Novità per il contratto di rendimento energetico
Novità per il contratto di rendimento energetico
Principi base
La Direttiva 2012/27/UE – che modifica le direttive 2009/125/CE e 2010/30/UE e abroga le direttive 2004/8/CE e 2006/32/CE – stabilisce una serie di misure comuni per l’efficienza energetica nell’Unione al fine di garantire il raggiungimento dell’obiettivo “20–20–20” previsto nel 2008 dalla strategia compresa nel pacchetto “clima–energia” dell’UE, che prevede: a) taglio delle emissioni di gas serra del 20%; b) riduzione del consumo di energia del 20%; c) 20% del consumo energetico totale europeo generato da fonti rinnovabili.
Detti requisiti, qualificabili a tutti gli effetti come “minimi”, non impediscono ai singoli Stati membri di mantenere o introdurre misure più rigorose.
La Direttiva in discorso ha trovato attuazione in Italia con il D.Lgs. 4 luglio 2014 n. 102, la cui finalità è duplice:
1) stabilire un quadro di misure per la promozione e il miglioramento dell’efficienza energetica volte a concorrere al conseguimento dell’obiettivo nazionale di risparmio energetico (riduzione, entro l’anno 2020, di 20 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio dei consumi di energia primaria);
2) rimuovere gli ostacoli sul mercato dell’energia e superare le carenze del mercato che frenano l’efficienza nella fornitura e negli usi finali dell’energia.
All’interno di tale cornice normativa, il contratto di rendimento energetico o di prestazione energetica (Energy Performance Contract – ECP) viene definito come l’accordo
contrattuale tra il beneficiario o chi per esso esercita il potere negoziale e il fornitore di una misura di miglioramento dell’efficienza energetica, verificata e monitorata durante l’intera durata del contratto, dove gli investimenti (lavori, forniture o servizi) realizzati sono pagati in funzione del livello di miglioramento dell’efficienza energetica stabilito contrattualmente o di altri criteri di prestazione energetica concordati, quali i risparmi finanziari (art. 2 lett n D.Lgs. cit.).
L’obiettivo del contratto è quello di ottenere una misura di miglioramento energetico, e dunque un risparmio di spesa sulla bolletta energetica del cliente (beneficiario), attraverso la progettazione e realizzazione di specifici interventi, i cui investimenti vengono recuperati attraverso i risparmi conseguiti.
Il legislatore, se da un lato predica la nozione del contratto di EPC, dall’altro non prevede una disciplina compiuta del negozio, lasciando così alla piena automomia contrattuale delle parti la regolamentazione specifica del rapporto, onde renderlo adeguato all’assetto degli interessi concretamente perseguiti dalle parti.
Va da sé che assume ruolo centrale dell’operazione la fase progettuale, propedeutica alla stipula del contratto, dal momento che un progetto ben realizzato, comporterà una maggiore riuscita dell’intervento di riqualificazione energetica.
Nell’ambito di tale contratti, la veste di contraente fornitore del servizio è assunta da una società denominata ESCO (acronimo di “Energy Service Company”).
Quest’ultima si occupa della progettazione, della realizzazione degli interventi e della manutenzione degli edifici e degli impianti, assumendosi il rischio (tecnico e, se previsto nel contratto, anche finanziario) del
raggiungimento dell’obiettivo di risparmio energetico garantito per il quale riceve un compenso da parte del cliente.
A fronte di tale servizio, il cliente finale può, se ne ha la possibilità, sostenere direttamente l’investimento finanziario per la realizzazione dell’intervento di miglioramento energetico, mentre la ESCO si impegna ad ottenere un determinato obiettivo di rendimento energetico.
Il rapporto contrattuale, dunque, vede coinvolte normalmente due parti, il “cliente beneficiario” e il “fornitore”; quest’ultimo, generalmente, anticipa i costi degli investimenti necessari per gli interventi da realizzare o comunque assume l’obbligo di reperire i mezzi finanziari presso soggetti terzi (normalmente, istituti di credito). Il contratto può anche prevedere che la ESCO assuma la garanzia del risultato, che in tal caso rappresenta uno specifico obbligo nei confronti del cliente.
Principali tipologie contrattuali
Tra le tipologie contrattuali particolarmente diffuse nella prassi si annoverano:
1) il modello shared savings (risparmio condiviso): la ESCO fornisce il capitale proprio o di finanziatori terzi, ma i contraenti si accordano per la suddivisione dei proventi del risparmio. La durata del contratto è di circa 5-10 anni, tale cioè da poter garantire il recupero dell’investimento inziale attraverso una adeguata quota di risparmio. Di norma, la ESCO trasferisce la proprietà degli impianti e delle opere al beneficiario alla scadenza del contratto, di modo che quest’ultimo, oltre a beneficiare del risparmio energetico conseguito, diventa titolare dell’intervento;
2) il modello first out (cessione globale limitata): la ESCO fornisce il capitale proprio o di finanziatori terzi ed il
risparmio energetico conseguito viene impiegato interamente per ripagare il finanziamento dell’intervento e remunerare l’attività della ESCO. Pertanto, la durata è di circa 3-5 anni, inferiore rispetto al modello di risparmio condiviso. Alla scadenza contrattuale, il cliente divene titolare degli impianti ed opere eseguite dalla ESCO, beneficiando altresì del risparimio energetico da essi generato;
3) il modello guaranteed savings (risparmio garantito): particolarmente diffuso negli Stati Uniti, a differenza degli altri modelli, il rischio finanziario dell’intervento viene assunto dal beneficiario. Il cliente sottoscrive il prestito per finanziare la progettazione e l’installazione dell’impianto di efficientamento energetico, mentre la ESCO si attiva per reperire il finanziamento, assumendosi il rischio tecnico relativo alla buona riuscita dell’operazione di riqualificazione (risparmi non inferiori ad un minimo concordato).
Il finanziamento nelle operazioni di EPC
Normalmente la ESCO ricorre allo strumento del “finanziamento tramite terzi” (FTT) per la realizzazione degli interventi oggetto dei contratti EPC.
Nell’art. 2 lett. m) del citato X.Xxx. 115/2008 risulta descritta la seguente nozione del FFT: “accordo contrattuale che comprende un terzo, oltre al fornitore di energia e al beneficiario della misura di miglioramento dell’efficienza energetica, che fornisce i capitali per tale misura e addebita al beneficiario un canone pari a una parte del risparmio energetico conseguito avvalendosi della misura stessa. Il terzo può essere una ESCO”.
L’EPC presenta indubbi vantaggi per quei soggetti, pubblici e privati, che intendono realizzare ingenti interventi di
miglioramento e di riqualificazione degli edifici e degli impianti, pur non avendo specifiche cognizioni e/o esperienze tecniche nel campo energetico e, soprattutto, non avendo capitali disponibili.
Lo strumento appare particolarmente appetibile per la pubblica amministrazione, che, com’è noto, a causa della drastica riduzione dei trasferimenti dello Stato, nonché dei vincoli imposti dal “patto di stabilità” e dai limiti all’indebitamento, non può stanziare in bilancio le risorse sufficienti a sviluppare interventi di riqualificazione energetica.
Peraltro, l’art. 15 del D.Lgs. 102/2014 in esame prevede l’istituzione presso il Ministero dello sviluppo economico di un “Fondo nazionale per l’efficienza energetica”, di natura rotativa, destinato a sostenere il finanziamento di interventi di efficienza energetica, realizzati anche attraverso le ESCO, il ricorso a forme di partenariato pubblico-privato, società di progetto o di scopo appositamente costituite, mediante due sezioni destinate rispettivamente a:
a) concessione di garanzie, su singole operazioni o su portafogli di operazioni finanziarie;
b) erogazione di finanziamenti, direttamente o attraverso banche e intermediari finanziari, inclusa la Banca Europea degli Investimenti.
Si legge nel comma 3 della norma in commento che “Il Fondo è destinato a favorire, sulla base di obiettivi e priorità periodicamente stabiliti e nel rispetto dei vincoli previsti dalla vigente normativa comunitaria in materia di aiuti di stato, il finanziamento di interventi coerenti con il raggiungimento degli obiettivi nazionali di efficienza energetica, promuovendo il coinvolgimento di istituti finanziari, nazionali e comunitari, e investitori privati sulla base di un’adeguata condivisione dei rischi, con
particolare riguardo alle seguenti finalità:
a) interventi di miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici di proprietà della pubblica amministrazione;
b) realizzazione di reti per il teleriscaldamento e per il teleraffrescamento;
c) efficienza energetica dei servizi e infrastrutture pubbliche, compresa l’illuminazione pubblica;
d) efficientamento energetico di interi edifici destinati ad uso residenziale, compresa l’edilizia popolare;
e) efficienza energetica e riduzione dei consumi di energia nei settori dell’industria e dei servizi”.
La disposizione prevede, inoltre, che le priorità, i criteri, le condizioni e le modalità di funzionamento, di gestione e di intervento del Fondo, nonché le modalità di articolazione per sezioni, dovranno essere individuati con uno o più decreti di natura non regolamentare adottati dal Ministro dello sviluppo economico e dal Ministro dell’Ambiente.
Il Decreto Interministeriale 9 gennaio 2015 individua le modalità di funzionamento della “cabina di regia” composta dai predetti Ministeri, istituita dall’articolo 4, comma 4, del D.Lgs. citato per “assicurare, in particolare, il coordinamento delle politiche e degli interventi attivati attraverso il Fondo di cui all’articolo 15 del medesimo decreto e attraverso il Fondo di cui all’articolo 1, comma 1110, della legge 27 dicembre 2006, n. 296” (istituito per il finanziamento delle misure finalizzate all’attuazione del Protocollo di Kyoto).
EPC e pubblica amministrazione
Nel settore pubblico, il ricorso all’EPC, con la formula del FTT, ben può inquadrarsi nella tipologia dei c.d. “contratti
di partenariato pubblico privato”, i quali risultano individuati all’interno del Codice dei Contratti Pubblici di cui al D.Lgs. 163/2006 s.m.i. (l’art. 3, comma 15-ter, del predetto Codice, prevede i contratti “…aventi per oggetto una o più prestazioni quali la progettazione, la costruzione, la gestione o la manutenzione di un’opera pubblica o di pubblica utilità, oppure la fornitura di un servizio, compreso in ogni caso il finanziamento totale o parziale a carico di privati, anche in forme diverse, di tali prestazioni, con allocazione dei rischi ai sensi delle prescrizioni e degli indirizzi comunitari vigenti. Rientrano, a titolo esemplificativo, tra i contratti di partenariato pubblico privato la concessione di lavori, la concessione di servizi, la locazione finanziaria, l’affidamento di lavori mediante finanza di progetto, le società miste”).
La pubblica amministrazione che intenda stipulare un contratto di rendimento energetico è tenuta a rispettare una serie di disposizioni, previste dal D.Lgs. 115/2008, volte a tutelare l’equa competizione tra gli offerenti, a garantire il maggior rapporto qualità/prezzo dell’intervento per il soggetto pubblico ed a conseguire l’efficienza energetica in oggetto.
Per quanto riguarda l’individuazione degli operatori economici che possono presentare le offerte, l’art. 15 del D.Lgs. 115/2008 dispone che si provveda secondo le procedure previste dall’articolo 55 del D.Lgs. 163/2006: le procedure aperte e le procedure ristrette; a tali appalti pubblici si applica il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (art. 83 D.Lgs. n. 163/06), anche in mancanza di progetto preliminare redatto a cura dell’Amministrazione.
Nell’ambito della gara, la P.A. adotta una valutazione discrezionale ampia, che tiene conto di molteplici fattori, tra cui la prestazione (e, di conseguenza, il risparmio garantito), l’affidabilità del concorrente, gli elementi tecnici gestionali proposti, le tempistiche di realizzazione dell’intervento, l’utilizzo di materiali ecocompatibili, la
professionalità dell’offerente, ecc.
Infine, l’allegato 8 della normativa in esame (D.Lgs. 102/2014) contempla gli elementi minimi che devono contenere i contratti di rendimento energetico stipulati dalla pubblica amministrazione (v. art. 14), ovverosia:
a) Un elenco chiaro e trasparente delle misure di efficienza da applicare o dei risultati da conseguire in termini di efficienza;
b) I risparmi garantiti da conseguire applicando le misure previste dal contratto;
c) La durata e gli aspetti fondamentali del contratto, le modalità e i termini previsti;
d) Un elenco chiaro e trasparente degli obblighi che incombono su ciascuna parte contrattuale;
e) Data o date di riferimento per la determinazione dei risparmi realizzati;
f) Un elenco chiaro e trasparente delle fasi di attuazione di una misura o di un pacchetto di misure e, ove pertinente, dei relativi costi;
g) L’obbligo di dare piena attuazione alle misure previste dal contratto e la documentazione di tutti i cambiamenti effettuati nel corso del progetto;
h) Disposizioni che disciplinino l’inclusione di requisiti equivalenti in eventuali concessioni in appalto a terze parti;
i) Un’indicazione chiara e trasparente delle implicazioni finanziarie del progetto e la quota di partecipazione delle due parti ai risparmi pecuniari realizzati (ad esempio, remunerazione dei prestatori di servizi);
j) Disposizioni chiare e trasparenti per la quantificazione e
la verifica dei risparmi garantiti conseguiti, controlli della qualità e garanzie;
k) Disposizioni che chiariscono la procedura per gestire modifiche delle condizioni quadro che incidono sul contenuto e i risultati del contratto (a titolo esemplificativo: modifica dei prezzi dell’energia, intensità d’uso di un impianto);
l) Informazioni dettagliate sugli obblighi di ciascuna delle parti contraenti e sulle sanzioni in caso di inadempienza.
In conclusione, i profili applicativi della nuova normativa evidenziata lasciano prevedere che nei prossimi anni il mercato dei contratti di rendimento energetico aumenterà soprattutto nel settore pubblico (come effetto del recepimento della Direttiva Europea 2012/27/UE), nell’industria e in misura minore nei settori terziario e residenziale.