fiscale e delle regole di gestione del relativo fondo di previdenza; d) tutela della salute e della sicurezza dei minori che svolgono attività sportiva, con la previsione di specifici adempimenti e obblighi informativi da parte delle società e delle associazioni sportive con le quali i medesimi svolgono attività; e) valorizzazione della formazione dei lavoratori sportivi, in particolare dei giovani atleti, al fine di garantire loro una crescita non solo sportiva, ma anche culturale ed educativa nonché una preparazione professionale che favorisca l'accesso all'attività lavorativa anche alla fine della carriera sportiva; f) disciplina dei rapporti di collaborazione di carattere amministrativo gestionale di natura non professionale per le prestazioni rese in favore delle società e associazioni sportive dilettantistiche, tenendo conto delle peculiarità di queste ultime e del loro fine non lucrativo; g) riordino e coordinamento formale e sostanziale delle disposizioni di legge, compresa la legge 23 marzo 1981, n. 91, apportando le modifiche e le integrazioni necessarie per garantirne la coerenza giuridica, logica e sistematica, nel rispetto delle norme di diritto internazionale e della normativa dell'Unione europea, nonché per adeguarle ai principi riconosciuti del diritto sportivo e ai
riforma delle disposizioni in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici nonché di rapporto di lavoro sportivo, riforma che condurrà all’individuazione della figura del lavoratore sportivo, indipendentemente dalla natura dilettantistica o professionistica dell'attività sportiva svolta e che potrebbe incidere anche sulla disciplina dell’arbitrato nel settore dilettantistico.
consolidati orientamenti della giurisprudenza; h) riordino della disciplina della mutualità nello sport professionistico; i) riconoscimento giuridico della figura del laureato in scienze motorie e dei soggetti forniti di titoli equipollenti di cui al decreto legislativo 8 maggio 1998, n. 178; l) revisione e trasferimento delle funzioni di vigilanza e covigilanza esercitate dal Ministero della difesa su enti sportivi e federazioni sportive nazionali, in coerenza con la disciplina relativa agli altri enti sportivi e federazioni sportive, previa puntuale individuazione delle risorse umane, strumentali e finanziarie da trasferire; m) trasferimento delle funzioni connesse all'agibilità dei campi e degli impianti di tiro a segno esercitate dal Ministero della difesa all'Unione italiana tiro a segno, anche con la previsione di forme di collaborazione della stessa con il predetto Ministero, previa puntuale individuazione delle risorse umane, strumentali e finanziarie da trasferire; n) riordino della normativa applicabile alle discipline sportive che prevedono l'impiego di animali, avendo riguardo, in particolare, agli aspetti sanitari, al trasporto, alla tutela e al benessere degli animali impiegati in attività sportive. 2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e, limitatamente ai criteri di cui al comma 1, lettere a) ed e), rispettivamente con il Ministro della salute e con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, acquisita l'intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano. Gli schemi dei decreti legislativi sono trasmessi alle Camere per l'espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, da rendere entro il termine di quarantacinque giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i decreti possono essere comunque emanati. Se il termine per l'espressione del parere scade nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine di cui al comma 1 o successivamente, quest'ultimo termine è prorogato di novanta giorni. 3. Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al comma 1, nel rispetto dei principi e criteri direttivi e con la procedura previsti dai commi 1 e 2, il Governo può adottare disposizioni integrative e correttive dei decreti medesimi. 4. Dall'attuazione della delega di cui al comma 1 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Qualora uno o più decreti legislativi determinino nuovi o maggiori oneri che non trovino compensazione al proprio interno o mediante utilizzo delle risorse di cui all'articolo 13, comma 5, del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2018, n. 96, essi sono emanati solo successivamente o contestualmente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie, in conformità all'articolo 17, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196».
Abstract
The article analyzes the arbitration in sports with the purpose to provide a general landscape about the role of the arbitration in this sector and to examine the peculiarities of the proceedings that present different characteristics in professional and amateur sports. The article also aims to point out some relevant legal issues concerning arbitration in sports, in particular in relation to aspects connected to the labor matters that deeply involve the branch of sports law.
Keywords: Professional sports; Amateur sports; Sports Arbitration; Sports Disputes
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