B u n d e s s t r a f g e r i c h t
B u n d e s s t r a f g e r i c h t
T r i b u n a l p é n a l f é d é r a l
T r i b u n a l e p e n a l e f e d e r a l e T r i b u n a l p e n a l f e d e r a l
Numero dell’incarto: BB.2018.194
Decisione del 22 febbraio 2019 Corte dei reclami penali | |
Composizione | Giudici penali federali Xxxxxxx Xxxxx-Xxxxxxxxxxxx, Presidente, Xxx Xxxxx e Xxxxxxx Xxxxxxxx, Xxxxxxxxxxx Xxxxxxxxx Xxxxxxx |
Parti | |
A., rappresentato dagli avv. Xxxxxx X. Xxxxxxx e Xxxx-Xxxxx Xxxxxxxx Reclamante | |
contro | |
MINISTERO PUBBLICO DELLA CONFEDERAZIONE, Controparte | |
Oggetto | Sequestro (art. 263 e segg. CPP) |
Fatti:
A. In data 15 marzo 2017 il Ministero pubblico della Confederazione (di seguito: MPC) ha avviato un’istruzione penale nei confronti di A. per titolo di riciclaggio di denaro (art. 305bis CP). A. è sospettato di avere ricevuto, attraverso la rela- zione n. 1 presso la banca B. di Ginevra, intestata a C. Inc. di cui egli è avente diritto economico, tra il 2011 e il 2014, diverse somme di denaro di presunta origine criminale, per un ammontare complessivo di 11 milioni di dollari statuni- tensi (USD), da parte di svariate società riconducibili al gruppo D. (v. act. 1.2).
B. Nell’ambito di tale inchiesta, il MPC, dopo aver acquisito la documentazione relativa alla relazione di cui sopra (v. act. 1.3), ha perquisito e sequestrato altri conti entrati in contatto con la medesima, ciò che ha condotto, il 4 aprile 2017, al blocco della relazione bancaria n. 2 presso la banca E., intestata a A. (v. act. 1.4 e 1.1).
C. Dopo una prima richiesta di dissequestro della relazione in questione del 30 maggio 2018, a cui l'autorità non ha dato seguito (v. act. 1.8), in data 31 ago- sto 2018 A. ha postulato lo sblocco parziale della medesima, ossia a concor- renza di USD 299'980.–, EUR 1'617'000.– e GPB 440'000.– (v. act. 1.9).
D. Con decreto del 2 novembre 2018, il MPC ha respinto l'istanza di dissequestro parziale di cui sopra (v. act. 1.1).
E. Con reclamo del 15 novembre 2018, A. è insorto contro il decreto del 2 novem- bre 2018 dinanzi alla Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale, postulando quanto segue: in xxx xxxxxxxxxx, x'xxxxxxxxxxxx xxx xxxxxxx e il dis- sequestro del conto a concorrenza di USD 299'980.–, EUR 1'617'000.– e GPB 440'000.–; in via sussidiaria, l'annullamento del decreto e il dissequestro del conto a concorrenza di USD 299'980.–; in via ancora più sussidiaria, l'an- nullamento del decreto e il rinvio della causa al MPC per nuova decisione (v. act. 1).
F. Con osservazioni del 10 dicembre 2018, il MPC ha chiesto di respingere il gra- vame, nella misura della sua ammissibilità (v. act. 4).
G. Con replica del 10 gennaio 2019, trasmessa al MPC per conoscenza (v. act. 11), l'insorgente si è riconfermato nelle sue conclusioni ricorsuali (v. act. 10).
Le ulteriori argomentazioni delle parti saranno riprese, per quanto necessario, nei considerandi di diritto.
Diritto:
1.
1.1 In virtù degli art. 393 cpv. 1 lett. a del Codice di diritto processuale penale sviz- zero del 5 ottobre 2007 (CPP; RS 312.0) e 37 cpv. 1 della legge federale del 19 marzo 2010 sull’organizzazione delle autorità penali della Confederazione (LOAP; RS 173.71), la Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale giudica i gravami contro le decisioni e gli atti procedurali del MPC.
Essa esamina d'ufficio e con piena cognizione l'ammissibilità dei reclami che le sono sottoposti senza essere vincolata, in tale ambito, dagli argomenti delle parti o dalle loro conclusioni (v. art. 391 cpv. 1 e 393 cpv. 2 CPP; TPF 2012 155 consid. 1.1 e 2011 60; XXXXXX, Die Beschwerde gemäss schweizerischer Straf- prozessordnung, 2011, pag. 265 con la giurisprudenza citata).
1.2 Il reclamo contro decisioni comunicate per iscritto od oralmente va presentato e motivato entro dieci giorni (art. 396 CPP). Nella fattispecie, la decisione impu- gnata, datata 2 novembre 2018 (v. act. 1.1), è stata ritirata dal reclamante il 5 novembre successivo (v. ibidem). Il reclamo, interposto il 15 novembre 2018, è pertanto tempestivo.
1.3 Sono legittimate ad interporre reclamo contro una decisione le parti che hanno un interesse giuridicamente protetto all’annullamento o alla modifica della stessa (art. 382 cpv. 1 CPP). In altre parole la legittimazione ricorsuale è data se il reclamante è toccato nei suoi diritti in maniera concreta, diretta e, di mas- sima, anche attuale (v. GUIDON, op. cit., n. 232 e segg.; XXXXXX/XXXXXXXX, Handbuch des schweizerischen Strafprozessrechts, 3a ediz. 2017, n. 1458, nonché le sentenze del Tribunale federale 1B_669/2012 del 12 marzo 2013 consid. 2.3.1; 1B_657/2012 dell’8 marzo 2013 consid. 2.3.1; 1B_94/2012 del 2 aprile 2012 consid. 2.1). Trattandosi di una misura di sequestro di un conto bancario, di principio solo il titolare del conto adempie questa condizione (v. sentenza del Tribunale federale 1B_94/2012 del 2 aprile 2012 consid. 2.1 in fine; decisione del Tribunale penale federale BB.2011.10/11 del 18 maggio
2011 consid. 1.5 e riferimenti ivi citati). In concreto, nella misura in cui il recla- mante contesta il rifiuto del MPC di dissequestrare parzialmente un conto ban- cario a lui intestato, la sua legittimazione ricorsuale è pacifica.
1.4 Giusta l'art. 393 cpv. 2 CPP, mediante il reclamo si possono censurare le viola- zioni del diritto, compreso l’eccesso e l’abuso del potere di apprezzamento e la denegata o ritardata giustizia (lett. a), l’accertamento inesatto o incompleto dei fatti (lett. b) e l’inadeguatezza (lett. c).
2. Il reclamante contesta il sequestro del suo conto. Egli afferma che i valori giunti sui suoi conti costituirebbero il frutto di suoi investimenti immobiliari e sarebbero legati a operazioni di cambio. Essendo tali operazioni legali, non vi sarebbe nessun crimine a monte legato al contestato riciclaggio di denaro. Tutte le ope- razioni sarebbero del resto documentate, per cui non vi sarebbero stati atti tesi ad impedire l'identificazione dei valori in questione. Premesso che i contestati versamenti sarebbero intervenuti tra novembre 2011 e maggio 2014, egli non poteva nemmeno immaginare che i valori versatigli da società riconducibili al gruppo D. avrebbero potuto essere di origine criminale, dato che le indagini brasiliane relative all'operazione "F." sarebbero state avviate solo il 17 marzo 2014. In assenza di un'infrazione generatrice di profitti, il sequestro non sarebbe nemmeno giustificabile in vista dell'esecuzione di un credito compensatorio. Ad ogni modo, nella misura in cui USD 299'980.– ed EUR 1'617'000.– sarebbero benefici da investimenti immobiliari in Angola e GBP 440'000.– corrispondereb- bero ad un prestito concesso dalla banca B. al reclamante, questi valori andreb- bero in ogni caso dissequestrati. Non dovesse la Corte adita essere di questo parere, il dissequestro parziale dovrebbe essere pronunciato perlomeno a con- correnza di USD 299'980.–, nella misura in cui un credito compensatorio su tale importo, relativo ad un trasferimento di fondi intervenuto il 3 agosto 2011, sa- rebbe prescritto.
2.1 In base all’art. 263 cpv. 1 CPP, all’imputato e a terzi possono essere sequestrati oggetti e valori patrimoniali se questi saranno presumibilmente utilizzati come mezzi di prova (lett. a), utilizzati per garantire le spese procedurali, le pene pe- cuniarie, le multe e le indennità (lett. b), restituiti ai danneggiati (lett. c), o confi- scati (lett. d). Dal punto di vista costituzionale il sequestro rappresenta una re- strizione della garanzia della proprietà (art. 26 Cost.) ed eventualmente anche della libertà economica (art. 27 Cost.). Come tale è ammissibile solo alle condi- zioni poste dall’art. 36 Cost. (x. XXXXXXXXXXX, Commentario basilese, 2a ediz. 2014, n. 11 preliminarmente ad art. 263-268 CPP). Più concretamente, trattan- dosi di un provvedimento coercitivo ex art. 196 e segg. CPP, vi devono essere sufficienti indizi di reato (art. 197 cpv. 1 lett. b CPP) e va rispettato il principio della proporzionalità (XXXXXXXXXXX, Beschlagnahme, op. cit., pag. 117; XXXXXX/SCHWERI/XXXXXXXX, Schweizerisches Strafprozessrecht, 6a ediz.
2005, n. 3 pag. 341; PIQUEREZ/MACALUSO, Xxxxxx xx xxxxxxxxx xxxxxx xxxxxx, 0x ediz. 2011, n. 1361 e segg.). Affinché tale ultima condizione sia adempiuta, è necessario che la restrizione dei diritti fondamentali sia idonea a perseguire lo scopo desiderato, che quest’ultimo non possa essere raggiunto mediante mi- sure meno incisive e che esista un rapporto ragionevole tra lo scopo stesso e gli interessi pregiudicati (DTF 135 I 233 consid. 3.1 e rinvii). Trattandosi di un sequestro penale, la misura deve essere proporzionata nel suo ammontare, nella durata e riguardo alla situazione della persona toccata (v. DTF 132 I 229 consid. 11). Secondo la giurisprudenza, una misura di sequestro che porta su valori che potranno verosimilmente essere oggetto di confisca penale è di prin- cipio proporzionale (sentenze del Tribunale federale 1B_136/2009 dell'11 ago- sto 2009 consid. 4.1; 1B_157/2007 del 25 ottobre 2007 consid. 2.2; nonché la sentenza dell’8 novembre 1993, pubblicata in SJ 1994, pag. 97 e segg., in part. consid. 3 a pag. 102).
2.2 Nella fattispecie, l'indagato è sospettato di avere ricevuto e movimentato su conti in Svizzera a lui riconducibili 11 milioni di dollari provenienti da svariate società estere legate al gruppo D., holding brasiliana attiva in diversi Paesi nel campo dell'ingegneria e delle costruzioni, valori che costituirebbero il provento dell’attività criminale posta in essere all'estero da persone fisiche operanti nel gruppo in questione (v. act. 1.1 pag. 2). Le operazioni sospette vengono situate fra il 2010 e il 2015 (v. act. 4 pag. 3 e segg.).
Occorre pertanto verificare la presenza concorrente di sufficienti indizi in merito al reato di riciclaggio di denaro e di connessione con i valori patrimoniali seque- strati.
2.3 Il 1° gennaio 2016 è entrata in vigore la revisione dell'art. 305bis n. 1 CP (RU 2015 1389). Il diritto penale materiale si applica alle infrazioni commesse dopo la sua entrata in vigore (v. art. 2 cpv. 1 CP). Tuttavia, se l’autore è giudi- cato posteriormente e il nuovo diritto gli è più favorevole della legge in vigore al momento dell’infrazione si applica il nuovo diritto in virtù del principio della lex mitior ex art. 2 cpv. 2 CP. Il nuovo art. 305bis CP è stato modificato unicamente con l'aggiunta della punibilità dei delitti fiscali qualificati (v. più ampiamente, FERRARA XXXXXXX /SALMINA, Il riciclaggio del provento di delitti fiscali qualificati secondo il nuovo diritto penale svizzero, in: Sgubbi/Xxxxxxxx/Ferrara Mi- cocci/Salmina, La voluntary disclosure, profili penalistici, 2015, pag. 241 e segg.). Il nuovo diritto, estendendo il proprio campo di applicazione, è di per sé meno favorevole al reo rispetto a quello precedente, ma la questione è qui irri- levante non trattandosi nella fattispecie di reati fiscali: a maggior ragione non vi è dunque motivo di scostarsi dalla regola dell’art. 2 cpv. 1 CP.
Si rende colpevole di riciclaggio di denaro chiunque compie un atto suscettibile di vanificare l'accertamento dell'origine, il ritrovamento o la confisca di valori
patrimoniali sapendo o dovendo presumere che provengono da un crimine (vec- chia versione dell’art. 305bis n. 1 CP). Sia dal punto di vista oggettivo che sog- gettivo il reato presuppone dunque due elementi distinti: il crimine a monte ai sensi dell'art. 10 cpv. 2 CP e l’atto vanificatorio. Visto il suo carattere accessorio, il reato presuppone l'esistenza di un antefatto criminoso da cui i valori patrimo- niali riciclati derivano (v. DTF 138 IV 1 consid. 4.2.2). Qualsiasi atto che ostacola la ricostruzione della traccia fra un crimine e i valori patrimoniali da esso prove- nienti costituisce oggettivamente un atto di riciclaggio (DTF 119 IV 59 consid. 2, 242 consid. 1e). Si tratta di un'infrazione di esposizione a pericolo astratto: il comportamento è dunque punibile anche se l'atto vanificatorio non ha raggiunto il suo scopo ed è quindi rimasta traccia fra crimine a monte e valori patrimoniali da esso derivati (DTF 127 IV 20 consid. 3; 119 IV 59 consid. 2e; sentenza del Tribunale federale 6B_879/2013 del 19 novembre 2013 consid. 1.1). Il riciclag- gio di denaro non richiede operazioni finanziarie complicate: anche gli atti più semplici, come il semplice fatto di nascondere il bottino, possono costituire un atto vanificatorio (DTF 122 IV 211 consid. 3b/aa). Il reo deve aver agito in ma- niera intenzionale, compresa l’ipotesi del dolo eventuale (v. art. 12 cpv. 2 CP). L’intenzione non deve riferirsi solo all’atto vanificatorio in sé, quindi al fatto che l’operazione in questione sia idonea a interrompere la traccia documentaria, ma anche all’origine criminale dei valori riciclati: l'autore sa o deve presumere che i valori che ricicla provengono da un crimine (DTF 122 IV 211 consid. 2e; sulla formulazione “sa o deve presumere” si veda già BERNASCONI, Finanzunterwelt. Gegen Wirtschaftskriminalität und organisiertes Verbrechen, 1988, pag. 52 e seg., così come la giurisprudenza relativa all’art. 160 CP e alla legge sugli stu- pefacenti, segnatamente DTF 105 IV 303 consid. 3b; 104 IV 211 consid. 2; 69
IV 67 consid. 3).
2.3.1 In concreto, dalle indagini condotte in Svizzera, in Brasile, negli Stati Uniti e in altri Paesi, tra i quali l'Angola, è emerso che il gruppo D. avrebbe istituito, attra- verso società offshore utilizzate con funzione di "casse nere" e suddivise in quattro livelli (A, B, C e D), un esteso e complesso sistema corruttivo, effet- tuando pagamenti a ex direttori della società parastatale G. e di altre società statali e parastatali brasiliane e di altri Paesi, nei quali D. si è visto aggiudicare dei contratti d'appalto. Versamenti corruttivi sarebbero stati effettuati anche a collaboratori di D. stesso. In pratica, sulla base di contratti fittizi e delle relative fatture emesse, il denaro di origine criminale sarebbe stato distratto dalla con- tabilità ufficiale di D., riconducibile al livello A, per essere trasferito su relazioni bancarie di società offshore del livello B, le quali di fatto sarebbero state con- trollate da D., senza risultare nella contabilità consolidata del gruppo. Queste "casse nere" del livello B sarebbero state aperte e gestite da impiegati o man- datari di D. attivi in particolare in Svizzera, Antigua, Austria, Portogallo e Paesi Bassi. Anche il trasferimento dei valori patrimoniali dal livello B al livello C sa- rebbe stato plausibilizzato mediante contratti fittizi di prestazione e fatture per le quali non vi sarebbe stata controprestazione. L'analisi delle relazioni bancarie
intestate alle società di sede in questione, appartenenti al livello C delle "casse nere" ha permesso di rilevare che la relazione bancaria n. 1 presso la banca B., Ginevra, intestata a C. Inc., di cui il reclamante risulta essere avente diritto eco- nomico, è stata destinataria, tra il novembre 2011 e il maggio 2014, di 25 bonifici di un importo complessivo di USD 10'999'815.– provenienti da relazioni banca- rie intestate a H. Ltd, I. Ltd, J. Ltd e K., società riconducibili indirettamente al gruppo D. e indicate da quest'ultimo come "casse nere" attraverso le quali sa- rebbero state pagate le tangenti ai beneficiari finali (cfr. allegato 2, pag. 11, in- carto MPC).
È inoltre emerso che la relazione bancaria intestata a C. Inc. presso la banca
B. è stata accreditata, tra agosto e dicembre 2013, di un importo complessivo di EUR 1'728'372.– proveniente da una relazione bancaria intestata a L. Corp. presso la banca B., società riconducibile a M., in relazione anche con l'acquisto di partecipazioni del centro N. Da ricerche effettuate su fonti aperte è risultato che M. sarebbe proprietario del 70% della società O., partecipata per il restante 30% dal gruppo D. O. sarebbe il costruttore del centro N. M. avrebbe inoltre affittato a G. un piano del centro N. per USD 729'000.– all'anno. Da altre rela- zioni bancarie riconducibili a M. presso la banca B. emergono dei versamenti a relazioni bancarie all'estero di pertinenza di P., generale angolano (EUR 96'018.– nel dicembre 2010) e a Q., ex governatore della banca R. (EUR 165'692.– e USD 100'052.– tra dicembre 2010 e settembre 2013).
2.3.2 Per quanto attiene all'atto vanificatorio, dalle indagini svizzere è emerso che dalla relazione bancaria intestata a C. Inc. presso la banca B. vi sono stati tra- sferimenti ad altre relazioni bancarie intestate al reclamante all'estero e in Sviz- zera, tra cui quella oggetto della decisione impugnata. Da tali relazioni sono stati effettuati dei bonifici in favore di ulteriori relazioni bancarie in Svizzera e all'estero. Un importo di USD 299'980.– è stato versato nell'agosto 2011 a fa- vore di una relazione bancaria presso la banca S. intestata a T. USD 400'000.– sono stati versati tra giugno 2013 e luglio 2014 a favore di una relazione ban- caria presso la banca B. intestata a AA., società riconducibile a BB. USD 300'051.– sono stati accreditati nel marzo 2015 a favore di una relazione ban- caria all'estero intestata a CC., figlio dell'ex ministro delle finanze angolano DD. Vi sarebbero poi altri versamenti in favore di controparti sconosciute in Svizzera e all'estero. Il MPC afferma che la documentazione bancaria relativa ai versa- menti appena descritti è attualmente oggetto di approfondimenti. Esso ipotizza che gli stessi possano essere dazioni a persone politicamente esposte e quindi sospettate di essere beneficiarie finali di pagamenti corruttivi (v. act. 4 pag. 3).
2.3.3 Le conclusioni del MPC sono condivisibili. Sulla base di quanto per il momento emerso nel corso delle indagini, vi sono in effetti sufficienti indizi per ipotizzare che conti riconducibili al reclamante siano stati utilizzati per attività di riciclaggio
sul territorio svizzero e nella misura in cui sul conto oggetto della decisione im- pugnata sono giunti valori patrimoniali dalla relazione n. 1 presso la banca B. intestata a C. Inc., a sua volta destinataria di denaro proveniente da società riconducibili al gruppo D., la connessione fra l'ipotetico reato e i beni oggetto del sequestro è data (v. supra consid. 2.1). Certo il reclamante sostiene di aver ricevuto il denaro dalle società del gruppo D. in dollari americani in cambio di moneta angolana (kwanzas), precisando che la sua fortuna in kwanzas sarebbe il frutto di investimenti immobiliari nonché di consulenze e attività in ambito edi- lizio effettuate attraverso le sue società. Ciò non toglie che, mediante tale ope- razioni di cambio, egli ha ricevuto su conti a lui riconducibili denaro di presunta origine criminale. In queste circostanze, l'autorità di perseguimento penale deve potere analizzare la documentazione bancaria relativa alle varie relazioni impli- cate nei flussi di denaro, anzitutto grazie a quanto sostanziabile sulla base delle rogatorie provenienti dall’Angola, alle quali dovranno comunque se del caso fare seguito senza indugio anche rogatorie attive da parte del MPC, come del resto prospettato nelle sue osservazioni del 10 dicembre 2018 (act. 4 pag. 8). Tale analisi dovrà permettere di stabilire se gli attuali sospetti di reato nei con- fronti del reclamante si sono ulteriormente rafforzati o meno e di verificare che tutte le condizioni, anche quella soggettiva, legate all'applicazione degli art. 305bis e 70 CP siano realizzate. Il reclamante sostiene infatti di non essere stato a conoscenza dell'identità delle controparti nelle operazioni di cambio di cui so- pra. Tuttavia, come evidenziato dal MPC, dalla documentazione concernente la relazione bancaria intestata a C. Inc. risulta che il reclamante è stato definito nel profilo cliente come "High Risk client" poiché di nazionalità angolana e PEP a partire dal 18 aprile 2011 (v. allegato 3 incarto MPC). La banca ha giudicato il ruolo e le funzioni del predetto all'interno del governo angolano ("National di- rector of the technical Unit for the Public Dept Management" e "National director of the follow up office of the macroeconomic management of the Economic Coordination Ministry") non definite. Sulla relazione erano inoltre previsti in en- trata 2 milioni di dollari, per cui l'accredito di somme superiori avrebbe dovuto essere documentato e chiarito in anticipo. Risulta pertanto inverosimile che il reclamante non conoscesse l'origine dei capitali versatigli, anche perché con la funzione che egli rivestiva nel governo angolano avrebbe dovuto accertarsi dell'origine del denaro che giungeva sul suo conto. Parimenti rilevante risulta essere lo scambio di posta elettronica del 29 e 30 novembre 2011 (v. allegato 4 incarto MPC), facente parte della documentazione concernente la relazione intestata a C. Inc., avvenuto tra il Compliance Officer, l'impiegato che ha intro- dotto il cliente e l'Executive Director dell'ufficio di rappresentanza della banca
B. a Lisbona. Il primo chiede di ottenere i contratti (consultancy services) tra C.
Inc. e H. Ltd rispettivamente I. Ltd al fine di giustificare gli accrediti avvenuti sulla relazione. L'Executive Director risponde che non vi sono contratti poiché "The BO is the same on the mentioned companies therfore there is not a con- tract between them". Il Compliance Officer ne prende atto e scrive "OK. I note that your client is owner of the 2 companies I. Ltd e H. Ltd". Dallo scambio in
questione e da altri atti risulta pertanto che il reclamante è avente diritto econo- mico di I. Ltd, H. Ltd e K. (v. allegati da 5 a 9 incarto MPC). Da un'altra e-mail dell'11 giugno 2013 (v. allegato 10 incarto MPC) risulta che l'Account Office della relazione in questione trasmette al Compliance Officer copia del "consul- ting agreement" del 10 agosto 2012 tra C. Inc. e J. Ltd, firmato da entrambe le parti; il medesimo contratto è stato ritrovato nel server di D., firmato però unica- mente dal rappresentante di J. Ltd (v. allegato 11 incarto MPC). Nel medesimo server sono inoltre stati ritrovati i contratti tra C. Inc con I. Ltd del 14 ottobre 2011 (v. allegato 12 incarto MPC) e con H. Ltd del 17 ottobre 2011 (v. allegato 13 incarto MPC). Tali contratti sono anche stati firmati unicamente dalle contro- parti di C. Inc. In realtà, contrariamente a quanto risulta dalla documentazione bancaria, le relazioni intestate a H. Ltd, I. Ltd e J. Ltd sarebbero riconducibili al gruppo D. e sarebbero state utilizzate come "casse nere" per il pagamento di tangenti. Tali società offshore non avrebbero avuto nessuna attività e non sa- rebbero state riconducibili al reclamante. Il MPC sottolinea che i contratti tra le stesse e C. Inc. non potevano che essere fittizi. In definitiva, da una parte vi è la documentazione bancaria e quella estrapolata dai server sequestrati al gruppo D., dalla quale risulta che il reclamante ha avuto contatti con società e quindi persone legate al gruppo D., dato che la società a lui riconducibile ha firmato dei contratti, anche se fittizi, con le società offshore del gruppo D.; dall'al- tra vi è il reclamante che afferma di aver effettuato mere operazioni di cambio, attraverso intermediari, ma con controparti a lui sconosciute e quindi secondo modalità non certo incompatibili con le ipotesi di riciclaggio del MPC. In questo senso gli elementi e le incongruenze evidenziati dal MPC allo stato attuale delle indagini permettono di confermare il contestato sequestro. L'autorità inquirente, che ha precisato che le indagini si trovano ad uno stadio iniziale, deve poter analizzare e approfondire, sulla base della documentazione raccolta e degli atti che otterrà mediante rogatorie all'estero, i vari flussi di denaro sospetti, che do- vranno poi essere sottoposti in interrogatorio allo stesso reclamante in quanto imputato e ad altre persone ordinanti o beneficiarie di denaro transitato sulle relazioni bancarie a lui riconducibili.
Tenuto conto che sulla relazione bancaria intestata a C. Inc. sono giunti quasi 11 milioni di dollari di presunta origine criminale in provenienza da società ri- conducibili al gruppo D. e che il MPC ha potuto sequestrare solo circa 3 milioni di franchi svizzeri su relazioni bancarie riconducibili al reclamante, la misura contestata risulta ossequiosa del principio della proporzionalità. Per quanto ri- guarda gli eventuali valori patrimoniali di cui il reclamante asserisce di poter dimostrare la loro provenienza lecita, va ricordata la possibilità per il MPC di sequestrare anche beni non legati ad un reato in vista di garantire l'esecuzione di un eventuale risarcimento equivalente a carico dell’imputato ai sensi dell'art. 71 cpv. 3 CP.
2.3.4 Il reclamante contesta l'esistenza di un crimine a monte all'estero del reato di riciclaggio di denaro in Svizzera, nella misura in cui agli atti di corruzione che l'autorità inquirente presume siano stati commessi in Angola si applicherebbe una legge di amnistia entrata in vigore in quel Paese nell'agosto 2016, la quale concederebbe il perdono a coloro che hanno commesso prima dell'11 novem- bre 2015 crimini per i quali è prevista una pena detentiva sino a 12 anni. L'am- nistia sarebbe esclusa per i crimini violenti, di natura sessuale, legati al traffico di stupefacenti, alla tratta di esseri umani e al traffico di organi umani. Essa toccherebbe in pratica solo i reati contro il patrimonio. In sede di replica, il re- clamante, basandosi su un parere giuridico del 6 gennaio 2019 redatto da un studio legale angolano (v. act. 10.1), oltre a ribadire quanto precede, ha ag- giunto che la corruzione non era nemmeno un reato in Angola tra il 10 giugno 2003 e il 10 maggio 2014 (v. act. 10 pag. 4).
Tuttavia agli atti vi è una e-mail del 26 ottobre 2018, nella quale l'autorità di perseguimento penale angolana ribadisce al MPC quanto già affermato in una precedente rogatoria, ovvero di aver avviato un procedimento penale a carico del reclamante per il reato di riciclaggio di denaro in relazione a trasferimenti di ingenti somme di denaro da parte del gruppo D. su conti in Svizzera riconducibili al predetto. Vi sarebbe infatti il forte sospetto che i valori giunti sui conti in Sviz- zera siano il frutto di atti corruttivi. L'autorità estera chiede quindi che i valori in questione rimangano bloccati fintanto che la situazione non venga chiarita (v. allegato 16 incarto MPC). Le affermazioni dell'autorità penale angolana sono chiare e non fanno parola delle criticità giuridiche evidenziate dal reclamante, il quale si è per altro basato su un parere giuridico di parte (v. act. 10.1) e su articoli di stampa (v. act. 1.12 e 1.13). Ciò non toglie che la questione sollevata nel predetto parere giuridico deve essere sottoposta senza indugio alle autorità angolane in modo tale che si esprimano in merito, permettendo così alle autorità di perseguimento penale svizzere di verificare che il reato a monte regga anche sotto il profilo del diritto estero. In base all’art. 305bis n. 3 CP l’autore del riciclag- gio è infatti punibile anche se l’atto principale è stato commesso all’estero, pur- ché costituisca reato anche nel luogo in cui è stato compiuto. Secondo il Tribu- nale federale, questa disposizione, che estende la tutela penale all’amministra- zione della giustizia estera (DTF 126 IV 255 consid. 3b/bb), pone l’esigenza della doppia punibilità (astratta) del reato a monte del riciclaggio, motivo per cui qualora i valori patrimoniali provengano da un reato commesso all’estero, il loro riciclaggio in Svizzera è punibile solo ove l’antefatto sia considerato un’infra- zione sia in Svizzera che all’estero (DTF 136 IV 179 consid. 2). Se per il mo- mento si giustifica dunque il mantenimento del sequestro, non da ultimo perché il parere giuridico in questione è stato presentato soltanto in sede di reclamo, è indubbio che per ragioni di economia processuale e celerità della procedura, nonché in ossequio al principio della proporzionalità (v. supra consid. 2.3.3), le questioni di diritto angolano in esso sollevate debbano essere senza indugio
acclarate con le autorità estere dove l’antefatto criminoso sarebbe stato com- messo. Sulla base di tali chiarimenti, il MPC deciderà se mantenere ancora il qui contestato sequestro. A differenza del sequestro rogatoriale, quello nazio- nale presuppone infatti un ruolo più attivo da parte dell’autorità svizzera che conduce le indagini, la quale non può semplicemente basarsi sulle informazioni, pur importanti (v. in effetti ACKERMANN, Geldwäschereistrafrecht, in: Xxxxx- xxxx/Xxxxx, Xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx xxx Xxxxxxx, 0000, § 00 x. 00), contenute nella rogatoria estera, ma deve accertarsi che vi siano sufficienti indizi di un reato a monte, seppur con le (limitate) facilitazioni probatorie ammesse dalla giurisprudenza (v. DTF 120 IV 323 consid. 3d e ACKERMANN, loc. cit.).
2.3.5 Per quanto riguarda la richiesta di dissequestro di USD 299'980.–, per interve- nuta prescrizione, occorre rilevare che il trasferimento di fondi in questione, av- venuto il 3 agosto 2011, è legato all'acquisto da parte di M. di partecipazioni del centro N. da C. Inc. (v. consid. 2.3.1 supra). Essendo il conto oggetto della de- cisione impugnata comunque slegato da tale operazione, per la quale sono stati utilizzati solo conti intestati alle predette persone, la richiesta va respinta. La prescrizione del diritto di ordinare la confisca legato al trasferimento di fondi in questione non ha infatti nessun influsso sui valori che potranno, se del caso, essere confiscati sulla relazione bancaria n. 2 presso la banca E.
2.3.6 Occorre infine rilevare che quanto sequestrato potrà anche servire, come già evidenziato dal MPC, a garantire la copertura delle spese procedurali (v. act. 4 pag. 7). In base all’art. 268 cpv. 1 lett. CPP il patrimonio dell’imputato può es- sere infatti sequestrato nella misura presumibilmente necessaria a coprire le spese procedurali. Ciò vale anche su quelli senza nessuna connessione con l'infrazione, alle condizioni definite all’art. 268 cpv. 2 CPP e nella relativa giuri- sprudenza (v. sentenza del Tribunale penale federale BB.2015.29 del 10 set- tembre 2015 consid. 3.5).
2.4 Appurata l'esistenza di sufficienti indizi di reato nonché del legame tra questo ed i valori patrimoniali sotto sequestro, vi è da concludere che il provvedimento impugnato deve essere confermato.
3. In definitiva, il gravame va integralmente respinto.
4. Giusta l'art. 428 cpv. 1, prima frase, CPP le parti sostengono le spese della procedura di ricorso nella misura in cui prevalgono o soccombono nella causa. La tassa di giustizia è calcolata giusta gli art. 73 cpv. 2 e 3 LOAP nonché 5 e 8 cpv. 1 del regolamento del 31 agosto 2010 sulle spese, gli emolumenti, le ripe- tibili e le indennità della procedura penale federale (RSPPF; RS 173.713.162), ed è fissata nella fattispecie a fr. 3’000.–.
Per questi motivi, la Corte dei reclami penali pronuncia:
1. Il reclamo è respinto.
2. La tassa di giustizia di fr. 3'000.– è posta a carico del reclamante.
Bellinzona, 25 febbraio 2019
In nome della Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale
Il Presidente: Il Cancelliere:
Comunicazione a:
- Avv. Xxxxxx X. Xxxxxxx e Xxxx-Xxxxx Xxxxxxxx
- Ministero pubblico della Confederazione
Informazione sui rimedi giuridici
Le decisioni della Corte dei reclami penali concernenti misure coercitive sono impugnabili entro 30 giorni dalla notifica mediante ricorso al Tribunale federale (art. 79 e 100 cpv. 1 della legge federale del 17 giugno 2005 sul Tribunale federale; LTF). La procedura è retta dagli art. 90 e segg. LTF.
Il ricorso non sospende l’esecuzione della decisione impugnata se non nel caso in cui il giudice dell’istruzione lo ordini (art. 103 LTF).