COSA NOSTRA E LE FRODI COMUNITARIE NEL SETTORE AGRO- ZOOTECNICO: L’ATTIVITÀ DI CONTRASTO ALLA LUCE DEI RECENTI INTERVENTI LEGISLATIVI
CORSO DI DOTTORATO IN STUDI SULLA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA XXXIII CICLO
Dipartimento di Studi internazionali, giuridici e storico-politici
COSA NOSTRA E LE FRODI COMUNITARIE NEL SETTORE AGRO- ZOOTECNICO: L’ATTIVITÀ DI CONTRASTO ALLA LUCE DEI RECENTI INTERVENTI LEGISLATIVI
Xxxxxxxx XXXX
Matricola
Tutor:
Xxxxx.xx Xxxx. Xxxxx XXXXXX
Co-Tutor:
Xxxxx.xx Prof.ssa Xxxxxxxx XXXXXXXXXX
Coordinatore del dottorato:
Xxxxx.xx Xxxx. Xxxxx XXXXXX
A.A. 2019/2020
Premessa 1
Capitolo I - Un indissolubile legame tra Cosa nostra e la terra 3
1. Alle origini della mafia: nomina sunt consecuentia rerum 3
2. La mafia non è un residuo feudale. 4
3. Il latifondo siciliano ed il sistema delle gabelle. 6
4. La fine del feudalesimo e l’aumento della richiesta di violenza. 8
5. L’abigeato come prototipo di delitto mafioso 11
6. Il movimento dei Fasci siciliani e le cooperative per le affittanze collettive. 12
7. La “mafia gabellota” ai tempi del fascismo 15
8. I decreti Xxxxx, le leggi sulla riforma agraria e le lotte contadine. 16
9. La mafia del secondo dopoguerra. 21
10. Tra continuità ed innovazione. 23
Capitolo II - La Politica Agricola Comune 26
1. L’istituzione e l’evoluzione della Politica agricola comune 26
2. L’Agenzia per le erogazioni in agricoltura ed i Centri di assistenza agricola. 31
3. I requisiti. 35
4. Il procedimento di erogazione degli aiuti. 46
5. Il sistema integrato di gestione e controllo 50
Capitolo III - La vicenda dei Nebrodi 54
1. La presenza mafiosa nel messinese 54
2. Le origini della riforma del codice antimafia 58
3. La squadra “dei vegetariani” e l’operazione Gamma-interferon 59
4. Il Protocollo di legalità dei Nebrodi 62
5. Il bando civetta e le prime interdittive 68
6. La vicenda dell’Azienda Speciale Silvo Pastorale del Comune di Troina 69
7. L’applicazione retroattiva del Protocollo di legalità 74
8. L’attentato al Presidente dell’Ente Parco dei Nebrodi 76
9. La relazione della Commissione Antimafia dell’Assemblea Regionale Siciliana
sull’attentato all’ex Presidente del Parco dei Nebrodi 78
Capitolo IV - Gli strumenti amministrativi volti a prevenire l’acquisizione delle erogazioni
pubbliche da parte della criminalità organizzata di stampo mafioso 80
1. La documentazione antimafia 80
2. La comunicazione antimafia 84
3. L’informazione antimafia 85
4. La riforma della disciplina delle informazioni antimafia in tema di accesso ai finanziamenti comunitari in agricoltura 93
Capitolo V - Le modalità attraverso cui le organizzazioni mafiose si appropriano di fondi
destinati all’agricoltura. 98
1. Considerazioni introduttive 98
2. Il sistema di ritiro delle eccedenze e le frodi all’AIMA nel settore agrumicolo 101
3. La disponibilità di superfici agricole: dalla dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà alla prova del formale titolo di conduzione 105
4. La “caccia” ai terreni privati e pubblici 110
5. Un caso paradigmatico: l’operazione Terre Emerse del 2019 113
Capitolo VI - L’attuale sistema repressivo italiano del fenomeno criminoso 130
1. La tutela degli interessi finanziari dell’Unione Europea. 130
2. Genesi del sistema italiano di tutela avverso il fenomeno delle frodi nelle sovvenzioni pubbliche 134
3. Struttura, oggetto materiale e bene giuridico protetto dall’art. 640 bis c.p 139
4. L’intervento delle Sezioni Unite sull’incerta qualificazione della fattispecie di cui all’art.
640 bis c.p. in termini di circostanza aggravante o fattispecie autonoma 144
BIBLIOGRAFIA 151
Premessa
Il Dott. Xxxxxxxx Xx Xxxxx, attuale Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Messina e già Sostituto Procuratore presso la Direzione Nazionale Antimafia con delega alle infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore dell’agricoltura, nella relazione annuale sulle attività svolte dal Procuratore Nazionale Antimafia e dalla Direzione Nazionale Antimafia presentata nel dicembre 2012 affermava che “il legame delle mafie con l’agricoltura ha radici antiche, di natura storico culturale, legato alla nascita stessa del fenomeno mafioso, per larga parte originatosi proprio nelle campagne. Per questo motivo da sempre tra le altre cause di ritardato sviluppo, l’agricoltura meridionale sconta anche quello delle infiltrazioni di stampo mafioso”1.
Nel primo capitolo dello studio, dopo aver brevemente ripercorso le origini del rapporto che lega la criminalità di stampo mafioso al settore agricolo, si cercherà di individuare gli elementi di continuità ed innovazione che attualmente caratterizzano tale legame concentrandosi, più nello specifico, nell’analisi della funzione svolta dalla terra, intesa come simbolo del potere mafioso e strumento di accumulazione della ricchezza.
Il secondo capitolo fornisce un quadro generale sui meccanismi della politica agricola dell’attuale Unione Europea, la cui evoluzione dalle ormai lontane origini viene illustrata al fine di individuare tanto i punti deboli nelle procedure di erogazione, quanto le forme di controllo contro gli abusi nella captazione e nella gestione.
Tali deviazioni sono oggetto del terzo capitolo, interessato dalla vicenda connessa alla presenza di organizzazioni mafiose nel territorio del Parco naturale
1 DE XXXXX X., Criminalità organizzata nel settore agricolo, in Relazione annuale sulle attività svolte dal Procuratore nazionale antimafia e dalla Direzione nazionale antimafia nonché sulle dinamiche e strategie della criminalità organizzata di tipo mafioso nel periodo 1° luglio 2011- 30 giugno 2012, dicembre 2012, p. 788.
dei Nebrodi, che hanno portato alla adozione di strumenti preventivi innovativi (protocollo di legalità) nell’assegnazione dei terreni, e ad un grave attentato nei confronti del principale fautore di tale svolta nell’azione di contrasto.
Il successivo capitolo illustra in particolare gli strumenti amministrativi volti a prevenire il fenomeno abusivo oggetto d’esame, con particolare riferimento all’informativa antimafia e alle modifiche alla sua disciplina per renderla più efficace proprio in relazione all’accesso ai finanziamenti europei in agricoltura.
Il quinto capitolo indaga quindi sulle principali modalità utilizzate dalle organizzazioni mafiose e dai soggetti che li supportano anche dall’esterno per realizzare gli abusi dei fondi in materia di sostegno alle imprese agricole e zootecniche, approfondendo un caso particolarmente istruttivo su tali condotte illecite.
Infine, nel sesto capitolo, dopo un essenziale inquadramento nella cornice europea, si illustra il nucleo centrale del sistema normativo di repressione del fenomeno considerato: la fattispecie della truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e la sua interpretazione alla luce della giurisprudenza di legittimità.
Capitolo I
Un indissolubile legame tra Cosa nostra e la terra
Sommario: 1. Alle origini della mafia: nomina sunt consecuentia rerum. - 2. La mafia non è un residuo feudale. - 3. Il latifondo siciliano ed il sistema delle gabelle. - 4. La fine del feudalesimo e l’aumento della richiesta di violenza. - 5. L’abigeato come prototipo di delitto mafioso. - 6. Il movimento dei Fasci siciliani e le cooperative per le affittanze collettive. - 7. La “mafia gabellota” ai tempi del fascismo. - 8. I decreti Xxxxx, le leggi sulla riforma agraria e le lotte contadine. - 9. La mafia del secondo dopoguerra. - 10. Tra continuità ed innovazione.
1. Alle origini della mafia: nomina sunt consecuentia rerum.
La genesi della mafia viene generalmente individuata negli anni a cavallo dell’unità d’Italia, sarebbe a dire negli anni della “genesi storica della modernizzazione siciliana”2. Il termine “mafiusi” compare per la prima volta nel titolo dello spettacolo teatrale “I mafiusi di la Vicaria di Palermu” del 1863; successivamente, nel 1865, il prefetto di Xxxxxxx Xxxxxxx Xxxxxxx Xxxxxxxxx utilizza il termine “maffia” in un rapporto inviato al Ministro degli Interni3. Con l’unità d’Italia, dunque, si ritiene che si sia dato avvio alla prima fase della storia della mafia che perdurerà fino agli anni ‘50 del XX secolo. In tale periodo storico l’economia siciliana è prevalentemente agricola ed i mafiosi, il cui ruolo come si vedrà è stato “sostanzialmente parassitario e formalmente imprenditoriale”4, hanno svolto funzioni di raccordo tra la massa contadina ed i grandi proprietari terrieri da cui prendevano in affitto i latifondi.
2 RENDA F., Storia della mafia, Sigma edizioni, Palermo, 1998, p. 7.
3 XXXXXXX X., Breve storia della mafia e dell’antimafia, Di Girolamo, Xxxxxxx, 2008, p. 67.
4 Ivi., p. 60.
Alcuni studiosi, pur respingendo l’idea per cui la nascita della mafia debba essere collocata in epoca tardo feudale, ritengono che il periodo borbonico (dal sec. XVIII al sec. XIX), definito “la preistoria della modernizzazione siciliana”, abbia avuto un ruolo fondamentale per la successiva nascita del fenomeno mafioso5.
Altri studiosi, invece, retrodatano l’origine del fenomeno mafioso in epoca borbonica ed in particolare nel periodo successivo alla Costituzione siciliana del 18126. Quest’ultima, votata dal Parlamento siciliano riunitosi in seduta straordinaria il 19 luglio 1812 e concessa dal reggente dell’isola Xxxxxxxxx xx Xxxxxxx, aveva abolito da un punto di vista giuridico la feudalità7. La legislazione eversiva della feudalità proseguì con l’adozione, tra il 1816 ed il 1818, di ulteriori provvedimenti e con l’emanazione dei decreti e leggi del 1825, del 1838 e del 1841.
Ciononostante, prendendo come riferimento temporale il periodo compreso tra il XVI secolo ed i primi decenni del XIX secolo, sono stati individuati dei fenomeni criminosi che per le loro caratteristiche sono stati definiti premafiosi8. In particolare, tali fenomeni possono essere ricondotti a due categorie: i delitti commessi da soggetti garantiti dai detentori del potere ufficiale o di fatto ed i delitti con finalità accumulative che implicano l’esercizio della violenza privata e della signoria territoriale.
2. La mafia non è un residuo feudale.
Il fenomeno mafioso, come tutti i fenomeni di durata, è “un intreccio di continuità e di innovazione”9. Il Mezzogiorno del secolo XIX e della prima metà del secolo XX è stato descritto come una realtà semifeudale, esclusivamente agraria e
5 RENDA F., Storia della mafia, cit., p. 41.
6 XXXXXXX U., La cosa e il nome, Xxxxxxxxxx, Catanzaro, 2000, p. 11.
7 Il paragrafo 6 del capo I della Costituzione siciliana statuiva che: “Cessando la natura e forma de’ feudi, tutte le proprietà, diritti e pertinenze per lo innanzi feudali, rimaner debbono, giusta le rispettive concessioni, in proprietà allodiale presso ciascuno possessore”.
8 XXXXXXX U., La cosa e il nome, cit., pp. 58-68.
9 XXXXXXX X., Breve storia della mafia e dell’antimafia, cit., p. 16.
latifondistica in cui l’unica ventata di cambiamento è stato il movimento contadino. Conseguentemente, si è diffusa l’opinione per cui la mafia, il cui compito sarebbe stato essenzialmente quello di garantire la subordinazione della classe contadina alle classi dirigenti, fosse un residuo del feudalesimo siciliano10. Nel corso delle grandi lotte contadine portate avanti nel secondo dopoguerra, infatti, era prevalente l’idea per cui la mafia, essendo intimamente connessa alla grande proprietà latifondistica, sarebbe automaticamente scomparsa a seguito della sua disgregazione. Xxxxxxxx Xxxxxxx, storico e politico vissuto a cavallo tra il secolo XIX e XX, aveva connesso il fenomeno mafioso alla mancata coincidenza tra proprietari e contadini ed affermava che “quando i contratti agrari assicurassero al contadino, con una maggiore indipendenza, un'equa retribuzione e lo ponessero in relazione amichevole col proprietario, il guadagno della mafia e con esso la sua potenza e la sua ragione di essere sarebbero distrutti”11.
La storia ha rivelato l’erroneità di tale osservazione: la mafia più che un residuo storico del passato è frutto del rapporto tra il processo di unificazione nazionale ed il carattere periferico assunto dalla Sicilia nel corso di svariati secoli12. I mafiosi più rappresentativi del modello tradizionale, Xxxxxxxx Xxxxxxx e Xxxxxxxx Xxxxx Xxxxx, hanno conquistato gran parte del loro potere mediando i trasferimenti dei fondi tra i grandi proprietari ed i contadini piuttosto che difendendo allo strenuo il feudo13.
La ragione per cui la mafia è nata e si è diffusa nel feudo non deve essere ricercata nella sua stessa natura ma nel fatto che la grande proprietà terriera costituiva il centro del sistema di potere economico, sociale e politico di cui la mafia
10 XXXX X., Storia della mafia, Donzelli editore, Roma, 2004, p. 18 ss.
11 VILLARI P., Le lettere meridionali, Successori Le Monnier, Firenze, 1878, p. 33. 12 XXXXXXXXX X., Il delitto come impresa, Liviana editrice, Padova, 1991, p. 83. 13 XXXX X., Storia della mafia, cit., p. 19.
si faceva protettrice in cambio di protezione14. Con l’unità d’Italia, dunque, si apre
quella che è stata definita la fase agraria della mafia.
Nel secolo scorso la mafia, quando il sistema di cui si faceva garante è entrato in crisi, non ha avuto alcuna riluttanza ad imboccare una nuova strada aprendo quella che è stata definita la fase urbano/imprenditoriale. L’avvento di questo nuovo periodo, invero, non ha determinato un definitivo abbandono delle campagne da parte delle organizzazioni criminali ma un’estensione delle loro attività ad altri settori tra cui, in particolare, il settore edilizio ed il traffico di stupefacenti. Gli anni immediatamente successivi al secondo dopoguerra, inoltre, sono stati quelli in cui si è assistito ad un esponenziale incremento della spesa pubblica il cui flusso, grazie ai legami intrattenuti con settori delle istituzioni, è andato in gran parte ad incrementare le casse delle organizzazioni15.
3. Il latifondo siciliano ed il sistema delle gabelle.
In Sicilia gli effetti delle leggi eversive della feudalità, cui si è fatto riferimento in precedenza, furono ben lontani da quelli auspicati16. Gli immensi possedimenti feudali, per la cui concessione i baroni dovevano prestare giuramento di fedeltà al re (c.d. “omaggio feudale”), lungi dall’essere frazionati e distribuiti per consentirne un migliore sfruttamento furono attribuiti in piena proprietà o in “proprietà allodiale”17 ai vecchi concessionari18. La condizione della popolazione contadina, dal momento che con l’abolizione della feudalità vennero meno anche i diritti comuni e gli usi civici che insistevano sulle terre feudali, peggiorò ulteriormente19. Nella prima metà dell’Ottocento le terre ex feudali costituivano ancora i nove
14 RENDA F., Storia della mafia, cit., pp. 40-41.
15 XXXXXXX X., Breve storia della mafia e dell’antimafia, cit., p. 59 ss.
16 XXXXXXXXX X., Il delitto come impresa, cit., p. 87.
17 Nel periodo medievale il termine allodio era utilizzato per indicare i terreni che si possedevano in piena proprietà in contrapposizione al feudo o beneficio.
18 GRIMALDI A., La Costituzione siciliana del 1812, in Revista de derecho Universidad del Norte, p.
227.
19 RENDA F., Storia della mafia, cit.
decimi del totale. Non si è assistito, dunque, alla creazione di una classe di piccoli e medi proprietari terrieri bensì ad una trasformazione del feudo in latifondo20.
Nel latifondo era presente un sistema a cinque classi composto dai proprietari
terrieri, dai gabelloti, dai “borgesi”, dai contadini e dai giornalieri agricoli21.
Nel corso dell’Ottocento i baroni siciliani, grandi proprietari terrieri, avevano in gran parte abbandonato le campagne per trasferirsi nella città di Palermo alla ricerca di una vita sfarzosa. A tal fine avevano provveduto a concedere le proprie terre, dietro il pagamento di una gabella, a dei borghesi che presero il nome di gabelloti. Essi, fino a quel momento, avevano fatto “i gastaldi nelle tenute feudali o gl’intermediari nelle vendite dei cereali o di greggi, gli usurai o i manutengoli”22. Attraverso il sistema delle grandi affittanze i gabelloti riuscirono ad arricchirsi mentre la condizione dei contadini e dei giornalieri agricoli non subì alcun miglioramento.
I baroni ed i loro gabelloti, nei latifondi siti all’interno dell’isola, non apportarono alcun miglioramento alle tecniche di produzione e le coltivazioni continuavano ad essere estensive. Si trattava di colture primitive in cui la coltivazione del grano si alternava con il pascolo degli animali. I gabelloti, così come la più moderna mafia definita imprenditrice, possono essere definiti come degli imprenditori che “come mezzo di speculazione utilizzano polvere e piombo”, ovvero come degli “industriali della violenza”23. I grandi affittuari procedevano a subaffittare lotti di terreni ai contadini attraverso due tipologie di contratto a breve scadenza: la metaterìa ed il terratico. Nel primo caso la rendita in natura era proporzionale al raccolto, mentre nel secondo era fissa. Spesso i contadini, oltre ad essere costretti a chiedere un prestito a tassi usurai ai proprietari ed ai gabelloti, erano dipendenti dall’arbitrio di coloro che commercializzavano il prodotto ed
20 XXXXXXXXX X., Il delitto come impresa, cit., p. 88.
21 Idem, p. 87.
22 Idem, p. 89.
23 XXXX X., Storia della mafia, cit., p. 25.
erano sottoposti a prevaricazioni ed a tributi dovuti sotto varia forma al proprietario, al gabelloto, al campiere ed a tutti gli altri soggetti che erano gerarchicamente a lui superiori.
I contadini, in considerazione del sistema delle affittanze, della tipologia dei contratti agricoli e del fatto che avrebbero potuto ottenere in affitto il medesimo terreno per non più di due anni consecutivi, erano scoraggiati dall’investire capitali sulla terra; i grandi proprietari, da parte loro, preferivano ricavare una rendita dai propri possedimenti mentre i gabelloti scaricavano i rischi dell’attività agricola interamente sui contadini cui erano subaffittati i fondi. Per i baroni siciliani, così come per i loro gabelloti, la terra più che costituire una risorsa economica da sfruttare per produrre ricchezza rappresentava un simbolo di potere e prestigio24. Un ex feudo dato in gabella ad un mafioso diveniva automaticamente un centro di potere della mafia25.
4. La fine del feudalesimo e l’aumento della richiesta di violenza.
L’epilogo del feudalesimo in Sicilia, avendo aperto le porte di accesso alla ricchezza derivante dalla proprietà terriera a questa nuova borghesia agraria, ha determinato un ampliamento del numero dei proprietari terrieri e parallelamente ha fatto registrare un incremento della richiesta di violenza a difesa della proprietà26. A seguito delle leggi eversive della feudalità ed in assenza di riforme legislative ed amministrative che attribuissero la tutela dell’ordine pubblico e l’esercizio della violenza legittima nella mani dello Stato, il diritto di usare la forza e di esercitare la giurisdizione civile e penale, in precedenza legittimamente attribuito ai baroni ed ai loro rappresentanti in virtù del titolo feudale, passò in mano ai gabelloti ed ai loro campieri. Quest’ultimi, a differenza dei baroni,
24 CATANZARO R., Il delitto come impresa, cit., p. 87.
25 RENDA F., Storia della mafia, cit., p. 192.
26 XXXXXXXXX X., Il delitto come impresa, cit., p. 87.
continuarono ad amministrare la giustizia ed a utilizzare la forza di fatto, senza alcuna base legale27. I grandi proprietari terrieri, infatti, congiuntamente al possesso della terra avevano ceduto agli affittuari anche il proprio potere sociale. La forza militare divenne indispensabile per difendere la proprietà, per gestire la forza lavoro, per garantire la sicurezza personale dei notabili oltre che per risolvere le faide tra i diversi gruppi.
Gli strumenti di protezione del latifondo erano il soprastante ed i campieri.
Il soprastante, uomo di fiducia del gabelloto, pur non essendo un tecnico e non avendo alcuna conoscenza in ambito agricolo, aveva alle proprie dipendenze tutta la forza lavoro. I campieri erano la milizia privata a servizio dei possidenti che, similmente alle compagnie d’armi, ai militi a cavallo ed alle guardie municipali erano stati reclutati tra malfattori e coprivano il vuoto lasciato dallo Stato borbonico prima e liberale dopo. Questi soggetti, a cui è stata demandata la tutela dell’ordine pubblico nelle campagne, erano dei professionisti nell’uso della violenza in quanto dovevano necessariamente essere in grado di intimidire gli altri malfattori, di accordarsi con questi ultimi e di porre in essere azioni delittuose per conto dei propri padroni28. I simboli della superiorità dei campieri rispetto ai contadini erano dati dall’autorizzazione a portare armi con sé e dal fatto che giravano a cavallo. Il proprietario terriero, per poter usufruire della protezione “qualificata” della proprietà era tenuto a garantire il campiere, nonostante fosse criminale e mafioso, da ogni eventuale incriminazione dell’autorità pubblica. La professione di campiere, durante la c.d. fase agraria della mafia, ha costituito una tappa fondamentale della carriera mafiosa. I campieri, infatti, assumendo una posizione che consentiva il controllo capillare del territorio e delle attività criminose ivi svolte, spesso venivano imposti ai proprietari dalla mafia attraverso minacce velate, spesso presentate sotto forma di consigli. Se il proprietario non voleva capire o si
27 Ibidem.
28 XXXX X., Storia della mafia, cit., p. 54.
opponeva avrebbe subito dapprima danneggiamenti ai suoi beni; in secondo luogo veri e propri atti di intimidazione come la “lettera di scrocco” o “la fucilata di chiacchiarìa”. La prima è di per sé un atto estorsivo mentre la seconda viene utilizzata per spingere l’interlocutore ad accettare la “proposta” ricevuta29. L’estorsione violenta, oltre che per imporre il servizio di guardiania, veniva utilizzata per altre attività quali, ad esempio, le mediazioni commerciali e gli abigeati.
Oltre che nel latifondo dell’interno la mafia agraria era presente anche nelle zone costiere di Palermo e nella Conca d’oro, sarebbe a dire nei giardini che circondavano la capitale in cui veniva praticata un’agrumicoltura intensiva, redditizia ed all’avanguardia. Questo dato costituisce un’ulteriore conferma per cui il fenomeno mafioso non è relegato in quei territori caratterizzati da arretratezza e povertà ma è presente ovunque vi sia possibilità di arricchimento30.
I mafiosi dell’agro palermitano imponevano ai proprietari il loro servizio di guardiania al fine di controllare l’”industria agrumaria” e l’intermediazione commerciale della produzione.
Esemplificativa è la vicenda del chirurgo Xxxxxxx Xxxxxx, proprietario di un fondo agricolo sito nella borgata Malaspina, che per sfuggire alle ingerenze, alle minacce ed ai danneggiamenti della cosca della borgata dell’Uditore, fu costretto a rifugiarsi a Napoli essendo state vane le denunce presentate alla Questura di Palermo31. Il questore di Palermo Xxxxxxx Xxxxxxxxx, in un rapporto del 1898, scriveva che “l’agro palermitano (…) è purtroppo funestato, come altre parti di questa e finitime provincie, da una vasta organizzazione di malfattori, organizzati in sezioni, divisi in gruppi(…)” il cui scopo “è quello di prepotere, e quindi di imporre ai proprietari dei fondi i xxxxxxxx, i guardiani, la mano d’opera, le gabelle, i prezzi per la vendita degli agrumi e degli altri prodotti del suolo: chi ama di non
29 Ibidem; XXXXXXXXX X., Il delitto come impresa, cit., p. 30 ss.
30 CATANZARO R., Il delitto come impresa, cit., p. 22.
31 XXXX X., La mafia dei giardini, Editori Laterza, Roma, 2018, p. 16.
avere fastidi e danni accetta tali imposizioni: chi desidera in altro modo di godere la quiete della villeggiatura deve sottostare a contribuzioni pecuniarie, che sono ordinariamente richieste con lettere minatorie”32.
Da un lato la mafia del latifondo ha concentrato la propria attività nei settori dei pascoli, del bestiame, nonché del controllo degli affitti dei terreni e delle vendite dei fondi dei proprietari terrieri; dall’altro la mafia dei giardini controllava prevalentemente la distribuzione dell’acqua ed il commercio della produzione agrumicola33.
La posizione privilegiata assunta dai mafiosi che svolgevano funzioni di guardiania e protezione della proprietà è stata utilizzata in vario modo per accumulare ricchezza tanto legalmente quanto illegalmente.
Il campiere o sovrastante mafioso da un lato, oltre a ricevere uno stipendio, si vedeva assegnato un lotto di terra che poteva coltivare o concedere in subaffitto; dall’altro “l’esercizio su larga scala dell’industria del delitto e della violenza”, oltre a garantire il mantenimento della posizione ottenuta, consentiva di accumulare ulteriore ricchezza a spese dei contadini. All’accumulazione capitalistica, dunque, si affiancava l’accumulazione originaria derivante dal monopolio di una professione legale, dall’uso della violenza, della minaccia e dell’intimidazione oltre che dalla strumentalizzazione di posizioni di potere politico34.
5. L’abigeato come prototipo di delitto mafioso.
Nel corso dell’Ottocento è stata al centro del dibattito la questione degli abigeati in quanto l’attività di allevamento era svolta in prima persona dal gabelloto, la mandria era il bene aziendale di maggior valore e, contemporaneamente, il più facile da sottrarre. L’abigeato è un reato economico che lega le città alle campagne e per la cui commissione è necessaria un’articolata rete organizzativa oltre che la
32 XXXXXXX X., Breve storia della mafia e dell’antimafia, cit., p. 102.
33 XXXX X., Storia della mafia, cit., pp. 117 ss.
34 CATANZARO R., Il delitto come impresa, cit., pp. 45- 46.
possibilità di esercitare una signoria territoriale. Per tali ragioni l’abigeato diventerà
il delitto maggiormente rappresentativo del primo secolo di storia della mafia.
Sin dal periodo borbonico, invero, si era sviluppata la prassi delle componende per cui il derubato, al fine di ottenere la restituzione della refurtiva, doveva trattare con gli autori del reato. Nell’ipotesi in cui non si fosse riusciti a trovare un accordo i criminali avrebbero avuto ulteriori possibilità di guadagno attraverso la macellazione clandestina degli animali o la vendita degli stessi35.
All’inizio degli anni ‘40 del secolo XIX, in un rapporto inviato al re, il sottintendente di Xxxxxxx aveva individuato un “sistema integrato” di comitive di banditi e sette i cui partecipi svolgevano tre diverse funzioni: organizzative, mediatorie ed esecutive36. Gli organizzatori restavano nelle proprie terre, elaboravano i piani, sceglievano gli obiettivi, occultavano la refurtiva, ricoveravano gli animali nei loto terreni ed emanavano “sentenze di condanna a morte”. Erano persone influenti nella propria comunità ed il fatto che non si muovessero dai propri possedimenti indurrebbe a pensare che fossero proprietari terrieri. I mediatori, oltre a fare tramite tra gli organizzatori e gli esecutori, essendo dotati di competenze giuridiche ed amministrative intrattenevano rapporti con i magistrati ed i funzionari pubblici e si occupavano del soccorso ai detenuti. Gli esecutori, infine, erano comitive di banditi specializzati nel furto di animali che, a differenza degli organizzatori e dei mediatori, potevano essere colpiti dalla giustizia senza particolari problemi.
6. Il movimento dei Fasci siciliani e le cooperative per le affittanze collettive.
35 XXXXXXX U., La cosa e il nome, cit., pp. 55 ss.; XXXX X., Storia della mafia, cit., p. 54.
36 XXXXXXX X., La cosa e il nome, cit., p. 139; XXXX X., Storia della mafia, cit., p. 56.
Sul finire dell’Ottocento, dal 1891 all’inizio del 1894, in Sicilia si fa strada il movimento dei Fasci siciliani, movimento che riunisce sotto la propria insegna contadini, zolfatari, professionisti ed insegnanti. I Fasci siciliani erano organizzazioni ibride, a metà strada tra sindacato e partito politico, i cui scopi erano quelli di migliorare le condizioni lavorative dei lavoratori ed incentivare la partecipazione all’amministrazione comunale37. Questa loro azione, inevitabilmente, si scontrava con il sistema di potere in cui era inserita la mafia la quale ha concorso con le istituzioni alla repressione violenta del movimento.
Nel 1893 a Palermo si svolge il congresso regionale dei Fasci mentre dall’agosto al novembre dello stesso anno viene indetto uno sciopero agrario per l’attuazione dei Patti di Corleone di riforma dei contratti agrari. Tra il 1893 ed il 1894 le agitazioni contadine furono represse col sangue: il 3 gennaio Xxxxxx, all’epoca Presidente del Consiglio, decreta lo stato d’assedio ed ordina lo scioglimento dei Fasci i cui dirigenti e militanti verranno processati dinanzi ai tribunali militari. Xxxxxx, infatti, era legato ai proprietari terrieri i quali erano preoccupati per la crescita del movimento e per i gravi pregiudizi che avrebbe potuto arrecare il raggiungimento dei risultati prefissati38.
All’inizio del secolo XX il movimento contadino riprese vigore e, per effetto della Legge Sonnino del 1906, si diede avvio al movimento per le affittanze collettive. Attraverso la costituzione di cooperative e la formazione di istituti di credito, infatti, si è cercato di sottrarre il possesso della terra agli affittuari mafiosi facendone conseguentemente venire meno il ruolo di intermediari parassitari. Le cooperative contadine, che fino alla Prima guerra mondiale ebbero un discreto successo, nonostante proponessero condizioni più vantaggiose furono sempre viste con sospetto dai proprietari terrieri i quali, piuttosto che contribuire al
37 XXXXXXX X., Breve storia della mafia e dell’antimafia, cit., pp. 96 ss.
38Ibidem.
rafforzamento del movimento contadino, preferivano affittare le terre ai gabelloti mafiosi che garantivano il controllo e lo sfruttamento delle masse contadine.
La data del 3 novembre del 1915, giorno in cui fu ucciso a Corleone il sindaco Xxxxxxxxxx Xxxxx, dirigente del cooperativismo agricolo ed organizzatore delle lotte contadine per l’applicazione dei Xxxxx xx Xxxxxxxx, segna l’epilogo di questa seconda fase del movimento contadino. Prima di Xxxxx è toccata la stessa sorte a Xxxxxxx Xxxxxxxxx, dirigente socialista ucciso nel 1911 a Santo Stefano di Quisquina, piccolo comune dell’agrigentino. Trattasi del primo delitto commesso nei confronti di un dirigente socialista chiaramente volto a contrastare le richieste dei contadini volte al miglioramento delle proprie condizioni. L’xx. Xxxxxxx Xxxxxx aveva interpretato il delitto come la “reazione della classe degli intermediari contro gli organizzatori dei contadini, contro i pionieri delle leghe, delle cooperative e delle affittanze collettive”39. L’accesso al mercato fondiario da parte dei contadini aveva scatenato la reazione di quella che Xxxxx chiamava “la mafia gabellota” la quale, per oltre quarant’anni aveva avuto il monopolio delle affittanze dei terreni40. Nel 1914 le cooperative arrivarono a gestire una superficie di terreno pari a 42.449 ettari e per i gabelloti mafiosi il danno non fu soltanto economico ma anche simbolico dal momento che ne venne ridotto il potere, macchiata l’immagine e cancellato il ruolo. La mafia, oltre che con i tradizionali strumenti della violenza, dell’intimidazione, della corruzione e della “carta bollata” cercò di frenare il movimento delle affittanze collettive creando essa stessa delle cooperative41.
39 RENDA F., Storia della mafia, cit., pp. 187 ss.
40 Idem, p. 191.
41 Idem, pp. 195 ss.
7. La “mafia gabellota” ai tempi del fascismo.
Nel periodo fascista furono emanati una serie di provvedimenti sui contratti agrari, sulla battaglia del grano e sulla lotta alla mafia che avevano rafforzato, a livello locale, il potere e la posizione sociale degli agrari. Quest’ultimi, infatti, grazie al ripristino della rendita agraria a livelli superiori dai precedenti ed alla rescissione dei contratti di affitto dei terreni estorti o pattuiti a canoni di gran lunga inferiori al valore dei fondi, furono da un lato liberati dalla intermediazione parassitaria mafiosa, dall’altro garantiti dallo stato totalitario nella repressione dei contadini. Il fascismo, dunque, si sostituì alla mafia come “forma meno costosa di difesa del latifondo”42.
Durante il ventennio la politica fascista è stata di sostanziale appoggio al
latifondo ad eccezione dell’introduzione, nel 1940, del contratto collettivo di colonizzazione che, pur non avendo intaccato il diritto di proprietà sulla terra dei grandi latifondisti, aveva introdotto il principio della divisione della terra ai coloni per periodi lunghi43.
Nell’ottobre del 1925 venne nominato prefetto di Palermo Xxxxxx Xxxx al quale fu affidato l’incarico di combattere la mafia e di portare a compimento “la purificazione fascista dell’isola”. L’azione del prefetto, al quale furono attribuiti poteri speciali, è ricordata per le grandi retate volte alla cattura di banditi e mafiosi che, in alcuni casi, sfociarono nell’assedio di località montane nelle Madonie e portarono all’arresto di undici mila persone. L’attività repressiva posta in essere dal prefetto, il cui obiettivo era quello di liberare dalla morsa dei gabelloti mafiosi i proprietari terrieri, è stata interrotta nel 1929 allorquando ci si accorse che tra quest’ultimi figuravano molti sostenitori e uomini del fascismo, come ad esempio il generale Xxxxxxxx Xx Xxxxxxx00. La repressione fascista del fenomeno mafioso, dunque, coinvolse soltanto la bassa mafia e, dal momento che non fu trovata alcuna
42 CATANZARO R., Il delitto come impresa, cit., p. 149.
43 Idem, pp. 148 ss.
44 XXXXXXX X., Breve storia della mafia e dell’antimafia, cit., pp. 106 ss.
soluzione al conflitto sociale esistente tra proprietari e contadini, all’indomani della guerra i gruppi mafiosi riuscirono a riorganizzarsi prima che venissero meno le condizioni tradizionali del loro potere45, a riappropriarsi delle posizioni che avevano perduto nel corso del ventennio fascista tornando ad esercitare le funzioni di broker tra la popolazione ed il governo alleato.
In Sicilia, infatti, la Seconda guerra mondiale finisce nel 1943 e per i successivi sette mesi dallo sbarco alleato l’isola è stata sottoposta al governo degli alleati (AMGOT- Allied Military Government of Occupied Territories) al quale la classe dominante dell’isola, composta dagli agrari assenteisti, diede un contributo fondamentale.
8. I decreti Xxxxx, le leggi sulla riforma agraria e le lotte contadine.
All’indomani della guerra la situazione relativa la distribuzione della proprietà terriera in Sicilia non aveva ancora subito alcuna sostanziale modifica rispetto ai decenni antecedenti. Nel 1947, secondo i dati pubblicati dall’Istituto Nazionale di Economia Agraria (INEA), il 39,9% della superficie agraria e forestale era composta da proprietà con una superficie superiore ai 50 ettari, il 26,5% da veri e propri latifondi con un’estensione superiore ai 200 ettari mentre la piccola proprietà che andava dai 5 ai 50 ettari occupava il 27%46.
Dal 1944 al 1947 il governo nazionale è composto da una coalizione antifascista formata dal Partito comunista, dal Partito socialista, dalla Democrazia cristiana e dal Partito d’azione. Tra i primi ed indubbiamente più rilevanti provvedimenti adottati dal governo di coalizione antifascista devono essere annoverati i decreti-legge emanati nell’autunno del 1944 aventi ad oggetto l’assegnazione ai contadini dei terreni incolti, la ripartizione dei prodotti nella mezzadria impropria e nella compartecipazione e la riduzione dei canoni di affitto.
45 XXXXXXXXX X., Il delitto come impresa, cit., pp. 150 ss.
46 Idem, p. 157.
La citata legislazione agraria, la quale viene ricordata col nome dell’allora Ministro dell’Agricoltura, il comunista Xxxxxx Xxxxx, fu preceduta da altri decreti quale, ad esempio, quello relativo al prezzo del grano che veniva distinto in prezzo vero e proprio e premio alla produzione47. Per effetto di tale distinzione, oltre alla riduzione dei canoni di affitto dei terreni del 30% avvenuta in virtù della legge di riduzione dei canoni di affitto, si è assistito ad un’ulteriore riduzione del 50% pari al premio di produzione48. Un limite dei decreti Xxxxx è stato rinvenuto nel fatto che essi si limitavano all’agricoltura latifondistica e non anche alla più moderna e tecnicamente avanzata agricoltura trasformata. Pertanto, ne trassero vantaggio soltanto i contadini poveri delle zone interne dell’isola mentre, i braccianti degli agrumeti, dei vigneti ed i piccoli coltivatori diretti ne restarono esclusi. Era prevalente l’idea, infatti, che la povertà, la miseria, l’oppressione e l’arretratezza del popolo siciliano fosse dovuta al problema del latifondo49.
A conflitto mondiale conclusosi, dunque, il principale problema avvertito dalla popolazione siciliana, prevalentemente costituita da contadini poveri, era quello della distribuzione della terra. A partire dal 1944 e fino alla metà degli anni ’50 del secolo scorso il latifondo siciliano fu investito dalle lotte dei contadini per l’occupazione e la distribuzione dei terreni incolti alle cooperative di contadini che, ovviamente, rappresentavano una seria minaccia per il sistema su cui si fondava il potere mafioso50. Un ulteriore effetto dei decreti Xxxxx fu quello di impaurire i latifondisti i quali, oltre a ricorrere ad armi legali e burocratiche, si affidarono alla repressione mafiosa per arginare il movimento contadino51.
All’interno del periodo di attività del movimento contadino è possibile
distinguere tre fasi: la prima, che va dal 1944 al 1945, in cui si è portata avanti la
47 XXXXXXX X., Breve storia della mafia e dell’antimafia, cit., pp. 108 ss.
48 RENDA F., Il movimento contadino in Sicilia, De Donato editore, Bari, 1976, pp. 38 ss.
49 Idem, p. 45.
50 CATANZARO R., Il delitto come impresa, cit., pp. 159-160.
lotta per i granai del popolo e per l’attuazione del decreto sulla divisione dei prodotti; la seconda, dal 1945 al 1949, in cui si richiedeva l’assegnazione delle terre incolte e mal coltivate; la terza, che va dal 1949 ai primi anni ’50, per l’approvazione della riforma agraria.
Tra il 1944 ed il 1955 sono stati uccisi dalla mafia almeno quarantacinque sindacalisti e dirigenti di partito, prevalentemente socialisti e comunisti, oltre a contadini, braccianti e pastori. Nell’immediato dopoguerra, infatti, i gruppi mafiosi erano riusciti a riconquistare il potere che avevano in parte perso durante il ventennio fascista e tornarono a ricoprire il ruolo di mediatori tra lo Stato, i proprietari terrieri ed i contadini52.
Una prima occasione di scontro tra il movimento contadino ed i gruppi mafiosi si ebbe nell’agosto del 1944, anno in cui Xxxxxx Xxxx, membro di un comitato di controllo sui granai del popolo, venne ucciso a Casteldaccia. Nel settembre dello stesso anno Xxxxxxxx Xx Xxxxx, segretario regionale del partito comunista, fu vittima di un attentato mafioso nel corso di un comizio tenuto a Villalba, regno di Xxxxxxxx Xxxxxxx. Nell’estate del 1945, a seguito della raccolta della produzione cerealicola, ebbero inizio gli scontri per la ripartizione dei prodotti. Da un lato i proprietari, i gabelloti, i campieri e le stesse forze dell’ordine affermavano di non conoscere alcuna legge nazionale; dall’altro la lotta per l’applicazione della legge portata avanti dai contadini venne fatta passare per una rivendicazione illegale. Tra il 1945 ed il 1946 i gruppi mafiosi tentarono di arginare il movimento contadino con l’intimidazione e la violenza uccidendo diversi sindacalisti. Il 1947, anno in cui vennero commessi diversi omicidi a danno di sindacalisti, dirigenti comunisti, operai e contadini, viene ricordato soprattutto per la strage di Portella della Ginestra che, contrariamente a quanto affermato dal Ministro Xxxxxx, deve essere letta non tanto come una semplice azione banditesca ma come la risposta degli agrari, dei mafiosi e dei conservatori all’avanzata del
movimento contadino che, pochi giorni prima, aveva condotto alla vittoria delle sinistre. Nel 1948 vennero uccisi altri esponenti del partito socialista tra cui Xxxxxxxx Xx Xxxx, Xxxxxxx Xxxxxxxx e Xxxxxxxx Xxxxxxxxx00.
Nel 1949 le occupazioni simboliche dei terreni divengono effettive e sui fondi i contadini sperimentano lo sciopero alla rovescia, consistente nella lavorazione della terra e nella semina. Nel marzo del 1950, in occasione di uno di questi scioperi, viene arrestato Xxx Xx Xxxxx, dirigente comunista, che resterà in carcere per oltre un anno. In attuazione del decreto Xxxxx sulla concessione delle terre incolte oltre
86.000 ettari di terra furono attribuiti in concessione a cooperative gestite da oltre
50.000 contadini54.
Nel 1950, dopo diversi anni di lotte, vengono finalmente approvate due leggi statali di riforma agraria parziale (la Legge Sila n. 230 del 12 maggio e la Legge stralcio per il Meridione e le isole n. 841 del 21 ottobre) e la legge della Regione Sicilia n. 104 del 27 dicembre, definita dall’opposizione “la controriforma agraria”55. Il progetto di legge generale, presentato in Parlamento lo stesso anno, non fu approvato e, conseguentemente, si optò per l’attuazione della riforma agraria nei territori in cui era più urgente procedere alla redistribuzione della terra.
In forza della Legge Xxxx il compito di procedere all’esproprio dei terreni di proprietà di privati che al 15 novembre 1949 fossero proprietari di più di trecento ettari fu affidato all’Opera per la valorizzazione della Sila. La Legge stralcio ha attribuito il compito di procedere all’esproprio dei terreni a diversi enti ma, a differenza della prima e similmente al progetto di legge generale, il limite all’estensione è stato individuato sulla base della superficie e del reddito dominicale. Tuttavia, dal momento che se si fosse preso come riferimento il reddito imponibile puro i proprietari che avevano migliorato i propri fondi sarebbero visti espropriati una maggior quota di terreni subendo un maggior danno, si optò per il
53 XXXXXXX X., Breve storia della mafia e dell’antimafia, cit., p. 109.
54 Idem, p. 115.
criterio del reddito medio per ettaro. In tal modo, a parità di reddito imponibile globale, la percentuale di terreni oggetto di scorporo è stata tanto minore quanto più alto era il reddito medio per ettaro.
I criteri previsti dalla legge regionale erano simili a quelli della Legge stralcio con la previsione aggiuntiva di obblighi di bonifica e trasformazione a carico dei proprietari e di temperamenti per i terreni su cui erano state poste in essere migliorie56.
Questa legislazione riformista sembrava poter soddisfare la “fame” di terra dei contadini attraverso l’esproprio dei fondi. Nei fatti, in forza della legge regionale, furono assegnati per sorteggio individuale 17.157 lotti (per un totale di 99.049 ettari) soltanto all’11% di coloro che avevano presentato richiesta57.
In forza delle leggi nazionali fu data la possibilità ai proprietari di vendere o concedere in enfiteusi le terre già in possesso delle cooperative agricole in virtù di concessioni quindicennali o diciottennali. Sulla stessa scia la legge regionale ha incluso tra i terreni da espropriare anche quelli che erano precedentemente stati concessi ai contadini ed ha posposto l’esproprio alla vendita libera58. Nel Mezzogiorno continentale il 59,4% dei terreni trasferiti è stato venduto sul libero mercato mentre in Sicilia tale dato ha toccato la percentuale del 67,6%.
In Sicilia, tuttavia, l’attuazione della riforma agraria incontrò l’ostruzionismo del governo regionale e dello stesso Ente per la Riforma Agraria in Sicilia (ERAS) e per diversi anni fu lasciata dormire nei cassetti dell’assessorato dell’Agricoltura59. All’inizio degli anni ’50 del secolo scorso la vicenda della riforma agraria e le lotte contadine avevano dato la possibilità ai gruppi mafiosi di riacquistare le posizioni perdute tornando a svolgere un ruolo di mediazione politica e sociale nel periodo
56 ROMAGNOLI E., Agraria, riforma (App. II, 1, pag. 92), in Treccani Enciclopedia italiana III appendice, 1961. xxxx://xxx.xxxxxxxx.xx/xxxxxxxxxxxx/xxxxxxx-xxxxxxx_xxx-000xx000-00x0-00xx- 8e9d-0016357eee51_%28Enciclopedia-Italiana%29/
57 XXXXXXX X., Breve storia della mafia e dell’antimafia, cit., pp. 115 ss.
58 RENDA F., Il movimento contadino in Sicilia, cit., pp. 73 ss.
59 Idem, p. 77.
storico in cui il contesto e le condizioni sociali che ne avevano decretato la genesi e la riproduzione, sarebbe a dire il latifondo ed il problema dei contadini, stavano definitivamente per venir meno60.
9. La mafia del secondo dopoguerra.
Gli anni ’50 del secolo scorso si caratterizzano per la coesistenza di quella che è stata definita mafia tradizionale con la “nuova mafia”. Nonostante il venir meno della fonte di guadagno primaria, costituita dallo svolgimento delle funzioni di mediazione tra contadini, agrari e Stato, i gruppi mafiosi riuscirono a tenere il passo con i tempi modificando le sfere di loro attività ed i rapporti con la politica e lo Stato pur continuando a mantenere il controllo di alcune attività tradizionali come, ad esempio, i mercati delle carni, del pesce e dei prodotti ortofrutticoli61.
All’indomani della riforma agraria gli uomini simbolo della mafia tradizionale erano Xxxxxxx Xxxxxxx e Xxxxxxxx Xxxxx Xxxxx il quale, a seguito della morte di xxx Xxxxxxxx Xxxxxxx, è stato indicato come il capo della mafia siciliana.
Il primo raggiunse l’apice del suo potere nel momento in cui ottenne il controllo del Consorzio per la bonifica dell’alto e del medio Belice, costituito nel 1933 per la realizzazione di una diga sul fiume Belice che consentisse l’irrigazione di terreni e diversi comuni che ricadevano nelle provincie di Palermo, Trapani ed Agrigento. I grandi proprietari ed i mafiosi erano contrari alla sua realizzazione in quanto il potere della mafia dei giardini si basava sul controllo dell’erogazione dell’acqua. I gabelloti, ugualmente, ritenevano che la disponibilità d’acqua avrebbe reso indipendenti i contadini mentre coloro che erano dediti all’abigeato, tra cui molti componenti della cosca di Navarra, erano preoccupati per le maggiori difficoltà che avrebbero potuto incontrare nel rifornimento di bestiame62. Xxxxxxx
60 CATANZARO R., Il delitto come impresa, cit., p. 170.
61 Idem, p. 198.
62 Idem, pp. 204 ss.
Liggio, membro della cosca di Navarra ed esponente di quella che è stata definita “nuova mafia”, era invece favorevole alla realizzazione della diga in quanto era dell’opinione che l’aumento della produzione agricola avrebbe potuto favorire l’attività della società di trasporti che aveva costituito. Il conflitto per la costruzione della diga si concluse con la vittoria di Xxxxxxx Xxxxxxx il quale, tuttavia, il 2 agosto del 1958 venne ucciso dagli uomini di Xxxxxx. Quest’ultimo, nelle vesti di successore di Navarra, a partire dagli anni ’50 è stato uno dei più importanti artefici del passaggio dalla mafia degli agrumeti e del latifondo alla mafia della droga63. In tal caso la rottura con la tradizione, a differenza di quanto verificatosi nel caso della famiglia Xxxxx, è avvenuta con violenza64.
Xxxxxxxx Xxxxx Xxxxx, a differenza del Navarra, deve essere considerato un vincente. La sua carriera mafiosa inizia nel 1921 allorquando, dopo essere stato incriminato per associazione per delinquere e abigeato, viene assolto per insufficienza di prove. Negli anni successivi è oggetto di svariate incriminazioni che si concludono sempre con sentenze di non luogo a procedere o di assoluzione per insufficienza di prove. Verrà condannato soltanto una volta, nel 1932, ad una pena detentiva di sei anni per associazione a delinquere ma, dopo averne scontati soltanto tre, ottenne un condono e nel 1944 è stato definitivamente con decreto del Presidente della Corte d’Appello di Caltanissetta. Quest’ultimo ha posto alla base del provvedimento le informazioni fornite dal comandante della stazione dei carabinieri di Mussomeli il quale, pur non avendo titolo per l’assegnazione, ha successivamente ottenuto in contropartita per il tramite di un prestanome una quota di tre ettari e mezzo del Feudo Polizzello. A seguito della riabilitazione il potere del capomafia accrebbe a tal punto da riuscire a ricoprire cariche pubbliche. Dal 1960 al 1962, infatti, è stato consigliere comunale ed assessore per la Democrazia Cristiana65. Il boss di Mussomeli, grazie a conoscenze con soggetti
63 Ibidem.
64 Idem, p. 211.
65 Idem, pp. 201 ss.
importanti ed alla capacità di infiltrazione in enti pubblici, è riuscito a raggiungere una posizione di potere tale da riuscire ad evitare gli effetti devastanti della legge di riforma agraria. Esemplificativa al riguardo è la vicenda del già citato feudo Polizzello la cui superficie, di circa 1.918 ettari, fu assegnata, per il tramite dell’Opera nazionale combattenti (Onc), a due cooperative riconducibili allo stesso Xxxxx Xxxxx. Le cooperative “la Combattenti” e la “Pastorizia”, in luogo di procedere alla distribuzione della terra ai contadini, costituirono un Comitato per l’assegnazione delle terre, di cui erano membri il sindaco, il parroco e mafiosi di Mussomeli, che procedette all’assegnazione delle quote a noti boss della mafia locale ed a soggetti non aventi titolo. A questo punto l’ERAS cercò di sanare le irregolarità acquistando l’azienda ad un prezzo notevolmente superiore da quello fissato dalla legge di riforma agraria in Sicilia e, nonostante le minacce subite, riuscì a distribuire 104 quote a contadini che ne avevano titolo. Ciononostante, il potere ed il controllo del territorio esercitato dall’organizzazione mafiosa era talmente forte che gli assegnatari legittimi continuarono a pagare un canone d’affitto ai precedenti assegnatari ed a devolvergli la metà della produzione66.
10. Tra continuità ed innovazione.
Fatte queste considerazioni di carattere storico è giunto il momento di evidenziare come la “nuova mafia”, nonostante i cambiamenti socioeconomici avvenuti nel secolo scorso abbiano determinato una fisiologica evoluzione e riorganizzazione della sua attività ed aperto le porte a quelle che sono state definite la “fase urbano-imprenditoriale e la “fase finanziaria”67, non abbia rinnegato le
66 SCOLARI G., Il movimento antimafia siciliano. Dai Fasci dei lavoratori all'omicidio di Xxxxxxx Xxxxxxxxx, Edizioni Lulu.com- Xxxxxxxxxxx.xxx-Xxxxxxx.xxx, Siviglia, 2008, pp. 163-164.
67 XXXXXXX X., Breve storia della mafia e dell’antimafia, cit., pp. 59 ss.
proprie origini ma risulti tuttora attratta dal settore dell’agricoltura, seppur con alcuni caratteri innovativi rispetto alla tradizione. A conferma di tale affermazione è possibile ricordare alcuni episodi simbolici che evidenziano come alcuni tra i più importanti boss di Cosa nostra degli ultimi decenni abbiano tenuto ben saldi i legami con il settore agricolo.
Xxxxxxxxx Xxxxx negli anni ’70 è stato titolare, per mezzo di prestanome, di un’impresa agricola di nome XXXX (dalle iniziali del suo nome) operante nel territorio di Corleone. Xxxxxxxx Xxxxxxxxx Xxxxx, figlio di Xxxxxxxxx, quando è stato arrestato nel 2001 era titolare dell’Agrimar, un’impresa che si occupava della commercializzazione di trattori.
Con particolare riferimento alle truffe per il conseguimento di erogazioni pubbliche a sostegno dell’agricoltura i Greco di Ciaculli, proprietari di enormi estensioni di superfici agricole coltivate ad aranceto, negli anni in cui Cosa nostra dominava il traffico internazionale di stupefacenti, erano particolarmente attivi nelle frodi a danno dell’AIMA che, come si avrà modo di osservare, apportavano ingenti profitti all’organizzazione68. Anche Xxxxxxx Xxxxx, fratello di Xxxxxxxxx, è riuscito a incassare fino agli inizi degli anni 2000, quando ancora aveva il comando del mandamento di Corleone, oltre 40.000 euro di fondi europei destinati all’agricoltura69. Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx prima di essere arrestato in un casolare ubicato nelle campagne di Corleone, pur non avendo beneficiato di finanziamenti europei, nel corso della sua latitanza è stato ospite nel feudo di oltre 300 ettari sito in contrada Xxxxxxx (Caltanissetta) di proprietà di Xxxxx Xxxxxxxxx, finanziato con
68 CAMERA DEI DEPUTATI XVI LEGISLATURA XIII COMMISSIONE, Resoconto stenografico Indagine conoscitiva 18, 4 maggio 2011, pp. 2 ss.
69 XXXXXXXXX P., “Le mani di Cosa nostra sui terreni agricoli Cinque miliardi di fondi Ue sul piatto”, L’Espresso, 2 ottobre 2015. xxxxx://xxxxxxxx.xxxxxxxxxx.xx/xxxxxxxxx/0000/00/00/xxxx/xx-xxxx-xx- cosa-nostra-sui-terreni-agricoli-cinque-miliardi-di-fondi-ue-sul-piatto-1.232337
oltre un milione di euro di contributi europei e definito emblematicamente da
Xxxxxxxx Xxxxxxx “lo zoccolo duro di Cosa nostra”70.
Le famiglie mafiose di Xxxxxx e Vita del mandamento di Xxxxxxx del Vallo, come emerso dalle indagini che nel 2018 hanno portato all’esecuzione dell’operazione Pionica, per il tramite dei fratelli Xxxxxxx e Xxxx Xxxxxxxx e di un’impresa riconducibile a tre soggetti di San Xxxxxxxx Xxxx sarebbero riuscite ad impossessarsi di una tenuta agricola di circa sessanta ettari, un tempo di proprietà dei cugini Salvo, e ad ottenere finanziamenti comunitari a fondo perduto per un valore di circa 500.000 € destinati a sostenere la latitanza di Xxxxxx Xxxxxxx Xxxxxx. Al fine di percepire tali erogazioni la proprietaria dei terreni, che prima della vendita all’asta aveva presentato una richiesta di autorizzazione per l’espianto dei vigneti, è stata costretta a ritirare la predetta richiesta e, conseguentemente, a rinunciare ai diritti di reimpianto dei vigneti ivi esistenti ed ai connessi finanziamenti.71
70 SARDO A., “Confiscato l'impero economico di Xxxxxxxxx. "Lo zoccolo duro" perde un pezzo”, xxxxxxx0.xx, 19 gennaio 2015. xxxxx://xxx.xxxxxxx0.xx/xxxxxxxxxx-xxxxxxx-xxxxxxxxx-xx-xxxxxxxxx- lo-zoccolo-duro-perde-un-pezzo/
71 Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo Direzione Distrettuale Antimafia, Richiesta di misura cautelare personale, N.12079/2014 R.G.N.R. MOD. 21, pagg. 10 ss.; PALAZZOLO S., “Fondi UE alle aziende dei boss l’ultimo affare di Messina Denaro”, La Repubblica, 16 marzo 2018. xxxxx://xxxxxxx.xxxxxxxxxx.xx/xxxxxxxxxx/xxxxxxxx/xxxxxxxxxx/0000/00/00/xxxxx-xx-xxxx- aziende-dei-boss-lultimo-affare-di-messina-denaroPalermo05.html
CAPITOLO II
La Politica Agricola Comune
Sommario: 1. L’istituzione e l’evoluzione della Politica agricola comune. — 2. L’Agenzia per le erogazioni in agricoltura ed i Centri di assistenza agricola. — 3. I requisiti. — 3.1. Agricoltore in attività ed attività agricola minima. — 3.2. Di- ritti all’aiuto e superfici ammissibili. — 3.3. Gli obblighi di condizionalità e le forme di sostegno accoppiato. — 4. Il procedimento di erogazione degli aiuti. — 5. Il sistema integrato di gestione e controllo.
1. L’istituzione e l’evoluzione della Politica agricola comune
La Politica agricola comune (PAC), nonostante le modifiche intervenute ed il suo progressivo ridimensionamento, continua ad essere la prima politica integrata a livello dell’Unione. Circa il 40% del bilancio dell’Unione è destinato ad alimentare la politica in esame e l’80% di tale porzione confluisce nel c.d. primo pilastro (sostegno diretto agli agricoltori e misure di sostegno al mercato agricolo).
Per il settennato 2014-2020 l’UE ha attribuito all’Italia circa 41,5 miliardi di euro cui si aggiungono circa 10,5 miliardi di euro di cofinanziamento nazionale per un totale di circa 52 miliardi di euro.72 Il settore agricolo è sempre stato il cuore del mercato comune sin dal momento della sua istituzione. All’indomani della Seconda guerra mondiale, per far fronte alla carenza alimentare che dilaniava il continente, i sei paesi fondatori della Comunità europea decisero di istituire la PAC.73 Il Trattato istitutivo della Comunità economica europea
72 CAMERA DEI DEPUTATI, Servizio studi XVIII legislatura, Politica agricola comune, 31 gennaio 2019. xxxxx://xxxx.xxxxxx.xx/xxx00/xxxx/xx00_xxxxxxx_xxx_00 14 2020_d.html
73 AGENZIA DOGANE E MONOPOLI, La Politica agricola comune (PAC). xxxxx://xxx.xxx.xxx.xx/xxxxxxx/xxx/xxxxx/-/xx-xxxxxxxx-xxxxxxxx-xxxxxx-xxx-
?redirect=https%3A%2F%0Xxxx.xxx.xxx.xx%2Fportale%2Fricerca%3Fp_p_id%3D3%26p_p_life cycle%3D0%26p_p_state%3Dnormal%26p_p_mode%3Dview%26p_p_colid%3Dcolumn- 2%26p_p_col_count%3D1%26_3_groupId%3D0%26_3_keyword
Il Trattato istitutivo della Comunità economica europea (TCE), firmato a Roma nel 1957, dedicava all’agricoltura gli artt. 32-38 (oggi artt. 38-44 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea - TFUE).
L’art. 39 TFUE individua le finalità perseguite che sono quelle di: “a) incrementare la produttività dell’agricoltura, sviluppando il progresso tecnico, assicurando lo sviluppo razionale della produzione agricola come pure un impiego migliore dei fattori di produzione, in particolare della manodopera; b) assicurare così un tenore di vita equo alla popolazione agricola, grazie in particolare al miglioramento del reddito individuale di coloro che lavorano nell’agricoltura; c) stabilizzare i mercati; d) garantire la sicurezza degli approvvigionamenti; e) assicurare prezzi ragionevoli nelle consegne ai consumatori”.
Il Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOGA), istituito nel 196274, è stato successivamente suddiviso in due sezioni:75
- la sezione “garanzia” finanziava le “restituzioni all’esporta- zione” verso i paesi terzi, le Organizzazioni Comuni di Mercato (interventi sul mercato interno dedicati a settori specifici dell’agricoltura, ad es. vino, cereali, etc.) ed il ritiro dal mercato le eccedenze di prodotti agricoli.76 Dal momento che il sostegno era accoppiato alla produzione, infatti, si rendeva necessario concedere ulteriori aiuti per “ritirare dal mercato” il quantitativo di prodotto in eccedenza al fine di arginare gli squilibri creatisi nel mercato derivanti dal calo dei prezzi causato dall’aumento di offerta.
- la sezione “orientamento” erogava contributi destinati al miglioramento delle condizioni di produzione nell’agricoltura; all’orientamento della
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74 Regolamento (CEE) n. 25/1962 (“regolamento relativo al finanziamento della politica agricola comune”).
75 Regolamento (CEE) n. 17/1964.
76 Art. 5 regolamento (CEE) n. 17/1964.
produzione agricola; al miglioramento della commercializzazione dei prodotti agricoli ed allo sviluppo delle possibilità di collocamento dei prodotti agricoli.77
A distanza di pochi anni dall’istituzione della PAC, non solo era stato raggiunto l’obiettivo di realizzare l’autosufficienza alimentare ma si era creata un’enorme eccedenza di produzione. Nel 1968 il Memorandum d’azione presentato dal commissario all’agricoltura nonché vicepresidente della Commissione Xxxxx Xxxxxxxx, contenente una serie di proposte legislative, aveva messo in luce il paradosso per cui la Comunità economica europea da un lato erogava contributi per stimolare la produzione agricola, dall’altro ne concedeva ulteriori per distruggere le eccedenze.
Nel 1984, per far fronte al problema delle eccedenze, è stato introdotto il sistema delle quote, regime di contingentamento della produzione, in virtù del quale al superamento della quota di produzione consentita seguiva l’applicazione di un tributo o di una sanzione amministrativa.78 Nel 1992 la Riforma Mac Sharry apre quella che può essere definita la seconda fase della PAC. La riduzione dei prezzi dei prodotti agricoli resasi necessaria per avvicinarsi al livello del mercato mondiale è stata in parte compensata attraverso l’introduzione di aiuti diretti, sotto forma di premio per ettaro o per capo di bestiame posseduto, al fine di garantire un reddito stabile agli agricoltori. Sostituendo al sistema di pagamento accoppiato un sostegno “parzialmente disaccoppiato” alla produzione, sarebbe a dire concesso non sulla base di quanto si produce ma di cosa si produce.
Nel 1999 un pacchetto di decisioni del Consiglio, in parziale recepimento delle indicazioni contenute nella comunicazione della Commissione europea del 1997 (Agenda 2000), ha subordinato la concessione degli aiuti al rispetto di alcune forme di “condizionalità”.79 In particolare si prevede che le aziende agricole
77 Art. 11 regolamento (CEE) n. 17/1964.
78 Regolamento (CEE) n. 856/1984.
79 Regolamento (CE) n. 1257/1999 del Consiglio.
beneficiarie dimostrino redditività, rispettino requisiti minimi in materia di ambiente, igiene e benessere degli animali e che l’imprenditore possieda conoscenze e competenze professionali adeguate.
La Riforma Xxxxxxxx del 2003 segna una svolta epocale della PAC introducendo una serie di novità. In primo luogo, al suo interno il sostegno diventa “totalmente disaccoppiato”, cioè indipendente, salvo particolari eccezioni, sia dalla quantità della produzione che dal tipo di coltivazione. In tal modo, gli agricoltori sono spinti a produrre in funzione del mercato e non per ricevere i premi la cui concessione risulta condizionata, pena esclusione o riduzione degli stessi, al rispetto dei criteri di gestione obbligatori previsti dalla normativa comunitaria in materia di sanità pubblica, salute delle piante e degli animali, ambiente e benessere degli animali80 nonché al mantenimento dei terreni in buone condizioni agronomiche e ambientali.81
In secondo luogo, il FEOAGA viene abolito e sostituito dal Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) e dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR). Il primo pilastro, comprensivo dei pagamenti diretti e delle misure di sostegno al mercato, è finanziato integralmente dal FEAGA ed è sottoposto a gestione concorrente tra gli Stati membri e l’Unione.82 Il secondo, invece, è volto ad attuare misure di sostegno allo sviluppo rurale destinate a garantire l’equilibrio ambientale, territoriale e climatico ed è finanziato al 50% dal FEASR ed al 50% dagli Stati membri. Il FEASR, nella programmazione 2014-2020, rientra tra i cinque Fondi strutturali e di investimento europei (Fondi SIE) ed è destinato a cofinanziare appositi programmi di sviluppo rurale (i programmi operativi nazionali — PON — ed i piani di sviluppo rurale-PSR) presentati dagli Stati membri. Così come il FEAGA è anch’esso gestito in concorso tra gli Stati membri e l’Unione europea.83
80 Art. 3 regolamento (CE) n. 1782/2003 del Consiglio.
81 Art. 5 regolamento (CE) n. 1782/2003 del Consiglio.
82 Art. 4 regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio.
83 Art. 5 regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio.
Vengono introdotti i diritti all’aiuto (in Italia conosciuti come “titoli AGEA”) i quali, abbinati agli ettari ammissibili, danno diritto al pagamento dell’importo fissato.84
L’art. 13 del regolamento in esame ha previsto l’istituzione di un sistema di consulenza aziendale per gli agricoltori gestito da una o più autorità designate o da soggetti privati. In Italia il compito di coadiuvare i richiedenti nella compilazione e nell’invio della domanda è stato attribuito ai Centri di assistenza agricola (CAA). L’Health Check del 200985 prosegue sulla strada dell’implementazione del sostegno totalmente disaccoppiato. Presupposti per beneficiare degli aiuti sono: la qualifica di “agricoltore attivo”; la disponibilità di terreni (non necessariamente di proprietà ma di cui si abbia la disponibilità sulla base di un contratto d’affitto, di una concessione amministrativa etc.); la disponibilità di “diritti all’aiuto” ed il
rispetto delle norme di condizionalità.86
Il pacchetto legislativo del 2013, avente ad oggetto la nuova PAC, è composto da sei regolamenti base.87 Per quanto di interesse la disciplina del I pilastro della PAC è dettata dal regolamento (UE) n. 1306/2013 (sul finanziamento, sulla gestione e sul monitoraggio della politica agricola comune) e dal regolamento (UE) n. 1307/2013 (sui pagamenti diretti agli agricoltori nell’ambito dei regimi di sostegno previsti dalla politica agricola comune).
Nel 2014 la Commissione ha approvato ulteriori regolamenti di attuazione tra cui, per ciò che concerne il I pilastro, il regolamento (CE)n. 639/2014 che integra il regolamento (UE) n. 1307/2013 e modifica l’al- legato X di tale regolamento; il regolamento (CE) n. 640/2014 che integra il regolamento (UE) n. 1306/2013 con riguardo al sistema integrato di gestione e di controllo e le condizioni per il rifiuto
84 Art. 44 regolamento (CE) n. 1782/2003 del Consiglio.
85 Regolamento (CE) n. 73/2009 del Consiglio.
86 Art. 4 ss. regolamento (CE) n. 73/2009 del Consiglio.
87 Regolamento (UE) n. 1305-1306-1307-1308-1309-1310/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio.
o la revoca di pagamenti nonché le sanzioni amministrative applicabili ai pagamenti diretti, al sostegno allo sviluppo rurale e alla condizionalità ed i regolamenti (CE)
n. 641/2014 e 809/2014 che recano rispettivamente le modalità di applicazione dei regolamenti (UE) n. 1307/2013 e 1306/2013.
Il regolamento “Omnibus” del 201788 ha introdotto una serie di modifiche ai regolamenti del 2013 senza alterarne la struttura portante.
2. L’Agenzia per le erogazioni in agricoltura ed i Centri di assistenza
agricola.
Il fondamentale compito di gestire e controllare le erogazioni del FEAGA è affidato dagli Stati membri ad organismi pagatori (OP) e di controllo (OC) individuati sulla base dei criteri previsti dal legislatore europeo.89
Dal 1963, anno in cui è scoppiato il c.d. scandalo delle banane che ha portato allo scioglimento della Regia azienda monopolio banane (RAMB), al 1999 l’attuazione dei regolamenti della CEE relativi all’organizzazione del mercato agricolo è stata attribuita all’Azienda di Stato per gli interventi sul mercato agricolo (AIMA).
Con le riforme Xxxxxxxxx del 1999, al fine di rendere maggiormente efficaci ed incisivi gli interventi nel settore agricolo, si è proceduto alla soppressione dell’AIMA ed all’istituzione dell’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA). Trattasi di un Ente di diritto pubblico non economico dotato di autonomia statutaria, regolamentare, organizzativa, amministrativa e finanziaria e sottoposto alla vigilanza del Ministero per le politiche agricole.90
Oggi in Italia la struttura amministrativa preposta alla gestione dei finanziamenti del FEAGA è frammentata in più amministrazioni nazionali,
88 Regolamento (UE) n. 2393/2017 del Parlamento europeo e del Consiglio.
89 Art. 7 regolamento (UE) n. 1306/2013 e regolamento di esecuzione (UE) n. 908/2014 della Commissione.
90 Art. 2 D.Lgs. n. 165/1999.
regionali e provinciali. In Italia vi sono 11 organismi pagatori, di cui 8 operano a livello regionale.91
Per lo svolgimento della sua missione istituzionale AGEA si avvale dei Centri di Assistenza Agricola (CAA) ai quali è demandato lo svolgimento di importanti funzioni. I CAA, pur essendo soggetti formalmente privati, sulla base di apposita convenzione con l’OP istruiscono le domande uniche di pagamento (DUP), redigono la scheda di validazione, formano e custodiscono il fascicolo aziendale, inseriscono le DUP ed i trasferimenti dei titoli nel Sistema informatico agricolo nazionale (SIAN). Gli OP possono incaricare i CAA ad effettuare, per conto dei propri utenti e sulla base di specifico mandato scritto, le seguenti attività: tenere ed eventualmente conservare le scritture contabili; assisterli nella elaborazione delle dichiarazioni di coltivazione e di produzione, delle domande di ammissione a benefici comunitari, nazionali e regionali e controllare la regolarità formale delle dichiarazioni immettendone i relativi dati nel sistema informativo attraverso le procedure del SIAN; interrogare le banche dati del SIAN ai fini della consultazione dello stato di ciascuna pratica relativa ai propri associati; accertare ed attestare, a prescindere dalla suddetta convenzione, nell’ambito delle competenze loro assegnate dalla legge, fatti o circostanze di ordine meramente tecnico concernenti situazioni o dati certi relativi all’esercizio dell’attività di impresa.92
In tal caso i CAA hanno “la responsabilità della identificazione del produttore
e dell’accertamento del titolo di conduzione dell’azienda, della corretta immissione
dei dati, del rispetto per quanto di competenza delle disposizioni dei regolamenti
91 ARTEA per la Regione Toscana; AGREA per la Regione Xxxxxx-Romagna; AVEPA per la Regione Veneto; ARCEA per la Regione Calabria; ARPEA per la Regione Piemonte; SAISA - Agenzia delle Dogane - per le restituzioni alle esportazioni; Ente Nazionale Risi per il riso; Xxxxxxx Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxxx xxx xx Xxxxxxx Xxxxxxxxx; Xxxxxxxxx xxxxxxxx xx Xxxxxxx - Xxxx Xxxxx; APPAG Trento; AGEA per tutte le Regioni (es. Sicilia) che non hanno costituito un proprio Organismo Pagatore e per tutte le alte funzioni non attribuite agli altri Organismi pagatori.
92 Art. 0 xxx x. 0 X.xxx. x. 000/0000.
(XX) n. 1287/95 e n. 1663/95, nonché la facoltà di accedere alle banche dati del
SIAN, esclusivamente per il tramite di procedure di interscambio dati”.93
Nel 2008, con decreto ministeriale 27 marzo 2008,94 è stata riformata la disciplina dei CAA, con l’adozione di una specifica regolamentazione delle attività, delle funzioni, dei requisiti richiesti per il loro funzionamento.
L’art. 2 c. 1 lett. c) prevede che i CAA, oltre alle attività di servizio di cui all’art. 3 bis c. 1 lett. a), b), c) del D.Lgs. n. 165/1999 ed agli ulteriori servizi e attività convenzionalmente affidate dalle regioni, dalle province autonome e da altri soggetti pubblici, possano svolgere attività di verifica nella fase istruttoria delle istanze relative all’esercizio dell’attività agricola presentate per il tramite dei CAA,95 secondo quanto previsto dal successivo comma 4 della medesima disposizione, avente ad oggetto la completezza documentale ed, in particolare, relativa- mente agli “adempimenti delle imprese agricole previsti dalla normativa comunitaria e nazionale in materia di sicurezza alimentare e di igiene degli alimenti, nei limiti di applicabilità al settore agricolo di tale normativa; le istanze di concessione alle imprese agricole dei contributi sui premi assicurativi e degli interventi compensativi, nonché la sotto- scrizione di polizze assicurative collettive, di cui al decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102; l’adempimento degli obblighi in materia di tutela del territorio e di salvaguardia dell’ambiente”. I CAA, per le attività di servizio di cui all’art. 0 xxx x. 0 xxxx. x), x), c) e c. 4 del D.Lgs. n. 165/1999, continuano ad essere responsabili dell’identificazione del produttore e dell’accertamento dell’esistenza del titolo di conduzione dell’azienda, della corretta immissione dei dati, del rispetto per quanto di competenza delle disposizioni comunitarie. Xxxxx, inoltre, la facoltà di accedere alle banche dati del SIAN esclusivamente per il tramite di procedure di interscambio dati.
93 Art. 3 bis c. 3 D.lgs. n. 165/1999.
94 D.M. Mipaaf 27 marzo 2008, Riforma dei centri autorizzati di assistenza agricola (GU Serie Generale n. 106 del 7 maggio 2008).
95 Art. 14 c. 6 D.lgs. n. 99/2004.
In numerosi casi di frodi è emerso che alcuni funzionari infedeli di questi centri non effettuavano con la dovuta solerzia i controlli richiesti e consentivano a terzi l’accesso al sistema informatico per poter individuare i terreni sui quali non erano ancora state presentate domande per ottenere gli aiuti europei.96
Nell’esercizio delle loro funzioni gli operatori ed i legali rappresentanti dei CAA, poiché gli sono delegati poteri certificativi, 97 sono pubblici funzionari ex art. 357 c. 2 c.p.98. Per tale ragione nel caso di omissione dei dovuti controlli potranno essere chiamati a concorrere nel delitto di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico (art. 483 c.p.) nella forma del concorso omissivo di cui all’art. 40 c. 2 c.p.. Qualora, invece, attestino falsamente la conformità della documentazione inserita nel fascicolo aziendale alla normativa tecnica di settore ed alle circolari AGEA, potranno essere ritenuti responsabili del delitto di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici (art. 479 c.p.) con applicazione della pena prevista dal secondo comma dell’art. 476 c.p.. Secondo quanto stabilito dall’art. 25 c. 2 del D.L. n. 5/2012,99 infatti, i dati relativi alla azienda agricola contenuti nel fascicolo aziendale elettronico100 fanno fede nei con- fronti delle pubbliche amministrazioni per i rapporti che il titolare della azienda agricola instaura ed intrattiene con esse.
L’AGEA, oltre a svolgere una funzione di coordinamento e di organismo pagatore dello Stato italiano per l’erogazione di aiuti, con- tributi e premi finanziati dai Fondi dell’Unione europea per le regioni che non si sono dotate di un proprio OP (tra cui la Xxxxxxx Xxxxxxx),000 è chiamata a sostituirsi nella funzione di controllo
96 PARLAMENTO EUROPEO, Interrogazione con richiesta di risposta scritta alla Commissione Articolo 130 del regolamento E-007661-16, 11 ottobre 2016.
97 Validano il fascicolo aziendale, controllano che la documentazione ivi con- tenuta sia formalmente corretta ed inseriscono la DUP nel sistema informatico SIAN.
98 Tale disposizione statuisce che “è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di
diritto pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della P.A. o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi”.
99 Convertito con modificazioni dalla L. n. 35/2012.
100 Di cui all’art. 9 del d.P.R. n. 503/1999 e all’articolo 13 del d.lgs. n. 99/2004.
101 Art. 4 d.lgs. n. 74/2018.
alla soppressa Agecontrol S.p.a..102 Nello specifico l’AGEA dovrà porre in essere i controlli e le verifiche di secondo livello su: le attività istruttorie e le verifiche d’ammissibilità e di conformità sulle domande di aiuto inoltrate tramite i CAA sulla base delle deleghe degli OP; le verifiche di primo livello già svolte dalle Regioni e Province; i controlli ex post sulla regolarità delle operazioni relative al sistema di finanziamento.
3. I requisiti.
Al fine di poter presentare la domanda ed ottenere gli aiuti il richiedente dovrà essere in possesso di determinati requisiti.
In particolare, il legislatore europeo ha previsto che i finanziamenti del FEAGA possono essere erogati a favore di coloro che:
1) hanno la qualifica di agricoltore in attività; 103
2) detengono in proprietà o in affitto diritti all’aiuto104 ed una superficie ammissibile su cui poter applicare i titoli;
3) rispettano gli obblighi di condizionalità:
- CGO - Criteri di Gestione Obbligatoria;105
- BCAA - Buone Condizioni Agronomiche ed Ambientali;106
- Greening 107(inverdimento):
o quadro C1 - diversificazione delle colture;
o quadro C2 - prati permanenti;
o quadro C3 - aree di interesse ecologico.
102 Art. 16 d.lgs. n. 74/2018.
103 Art. 9 regolamento (UE) n. 1307/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio.
104 Art. 21 regolamento (UE) n. 1307/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio.
105 COMMISSIONE EUROPEA, Condizionalità. Collegare il sostegno al red- dito al rispetto delle norme dell’Unione europea. xxxxx://xx.xxxxxx.xx/xxxx/xxxx-xxxxx ng-fisheries/key-policies/common- agricultural-policy/income-support/cross-complian xx.xx
106 All. II regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio.
107 Artt. 43-47 regolamento (UE) n. 1307/13 del Parlamento europeo e del Consiglio.
In base alle scelte nazionali adottate, dal 2015 sono disponibili, in Italia, cinque tipologie di pagamento: il pagamento di base (al quale è destinato il 58% del massimale nazionale); il pagamento per le pratiche agricole benefiche per il clima e l’ambiente “greening” (30%); il pagamento per i giovani agricoltori (1%); il pagamento accoppiato (11%) ed il pagamento per i piccoli agricoltori.
3.1 Agricoltore attivo ed attività agricola minima.
L’art. 9 par. 1 del regolamento (UE) 1307/2013 individua il c.d. criterio soggettivo e stabilisce che “non sono concessi pagamenti diretti a persone fisiche o giuridiche, o ad associazioni di persone fisiche o giuridiche, le cui superfici agricole sono principalmente superfici mantenute naturalmente in uno stato idoneo al pascolo o alla coltivazione e che non svolgono su tali superfici l’attività minima definita dagli Stati membri a norma dell’articolo 4, paragrafo 2, lettera b)”.
L’art. 4 par. 1 del citato regolamento, alle lett. a) e c), contiene rispettivamente
le definizioni di “agricoltore” e di “attività agricola”.
Per “agricoltore” deve intendersi “una persona fisica o giuridica o un gruppo di persone fisiche o giuridiche, indipendentemente dalla personalità giuridica conferita dal diritto nazionale a detto gruppo e ai suoi membri, la cui azienda è situata nell’ambito di applicazione territoriale dei trattati ai sensi dell’articolo 52 TUE in combinato disposto con gli articoli 349 e 355 TFUE e che esercita un’attività agricola”.
Per “attività agricola” si intende:
I. “la produzione, l’allevamento o la coltivazione di prodotti agricoli, compresi la raccolta, la mungitura, l’allevamento e la custodia degli animali per fini agricoli,
II. “il mantenimento di una superficie agricola in uno stato che la rende
idonea al pascolo o alla coltivazione senza interventi preparatori che
vadano oltre il ricorso ai metodi e ai macchinari agricoli ordinari, in base a criteri definiti dagli Stati membri in virtù di un quadro stabilito dalla Commissione,
III. lo svolgimento di un’attività minima, definita dagli Stati membri, sulle superfici agricole mantenute naturalmente in uno stato idoneo al pascolo o alla coltivazione”.
La medesima disposizione prosegue stabilendo che per essere considerato “agricoltore in attività” il richiedente dovrà fornire prove verificabili idonee a dimostrare la sussistenza di almeno una delle seguenti condizioni: 108
a) l’importo annuo dei pagamenti diretti è almeno pari al 5 % dei proventi totali ottenuti da attività non agricole nell’anno fiscale più recente per cui sono disponibili tali prove;
b) le sue attività agricole non sono insignificanti;
c) la sua attività principale o il suo oggetto sociale è l’esercizio di un’attività agricola.
L’Italia ha previsto che il criterio da utilizzarsi per individuare la figura dell’agricoltore attivo è quello della Partita IVA attiva in campo agricolo.109 Con il successivo D.M. n. 1420/2015 si è precisato che, nel caso in cui la partita IVA sia stata attivata dopo il primo agosto 2014 oppure in assenza di partita IVA, per dimostrare il requisito di agricoltore attivo è necessario, secondo quanto stabilito all’articolo 13, par. 2 e 3 del regolamento di attuazione delegato (CE) n. 639/2014 della Commissione, dimostrare l’esistenza di almeno una delle seguenti condizioni: o che l’importo annuo dei pagamenti diretti sia pari ad almeno il 5% dei proventi totali ottenuti da attività non agricole; o che l’importo totale dei proventi ottenuti da attività agricole sia pari ad un terzo dell’importo totale dei proventi ottenuti; o che l’attività agricola, per essere considerata l’attività principale o l’oggetto sociale
108 Art. 4 par. 2 c.3 regolamento (UE) n. 1307/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio.
109 Art. 3 D.M. n. 6513/2014.
di una persona giuridica, sia registrata come attività principale o oggetto sociale nel registro delle imprese o in base ad altra prova ufficiale equivalente.
Il D.M. n. 5465/18 ha abrogato il precedente D.M. n. 1420/15, affiancando al criterio della Partita Iva quello dell’iscrizione all’INPS come coltivatore diretto, imprenditore agricolo professionale, colono o mezzadro.110 È previsto, inoltre, che le persone fisiche e giuridiche non dovranno dimostrare la sussistenza del requisito dell’iscrizione all’INPS o della Partita IVA quando, nell’anno precedente, abbiano percepito pagamenti diretti per un ammontare massimo di 5.000 € per le aziende le cui superfici agricole sono ubicate per più della metà dell’estensione in zone svantaggiate e/o di montagna, o di 1.250 € negli altri casi.
La Commissione europea ha stabilito che, ai fini dell’art. 4 par. 1 lett. c) punto
iii) del regolamento (UE) 1307/2013, è necessario che l’agricoltore svolga almeno un’attività annuale.111
Con le richiamate disposizioni il legislatore europeo ha rimesso agli Stati
membri l’esatta definizione di “attività agricola minima”.
Lo Stato italiano, con l’art. 2 c. 1 lett. b) del D.M. n. 6513/2014, ha stabilito che per soddisfare il requisito di “attività agricola minima” è sufficiente porre in essere almeno una pratica colturale ordinaria con cadenza annuale, fermo restando il rispetto dei criteri di condizionalità. Qualora vi siano particolari esigenze ambientali potranno essere individuate le superfici naturalmente mantenute sulle quali è consentito che l’attività agricola sia svolta ad anni alterni.
L’art. 3 del D.M. n. 1420/2015 ha specificato che “le superfici agricole mantenute naturalmente sono individuate nei prati permanenti caratterizzati da vincoli ambientali che ne consentono la conservazione anche in assenza di pascolamento o di qualsiasi altra operazione colturale”. Nel caso in cui siano sottoposte “a particolari vincoli ambientali, in termini di pendenza, altimetria e
110 Art. 3 c. 1 lett. a) D.M. n. 5465/18.
111 Art. 4 regolamento delegato (UE) n. 639/2014 della Commissione europea.
ridotta produttività che non consentono, annualmente, lo sfalcio o lo svolgimento di altre operazioni colturali diverse dal pascolamento, il pascolo su tali superfici è effettuato, con uno o più turni annuali di durata complessiva di almeno sessanta giorni”. Si stabilisce, infine, che l’attività di pascolamento non è obbligatoria “qualora l’agricoltore sia in grado di dimostrare di aver effettuato almeno uno sfalcio all’anno ovvero altra operazione colturale volta al migliora- mento del pascolo”.
L’art. 4 c. 3 del D.M. n. 5465/18 ricomprende il pascolamento tra le attività agricole di cui all’art. 4 par. 1 lett. c) punto i) del regolamento (UE) n. 1307/2013 allorquando sia esercitato con uno o più turni annuali di durata complessiva di almeno sessanta giorni e con una densità di bestiame, riferita all’anno di presentazione della domanda, non inferiore a 0,2 unità di bovino adulto (UBA) per ettaro.
A partire dalla campagna 2019112 è stata introdotta un’importante novità sulla gestione dei pascoli. Nello specifico si richiede che le superfici utilizzate a pascolo, per poter essere ammesse ai pagamenti diretti della PAC, siano oggetto di almeno una delle seguenti attività agricole: pascolamento, sfalcio o altra operazione colturale in grado di mantenere la superficie in uno stato idoneo al pascolo. Qualora il mantenimento delle superfici destinate a pascolo sia eseguito con modalità diverse dal pascolamento, il beneficiario deve obbligatoriamente depositare idonea documentazione comprovante l’esecuzione dell’attività stessa (ad es. foto, fatture etc.). L’assenza della documentazione determina l’inammissibilità delle suddette superfici.
3.2 Diritti all’aiuto e superficie ammissibile.
112 AGEA, circolare AGEA n. 9020 del 4 febbraio 2019-
xxxxx://xxx.xxxx.xxx.xx/xxxxxx/xxx/xxxxxx/xxxx/0/0000000.XXX.
Al momento della presentazione della DUP i richiedenti, al fine di ottenere il pagamento dell’importo fissato nel diritto all’aiuto, devono abbinare un ettaro di superficie ammissibile a ciascun diritto.113
I diritti all’aiuto, che rappresentato la quota del sussidio da corrispondere a ciascun agricoltore, sono stati introdotti dall’art. 43 del regolamento (CE) 1782/2003, ed il loro valore iniziale è stato determinato sulla base del c.d. “metodo storico”. Nello specifico, per attribuire un valore a ciascun titolo, si è proceduto alla divisione tra la somma degli aiuti che l’agricoltore ha percepito in un periodo di riferimento ed il numero medio di ettari utilizzati nello stesso periodo (in Italia il triennio dal 2000 al 2003).114
I titoli storici sono scaduti il 31 dicembre 2014.115 Il numero dei nuovi diritti all’aiuto è pari al numero di ettari ammissibili che ogni agricoltore ha indicato nella domanda PAC 2015, mentre il loro valore è fissato sulla base dei pagamenti percepiti dall’agricoltore nel 2014.
Il valore dei titoli della nuova PAC 2014-2020 risulta notevolmente più basso considerato che il pagamento unico aziendale, a partire dal 1 gennaio 2015, è stato sostituito da un sistema di pagamenti diretti. Il valore dei diritti all’aiuto, infatti, rappresenta soltanto il pagamento di base cui potranno aggiungersi il pagamento verde ed il pagamento per i giovani agricoltori (che devono essere obbligatoriamente previsti dagli Stati membri).
Gli artt. 5, 6 e 7 del D.M. n. 1420/15 individuano le modalità di calcolo del valore unitario iniziale dei diritti all’aiuto (VUI), le modalità di calcolo del valore unitario nazionale. Al VUI dei diritti all’aiuto calcolato per l’anno di domanda 2015, si applica la convergenza ai sensi dell’articolo 25 par. 4 e 7 del regolamento (UE) 1307/2013.116 L’ordinamento italiano, al fine di dare attuazione al meccanismo della
113 Art. 44 par. 1 regolamento (CE) n. 1782/2003.
114 Art. 38 regolamento (CE) n. 1782/2003.
115 Art. 21 par. 2 regolamento (UE) n. 1307/2013.
116 Art. 9 c.1 D.M. n. 5465/18.
convergenza interna dei valori entro il 2019, ha adottato il c.d. “metodo irlandese”:117 i titoli con un valore inferiore al 90% della media nazionale vengono progressivamente rivalutati per un terzo della differenza fra il loro valore e la suddetta soglia del 90%; i titoli con valore superiore alla media saranno ridotti per un importo fino al 30% del valore attuale.
Per ciò che concerne la natura giuridica del diritto all’aiuto è possibile affermare che si tratta di un bene mobile immateriale registrato.118 A fondamento di tale qualificazione giuridica si pongono due considerazioni.
In primo luogo, i diritti all’aiuto sono trasferibili, anche senza terra. Il trasferimento può avvenire unicamente a favore di un agricoltore in attività,119 qualità che non è richiesta nel caso di successione effettiva o anticipata. In questa ipotesi, inoltre, non è previsto che l’agricoltore che riceve il diritto sia stabilito nello stesso Stato membro ma, in ogni caso, il diritto potrà essere attivato soltanto nello Stato in cui è stato assegnato. Le fattispecie che possono dar luogo al trasferimento del titolo sono diverse e sono disciplinate da AGEA.120
Il trasferimento, che deve avvenire mediante atto scritto, deve essere comunicato a pena di inopponibilità all’OP competente entro il termine previsto dall’organismo di coordinamento. Quest’ultimo, a sua volta, ricevuta la predetta comunicazione procederà alla registrazione del trasferimento nel Registro Nazionale dei Titoli (RNT),121 consultabile attraverso i servizi del SIAN, nel quale vanno inscritti, per ogni agricoltore intestatario, i relativi titoli “identificati univocamente e distinti per tipologia e valore”. Il Registro risponde ai requisiti
117 Art. 7 D.M. n. 1420/17.
118 LO GERFO F., La Politica Agricola Comune, Roma, 23 maggio 2018.
119 Art. 34 regolamento (UE) n. 1307/2013.
120 AGEA, circolare AGEA n. 89117 del 21 novembre 2017.
xxxxx://xxx.xxxx.xxx.xx/xxxxxx/xxxx/xxxxxx/XXXXXxxxXxxxx/XxxxxxxxxXxxx/Xxxxxxxxx/Xxxxxxxxx
%20AGEA.2017.%20%20del%20trasferimento%20titoli.pdf
121 Art. 12 D.M. n. 5465/2018.
richiesti dall’art. 21 del regolamento (CE) 1782/2003 e dall’art. 7 del regola- mento (CE) 796/2004 della Commissione.
La seconda ragione si rinviene nelle disposizioni civilistiche che disciplinano il pegno. L’art. 18 del D. Lgs. n. 102/2004 consente agli imprenditori agricoli, singoli o associati, di costituire in pegno122 le quote di produzione e i diritti di reimpianto della propria azienda per garantire l’adempimento delle obbligazioni contratte nell’esercizio del- l’impresa agricola.
Per ettaro di superficie ammissibile si fa riferimento alla porzione di superficie agricola aziendale che viene abbinata al diritto all’aiuto al fine di ricevere il pagamento unico aziendale (PUA).
L’art. 4 par. 1 lett. e) del regolamento (UE) 1307/2013 definisce la superficie agricola come “qualsiasi superficie occupata da seminativi, prati permanenti e pascoli permanenti, o colture permanenti”. Il successivo art. 32 par. 2 afferma che per ettaro ammissibile deve intendersi qualsiasi superficie agricola dell’azienda destinata per attività agricole o, qualora la superficie sia utilizzata anche per attività non agricole, prevalentemente sfruttata per attività agricole. A tal fine si richiede che l’esercizio di tali attività agricole non sia “seriamente ostacolato dall’intensità, dalla natura, dalla durata e dal calendario delle attività non agricole”.123 Gli Stati membri hanno la facoltà di predisporre un elenco delle superfici che sono utilizzate prevalentemente per attività non agricole. L’art. 5 c. 5 del D.M. n. 5465/18, in applicazione dell’art. 32 par. 2 del regolamento (UE) 1307/2013, consente che sugli ettari ammissibili, fermo restando il prevalente utilizzo per attività agricole, sia svolta un’attività non agricola purché: non occupi la superficie agricola interferendo con l’ordinaria attività agricola per un periodo superiore a sessanta giorni; non utilizzi strutture permanenti che inter- feriscono con lo svolgimento
122 Ai sensi dell’art. 2806 c.c. (pegno di diritti diversi dai crediti).
123 Art. 32 par. 3 lett. a) regolamento (UE) n. 1307/2013.
dell’ordinario ciclo colturale e consenta il mantenimento di buone condizioni agronomiche e ambientali.
Con l’art. 10 par. 1 lett. b) del regolamento (UE) n. 1307/2013 il legislatore europeo ha lasciato liberi gli Stati membri di decidere se concedere pagamenti diretti nel caso in cui la superficie ammissibile dell’azienda per la quale sono richiesti o devono essere concessi i pagamenti diretti, prima dell’applicazione dell’art. 63 del regolamento (UE) n. 1306/2013, sia inferiore a un ettaro.
3.3 Gli obblighi di condizionalità e le forme di sostegno accoppiato.
Al fine di ottenere un corretto equilibrio tra la produzione agricola competitiva ed il rispetto della natura e dell’ambiente il legislatore europeo stabilisce che il richiedente, per poter accedere ai contributi comunitari, rispetti una serie di norme e regole.
Una prima forma di condizionalità, introdotta dall’art. 5 del regolamento (CE)
n. 1257/99, subordinava il sostegno agli investimenti nelle aziende agricole da parte del FEAOGA alla dimostrazione di redditività, al rispetto dei requisiti minimi in materia di ambiente, igiene e benessere degli animali ed al possesso di conoscenze e competenze professionali adeguate da parte dell’imprenditore agricolo.
A partire dal 2005, a seguito della riforma Xxxxxxx, gli agricoltori beneficiari di pagamenti diretti sono soggetti alla condizionalità obbligatoria.124
Tale condizionalità, introdotta dagli artt. 3 ss. del regolamento (CE) n. 1782/2003, impone agli agricoltori di rispettare i criteri di gestione obbligatori (CGO) e di mantenere la terra in buone condizioni agronomiche e ambientali (BCAA).
Nell’Allegato III, avente ad oggetto i criteri di gestione obbligato- ria di cui agli artt. 3 e 4 del regolamento, è individuato un quadro di norme relative alla sanità
124 Regolamento (CE) n. 1782/2003 del Consiglio e regolamento (CE) n. 796/2004 della Commissione.
pubblica, alla salute delle piante e degli animali, all’ambiente ed al benessere degli
animali.
Nell’Allegato IV, relativo alle buone condizioni agronomiche e ambientali di cui all’art. 5, è contenuto un elenco di norme volte al raggiungimento di un determinato obiettivo.
La condizionalità è stata confermata nel suo impianto generale, seppur con
alcune novità, dall’Health Check del 2009.
Il sopra richiamato regolamento (CE) n. 1782/2003 è stato abrogato dal regolamento (CE) n. 73/2009 il cui art. 4 sancisce il principio generale della condizionalità in virtù del quale “ogni agricoltore beneficiario di pagamenti diretti ottempera ai criteri di gestione obbligatori elencati nell’allegato II e alle buone condizioni agronomiche e ambientali di cui all’art. 6”.
Come accennato in precedenza, a partire dalla programmazione 2014-2020, il pagamento unico aziendale è stato sostituito da un sistema di pagamenti diretti che prevede sette componenti, di cui tre devono obbligatoriamente essere introdotte dagli Stati membri. Le componenti obbligatorie sono: il pagamento di base, il pagamento addizionale per clima e ambiente “greening”, il pagamento addizionale per i giovani agricoltori. Quelle facoltative sono: il pagamento redistributivo per i primi ettari, il pagamento addizionale per agricoltori in aree con limitazioni naturali, il pagamento associato alla produzione di specifiche colture o in specifici territori, ed il pagamento per i piccoli agricoltori.125
In Italia sono disponibili cinque tipologie di pagamenti:126
1) il pagamento di base, cui è riservato il 58% del massimale nazionale, è erogato a favore degli agricoltori in attività che rispettino i CGO e le BCAA.
125 Regolamento (UE) n. 1307/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio.
126 D.M. n. 5465/2018.
2) il c.d. pagamento verde (greening), destinatario del 30% del massimale nazionale, è rivolto agli agricoltori che attuino pratiche agricole benefiche per il clima e l’ambiente. Attraverso il greening, disciplinato agli artt. 43- 47 del regolamento (UE) n. 1307/2013, si lega una quota dei pagamenti diretti127 ad alcune pratiche agricole ritenute positive per l’ambiente. A tali disposizioni è stata data applicazione dal Titolo III Capo II del D.M. n 5465/2018. L’art. 43 par. 1 del regola- mento (UE) 1307/2013 subordina il pagamento verde all’attuazione di pratiche agricole benefiche per il clima e l’ambiente. Tali pratiche sono individuate dai successivi par. 2 e 3 della medesima disposizione e consistono: nella diversificazione delle colture, nel mantenimento di prati permanenti, nell’avere un’area di interesse ecologico sulla superficie agricola (EFA-Ecological Focus Area) e nel porre in essere altre pratiche equivalenti che generano un beneficio per il clima e l’ambiente di livello equivalente o superiore.
3) il pagamento per i giovani agricoltori, calcolato con le modalità indicate
dall’art. 50 par. 6 lett. a) del regolamento (UE) n. 1307/2013, cui è destinato l’1% del massimale nazionale in applicazione dell’art. 51 par. 1 del medesimo regolamento.
4) il pagamento accoppiato alla produzione fino ad un massimo del 13% del massimale nazionale.128 Il legislatore europeo, nonostante la riforma del 2003 abbia decretato il passaggio a una forma di sostegno totalmente disaccoppiata, ha dato la facoltà agli Stati membri di concedere un sostegno accoppiato agli agricoltori.129 I settori per i quali può essere concesso il sostegno accoppiato, in attuazione dell’art. 52 par. 2 del regolamento 1307/2013, sono individuati dall’art. 19 c. 1 del D.M. n.
127 L’art. 47 regolamento (UE) n. 1307/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio stabilisce che
gli Stati membri destinano il 30% del massimale nazionale annuo.
128 Art. 53 par. 2 regolamento (UE) n. 1307/2013.
129 Art. 52 par. 1 regolamento (UE) n. 1307/2013.
5465/18. In particolare, tale contributo può essere erogato a favore dell’agricoltore la cui attività sia diretta alla produzione di latte, di carne bovina e ovi-caprina, di frumento duro, di colture proteiche e proteoleaginose, di riso, di barbabietola da zucchero, di pomodoro destinato alla trasformazione e di olio d’oliva.
5) 5il pagamento per i piccoli agricoltori che costituisce un regime semplificato e sostituisce tutti i pagamenti diretti. La partecipazione al regime è facoltativa e, a fronte di un contributo non superiore a 1.250 euro, è prevista una semplificazione degli oneri amministrativi, l’esenzione dall’obbligo di adottare le misure di inverdimento e l’esclusione dalle sanzioni per il mancato rispetto della condizionalità.
4. Il procedimento di erogazione degli aiuti.
Per la presentazione della domanda unica di pagamento l’agricoltore in attività deve costituire il fascicolo aziendale ai sensi dell’art. 9 del D.P.R. 1 dicembre 1999, n. 503, ovvero aggiornare o confermare le informazioni ivi contenute.130 Il fascicolo aziendale, la cui costituzione ed aggiornamento sono obbligatorie,131 è l’insieme dei documenti e delle informazioni essenziali relative ai soggetti che sono tenuti all’iscrizione all’anagrafe nazionale delle aziende agricole. In particolare, l’art. 3 c. 2 del D.M. n. 162/2015 individua il contenuto del fascicolo da cui dovrà risultare: la composizione strutturale, il piano di coltivazione, la composizione zootecnica, la composizione dei beni immateriali, le adesioni ad organismi associativi e l’iscrizione ad altri registri ed elenchi compresi i sistemi volontari di controllo funzionali all’ottenimento delle certificazioni.
130 Art. 11 c. 2 D.M. n. 5465/2018.
131 Art. 4 c. 1 D.M. n. 162/2015.
Nello specifico l’art. 7 c. 2 del D.M. n. 162/2015, in attuazione dell’art. 14 del regolamento di esecuzione (UE) 809/2014 della Commissione, stabilisce che il Fascicolo Aziendale dovrà contenere:
A) “l’identità del beneficiario;
B) i dettagli dei regimi di sostegno e/o di pagamento cui si riferisce;
C) l’identificazione dei titoli all’aiuto secondo il sistema di identificazione e di registrazione contemplato all’articolo 7 del Regolamento delegato (UE)
n. 640/2014 ai fini del regime di pagamento di base;
D) gli elementi atti a identificare in modo inequivocabile tutte le parcelle agricole dell’azienda, la loro superficie espressa in ettari arrotondata alla seconda cifra decimale, la loro ubicazione e, se del caso, ulteriori indicazioni circa l’uso delle parcelle agricole;
E) se del caso, gli elementi atti a identificare in modo inequivocabile le superfici non agricole per le quali è chiesto il sostegno nell’ambito delle misure di sviluppo rurale;
F) ove opportuno, ogni informazione certificata o documento giustificativo necessario a determinare l’ammissibilità al regime, criterio di selezione al regime ovvero alla misura di cui trattasi;
G) una dichiarazione da parte del beneficiario di avere preso atto delle condizioni inerenti ai regimi di aiuto in questione;
H) se del caso, l’indicazione da parte del beneficiario di essere incluso nell’elenco di soggetti di cui all’articolo 9, paragrafo 2, primo e secondo comma, del Regolamento (UE) n. 1307/2013”.
Il fascicolo aziendale, il cui contenuto deve essere sottoscritto dall’imprenditore dichiarante, fa fede nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni132 e costituisce un elemento essenziale del processo di semplificazione amministrativa per i procedimenti previsti dalla normativa
132 Art. 25 c. 2 D.L. n. 5/2012.
dell’Unione europea, nazionale e regionale. In particolare, in attuazione dell’art. 72 par. 3 del regolamento (UE) n. 1306/2013, è previsto che gli OP forniscano al richiedente o al suo delegato la domanda precompilata sulla base dei dati e delle informazioni registrate sull’Anagrafe e contenute nel Fascicolo Aziendale al fine di consentirgli di presentare una domanda di aiuto o di pagamento corretta.133
L’Organismo Pagatore è responsabile della tenuta del fascicolo aziendale dei soggetti iscritti all’Anagrafe che ricadono sotto la propria competenza ma può delegare tale compito ai CAA.134
La DUP deve essere presentata all’OP territorialmente competente, direttamente in forma telematica o per il tramite della propria posta elettronica certificata, ovvero tramite i CAA convenzionati con l’OP entro il termine fissato dagli Stati membri. L’ art. 11 c. 4 del D.M. n. 5465/18, secondo quanto stabilito dal regolamento (UE) 1306/2013, ha individuato il termine di presentazione della domanda il 15 maggio di ogni anno.
I pagamenti diretti non potranno essere erogati se l’importo da corrispondere, al netto di eventuali sanzioni e riduzioni ex art. 63 del regolamento (UE) 1306/2013, sia inferiore a 300 euro. 135 Se i paga- menti diretti per un dato anno civile risultino superiori a 150.000 euro la parte dell’importo eccedente tale soglia sarà ridotta del 50%. Se l’importo, nonostante la riduzione, venga oltrepassata la soglia dei 500.000 euro, la parte eccedente verrà ridotta del 100%136 (c.d. capping).
L’art. 72 par. 1 del reg. (UE) 1306/2013 dispone che la domanda di pagamento presentata annualmente debba indicare tutte le parcelle agricole dell’azienda (la cui dimensione non può essere inferiore a 0,3 ha), i diritti all’aiuto dichiarati ai fini della loro attivazione ed ogni altra informazione prevista dal regolamento o dallo Stato membro.
133 Art. 7 c. 1 D.M. n. 162/2015.
134 Art. 5 D.M. n. 162/2015.
135 Art. 4 D.M. n. 6513/2014; art. 6 D.M. n. 5465/2018.
136 Art. 5 c. 1 D.M. n. 6513/2014.
L’art. 5 del D.M. n. 5465/18 stabilisce che la dimensione minima della parcella agricola inserita nella DUP è pari a 0,2 ha. Il richiedente deve avere a disposizione gli ettari dichiari entro il termine di scadenza per la presentazione della domanda e, salvo casi di forza maggiore o circostanze eccezionale la superficie dichiarata dovrà essere conforme alla definizione di ettaro ammissibile di cui all’art. 32 par. 3 del regolamento (UE) n. 1307/2013.137
L’AGEA, in qualità di organismo di coordinamento, definisce annualmente le
informazioni che devono essere contenute nella domanda.138
Preliminarmente il richiedente dovrà indicare la finalità della domanda e, in particolare, indicare se si tratta di una domanda iniziale, di una domanda di modifica o di una comunicazione di ritiro.
Dalla DUP dovranno risultare i dati identificativi dell’azienda, le coordinate bancarie per il pagamento, la documentazione necessaria a dimostrare lo svolgimento di un’attività agricola, l’attivazione dei diritti all’aiuto o la richiesta di accedere alla riserva nazionale, l’indicazione delle superfici ammissibili e le informazioni specifiche per accedere al pagamento per i giovani agricoltori, per il pagamento verde etc.139
Alla DUP, inoltre, dovrà essere allegata apposita certificazione antimafia. Fino alla L. 161/2017, infatti, la Pubblica Amministrazione aveva l’obbligo di acquisirla soltanto per le erogazioni superiori a 150.000 euro. 140
Il D. Lgs. 159/2011 ha subito ulteriori modifiche in materia di documentazione antimafia ad opera del D.L. n. 148/2017, convertito con L. n.
137 Art. 5 c. 3 D.M. n. 5465/2018.
138 Art. 11 c. 3 D.M. n. 5465/2018.
139 AGEA, Guida alla compilazione della domanda unica-Raccolto 2018, Roma, 27 novembre 2017. xxxxx://xxx.xxxx.xxx.xx/xxxxxx/xxx/xxxxxx/ docs/1/6002208.PDF
140 AGEA, circolare AGEA n. 4435, del 22 gennaio 2018. xxxxx://xxx. xxxx.xxx.xx/xxxxxx/xxxx/xxxxxx/XXXXXxxxXxxxx/XxxxxxxxxXxxx/Xxxxxxxxx/xxxxxxx re%20antimafia%20word.pdf (avente ad oggetto la disciplina della “procedura per l’acquisizione delle certificazioni antimafia di cui al D. Lgs. 6 novembre 2011 n. 159 e successive modificazioni e integrazioni”).
172/2017. In particolare, tale novella ha innalzato da 0 a 5.000 euro il limite al di sotto del quale non è richiesta l’acquisizione della documentazione antimafia per ottenere fondi europei destinati all’agricoltura.
5. Il sistema integrato di gestione e controllo
Il legislatore europeo detta la disciplina dei controlli agli artt. 58 e ss. del regolamento (UE) n. 1306/2013.
L’art. 58 par. 2 del testo legislativo impone agli Stati membri l’istituzione di “un sistema di gestione e di controllo efficace per garantire il rispetto della legislazione che disciplina i regimi unionali di sostegno tendenti a minimizzare i rischi di causare un danno finanziario all’Unione”.
L’art. 60 del sopracitato regolamento dispone che i richiedenti, qualora sia accertata l’artificiosa creazione delle condizioni per l’ottenimento dei benefici in contrasto con gli obiettivi della legislazione euro unitaria, non potranno beneficiare delle erogazioni previste dalla legislazione settoriale agricola mentre il successivo art. 63 statuisce che il beneficiario, nel caso in cui a seguito dei controlli sia accertato che non sia in possesso dei requisiti di ammissibilità, non rispetti gli impegni o altri obblighi relativi alle condizioni di concessione del- l’aiuto, si vedrà negato il pagamento o revocato integralmente o parzialmente il sostegno e potranno essergli applicate le sanzioni amministrative eventualmente previste dalla legislazione settoriale agri- cola che saranno “proporzionate e graduate in funzione della gravità, della portata, della durata e della ripetizione dell’inadempienza constatata”. 141
Il pagamento diretto per superficie, che ricomprende “il regime di pagamento di base, il regime di pagamento unico per superficie e il pagamento ridistributivo di cui al titolo III, capo 1 del regolamento (UE) n. 1307/2013, il pagamento per
141 Art. 64 par. 5 regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio.
pratiche agricole benefiche per il clima e l’ambiente di cui al titolo III, capo 3 del regolamento (UE) n. 1307/2013, il pagamento per zone soggette a vincoli naturali di cui al titolo III, capo 4 del regolamento (UE) n. 1307/2013, il pagamento per i giovani agricoltori di cui al titolo III, capo 5 del regolamento (UE) n. 1307/2013, il sostegno accoppiato facoltativo di cui al titolo IV, capo 1, dove il sostegno è versato per ettaro, il pagamento specifico per il cotone di cui al titolo IV, capo 2, il regime per i piccoli agricoltori di cui al titolo V del regolamento (UE) n. 1307/2013” è sottoposto ad un sistema integrato di gestione e controllo (SIGC) istituito ed operativo in ogni Stato membro. 142
Tale sistema comprende:143 una banca dati informatizzata in cui “sono registrati, per ciascun beneficiario del sostegno di cui all’articolo 67, paragrafo 2, i dati ricavati dalle domande di aiuto e di pagamento”; un sistema di identificazione delle parcelle agricole “costituito sulla base di mappe, documenti catastali o altri riferimenti cartografici”; un sistema di identificazione e di registrazione dei diritti all’aiuto che consente “la verifica dei diritti e le verifiche incrociate con le domande di aiuto e con il sistema di identificazione delle parcelle agricole”; le domande di aiuto e le domande di pagamento in cui devono essere indicate le parcelle agricole dell’azienda, i diritti all’aiuto dichiarati ai fini della loro attivazione e ed ogni altra informazione prevista dal regolamento o richiesta dallo Stato membro; un sistema unico di registrazione dell’identità di ciascun beneficiario del sostegno che “garantisce l’identificazione di tutte le domande di aiuto e di pagamento presentate dallo stesso beneficiario”; un sistema integrato di controllo.
Tale sistema si compone di “controlli amministrativi sistematici su tutte le domande di aiuto e di pagamento” cui si affiancano i controlli in loco. I controlli amministrativi sulle domande di aiuto sono svolti dagli Stati membri per il tramite di organismi pagatori o di organismi da essi autorizzati a intervenire per proprio
142 Art. 67 regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio.
143 Art. 68 ss. regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio.
conto, per verificare le condizioni di ammissibilità all’aiuto. 144 I controlli amministrativi vengono completati dai controlli in loco effettuati a campione.145 La determinazione del campione su cui effettuare i controlli in loco di regola è casuale. Tuttavia, nei settori in cui è maggiore il rischio di errori, una parte del campione può essere individuata tenendo conto di tale rischio ed il livello dei controlli dovrà calibrato al fine di garantire un’efficiente gestione dei rischi.146
L’art. 24 del regolamento di esecuzione (UE) n. 809/2014 dispone testualmente che “i controlli amministrativi e i controlli in loco di cui al presente regolamento sono effettuati in modo da consentire di verificare con efficacia: l’esattezza e la completezza dei dati contenuti nella domanda di aiuto, nella domanda di sostegno, nella domanda di pagamento o in altra dichiarazione; il rispetto di tutti i criteri di ammissibilità, degli impegni e degli altri obblighi inerenti al regime di aiuto e/o alla misura di sostegno di cui trattasi, le condizioni in base alle quali l’aiuto e/o il sostegno o l’esenzione da tali obblighi sono concessi; i criteri e le norme in materia di condizionalità”. Il quarto paragrafo della disposizione, inoltre, subordina le ispezioni fisiche in campo all’inidoneità della fotointerpretazione di ortoimmagini (aeree o satellitari) di fornire risultati che consentano di trarre conclusioni definitive relativamente all’ammissibilità o alle dimensioni esatte della superficie.
Il Regolamento di esecuzione (UE) n. 746/2018 della Commissione, ad integrazione del precedente regolamento di esecuzione (UE) n. 809/2014, ha dato la facoltà agli Stati Membri di svolgere i controlli oggettivi attraverso un metodo alternativo definito “monitoraggio”147 che si sostanzia nell’utilizzo delle
144 In Italia l’autorità competente per la gestione del SIGC, ai sensi del D.L. n. 99/2004 è AGEA.
145 Art. 74 par. 1 regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio.
146 Art. 59 par. 2 e 5 regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio.
147 Art. 40 bis regolamento di esecuzione (UE) n. 809/2014 della Commissione.
informazioni dei satelliti Sentinel di Copernicus, integrate da quelle di EGNOS/Galileo con trattamento automatizzato.148
A partire dal 2018, con l’avvenuta soppressione di Agecontrol S.p.a., la funzione di controllo per tutte le regioni che non si sono munite di un proprio organismo pagatore è svolta direttamente da AGEA. 149
148 AGEA, circolare AGEA n. 43134/2019 del 14 maggio 2019.
xxxxx://xxx.xxxx.xxx.xx/xxxxxx/xxx/xxxxxx/xxxx/0/0000000.XXX
149 Art. 16 D.Lgs. n. 74/2018.
Capitolo III
La vicenda dei Nebrodi
Sommario: 1. La presenza mafiosa nel messinese; 2. Le origini della riforma del codice antimafia; 3. La squadra “dei vegetariani” e l’operazione Gamma- interferon; 4. Il Protocollo di legalità dei Nebrodi; 4.1. Ratio e natura giuridica dei protocolli di legalità; 4.2. La normativa antecedente alla l. 161/2017; 4.3. Il contenuto del Protocollo Antoci; 5. Il bando civetta e le prime interdittive; 6. La vicenda dell’Azienda Speciale Silvo Pastorale del Comune di Troina; 6.1. L’operazione Nebros II; 6.2. La Cassazione riconosce l’aggravante del “metodo mafioso”; 6.3. L’epilogo dell’attività investigativa; 7. L’applicazione retroattiva del Protocollo di legalità; 8. L’attentato al Presidente dell’Ente Parco dei Nebrodi; 9. La relazione della Commissione Antimafia dell’Assemblea Regionale Siciliana sull’attentato all’ex Presidente del Parco dei Nebrodi
1. La presenza mafiosa nel messinese
Fino agli anni Ottanta Messina era considerata una provincia “babba”, sarebbe a dire immune dalla presenza di organizzazioni criminali di tipo mafioso. All’inizio del secolo appena trascorso illustri studiosi del fenomeno avevano sostenuto l’esistenza di una “geografia della maffia” secondo la quale la criminalità organizzata risultava ben radicata nelle provincie occidentali ed in parte centrali dell’isola, sarebbe a dire in quelle economicamente meno sviluppate, ed inesistente nelle più ricche provincie orientali150. Oggi tale teoria può dirsi definitivamente superata in quanto è opinione ampiamente condivisa che la criminalità organizzata sia presente in tutti quei territori in cui si prospetta la possibilità di acquisire
150 DE XXXXXX XXXXXXXXX X., Maffia e delinquenza in Sicilia, Società editrice lombarda, Milano, 1900, in DALLA CHIESA F., Contro la mafia. I testi classici, Einaudi, Torino, 2010, p. 110.
ricchezza151. La ricchezza, piuttosto che costituire un presupposto negativo alla diffusione della criminalità organizzata, rappresenta il principale obiettivo cui essa aspira. Dal momento che la Sicilia è destinataria di un’ingente quantità di fondi europei volti ad incentivare lo sviluppo agricolo, per il cui ottenimento è necessario il possesso di terreni, non si può fare a meno di dedurre che anche in questo settore le cosche concentrano parte della loro attività criminale.
Nel 2014 l’allora Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Messina, il Xxxx. Xxxxx Xx Xxxxx, invitava a riconsiderare Cosa nostra messinese come una mafia autoctona e strutturata, che controlla in maniera sistematica il territorio e con una struttura gerarchica di tipo tendenzialmente piramidale152.
La collocazione geografica della Provincia di Messina, naturale crocevia di traffici, rapporti ed alleanze, consente alle consorterie messinesi di entrare in contatto con Cosa nostra palermitana, con Cosa nostra catanese e con la ’ndrangheta.
Sul versante occidentale è forte l’influenza di Cosa nostra palermitana. Diversi comuni del messinese, quali Mistretta, Xxxxxxx, Santo Stefano di Camastra, Capizzi e Caronia, sono inquadrati nel mandamento mafioso di San Xxxxx Castelverde. Sul fronte tirrenico, invece, continuano ad essere egemoni i barcellonesi i quali, nella gestione di alcune attività illecite, intrattengono rapporti con Cosa nostra catanese153.
151 XXXXXXX DE XXXX F., Summer School on Organized Crime “Mafia e informazione”, Milano, 14 settembre 2018.
152 COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA SUL FENOMENO DELLE MAFIE E SULLE ALTRE
ASSOCIAZIONI CRIMINALI, ANCHE STRANIERE, XVII legislatura, Doc. XXIII n. 38, Relazione conclusiva,
7 febbraio 2018, pag. 41.
xxxxx://xxx.xxxxxx.xx/_xxxx/xxx00/xxxxxx/xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx/XxxxxxXXxxxx/000/000/XXXXXX. pdf
153 DIA, Attività svolta e risultati conseguiti dalla Direzione investigativa antimafia. Relazione del
Ministro dell’Interno al Parlamento, Gennaio - Giugno 2018, pag. 112. xxxx://xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xxxxxxx.xxx.xx/xxxxxxxxxx/xxx/0000/0xxx0000.xxx
Secondo gli organi inquirenti la cabina di regia della mafia messinese, da circa un ventennio, si è spostata da Mistretta a Barcellona Pozzo di Gotto che, nonostante i numerosi arresti, continua ad essere il cuore della mafia tradizionale.
Spostandosi dalla Provincia alla Città di Messina si registra una situazione diversa. In questo contesto “si è sviluppata una criminalità organizzata che, a differenza di quella barcellonese, non è organicamente inserita in quello che definiamo ‘Cosa nostra’, anche se ne svolge tutte le attività (...). Questa criminalità (...) è molto simile a quella che era la realtà criminale di Catania prima dell’insediamento di una famiglia di Cosa nostra a opera di Xxxxxxxx Xxxxxxxxx”154. Dalle indagini e dai procedimenti nei confronti della criminalità organizzata messinese emerge, inoltre, la sua inclinazione ad investire il denaro in attività imprenditoriali e non nel più tradizionale mercato immobiliare. Il Dottore Xx Xxxxx affermava, infatti, che “i vertici dell’organizzazione mafiosa barcellonese (...) erano tutti imprenditori anche medio-grandi in tutti i settori. Insomma, la vocazione all’imprenditoria è una caratteristica tipica della provincia di Messina, per cui
studiando bene gli imprenditori si arriva anche ad altro”.
Anche la mafia dei Nebrodi, tradizionalmente ritenuta espressione di una
mafia arcaica e rurale, si è data all’attività imprenditoriale.
Il Parco dei Nebrodi si sviluppa per circa settanta km tra i Peloritani e le Madonie, tra il mar Tirreno e l’Etna. Con una estensione di circa 86.000 ettari è la più grande area protetta della Sicilia al cui interno ricadono ventiquattro Comuni facenti parte di tre diverse Province (Messina, Catania ed Enna).
Per diversi decenni Cosa nostra, riuscendo ad ottenere in concessione terreni demaniali destinati allo svolgimento di attività agricole o al pascolo, ha
154 COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA SUL FENOMENO DELLE MAFIE E SULLE ALTRE ASSOCIAZIONI CRIMINALI, ANCHE STRANIERE, XVII legislatura, Doc. XXIII n. 38, Relazione conclusiva, Relatrice: On. Xxxx Xxxxx, approvata dalla Commissione nella seduta del 7 febbraio 2018, pag. 41. xxxxx://xxx.xxxxxx.xx/_xxxx/xxx00/xxxxxx/xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx/XxxxxxXXxxxx/000/000/XXXXXX. pdf
illegittimamente sottratto il gran quantitativo di denaro che l’UE destina all’imprenditoria agricola, alla crescita economica ed allo sviluppo delle zone rurali dell’isola. I suoi membri, nonostante il penetrante controllo esercitato sul territorio e la forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo, all’occorrenza hanno fatto e continuano a fare uso della violenza e delle minacce. Gli omicidi, i furti, le estorsioni, gli abigeati ed i danneggiamenti che nel corso degli anni sono stati commessi nei confronti di agricoltori, allevatori e pubblici amministratori155 hanno alimentato un profondo stato di assoggettamento e di omertà tra gli abitanti del territorio i quali, al fine di evitare ritorsioni, sono costretti a cedere i propri terreni ed a non fare domanda per ottenere la gestione dei terreni demaniali156. Soltanto negli ultimi dieci anni sui Nebrodi sono stati commessi quattordici omicidi per i quali non è stato trovato alcun responsabile. Tra le vittime c’è anche un Sindaco di Cesarò che, secondo alcuni, aveva cominciato a verificare la situazione dei terreni157.
Alcuni l’hanno chiamata "mafia dei terreni"158, altri “mafia dei pascoli”159. In entrambi i casi le definizioni potrebbero risultare fuorvianti e parziali. È innegabile che dalla mafia del latifondo abbia ereditato la violenza e lo sfruttamento dei terreni come fonte di accumulazione della ricchezza. Tuttavia, è stata perfettamente in grado di adeguarsi al cambiamento dei tempi. Il controllo che esercita sul territorio e le competenze messe a sua disposizione da professionisti, pubblici funzionari ed amministratori le hanno consentito di far fruttare le occasioni di guadagno che si presentavano. È diventata una mafia potente, ricca e spregiudicata che, grazie alla
155ANSELMO N., ANTOCI G., La mafia dei pascoli, Rubettino, Cosenza, 2019, p. 21 ss.; OVAZZA M., CIARAMINTANO F. (a cura di), Il caso Xxxxxxxxx. Pascoli e mafia sui Nebrodi, Centro di studi ed iniziative culturali Xxx Xx Xxxxx, Xxxxxxx, 0000; MESSINA G., Le origini della mafia sui Nebrodi, Xxxxxxx Xxxxxxxxx Editore, Messina, 1995.
156 SENATO DELLA REPUBBLICA, Legislatura 17 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-03221. xxxx://xxx.xxxxxx.xx/xxxx/xxx/xxxxxxx/xxxxx.xxx?xxxxxxxxXxxxxxx&xxxx00&xxx000000
157 XXXXXXX X., XXXXXX G., La mafia dei pascoli, cit., p. 48.
158 SENATO DELLA REPUBBLICA, Legislatura 17 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-07008. xxxx://xxx.xxxxxx.xx/xxxx/xxx/xxxxxxx/xxxxx.xxx?xxxxxxxxXxxxxxx&xxxx00&xxx0000000 159ANSELMO N., ANTOCI G., La mafia dei pascoli, cit., p. 48.
gestione dei terreni, è riuscita a conseguire profitti superiori rispetto a quelli derivanti dal traffico di droga160 a fronte di un minimo rischio di andare incontro a sanzioni penali.
Nel maggio 2016 il Presidente del Parco dei Nebrodi, ideatore e promotore del Protocollo di legalità adottato nel marzo 2015, è stato vittima di un attentato mafioso. I boss, consapevoli dei danni che il Protocollo avrebbe causato ai loro sporchi affari, hanno reagito: per la prima volta dopo oltre vent’anni dalle stragi è stato preso di mira un uomo delle Istituzioni. A seguito di tale evento il Dottore Xx Xxxxx, in un’intervista rilasciata ad un quotidiano locale, affermava che in provincia di Messina stava rialzando la testa una terza mafia, quella nebroidea, storicamente più antica della mafia messinese e barcellonese161.
Lo Stato, come spesso accaduto nel corso della storia, è intervenuto a seguito di gravi fatti che sconvolgono l’opinione pubblica. Il contenuto del Protocollo di legalità, già esteso a tutte le provincie della Regione Sicilia nel settembre del 2016, è diventato legge dello Stato con la riforma del codice antimafia (d.lgs. 159/2011) introdotta dalla l. 161/2017.
2. Le origini della riforma del codice antimafia
Il xxxx. Xxxxxxxx Xxxxxx, Presidente del Parco dei Nebrodi dall’ottobre del 2013 al febbraio del 2018, è riuscito a comprende e far luce su un sistema che, per diversi anni, aveva consentito alle famiglie mafiose dei Nebrodi di intercettare i contributi europei per l’agricoltura.
Da un colloquio con il xxxx. Xxxxxxxxxx Xxxxxxx, Sindaco di Troina, e con il xxxx. Xxxxxxx Xxxxxxxxx, Dirigente del Commissariato di Sant’Agata di Xxxxxxxxx, apprende che molti agricoltori e allevatori del territorio erano oggetto di continui soprusi, minacce e rappresaglie collegate alla concessione in affitto di terreni
160 LUMIA G., Parco Nebrodi: affari gestione terreni pubblici superiori a traffico di droga, 23 maggio 2016. xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxx.xx/0000/xxxxx-xxxxxxx-xxxxxx-xxxxxxxx-xxxxxxx-xxxxxxxx-xxxxxxxxx- a-traffico-di-droga/
161 XXXXXXX X., XXXXXX G., La mafia dei pascoli, cit., p. 36.
demaniali. Terreni pubblici che, a fronte di un canone di affitto irrisorio, erano in grado di far fruttare centinaia di migliaia di euro grazie ai contributi elargiti da Bruxelles. Da quel giorno la sua vita è cambiata, ha deciso di non voltarsi dall’altra parte e di fare il suo dovere di amministratore della cosa pubblica.162
L’adozione del protocollo di legalità, avvenuta nel marzo 2015, è stata preceduta ed affiancata dall’azione repressiva posta in essere dal Commissariato di Polizia di Sant’Agata di Xxxxxxxxx. La “Squadra dei vegetariani”, tra il 2014 ed il 2015, ha fatto luce su una serie di reati connessi all’illegittima percezione di fondi europei quali l’abigeato, la macellazione clandestina ed i furti in agricoltura.163
Questa inaspettata ondata di legalità ha spinto i boss a reagire.
Nel novembre 2015 sono state intercettate due buste contenenti cinque proiettili calibro 9 indirizzate a Xxxxxxxx Xxxxxx e a Xxxxxxx Xxxxxxxxx.
Il 18 maggio 2016 il dottor Xxxxxx è stato vittima di un vile agguato mafioso che, grazie al provvidenziale intervento del vicequestore Xxxxxxxxx e dell’assistente capo Xxxxxxx Xxxxxxx, non è stato portato a termine.
Nel settembre 2017, con l’approvazione della l. 161/2017, il contenuto del protocollo è divenuto legge dello Stato.
Nei primi giorni di marzo 2018, a soli due giorni di distanza, sono deceduti in circostanze sospette due componenti della squadra “dei vegetariani”: Xxxxxxx Xxxxxxx, il poliziotto esperto in chimica di soli 40 anni e Xxxx Xxxxxx, il poliziotto “di strada” di 46 anni.
3. La squadra “dei vegetariani” e l’operazione Gamma-interferon
162 Ivi., p. 41.
163 OSSERVATORIO NAZIONALE ZOOMAFIA LAV, Rapporto zoo mafia 2016. Crimini organizzati contro gli animali, Roma, 2016, p. 45.
xxxx://xxx.xxx.xx/xxxxxxxx/xx/xxxxxxxx/xxxxxxxx/xxxxxx/xxxxx/xxxxx/XXXXXXXX%00XXXXXXXX_0 017.pdf
Nello stesso periodo in cui veniva concepito il Protocollo di legalità un gruppo di poliziotti del Commissariato di Sant’Agata di Xxxxxxxxx, guidati dal vicequestore Xxxxxxx Xxxxxxxxx, ha concentrato la propria attività investigativa su una serie di delitti considerati “minori” quali l’abigeato, la macellazione clandestina, il bracconaggio ed il maltrattamento degli animali. Per far fronte a tali illeciti è stata formata una squadra di poliziotti “speciale”164. Speciale perché ciascuno dei suoi membri era in possesso di competenze in una determinata materia: un chimico, un conoscitore di animali da pascolo e di campagna, uno specialista in intercettazioni, esperti in campo tecnologico ed in rilevamenti satellitari, abili guidatori di fuoristrada e tre guardie del Parco dei Nebrodi per la loro conoscenza del territorio. L’operazione Gamma-interferon, che prende il nome dal test clinico volto a diagnosticare la tubercolosi bovina, si è concentrata su due organizzazioni criminali composte da allevatori e macellai. A seguito dell’attività investigativa l’Ufficio per le indagini preliminari del Tribunale di Xxxxx, su richiesta della Procura della Repubblica, adottava 33 misure cautelari e 17 avvisi di garanzia nei confronti di
soggetti appartenenti a diversi gruppi criminali165.
Il primo gruppo, facente riferimento alla nota famiglia mafiosa dei Xxxxxxxx di Xxxxxxxxx, presentava un’organizzazione non particolarmente articolata ed era dedito alla commissione di reati predatori quali il furto di animali e la loro successiva macellazione clandestina.
Anche l’attività del secondo gruppo, riconducibile ai “cesaresi”, si concentrava su furti di bovini e ovini e sul bracconaggio di suini neri dei Nebrodi. A differenza del primo aveva un’articolazione più complessa, vantava rapporti con altri gruppi criminali operanti in zone limitrofe e relazioni con “colletti bianchi”.
Grazie ad intercettazioni telefoniche ed ambientali, l’attività d’indagine si
estendeva ad un terzo gruppo criminale composto da alcuni medici veterinari
164 DE XXXXX X., Squadra ecospeciale, in La nuova ecologia, anno XXVII n.2, febbraio 2017, p. 42. 165 Tribunale di Xxxxx, Ufficio del Giudice per le Indagini Preliminari, Ordinanza di applicazione di misura cautelare personale - art. 272 xx. x.x.x., xxxx. x. 0000/00- R.G.N.R., n. 1056/16 R.G.I.P.
dell’ASP di Messina i quali, attraverso la commissione di reati di falso, di abuso d’ufficio e di omissione di atti d’ufficio, agevolavano l’occultamento della provenienza delittuosa degli animali, la commercializzazione di carni infette e l’accesso all’affitto di terreni pubblici ed ai finanziamenti erogati dall’AGEA. In particolare, attraverso la certificazione dell’allevamento come “ufficialmente indenne” da malattie infettive, consentivano di soddisfare la condizionalità richiesta per accedere ai bandi per la concessione dei terreni demaniali ed ai contributi europei per l’agricoltura.
Gli uomini del Commissariato di Sant’Agata di Xxxxxxxxx, inoltre, hanno accertato che nel territorio dei Nebrodi, ed in particolare nel Comune di Caronia (ME), il sistema delinquenziale posto in essere grazie alla complicità dei medici veterinari dell’ASP aveva contribuito alla diffusione di un’epidemia di tubercolosi bovina. Attraverso la falsificazione delle analisi per la diagnosi della tubercolosi e della situazione sanitaria delle aziende agricole è stata consentita la commercializzazione di carne infetta ed altamente pericolosa per la salute umana. Il congegno utilizzato per eludere le indagini e proseguire nella commercializzazione di carne infetta, trattata con farmaci antiparassitari ed antibiotici senza il rispetto del tempo di sospensione, consisteva nel denunciare lo
smarrimento in massa di centinaia di bovini166.
È stato constatato, per di più, che nel territorio dei Nebrodi era abbastanza diffuso l’utilizzo di un farmaco antiparassitario illegale, l’Evomec. In luogo del medicinale antiparassitario che avrebbe dovuto essere stato utilizzato, l’Ivomec, gli animali venivano trattati con un farmaco illegale in Italia in quanto avente effetti teratogeni e potenzialmente in grado di provocare alterazioni genetiche. Il traffico di questo medicinale proveniente dall’est europeo, il cui costo è all’incirca di soli
166 QUESTURA DI MESSINA COMMISSARIATO DI PUBBLICA SICUREZZA “Sant’Agata di Xxxxxxxxx”, CNR conclusiva operazione Gamma-interferon, Proc. Pen. 2680/14 R.G.N.R Procura delle Repubblica di Patti, p. 34.
80 euro rispetto ai 480 euro di quello legale, era gestito dalle cosche che operano
nell’area dei Nebrodi.
Nel marzo del 2018 gli agenti Xxxxxxx e Xxxxxx, rispettivamente di quaranta e quarantasei anni d’età, sono prematuramente scomparsi in circostanze sospette a poche ore di distanza l’uno dall’altro. A seguito delle due morti le procure di Patti e di Messina hanno aperto dei procedimenti penali che, a distanza di qualche mese, si sono conclusi con l’archiviazione. Il G.i.p. del Tribunale di Xxxxx, nel decreto di archiviazione del procedimento penale relativo alla morte dell’agente Xxxxxxx, afferma che “dalla lettura delle relazioni autoptiche dei due agenti, Xxxxxxx e Xxxxxx, si evince che la contestualità temporale dei due decessi sia stata una mera tragica casualità atteso che le cause riscontrate, sebbene entrambi naturali, non possono dirsi riconducibili ad un’unica fonte”167.
A settembre 2018 il vicequestore Xxxxxxxxx è stato trasferito a Tarquinia.
Oggi la squadra “dei vegetariani” non esiste più, ma la dedizione e la professionalità che hanno dimostrato i suoi componenti verranno ricordate ancora a lungo. Grazie alle loro indagini si è riusciti a far luce su attività criminali che, oltre a calpestare i diritti degli imprenditori onesti e ad appropriarsi di finanziamenti pubblici destinati a garantire lo sviluppo economico della collettività, creavano un serio pericolo per la salute pubblica. Quello che originariamente era stato concepito come un nomignolo per ridicolizzare il lavoro che svolgevano i membri della task force, successivamente per molti di loro è diventato uno stile di vita168.
4. Il Protocollo di legalità dei Nebrodi
167 Tribunale di Patti, Sezione dei giudici per le indagini preliminari, Decreto di archiviazione –artt. 409 e 411 c.p.p.- n. 516/18 R.G.N.R. e n. 1552/18 X.X.XXX, p. 5.
168 DE XXXXX X., Squadra ecospeciale, cit., p. 43.
Il 18 marzo 2015, al fine di scardinare il consolidato sistema criminale sviluppatosi nei Nebrodi, è stato stipulato un Protocollo di legalità presso la Prefettura di Messina tra il Prefetto, il Presidente del Parco dei Nebrodi, i Sindaci dei comuni del parco, il Commissario dell’Ente sviluppo agricolo (ESA) ed il Presidente della Regione Sicilia. Questo Protocollo, meglio noto con il nome di “Protocollo Antoci”, ha di fatto impedito la partecipazione alle gare per la concessione in affitto dei terreni pubblici a soggetti che, approfittandosi dei limiti della legislazione, non avrebbero potuto ottenere la certificazione antimafia prevista dal d.lgs. 159/2011. Conseguentemente, venendo meno la disponibilità di superfici agricole, non sarebbero più stati nelle condizioni di percepire i fondi europei destinati all’agricoltura.
4.1. Ratio e natura giuridica dei protocolli di legalità
Prima di procedere all’esame del contenuto del Protocollo Antoci è
opportuno soffermarsi sulla ratio e sulla natura giuridica dei Protocolli di legalità.
La Pubblica Amministrazione, in conformità ai principi di derivazione europea di trasparenza, imparzialità, concorrenza e parità di trattamento, nell’individuazione del contraente è obbligata a seguire una procedura ad evidenza pubblica. L’uso di tale procedura è previsto non solo per i contratti pubblici di cui al d.lgs. 50/2016 ma per tutti i contratti stipulati dalla Pubblica Amministrazione169. Il legislatore nazionale, accanto alla tutela della concorrenza e della parità di trattamento, ha previsto ulteriori strumenti volti a garantire la legalità ed a prevenire la corruzione. A tal proposito occorre fare riferimento alle funzioni
169 L’art. 4 del d.lgs. n. 50/2016 dispone che anche per l’affidamento dei contratti pubblici esclusi dall’ambito di applicazione oggettiva del d.lgs. n. 50/2016 debbano essere rispettati i principi di economicità, efficacia, parità di trattamento, trasparenza, pubblicità ed imparzialità.
attribuite all’Autorità nazionale anticorruzione170 ed alle disposizioni contenute nel
c.d. Codice antimafia (d.lgs. 159/2011).
Negli ultimi anni le Pubbliche Amministrazioni, dal momento che queste misure non sempre si sono rilevate efficaci, hanno fatto un crescente utilizzo dei protocolli di legalità171. Tale strumento trova il suo antecedente, seppur con notevoli diversità, nel Patto d’integrità predisposto da Trasparency International negli anni ‘90172. La differenza sostanziale è data dal fatto che il Patto d’integrità è un accordo negoziale sottoscritto dall’autorità appaltante, dai partecipanti alla gara e da un organismo di controllo indipendente nell’ambito di una procedura di appalto pubblico.
Il fondamento giuridico dei protocolli di legalità si rinviene nell’art. 1 c. 17 della l. 190/2012 il quale dispone che “le stazioni appaltanti possono prevedere negli avvisi, bandi di gara o lettere di invito che il mancato rispetto delle clausole contenute nei protocolli di legalità o nei patti d’integrità costituisce causa di esclusione dalla gara”. La Corte di Giustizia dell’Unione europea, chiamata a pronunciarsi sulla compatibilità di tale disposizione con la Direttiva che disciplina le cause soggettive di esclusione dalle gare di appalto pubbliche173, è giunta alla conclusione che l’obbligo di accettare le clausole contenute nei protocolli di legalità, ostacolando le attività delle organizzazioni criminali e limitando le alterazioni della concorrenza, non è incompatibile con principi dell’ordinamento dell’UE174.
Secondo un minoritario orientamento giurisprudenziale i protocolli di legalità non avrebbero la natura di atto amministrativo, bensì quella di atto politico
170 Art. 19 del d.l. 90/2014, convertito dalla l. 114/2014; art. 213 del d.lgs. 50/2016.
171 XXXXX G. M. F., Note sui protocolli di legalità, per la promozione di condotte etiche nei pubblici appalti, in Xxxxxxxxxxx.xx, n. 2/2019, p. 10.
172 XXXXXX F., Informative antimafia e protocolli di legalità, tra vecchio e nuovo, in Riv. trim. app., n. 2, 2014, p. 425.
173 Direttiva (CE) n. 2004/18.
174 Corte di Giustizia dell’Unione europea, Sez. X, sent. n. C-425/14 del 22 ottobre 2015.
di indirizzo non vincolante175. Avendo natura meramente programmatica, dunque, non sussisterebbe alcun potere sanzionatorio in caso di inosservanza delle clausole in essi contenute.
Prima dell’adozione del nuovo codice dei contratti pubblici176 un altro orientamento li aveva ricondotti agli accordi stipulati con le autorità competenti in materia di sicurezza, prevenzione e repressione della mafia di cui all’art. 176 c. 3 lett. e) del d.lgs. 163/2006177.
L’orientamento oggi preferibile, alla luce dell’art. 1 c. 17 della l. 190/2012, li ha qualificati come accordi tra pubbliche amministrazioni ex art. 15 della l. 241/1990, caratterizzati dalla volontà tra le parti di sottoscrivere un determinato accordo. In tal modo, qualificandoli quali fattispecie negoziali aventi carattere pubblicistico, la Pubblica Amministrazione avrebbe il potere di imporne il rispetto178. È stato evidenziato, invero, che il momento autoritativo non attiene alla formazione dell’accordo, ma si manifesta nei confronti dei destinatari dei suoi effetti. Per tale ragione i protocolli di legalità, che soltanto apparentemente assumono la veste di negozi giuridici di diritto privato, possono essere equiparati agli altri atti amministrativi che formano la lex specialis di gara179.
4.2. La normativa antecedente alla l. 161/2017
L’art. 83 c.1 del d.lgs. 159/2011, nella sua precedente formulazione, imponeva alle Pubbliche Amministrazioni e agli Enti Pubblici di acquisire la documentazione antimafia di cui all'art. 84 prima di stipulare, approvare o autorizzare i contratti e
175 Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, Sez. giurisd., sent. n. 1100 del 19 dicembre 2008.
176 D.lgs. n. 50/2016.
177 Consiglio di Stato, Sez. V, sent. n. 4267 dell’8 settembre 2008.
178 T.A.R. Campania Napoli, Sez. I, sent. n. 5058 del 24 settembre 2009.
179 GRECO G., Accordi amministrativi tra provvedimento e contratto, Xxxxxxxxxxxx, Torino, 2003, p. 186.
subcontratti relativi a lavori, servizi e forniture pubblici, ovvero prima di rilasciare o consentire i provvedimenti indicati nell'art. 67.
L’art. 67 c.1 lett. g), in particolare, fa riferimento alla concessione di “contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee, per lo svolgimento di attività imprenditoriali”.
Il terzo comma dell’art. 83 del codice antimafia faceva venire meno l’obbligo previsto dal primo comma per i provvedimenti, gli atti, i contratti e le erogazioni il cui valore complessivo fosse inferiore a 150.000 euro.
Considerato che il canone il canone di affitto medio pagato dal concessionario era pari a 36,40 euro per ettaro, era sufficiente mantenere i contratti sotto i 4.000 ettari per presentare una semplice autocertificazione il luogo della certificazione antimafia. In tal modo, infatti, il canone di affitto annuale si aggirava intorno ai 145.6000 euro, importo di poco inferiore alla soglia di cui all’art. 83 c. 3 del d.lgs. 159/2011.
A fronte del pagamento del canone di affitto dei terreni, i cui contratti avevano una durata di diversi anni, si riuscivano ad ottenere contributi europei destinati all’agricoltura per un importo che poteva raggiungere i 1.000/1.300 euro per ettaro180.
Per fare un esempio: su un terreno di mille ettari, preso in locazione per un importo pari a 36.400 euro l’anno, potevano essere percepiti, a seconda della tipologia di truffa, dai 700.000 euro fino a un milione e trecentomila euro.
4.3. Il contenuto del Protocollo Antoci
Nelle premesse e nei considerando del Protocollo di legalità si dà atto delle
ragioni e dei motivi che hanno reso necessario l’adozione dello strumento in esame.
180 XXXXXXX X., XXXXXX G., La mafia dei pascoli, cit., p. 42 ss.
Viene chiaramente evidenziato che nel territorio del Parco dei Nebrodi ricadono “oltre a terreni di proprietà dell’Ente gestore dell’area protetta, anche terreni di proprietà della Regione Sicilia, gestiti dal Dipartimento per lo Sviluppo Rurale e Territoriale, dei Comuni aderenti al Parco stesso e dell’Ente Sviluppo Agricolo” e che, per tale motivo, è necessario predisporre ulteriori misure preventive volte a “evitare tentativi di ingerenza criminale nelle Concessioni Amministrative” in quanto “da tempo si assiste ad un fenomeno di imprenditorialità mafiosa, tanto noto quanto esteso e preoccupante, consistente nella volontà di investire le risorse provenienti dai traffici illeciti in attività economiche apparentemente lecite, le quali, tuttavia, in ragione delle modalità operative che connotano le cosche, si muovono al di fuori delle regole del mercato”181.
L’obiettivo che si prefissa il Protocollo, contenuto nell’art. 1, è quello di “garantire la correttezza, la trasparenza, l’efficienza e l’efficacia dell’azione amministrativa, in modo da prevenire possibili fenomeni di infiltrazioni della criminalità organizzata nell’ambito della gestione diretta ed indiretta, secondo le modalità di legge e regolamento vigenti, del patrimonio immobiliare della Amministrazioni firmatarie”.
Per il perseguimento di questo obiettivo i soggetti firmatari si impegnano: a vigilare affinché sia garantito il rispetto della disciplina legislativa vigente nella materia relativa alla concessione di beni pubblici ai privati ed alla prevenzione di tentativi di infiltrazione mafiosa; a far sì che prima del rilascio del provvedimento di concessione del bene i concessionari assumano l’obbligo di non cedere a terzi la titolarità o l’utilizzo totale o parziale del bene ed a denunciare qualsiasi illecita
181 PREFETTURA DI MESSINA, Protocollo di legalità tra Prefettura U.T.G. di Messina e Regione Sicilia, Ente Parco dei Nebrodi, Ente Sviluppo Agricolo, Comuni aderenti al Xxxxx xxx Xxxxxxx, Xxxxxxx,
00 marzo 2015.
xxxx://xxx.xxxxxxxx.xxx.xx/Xxxxxxx/Xxxxxxxx/xxx/Xxxxxxx%00Xxxxxxx/00000000_000000- protocollodilegalit%C3%A0.pdf
richiesta di denaro, offerta di protezione o estorsione posta in essere nei propri confronti o di familiari182.
L’aspetto maggiormente innovativo, che ha superato i limiti della richiamata disciplina del codice antimafia antecedente alla riforma del 2017, è contenuto all’art. 3. In particolare, si prevede che le Amministrazione firmatarie dovranno richiedere al Prefetto la verifica della “sussistenza o meno di una delle cause di decadenza di cui all’art. 67, del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, e successive modificazioni ed integrazioni nonché la sussistenza di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa a norma dell’art. 91 del medesimo Decreto legislativo”. Qualora decorrano i termini potrà procedersi all’adozione del provvedimento di concessione previa sottoscrizione da parte del richiedente di un’autocertificazione che attesti la sussistenza dei requisiti previsti dalla legislazione antimafia.
5. Il bando civetta e le prime interdittive
Il Presidente del Parco dei Nebrodi, al fine di valutare gli effetti che avrebbe potuto avere il Protocollo di legalità, decise di pubblicare un bando per l’assegnazione di 400 ettari di proprietà dell’Ente Parco fissando la scadenza per la presentazione delle domande una decina di giorni prima della firma del Protocollo. Al fine di scoraggiare eventuali concorrenti i boss parteciparono alla gara costituendo una nuova società formata da quattro soci dal cognome “rinomato”.
Come previsto, nessun’altra impresa agricola fece domanda e la gara fu vinta
dall’unica società partecipante.
Il xxxx. Xxxxxx, prima di procedere con l’aggiudicazione definitiva, ritenne opportuno attendere l’adozione del Protocollo e far verificare alla Prefettura di Messina i nominativi dei soci delle quattro imprese che erano risultate vincitrici della gara. A seguito dei controlli prefettizi tutti i soci furono destinatari di
182 PREFETTURA DI MESSINA, cit., art. 2.
interdittiva antimafia, il bando fu immediatamente revocato ed i richiedenti denunciati per false attestazioni183.
6. La vicenda dell’Azienda Speciale Silvo Pastorale del Comune di Troina
Il Comune di Troina, ubicato nella provincia di Enna, è titolare di circa 4.200 ettari di terreno ed è il più grande proprietario di superfici ricadenti all’interno del Parco dei Nebrodi184.
Dal 2013, anno in cui Xxxxxxxxxx Xxxxxxx è stato eletto sindaco, l’attività di gestione dei possedimenti comunali è stata improntata alla legalità, in discontinuità con quanto accaduto sotto le precedenti amministrazioni. In passato, infatti, l’Azienda Speciale Silvo Pastorale di Troina, in palese violazione della normativa contenuta nel codice dei contratti pubblici, entrato in vigore nel 2006185, e della normativa antimafia, aveva concesso in affitto i terreni del Comune a canoni irrisori e senza preventiva pubblicazione di alcun bando che avrebbe di fatto consentito la partecipazione a tutti i possibili interessati.
Nel settembre 2014, su delega del Ministro degli Interni, il Prefetto di Xxxx Xxxxxxxx Xxxxx ha istituito una commissione d’indagine incaricata di accertare l’esistenza di forme di infiltrazione o di condizionamento di tipo mafioso dell’Azienda Silvo Pastorale del Comune di Troina a cui, dal 1963, era stata affidata la gestione dei terreni comunali. Dall’indagine è emerso che tra i beneficiari di queste concessioni illegittime vi erano diverse aziende agricole riconducibili a famiglie di elevata caratura criminale del messinese tra cui, ad esempio, i Xxxxx Xxxxxxx, i Xxxx Belligambi ed i Pruiti. Per diversi decenni soggetti appartenenti a Cosa nostra sono riusciti a impedire che si procedesse a regolari bandi pubblici, a
183 XXXXXXX X., XXXXXX G., La mafia dei pascoli, cit., p. 45.
184 Tribunale di Messina, Sezione dei giudici per le indagini preliminari, Decreto di archiviazione –
artt. 409 e 411 c.p.p.- n. 5112/16 R.G.N.R. e n. 2507/17 R.G.GIP, pag. 5.
185 D.lgs. n. 163/2006, Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, (G.U. n. 100 del 2 maggio 2006), abrogato dall'art. 217 del d.lgs. n. 50 del 2016.
bloccare l'aumento dei canoni ed a incassare svariate centinaia di migliaia di euro di contributi comunitari. Ciononostante, il Prefetto di Messina ha ritenuto di non dover proporre al Governo il commissariamento dell’azienda “solo perché gli attuali amministratori dell’ente e del Comune hanno manifestato una tendenziale discontinuità rispetto alla precedente gestione, avendo provveduto al licenziamento del direttore tecnico, nonché all’avvio dei primi bandi di gara, recanti peraltro la rideterminazione del canone, incrementato applicando le tariffe stabilite dall’Assessorato Regionale”186.
Alle gare successivamente bandite per l’affidamento dei pascoli, mediante licitazione privata con il metodo delle offerte segrete, partecipavano i vecchi concessionari i quali, autocertificando di essere esenti da condizionamenti mafiosi, riuscivano a ottenere l’aggiudicazione provvisoria dei lotti.
L’azienda Speciale Silvo Pastorale trasmetteva le autocertificazioni antimafia alla Prefettura di Messina alla quale richiedeva, sulla base dell’art. 3 del Protocollo di legalità, il rilascio delle informazioni antimafia di cui all’art. 91 del d.lgs. 159/2011. Nonostante il Comune di Troina rientri nella competenza della Prefettura di Enna è stato inserito, sin dal principio, tra i Comuni firmatari del Protocollo di legalità facendo leva sul fatto che i terreni ricadono nell’area del Parco dei Nebrodi187.
A metà dicembre 2015, dopo aver esperito i dovuti controlli, la Prefettura di Xxxxxxx adottava la prima interdittiva antimafia nei confronti di ben tredici delle quattordici imprese aggiudicatrici dei sedici lotti pascolativi messi a bando dall’Azienda Speciale Silvo Pastorale.
186 Prefettura Enna. Silvo Pastorale. Ripristinata la legalità,colpo ai “gentiluomini di campagna”, XxxxXxxx.xx, 25 novembre 2015. xxxxx://xxx.xxxxxxxx.xx/0000/00/00/xxxxxxxxxx-xxxx-xxxxx- pastorale-ripristinata-legalita-colpo-ai-gentiluomini-di-campagna/
187ANSELMO N., ANTOCI G., La mafia dei pascoli, cit., p. 45.
Pertanto, il Comune di Troina procedeva al recesso dai contratti aggiudicati provvisoriamente188 ed all’impugnazione dinanzi al T.A.R. di tutti quei contratti che, seppur non conclusi con soggetti colpiti da interdittiva, erano stati stipulati in violazione delle regole dell’evidenza pubblica189.
6.1 L’operazione Nebros II
Dall’attività investigativa condotta dalla DDA di Caltanissetta è emerso che pur di non perdere la disponibilità dei terreni, requisito necessario per l’ottenimento dei contributi comunitari, i membri del sodalizio erano riusciti a monopolizzare la procedura di gara e ad aggiudicarsi i pascoli con “offerte segrete” superiori di un euro alla base d’asta, indice inequivocabile dell’esistenza di un accordo tra i partecipati volto ad alterare la concorrenza del mercato190.
In particolare, attraverso il ricorso al metodo mafioso ed alla forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo erano riusciti a scoraggiare i possibili concorrenti dalla partecipazione alla gara. La presentazione di un’offerta per l’aggiudicazione di un lotto da parte di alcuni allevatori estranei al cartello aveva acceso l’ira degli indagati e scatenato disordini che hanno richiesto l’intervento di carabinieri di Troina191.
Le indagini, inoltre, hanno svelato che la condotta tenuta da A. C., Direttore tecnico pro-tempore dell’Azienda Speciale Silvo Pastorale del Comune di Troina, avrebbe avuto un ruolo fondamentale. Da una parte, nonostante il “Protocollo
188 Tribunale di Messina, Sezione dei giudici per le indagini preliminari, cit., pag.6.
189 LAPIETRA S., “Legalità, a Troina rescissi i contratti d’affitto dei terreni demaniali”, NebrodiNews, 28 novembre 2015. xxxx://xxx.xxxxxxxxxxx.xx/xxxxxxxx-x-xxxxxx-xxxxxxxx-x-xxxxxxxxx-xx-xxxxxxx-xx- terreni-demaniali/?refresh_ce
190 GUARDIA DI FINANZA, Comando provinciale di Enna, Operazione Nebros II - Contributi comunitari illecitamente percepiti, Enna, 19 novembre 2018. xxxx://xxx.xxx.xxx.xx/xxxxxx/xxxxxx- notizie/anno-2018/novembre/operazione-nebros-ii-contributi-comunitari-illecitamente-percepiti 191 “Mafia e appalti: 15 ordinanze per assegnazioni pascoli su Nebrodi pilotate”, AntimafiaDuemila, 19 Novembre 2018. xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxxx.xxx/xxxx/xxxxx-xxxx/000-xxxx-xxxxxx/00000- mafia-e-appalti-15-ordinanze-per-assegnazioni-pascoli-su-nebrodi-pilotate.html
Antoci” fosse già entrato in vigore, avrebbe richiesto l’informativa antimafia soltanto a seguito della stipula dei contratti di affitto. Dall’altra, una volta che la Prefettura aveva emanato l’interdittiva antimafia, avrebbe rescisso in ritardo i contratti stipulati consentendo agli indagati di percepire contributi comunitari destinati all’agricoltura per un importo pari a 3 milioni di euro192.
Nel novembre 2018, per i fatti di cui sopra, è stata data esecuzione a quindici provvedimenti cautelari (sette provvedimenti hanno disposto l’applicazione della misura cautelare della custodia in carcere, altri sette l’applicazione della misura cautelare della custodia agli arresti domiciliari ed a uno impositivo della misura dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria) per il delitto di turbata libertà degli incanti con l’aggravante mafiosa (artt. 81, 110 , 353 c.p., art. 7 d.l. 13 maggio
1991 n. 152193- attualmente 416 bis1 c.p.-).
6.2. La Cassazione riconosce l’aggravante del “metodo mafioso”
Il Tribunale del Riesame di Caltanissetta, con un’ordinanza del 6 dicembre 2018, aveva escluso la sussistenza dell’aggravante mafiosa in entrambe le sue declinazioni (quella del metodo mafioso e quella dell’agevolazione all’associazione mafiosa). Pertanto, venendo meno la doppia presunzione ai fini cautelari194 e ritenendo insussistente il pericolo di recidiva e di inquinamento delle prove, annullava la decisione impugnata disponendo la revoca delle misure precedentemente disposte dal G.i.p.195.
192 GUARDIA DI FINANZA, Comando provinciale di Enna, cit.. xxxx://xxx.xxx.xxx.xx/xxxxxx/xxxxxx- notizie/anno-2018/novembre/operazione-nebros-ii-contributi-comunitari-illecitamente-percepiti 193Convertito in legge 12 luglio 1991 n. 203.
194La presunzione assoluta di adeguatezza della custodia in carcere e quella relativa della sussistenza delle esigenze cautelari (art. 275 c.3 cod. proc. pen.).
195 “Operazione “Nebros II” Il Tribunale del riesame annulla tutte le ordinanze di custodia cautelare
emesse dal Gip”, Bronte118, 20 dicembre 2018. xxxxx://xxx.xxxxxx000.xx/xxxxxxxxxx-xxxxxx-xx-xx- tribunale-del-riesame-annulla-tutte-le-ordinanze-di-custodia-cautelare-emesse-dal-gip/?cn- reloaded=1
Avverso tale decisione proponeva ricorso per Cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Caltanissetta lamentando la carenza ed il vizio di motivazione in merito all’esclusione dell’aggravante di cui all’art. 7 del D.L. 13 maggio 1991 n. 152 e delle esigenze cautelari.
Nel marzo 2019 la sesta sezione penale della Corte di Cassazione riteneva fondata la censura relativa all’esclusione della circostanza aggravante nella declinazione del metodo mafioso ma non dell’agevolazione mafiosa196.
I giudici di legittimità ricordano che alla circostanza aggravante del metodo mafioso deve essere attribuita natura oggettiva “in quanto si riferisce alle modalità della condotta e non alle caratteristiche soggettive dell’agente197, e che può manifestarsi anche attraverso un comportamento evocativo della forza intimidatoria dell’associazione mafiosa in forma larvata o implicita198”. Nel caso in specie il Tribunale avrebbe disatteso l’orientamento della giurisprudenza di legittimità per il quale gli elementi indiziari relativi alla sussistenza della circostanza aggravante devono essere oggetto di una valutazione unitaria e globale199 che ne chiarisca “l’effettiva portata dimostrativa del fatto e la congruenza rispetto al tema di indagine200”.
La circostanza aggravante dell’agevolazione dell’attività dell’associazione di tipo mafioso, invece, ha natura soggettiva e richiede la dimostrazione della volontà da parte del soggetto agente di agevolare con la sua condotta una qualche organizzazione mafiosa senza possibilità di estenderla ai concorrenti che non abbiano agito con tale finalità201.
196 Cass. pen., Sez. VI, sent. n. 15852 del 12 marzo 2019.
197 Cass. pen., Sez. VI, sent. n. 29816 del 29 marzo 2017.
198 Cass. pen., Sez. V, sent. n. 21562 del 3 febbraio 2015.
199 Cass. pen., Sez. F, sent. n. 38881 del 30 luglio 2015.
200 Cass. pen. S.U., sent. n. 33748 del 12 luglio 2015.
201 Cass. pen., Sez. VI, sent. n. 8891 del 19 dicembre 2017.
6.3. L’epilogo dell’attività investigativa
Il 30 agosto 2019 la DDA di Caltanissetta ha depositato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti di S. F. B., F. P., G. F. B., V. C., A. M. D. M., G. F. B., A. T. G., S. A. I., S. B., M. C., G. L. I., S. L. I., S. C. e A. C. accusati a
vario titolo di associazione a delinquere e turbata libertà degli incanti con
l’aggravante mafiosa.
L’ex Direttore pro-tempore dell’Azienda Speciale Silvo Pastorale di Troina, inoltre, dovrà rispondere del delitto di abuso d’ufficio per aver tardato nella richiesta della certificazione antimafia ed aver aggiudicato i lotti di terreno messi a bando a soggetti che successivamente sono risultati destinatari di interdittiva antimafia202.
7. L’applicazione retroattiva del Protocollo di legalità
Il Protocollo di legalità, imponendo agli enti firmatari di chiedere alla Prefettura territorialmente competente il rilascio dell’informativa antimafia, era riuscito a conseguire il risultato di impedire la concessione di superfici demaniali da adibire a pascolo o a coltura, sulle quali fare domanda per ottenere contributi comunitari, a favore di soggetti vicini alla criminalità organizzata. Tuttavia, le concessioni che erano state rilasciate prima dell’entrata in vigore del Protocollo, sulla base di una semplice autocertificazione antimafia, sarebbero rimaste in vita fino alla loro scadenza. In particolare, il Comune di Troina aveva dato in concessione alla Società agricola Xxxxx Xxxxxxx s.r.l. circa 1.300 ha di terreni di sua proprietà seppur ricadenti nel Comune di Cesarò. L’amministratore unico era Xxxxxxxx Xxxxx Xxxxxxx, indagato per l’attentato al Presidente del Parco dei Nebrodi di cui si parlerà più approfonditamente nel seguente paragrafo, era legato da rapporti di parentela con soggetti che rendevano altamente plausibile il pericolo di
202 “Operazione “Nebros II”, concluse le indagini; 14 gli indagati”, XXxxxxxxx.xx, 9 settembre 2019.
xxxxx://xxx.xxxxxxxxx.xx/0000/00/00/xxxxxxxxxx-xxxxxx-xx-xxxxxxxx-xx-xxxxxxxx-00-xxx-xxxxxxxx/
infiltrazione mafiosa o di condizionamento dell’azienda: i due cognati del fratello, Xxxxxxx e Xxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxx, erano stati condannati con sentenza alla pena dell’ergastolo per omicidio e per 416 bis c.p.; il figlio Xxxxxxxxx Xxxxx Xxxxxxx, che “risulta essere arrestato nel 2008 per aver fatto parte di un’associazione per delinquere di tipo mafioso, riconducibile a Cosa Nostra palermitana, operante nella fascia tirrenica della provincia di Messina finalizzata alla commissione di una indeterminata serie di delitti contro il patrimonio, nonché all’acquisizione in modo diretto e indiretto alla gestione e al controllo di attività economiche imprenditoriali”; la moglie Xxxxxxx Xxxxxx, sorella di Xxxxxxxxxx, Xxxxxxxx e Xxxxxxx, tutti assassinati con modalità mafiose203.
Grazie ad una sentenza del Consiglio di Stato del 2016, in cui i giudici di Palazzo Spada hanno statuito che il contenuto di un’informazione interdittiva antimafia è idoneo “a precludere la nascita di un rapporto contrattuale tra la stazione appaltante ed i soggetti coinvolti dall'informativa o, ancora, a paralizzare le sorti di un rapporto già sorto tra le parti”, è stata trovata una soluzione a questa paradossale situazione204.
Nel giugno 2017 il Sindaco di Troina ha chiesto alla Prefettura di Catania, che medio tempore aveva sottoscritto il Protocollo, il rilascio dell’informazione antimafia nei confronti della società agricola di Xxxxxxxx Xxxxx Xxxxxxx.
Nell’ottobre 2017, esperiti i dovuti accertamenti, il Prefetto di Catania emetteva un’informativa interdittiva che ha consentito al Sindaco di Troina di revocare i provvedimenti concessori dei terreni adottati in epoca antecedente all’entrata in vigore del Protocollo di legalità.
I destinatari del provvedimento prefettizio hanno presentato ricorso avverso lo stesso dinanzi al T.A.R. di Catania il quale, nel gennaio del 2018, lo ha dichiarato
203 ALASCIA F., “I dettagli dell’interdittiva antimafia alla società Xxxxx Xxxxxxx. Le parole di Xxxxxx e Zanna”, 98zero, 19 ottobre 2017. xxxxx://xxx.00xxxx.xxx/000000-x-xxxxxxxx-xxxxxxxxxxxxxxxx- antimafia-alla-societa-conti-taguali-le-parole-di-antoci-e-zanna-2.html
204 Consiglio di Stato, Sez. III, sent. n. 3300 del 20 luglio 2016.
infondato “perché risultano intrecci familiari molto stretti e frequentazioni con soggetti malavitosi205”.
8. L’attentato al Presidente dell’Ente Parco dei Nebrodi
L’azione di ripristino della legalità nel territorio del Parco dei Nebrodi, caparbiamente condotta dal xxxx. Xxxxxxxx Xxxxxx sin dai primi giorni del suo insediamento come Presidente del Parco, era stata immediatamente percepita dagli ambienti malavitosi della zona come un serio problema da affrontare.
Nel dicembre 2014, qualche mese prima dell’adozione del Protocollo di legalità, Xxxxx Xxxxxx e Xxxxxxxx Xxxx Xxxxxxxxxx, noto criminale della zona di Cesarò206, nel corso di alcune conversazioni intercettate dalle forze dell’ordine individuavano Xxxxxxxx Xxxxxx quale principale minaccia per i loro interessi economici. Il primo manifestava i propri propositi esclamando: “… ci sparava nu sintimienta a stu curnutu …” (gli sparavo nel cervello a questo cornuto). Il secondo esponeva chiaramente il proprio disappunto per l’operato del Presidente affermando: “a vidiri drocu stu curnutu di … chissu drocu comu sta cumminannu sa tragedia” (vedi li questo cornuto di … questo qua sta facendo una tragedia)207. Immediatamente dopo, su iniziativa della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta è stato attivato d’urgenza il servizio di tutela nei confronti del xxxx. Xxxxxx.
La notte tra il 17 ed il 18 maggio 2016 dalle parole e dagli avvertimenti si è passati ai fatti. Poco dopo le due di notte l’auto blindata su cui viaggiava il Presidente viene bloccata da alcuni massi posizionati sulla carreggiata della tortuosa
205 OLIVELLI S., “Nebrodi, no a ricorso Xxxxx Xxxxxxx contro interdittiva «Risultano intrecci stretti con dei soggetti malavitosi»”, MeridioNews ed. Sicilia, 6 febbraio 2018. xxxxx://xxxxxxxxxxx.xx/xxxxxxxx/00000/xxxxxxx-xxxxxxxxx-xxxxxxx-xxxxx-xxxxxxx-xxxxxx-xxxxxxxxxxxx- giudici-risultano-intrecci-stretti-con-soggetti-malavitosi/
206 SENATO DELLA REPUBBLICA, Legislatura 17 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-05828. xxxx://xxx.xxxxxx.xx/xxxx/xxx/xxxxxxx/xxxxx.xxx?xxxxxxxxXxxxxxx&xxxx00&xxx000000
207 SQUADRA MOBILE DI ENNA, Intercettazione telefonica, Proc. pen. n. 2713/2011, R.G. Mod. 21, X.Xxx. 657/14, pp. 85 e 111.
strada di montagna che collega Cesarò con Santo Stefano di Camastra. Dal bordo sinistro della strada almeno due soggetti travisati esplodono diversi colpi di fucile che colpiscono la fiancata sinistra dell’automobile. Fortunatamente il vicequestore Xxxxxxxxx, informato dal sindaco di Cesarò della presenza di vedette delle famiglie mafiose della zona durante e dopo la riunione precedentemente tenutasi nel palazzo comunale del paese, si metteva in strada con l’assistente capo Xxxxxxx per raggiungere l’auto del xxxx. Xxxxxx. Giunti qualche secondo dopo nel luogo dell’agguato aprivano il fuoco nei confronti degli assalitori che si dileguavano nel bosco. Il provvidenziale e tempestivo intervento dei due poliziotti ha salvato la vita al Presidente del Parco ed alla sua scorta. Ai bordi della carreggiata sono state rivenute, infatti, alcune bottiglie molotov inesplose che avrebbero dovuto essere scagliate contro l’autovettura blindata per costringere i passeggeri abbandonarla in modo da poterli colpire.
Nel luglio del 2018 il G.i.p. del Tribunale di Messina, su richiesta del P.M., ha disposto l’archiviazione del procedimento penale volto all’individuazione dei responsabili dell’agguato. Nel provvedimento viene dato atto delle modalità tipicamente mafiose dell’attentato, “meticolosamente pianificato e finalizzato non a compiere un semplice atto intimidatorio e/o dimostrativo, ma la deliberato scopo di uccidere”. Viene, inoltre, individuato il movente dell’attentato che può essere collegato “alle penetranti azioni di controllo e repressione delle frodi comunitarie nel settore agricolo – pastorale, da tempo avviate da Xxxxxx Xxxxxxxx, (…), ed in ragione delle quali aveva già ricevuto pesanti minacce ed intimidazioni attuate tramite missive a lui indirizzate (anche contenenti dei proiettili)”208.
Subito dopo il fatto veniva assunto a s.i.t. Xxxxxxxxxx Xxxxxxx, sindaco del Comune di Troina ed uno dei più fedeli collaboratori di Antoci nell’azione di repressione delle frodi a danno dell’UE, il quale individuava i possibili responsabili nei titolari delle aziende economicamente pregiudicate dal diniego e dalla revoca
208 Tribunale di Messina, Sezione dei giudici per le indagini preliminari, cit., p. 3.
delle concessioni aventi ad oggetto i terreni di proprietà del Comune di Troina (tra cui molti soggetti facenti parte delle famiglie Xxxx Belligambi, Xxxxx Xxxxxxx e Pruiti)209.
Nonostante questi spunti investigativi la certosina attività di indagine posta in essere dai pubblici ministeri della DDA di Messina, esplicatasi in un’attività di intercettazione telefonica ed ambientale, nello studio dei tabulati telefonici, nell’escussione di diversi soggetti e negli accertamenti genetici sui mozziconi di sigarette rinvenute nel luogo dell’agguato, non ha consentito di individuare gli autori e di acquisire elementi di prova nei confronti degli indagati per cui, nei confronti di tutti e quattordici, è stata disposta l’archiviazione210.
9. La relazione della Commissione Antimafia dell’Assemblea Regionale Siciliana sull’attentato all’ex Presidente del Parco dei Nebrodi
La Commissione parlamentare d’inchiesta e vigilanza sul fenomeno della mafia in Sicilia presieduta dall’Onorevole Xxxxxxx Xxxx, a seguito dell’adozione del decreto di archiviazione da parte del G.i.p. di Messina, ha ritenuto opportuno aprire un’inchiesta sull’attentato subito dall’ex Presidente del Parco dei Nebrodi. Il 2 ottobre 2019, dopo oltre cinque mesi di lavori in cui sono stati ascoltati giornalisti, magistrati, membri delle forze dell’ordine, testimoni e familiari, la Commissione ha approvato una relazione conclusiva di oltre cento pagine in cui vengono delineate ed analizzate tre diverse ipotesi relative all’attentato subito dal dott. Xxxxxxxx Xxxxxx000.
209 Tribunale di Messina, Sezione dei giudici per le indagini preliminari, cit., pp. 3 e 4.
210 Tribunale di Messina, Sezione dei giudici per le indagini preliminari, cit., p. 8.
211 COMMISSIONE PARLAMENTARE D’INCHIESTA E VIGILANZA SUL FENOMENO DELLA MAFIA E DELLA
CORRUZIONE IN SICILIA, ARS XVII legislatura, Inchiesta sull’attentato al xxxx. Xxxxxxxx Xxxxxx –
relazione conclusiva-, 2 ottobre 2019, p. 3. xxxx://x0.xxx.xxxxxxx.xx/XxxxxxxxxXxxxxxx/Xxxxxx_Xxxxxxxxxxx/00000000/xxxxxxxxx%00xxxxxx.xxx
Secondo una prima ricostruzione si sarebbe trattato di un vero e proprio attentato mafioso fallito il cui obiettivo era l’eliminazione dell’allora Presidente del Parco dei Nebrodi.
Una seconda tesi, invece, sostiene che si sarebbe trattato di un mero atto dimostrativo con uno scopo di avvertimento.
L’ultima ipotesi condurrebbe a ritenere che non si sarebbe mai verificato alcun attentato ma che si sarebbe trattato di una simulazione organizzata per finalità di tornaconto personale.
Nelle conclusioni della relazione la stessa Commissione, dopo aver espresso alcune considerazioni critiche sulle modalità di conduzione delle indagini, sulle modalità di esecuzione dell’attentato, sulla veridicità delle dichiarazioni degli agenti coinvolti e sulle condotte dagli stessi poste in essere la sera dell’attentato sostiene che, seppur nessuna delle tre ipotesi possa essere scartata, “il fallito attentato mafioso con intenzioni stragiste appare la meno plausibile”212. Inoltre, qualunque sia la tesi accolta, il xxxx. Xxxxxx resterebbe una vittima: nelle prime due ipotesi un bersaglio della mafia, nella terza uno strumento inconsapevole di una messinscena che potrebbe essere stata organizzata dal “gruppo di potere del governatore Xxxxxxxx e del senatore Xxxxx, insieme a un manipolo di poliziotti”, come sostenuto in alcune denunce anonime inviate alle procure di Patti, Termini Imerese e Messina213. La terza ipotesi, in particolare, trova riscontro nelle dichiarazioni rilasciate dall’avvocato Ceraolo214, ai tempi dirigente del Commissariato di Barcellona Pozzo di Gotto, il quale riferisce di essere venuto a conoscenza dell’estraneità dei membri di Cosa nostra dall’attentato subito dal xxxx. Xxxxxx a seguito dello svolgimento di un’attività di indagine informale oltre che in alcune fonti giornalistiche215.
212 Idem, p. 104.
213 Idem, p. 21.
214 Idem, pp. 65 ss.
215 Idem, p. 19 ss.
Capitolo IV
Gli strumenti amministrativi volti a prevenire l’acquisizione delle erogazioni pubbliche da parte della criminalità organizzata di stampo mafioso
Sommario: 1. La documentazione antimafia; 2. La comunicazione antimafia;
3. L’informazione antimafia; 3.1. L’accertamento dei tentativi di infiltrazione mafiosa in esito alla richiesta di comunicazione antimafia; 3.2. Gli elementi sintomatici dei tentativi di infiltrazione mafiosa; 4. La riforma della disciplina delle informazioni antimafia in tema di accesso ai finanziamenti comunitari in agricoltura
1. La documentazione antimafia
Con l’espressione “documentazione antimafia” si fa riferimento ad un complesso di “provvedimenti amministrativi attraverso i quali viene fatto conoscere preliminarmente alla pubblica amministrazione l’esistenza o meno di impedimenti e situazioni indici di mafiosità a carico dei soggetti che si pongono in relazione con essa”216.
Sin dal 1982 il legislatore italiano ha introdotto una serie di strumenti volti a contrastare la penetrazione mafiosa nell’economia legale217. Le tappe fondamentali di questo percorso sono state: la l. 646/1982 attraverso la quale è stato disposto il divieto di rilasciare licenze e concessioni in favore di soggetti destinatari di misure
216 CIMMINO U., La nuova certificazione e le altre cautele antimafia, Quattrosoli, Palermo, 1995, p. 27.
217 L. 646/82: “Disposizioni in materia di misure di prevenzione di carattere patrimoniale ed integrazioni alle l. 27 dicembre 1956, n. 1423, 10 febbraio 1962, n. 57 e 31 maggio 1965, n. 575. Istituzione di una COMMISSIONE PARLAMENTARE sul fenomeno della mafia”. Introduce l’art. 416 bis c.p., la confisca obbligatoria “delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto, il profitto o che ne costituiscono l'impiego” nonché la possibilità di applicare misure di prevenzione patrimoniali in aggiunta a quelle personali.
di prevenzione in via definitiva e la revoca di diritto nel caso di violazione del predetto divieto; la l. 936/1982 con cui si è stabilito che il rilascio di licenze, concessioni ed iscrizioni dovesse essere preceduto dall’acquisizione da parte dell’amministrazione di una certificazione prefettizia; la l. 55/1990 con cui è stata vietata la conclusione di contratti di appalto e fornitura di opere e servizi con la pubblica amministrazione; il d.lgs. 490/1994 che, in attuazione della legge delega 47/1994, ha introdotto disposizioni in tema di comunicazioni e certificazioni previste dalla normativa antimafia nonché disposizioni concernenti i poteri del Prefetto in materia di contrasto alla criminalità organizzata218.
Il d.lgs. 159/2011219, in attuazione della delega di cui alla l. 136/2010, ha riportato ad unità la disciplina così frammentata. La recente riforma del codice antimafia220, pur non alterando la struttura fondamentale della disciplina della documentazione antimafia, ha rafforzato gli strumenti di contrasto ai tentativi di infiltrazione prevedendo, ad esempio, l’ampliamento dei casi in cui si rende necessaria la verifica antimafia e la rimozione o l’abbassamento della soglia di valore sotto la quale non era richiesta l’acquisizione della documentazione antimafia.
L’art. 83 c.1 del d.lgs. 159/2011 impone alle pubbliche amministrazioni ed agli enti pubblici di acquisire la documentazione antimafia “prima di stipulare, approvare o autorizzare i contratti e subcontratti relativi a lavori, servizi e forniture pubblici, ovvero prima di rilasciare o consentire i provvedimenti indicati nell'articolo 67”221. Il comma 3 della medesima disposizione, invece, individua i
218 MORCAVALLO O., L’informazione interdittiva antimafia, Xxxxxxx Xxxxxxx Xxxxxxxx, Milano, 2019,
p. 5.
219 Recante il “Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni
in materia di documentazione antimafia”
220 L. 161/2017.
221 Ai sensi dell’art. 67 c.1 del d.lgs. n. 159/2011: “Le persone alle quali sia stata applicata con provvedimento definitivo una delle misure di prevenzione previste dal libro I, titolo I, capo II non possono ottenere: a) licenze o autorizzazioni di polizia e di commercio; b) concessioni di acque pubbliche e diritti ad esse inerenti nonché concessioni di beni demaniali allorché siano richieste per l'esercizio di attività imprenditoriali; c) concessioni di costruzione e gestione di opere riguardanti la pubblica amministrazione e concessioni di servizi pubblici; d) iscrizioni negli elenchi di appaltatori o di fornitori di opere, beni e servizi riguardanti la pubblica amministrazione, nei registri della
provvedimenti per la cui adozione non è necessario espletare le verifiche antimafia222.
L’art. 84 c.1 del d.lgs. 159/2011 statuisce che “la documentazione antimafia è costituita dalla comunicazione antimafia e dall'informazione antimafia”. Tale documentazione, che può avere carattere vincolato o discrezionale, è volta a prevenire le infiltrazioni criminali nel mercato inibendo l’esercizio di attività economiche sia nei rapporti tra privati che nei rapporti tra privati e pubblica amministrazione. Il procedimento amministrativo, al cui esito viene emessa la documentazione richiesta, ha natura dichiarativa in quanto diretto ad attestare la sussistenza di una determinata situazione.
L’art. 85, così come riformato dal d.lgs. 218/2012, elenca i soggetti sottoposti alla verifica antimafia tra cui, con particolare riferimento all’accertamento di tentativi di infiltrazione mafiosa, vengono ricompresi anche i familiari conviventi di maggiore età.
Il successivo art. 86, al primo ed al secondo comma, fissa la validità della
comunicazione e dell’informazione rispettivamente in sei ed in dodici mesi
camera di commercio per l'esercizio del commercio all'ingrosso e nei registri di commissionari astatori presso i mercati annonari all’ingrosso; e) attestazioni di qualificazione per eseguire lavori pubblici; f) altre iscrizioni o provvedimenti a contenuto autorizzatorio, concessorio, o abilitativo per lo svolgimento di attività imprenditoriali, comunque denominati; g) contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee, per lo svolgimento di attività imprenditoriali; h) licenze per detenzione e porto d'armi, fabbricazione, deposito, vendita e trasporto di materie esplodenti”.
222 Ai sensi dell’art. 83 c.3 del d.lgs. 159/2011: “La documentazione di cui al comma 1 non è comunque richiesta: a) per i rapporti fra i soggetti pubblici di cui al comma 1; b) per i rapporti fra i soggetti pubblici di cui alla lettera a) ed altri soggetti, anche privati, i cui organi rappresentativi e quelli aventi funzioni di amministrazione e di controllo sono sottoposti, per disposizione di legge o di regolamento, alla verifica di particolari requisiti di onorabilità tali da escludere la sussistenza di una delle cause di sospensione, di decadenza o di divieto di cui all'articolo 67; c) per il rilascio o rinnovo delle autorizzazioni o licenze di polizia di competenza delle autorità nazionali e provinciali di pubblica sicurezza; d) per la stipulazione o approvazione di contratti e per la concessione di erogazioni a favore di chi esercita attività agricole o professionali, non organizzate in forma di impresa, nonché a favore di chi esercita attività artigiana in forma di impresa individuale e attività di lavoro autonomo anche intellettuale in forma individuale; e) per i provvedimenti, gli atti ed i contratti il cui valore complessivo non supera i 150.000 euro”.
decorrenti dalla data di acquisizione. Il d.lgs. 153/2014 ha inserito il comma 2 bis nell’art. 86 prevedendo che “la documentazione antimafia, nei termini di validità di cui ai commi 1 e 2, è utilizzabile e produce i suoi effetti anche in altri procedimenti, diversi da quello per il quale è stata acquisita, riguardante i medesimi soggetti”. Il Consiglio di Stato, con una recente sentenza, ha chiarito che il limite temporale di efficacia dell’informazione antimafia di cui all’art. 86 c.2 d.lgs. 159/2011 si riferisce ai casi in cui viene accertata l’assenza del rischio di infiltrazione mafiosa mentre le informazioni interdittive conservano la loro efficacia anche oltre il termine previsto dal legislatore223.
Il delicato compito di adottare la documentazione antimafia, al fine di prevenire tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata nel mercato, è attribuito all’Autorità prefettizia. Nello specifico la Prefettura del luogo in cui ha sede l’operatore economico è territorialmente competente per il rilascio delle comunicazioni224 e delle informazioni antimafia225. Dal momento che le decisioni da essa prese potrebbero impedire ai destinatari di intrattenere rapporti giuridici con la pubblica amministrazione si rende necessario un preventivo bilanciamento tra opposti interessi pubblici e privati. Invero da una parte vengono in rilievo importanti diritti e principi costituzionali tra cui la libertà d’impresa (art. 41 Cost.) e la presunzione di non colpevolezza (art. 27 Cost.), dall’altra la “salvaguardia dell’ordine pubblico economico, della libera concorrenza tra le imprese e del buon andamento della pubblica Amministrazione”226. La rilevanza degli interessi che il legislatore ha voluto tutelare con l’adozione della normativa antimafia ha condotto la giurisprudenza ad attenuare alcune garanzie procedimentali disciplinate dalla l. 241/1990 ed in particolare: non è previsto l’obbligo di comunicazione dell’avvio del
223 Consiglio di Stato, Sez. III, sent. n. 6454 del 16 novembre 2018.
224 Art. 87 d.lgs. n. 159/2011.
225 Art. 90 d.lgs. n. 159/2011.
226 Consiglio di Stato, Sez. III, sent. n. 1846 del 9 maggio 2016.
procedimento227; gli errori procedimentali commessi dalle amministrazioni destinatarie della documentazione antimafia sono irrilevanti stante la portata vincolante dei provvedimenti prefettizi228; il T.A.R. sarà competente anche nel caso in cui vengano impugnati gli atti consequenziali al provvedimento prefettizio229.
2. La comunicazione antimafia
La comunicazione antimafia, ai sensi dell’art. 84 c.2 del d.lgs. 159/2011, è adottata a seguito della consultazione della Banca dati nazionale unica230 ed è volta ad attestare “la sussistenza o meno di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all’articolo 67”. Nello specifico il richiamo a quest’ultima disposizione impone al Prefetto l’adozione di una comunicazione antimafia interdittiva nei confronti delle “persone alle quali sia stata applicata con provvedimento definitivo una delle misure di prevenzione previste dal libro I, titolo I, capo II”231 e di quelle “condannate con sentenza definitiva o, ancorché non definitiva, confermata in grado di appello, per uno dei delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale nonché per i reati di cui all'articolo 640, secondo comma, n. 1), del codice penale, commesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico, e all'articolo 000 xxx xxx xxxxxx xxxxxx”000.
L’art. 88 del d.lgs. 159/2011 detta la disciplina dei termini per il rilascio della comunicazione antimafia. Il Prefetto a cui è stata richiesta l’adozione della comunicazione antimafia, a seguito della consultazione della Banca dati nazionale unica, potrebbe optare per l’immediato rilascio di una comunicazione antimafia liberatoria, qualora accerti la non sussistenza di alcuna delle cause di decadenza, di
227 T.A.R. Bologna, Sez. I, sent. n. 27 del 10 ottobre 2018.
228 Consiglio di Stato, Sez. III, sent. n. 5623 del 30 novembre 2017.
229 Consiglio di Stato, Sez. III, sent. n. 6454 del 16 novembre 2018.
230 Artt. 96 ss. d.lgs. n. 159/2011.
231 L’art. 67 c. 1 del d.lgs. n. 159/2011, mediante il richiamo alle misure di prevenzione previste dal libro I, titolo I, capo II, circoscrive la sua applicazione ai casi in cui il soggetto sia stato sottoposto con provvedimento definitivo ad una misura di prevenzione personale.
232 Art. 67 c. 8 d.lgs. n. 159/2011.
sospensione o di divieto di cui all’art. 67233. Nel caso contrario, invece, dovrà procedere ad un’ulteriore verifica volta a verificare “la corrispondenza dei motivi ostativi emersi dalla consultazione della banca dati nazionale unica alla situazione aggiornata del soggetto sottoposto agli accertamenti”234. Risulta evidente, dunque, il carattere vincolato del provvedimento adottato dal Prefetto, il quale si limita ad accertare la sussistenza di precedenti provvedimenti di applicazione di misure di prevenzione o di sentenze di condanna di cui all’art. 67 del d.lgs. 159/2011.
Il Prefetto dovrà rilasciare la comunicazione antimafia nel termine di trenta giorni dalla consultazione della banca dati decorso il quale il privato potrà procedere in assenza della verifica munendosi dell’autocertificazione di cui all’art. 89 del d.lgs. 159/2011235.
Le comunicazioni antimafia interdicono al destinatario lo svolgimento di tutte quelle attività soggette ad autorizzazione, concessione, abilitazione iscrizione ad albi, alla segnalazione certificata di inizio attività (c.d. scia) ed alla disciplina del silenzio assenso236 e, in aggiunta a tale effetto, fanno sorgere il divieto di stipulare contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, di cottimo fiduciario e relativi subappalti e subcontratti237.
3. L’informazione antimafia
L’informazione antimafia, ai sensi dell’art. 84 c.1 del d.lgs. 159/2011, costituisce l’altra forma di documentazione antimafia e deve essere acquisita dalle Pubbliche Amministrazioni e dagli Enti Pubblici “prima di stipulare, approvare o autorizzare i contratti e subcontratti, ovvero prima di rilasciare o consentire i provvedimenti indicati nell'articolo 67 il cui valore sia superiore a 150.000 euro per
233 Art. 88 c.1 d.lgs. n. 159/2011.
234 Art. 88 c.2 d.lgs. n. 159/2011.
235 Art. 88 c.4 bis d.lgs. n. 159/2011.
236 Art. 89 c. 2 lett. a) e b) d.lgs. n. 159/2011.
237 NOCELLI M., I più recenti orientamenti della giurisprudenza sulla legislazione antimafia, in Foro Amministrativo (II), fasc.12, 1 marzo 2017, p. 2527.
le concessioni di acque pubbliche o di beni demaniali per lo svolgimento di attività imprenditoriali, ovvero per la concessione di contributi, finanziamenti e agevolazioni su mutuo o altre erogazioni dello stesso tipo per lo svolgimento di attività imprenditoriali”238. Come si avrà modo di vedere nel proseguo della trattazione la l. 161/2017, con l’introduzione dell’art. 91 c. 1 bis del d.lgs. 159/2011, ha apportato delle modifiche a tale soglia nello specifico settore dell’agricoltura.
Con una recente sentenza l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha chiaramente affermato che il rilascio di una informativa interdittiva antimafia determina una particolare forma di incapacità ex lege, parziale e tendenzialmente temporanea, che determina in capo al destinatario, sia esso una persona fisica o giuridica, l’impossibilità di intrattenere i rapporti riconducibili al disposto di cui all’art. 67 del d.lgs. 159/2011 con la Pubblica Amministrazione239. Da tale premessa il massimo organo della giustizia amministrativa giunge alla conclusione per cui il soggetto colpito da interdittiva antimafia non possa ricevere dalla Pubblica Amministrazione alcun tipo di erogazione, seppur dovuta a titolo di risarcimento del danno patito in connessione all’attività di impresa, in quanto la locuzione “altre erogazioni dello stesso tipo”, prevista dall’art. 67 c. 1 lett. g) del d.lgs. 159/2011, deve essere attribuita una valenza “pan-tipizzante”.
L’art. 84 c. 3 del d.lgs. 159/2011 introduce un primo elemento distintivo tra la comunicazione antimafia e l’informazione antimafia la quale, oltre ad attestare la “sussistenza o meno di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all'articolo 67”, attesta anche la “sussistenza o meno di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate”. Per essere passibile di informativa antimafia non è necessario che il soggetto sia concorrente, nemmeno esterno, con l’organizzazione mafiosa ma è sufficiente che sia accertato un rapporto di connivenza, per interesse economico-
238 Art. 91 c.1 lett. b) d.lgs. n.159/2011.
239 Consiglio di Stato, AP, sent. n.3 del 6 aprile 2018.
politico, o anche di assoggettamento derivante dalla forza di intimidazione del vincolo associativo240.
Effettuate le dovute verifiche, il Prefetto potrà rilasciare un’informazione antimafia liberatoria o interdittiva. Quest’ultima avrà un contenuto vincolato o discrezionale a seconda che sia stata emessa sulla base dell’accertamento della sussistenza di uno degli elementi di cui all’art. 67 o di tentativi di infiltrazione mafiosa. Occorre rilevare, infatti, che lo strumento dell’informazione antimafia, tenuto conto della funzione anticipatoria della soglia di prevenzione, non richiede la prova dell’avvenuta infiltrazione bensì la sussistenza di elementi sintomatici da cui sia possibile dedurre il pericolo di condizionamento da parte della criminalità organizzata241. In tale evenienza il Prefetto dovrà dare conto, in modo coerente ed organico, del perché gli elementi raccolti siano idonei, secondo la regola causale del “più probabile che non”, a svelare l’effettivo pericolo di infiltrazione mafiosa di modo che il giudice amministrativo, chiamato a pronunciarsi sul provvedimento, sia posto nelle condizioni di valutare la ragionevole sussistenza di tale rischio242. A tal proposito è opportuno ricordare che il sistema delle informazioni antimafia, come recentemente ribadito dai giudici di Palazzo Spada243, è estraneo ad una logica sanzionatoria, che richiederebbe una certezza probatoria “al di là di ogni ragionevole dubbio”, ma segue una logica cautelare e preventiva volta alla tutela dell’ordine pubblico economico, del buon andamento della Pubblica Amministrazione e della libera concorrenza244.
3.1. L’accertamento dei tentativi di infiltrazione mafiosa in esito alla richiesta di
comunicazione antimafia
240 Consiglio di Stato, Sez. III, sent. n. 1743 del 3 maggio 2016.
241 MORCAVALLO O., L’informazione interdittiva antimafia, cit., p. 16.
242 Consiglio di Stato, Sez. III, sent. n. 4657 del 7 ottobre 2015.
243 Consiglio di Stato, Sez. III, sent. n. 6360 del 24 settembre 2019.
244 NOCELLI M., I più recenti orientamenti della giurisprudenza sulla legislazione antimafia, cit., pp. 2528-2529.
L’art. 89 bis del d.lgs. 159/2011, introdotto dall'art. 2 c. 1, lett. d) del d.lgs. 153/2014, ha consentito il superamento della rigida alternativa tra lo strumento delle comunicazioni e quello delle informazioni.
Il primo comma dell’art. 89 bis, infatti, dispone che “quando in esito alle verifiche di cui all'articolo 88, comma 2, venga accertata la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa, il prefetto adotta comunque un'informazione interdittiva antimafia e ne dà comunicazione ai soggetti richiedenti di cui all'articolo 83, commi
1 e 2, senza emettere la comunicazione antimafia”. Il secondo comma della disposizione precisa che, in tal caso, l’informazione interdittiva antimafia “tiene luogo della comunicazione antimafia”.
In tal modo il legislatore, nell’intento di impedire in modo ancor più efficace le infiltrazioni mafiose nell’economia, ha esteso gli effetti interdittivi delle informazioni antimafia ai contratti, alle concessioni ed alle autorizzazioni prese in considerazione dall’art. 89.
Il Consiglio di Stato, dapprima in sede consultiva245 e successivamente in sede giurisdizionale246 ha dato il proprio avallo all’art. 89 bis.
In particolare, con la sentenza n. 565 del 9 febbraio 2017, ha espressamente affermato che la distinzione tra i due strumenti “ha fatto sì che le associazioni di stampo mafioso potessero, comunque, gestire tramite imprese infiltrate, inquinate o condizionate da essa, lucrose attività economiche, in vasti settori dell’economia privata, senza che l’ordinamento potesse efficacemente intervenire per contrastare tale infiltrazione, anche quando, paradossalmente, a dette imprese fosse stata comunque interdetta la stipulazione dei contratti pubblici per effetto di una informativa antimafia”. I giudici di Palazzo Spada, infatti, ritengono che “non è pensabile e possibile contrastare l'infiltrazione della mafia « imprenditrice » e i suoi interessi nell'una senza colpire anche gli altri e che tale distinzione, se poteva avere
245 Consiglio di Stato, Sez. I, parere n. 497 del 17 novembre 2015.
246 Consiglio di Stato, Sez. III, sent. n. 565 del 9 febbraio 2017; Consiglio di Stato, Sez. III, sent. n.
1109 dell’8 marzo 2017.
una giustificazione nella società meno complessa di cui la precedente legislazione antimafia era specchio, viene oggi a perdere ogni valore, ed efficacia deterrente, per entità economiche che, sostenute da ingenti risorse finanziarie di illecita origine ed agevolate, rispetto ad altri operatori, da modalità criminose ed omertose, entrino nel mercato con una aggressività tale da eliminare ogni concorrenza e, infine, da monopolizzarlo”. Il disconoscimento della dignità e dello statuto di operatori economici a “soggetti condizionati, controllati, infiltrati ed eterodiretti dalle associazioni mafiose” non può essere limitato ai rapporti con la pubblica amministrazione. Ferma restando la natura preventiva e non sanzionatoria della misura, il Consiglio di Stato ritiene che la ratio di tale estensione all’iniziativa economica privata debba essere rinvenuta nel principio di uguaglianza sostanziale in quanto l’utilizzo del metodo mafioso da parte dell’organizzazione criminale resta tale sia nelle contrattazioni con la pubblica amministrazione che in quelle tra privati.
Parte della dottrina, invece, ha criticato l’introduzione della disposizione di cui all’art. 89 bis nel codice antimafia in quanto l’estensione degli effetti dell’informativa antimafia ai rapporti economici tra soggetti privati contrasterebbe con il principio della certezza e della prevedibilità delle decisioni amministrative247. La Corte Costituzionale, di recente, ha ritenuto infondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 00 xxx xxx x.xxx. 000/0000 xxxxxxxxx dal T.A.R. Sicilia, Sezione distaccata di Catania248, in riferimento agli artt. 76, 77 c.1 ed all’art. 3 della Costituzione249. Con particolare riferimento a quest’ultimo profilo i giudici della Consulta hanno ritenuto non manifestamente irragionevole che, “a fronte di un tentativo di infiltrazione mafiosa, il legislatore, rispetto agli elementi di allarme desunti dalla consultazione della banca dati, reagisca attraverso l’inibizione, sia
247 TONNARA P., Informative antimafia e discrezionalità del prefetto, in Urbanistica e appalti, II/2017, p. 238.
248 T.A.R. Sicilia, Sezione staccata di Catania, ordinanza n. 263 del 28 settembre 2016.
249 Corte Costituzionale, sent. n. 4 del 18 gennaio 2018.
delle attività contrattuali con la pubblica amministrazione, sia di quelle in senso lato autorizzatorie, prevedendo l’adozione di un’informazione antimafia interdittiva che produce gli effetti anche della comunicazione antimafia”.
3.2. Gli elementi sintomatici dei tentativi di infiltrazione mafiosa
L’art. 84 c.3 del d.lgs. 159/2011, come visto in precedenza, indica tra i presupposti per il rilascio di una informazione interdittiva antimafia l’accertamento da parte dell’autorità prefettizia della sussistenza “di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate indicati nel comma 4”.
L’affermazione per cui le mafie, al fine di controllare le attività economiche, si servono sempre più spesso di soggetti che, seppur non organici, sono compiacenti e collaboranti trova conferma nella prassi giudiziaria. È stato osservato, infatti, che è sempre più frequente la contestazione del delitto di intestazione fittizia di beni, disciplinato dall’art. 512 bis c.p.250 in procedimenti penali aventi ad oggetto la criminalità organizzata di stampo mafioso251.
L’autorità prefettizia può accertare la sussistenza di un tentativo di infiltrazione mafiosa ricorrendo al quarto comma dell’art. 84 del d.lgs. 159/2011. Tale disposizione, infatti, elenca una serie di situazioni sintomatiche da cui è
250 Inserito dall'art. 4 del d.lgs. n. 21/2018 concernente "Disposizioni di attuazione del principio di delega della riserva di codice nella materia penale a norma dell'articolo 1, comma 85, lettera q), della legge 23 giugno 2017, n. 103". Ai sensi dell’art. 512 bis c.p.: ”Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque attribuisce fittiziamente ad altri la titolarità o disponibilità di denaro, beni o altre utilità al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali o di contrabbando, ovvero di agevolare la commissione di uno dei delitti di cui agli articoli 000, 000 xxx x 000 xxx, x xxxxxx con la reclusione da due a sei anni”.
251 LO VOI F., “Come cambiano le mafie tradizionali e come si manifestano quelle nuove: le indagini raccontano che…” in Corso SSM “Il fenomeno della criminalità organizzata tra storia, economia e sociologia” (Corso intitolato a Xxxxxxxx Xxxxxxx- Cod.: P 19080), Procura Generale presso la Corte d’Appello di Roma, 10 ottobre 2019.
possibile dedurre un’agevolazione dell’attività criminale da parte dell’impresa o un condizionamento dell’attività d’impresa da parte dell’organizzazione criminale252.
Per diversi anni, in seno alla giurisprudenza amministrativa, si erano registrati diversi orientamenti interpretativi, a volte rigidi, altre volte più flessibili, relativi alla valutazione delle situazioni sintomatiche previste dal legislatore. A far chiarezza è intervenuto il Consiglio di Stato che ha fornito alcune indicazioni alle Prefetture ed ai Tribunali amministrativi chiarendo che l’elenco previsto dal legislatore, lungi dal costituire un numerus clausus, è un catalogo aperto che ricomprende al suo interno situazioni eterogenee, a volte di segno opposto tra loro, “frutto e cristallizzazione normativa di una lunga e vasta esperienza in questa materia”253. I giudici di Palazzo Xxxxx sostengono che il legislatore non sarebbe potuto intervenire diversamente in quanto le modalità attraverso cui le organizzazioni mafiose contaminano l’economia assumono “forme e caratteristiche diverse secondo i tempi, i luoghi e le persone e sfuggono, per l'insidiosa pervasività e mutevolezza, anzitutto sul piano sociale, del fenomeno mafioso, ad un preciso inquadramento”. L’impossibilità di individuare ex ante ed in maniera definitiva tutte le possibili manifestazioni dei tentativi di infiltrazione ha condotto all’attribuzione di un’ampia potestà discrezionale all’autorità prefettizia nella valutazione degli elementi da cui poterli presumere.
Il Prefetto, dunque, può innanzitutto desumere la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa accertando la ricorrenza di almeno una delle situazioni tipizzate dal legislatore all’interno delle disposizioni di cui agli artt. 84 c. 4254 e 91
252 XXXXXXXXXX X., L’informazione interdittiva antimafia, cit., p. 10.
253 Consiglio di Stato, Sez. III, sent. n. 1743 cit.
254 Ai sensi dell’art. 84 c.4 d.lgs. n. 159/2011 : “Le situazioni relative ai tentativi di infiltrazione mafiosa che danno luogo all'adozione dell'informazione antimafia interdittiva di cui al comma 3 sono desunte: a) dai provvedimenti che dispongono una misura cautelare o il giudizio, ovvero che recano una condanna anche non definitiva per taluni dei delitti di cui agli articoli 353, 353 bis, 603 bis, 629, 640 bis, 644, 648 bis, 648 ter del codice penale, dei delitti di cui all'articolo 51, comma 3- bis, del codice di procedura penale e di cui all'articolo 12-quinquies del decreto-legge 8 giugno 1992,
n. 306 convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356; b) dalla proposta o dal provvedimento di applicazione di taluna delle misure di prevenzione; c) salvo che ricorra l'esimente
c.6255 del d.lgs. 159/2011. Tali situazioni sintomatiche del tentativo di infiltrazione mafiosa “spaziano dalla condanna, anche non definitiva, per taluni delitti da considerare sicuri indicatori della presenza mafiosa (art. 84, comma 4, lett. a), del d.lgs. n. 159 del 2011), alla mancata denuncia di delitti di concussione e di estorsione, da parte dell'imprenditore, dalle condanne per reati strumentali alle organizzazioni criminali (art. 91, comma 6, del d.lgs. n. 159 del 2011), alla sussistenza di vicende organizzative, gestionali o anche solo operative che, per le loro modalità, evidenzino l'intento elusivo della legislazione antimafia”.
Dal momento che la mafia è, per definizione, un fenomeno sociale è possibile utilizzare dati della comune esperienza per integrare il criterio del “più probabile che non” facendo ricorso, ad esempio, a fatti penalmente irrilevanti, a fatti che non sono oggetto di procedimenti o processi penali ovvero a fatti che sono stati oggetto di un giudizio penale che si è concluso con il proscioglimento o con l’assoluzione256.
di cui all'articolo 4 della legge 24 novembre 1981, n. 689, dall'omessa denuncia all'autorità giudiziaria dei reati di cui agli articoli 317 e 629 del codice penale, aggravati ai sensi dell'articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991,
n. 203, da parte dei soggetti indicati nella lettera b) dell'articolo 38 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, anche in assenza nei loro confronti di un procedimento per l'applicazione di una misura di prevenzione o di una causa ostativa ivi previste; d) dagli accertamenti disposti dal prefetto anche avvalendosi dei poteri di accesso e di accertamento delegati dal Ministro dell'interno ai sensi del decreto-legge 6 settembre 1982, n. 629, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 ottobre 1982, n. 726, ovvero di quelli di cui all'articolo 93 del presente decreto; e) dagli accertamenti da effettuarsi in altra provincia a cura dei prefetti competenti su richiesta del prefetto procedente ai sensi della lettera d); f) dalle sostituzioni negli organi sociali, nella rappresentanza legale della società nonché nella titolarità delle imprese individuali ovvero delle quote societarie, effettuate da chiunque conviva stabilmente con i soggetti destinatari dei provvedimenti di cui alle lettere a) e b), con modalità che, per i tempi in cui vengono realizzati, il valore economico delle transazioni, il reddito dei soggetti coinvolti nonché le qualità professionali dei subentranti, denotino l'intento di eludere la normativa sulla documentazione antimafia”.
255Ai sensi dell’art. 91 c. 6 d.lgs. n. 159/2011: “ Il prefetto può, altresì, desumere il tentativo di
infiltrazione mafiosa da provvedimenti di condanna anche non definitiva per reati strumentali all'attività delle organizzazioni criminali unitamente a concreti elementi da cui risulti che l'attività d'impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività criminose o esserne in qualche modo condizionata, nonché dall'accertamento delle violazioni degli obblighi di tracciabilità dei flussi finanziari di cui all'articolo 3 della legge 13 agosto 2010, n. 136, commesse con la condizione della reiterazione prevista dall'articolo 8-bis della legge 24 novembre 1981, n. 689. In tali casi, entro il termine di cui all'articolo 92, rilascia l'informazione antimafia interdittiva”.
256 Consiglio di Stato Sez. III, sent. n. 6360 del 2 settembre 2019.
Tenuto conto del fatto che l’informazione interdittiva, adottata all’esito di un giudizio di probabilità fondato sulla nozione di pericolo, ha un effetto preclusivo sarà necessario “che gli elementi fondanti la stessa siano, nel loro complesso, tali da ingenerare il serio pericolo che l'attività d'impresa possa in qualche modo agevolare le attività criminali o esserne, comunque, condizionata”257.
Il Consiglio di Stato ha ripercorso la vasta casistica giurisprudenziale e, tra gli elementi spia di un tentativo di infiltrazione mafiosa per così dire atipici, ha individuato a titolo esemplificativo: “i rapporti di parentela; i contatti o i rapporti di frequentazione, conoscenza, colleganza, amicizia; le vicende anomale nella formale struttura dell'impresa; le vicende anomale nella concreta gestione dell'impresa; la condivisione di un sistema di illegalità, volto ad ottenere i relativi 'benefici'; l'inserimento in un contesto di illegalità o di abusivismo, in assenza di iniziative volte al ripristino della legalità”258.
4. La riforma della disciplina delle informazioni antimafia in tema di accesso ai finanziamenti comunitari in agricoltura
Come si è avuto modo di osservare nel precedente paragrafo il soggetto in odor di condizionamento mafioso non può essere destinatario di “contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee, per lo svolgimento di attività imprenditoriali”259.
La riforma della disciplina della documentazione antimafia in materia di accesso ai finanziamenti comunitari in agricoltura, frutto del Protocollo di legalità del Parco dei Nebrodi, è stata introdotta con l’approvazione della l. 161/2017 che, a sua volta, è stata oggetto di successive revisioni.
257 Consiglio di Stato sez. III, sent. n. 2040 del 23 aprile 2014.
258 Consiglio di Stato Sez. III, sent. n. 6360 cit.
259 Art. 67, c. 1, lett. g) d.lgs. n. 159/2011.
Con la finalità di prevenire le infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore delle erogazioni pubbliche in agricoltura è stato introdotto “un sistema di verifiche antimafia ancora più penetrante e rigoroso rispetto a quello ordinario in materia di concessione di terreni agricoli demaniali che ricevono finanziamenti nell’ambito dei sistemi previsti dalla politica agricola comune, nonché sui terreni agricoli che usufruiscono di fondi europei”260.
Nello specifico la riforma ha toccato gli artt. 83 e 91 del d.lgs. 159/2011. L’art. 25 della l. 161/2017 ha novellato l’art. 83 eliminando dal c. 3 lett. e) il riferimento alle erogazioni facendo in tal modo venir meno l’esclusione dall’obbligo di acquisire la documentazione antimafia per le ipotesi in cui il valore complessivo dell’erogazione fosse inferiore a 150.000 €. La medesima disposizione, inoltre, ha aggiunto il c. 3 bis secondo il quale “la documentazione di cui al comma 1 è sempre prevista nelle ipotesi di concessione di terreni agricoli e zootecnici demaniali che ricadono nell'ambito dei regimi di sostegno previsti dalla politica agricola comune, a prescindere dal loro valore complessivo, nonché su tutti i terreni agricoli, a qualunque titolo acquisiti, che usufruiscono di fondi europei”.
L’art. 28 della l. 161/2017, invece, ha inserito all’art. 91 del d.lgs. 159/2011 il
c. 1 bis a mente del quale “l'informazione antimafia è sempre richiesta nelle ipotesi di concessione di terreni agricoli demaniali che ricadono nell'ambito dei regimi di sostegno previsti dalla politica agricola comune, a prescindere dal loro valore complessivo, nonché su tutti i terreni agricoli, a qualunque titolo acquisiti, che usufruiscono di fondi europei”.
In sostanza, l’obbligo di dotarsi dell’informativa antimafia, che la precedente disciplina normativa imponeva soltanto a coloro che percepivano contributi europei per un importo superiore a 150.000 €, è stato esteso a tutti i possessori di terreni agricoli che percepiscono fondi europei.
260 MINISTERO DELL’INTERNO, Circolare n. 11001/119/20(9) del 19 gennaio 2018. xxxxx://xxx.xxxxxxx.xxx.xx/xxxxx/xxxxxxx/xxxxx/xxxxxxxxx_xxxxxxx_xxxxxx_xxxxxxxxx_xxxxx_000- 2017_-_19_gen_2018.pdf
Tali modifiche hanno dato vita a forti polemiche per le conseguenze negative che avrebbero investito i possibili beneficiari delle erogazioni e per le difficoltà di gestione delle pratiche cui sarebbe andata incontro AGEA.
Per tali ragioni, a distanza di pochi giorni, gli artt. 83 c. 3 bis e 91 c. 1 bis del
d.lgs. 159/2011 sono stati nuovamente emendati ad opera dell’art. 19 terdecies del
d.l. 148/2017 che, in chiusura delle citate disposizioni, ha aggiunto le parole "per un importo superiore a 5.000 euro"261.
Nonostante l’ulteriore ritocco delle due disposizioni del codice antimafia la rappresentanza di AGEA presso l’Unione europea ha fatto notare che, tenuto conto della carenza di personale e dell’assenza di adeguate strutture gestionali, l’aggravio di lavoro non avrebbe consentito di procedere al pagamento dei contributi entro il termine perentorio stabilito con conseguente perdita degli stessi262. Un ulteriore profilo di incongruenza, inoltre, è dato dal fatto che la nuova normativa penalizzerebbe le piccole e medie imprese agricole le quali, non avendo percepito finanziamenti europei per un importo superiore a 150.000 € ed essendo pertanto sprovviste dell’informativa antimafia, non sarebbero state nelle condizioni di accedere ai fondi erogati dall’Unione europea, fonti di sostentamento indispensabili per la prosecuzione dell’attività.
A pochi giorni di distanza il legislatore è nuovamente intervenuto al fine di evitare la concretizzazione dei rischi che l’improvvisa applicazione della nuova normativa avrebbe causato. Con la l. 205/2017 è stato disposto che gli artt. 83 c. 3 bis e 91 c. 1 bis del d.lgs. 159/2011 “non si applicano alle erogazioni relative alle domande di fruizione di fondi europei presentate prima del 19 novembre 2017263. Le predette disposizioni, limitatamente ai terreni agricoli che usufruiscono di fondi europei per importi non superiori a 25.000 euro, non si applicano fino al 31
261 Disposizione convertita in legge dalla l. 172/2017 del 4 dicembre 2017.
262 “Cosa aspetta a risolvere il pasticcio antimafia?”, Risoitaliano, 21 novembre 2017.
xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxx.xx/xxxx-xxxxxxx-x-xxxxxxxxx-xx-xxxxxxxxx-xxxxxxxxx/
263 Giorno in cui è entrata in vigore la l. 161/2017.
dicembre 2018”. Con riguardo alla formulazione del testo normativo è stato evidenziato che non risulta chiaro se la seconda parte della disposizione, in cui viene fatta espressa menzione dei “terreni agricoli che usufruiscono dei fondi europei”, trovi applicazione anche con riferimento ai terreni agricoli demaniali dati in concessione264.
L’introduzione di questa disciplina transitoria ha consentito ad AGEA di procedere al pagamento delle somme relative alle domande presentate prima dell’entrata in vigore della riforma del codice antimafia, scongiurando in tal modo il pericolo di dover restituire all’Unione europea una gran quantità di risorse, e di acquisire le informative antimafia riguardanti le piccole e medie imprese che percepiscono finanziamenti europei per un importo compreso tra i 5.000 ed i 25.000
€.
L’art. 24 c.1 bis del d.l. 113/2018265, meglio conosciuto come “Decreto sicurezza”, ha nuovamente prorogato fino al 31 dicembre 2019 la disciplina transitoria per cui, al momento, gli artt. 83 x. 0 xxx x 00 x.0 xxx del d.lgs. 159/2011 continuano a non trovare applicazione “limitatamente ai terreni agricoli che usufruiscono di fondi europei per importi non superiori a 25.000 euro” .
Di recente AGEA ha adottato una circolare volta a disciplinare la procedura per l’acquisizione delle certificazioni antimafia che, tenuto conto della convenzione per la trasmissione di dati e informazioni per il rilascio delle certificazioni antimafia stipulata tra AGEA ed il Ministero dell’Interno, dovrebbe divenire sensibilmente più snella266. In pratica le dichiarazioni sostitutive di iscrizione alla camera di commercio, a seconda dei casi per società o ditte individuali, e di certificazione dei familiari conviventi dovranno essere dapprima inserite in apposita sezione del fascicolo aziendale e successivamente nel sistema
264 MORCAVALLO O., L’informazione interdittiva antimafia, cit., p. 32.
265 Convertito dalla l. 132/2018.
266 AGEA, Circolare AGEA n. 76178 del 3 ottobre 2019.
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