BUONA FEDE E ART. 41 COST.:
BUONA FEDE E ART. 41 COST.:
ALLA RICERCA DI UN DIRITTO CONTRATTUALE “GIUSTO”
Xxxx Xxxxxx Xxxxxx
Dottorando di ricerca in diritto privato nella tfcuola tfuperiore tfant’Xxxx di Pisa
Attraverso la valorizzazione dell’assetto valoriale costituzionale e della nuova dimensione europea del diritto dei contratti si disegna un nuovo rapporto contratto-giudice-mercato, al fine di superare l’eguaglianza formale davanti alla legge, ,facendo sì che la distribuzione della ricchezza sia regolata dalle regole del mercato affrancato da situazioni anticoncorrenziali, pertubazioni della razionalità economia o asimmetrie cognitive. Il collegamento tra buona fede e art.41 Cost. è derivante da una lettura del dovere pubblico di rimuovere gli ostacoli fattuali di ordine economico e sociale previsto dall art.3, comma 2, Cost. e soprattutto dal principio di libertà e consapevolezza della scelta desumibile dal limite della libertà posto all’iniziativa privata dall’art. 41, cpv., Cost.
The current axiological approach in the European dimension of contract law has shown a new involvement between judges, contracts and the market economy. The link between good faith and art.41 of the Italian Constitution has its foundation in light of the public duty to remove de facto economic and social obstacles (art. 3, §2, of the Italian Constitution). Good faith is also grounded in the principle of freedom and awareness of choice as deduced from the limitations of the right of private economic initiative (art. 41, § 2, of the Italian Constitution), a translation of the duties of economic and social solidarity in the field of economic freedom ex art. 3.
Sommario
1. Premessa
2. Il dilemma dialettico tra autonomia ed eteronomia
3. Art. 41 Cost. e giustizia contrattuale
4. La ricerca di un modello unificante in risposta al frammentismo normativo
5. Una nuova ermeneutica dell’art. 41 Cost. tra ordinamento comunitario e regole speciali
6. L’art. 1366 c.c. come “ghiandola pineale”
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7. Conclusioni
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1. Premessa
Leggendo il titolo del profilo che ho scelto di sviluppare - “La libertà di iniziativa economica privata come limite e fondamento della libertà contrattuale dei privati?” – credo sia opportuno concentrare l’attenzione sull’apparente ossimoro “limite e fondamento” che rende immediatamente palese come la materia sia intrinsecamente connotata da un tratto paradossale e dialettico, da una problematicità rafforzata dal punto interrogativo finale, il quale sollecita la nostra riflessione su un tema la cui ampiezza e complessità mi costringono ad una sintesi del tutto personale, e dunque incompleta, nella scelta del profilo di indagine.
2. Il dilemma dialettico tra autonomia ed eteronomia
L’autonomia privata, relativamente al potere di determinare il contenuto del contratto, costituisce, usando le parole di Xxxxx un vero e proprio «dilemma della democrazia liberale»1, che si inserisce nel discorso più ampio circa il rapporto tra libero mercato e intervento eteronomo2.
In tale contesto aleggia l’ombra di un duplice dubbio: come impedire l’“autofagia” dell’autonomia contrattuale, ovvero che l’esercizio della libertà contrattuale diventi un pericolo per l’autonomia altrui? E, al contempo, come scongiurare che il potere istituzionale, destinato a tutelare i soggetti strutturalmente più deboli, non travalichi i propri limiti autoimposti e non giunga a obliterare o comunque corrodere le libertà che dovrebbe proteggere? Il dilemma poi diviene apparente paradosso se si pone mente alle opposte tendenze dell’attuale diritto dei contratti, al centro di un vortice di correnti contrarie che vede la compresenza di una forza centrifuga costituita dalla dilatazione
1 Così X. XXXXX, Il potere e l’antitrust, Bologna, 1998, 8.
2 Sul tema si veda la preziosa analisi di IRTI, L’ordine giuridico del mercato, Bari, 1998, passim; GRISI, L’autonomia privata. Diritto dei contratti e disciplina costituzionale dell’economia, Milano, 1999; CUBEDDU, Il problema dell’ordine e la filosofia delle scienze sociali, in Id. (a cura di), L’ordine eccentrico, Napoli, 1993; SAGNOTTI, Le teorie del mercato, Torino, 2000.
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degli spazi di autonomia privata, e di una forza centripeta volta ad incrementare l’eteronormazione da parte dell’ordinamento.
Emerge quindi una dimensione dialettica del concetto di autonomia privata, che evidenzia una limitazione posta dalla legge a se stessa3. A ben vedere tuttavia, considerando anche che al privato non si riconosce una libertà bensì un’autonomia, al centro del sistema si riscontra l’ordinamento giuridico che riconosce e tutela tale potere attraverso l’autorità giudiziale. Il principio di autonomia contrattuale sarebbe infatti una formula vuota se non incastonata in un confine normativo, purché anche questo non sia gravido di nuove contraddizioni4.
Nell’inevitabile attività ermeneutica che si accompagna all’applicazione della regola formale alla fattispecie specifica la discrezionalità giudiziale si spinge a considerare le pattuizioni concordate dai contraenti non più come nucleo essenziale del contratto, ma come porzione di un più ampio regolamento sul quale il giudice esercita un particolare potere di intervento. Tale potere si concreta nell’uso di strumenti idonei a incidere sulla singola situazione giuridica, come i concetti-valvola costituiti dalle clausole generali, in primis la buona fede quale principio normativo regolatore della relazione contrattuale5. Vale fin da adesso precisare come la buona fede assuma sia il ruolo di principio, ovvero di direttrice generale di correttezza, sia quello di clausola che demanda al giudice l’individuazione della regola applicabile alla fattispecie concreta6.
3 Cfr. XXXXXXXX, L’autonomia dei privati, in Justitia, 1967, 6.
4 Si veda in argomento l’approfondita disamina di BRECCIA, Il contratto in generale. Causa, in BESSONE (a cura di), Trattato di diritto privato, vol. III, Torino, 1999, 192.
5 Sulla rilevanza delle clausole generali si rinvia ancora a BRECCIA, Clausole generali e ruolo del giudice, in Xxxxxx e dir., 2007, 411; XXXXX, Equità e buona fede oggettiva nel diritto interno ed «europeo», in SEDIARI (a cura di), Cultura dell’integrazione europea, Torino, 2005, 237. Sulle clausole come concetti- valvola si veda l’approfondita analisi di BARCELLONA, Xxxxxxxx generali e giustizia contrattuale. Equità e buona fede tra codice civile e diritto europeo, Torino, 2006, 211.
6 Sul frequente slittamento terminologico tra i vari significati della buona fede si
veda in generale BARCELLONA, Buona fede e abuso del diritto di recesso ad nutum tra autonomia privata e sindacato giurisdizionale, in Giur. comm., 2011, 295; XXXXXXX, Qui iure suo abutitur neminem laedit?, in Contr. e impr., 2011, 311; X’XXXXX, Recesso ad nutum, buona fede e abuso del diritto, in Contratti, 2010, 11 XXXXXX, Abuso del diritto e abuso di dipendenza
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La verifica delle possibilità operative della buona fede e dell’equità, suo complemento7, comporta inevitabilmente l’imbattersi nel problema della giustizia contrattuale e dei poteri che la clausola di buona fede accorda al giudice. Il terreno di indagine si dimostra insidioso in quanto vi si concentrano autonomia contrattuale, esigenze egualitarie, intervento giudiziale. La questione inoltre coinvolge il problema del rapporto tra disciplina generale e discipline di settore, ponendosi inevitabilmente al centro del tema del ruolo dei principi e delle regole nell’ambito del modello sociale europeo8.
È pertanto necessario esperire un’actio finium regundorum tra le diverse libertà dei privati, al fine di evidenziare una soglia che nel crinale dialettico tra autonomia e arbitrio, tra esigenze di equilibrio e interventismo del giudice, esprima la regola «che favorisca libertà e parità effettive senza vanificare l’efficienza economica», in modo da «combinare certezza e duttilità»9. Come nel paradosso del sorite, la scoperta di tale confine - necessario quanto difficile da definire - costituisce una delle principali sfide del giurista contemporaneo.
In tale labirinto, reso ancora più intricato dall’affermazione della nuova lex mercatoria rappresentata dalle forme giuridiche della globalizzazione economica, un possibile filo d’Xxxxxxx potrebbe rintracciarsi nell’art. 41 Cost., ma anche qui l’ambiguità pare inseguire l’interprete, il quale è tenuto a confrontarsi con
economica, in Contratti, 2010, 252; GRONDONA, Buona fede e solidarietà; giustizia contrattuale e poteri del giudice sul contratto: annotazioni a margine di un obiter dictum della Corte di cassazione, in Xxx. xxx. xxxx., 0000, x. XX, 000; ID., tfolidarietà e contratto: una lettura costituzionale della clausola di buona fede, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2004, 733.
7 In merito si vedano le approfondite osservazioni di BUSNELLI, Note in tema di
buona fede ed equità, in Riv. dir. civ., 2001, 539.
8 Si veda in argomento BENACCHIO, La buona fede nel diritto comunitario, in XXXXXXXX (a cura di), Il ruolo della buona fede oggettiva nell’esperienza storica e contemporanea (atti del convegno in onore di X. Xxxxxxx), Padova, 2003, I, 190; VETTORI, Diritto privato e ordinamento comunitario, Milano, 2009, 133.
9 Così BRECCIA, Causa, cit., 192. Lo stesso autore in Causa e «consideration», in Riv. crit. dir. priv., 2007, 597, sottolinea peraltro il passaggio «da un’immagine dell’autonomia corrispondente al brocardo mitico stat pro ratione voluntas a un’immagine dell’autonomia che debba conciliarsi, in contesti adeguati, con una razionalità pratica valutabile in termini di efficienza e di coerenza complessiva dei rapporti economici e sociali».
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una norma di palese compromesso tra le istanze di libero mercato, il richiamo sociale ai limiti negativi della tutela della persona, e l’accento su una concezione organica di un’economia pianificata10. Tantomeno appare agevole individuare nell’ambito della libertà di iniziativa economica affermata al comma primo un principio direttamente applicabile alle relazioni tra privati, dal momento che risulta evidente il riferimento ad una protezione “verticale” nei confronti dello Stato nell’ambito tuttavia di una concezione organica e dirigista delle attività economiche. Su questo punto si ribadisce dunque l’affermazione - già presente nella Carta del lavoro - di una funzionalizzazione dell’economia privata agli interessi dello Stato, orientando tuttavia gli interventi operativi ad una programmazione economica democratica11.
Il mancato riferimento costituzionale all’autonomia in senso “orizzontale” appare tuttavia voluto dal Costituente là dove si lascia alla disciplina del codice civile la regolamentazione dei rapporti tra imprenditori e consumatori, come anche della concorrenza considerata un “affare privato”12. Sembrerebbe
10 Correttamente IRTI, L’ordine giuridico del mercato, cit., 19 sottolinea nell’art. 41 Cost. il ruolo dominante dell’istanza dirigistica, ovvero il comma 3°, in cui è scolpita una norma «insieme dualistica e totalitaria (…), dualistica, poiché contempla, con pari dignità e senza delimitazioni di ambiti, imprese private e imprese pubbliche. Totalitaria, poiché affida alla legge, e dunque allo Stato, come fonte produttiva di norme, il disegno globale dell’economia: il dovere di indirizzarla e coordinarla a fini sociali. Nel confluire di tradizione liberale e solidarismo cattolico e dirigismo socialistico, l’art. 41, oscillando tra l’uno e l’altro impulso, riesce ad una visione imperativa e totalitaria dell’economia: come di un tutto organico, che sia indirizzabile verso fini sociali». Si veda sul punto anche l’imprescindibile analisi di MENGONI, Autonomia privata e costituzione, in Banca borsa tit. cred., 1997, I, 2.
11 Riecheggia MENGONI, Forma giuridica e materia economica, in ID., Diritto e
valori, Bologna, 1985, 155 laddove osserva che «chiusa la parentesi del corporativismo autoritario, il problema sta nel realizzare con strumenti giuridici un ordine che renda possibile un compromesso fra i due modelli estremi dell’economia di libero mercato e dell’economia totalmente pianificata da un organo centrale, riassumente in sé l’intero potere politico ed economico; di realizzare insomma una combinazione della libertà individuale e di gruppo con la direzione statale dell’economia»
12 Come afferma ancora XXXX, L’ordine giuridico del mercato, cit., 110, «Il carattere di “verticalità” vuol cogliere l’esclusivo rapporto tra privato e Stato (…). Manca la prospettiva orizzontale, dello svolgersi dell’iniziativa nei confronti di altri soggetti privati, i quali o concorrono nella produzione dei medesimi beni o si pongono in relazione di scambio con le imprese produttrici»
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quindi potersi quasi ripetere l’assunto di Xxxxxxxx Xxxxxxxx, il quale però nell’imperio dello Statuto albertino, asseriva che il diritto civile è il diritto, il diritto penale è il fatto, il diritto pubblico è il nulla, se non altro perché quest’ultimo deve rivolgersi alle altre branche del diritto per colmare delle lacune13. Sono dunque fondate le recenti istanze di riforma dell’art. 41 Cost. per una «liberalizzazione delle attività d’impresa» posto che questo non menziona la concorrenza e anzi si presta a interpretazioni «che hanno riportato il Medioevo»14?
3. Art. 41 Cost. e giustizia contrattuale
Con la fine del mito liberista - che assumeva il mercato a strumento di regolazione esclusivo delle funzioni economiche e per il quale quindi l’utilità sociale coincideva con la libertà contrattuale15 - non sembra più possibile sostenere una presunzione di giustizia del contratto basata sul rilievo che la conformità al volere concorde delle parti assicuri obtorto collo un equilibrato assetto di interessi16. Il contratto infatti non è più ritenuto latore di “naturale giustizia” per cui, secondo una celebre massima di Xxxxxx Xxxxxxxx, qui dit contractuel dit juste17,
13 Così SCIALOJA, La riforma dei codici di diritto privato in Italia, (1923), ora in
tftudi giuridici, IV, Roma, 1933, 208.
14 Cfr. XXXXXXXX, Liberalizzare: troppe leggi sono la tirannia da abbattere, in Corriere della sera, 12 gennaio 2011, 1.
15 L’equazione automatica della regola contrattuale con la regola giusta è
contestata da X’XXXXXX, Il contratto in generale. La buona fede, in BESSONE (a cura di), Trattato di diritto privato, Torino, 2004, 157, secondo cui l’espressione “giustizia contrattuale” includerebbe la stessa forza vincolante del contratto e le regole che la assicurano, assumendosi il brocardo “pacta sunt servanda” quale precetto etico, espressione di valori di giustizia, senza che ciò comporti un giudizio di necessaria conformità a giustizia dei contenuti pattizi.
16 A tale proposito, SACCO - DE NOVA, Il contratto, I, Torino, 2004, p. 23, evidenziano come il contratto venga concluso «in un quadro economico dominato da cento strettoie», che, evidentemente, adulterano il corretto funzionamento del mercato, allontanandolo dal modello di mercato perfetto, postulato dalla concezione liberista.
00 Xxx. XXXXXXXX, Xx science sociale contemporaine, Parigi, 1880, 410, citata in XXXXXXX, Le contrat, in Traité de droit civil, vol. II, Les obligations, 1, II éd., Parigi, 1988, 20. Con riferimento al nostro codice FERRO XXXXX, Prime riflessioni in tema di incompatibilità strutturale tra mercato concorrenziale e diritto del contraente finale a condizioni eque, in VETTORI (a cura di),
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semplicemente perché spesso non è concluso tra soggetti “eguali” che possano concordare liberamente le regole, avendo la stressa forza economica: di conseguenza essendo falsati “i blocchi di partenza”, per dirla con Xxxxxxx00, cade la premessa del sillogismo secondo il quale la parte non acconsentirebbe mai ad un accordo destinato ad arrecarle più perdite che vantaggi.
Non sono tuttavia mancate storicamente interpretazioni dell’art. 41 Cost. che hanno fatto derivare da tale norma la necessità di interventi di “mediazione propulsiva”19, finalizzati a ridurre l’area di negoziazione privata rimediando alla disuguaglianza dei contraenti. Si affermava infatti una lettura “sociale” e “dirigista” dell’iniziativa economica privata, che considerava il comma 2 dell’art. 41 Cost. come norma di coordinamento fra i principi costituzionali, e che riteneva quindi l’utilità sociale come elemento interno all’essenza della libertà di iniziativa privata20. A tale idea di “funzionalizzazione sociale” ha fatto seguito la concezione che distingueva il profilo dell’iniziativa, espresso dal primo comma, da quello del suo svolgimento, individuando dunque nell’utilità sociale un principio-valvola di adattamento dell’ordinamento al mutare degli atti sociali; in questo caso tuttavia l’utilità sociale è considerata come limite “esterno”, nell’ambito del quale l’individuo possa esercitare la propria autonomia21.
Concorrenza e mercato. Le tutele civili delle imprese e dei consumatori, Padova, 2005, 554, rinviando a XXXXX, Giustizia come equità. Una riformulazione, Milano, 2002 osserva che nella legislazione del 1942 «così come per quanto concerne il prezzo, tutte le altre condizioni contrattuali sono considerate dall’ordinamento “giuste” in quanto e per il solo fatto di essere state liberamente individuate dai contraenti, indipendentemente dalla circostanza che siano o meno “eque” (ovviamente nel senso di “proporzionate alle esigenze”)».
18 Così XXXXXXX, What is Equality? Part 2: Equality of Resources, Princeton,
1981, 308, secondo il quale “the starting gate theory” comporta sì l’eguaglianza dei punti di partenza ma non riconosce il diritto al risarcimento per gli individui che successivamente patiscono una “sorte bruta” sopportando svantaggi che non dipendono da loro scelte.
19 In tal senso MENGONI, Autonomia privata e costituzione, cit., 2.
20 Si vedano in merito le analisi di PERLINGIERI, tfull’attività della Corte Costituzionale, in Dir. giur., 1976, 489; e BELVISO, Il concetto di «iniziativa economica privata» nella Costituzione, in Riv. dir. civ., 1961, 156.
21 Sul punto cfr. XXXXXXX, La produzione economica privata nel sistema costituzionale, Padova, 1983, 117; ID., Economia nel diritto costituzionale, in Dig. disc. pubbl., Torino, 1990, V, 380.
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Entrambe le letture legittimavano l’ingerenza autoritativa nel contenuto del contratto privato per garantirne una giustizia sostanziale, assoggettando il regolamento negoziale ad un controllo giudiziale di equità attraverso la declaratoria di inefficacia delle clausole squilibrate: queste ultime risultavano ingiuste in quanto contrarie ad una buona fede rivisitata sulla base del riferimento preminente all’utilità sociale, intesa quale veicolo per la trasformazione della società, in accordo con il principio solidaristico di cui all’art. 2 Cost.22.
Con la crisi della concezione dirigistica, unita all’impulso esercitato dall’Atto unico europeo che riconosceva allo Stato il ruolo di mero regolatore del mercato e garante della sua efficienza, si avvalorava una nuova ermeneutica della Costituzione economica, che conferiva allo Stato il compito di
22 tful fenomeno di “funzionalizzazione” o “socializzazione” del diritto privato si veda BARCELLONA, L'interventismo europeo e la sovranità del mercato, in Eur. dir. priv., 2011, 329; XXXXXXXXX, Libertà contrattuale e utilità sociale, ivi, 2011, 365; GIORGIANNI, Il diritto privato e i suoi attuali confini, in Riv. trim
.dir. proc. civ., 1961, 411; FERRI, Programmazione e autonomia individuale nel diritto privato, in Dir. dell’econ., 1966, 18; PERLINGIERI, Incidenza della programmazione sulle situazioni soggettive del privato, in Dir. dell’econ., 1970,
4. La connessione tra buona fede e principio costituzionale di solidarietà sociale, cui si riconosce immediata efficacia precettiva nei rapporti tra privati, è stata affermata per lo più nella civilistica degli anni ‘60 e ‘70 per cui si veda ex multis le osservazioni di BUtfNELLI, Note in tema di buona fede ed equità, cit., 556; RODOTÀ, Ipotesi sul diritto privato, in Il diritto privato nella società moderna, Bologna, 1971, 9; DOLMETTA, voce Exceptio doli generalis, in Enc. Giur. Treccani, vol. XIII, Roma, 1997, 9; DI MAJO, Principio di buona fede e dovere di cooperazione contrattuale, in Corr. giur., 1991, 793; BIANCA, Diritto civile, vol. III, cit., 505). È tuttavia da precisare che, come ha sostenuto autorevole dottrina (CAtfTRONOVO, L’avventura delle clausole generali, in Riv. crit. dir. priv., 1986, 125), per ragioni storiche e di gerarchia delle fonti sono i principi costituzionali a trovare concretizzazione nella norma ordinaria e ad attribuirgli senso. Allo stesso modo la connessione tra buona fede e principio solidaristico si rinviene anche in Germania e Francia su cui si xxxx XXXXXXXXX–XXXXXXXXX (a cura di), Good Faith in Eur. Cont. L., Xxxxxxxxx, 2000, 7; XXXXX - XXXXXX, Droit des obligations. I – Contrat et engagement unilatéral, Parigi, 2008, 81, oltre che, progressivamente, anche nei sistemi di common law come sostiengono tra gli altri CAtfTRONOVO, Il contratto nei Principi di diritto europeo, in MAZZAMUTO (a cura di), Il contratto e le tutele. Prospettive di diritto europeo, Torino, 2002, 653, e X. XXXXX, Per un diritto europeo dei contratti con i consumatori. Problemi e tecniche di attuazione della legislazione comunitaria nell’ordinamento italiano e nel Regno Unito, Milano, 2003, 123.
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rimuovere gli ostacoli al funzionamento ottimale del mercato. Il principio della “sacertà del contratto”, espressione del dogma della volontà e basato sulla parità formale delle parti, era notevolmente corroso attraverso la promozione di tutele “riequilibratrici”.
Con l’emersione di una maggiore sensibilità verso nuove esigenze di controllo buona fede ed equità divengono dunque strumento non di un nuovo interventismo, ma di garanzia e affrancamento del libero mercato rispetto alle asimmetrie cognitive che di fatto determinano vistose disparità contrattuali23. L’argomento si palesa gravido di molteplici implicazioni, costringendo a ripensare il diritto contrattuale e a discutere in termini di “crisi” del diritto dei contratti o di “nuovo” diritto dei contratti24.
La predetta equazione tra contrattuale e giusto non si rivela quindi più esaustiva, esigendo un’ulteriore elemento rappresentato dal sindacato giudiziale su un’area ben più ampia delle situazioni di patologia tradizionalmente oggetto del controllo del giudice, il quale è oramai affrancato da un sistema di tutele applicabile unicamente in presenza di determinate peculiarità soggettive strutturali25.
23 La centralità del principio di buona fede nell’ambito del libero scambio è sottolineata in particolar modo da BIANCA, Il contratto, Milano, 2000, 395, e MONATERI, Contratto rugiadoso e contratto rude nel diritto europeo e comunitario, in D’ANGELO – MONATERI - SOMMA, Buona fede e giustizia contrattuale. Modelli Cooperativi e modelli conflittuali a confronto, Torino, 2005, 57.
24 È chiaro che si tratta di una crisi diversa da quella ipotizzata negli anni ‘70, come spiegano lucidamente LIPARI, Crisi del contratto e crisi del diritto, in DI MARZIO (a cura di), Il nuovo diritto dei contratti, Milano, 2004, 513; e JAMIN - MAZEAUD, La nouvelle crise du contrat, Parigi, 2003.
25 Come osserva XXXXXXX, in Autonomia privata e contratto giusto, in Riv. dir. priv., 2000, 42: «Nessun dato legittima un potere del giudice di sindacare la congruità del prezzo o il giudizio di convenienza delle parti, ma sono diversi dal passato le modalità del controllo e il bilanciamento di valori richiesto all’interprete (…). A ben vedere vi è qualcosa di diverso e ulteriore che l’ordinamento richiede all’interprete nel valutare un atto che presenti straordinari oneri a carico di una delle parti e risulti visibilmente squilibrato. In tal caso il giudice non potrà affermare che il contratto è il contratto, ma porsi il problema di un contrasto con la garanzia prevista per l’autonomia privata». Si veda inoltre l’approfondita analisi di PERLINGIERI, Nuovi profili del contratto, in Rass. dir. civ., 2000, 568.
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Se, come dimostra anche il diritto privato europeo in formazione, si assiste infatti ad un controllo declinante demandato a elementi strutturali quali la causa, cui corrisponde una crescente valutazione sul contenuto del contratto affidata al controllo di razionalità26, è presente il rischio di una “solitudine” del giudice alle prese con la clausola generale di buona fede, elastica in re ipsa. Egli infatti, in assenza di criteri perspicui, si espone al pericolo di cadere nell’estro arbitrario, che sfocia in un inaccettabile interventismo dal quale potrebbero dedursi massime generali risolvibili nella negazione sostanziale del principio che si vuole affermare o, all’opposto, nella citazione meramente esornativa della buona fede stessa, la quale rappresenterebbe una mera forma-limite del potere del giudice27. Un possibile approdo alla storica fuga “dalle” clausole generali o “nelle” clausole generali28 sarebbe allora astrattamente individuabile nella ricerca di coordinate teoriche ovvero di direttrici che possano sostenere il giudice, senza una contrapposizione manichea tra oggettività delle fonti c.d. determinate e soggettività delle fonti c.d. indeterminate29, in
26 Esempi paradigmatici in tal senso sono, oltre ai Principi Unidroit e al Draft, i recenti codici civili dei Paesi Bassi e di Israele, su cui cfr. XXXXXXXX, Causa e contratto, in VACCA (a cura di), Causa e contratto nella prospettiva storico- comparatistica, II Congresso Aristec, Palermo-Trapani, 7-10 giugno 1995, Torino, 1997, 31. Si vedano in merito le lucide considerazioni di BRECCIA, Causa, cit., 3; ID., Morte e resurrezione della causa: rimedi, in MAZZAMUTO (a cura di), Il contratto e le tutele, Torino, 2002, 241; ID., Causa e
«consideration», in Riv. crit. dir. priv., 2007, 597; VETTORI, tfquilibrio e usura nei contratti, Padova, 2002, 18; XXXXXXXXXX, Un contratto per l’Europa, in ID., (a cura di), Principi di diritto europeo dei contratti, Milano, 2001, XV.
27 Tale insidia è esplicitata con riferimento all’annullamento della buona fede nell’anodina clausola della ragionevolezza che, non essendo supportata da un retroterra consolidato di riferimento, rischia di condurre ad un giudice legibus solutus, come osserva BUSNELLI, Note in tema di buona fede ed equità, cit.,
555. Si veda anche Xxxxx, Purezza del consenso, elementi perfezionativi del contratto, effetti del negozio: i cento articoli delle leggi e la regola unica preterlegale, in CABELLA PISU - NANNI (a cura di), Clausole e principi generali nell’argomentazione giurisprudenziale degli Xxxx Xxxxxxx, Padova, 1998, 272.
28 L’immagine è di XXXXXXX, Xxxxxxxx generali e ruolo del giudice, cit., 444.
29 In tal senso si segnala lo scetticismo di autorevolissima dottrina (SACCO, Il contratto, in VASSALLI (diretto da), Tratt. dir. civ. it., Torino, 1957, 798) là dove afferma che «le contrapposizioni tra un’equità dal contenuto ineffabile, tutta legata al giudice ed al giudizio, una correttezza oggettivata e ben definibile, una buona fede come elemento di riferimento di una clausola
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modo da identificare parametri non eccessivamente tipizzati ma sufficientemente dotati di un grado di certezza30.
4. La ricerca di un modello unificante in risposta al frammentismo normativo
Dalla seconda metà degli anni ’90 si è assistito all’affermazione di un approccio di derivazione comunitaria, che pretende di erigere a sistema numerosi interventi settoriali relativi a generiche fattispecie astratte, dal consumatore all’impresa in stato di dipendenza economica, accomunate dalla contrapposizione tra contraente forte e contraente debole31. Queste assumono la rilevanza di veri e propri “statuti”, sulla scia della scelta codicistica di creare delle classi di individui (il lavoratore dipendente, l’affittuario di un fondo rustico, l’inquilino, il bracciante agricolo) meritevoli di tutela attraverso una disciplina che si distacca da quella sul contratto in generale.
generale, sono il risultato di edificazioni teoriche che ripartiscono tra i vari sistemi considerati le caratteristiche generali proprie di ogni regola di pura opinione, là dove queste caratteristiche affiorano o si nascondono a seconda del punto di vista da cui la regola di opinione viene osservata».
30 È infatti palese come le tipizzazioni casistiche, oltre ad essere
ontologicamente mai esaustive, privano le clausole generali di un reale contenuto normativo e del loro imprescindibile respiro sistematico, risultando spesso più generiche delle stesse clausole generali.
31 Basti ricordare i frastagliati indici del contratto ingiusto i quali fanno riferimento in ambito antitrust all’abuso di posizione dominante che si concretizza nell’imporre condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose (art. 3 l. n. 287/1990), per poi assumere le vesti del significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi nei contratti dei consumatori (art. 33, 1° comma, cod. consumo), le quali, in caso di abuso dello stato di dipendenza economica di un’impresa su un altra, mutano in eccessivo squilibrio di diritti e di obblighi, che può consistere nell’imposizione di condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose o discriminatorie (art. 9, 1° e 2° comma, l. n. 192/1998). Nei rapporti tra parti non soggettivamente qualificate si ricorda il contratto usurario laddove si considerano i vantaggi o compensi sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità in presenza di condizioni di difficoltà economica e finanziaria (l’usurarietà è fatta derivare da un semplice calcolo aritmetico); mentre nella normativa in materia di ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali è colpito da nullità il patto che, per una qualunque circostanza, risulti gravemente iniquo in danno del creditore (così l’art. 7, 1° comma, d.lgs. n. 231/2002).
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Le ipotesi attuali risultano tuttavia prive di una dimensione sistematica e coerente per interessi tutelati e tecniche rimediali, con il risultato di abbandonare l’interprete ad un uso scomposto delle clausole generali32. Emerge infatti un “cortocircuito” tra la buona fede codicistica e l’iperfetazione di regole di provenienza comunitaria, tale da revocare in dubbio il tralatizio rapporto generalità-specialità33.
In quello che è stato definito un «magma confuso di tentativi settoriali, che spesso pretendono di reagire agli abusi e agli squilibri in maniera lacunosa e improvvisata»34 non è individuabile una regola generale per tutti i casi di grave sproporzione oggettiva fra le prestazioni corrispettive, né sarebbe auspicabile, come pure è stato ipotizzato, la generalizzazione di un modello di squilibrio che comporterebbe l’indebita forzatura di un unico tipo di disparità applicato a tutte le fattispecie35.
Appare tuttavia innegabile dotare l’interprete di un parametro certo e duttile, – individuare, per così dire, una sorta di “dignità di prezzo” – al pari dei casi di asimmetria sociale, là dove l’art. 36 Cost. pone alla definizione della retribuzione del lavoratore il limite dell’esistenza libera e dignitosa.
32 Giungono ad analoga conclusione XXXXXXXX, La proporzione fra le prestazioni contrattuali, Xxxxx xx xxxxxxx xxxxxx, Xxxxxx, 0000, 274, e, con riferimento ad un preteso principio di equità, VETTORI, Libertà di contratto e disparità, in Riv. dir. priv., 2005, 743. Tentativi di sistemazione sono stati prospettati tra gli altri da ROPPO, Contratto di diritto comune, contratto del consumatore, contratto con asimmetria di potere contrattuale: genesi e sviluppi di un nuovo paradigma, in Il contratto del duemila, Torino, 2005, 23; ID., Parte generale del contratto, contratti del consumatore e contratti asimmetrici (con postilla sul «terzo contratto»), in Riv. dir. priv., 2007, 669; e XXXXXXX, Abuso di autonomia negoziale e disciplina dei contratti fra imprese: verso una nuova clausola generale?, in Riv. dir. civ., 2005, I, 663.
33 In merito si rinvia all’approfondita analisi di XXXXXXX, La parte generale fra disgregazione del sistema e prospettive di armonizzazione, in Riv. crit. dir. priv., 2008, 347.
34 Così BRECCIA, Causa, cit., 86.
35 Riscontrano un principio generale di tutela del contraente debole XXXXXXX, Diritto civile e commerciale, I, Padova, 2004, 135; PROSPERI, tfubfornitura industriale, abuso di dipendenza economica e tutela del contraente debole: i nuovi orizzonti della buona fede contrattuale, in Rass. dir. civ., 1999, 641. Osserva invece la mancanza di una categoria generale ed astratta di giustizia contrattuale VETTORI, Libertà di contratto e disparità di potere, in Riv. dir. priv., 2005, 4, 743 e BAZOLI, Giustizia e uguaglianza. Modelli Biblici, Brescia, 2005, 5.
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La riflessione sulla buona fede, lungi dal rimanere circoscritta in ambito nazionale, ha manifestato una profonda vocazione espansiva, “contaminando” i più avanzati testi di soft law36 e assumendo rilevanza, sebbene in maniera polisensa, in pressoché tutti gli ordinamenti europei quale vettore del principio di uguaglianza sostanziale, fonte di un diritto contrattuale di tipo conflittuale e solidale37. Tuttavia è opportuno precisare che se si fatica a concordare con chi ritiene che la buona fede non abbia
«nulla a che vedere (…) con il recente fenomeno della tutela civilistica del contraente debole», né «nulla a che fare con la Costituzione»38, allo stesso modo bisogna evitare una connessione “forte” tra la buona fede e istanze riconducibili ad una etica solidaristica, che assegnerebbero alla clausola un ruolo moralizzatore dello scambio39. Infatti alcune pronunce della
36 Nel recente Draft Common Frame Of Reference ad esempio la clausola di buona fede diviene quindi cartina di tornasole per misurare l’iniquità del contratto, provocandone in caso di violazione l’invalidità o la possibilità per la parte debole di domandare l’intervento modificativo del giudice. L’ingiustizia del contratto tuttavia non assurge ex se a regola di validità del contratto, rivelandosi imprescindibile la sussistenza di uno stato di debolezza provocata da un precedente rapporto con l’altra parte, da condizioni esterne oggettive che ne stimolano il bisogno ovvero da una condizione soggettiva di ignoranza o inesperienza. Si veda in merito PERFETTI, La giustizia contrattuale nel Draft Common Frame Of Reference del diritto privato europeo, in Riv. dir. civ., 2009, 669.
37 Si veda in merito SOMMA, Diritto comunitario e patrimonio costituzionale
europeo, in Pol. dir., 2004, 263, le cui riflessioni si rinvengono già in BARCELLONA, I controlli della libertà contrattuale, in Rodotà (a cura di), Il diritto privato nella società moderna, Bologna, 1971, 285.
38 Così XXXXX, Protezione del contraente debole e retorica della giustizia
contrattuale, in Arg. dir. lav., 2008, 710.
39 In tal senso autorevole dottrina si è spinta a ritenere le limitazioni all’autonomia privata prescindenti da un generale interesse del mercato cfr. XXXXXX, Il contratto, cit., 473; RODOTÀ, Le fonti di integrazione del contratto, Milano, 2004, 112; PERLINGIERI, Mercato, solidarietà e diritti umani, in Rass. dir. civ., 1995, 84; XXXXX, L’autonomia privata. Diritto dei contratti e disciplina costituzionale dell’economia, Milano, 1999, 150; OPPO, Principi, in Tratt. dir. comm., diretto da XXXXXXXXX, Torino, 2001, 68; XXXXXXX, La categoria del contratto alle soglie del terzo millennio, in Contr.e impr., 2000, 924. Criticamente cfr. XXXXXXXX, Buona fede obiettiva e abuso del diritto, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1977, 617; BESSONE, Adempimento e rischio contrattuale, Milano, 1969, 331, e soprattutto le lucide osservazioni di BARCELLONA, Clausole generali e giustizia contrattuale. Equità e buona fede tra codice civile e diritto europeo, cit., 166.
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Cassazione, sovente richiamate al fine di sostenere una lettura della buona fede alla luce del principio solidaristico, emergente dagli artt. 2 e 41 Cost., si risolvono ad un più attento esame in un riferimento meramente retorico della buona fede40.
5. Una nuova ermeneutica dell’art. 41 Cost. tra ordinamento comunitario e regole speciali
Nell’evitare le opposte derive di una buona fede ridotta a orpello argomentativo o strumentalizzata a fini espropriativi della volontà dei privati, si rivela opportuno individuare una nuova interpretazione della buona fede direttamente connessa ad una differente lettura dell’art. 41 Cost., il quale, seppur indirettamente, si conferma inevitabile punto di riferimento dell’autonomia privata.
Negli ultimi lustri l’art. 41 Cost. è apparso schiacciato tra norme comunitarie improntate al principio di un’economia di mercato “aperta e in libera concorrenza”41 e norme ordinarie - spesso derivanti da direttive europee - chiamate a rispondere, pur in maniera frammentata, allo squilibrio tra contraente debole e contraente forte. Risulta altamente sintomatica in proposito la disciplina antitrust di cui alla legge n. 287/1990 là dove, benché si affermi emanata in attuazione dell’art. 41 Cost., prevede esplicitamente all’art. 1, 3° cpv., che debba essere interpretata in base ai principi dell’ordinamento comunitario in materia di concorrenza. Per evitare una progressiva obsolescenza della norma costituzionale ispirata, come detto, ad una concezione prettamente organico-dirigista, si rende necessaria una lettura che eviti l’aggiramento della Costituzione da parte del diritto del mercato, costretto altrimenti a guardare ad altre fonti.
40 Si vedano ex multis il noto «caso Fiuggi» di cui Xxxx., 20 aprile 1994, n. 3775, in Foro it., 1995, I, 1296; e inoltre Cass., 5 novembre 1999, n. 12310, in Foro pad., 2000, I, 347; Cass., 16 ottobre 2002, n. 14726, in Corr. giur., 2003,
174. Per un’analisi puntuale di queste decisioni da cui emerge un rilievo meramente esornativo dell’applicazione del principio di buona fede in chiave solidarista si veda GRONDONA, tfolidarietà e contratto: una lettura costituzionale della clausola di buona fede, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2004, 733.
41 Così del resto recita l’art. 4 del Trattato CE.
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A questo fine appare ultronea e inutile la proposta recentemente avanzata dall’agone politico, diretta ad una riforma dell’art. 41 Cost. nel senso di un’implementazione della libertà d’impresa e di una recezione costituzionale del principio di libera concorrenza42. Ultronea in quanto la tutela della concorrenza è già presente nel nuovo art. 117 Cost. 43, inutile giacché è recepita da numerose norme europee e riconosciuta da una pletora di pronunce della Corte Costituzionale44.
Più che una riscrittura si dovrebbe procedere ad una rilettura di tale norma. Infatti, nella sua ambiguità ideologica di fondo l’art. 41 Cost. è incentrato su formule sintetiche quali “iniziativa economica”, “utilità sociale”, “dignità umana”, che fanno riferimento a un modello indeterminato e aperto a letture intrinsecamente dialettiche45; peraltro il terzo comma, più analitico, ha prodotto un’unica legge piano (l. n. 48/1967) che ha stabilito l’ordinamento del Ministero della programmazione economica e creato il Cipe.
Vale dunque applicare all’art. 41 Cost. l’insegnamento del Crisafulli46 secondo il quale ogni atto normativo va interpretato
42 La proposta di legge costituzionale prevede la sostituzione del testo dell’art.
41 cost. con il seguente: «L’iniziativa economica privata è libera e deve svolgersi in condizioni di concorrenza. Chi la intraprende ne è esclusivo responsabile» (Proposta di l. cost. 15 dicembre 2010, Modifica dell’articolo 41 della Costituzione, concernente la libertà d’iniziativa economica e il principio della concorrenza). Cfr. XXXXXXXX, Liberalizzare: troppe leggi sono la tirannia da abbattere, cit., 1.
43 Si veda in merito LIBERTINI, voce Concorrenza, in Enc. dir. Annali, vol. III,
Milano, 2010, 195; Id., La tutela della concorrenza nella costituzione italiana, in. Giur. cost., 2005, 2; ID., Autonomia privata e concorrenza nel diritto italiano, in Riv. dir. comm., 2002, I, 441.
44 In tema cfr. CERASO, La recente giurisprudenza della Corte Costituzionale sulla tutela della concorrenza (art. 117, comma 2, lett.e): linee di tendenza e problemi aperti, in Giur. cost., 2005, 4, 3448;, 1429. In una prospettiva anche europea, cfr., DE PASQUALE, La tutela della concorrenza tra Unione europea, tftato e Regioni nella giurisprudenza costituzionale, Dir. Un. Eur., 2005, 1, 99
45 Sul punto cfr. le osservazioni di D’ALBERTI, Considerazioni intorno all’art. 41
della Costituzione, in Aa. Vv., La Costituzione economica. Prospettive di riforma dell’ordinamento economico, Ricerca dell’ISLE a cura di D’XXXXXXX, Milano, 1985, 144; e XXXXXXXXX, tfolidarietà e autonomia privata, Napoli, 1970, 83.
46 Cfr. CRISAFULLI, Le norme “programmatiche” della Costituzione, in Id., La
Costituzione e le sue disposizioni di principio, Milano, 1952, 51.
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magis ut valeat, ossia al meglio delle sue capacità espansive47. Non apparirebbe quindi eversiva un’esegesi della suddetta norma che, in conformità con l’ordito costituzionale, possa legittimare la formazione di sotto-sistemi legislativi socialmente volti a evitare indebiti squilibri nei contratti, ma pur sempre orientati al buon funzionamento del mercato di cui la Costituzione «diffida nel momento stesso in cui lo difende»48. Del resto il limite della libertà individuato nel comma 2 dell’art. 41 Cost. può certamente intendersi nel senso di evitare il pregiudizio della libertà d’iniziativa economica degli altri operatori del mercato49.
Il collegamento tra buona fede e Costituzione è quindi sì presente, ma derivante, più che dal valore enunciato dall’art. 2 Cost.50, da una lettura del dovere privato di solidarietà alla luce del dovere pubblico di rimuovere gli ostacoli fattuali di ordine economico e sociale previsto dall’art. 3, comma 2, Cost.51, e
47 Tale principio, cardine della scienza interpretativa civilistica (Quotiens in actionibus aut in exceptionibus ambigua oratio est, commodissimum est id accipi, quo res de qua agitur magis valeat quam pereat, Iul. l. 12 D. de rebus dubiis 34, 5), è codificato anche in diversi ordinamenti nazionali ed sovranazionali, infatti si rinviene, oltre che nell’art. 1367 c.c. e nei corrispondenti artt. 0000 xxx xxxx xxxxx x 0000 xxx xxxxxx xxxxx xxxxxxxx, anche all’art. 5.101 dei Pecl, all’art. 4.1 degli Unidroit Principles, e nel recente Draft all’art. II – 8:101.
48 Così X. XXXXX, Il mercato nella Costituzione, in Quad. cost., 1992, 7.
49 Sul punto si vedano le approfondite riflessioni di PACE, Libertà «del» mercato e «nel» mercato, in Pol. dir., 1993, 328, laddove afferma che «Il “valore” sotteso alla disciplina costituzionale delle attività economiche non è (…) la “libertà di mercato” idonea di per sé, a incidere su altri interessi primari: la salute, la sicurezza ecc.); il valore “presupposto” dalla nostra Costituzione è, piuttosto, la libertà di iniziativa economica privata, nella configurazione positiva che essa ha nel primo e nel secondo comma dell’art. 41; e da cui discende, in quei medesimi limiti la “libertà del mercato”».
50 Si veda sul punto BUSNELLI, Note in tema di buona fede ed equità, cit., 556; RODOTÀ, Ipotesi sul diritto privato, cit., 9; DI MAJO, Principio di buona fede e dovere di cooperazione contrattuale, cit., 1991, 793; BIANCA, Diritto civile, vol. III, cit., 505).
51 Sul dibattito relativo all’immediata precettività dell’art. 3, cpv., Cost., sugli atti di autonomia privata si veda XXXXXXXX, Persona e comunità, Bologna, 1966; GALOPPINI, Osservazioni sul principio di parità di trattamento nel diritto privato, in Riv. giur. lav., 1965, t. II, 7; RODOTÀ, Il diritto privato nella società moderna, Bologna, 1971; BARCELLONA (a cura di), L’uso alternativo del diritto, Bari, 1973; LIPARI (a cura di), Diritto privato: una ricerca per l’insegnamento, Bari, 1974; PERLINGIERI, Eguaglianza, capacità contributiva e diritto civile, in Xxxx. xxx. xxx., 0000, x. 0, 000.
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soprattutto dal principio di libertà e consapevolezza della scelta desumibile dal limite della libertà posto all’iniziativa privata dall’art. 41, cpv., Cost.52. Per la qual ragione l’idea che il contratto possa essere utilizzato in funzione di giustizia, nel senso di una restrizione della libertà contrattuale in favore della tutela delle parti deboli, è perseguita in modo da assicurare a tutti i consociati, individualmente considerati, pari chances di partenza nel conflitto sociale, secondo un modello di giustizia distributiva già presente nel codice agli artt. 1447 e 1448 c.c.53.
Dunque l’iniziativa economica a cui è riconducibile l’autonomia contrattuale non può essere vulnerata da un
52 La Corte Cost. nella sentenza del 15 maggio 1990, n. 241, in Giust. civ., 1990, I, 2785, ha peraltro precisato che «il programma di eliminazione delle diseguaglianze di fatto additato dall’art. 3, secondo comma, Cost., (…) va attuato anche nei confronti dei poteri privati e richiede tra l’altro controlli sull’economia privata finalizzati ad evitare discriminazioni arbitrarie». In merito alla rimozione degli ostacoli limitativi dell’uguaglianza si rinvia su tutti a ALPA, Libertà contrattuale e tutela costituzionale, in Riv. crit. dir. priv., 1995, 3; e DI MAJO, Libertà contrattuale e dintorni, ivi, 5. La lettura dell’art. 41, cpv., Cost. come specificazione dell’art. 2 Cost. è approfondita da OPPO, L’iniziativa economica, in AA. VV., La Costituzione economica a quarant’anni dall’approvazione della Carta fondamentale, Milano 1990, 66; IRTI, Concetto giuridico di mercato e doveri di solidarietà, in ID., L’ordine giuridico del mercato, cit., 115. Per una differente prospettiva si vedano XXXXXXX, Art. 41, in XXXXXXX - RODOTÀ, Rapporti economici, in BRANCA (a cura di), Commentario della Costituzione, Xxxxxxx - Xxxx, 0000, 11; DONATIVI, Concorrenza e mercato nel prisma dell’ordinamento giuridico. Appunti per una ricostruzione storica, in Riv, dir. ind., 1992, 335. In generale sulla problematica relativa alla tutela costituzionale dell’autonomia privata si rinvia a LISERRE, Tutele costituzionali della autonomia contrattuale, Milano, 1971, passim, e MENGONI, Autonomia privata e costituzione, cit., 1.
53 Si vedano in argomento il contributo portato dal Manifesto che una comunità
di giuristi europei (tftudy Group on tfocial Justice in European Private Law) ha sottoscritto per affermare il contenuto di giustizia sociale proprio del diritto civile, e del diritto contrattuale in particolare, tfocial Justice in European Contract Law: a Manifesto, in Eur. L. J., 2004, 653. Il manifesto è stato pubblicato in Italia nel 2005, Giustizia sociale nel diritto contrattuale europeo: un manifesto, in Riv. crit. dir. priv., 2005; SOMMA, Introduzione critica al diritto europeo dei contratti, Milano, 2007; BARCELLONA, L’«idea sociale» nella teoria del diritto privato: il caso italiano (ma non solo), in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1997, 717. Per una differente prospettiva si rinvia alla lettura di SIRENA, L’integrazione del diritto dei consumatori nella disciplina generale del contratto, in Riv. dir. civ., 2004, I, 787, e PH. FABBIO, Disparità di forza contrattuale e abuso di dipendenza economica, in XXXXXXXX - XXXXXXX (a cura di), Contratto e antitrust, Xxxx - Xxxx, 0000, 153.
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oltremodo invasivo controllo giudiziale dell’equilibrio negoziale, che violerebbe esso stesso la tutela costituzionale ponendosi oltre i limiti riconosciuti ex art. 41, cpv., Cost.54, pregiudicando ad esempio quelle situazioni idiosincratiche in cui l’iniquità dello scambio sussiste senza la concorrente presenza di condizioni di difficoltà economica o informativa di una parte, in quanto corrispondente alla volontà delle parti55.
È quindi il sistema giuridico stesso a fornire le direttive di composizione dei conflitti che la buona fede è deputata a definire, secondo un’assiologia che coniuga il piano del mercato con un piano valoriale di funzionalizzazione sociale56. Peraltro anche adottando una prospettiva law and economics si nota che le più avanzate versioni dell’analisi economica del diritto dimostrano come l’utilitarismo comprenda le ragioni della giustizia distributiva, osservando come la buona fede permetta di reagire ai fallimenti del mercato in modo da ridurre le conseguenze pregiudizievoli derivanti dalle asimmetrie
54 In proposito MENGONI, in Autonomia privata e Costituzione, cit., 4, afferma che i principi costituzionali «possono vincolare la libertà di contratto solo con la mediazione della legge e nella misura in cui sono specificati dalla disciplina legale degli atti di autonomia». Con riferimento all’imprescindibile contesto europeo relativo ai limiti all’autonomia dei privati si veda l’analisi di NATALI, Tutela della libertà d’impresa, nell’ordinamento nazionale, comunitario e nella Carta di Nizza, in Contr., 2004, 729.
55 Si pensi al caso di un collezionista stravagante disposto a pagare un prezzo
spropositato rispetto a quello di mercato pur di accaparrarsi quello specifico oggetto. Nell’ordinamento anglosassone il contratto, visto come espressione della sovereign party intention, riconosce tutela in caso di sproporzione dello scambio solo nel caso in cui lo squilibrio del sinallagma sia derivato da un’anomalia in sede di manifestazione della volontà ovvero mostri la sussistenza di un grave stato di debolezza di una parte. Si veda in merito XXXXXXXXXX, The Limits of Freedom of Contract, Cambridge, 1993, 116. In particolare si noti come nella legislazione statunitense lo Uniform Commercial Code (tfection 2 -
302) ed il Restatement in materia contrattuale abbiano esteso il vaglio giudiziale relativo al contenuto negoziale, assegnando rilevanza alle disparità contrattuali prodotte in presenza di unconscionability ogni qualvolta una clausola appaia iniqua, avendo riguardo al generale contesto commerciale e alle esigenze specifiche di un determinato negozio.
56 Si veda in merito XXXXXXXXXX, Buona fede oggettiva, contratti di impresa e diritto europeo, in Riv. dir. civ., 2005, 529, e XXXXXXX, Contratto e regolamento nel piano d’azione delle nullità di protezione, in Riv. dir. civ., 2005, 482.
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informative che incidono su un’adeguata valutazione della convenienza dell’affare57.
La relazione tra legge e mercato si sviluppa dunque su un piano che vede le sperequazioni sociali derivare dalla discrasia tra le prassi contrattuali e l’autentico paradigma del libero scambio. Di conseguenza si riserva alla legge l’officio di riconoscere e salvaguardare ai privati la libertà dell’an e del quommodo del contratto, facendo sì che la distribuzione della ricchezza sia governata dalle regole del mercato affrancato da situazioni anticoncorrenziali, perturbazioni della razionalità economica e asimmetrie cognitive. Queste ultime, infatti, potrebbero condurre la parte debole a concludere un contratto che altrimenti non avrebbe concluso, a concluderlo a condizioni differenti da quelle alle quali l’avrebbe stipulato o a non concludere un contratto che altrimenti avrebbe stipulato.
La buona fede è dunque chiamata a farsi interprete di una sensibilità che promuove la libertà contrattuale sostanziale inverando sia i principi di trasparenza e del consenso consapevole e informato, attraverso la previsione dei c.d. doveri di informazione58, sia la tutela della capacità di
57 Le stesse indagini giuseconomiche riconoscono la conciliazione tra una politica concorrenziale e la tutela del consumatore all’insegna della buona fede oggettiva purché le forme redistributive operate attraverso il diritto dei contratti implichino sempre un controllo rigoroso dell’effettività della misura adottata. Si esclude infatti che si possa rispondere alle istanze distributive facendo leva solamente nella fiscalità pubblica. Allorché il problema della redistribuzione si pone rispetto a classi di soggetti (consumatori, lavoratori, ecc…), allora le regole del diritto privato in genere, e quelle del diritto dei contratti in particolare, «possono essere uno strumento efficace e desiderabile anche sul piano dell’efficienza» come afferma SMORTO, Autonomia contrattuale e diritto europeo, in Europa dir. priv, 2007, 330. Più in particolare si vedano su tutti XXXXXX, Economic Analysis of Contract Law after Three Decades: tfuccess or Failur?, in Yale L. J., Yale, 2003, 112, 829, e XXXXXXX, Economics for consumer policy, speech to the British Academy Keynes Lecture, 2003, disponibile al sito xxx.xxx.xxx.xx. In merito al problema delle asimmetrie informative si veda l’approfondita analisi di XXXXX XXXXXXXX, Eguaglianza sostanziale e riduzione delle asimmetrie informative nel diritto contrattuale europeo del consumatore, in COMANDÉ (a cura di), Diritto privato europeo e diritto fondamentali, Torino, 2004, 149.
58 Sul tema della asimmetria informativa nel diritto contrattuale e l’equivalenza tra difesa del consumatore e tutela della sua libertà di preferenza si vedano le analisi DE XXXX, Asimmetrie informative e rapporti contrattuali, Padova, 2002; GENTILI Informazione contrattuale e regole dello scambio, in Riv. dir. priv.,
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autodeterminazione, necessaria a consentire al contraente debole di scegliere in maniera efficiente i beni e i servizi offerti59. Poiché la giustizia in sé rappresenta un miraggio in quanto «il giudicio uman come spesso erra»60, non appare possibile determinare obiettivamente il prezzo giusto utilizzando un riferimento ontico quale il valore intrinseco o d’uso del bene, se non imponendolo alle parti. Di conseguenza si avrà un contratto giusto se il processo formativo che origina le previsioni contrattuali sarà condotto all’insegna della pari libertà e consapevolezza della scelta tra le parti61. L’ingerenza giudiziale risulterà ammissibile unicamente a fronte di squilibri della parità sostanziale dei contraenti o qualora emergano dei diritti primari della persona, in primis la dignità, posta insieme alla sicurezza e alla libertà come limite dell’iniziativa di mercato dall’art. 41, cpv., Cost.62.
2004, 555; IRTI, La concorrenza come statuto normativo, in ID., L’ordine giuridico del mercato, cit., 139. Sull’idoneità di un’asimmetrica distribuzione delle informazioni di causare effetti anche di grave alterazione del mercato si veda il fondamentale apporto di XXXXXXX, The Market for «Lemons»: Quality Uncertainty and the Market Mechanism, in Quarterly Journal of Economics (The MIT Press), vol. LXXXIV, 1970, 488.
59 Si vedano in merito le lucide osservazioni di BARCELLONA, Condizioni
generali di contratto e tutela del contraente debole, in AA. VV., Condizioni generali di contratto e tutela del contraente debole, Milano, 1970, 66; e Di Xxxxxxxx, La regola di trasparenza nei contratti dei consumatori, Torino, 1998. Per il substrato economico si rinvia alle teorie neoclassiche espresse tra gli altri in XXXXXXX, Il modello sociale europeo: dalla redistribuzione alla solidarietà competitiva, in tftato e merc., 2000, 3.
60 XXXXXXX, Xxxxxxx xxxxxxx, I, ottava 7.
61 In proposito si rinvia alle approfondite riflessioni di IRTI, Persona e mercato, in Id., L’ordine giuridico del mercato, cit., 101, che richiama le analisi di VON XXXXX, Verso la schiavitù, trad. it. di COSTANZI, Milano, 1948, 66; ID., Legge, legislazione e libertà, trad. it. di MONATERI, Milano, 1994, 316; EINAUDI, Lezioni di politica sociale, Torino, 1948, 8.
62 Vale ricordare come in merito non si ravvisi univocità nel formante dottrinario. Infatti mentre alcuni riconoscono nel perseguimento del massimo profitto il valore unico e ultimo cui devono tendere le dinamiche mercantili, sostenendo l’equazione tra libero mercato e utilità sociale (cfr. LIBERTINI, Autonomia privata e concorrenza nel diritto italiano, in Riv. dir. comm., 2002, I, 441; OPPO, Costituzione e diritto privato nella tutela della concorrenza, in Xxx. xxx. xxx., 0000, x. XX, 000; SIRENA, La categoria dei contratti d’impresa e il principio della buona fede, in Riv. dir. civ., 2006, t. II, 421, e, in posizione differente MONATERI, Contratto rugiadoso e contratto rude nel diritto europeo e comunitario, in D’ANGELO – MONATERI - SOMMA, Buona fede e giustizia contrattuale. Modelli cooperativi e modelli conflittuali a confronto, Torino, 57).
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Peraltro anche le proposte funzionali al processo di armonizzazione europea del diritto contrattuale prodotte dal formante dottrinario non appaiano sorde al richiamo di una buona fede dal respiro “costituzionale”. Infatti, nel recente Draft si afferma che il contratto può essere vincolato solo al fine di stabilire il presupposto di un’autodeterminazione non iniquamente distorta, in modo da preservare i principi di libertà e giustizia che si compongono nel rispetto delle condizioni di un effettivo e paritario esercizio dell’autonomia negoziale, e altresì sull’istanza della security contrattuale63. La buona fede è elevata quindi a “lampada di Diogene”, quale regola generale di riferimento da perseguire utilizzando le direttrici rappresentate dalle libertà fondamentali, dai diritti umani e da «ogni legge costituzionale applicabile», alla luce delle quali si devono interpretare le norme del Draft (art. I - 1:102)64.
L’indirizzo europeo prospetta dunque una buona fede come espressione della funzione di “socialità mercantile” assegnata al diritto privato, allo scopo di perseguire il fine dichiarato di bilanciare le istanze del libero mercato e dell’equa concorrenza
Un’altra scuola dottrinaria adotta un concetto sintetico di mercato che deve tendere, oltre al raggiungimento di un assetto libero ed efficiente, alla tutela dei diritti fondamentali della persona, rispondendo agli squilibri macroeconomici con la salvaguardia del quadro assiologico valoriale (così NAVARRETTA, Buona fede oggettiva, contratti di impresa e diritto europeo, cit., 529; BUSNELLI, Conclusioni, in Sirena (a cura di), Il diritto europeo dei contratti d’impresa. Autonomia negoziale dei privati e regolazione del mercato, Milano, 2006, 161; ID., Carta dei Diritti e autonomia privata, in VETTORI (a cura di), Contratto e Costituzione europea, Padova, 2005, 59; XXXXXXX, Contratto e regolamento nel piano d’azione delle nullità di protezione, cit., 482).
63 Si precisa che all’interno del Draft si distinguono due categorie di principi:
underliyng principles e overridings principles, la prima include i principi di libertà, sicurezza, giustizia ed efficienza, mentre la seconda comprende i principi di protezione dei diritti umani, di promozione della solidarietà e della responsabilità sociale, di salvaguardia della diversità culturale e linguistica, della difesa e promozione del welfare, degli incentivi alla formazione del mercato interno. Per una più dettagliata descrizione si rinvia a VON BAR, XXXXX, XXXXX, XXXXXXX-XXXXX, Introduction, in Principles, Definitions and Model Rules of European Private Law - Draft Common Frame of Reference (DCFR), Monaco, 2009, 57.
64 Sul rilievo dei principi fondamentali del Draft e la loro connessione con i
principi comunitari si veda l’analisi di BRECCIA, Principles, definitions e model rules nel “comune quadro di riferimento europeo” (Draft Common Frame of Reference), in Contr., 2010, 99.
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con un approccio che contempli le istanze di tutte le possibili parti deboli65.
6. L’art. 1366 c.c. come “ghiandola pineale”
Tentando di tratteggiare una prospettiva di tutela che superi le distinzioni particolareggianti delle fattispecie per pervadere l’intera area contrattuale, risulta necessario individuare un riferimento normativo che possa fungere da collegamento tra principi costituzionali e regole settoriali, che possa unire, come la cartesiana ghiandola pineale, l’“anima” e il “corpo” dell’ordinamento. È possibile rintracciare tale parametro sostanziale utilizzando la chiave rappresentata dall’art. 1366 c.c. quale vettore tra le regole speciali e i principi, in modo da “misurare” alla luce dei diritti e delle libertà fondamentali dell’ordinamento anche le circostanze del caso concreto in contratti non aprioristicamente ascrivibili in uno dei tipi previsti66.
Appare dunque utile e necessario, fuggendo visioni parziarie, individuare un livello alto di astrazione e generalizzazione soggettiva attraverso il ruolo delle clausole generali che possano concretizzare i principi nel dialogo con le sottocategorie.
65 Precisando l’obbiettivo nell’introduzione all’ultima versione, in senso “relativistico”, si legge: «It is clear that the DCFR does not perceive private law, and in particolar contract law, as merely the balancing of private law relations between equally strong natural and legal persons. But different readers may have different interpretations of, and views on, the extent to which the DCFR suggest the correction of market failures or contains elements of “social justice” and protection for weaker parties». Così VON BAR, XXXXX, XXXXX, XXXXXXX- NÖLKE, Introduction, cit., 10. Si vedano in merito le riflessioni critiche di XXXXXXXX, La faticosa evoluzione dei principi europei tra scienza e giurisprudenza nell’incessante dialogo con i diritti nazionali, in Riv. dir. civ., 2009, 303; e XXXXXXXXX, Libertà contrattuale e utilità sociale, in Persona e Mercato, 2011, 12.
66 Tale costruzione è prospettata da XXXXXXXXX XXXX, Note in tema di interpretazione secondo buona fede, Pisa, 1970, passim; EAD., L’interpretazione del contratto, in XXXXXXXXXXX (a cura di), Commentario al codice civile, Milano, 1991, 208; EAD., L’interpretazione. Appunti delle lezioni di teoria generale del diritto, Milano, 1994, 153; EAD., voce Buona fede nel diritto civile, in Dig. Disc. Priv., 1988, 170. Si veda inoltre XXXXXXXXX XXXX – BRECCIA – BUSNELLI - XXXXXX, Diritto civile, Torino, 1986, I, 2, 792.
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L’obiettivo prefissato è quello di giungere anche in quegli spazi esclusi dalla razionalizzazione funzionale in cui tuttavia lo strumento contrattuale è funzionale a scopi di pura sopraffazione, sorretto da motivazioni emulative o antieconomiche67. Nell’ambito di una complessità mobile del diritto emerge quindi un quadro multilivello, in cui al rapporto generalità-specialità non corrisponde più biunivocamente il rapporto integrazione-deroga, dal momento che è possibile rintracciare nuclei normativi trasversali pseudosettoriali che superano i tradizionali steccati, aggregandosi attorno a principi comuni che sorgono da essi per riannodarsi attraverso le clausole generali ad un’accezione affermativa della libertà in linea con i diritti costituzionali68.
All’interno di tali direttrici il giudice, in ossequio all’art. 1366 c.c., dovrà dunque appurare se il regolamento contrattuale sia stato in concreto inficiato dalla disparità contrattuale tramite l’abuso di una posizione di forza, e intervenire nel quadro delle clausole generali del diritto civile: si realizza dunque una comunione tra i criteri esegetici rappresentati dai principi espressi nella Costituzione e ora anche dalla Carta dei diritti fondamentali della UE, inverati e filtrati dalla buona fede, e la salvaguardia della comune e paritaria intenzione delle parti69.
67 I principali indirizzi attorno ai quali si sono polarizzate le varie posizioni dottrinali vedono da un lato chi afferma un generalizzato dominio mercantile, dall’altro chi individua nelle clausole generali un’espansione dell’autonomia dei codici civili. Si vedano in proposito MONATERI, Ripensare il contratto: per una visione antagonista del contratto, in Riv. dir. civ., 2003, I, 409; XXXXXXXXX, Equivoci e concettualismi nel diritto europeo dei contratti: il dibattito sulla vendita dei beni di consumo, in Eur. dir. priv., 2004, 1036; e per un quadro d’insieme cfr. BUSNELLI, Carta dei diritti fondamentali e autonomia privata, in VETTORI (a cura di), Contratto e costituzione europea, Padova, 2005, 59.
68 Oltre alle varie leggi speciali il principio di giustizia negli scambi contrattuali
o per meglio dire di proporzionalità è ricavabile nel codice civile dagli artt. 2873, comma 2, 2875, 1941, comma 1 e 3, art. 1448, mentre la spinta verso una “parità di trattamento” si ricava già nella fornitura di beni e servizi da parte del monopolista (art. 2597 c.c.), nei servizi di trasporto (art. 1679 c.c.), oltre che nella disciplina di tutela dei consumatori prevista già agli artt. 1339, 1341, 1342, 1370, 1525, 1526 c.c..
69 Sul punto si rinvia alle approfondite osservazioni di XXXXXXX, L’interpretazione di buona fede nel codice civile e nel Draft Common Frame of Reference (DCFR), in Riv. dir. priv., 2008, 675; XXXXXXXXXX, Buona fede oggettiva, contratti di impresa e diritto europeo, cit., 531; BUSNELLI, Carta dei Diritti e autonomia privata, cit., 59.
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Tale procedimento non dovrà certo effettuarsi ricomponendo presuntivamente la volontà dei contraenti, bensì ricostruendo ciò che le parti avrebbero dovuto prevedere nel contratto usando buona fede70. Questa infatti può fungere da comune denominatore che, attraverso il filtro dell’art. 1366 c.c., connette e armonizza la disciplina generale e quella speciale all’interno di un sistema complesso e reticolare di tutela, conformando per mezzo di un complessivo giudizio di congruità e rilevanza la specifica regola contrattuale all’assetto di interessi dei contraenti: si effettua così un’indagine che muovendo dalle norme speciali risale ai principi generali dell’ordinamento71. L’uso delle clausole generali permette quindi, grazie alla loro funzione di collante tra le previsioni particolari e l’assetto valoriale dell’ordinamento, di ricostruire in casibus il contenuto dell’obbligo applicabile in assenza di una previsione normativa astratta, attraverso una sorta di fenomenologia della buona fede che, alla stregua dello spirito assoluto72, muove dalle fattispecie concrete ai principi per
70 Si veda in merito su tutti XXXXXXXXXX, Il contratto nei Principi di diritto europeo, cit., 54.
71 Sul punto si xxxx XXXXXXXXX XXXX, voce Buona fede nel diritto civile, cit., 179;
Ead., L’interpretazione del contratto, cit., 208; EAD., Note in tema di interpretazione secondo buona fede, cit., 41 e 73, laddove afferma che la valutazione del regolamento contrattuale «potrà esaurirsi o in un giudizio di conformità del negozio al principio stesso, lasciando intatta la regolamentazione accertata stricti iuris, ovvero in un giudizio di non conformità, lasciando, allora, al giudice il compito di conferire al contratto quella particolare colorazione che la regola di buona fede è capace di attribuirgli e, perciò (…) l’unico significato che esso può assumere tenuto conto delle posizioni reciproche delle parti e delle circostanze in ordine alle e nelle quali il regolamento stesso è destinato ad operare, conformemente ai principi generali dell’ordinamento giuridico». In generale sul vigore e sulla continua attualità del codice ed in particolare della parte generale del diritto dei contratti si vedano le riflessioni di BUSNELLI, Tramonto del codice civile?, in AA. VV., Xxxxx, giudici, politica. Le esperienze inglese e italiana a confronto, Milano, 1983, 211, e Gorgoni, Regole generali e regole speciali nella disciplina del contratto, Torino, 2005, 211.
72 In proposito vale qui osservare come lo stesso XXXXX nel § 236 dei
Lineamenti della filosofia del diritto (a cura di XXXXXX, Milano, 2006, 395) si sofferma sul carattere di reciprocità dei rapporti tra produttori e consumatori, da cui deriva il rifiuto della contrapposizione tra tutela dei consumatori e difesa del sistema concorrenziale di mercato, come conferma Xxxx, La fondazione hegeliana del “diritto dei consumatori”, SIRENA (a cura di), Il diritto europeo dei contratti d’impresa. Autonomia negoziale dei privati e regolazione del mercato. Atti del convegno di studio (tfiena, 22-24 settembre 2004), Milano, 475.
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rinnovarsi nelle regole speciali. In merito una recentissima pronuncia della Cassazione ha infatti sottolineato «l’interazione, sulle previgenti norme codicistiche, delle superiori e successive norme di rango costituzionale e sovranazionale comunque applicabili quali principi informatori o fondanti dell’ordinamento stesso»73.
La valenza della buona fede si esprime dunque quale strumento capace di adattarsi a una realtà mutevole e volto a preservare le ragioni di un sistema giuridico aperto. Questo si presenta saldamente imperniato nella disciplina codicistica e implementato dalle normative speciali, con radici costituzionali e sovranazionali che donano linfa all’intero impianto di regole suscettibili di reciproca integrazione, componendo dunque un sistema in circolare e virtuoso movimento74.
73 Così la Cass., 1° aprile 2011, n. 7557, in Guida al dir., 2011, 23, 72 la quale osserva che «i controlli insiti nell'ordinamento positivo relativi all’esplicazione dell'autonomia negoziale, riferiti alla meritevolezza di tutela degli interessi regolati convenzionalmente ed alla liceità della causa, devono essere in ogni caso parametrati ai superiori valori costituzionali previsti a garanzia degli specifici interessi perseguiti: in tal senso dovendosi ormai intendere la nozione di “ordinamento giuridico”, cui fa riferimento la norma generale sul riconoscimento dell’autonomia negoziale ai privati».
74 Peraltro la dialettica tra libertà economica e diritti sociali, vive di un continuo dialogo tra Corte di Giustizia e Corti nazionali, come testimoniato diffusamente da MARTINICO, L’integrazione silente. La funzione interpretativa della Corte di Giustizia e il diritto costituzionale europeo, Napoli, 2009, 37; XXXXXXX, Il discorso sui diritti sociali fra costituzione e diritto europeo, in Eur. dir. priv., 2011, 401; SALVI, Libertà economiche, funzione sociale e diritti personali e sociali tra diritto europeo e xxxx.xxxxxx nazionali, in Persona e Mercato, 2011, 127; . Per un’approfondita disamina del ruolo dei principi costituzionali nel diritto privato si vedano BRECCIA, Problema costituzionale e sistema privatistico, in Riv. crit. dir. priv., 1984, 687; MENGONI, Ancora sul metodo giuridico, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1984, 322; MAZZAMUTO - NIVARRA, Principi generali e legislazione speciale: l’attualità del codice civile italiano, in AA. VV., tfcritti in onore di Xxxxxxx xxxxxx, Milano, 1994, 742. L’apertura alle clausole generali da parte del diritto europeo è sottolineato ancora da BRECCIA, Considerazioni sul diritto private sovranazionale tra modelli interpretative e regole effettive, in AA. VV., tfcritti in onore di Xxxxxxx xxxxxx, Milano, 1994, 147; XXXXXXX, I diritti oltre la legge. Principi e regole nel nuovo diritto dei contratti, in AA.VV., tftudi in onore di Xxxxxx Xxxxxxxx. Diritto privato. Obbligazioni e contratti, Milano, 1998, 509; VETTORI, Diritto privato e ordinamento comunitario, cit., 133; BUSNELLI, Note in tema di buona fede ed equità, cit., 548; e più recentemente, ID., La faticosa evoluzione dei principi
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Il quadro assiologico espresso dagli artt. 3, cpv., e 41, cpv., Cost., e dalla Carta dei diritti UE - preludio di una futura Costituzione comunitaria - rappresenta l’indispensabile riferimento valoriale per l’ambito operativo della buona fede nella sua interazione con un contesto di mercato multirelazionale75.
7. Conclusioni
Risulta dunque un “diritto civile costituzionale” derivante dal superamento della distinzione tra norme di rango ordinario e costituzionale; di conseguenza le direttrici costituzionali fungono da architettura essenziale ai fini dell’armonizzazione complessiva, comprendendo in un ottica garantista anche le logiche di razionalità economica.
Un ritorno alla «virtù dei principi»76 non appare eversivo rispetto alle esigenze mercantili: qualora si avesse cura di seguire il precetto scolastico distingue frequenter77 si noterebbe infatti che l’antitesi tra giustizia contrattuale e mercato concorrenziale non presenta necessariamente i caratteri dell’assolutezza. Infatti, in via logica il mercato libero esige per attuarsi che la medesima
europei tra scienza e giurisprudenza nell’incessante dialogo con i diritti nazionali, cit., 287.
75 Inevitabili sono i riferimenti ai diversi modelli offerti dall’ordoliberalismo tedesco (cfr. XXXXX, Democrazia ed economia. L’umanesimo liberale nella civitas humana, Bologna, 2004) dal liberalismo economico (cfr. AA.VV., Xxxxx Xxxxxxx:Libertà economica e coesione sociale, a cura di Xxxxxxxxxxxx, Roma – Bari, 2011), oltre che dalla Dottrina sociale della Chiesa (cfr. Compendio di dottrina sociale della Chiesa, 2004, oltre all’Enciclica di Xxxxxxxxx XXX, Caritas in veritate, 2009).
76 L’espressione è di OPPO, Princìpi, in Xxxxxxxxx (diretto da), Trattato di
diritto commerciale, sez. I, t. I, Torino, 2001, 46. Si vedano in merito anche BUSNELLI, La faticosa evoluzione dei principi europei tra scienza e giurisprudenza nell’incessante dialogo con i diritti nazionali, cit., passim; PANETTI, Autonomia contrattuale e persona nella dialettica tra diritti sociali e libertà individuali: un percorso europeo, in Riv. dir. priv., 2007, 528; NATALI, Tutela della libertà d’impresa nell’ordinamento nazionale, comunitario e nella Carta di Nizza, in Contr., 2004, 730.
77 Ovvero se si pone mente all’ammonimento dantesco per cui «quelli è tra li stolti bene a basso, che sanza distinzione afferma e nega ne l’un così come ne l’altro passo», Xxxxxxxx, XIII, 115-117.
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libertà qualifichi i contraenti, la cui scelta deve essere consapevole e scevra da costrizioni, in modo da raggiungere il massimo risultato di soddisfazione al minimo prezzo possibile. Autonomia contrattuale e giustizia costituiscono le finalità compatibili nell’ambito del medesimo sistema normativo, in quanto è possibile sviluppare una logica competitiva solamente con alcuni limitati controlli legali, ancorati alle tutele costituzionali dei diritti individuali nelle aree di alta conflittualità78. Peraltro è opportuno sottolineare come la gerarchia valoriale costituzionale sia naturalmente mutevole e duttile, prestandosi particolarmente alle esigenze regolative delle circostanze concrete, in modo da poter effettuare il bilanciamento delle ragioni di efficienza con quelle di giustizia nella dimensione applicativa del caso singolo79.
Vale affermare dunque una persistente vitalità dell’art. 41 Cost. in cui autoregolamentazione economica, ovvero libera iniziativa privata, ed etero-determinazione politica - utilità sociale, sicurezza, libertà e dignità umana - sono esaltate dal collegamento con l’art. 3, comma 2, Cost., realizzando quell’osmosi virtuosa tra regolamentazione e concorrenza, che legittima l’adozione di misure limitative dell’autonomia privata al fine di correggere i fattori di market failure.
Il ruolo “portante” nell’orientare il mercato di una buona fede quale serbatoio dei canoni assiologici di derivazione costituzionale trova conferma a chiare lettere nel Draft, in cui si assegna un marcato rilievo giuridico ai principi generali. Questo accade là dove il già visto art. I - 1:102 precisa che tutte le norme contenute in tale testo debbano interpretarsi in modo da salvaguardare i diritti umani, le libertà fondamentali e le tradizioni costituzionali comuni, e l’art. II - 7:301 si spinge fino a
78 Come sostiene XXXXXXXXX, Libertà contrattuale e utilità sociale, cit., 24
«Non sembra, pertanto, che il diritto europeo incentivi fino in fondo l’idea dell’individuo astratto dalla società la cui attività economica deve essere informata al liberismo estremo e neppure l•idea del mercato onnivoro del c.d. terzo capitalismo, ma piuttosto rivela una insospettata sensibilità per le istanze sociali sia sul piano “costituzionale”, valorizzando i diritti fondamentali, sia sul piano degli strumenti di policy, ricorrendo a regimi di mercato alternativi a quello concorrenziale».
79 Sul punto si rinvia alle lucidi osservazioni di ZAGREBELSKY, Il diritto mite, Torino, 1992, 182, e MENGONI, Ermeneutica e dogmatica giuridica, Milano, 1996, 116.
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comminare la nullità dei contratti che violino «un principio riconosciuto come fondamentale negli ordinamenti degli Stati membri dell’Unione europea»80.
Il rapporto tra libertà del mercato ed esigenze di giustizia, che appare prima facie inconciliabile, si rivela quindi componibile solo dalla razionalità dell’assiologia valoriale, idonea a ripristinare la premessa egalitaria alla base della formula qui dit contractuel dit juste. Il sistema economico sembrerebbe quindi riappropriarsi della logica del mercato, rispetto al quale lo Stato, nell’ambito di una teoria garantista del diritto civile, dovrebbe limitarsi a porre regole di correttezza e trasparenza81, facendo in modo, per tornare alle suggestioni del titolo del profilo, che l’autonomia contrattuale scopra nel proprio limite l’utilità del limite stesso82.
80 In merito vale osservare come «L’ampio spettro delle origini dei principi fondamentali di rilevanza europea soprattutto si concentra, dunque, su di un quadruplice ordine di fattori: Trattati UE e CE; convenzioni internazionali; tradizioni costituzionali; direttive “civili” degli Stati che aderiscono all’Europa. Questi fattori concorrenti (non c’è, infatti, una formale gerarchia, ma una rete di rinvii: da ordinarsi in base a criteri assiologici di natura materiale) trovano, o dovrebbero trovare, un momento primario di “armonizzazione” nella giurisprudenza (…)». Così BRECCIA, Principles, definitions e model rules nel “comune quadro di riferimento europeo” (Draft Common Frame of Reference), cit., 100.
81 Cfr. BARCELLONA, Diritto privato e società moderna, Napoli, 1996,476;
MENGONI, in Persona e mercato, a cura di Xxxxxxx, Padova, 1996, 35; IRTI, Persona e mercato, a cura di XXXXXXX, Padova, 1996, 9; ID., Concetto giuridico del mercato e dovere di solidarietà, in Riv dir. civ., 1997, 185, e in parzialmente diversa prospettiva le riflessioni di FERRAJOLI, Per un costituzionalismo di diritto privato, in Riv. crit. dir. priv., 2004, 11. Riecheggiano le parole di Xxxxx Xxxxxxx allorché afferma che «l’uomo liberale non si oppone alla estensione del metodo dei vincoli, delle norme obbligatorie dai campi già regolati dal diritto romano a quello dei rapporti economici e sociali nati nelle età moderne; ma vuole che i vincoli siano uguali per tutti, oggettivamente fissati e non arbitrari» (EINAUDI, Discorso elementare sulle somiglianze e sulle dissomiglianze fra liberalismo e socialismo, in ID., Prediche inutili, IV, Torino, 1957, 218).
82 Come affermava XXXXXXXX in Liberté et verité, 1954, «La contrainte en elle- même est deminutive de la liberté; mais il faut que, sur un autre point, elle crée de la liberté». Del resto già XXXX nella Metafisica dei costumi osservava come la coercizione medesima si accordi con la libertà se la si intende come repressione di un impedimento della libertà.
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