Imposte indirette
Imposte indirette
Trattamento fiscale
dell’atto di dotazione del trust
I. Cassazione, Sez. trib., Ord. 17 gennaio 2019 (17 luglio 2018), n. 1131 - Pres. Xxxxxxxxx - Xxx. De Masi (stralcio)
Imposte indirette - Trust - Conferimento di beni e diritti in trust - Atto neutro - Configurabilità - Effettivo incremento patrimoniale del beneficiario - Rilevanza
L’imposta prevista dal D.Lgs. n. 346/1990 non può che essere posta in relazione con un’idonea capacità contributiva, con la conseguenza che il conferimento di beni e diritti in trust non integra di per sé un trasferimento imponibile e, quindi, rappresenta un atto generalmente neutro, che non dà luogo ad un trapasso di ricchezza suscettibile di imposizione indiretta, dovendosi fare riferimento, non già alla indeterminata nozione di “utilità economica” della quale il costituente, destinando, dispone, ma solo ad un effettivo incremento patrimoniale del beneficiario, situazione che non si verifica sino a quando il programma del trust non abbia avuto esecuzione.
Ritenuto
che la Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia, la Regione Umbria, il Comune di Perugia e la locale Camera di Commercio, costituirono, con atto notarile, l’Umbria Trust 2005-2010 (per brevità, Trust), con provvista di danaro fornito dalla pre- detta Fondazione, assegnandogli lo scopo di prov- vedere alla manutenzione ordinaria e straordinaria, alla riqualificazione ed allo sviluppo dell’aeroporto umbro di X. Xxxxxx nel quinquennio 2005-2010, prevedendo altresì che eventuali beni residui sareb- bero stati devoluti, alla cessazione del trust, alla Regione Umbria o ad altra società pubblica o ente pubblico regionale individuato dai disponenti; che, appunto, sulle somme via via ricevute come apporti monetari da uno dei disponesti, segnatamente, la Fon- dazione Cassa di Risparmio di Perugia, il Trust pagò l’imposta sulle donazioni, nella misura massima dell’8%, della quale ha successivamente richiesto il rimborso, con istanza del 16 settembre 2009, impu- gnando il silenzio-rifiuto opposto dall’ Amministra- zione finanziaria;
che la Commissione tributaria provinciale di Peru-
gia ha accolto il ricorso, con decisione confermata dalla Commissione tributaria regionale dell’Um- bria, la quale ha respinto l’appello erariale osser- vando che “l’imposta di donazione non deve colpire l’atto giuridico, ma solo ed esclusivamente l’arricchimento del soggetto che riceve un bene o
denaro dal donante”, che “non tutte le disposizioni che creano vincoli di destinazione sono da consi- derare donazioni”, che quindi “non possono scon- tare l’imposta (...) quei vincoli che non hanno una effettiva donazione riconosciuta come tale dal diritto civile”, e che nella specie “non si configura donazione, ma semplice conferimento (partita di giro, volgarmente parlando) finalizzato ad uno scopo ben preciso - incremento e valorizzazione dell’aeroporto di Perugia -, con obbligo di versa- mento del residuo alla Regione o ad altro ente pubblico”, per cui “non ci sono i presupposti per l’applicazione dell’imposta”;
che l’Agenzia delle entrate ricorre per ottenere la cas- sazione della sentenza, affidando il ricorso ad un unico motivo, al quale il Trust resiste con controricorso e memoria.
Considerato
che l’Agenzia delle entrate deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applica- zione del D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 47, perché la CTR, nel ritenere assoggettabile ad imposta solo il c.d. trust liberale, ha trascurato di considerare che, sulla base della disciplina fiscale vigente, la costituzione di vincoli di destinazione su beni e diritti è soggetta alla imposta sulle suc- cessioni e donazioni in misura proporzionale, ove ciò avvenga per testamento o per atto inter vivos,
mentre è irrilevante, ai fini qui considerati, l’in- sussistenza dell’animus donandi della Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia, e del correlato arricchimento del Trust, profili propri degli atti di liberalità, essendo di per sé sufficiente il vincolo di destinazione impresso ai beni e, dunque, l’effetto di segregazione delle somme apportate dal soggetto disponente per incrementare il fondo del trust, funzionale all’interesse dei beneficiari finali;
che la censura è infondata e non merita accoglimento, (omissis);
che, con riferimento alla tassazione dei vincoli di desti- nazione e segnatamente dei trust, la reintrodotta disci- plina della imposta sulle successioni e donazioni pone una serie di problemi interpretativi poiché, a differenza di quanto originariamente previsto dal citato decreto, il quale si riferiva unicamente alle successioni e dona- zioni, la novella legislativa ha esteso il presupposto impositivo, sottoponendoli a tassazione, ai trasferi- menti a titolo gratuito, nonché alla costituzione dei vincoli di destinazione;
che, come emerge dalla lettera della norma in esame, l’imposizione si riferisce agli atti “a titolo gratuito”, e non più solo alle “liberalità” di cui al D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 1, cosa che consente di argomentare che il presupposto del tributo vada ravvisato, più che nell’a- nimus donandi, nell’accrescimento patrimoniale (effet- tivo) del beneficiario, ottenuto senza alcuna contropartita; che, dunque, accanto ai trasferimenti a causa di morte o per donazione (già presenti nel D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 1 e della cui idoneità a procurare un incremento del patrimonio dell’erede o del donatario non si è mai dubitato), l’imposta comprende il trasferimento di beni e diritti a titolo gratuito, nonché la costituzione di vincoli di destinazione, fattispecie queste ultime senz’altro distinte, la prima delle quali individua comunque attribuzioni patrimoniali, che si risolvono cioè in un incremento della sfera economica del sog- getto che acquista il bene o diritto, ancorché non accompagnate da un intento liberale, mentre la seconda, che qui interessa più da presso, ad avviso dell’Agenzia delle entrate, integrerebbe immediata- mente il presupposto impositivo, in quanto l’effetto segregativo, tipico degli atti costitutivi di vincoli di destinazione e funzionale al (successivo) trasferimento dei beni vincolati a favore di soggetti diversi dal dispo- nente, sarebbe di per sé espressione di capacità contri- butiva, “ancorché non determini (o non determini ancora) alcun vantaggio economico diretto per qual- cuno”, ed a maggior ragione alcun trasferimento;
che, invero, nell’ambito concettuale dei “vincoli di destinazione” devono essere ricondotti non solo gli “atti di destinazione” di cui all’art. 2645-ter c.c., ma qualunque fattispecie prevista dall’ordinamento tesa alla costituzione di patrimoni vincolati ad uno scopo, ed in tal senso si è espressa anche l’Ammi- nistrazione finanziaria (cfr. circolare 3/E del 22 gennaio 2008), secondo la quale per vincoli di destinazione si intendono “i negozi giuridici mediante i quali determinati beni sono destinati alla realizzazione di un interesse meritevole di tutela da parte dell’ordinamento, con effetti segre- gativi e limitativi della disponibilità dei beni medesimi”; che non è in discussione il fatto che il trust di cui all’atto pubblico del 29 dicembre 2005 avesse lo scopo di sostenere finanziariamente le attività dell’aeroporto umbro, (omissis);
che neppure è contestato il fatto che il trasferimento di
beni o diritti fosse a titolo gratuito, non essendovi previsione di alcun corrispettivo, e che il soggetto disponente certamente non intendesse arricchire il trustee, volendo piuttosto che quest’ultimo gestisse, in favore dei beneficiari, le somme di denaro apportate al fondo, segregandole per la realizzazione dello scopo indicato nell’atto istitutivo del trust, in modo tale che i mezzi finanziari raccolti non potessero essere distolti dalle specifiche finalità di quest’ultimo;
che, peraltro, anche nel caso in cui il trustee sia “inte- ressato” all’operazione che ha originato il trust, si tratta comunque di mezzi finanziari, quelli oggetto degli atti di dotazione compiuti dal disponente, destinati a non entrare (definitivamente) nel patrimonio personale del trustee, quindi non “suoi”, così come, più in generale, la intestazione formale dei beni al trustee, fino allo scioglimento del trust, si deve ritenere misura soltanto strumentale e temporanea;
che, pertanto, la tesi dell’immediata tassazione del trust all’atto della segregazione di beni e diritti, senza dover attendere il successivo trasferimento di essi in favore di soggetti beneficiari diversi dall’autore del vincolo fun- zionale, riposa sull’asserito rilievo impositivo che sarebbe stato attribuito dal legislatore al vincolo di destinazione, per questi ultimi, con conseguente obbligo di corrispondere l’imposta sulle successioni e donazioni, in misura proporzionale, già al momento della segregazione del patrimonio destinato;
che in tal senso si è espressa questa Corte, con le ordinanze gemelle n. 3737/2015 e n. 5322/2015, in controversie riguardanti le medesime parti in causa (omissis);
che siffatto ordine di argomenti appartiene ad un orientamento giurisprudenziale formatosi in un limitato arco temporale, che non si è consolidato, il quale (omissis) riconosce due fattispecie distinte ed autonome (la costituzione del vincolo di desti- nazione e il trasferimento dal fondo in trust verso i beneficiari), accomunate esclusivamente dal rinvio materiale al D.Lgs. n. 346 del 1990, ed individua il “nuovo” presupposto impositivo, correlato alla mera “predisposizione del programma di funziona- lizzazione del diritto al perseguimento degli obiet- tivi voluti” con l’istituzione del trust, nel “valore dell’utilità della quale il disponente, stabilendo che sia sottratta all’ordinario esercizio delle proprie facoltà proprietarie, finisce con l’impoverirsi”, così differenziandolo da quello tradizionalmente considerato nelle successioni e donazioni;
che il trasferimento di beni e diritti (e, quindi, all’arric-
chimento) viene ad assumere, nel meccanismo imposi- tivo, un rilievo del tutto secondario, appartenendo piuttosto “all’esecuzione del programma di destinazione che, per conseguenza, non rileva ai fini dell’individua- zione del momento del prelievo tributario sulla costitu- zione del vincolo, ma dopo, anche ai fini della eventuale riliquidazione delle aliquote e delle franchigie”;
che siffatto approccio interpretativo appare segnato dalla - palesata - preoccupazione che, ricollegando “la tassazione alla identificazione di un qualche “utile” o “vantaggio” percepito da un soggetto”, e quindi (...) alla acquisizione dei beni da parte di un soggetto legittimato ad utilizzarli a proprio esclusivo vantaggio”, si finirebbe per rinviare sine die l’assolvimento dell’onere tributa- rio, ben potendo il trust avere durata temporale assai lunga e conseguentemente essere incerto il momento del trasferimento finale al beneficiario, o si finirebbe addirittura per escluderlo, “ove questo vantaggio non derivi dal negozio costitutivo del vincolo”, ben potendo il patrimonio gestito dal trustee subire medio tempore modificazioni sostanziali significative (cfr. Cass. n. 4482/2016);
che, inoltre, una delle ordinanze (Cass. n. 4482/2015) riferisce di una sostanziale “visione di sfavore nei con- fronti dei vincoli negoziali di destinazione, scoraggiati attraverso la leva fiscale” che non sembra trovare riscon- tro nei lavori preparatori dell’intervento normativo del 2006, laddove deve viceversa registrarsi un crescente interesse del legislatore verso l’istituto in questione, repu- tato meritevole di essere agevolato fiscalmente quando il trust è costituito in favore di determinate categorie di soggetti, come è contemplato nella Legge n. 112 del 2016 (c.d. legge su “dopo di noi”);
che, per quanto possa occorrere, nelle difese erariali non risulta affatto prospettato, con riferimento al caso di specie, un impiego fiscalmente elusivo dello strumento trust;
che al ridetto orientamento se ne contrappone altro (Cass. n. 21614/2016, n. 975/2018, n. 13626/2018,
n. 15469/2018), secondo cui non è convincente l’interpretazione letterale del D.L. n. 262 cit., art. 2, comma 47 ss., adottata a sostegno della tesi - qui riproposta dalla Agenzia ricorrente - della istitu- zione di un’autonoma fattispecie impositiva “sulla costituzione dei vincoli di destinazione”, (omissis) avente come presupposto la mera costituzione del vincolo, indipendentemente dalla natura traslativa o meno di esso, stante il rilievo intrinsecamente patrimoniale dell’atto di destinazione, di per sé espressivo di capacità contributiva, che produce una sorta di “anticipazione” del prelievo al momento della separazione/segregazione dei beni, rispetto a quello dell’arricchimento (futuro) del beneficiario dei vincoli; che questa Corte, con la sentenza n. 21614 del 2016, ha in particolare sottolineato che “l’unica imposta espres- samente istituita è stata la reintrodotta imposta sulle successioni e sulle donazioni alla quale per ulteriore espressa disposizione debbono andare anche assogget- tati i ‘vincoli di destinazione’, con la conseguenza che il presupposto dell’imposta rimane quello stabilito dal D.Lgs. n. 346 cit., art. 1, del reale trasferimento di beni o diritti e quindi del reale arricchimento dei beneficiari (omissis);
che ritiene il Collegio di dover dare continuità al
più recente orientamento il quale, come sopra riferito, mediante una lettura costituzionalmente orientata della normativa in esame (artt. 53 e 23 Cost.), attribuisce giusto rilievo al fatto che l’im- posta prevista dal D.Lgs. n. 346 del 1990 non può che essere posta in relazione con “un’idonea capa- cità contributiva”, che il conferimento di beni e diritti in trust non integra di per sé un trasferi- mento imponibile e, quindi, rappresenta un atto generalmente neutro, che non dà luogo ad un trapasso di ricchezza suscettibile di imposizione indiretta, per cui si deve fare riferimento non già alla - indeterminata - nozione di “utilità econo- mica, della quale il costituente, destinando, dispone” (Cass. n. 3886/2015), ma a quella di effettivo incremento patrimoniale del beneficiario; che, infatti, la novellata struttura del tributo de quo mantiene intatta una disciplina unitaria delle pur distinte ipotesi impositive, le quali ruotano tutte
intorno all’unico indice di capacità contributiva dato dall’attualità ed effettività dell’incremento patrimo- niale, da valutarsi sempre nella prospettiva causale unitaria dell’istituto civilistico del trust, mediante la individuazione puntuale del momento e del soggetto che manifesta la capacità contributiva, perché l’arric- chimento non può dirsi attuale sino a quando il pro- gramma del trust non abbia avuto esecuzione;
che, del resto, la possibilità di costituzione di vincoli di destinazione con, e senza, effetto traslativo, è generalmente ammessa sia in dottrina, che in giuri- sprudenza (da ultimo, Cass. n. 13626/2018), ed anche nella situazione presa in considerazione dal
D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 47, come presupposto dell’imposta, se pur in senso oggettivo, rivela necessariamente la capacità contributiva del soggetto passivo, cioè la sua possibilità economica di contribuire alla spesa pubblica, perché se è vero che l’art. 53 Cost. non contiene un elenco degli indici di capacità contributiva, esso comunque richiede l’esistenza di un collegamento del presupposto d’im- posta con fatti e situazioni espressivi di potenzialità economica;
che, alla luce delle considerazioni che precedono, un’indiscriminata imponibilità degli atti costitutivi di vincoli di destinazione non appare espressione di una ragionevole discrezionalità, non arbitrio (Corte Cost. n. 4/1954 e n. 83/2015), del legisla- tore, per cui la interpretazione normativa solleci- tata dalla odierna ricorrente risulta non percorribile, perché se per ritenere integrato il presupposto d’imposta occorre riferirsi soltanto al perfezionamento del negozio costitutivo del vin- colo, non è comprensibile la collocazione sistema- tica della “nuova” imposta accanto alle imposte sui trasferimenti di beni e diritti mortis causa o con animus donandi ed ora anche a titolo gratuito, e perché, se è vero che il diritto tributario è quali- ficante, in quanto adegua alle proprie esigenze le fattispecie normative appartenenti ad altro ramo
dell’ordinamento giuridico, tuttavia, il principio dell’unità del diritto impone comunque la non alterazione della struttura sostanziale delle fattispe- cie normative considerate;
che, in conclusione, la consapevolezza del legislatore delle problematicità insite nel sottoporre a tassazione uno strumento negoziale tipologicamente assai varie- gato, quale appunto è il trust, segna inevitabilmente i limiti dell’intervento novellatore, che non si con- fronta con la complessità del fenomeno governato, per cui non si può trarre dallo scarno disposto del
D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 47, il fonda- mento normativo di un’autonoma imposta, intesa a colpire ex se la costituzione dei vincoli di destina- zione, indipendentemente da qualsivoglia evento tra- slativo - in senso proprio di beni e diritti, pena il già segnalato deficit di costituzionalità della novella così letta (Cass. n. 21614/2016); che, in relazione agli atti di dotazione del fondo oggetto di causa (“vedi elenco fatto nel ricorso alla Commis- sione provinciale”), il giudice di appello ha accertato la non ricorrenza della donazione (“con animus donandi e arricchimento da parte del trust”), e la decisione, non impugnata in punto di motivazione, pur facendo leva soprattutto sull’assenza dell’intento liberale del dispo- nente, e del correlato arricchimento di un soggetto diverso da quest’ultimo, non potendosi attribuire rilievo fiscale al mero impoverimento del disponente, ha correttamente escluso che la costituzione del vincolo di destinazione sulle somme di denaro conferite in trust avesse prodotto un effetto traslativo immediato, solo in tal caso giustificandosi la soggezione dell’atto dotativo all’imposta sulle successioni e donazioni, in misura proporzionale, in quanto sicuro indice della capacità economica del soggetto beneficiato; (omissis)
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità.
II. Cassazione, Sez. trib., Ord. 5 dicembre 2018 (7 novembre 2018), n. 31445 - Pres. Chindemi - Rel. Penta (stralcio)
Imposte indirette - Trust - Trasferimento dei beni al trustee - Natura transitoria - Presupposto d’imposta - Trasferimento definitivo dei beni al beneficiario - Necessità - Regime delle imposte indirette sui trasferimenti in misura proporzionale - Inapplicabilità
Seil trasferimentodei beni al trusteehanatura transitoriae nonesprimealcuna capacità contributiva, il presupposto d’imposta si manifesta solo con il trasferimento definitivo dei beni dal trustee al bene- ficiario e non può applicarsi il regime delle imposte indirette sui trasferimenti in misura proporzionale.
Ciò non esclude tout court che in talune fattispecie sia possibile valutare sin da subito se il disponente abbia avuto la volontà effettiva di realizzare, sia pure per il tramite del trustee, untrasferimento di diritti in favore di terzo. A differenti conclusioni deve invece pervenirsi con riferimento al trust c.d. auto- dichiarato, data la coincidenza tra il disponente e il trustee.
Ritenuto in fatto
La Commissione tributaria provinciale accoglieva i ricorsi riuniti proposti da G.L., G., M., Gi. e A.M. avverso un avviso di rettifica e riliquidazione di imposta di registro sul presupposto che l’imposta da applicare sull’atto di costituzione del “trust Mi.” non fosse pro- porzionale in misura dell’8%, ma fissa, trattandosi di atto sottoposto a condizione sospensiva non ancora verificatasi.
Proponeva appello l’Ufficio, censurando la sentenza impugnata e sostenendo che lo scopo del trust nel caso di specie era quello di segregare il patrimonio conferito al fine di destinare il ricavato all’eventuale vendita di detto patrimonio alla soddisfazione delle banche, (omissis) con la conseguenza che il negozio giuridico in esame era riconducibile alla costituzione di vincoli di destinazione di cui al D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 47, convertito con la Legge n. 286 del 2006 e, come tale, il momento in cui doveva essere applicata l’imposta era da individuarsi alla data in cui si era realizzata la costituzione del vincolo, in deroga al criterio di tassazione ordinario.
(Omissis)
Con sentenza del 25.9.2012, la CTR di Milano riget- tava l’appello, sulla base, per quanto qui ancora rileva, delle seguenti considerazioni:
1) al momento della segregazione del bene in un trust di scopo non esisteva ancora il soggetto passivo dell’impo- sta, né tanto meno si era costituito il vincolo di destinazione;
2) il trattamento dei trust di scopo voluto dall’Ufficio appariva non giustificato per mancanza di manifesta- zione di capacità contributiva e del presupposto del- l’arricchimento su cui si reggeva l’applicazione dell’imposta di donazione;
3) appariva più conforme alla normativa vigente e, segnatamente, al D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 60, appli- care, al momento della registrazione dell’atto in cui veniva segregato il bene, l’imposta di registro in misura fissa con iscrizione a campione dell’atto di trust, essendo atto sottoposto a condizione sospensiva;
4) da ciò conseguiva che, se il disponente avesse portato a compimento quanto promesso, il trustee gli avrebbe restituito i beni, avendo il trust raggiunto lo scopo per il quale era stato istituito, con l’assolvi- mento dell’ulteriore imposta di registro sempre in misura fissa; al contrario, se il disponente non
avesse potuto o voluto tenere fede ai propri impe- gni, il trust sarebbe stato autorizzato a vendere o ad utilizzare i beni del disponente e solo in questo momento si sarebbe consacrato definitivamente il vincolo di destinazione, con il conseguente assog- gettamento all’imposta di successione e donazione nella misura dell’8%.
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso l’Agenzia delle entrate, sulla base di un unico motivo (omissis).
Considerato in diritto
1. Con l’unico motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 47, conv. in Legge n. 286 del 2006 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per aver la CTR escluso l’assoggettabilità del- l’atto istitutivo del trust all’imposta sulle successioni e donazioni in misura proporzionale dell’8% del valore indicato nell’atto.
1.1. Il trust, secondo lo schema tipico emergente dalla Convenzione dell’Aja dell’1 luglio 1985, art. 2, resa esecutiva in Italia con Xxxxx 16 ottobre 1989, n. 364, concretizza un’entità patrimoniale costituita da un insieme di rapporti giuridici istituiti da una persona, il disponente, in rapporto a beni posti sotto il controllo di un trustee nell’interesse di un beneficiario o per un fine determinato. (Omissis) Questa Corte ha più volte affermato che l’atto istitutivo di un trust non può essere annoverato nell’alveo degli atti a contenuto patrimoniale per il sol fatto che il consenso prestato riguarda un vincolo su beni muniti di valore economico. Una tale affermazione contrasta sia con le caratteristiche tipiche del trust come istituto giuridico, sia e soprattutto con le caratteristiche del sistema impositivo di registro, in cui l’elemento essen- ziale cui connettere la nozione di prestazione “a conte- nuto patrimoniale”, ex art. 9 della tariffa, è l’onerosità. L’art. 9 della tariffa, parte 1, rappresenta una clausola di chiusura finalizzata a disciplinare tutte le fattispecie fiscalmente rilevanti diverse da quelle indicate nelle restanti disposizioni, purché però si tratti di fattispecie onerose, e in questo specifico senso aventi un contenuto patrimoniale.
La norma non può essere intesa in modo dissociato dal
contesto del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 43, comma 1, che fissa, anche ai fini specifici, la base imponibile
dell’imposta. Rileva, in particolare, la disposizione con- tigua di cui alla lett. h) di tale ultima previsione, che, quanto appunto alle “prestazioni a contenuto patrimo- niale”, indica come base imponibile l’ammontare “dei corrispettivi in denaro pattuiti per l’intera durata del contratto”. Il che rappresenta dimostrazione del fatto che, ai sensi dell’art. 9 della tariffa, la prestazione “a contenuto patrimoniale” è la prestazione onerosa (Cass. n. 975/2018; Cass. n. 25478/2015).
La normativa sul trust (D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, art. 2, commi da 47 a 53, convertito, con xxxxxx- xxxxxxx, dalla Legge 24 novembre 2006, n. 286, art.
1, commi da 77 a 79, Legge 27 dicembre 2006,
n. 296 - L. finanziaria per il 2007 - e Legge 24 dicembre 2007, n. 244, art. 1, comma 31, - L. finanziaria per il 2008 -), prevede l’applicabilità dell’imposta sulle successioni e donazioni sui tra- sferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito “e sulla costituzione di vincoli di destinazione”, alla luce del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle suc- cessioni e donazioni, di cui al D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, nel testo vigente alla data del 24 ottobre 2001, fatto “Salvo quanto previsto dai commi da 48 a 54”.
Il D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 47, come con- vertito, prescrive che “è istituita l’imposta sulle succes- sioni e donazioni sui trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito e sulla costituzione di vincoli di destinazione, secondo le disposizioni del testo unico delle disposizioni concer- nenti l’imposta sulle successioni e donazioni, di cui al D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, nel testo vigente alla data del 24 ottobre 2001, fatto salvo quanto previsto dai commi da 48 a 54”.
Occorre, dunque preliminarmente accertare se l’atto istitutivo del trust sia annoverabile o meno tra gli atti onerosi, da tassarsi in misura proporzionale, ai sensi del
D.P.R. n. 131 del 1986, art. 9, allegata alla tariffa, parte 1, o tra gli atti a titolo gratuito, da tassarsi in misura fissa ai sensi dell’art. 11 della tariffa.
Va, quindi, verificato se il trust sia un istituto necessa- riamente ricompreso tra i vincoli di destinazione, con conseguente applicazione dell’imposta di donazione indipendentemente dall’analisi della sua natura e dei suoi effetti giuridici.
1.2. Sulla questione concernente il momento in cui si realizza il presupposto impositivo nel caso di costitu- zione di un trust, si assiste, all’interno di questa Sezione, ad un apparente contrasto di vedute. Invero, secondo un indirizzo che sembrerebbe allo stato prevalente, il trasferimento del bene dal settlor al trustee
avviene a titolo gratuito e non determina effetti trasla- tivi, poiché non ne comporta l’attribuzione definitiva allo stesso, che è tenuto solo ad amministrarlo ed a custodirlo, in regime di segregazione patrimoniale, in vista del suo ritrasferimento ai beneficiari del trust, sicché detto atto sarebbe soggetto a tassazione in misura fissa, sia per quanto attiene all’imposta di registro che alle imposte ipotecaria e catastale (Sez. 5, sentenza
n. 975 del 17/01/2018). (Omissis). In definitiva, in caso di costituzione di un “trust” a titolo gratuito, espressione di liberalità, non si applicherebbe il regime delle imposte indirette sui trasferimenti in misura pro- porzionale, poiché il trasferimento dei beni al “trustee” avrebbe natura transitoria e non esprimerebbe alcuna capacità contributiva, sicché il presupposto d’imposta si manifesterebbe, ripetesi, solo con il trasferimento defi- nitivo di beni dal “trustee” al beneficiario (Sez. 5, sen- tenza n. 25478 del 18/12/2015).
A fronte di tale apparentemente maggioritario orientamento, se ne pone un altro, secondo cui l’atto con il quale il disponente vincoli propri beni al perseguimento della finalità di rafforzare una generica garanzia patrimoniale già prestata, nella qualità di fideiussore, in favore di alcuni istituti bancari, pur non determinando il trasferi- mento di beni ad un beneficiario e l’arricchimento di quest’ultimo, nondimeno è fonte di costituzione di un vincolo di destinazione, sicché resta assog- gettato all’imposta prevista dal D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, art. 2, comma 47, convertito dalla Legge 23 novembre 2006, n. 286, la quale - acco- munata per assonanza alla gratuità delle attribu- zioni liberali - a differenza delle imposte di successione e donazione, che gravano sui trasferi- menti di beni e diritti “a causa” della costituzione dei vincoli di destinazione, è istituita direttamente, ed in sé, sulla costituzione del vincolo (Sez. 6 - 5, ordinanza n. 3735 del 24/02/2015).
Non manca, poi, chi sostiene che mediante il “trust”
si costituirebbe un vincolo di destinazione idoneo a produrre un effetto traslativo in favore del “trustee”, sebbene funzionale al successivo ed eventuale tra- sferimento della proprietà dei beni vincolati ai sog- getti beneficiari, che dovrebbe essere assoggettato all’imposta sulle successioni e donazioni, facendo emergere la potenziale capacità economica, ex art.
53 Cost., del destinatario del trasferimento. In applicazione di tale principio, Sez. 5, sentenza
n. 13626 del 30/05/2018 ha ritenuto assoggettato a detta imposta, in luogo di quella di registro, un “trust” finalizzato alla liquidazione di beni nell’inte- resse dei creditori.
1.3. In primo luogo, va evidenziato che, tra le pronunce che hanno avallato l’orientamento mag- giormente rigoroso, solo una (la n. 21614/2016) ha analizzato una fattispecie soggetta ratione temporis al D.L. n. 2VI2 del 2006, art. 2, (applicabile solo a decorrere dal 3 ottobre 2006), conv. in Legge
n. 286 del 2006 (avendo ad oggetto un trust auto- dichiarativo del 17.12.2012), laddove le altre due pronunce si riferiscono ad atti del 2003.
Il problema si pone, in quanto occorre domandarsi se il trust rientri nell’ambito dei “vincoli di destinazione” che il cit. art. 2, comma 47, prende in considerazione (in alternativa ai trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito) ai fini della sottoposizione all’imposta sulle successioni e donazioni.
1.4. Gli argomenti principali su cui si fonda l’indirizzo
c.d. minoritario sono due.
Un primo argomento è di tipo letterale. Il tenore del menzionato art. 2, comma 47, evidenzierebbe che l’im- posta è istituita non già sui trasferimenti di beni e diritti a causa della costituzione di vincoli di destinazione (argomento, di contro, speso dalla sentenza n. 21614/ 2016 per escludere l’applicabilità dell’imposta sulle donazioni), come, invece, accade per le successioni e le donazioni, in relazione alle quali è espressamente evocato il nesso causale, bensì direttamente, ed in sé, sulla costituzione dei vincoli.
Sarebbe, dunque, colpito un fenomeno patrimoniale del tutto diverso e distinto rispetto a quello investito dalla imposta sulle successioni e donazioni (prevista nel medesimo comma). Perciò apparirebbero incongrue tutte le riflessioni che collegano la tassazione alla iden- tificazione di un qualche “utile” o “vantaggio” percepito da un soggetto, e che quindi - ad esempio - collegano l’onere tributario alla acquisizione dei beni da parte di un soggetto legittimato ad utilizzarli a proprio esclusivo vantaggio. Ragionando in tal modo, si rinvierebbe sine die la tassazione (o la si escluderebbe), ove questo vantaggio non derivasse dal negozio costitutivo del vincolo.
Ai fini della tassazione indiretta occorrerebbe guardare alla manifestazione di ricchezza e non (necessaria- mente) all’arricchimento. (Omissis)
In base alla impostazione che qui verrà sottoposta a revisione critica, i vincoli cui si riferisce la norma designerebbero non negozi, bensì l’effetto giuridico di destinazione, mediante il quale si disporrebbe di, ossia si porrebbe fuori da sé (e non necessariamente in favore di altri da sé), un bene, orientandone i diritti dominicali al perseguimento degli obiettivi voluti. In quest’ottica, alla disposizione non sarebbe coessenziale l’attribuzione a terzi, in quanto mercé la
destinazione si modula, non si trasferisce, il diritto. Ciò in quanto presupposto coessenziale alla stessa natura dell’istituto sarebbe che il detto disponente perda la disponibilità di quanto abbia conferito in trust, al di là di determinati poteri che possano competergli in base alle norme costitutive. Che il trust postuli l’alienazione dei beni del disponente emerge chiaramente dall’art. 2, comma 3, a norma del quale “il fatto che il disponente conservi alcuni diritti e facoltà o che il trustee abbia alcuni diritti in qualità di beneficiario non è necessariamente incompatibile con l’esistenza di un trust”: il diritto convenzionale, dunque, ammette, in astratto, che possano residuare in capo al settlor “alcuni diritti e facoltà”. Nel momento stesso in cui si crea una separazione patrimoniale da destinazione si assiste- rebbe ad una riduzione del patrimonio del soggetto disponente.
L’atto di conferimento dei beni in trust viene concepito
come atto funzionale e prodromico al successivo tra- sferimento a favore dei beneficiari.
Non è revocabile in dubbio che mediante il “trust” si costituisca un vincolo di destinazione (Sez. 5, sentenza
n. 13626 del 30/05/2018; v. anche Sez. 5, sentenza
n. 21614 del 26/10/2016, secondo cui la “segregazione”, quale effetto naturale del vincolo di destinazione, non comporta, però, alcun reale trasferimento o arricchi- mento, che si realizzeranno solo a favore dei beneficiari).
In definitiva, secondo la tesi in esame, l’imposta sulla costituzione di vincolo di destinazione sarebbe un’imposta nuova, accomunata solo per assonanza alla gratuità delle attribuzioni liberali, altrimenti gratuite e successorie; essa riceve disci- plina mediante un rinvio, di natura recettizio- materiale, alle disposizioni del D.Lgs. n. 346 del 1990 (in quanto compatibili: D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 50, come convertito), ma conserve- rebbe connotati peculiari e disomogenei rispetto a quelli dell’imposta classica sulle successioni e sulle donazioni.
Ciò in quanto nell’imposta in esame, a differenza che in quella tradizionale, il presupposto imposi- tivo sarebbe correlato alla predisposizione del pro- gramma di funzionalizzazione del diritto al perseguimento degli obiettivi voluti; là dove l’og- getto consiste nel valore dell’utilità economica della quale il disponente, stabilendo che sia sot- tratta all’ordinario esercizio delle proprie facoltà proprietarie, finirebbe con l’impoverirsi. In tal guisa ragionando, non rileverebbe la mancanza di arricchimento.
In quest’ottica, la materiale percezione dell’utilità, ossia, secondo la tradizionale impostazione, l’arricchi- mento, apparterrebbe all’esecuzione del programma di destinazione, che, per conseguenza, non rileverebbe ai fini dell’individuazione del momento del prelievo tri- butario sulla costituzione del vincolo, ma dopo, anche ai fini della eventuale riliquidazione delle aliquote e delle franchigie. L’attribuzione patrimoniale in trust, allora, determinando la costituzione del vincolo di destina- zione, andrebbe assoggettata alla relativa imposta, indi- pendentemente dalla successiva attuazione della destinazione impressa al danaro (cfr. Sez. 6 5, ordinanza n. 3737 del 2015).
1.4.1. Il secondo argomento posto alla base dell’indi- xxxxx minoritario è di tipo logico-sistematico.
Se questa imposta necessitasse del trasferimento e, quindi, dell’arricchimento, essa sarebbe del tutto super- flua, risultando sufficiente quella classica sulle succes- sioni e sulle donazioni, nelle quali il presupposto d’imposta è, appunto, il trasferimento, quantunque condizionato o a termine, dell’utilità economica ad un beneficiario: si prospetterebbe, in definitiva, l’inter- pretatio abrogans della disposizione in questione. Al fine di sottoporre ad imposta esclusivamente il passaggio diretto dal trustee ai beneficiari, sarebbe, del resto, stata senz’altro sufficiente la previsione contenuta nella prima parte dell’art. 2. (omissis). Al contempo, se si fosse inquadrato la fattispecie nell’ambito delle dona- zioni sottoposte a condizione, sarebbe stato sufficiente richiamare il D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 58, a mente del quale “Per le donazioni sottoposte a condizione si appli- xxxx le disposizioni relative all’imposta di registro”. Il legislatore, inoltre, non avrebbe inteso sottoporre ad imposta un atto sospensivamente condizionato, bensì un atto che è immediatamente efficace.
Inciderebbe a favore di questa tesi altresì una visione di
sfavore nei confronti dei vincoli negoziali di destina- zione, scoraggiati attraverso la leva fiscale (lo evidenzia Sez. 6 - 5, sentenza n. 4482 del 2016).
L’interpretazione in oggetto sarebbe altresì costituzio- nalmente orientata, se si considera che la capacità contributiva, come chiarito dalla Consulta, sarebbe da intendere come attitudine ad eseguire la prestazione imposta, correlata non già alla concreta situazione del singolo contribuente, bensì al presupposto economico al quale l’obbligazione è correlata (Corte Cost. 20 luglio 1994, n. 315), di modo che “è sufficiente che vi sia un collegamento tra prestazione imposta e presupposti economici presi in considerazione” (Corte Cost. 21 maggio 2001, n. 155). Di tal ché non vi sarebbe neppure il rischio che la lettura qui confermata possa rivelarsi in contrasto con l’art. 53 Cost., il quale non tollererebbe
un’imposta, a meno che non fosse semplicemente d’atto, senza relazione alcuna con un’idonea capacità contributiva. L’atto negoziale esprimerebbe, del resto, una “capacità contributiva”, ancorché non determini (o non determini ancora) alcun vantaggio economico diretto per qualcuno. Con riguardo all’imposta in esame, non rileverebbe affatto, come anticipato, la mancanza di arricchimento, giacché il contenuto patri- moniale referente di capacità contributiva sarebbe rag- guagliato all’utilità economica, che, in quanto indirizzata ad altri, si collocherebbe al di fuori del patrimonio del disponente (Sez. 6 - 5, ordinanza n. 5322 del 2015).
In conclusione, alla luce dell’intervento normativo, andrebbe disattesa la pregressa affermazione secondo cui il trust dovrebbe scontare soltanto l’imposta di registro in misura fissa, atteso che in questo caso è mancante qualsiasi trasferimento di ricchezza, con la conseguenza che l’atto di costituzione del trust non accompagnato da alcun conferimento non andrebbe assoggettato all’imposta di successione e donazione proprio perché quest’ultima non è un’imposta d’atto, bensì un’imposta che tassa il trasferimento di ricchezza liberale. Ciò condurrebbe a superare la precedente impostazione, basata sul D.Lgs. n. 346 del 1999, art. 1, che identificava il presupposto impositivo della libe- ralità nel reale arricchimento (del o dei beneficiari) mediante un effettivo trasferimento di beni e diritti. D’altra parte, il menzionato art. 1, data la sua inequi- voca formulazione letterale (“L’imposta sulle succes- sioni e donazioni si applica ai trasferimenti di beni e diritti per successione a causa di morte ed ai trasferi- menti di beni e diritti per donazione o altra liberalità tra vivi.”), non ammetterebbe interpretazioni alternative o estensive.
Da ultimo, alla stregua della impostazione in oggetto, la
proporzionalità dell’imposta sarebbe prevista ex lege dal cit. D.L., art. 2, comma 49, (il quale contempla aliquote differenti a seconda del rapporto che intercorre tra il disponente ed i beneficiari finali) e l’eventuale trasfe- rimento finale dei beni in favore del o dei beneficiari non dovrebbe essere sottoposto ad alcuna imposta (sulle successioni e donazioni), atteso che tale trasferimento altro non rappresenterebbe se non l’attuazione del pro- gramma insito nel trust.
1.5. L’orientamento allo stato prevalente rileva che “l’unica imposta espressamente istituita è stata la rein- trodotta imposta sulle successioni e sulle donazioni alla quale per ulteriore espressa disposizione debbono andare anche assoggettati i ‘vincoli di destinazione’, con la conseguenza che il presupposto dell’imposta rimane quello stabilito dal cit. D.Lgs. n. 346, art. 1,
del reale trasferimento di beni o diritti e quindi del reale arricchimento dei beneficiari” (Cass. n. 4482 del 2016; Cass. ord. Sez. 6, n. 5322 del 2015; Cass., ord., Sez. 6
n. 3886 del 2015; Cass., ord. Sez. 6 n. 3737 del 2015; Cass., ord. Sez. 6 n. 3735 del 2015).
1.6. Per quanto la tesi minoritaria esposta colga alcuni dei riflessi immediati del D.L. n. 262 del 2006, art. 2, commi 47 e 49, sul regime impositivo degli atti costi- tutivi di trust, si lascia preferire l’orientamento opposto, sia pure con alcune precisazioni.
In primo luogo, viene condivisa la lettura della intentio legis nel senso di evitare, attraverso l’introduzione del cit. D.L. n. 2VI2, art. 2, commi 47 e ss., che un’inter- pretazione restrittiva della istituita nuova L. sulle suc- cessioni e donazioni disciplinata mediante richiamo al già abrogato cit. D.Lgs. n. 346 possa dar luogo a nessuna imposizione anche in caso di reale trasferimento di beni e diritti ai beneficiari quando lo stesso sia stato collocato all’interno di una fattispecie di “recente” introduzione come quella dei “Vincoli di destinazione” e quindi non presa in diretta considerazione dal ridetto “vecchio” cit. X.Xxx. n. 346 (così, in parte motiva, Cass. n. 21614/ 2016).
(Omissis)
In terzo luogo, solo una volta che si realizzerà l’effetto traslativo si potrà, in alcune evenienze (allorquando, cioè, nell’atto costitutivo vengano individuati nume- rosi soggetti, magari in via gradata, a seconda che si verifichino o meno determinati eventi dedotti), indi- viduare con precisione gli effettivi beneficiari, in tal guisa determinando, per l’effetto, l’aliquota (oscillante tra il 4 e l’8%, a seconda del rapporto che intercorre tra il disponente ed il beneficiario) in concreto applicabile in sede di tassazione indiretta. Nel caso, ad esempio, in cui il trust sia costituito con lo scopo di destinare gli even- tuali beni oggetto di segregazione alla soddisfazione di creditori, gli atti di disposizione degli stessi sconteranno la tassazione all’uopo prevista (essendo solo il ricavato vincolato alla destinazione ab initio impressa), laddove non è da escludere che i cespiti in fine ritornino al disponente, una volta estinti i debiti.
Tuttavia, ciò non esclude tout court che in alcune fatti- specie sia possibile valutare sin da subito se il disponente abbia avuto la volontà effettiva di realizzare, sia pure per il tramite del trustee, un trasferimento dei diritti in favore di terzo. È il caso di recente analizzato da Sez. 5, sentenza
n. 13626 del 2018, che si sostanziava in un atto costitu- tivo di un trust avente ad oggetto quote di partecipazione in una s.r.l. avente lo scopo di alienare le stesse e di provvedere proporzionalmente al pagamento dell’espo- sizione debitoria della disponente. È chiaro, infatti, che, allorquando il beneficiario sia unico e ben individuato
(determinando, nel caso di specie, in assenza di rapporti di parentela con la disponente, l’applicazione dell’ali- quota massima dell’8%) ed il negozio costitutivo non preveda, neppure in xxx xxxxxxxxxxx, xx xxxxxxx xxx xxxx xx xxxx xx settlor, l’operazione dismissiva evidenzi, in assenza di provati intenti elusivi, una reale volontà di trasferimento, con la conseguente applicabilità imme- diata dell’aliquota di volta in volta prevista.
A differenti conclusioni deve, invece, pervenirsi con riferimento al trust c.d. autodichiarato, che si realizza allorquando le figure del disponente e del trustee coin- cidano e che vede il suo fenomeno estremo nell’eve- nienza in cui il beneficiario finale si identifichi con lo stesso settlor.
In questa ipotesi non può non considerarsi che nel trust autodichiarato vi è coincidenza tra il disponente e il trustee, quando non accada addirittura che il disponente si auto nomini quale beneficiario.
Alla luce dei principi costituzionali, legati alla capacità contributiva ex art. 53 Cost., è legittima l’imposta proporzionale qualora il trasferimento a favore dell’at- tuatore faccia emergere la potenziale capacità econo- mica del destinatario (immediato) del trasferimento. Coerentemente con la natura e l’oggetto del tributo, sono rilevanti i vincoli di destinazione in grado di determinare effetti traslativi collegati al trasferimento di beni e diritti, che realizzano un incremento stabile, misurabile in moneta, di un dato patrimonio con cor- relato decremento di un altro.
Il vincolo di destinazione, in tal caso, è idoneo a pro- durre un effetto traslativo funzionale al (successivo ed eventuale) trasferimento della proprietà dei medesimi beni vincolati a favore di soggetti beneficiari diversi dal soggetto disponente, senza alcun effetto di segregazione del bene.
Il vincolo di destinazione non assume, tuttavia, un rilievo autonomo ai fini della segregazione del bene, se (come nel caso del trust autodichiarato) rimane nel patrimonio del disponente.
1.7. In definitiva, appare troppo rigido l’orientamento che ritiene, invece, che l’imposta proporzionale sia automaticamente collegata alla costituzione dei vincoli senza valutarne gli effetti (Cass. Sez. 6 - 5, ord. n. 5322 del 2015; Cass. Sez. 6 - 5, ord. n. 3886 del 2015; Sez. 6 - 5, ord. n. 3737 del 2015).
Bisogna valutare caso per caso, soprattutto nel trust autodichiarato, se sia o meno riconducibile alla donazione indiretta, considerando che la “segrega- zione”, quale effetto naturale del vincolo di desti- nazione, non comporta, però, alcun reale trasferimento o arricchimento, che si realizzeranno solo a favore dei beneficiari, successivamente tenuti
al pagamento dell’imposta in misura proporzionale (cfr., in tal senso, Cass. Sez. 5, del 26/10/2016 n. 21VI14).
Se il trasferimento dei beni al “trustee” ha natura tran- sitoria e non esprime alcuna capacità contributiva, il presupposto d’imposta si manifesta solo con il trasferi- mento definitivo di beni dal “trustee” al beneficiario e non può applicarsi il regime delle imposte indirette sui trasferimenti in misura proporzionale.
L’imposta sulle donazioni e sulle successioni ha come presupposto l’arricchimento patrimoniale a titolo di liberalità, e la stessa non può applicarsi se il trust è stato costituito senza conferimento, scontando in que- sto caso soltanto l’imposta fissa di registro.
Occorre altresì considerare che il trustee non è proprie- tario, bensì amministratore dei beni che devono essere trasferiti ai beneficiari in esecuzione del programma negoziale stabilito per la donazione indiretta (Conven- zione de L’Aja del 1 luglio 1985, artt. 2 e 11, recepita in Legge 16 ottobre 1989, n. 364).
Per l’applicazione dell’imposta sulle successioni e sulle donazioni manca quindi, in qualche caso, il presupposto impositivo della liberalità, alla quale può dar luogo soltanto un reale arricchimento mediante un reale trasferimento di beni e diritti (cit. D.Lgs. n. 346, art. 1). La sola interpretazione letterale del cit. D.L. n. 262, art. 2, comma 47 ss., in forza della quale sarebbe stata istituita un’autonoma imposta “sulla costituzione dei vincoli di destinazione” disciplinata con il rinvio alle regole contenute nel cit. D.Lgs. n. 346 e avente come presupposto la loro mera costituzione, sarebbe incosti- tuzionale, per le ragioni già evidenziate, per violazione dell’art. 53 Cost. dovendosi procedere ad una interpre- tazione costituzionalmente orientata nel senso prospettato.
1.8. Nel caso di specie A.M. ed i G. hanno istituito un trust avente ad oggetto il loro patrimonio immobiliare con lo scopo di destinare il ricavato della (eventuale) vendita dei beni alla soddisfazione dei creditori della società […] S.p.A., in favore della quale avevano rilasciato delle fideiussioni (trust c.d. di scopo), prevedendo espressa- mente che, una volta realizzato tale obiettivo, il trustee sarebbe stato tenuto a restituire in loro favore i beni. Xxxxxx, la lettura offerta del dato normativo fiscale, il quale deve tenere in debito conto il
sistema fiscale complessivo e, come detto, le ragioni di ordine costituzionale, legate alla capacità contributiva ex art. 53 Cost., fanno ritenere legit- tima l’applicazione dell’imposta prevista dal TU
n. 346 del 1990 solo qualora il trasferimento a favore dell’attuatore faccia emergere la potenziale capacità economica del destinatario (immediato) del trasferimento.
Coerentemente con la natura e l’oggetto del tributo, sono, invero, rilevanti i vincoli di destinazione in grado di determinare effetti traslativi in vicende non onerose, collegati al trasferimento di beni e diritti, che realizzano un incremento stabile, misurabile in moneta, di un dato patrimonio con correlato decre- mento di un altro.
Il vincolo di destinazione, in tal caso, è idoneo a produrre un effetto traslativo funzionale al (succes- sivo ed eventuale) trasferimento della proprietà dei medesimi beni vincolati a favore di soggetti bene- ficiari diversi dal soggetto disponente senza alcun effetto di segregazione del bene, a differenza dei casi di trust autodichiarato, che hanno solo portata destinatoria con conseguente effetto di segrega- zione o separazione del bene, il quale rimane però nel patrimonio del disponente (in tal senso si è condivisibilmente espressa Cass. 21614/2016). Alla stregua delle considerazioni che precedono, nella specie non sono allo stato individuabili i reali benefi- ciari dell’operazione, non potendosi, peraltro, escludere in via assoluta un eventuale rientro dei cespiti in capo ai disponenti.
2. In definitiva, il ricorso non merita di essere accolto. (Omissis)
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa integralmente le spese del giudizio. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 5 Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 7 novembre 2018.
I testi integrali delle ordinanze possono essere richiesti a xxxxxxxxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xxxxx@xxx.xx
xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xxx/xx
Ulteriormente frammentati in Cassazione gli orientamenti sulla tassazione del trust di Xxxxxx Xxxxxx (*) e Xxxx-Xxxxxx Xxxxxxx (**)
Le ultime decisioni della Suprema Corte in tema di trust (nn. 13626/2018, 31445/2018, 734/2019 e 1131/ 2019) giungono a una soluzione univoca circa la questione del trattamento tributario dell’atto di dotazione del trust solo con riguardo al trust “autodichiarato”: se ne compie infatti una innovativa osservazione, escludendosene, in ogni caso, la tassazione con l’imposta proporzionale di donazione poiché, in sostanza, si stabilizza la convinzione che l’imposta di donazione non possa prescindere da un incremento patrimoniale. Circa, invece, il trust “traslativo”, la corrente numericamente maggioritaria continua a sostenerne la tassazione con l’imposta proporzionale di donazione, escludendo però da questo ambito la non chiara fattispecie del trust “traslativo” che comporti attribuzioni di natura “non transitoria”.
La frattura che si è prodotta in Cassazione circa il trattamento tributario dell’atto di dotazione del trust non accenna a ricomporsi, in quanto restano ferme, anche alla luce delle ultime quattro deci- sioni della Cassazione in materia - vale a dire le ordinanze n. 31445/2018 (1), 734/2019 (2) e 1131/ 2019 (3) e la sentenza n. 13626/2018 (4) - le due “correnti” in cui la giurisprudenza di legittimità si è divisa:
a) la “corrente” - espressa in un numero minore di decisioni, se si considerano quelle edite relativamente a fattispecie maturatesi
dopo l’entrata in vigore del D.L. n. 262/ 2006 (5) - che inquadra l’istituzione del vin- colo del trust come una situazione transitoria, come tale non espressiva di capacità contri- butiva (essendo “rimandata” la tassazione pro- porzionale al momento in cui il patrimonio del trust verrà attribuito ai beneficiari finali del trust);
b) la “corrente” che ravvisa, invece, un presuppo- sto d’imponibilità nella fattispecie del (o in una certa fattispecie di) trust “traslativo” (6)(come appena oltre verrà descritto).
(*) Notaio in Milano
(**) Avvocato e Dottore Commercialista in Milano, LL.M.,
Partner, Responsabile del Dipartimento Fiscale, Chiomenti
(1) Cass. 5 dicembre 2018, n. 31445 (sulla quale cfr. Busani, “Imposta donazioni soltanto per il trust non ‘transitorio’”, in Il Sole - 24 Ore del 6 dicembre 2018): è una ordinanza relativa a una fattispecie probabilmente concernente un trust “traslativo” forma- tasi in data posteriore all’entrata in vigore del D.L. n. 262/2006. L’ordinanza è “gemella” a quella di pari data, recante il n. 31446: su entrambe, cfr. Xxxxxxx, “Trust onerosi e imposte sui trasferimenti: il nuovo approccio teorico della Suprema Corte”, in Corr. Trib., n. 2/ 2019, pag. 190.
(2) Cass. 15 gennaio 2019, n. 734 (sulla quale cfr. Busani, “La tassazione segue la natura del trust”, in Il Sole - 24 Ore del 16 gennaio 2019): è una ordinanza il cui testo è esattamente identico a quello di Cass. n. 31445/2018 ed è relativa a una fattispecie concernente un trust “traslativo” formatasi in data posteriore all’entrata in vigore del D.L. n. 262/2006.
(3) Cass. 17 gennaio 2019, n. 1131 (sulla quale cfr. Xxxxxx, “La Cassazione ci ripensa: il trust si tassa alla fine”, in Il Sole - 24 Ore del 18 gennaio 2019): è una ordinanza relativa a una fattispecie concernente un trust “traslativo” formatasi in data posteriore all’entrata in vigore del D.L. n. 262/2006.
(4) Cass. 30 maggio 2018, n. 13626 (sulla quale cfr. Busani, “Subito tassato l’apporto al trust”, in Il Sole - 24 Ore del 31 maggio 2018; Busani, “Tassazione del trust sull’ottovolante”, in Il Sole - 24 Ore dell’11 giugno 2018; e Papotti - Ferro, “Trust e imposta sulle successioni e donazioni: le pronunce della S.C. come ‘suggel ch’o- gn’omo sganni’”, in Corr. Trib., n. 24/2018, pag. 1901), in il fisco, n. 27/2018, pag. 2670, con nota di Xxxxxx, “Il trasferimento a un trust ‘solutorio’ di quote di una S.r.l. sconta l’imposta di donazione
dell’8%”; in Corr. Trib., n. 25/2018, pag. 1956, con nota di Busani, “Ulteriore ‘giravolta’ in Cassazione sulla tassazione dell’apporto al trust”; in GT - Riv. giur. trib., n. 11/2018, pag. 851, con nota di Xxxxxxxxx, “Il trustee di un trust liquidatorio come ‘beneficiario’ dell’arricchimento che giustifica l’imposta sugli atti liberali”, e di Bartolazzi Menchetti, “Il ruolo del notaio nell’’autoliquidazione’ delle imposte sui trasferimenti”;e in Trust, 2018, 624, con nota di Xxxxxxx, “La ‘terza via’ interpretativa della Cassazione su trust e vincoli di destinazione”: è una sentenza relativa a una fattispecie concernente un trust “traslativo” formatasi in data posteriore all’en- trata in vigore del D.L. n. 262/2006.
(5) L’art. 2, comma 47, D.L. 3 ottobre 2006, n. 262 (convertito in Legge 24 novembre 2006, n. 286), ha disposto che “l’imposta sulle successioni e donazioni” di cui al X.Xxx. 31 ottobre 1990, n. 346, si appunta (oltre che sui “trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito”) anche sulla “costituzione di vincoli di destinazione”. Secondo la circolare n. 3/E del 22 gennaio 2008, nella categoria dei vincoli di destinazione “sono riconducibili i negozi giuridici mediante i quali determinati beni sono destinati alla realizzazione di un interesse meritevole di tutela da parte dell’ordi- namento, con effetti segregativi e limitativi della disponibilità dei beni medesimi” (tale è l’atto con il quale determinati beni vengono vincolati in un trust).
(6) Il trust è un vincolo che il titolare di un dato patrimonio (denominato “disponente” o settlor) imprime su detto patrimonio affinché esso sia finalizzato allo scopo indicato dal disponente stesso. Il trust presuppone la nomina di un soggetto, denominato trustee (cui è demandato il compito di perseguire la finalità che il disponente intende perseguire istituendo il trust), perché è nella sfera giuridica del trustee (non essendo il trust un soggetto di diritto) che si forma il vincolo impresso ai beni i quali sono destinati in trust
Vi è, peraltro, un importante dato di novità che accomuna le predette ultime decisioni della Cas- sazione: infatti, in quelle ove ancora si sostiene l’applicazione all’atto di dotazione del trust del- l’imposta proporzionale di donazione non si adduce più l’argomento per il quale l’istituzione del vincolo di destinazione sarebbe tassata in sé e per sé, in conseguenza del rilievo che il D.L.
n. 262/2006 avrebbe introdotto nel nostro ordi- namento una imposta “nuova”; in dette decisioni si limita, dunque, l’applicazione dell’imposta proporzionale di donazione al solo caso del (o solo ad un certo caso di) trust “traslativo” (e, quindi, sottraendo in ogni caso il trust “autodi- chiarato” dall’imposizione proporzionale).
Orientamenti contrastanti
della giurisprudenza di legittimità
Xxxxxxxx all’osservazione delle predette ultime quattro decisioni nelle quali il giudice
di legittimità ha preso in esame la tematica della tassazione del trust, esse invero sono state esplicitamente scritte con l’intento di dare una soluzione definitiva al problema affrontato, tenendo conto degli argomenti addotti a sostegno delle contrastanti decisioni precedenti, analizzandoli criticamente e cer- cando di trovare, tra essi, quelli utili a dare supporto a un orientamento finalmente definitivo.
Senonché, pur nella consapevolezza del con- trasto verificatosi in precedenza e nella volontà di comporlo, la Cassazione ha ema- nato decisioni di nuovo notevolmente dif- formi tra loro.
E così, a una prima “stagione”, ove si sono registrate decisioni contraddittorie (da un lato, l’orientamento maggioritario espresso nelle ordinanze nn. 3735/2015 (7), 3737/ 2015 (8), 3886/2015 (9) e 5322/2015 (10) e la
dal disponente. Al riguardo, si ha la seguente alternativa: (i) il dispo- nente nomina sé stesso quale trustee, al che i beni destinati in trust rimangono di titolarità del disponente, ma, appunto, vincolati all’at- tuazione del trust (è questo il c.d. trust autodichiarato); il trust auto- dichiarato è, dunque, la fattispecie nella quale il disponente, nominandosi quale trustee e isolando, dal proprio “patrimonio gene- rale”, i beni destinati al trust e vincolandoli all’attuazione del trust, “manda” detti beni a formare un sottoinsieme a fianco del proprio “patrimonio generale”, finalizzato appunto all’attuazione del trust; in altri termini, nel trust autodichiarato i “beni in trust” non mutano di titolarità (in quanto essi permangono nella titolarità del settlor, dive- nuto anche trustee) ma vengono comunque vincolati all’attuazione del trust; (ii) il disponente nomina come trustee un soggetto (per- sona fisica o giuridica) diverso da sé stesso e, in tal caso, gli attribuisce la titolarità del patrimonio destinato al trust (è questo il
c.d. trust traslativo); in questa fattispecie, i beni destinati a divenire
“beni in trust” vengono vincolati in trust passando dal “patrimonio generale” del settlor a quello del trustee e andando a formare, nell’ambito di quest’ultimo, un’area separata dal “patrimonio gene- rale” del trustee.
(7) Cass. 24 febbraio 2015, n. 3735 (relativa a una fattispecie concernente un trust “autodichiarato”, sulla quale cfr. Busani, “Trust, l’imposta si paga subito”, in Il Sole - 24 Ore del 25 febbraio 2015), in Notariato, n. 2/2015, pag. 207; in il fisco, n. 11/2015, pag. 1077; in Corr. Trib., n. 16/2015, pag. 1203; in Dir. prat. trib., n. 4/ 2015, pag. 688, con nota di Xxxxxxxxxx, “Vincoli di destinazione, trust e imposta sulle successioni e donazioni: la (criticabile) tesi interpretativa della Corte di Cassazione e le conseguenze”;e in GT
- Riv. giur. trib., n. 5/2015, pag. 397, con nota di Stevanato, “La ‘nuova’ imposta su trust e vincoli di destinazione nell’interpreta- zione creativa della Cassazione”, secondo cui “l’atto col quale il disponente vincoli beni a sé appartenenti al perseguimento della finalità di rafforzamento della generica garanzia patrimoniale già prestata, nella qualità di fideiussore, in favore di alcuni istituti bancari (c.d. trust autodichiarato ‘di garanzia’), in quanto fonte di costituzione di vincoli di destinazione, è assoggettato all’imposta sulle successioni e donazioni, con applicazione dell’aliquota resi- duale all’8%”.
(8) Cass. 24 febbraio 2015, n. 3737 (relativa a una fattispecie concernente un trust “traslativo”), in Foro it., n. 4/2015, I, pag. 1215; in il fisco, n. 11/2015, pag. 1096; in Corr. Trib., n. 16/2015, pag. 1203, con nota di Xxxxxx - Xxxxxxx, “L’imposizione indiretta dei trust: luci e ombre delle recenti pronunce della Corte di cassazione”; in Dir. prat. trib., n. 4/2015, pag. 688, con nota di Xxxxxxxxxx, “Vincoli di destinazione, trust e imposta sulle succes- sioni e donazioni: la (criticabile) tesi interpretativa della Corte di Cassazione e le conseguenze”, secondo cui “l’attribuzione di denaro, conferito in trust e destinato ad essere investito a bene- ficio di terzi, è assoggettata all’imposta gravante sui vincoli di destinazione a norma del comma 47 dell’art. 2, D.L. n. 262/ 2006, convertito dalla Legge n. 286/2006, dal momento che per espressa previsione normativa la costituzione di un vincolo di destinazione è assunta come autonomo presupposto impositivo”.
(9) Cass. 25 febbraio 2015, n. 3886 (relativa a una fattispecie concernente un trust“autodichiarato”, sulla quale cfr. Busani, “La Cassazione ‘smonta’ il trust”, in Il Sole - 24 Ore dell’8 marzo 2015), in il fisco, n. 11/2015, pag. 1097; in Vita Not., n. 1/2015, pag. 386; in Dir. prat. trib., n. 4/2015, pag. 688, con nota di Xxxxxxxxxx, “Vincoli di destinazione, trust e imposta sulle successioni e donazioni: la (criticabile) tesi interpretativa della Corte di Cassazione e le con- seguenze”; in Boll. trib., n. 17/2015, pag. 1269, secondo cui “uno dei tratti tipologicamente caratteristici del trust è ’il trasferimento a terzi da parte del settlor dei beni costituiti in trust, al fine del conseguimento dell’effetto, con carattere reale, di destinazione del bene alla soddisfazione dell’interesse programmato’ (in sostanza, non c’è trust se non c’è trasferimento di beni a un trustee e, quindi, il trust ‘autodichiarato’ non esisterebbe); inoltre l’imposta di donazione si rende applicabile nel momento in cui viene impresso un vincolo di destinazione, a prescindere dal fatto che vi sia un trasferimento patrimoniale da un soggetto all’altro”.
(10) Cass. 18 marzo 2015, n. 5322 (relativa a una fattispecie
concernente un trust “traslativo”), in il fisco, n. 14/2015, pag. 1395; in Dir. prat. trib., n. 4/2015, pag. 688, con nota di Xxxxxxxxxx, “Vincoli di destinazione, trust e imposta sulle successioni e dona- zioni: la (criticabile) tesi interpretativa della Corte di Cassazione e le conseguenze”;e in Notariato, n. 4/2015, pag. 443, secondo cui
sentenza n. 4482/2016 (11), ove è stato intuito - a fronte della codificazione dell’imposta sui vincoli di destinazione da parte del D.L. n. 262/2006 - l’atto di dotazione del trust come un presupposto d’imponibilità (12); d’altro lato, l’orientamento minoritario (13) espresso nella sentenza n. 21614/2016 (14), ove si è affermato che la dotazione di un trust non è da intendere quale manifestazione di capacità contributiva, in quanto essa si verifica, non nel momento del trasferimento dei beni dal disponente al trustee, ma solamente con l’attribuzione del patrimonio del trust al beneficiario del trust stesso (15)), le quali, per lo più, prescindevano le une dalle altre, è succeduta ora una seconda “stagione”,
ove il giudice di legittimità bensì esprime l’intento di sanare il contrasto maturato nelle sue precedenti pronunce soppesando le ragioni che le hanno supportate al fine di rinvenire quelle dotate di maggiore plausibi- lità, ma poi non riesce, all’esito del ragiona- mento che viene svolto, a cogliere il desiderato obiettivo di giungere a decisioni lineari, coerenti, univoche.
Questa seconda “stagione” ha, dunque, preso avvio con la sentenza n. 13626/2018, nella quale, con l’obiettivo di comporre il precedente contrasto (cercando, per quanto possibile, di non smentire la giurisprudenza precedente) (16), è stato deciso che:
“va applicata l’imposta sulle successioni e donazioni, nella pecu- liare accezione concernente la costituzione di vincolo di destina- zione, assunta come autonomo presupposto impositivo, sull’attribuzione di denaro, conferita in trust e destinata ad essere investita a beneficio di terzi”.
(11) Cass. 7 marzo 2016, n. 4482 (relativa a una fattispecie concernente un trust “autodichiarato”), in Trust, n. 7/2016, pag. 395; in il fisco, n. 16/2016, pag. 1571, con nota di Carunchio, “Costituzione di vincolo di destinazione: autonomo presupposto d’imposta, ma con eccezioni”; in GT - Riv. giur. trib., n. 5/2016, pag. 396, con nota di Stevanato, “Imposta sui vincoli di destina- zione e giudice-legislatore: errare è umano, perseverare diabo- lico”; in Corr. Trib., n. 25/2016, pag. 1998, con nota di Xxxxxx, “L’imposizione indiretta del ‘trust di salvataggio’”, secondo cui “l’istituzione di un trust familiare importa la costituzione di un vincolo di destinazione su beni, il quale costituisce, anche qualora non sia individuabile uno specifico beneficiario, autonomo pre- supposto d’imposta in forza dell’art. 2, comma 47, Legge n. 286/ 2006, che assoggetta tale vincolo ad una tassazione parametrata sui criteri di cui all’imposta sulle successioni e donazioni. Non ricadono nell’ambito applicativo della norma impositiva i trust costituenti vincoli per i quali è prevista una specifica disciplina o miranti ad effetti espressamente approvati dal legislatore, quale è la definizione dei rapporti delle imprese in crisi”.
(12) In queste decisioni, in sostanza, si è ritenuto che l’imposta sulla istituzione del vincolo di destinazione fosse un’imposta nuova, con connotati peculiari e disomogenei rispetto a quelli dell’imposta di donazione: e ciò, in quanto nell’imposta sui vincoli di destinazione, a differenza della “tradizionale” imposta di dona- zione, il presupposto impositivo sarebbe correlato alla predispo- sizione del programma di funzionalizzazione del diritto in relazione al perseguimento degli obiettivi voluti dal disponente, il quale, sottraendo i beni vincolati in trust all’ordinario esercizio delle proprie facoltà proprietarie, provoca un decremento del proprio patrimonio. In altre parole, questa nuova imposta osserverebbe un fenomeno patrimoniale del tutto diverso e distinto rispetto a quello investito dalla imposta sulle successioni e donazioni: ai fini della tassazione indiretta occorrerebbe guardare alla manifesta- zione di ricchezza e non all’arricchimento; e tale manifestazione si avrebbe nell’origine dell’effetto giuridico di destinazione, mediante il quale il disponente pone un bene al di fuori della sua ordinaria sfera giuridica, orientandone i diritti dominicali al perse- guimento degli obiettivi voluti. Presupposto coessenziale sarebbe insomma che il disponente perda la disponibilità di quanto abbia conferito in trust, mentre non sarebbe coessenziale l’attribuzione a un soggetto terzo del bene “destinato”. Nel momento stesso in cui sidia corso a una separazione patrimoniale si assisterebbe, con
ciò, dunque, a una diminuzione del patrimonio del soggetto disponente.
(13) Definito invece “prevalente” da Xxxx. 5 dicembre 2018, n. 31445, la quale, evidentemente, per giungere a esprimere questo concetto di prevalenza, effettua una impropria somma delle deci- sioni emanate dalla Cassazione con riferimento a fattispecie for- matesi anteriormente all’entrata in vigore del D.L. n. 262/2006, con quelle riferite a fattispecie formatesi posteriormente. Invero, si tratta dell’orientamento minoritario, sesicomputano - com’èpiù appropriato - le sole decisioni emanate in fattispecie formatesi posteriormente all’entrata in vigore del D.L. n. 262/2006.
(14) Cass. 26 ottobre 2016, n. 21614 (relativa a una fattispecie concernente un trust “autodichiarato”, sulla quale cfr. Busani, “Trust‘autodichiarato’ con imposte fisse”, in Il Sole- 24 Ore del 27 ottobre 2016 e Papotti, “Italian trusts - the final chapter?”, in STEP Journal, dec. 2017 - xxx. 2018), in il fisco, n. 46/2016, pag. 4476, con nota di Carunchio, “Imposte ipotecaria e catastale in misura fissa sul trust autodichiarato”; in Dir. prat. trib., n. 5/2017, pag. 2228, con nota di Xxxx, “Le imposte indirette nella costituzione del trust: in misura fissa o proporzionale? la soluzione (si spera) definitiva della Cassazione”; in Corr. Trib., n. 6/2017, pag. 463, con nota di Busani - Ridella, “Reset in Cassazione: l’imposta di dona- zione non si applica al vincolo di destinazione”; in Trust, n. 1/2017, pag. 66; in GT - Riv. giur. trib., n. 1/2017, pag. 31, con nota di Stevanato, “Il ‘new deal’ della Suprema Corte sull’imposizione indiretta del trust: giù il sipario sull’imposta sui vincoli di destina- zione?”; in Boll. trib., n. 3/2017, pag. 231, con nota di Xxxxxxx, “Trust liberali e imposizione indiretta: la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione destituisce di ogni fondamento l’evane- scente imposta autonoma sui vincoli di destinazione”; in Trust, 2017, 28, con nota di Xxxxxxx, “Trust e imposte sui trasferimenti: il ’nuovo corso’ della Corte di Cassazione”.
(15) Secondo questo orientamento, l’imposta di donazione non può che essere posta in relazione con “un’idonea capacità con- tributiva” e l’assoggettamento di beni e diritti al vincolo del trust non integra di per sé un trasferimento imponibile e, quindi, rap- presenta un atto generalmente neutro, che non dà luogo ad un trapasso di ricchezza suscettibile di imposizione con l’imposta di donazione: in altre parole, il trasferimento dei beni al trustee avrebbe una natura meramente transitoria e non esprimerebbe alcuna capacità contributiva, sicché il presupposto d’imposta si manifesterebbe solo nel momento del trasferimento definitivo dei beni dal trustee al beneficiario.
(16) Il tentativo di far credere che nella giurisprudenza anteriore “si assiste” a un “contrasto di vedute” solo “apparente” (così si legge in Cass. 5 dicembre 2018, n. 31445) è, invero, alquanto goffo.
a) l’imposta sui vincoli di destinazione non è (rispetto alla “tradizionale” imposta di succes- sione e donazione) una “imposta nuova” (17) ma è l’“ordinaria” imposta di donazione applicata alla particolare fattispecie dell’incremento patri- moniale che si concreti nell’ambito di un atto istitutivo di vincolo di destinazione (e introdotta nel nostro ordinamento al fine di significare che l’imposta di donazione si applica, non solo all’in- cremento patrimoniale realizzato mediante donazioni o atti a titolo gratuito, bensì anche all’incremento patrimoniale prodotto a seguito dell’istituzione di un vincolo di destinazione);
b) l’imposta di donazione (poiché si tratta di una imposta che trova il suo presupposto nell’incre- mento patrimoniale del soggetto beneficiario) in tanto si applica all’istituzione del vincolo di trust in quanto esso sia originato in uno con il trasfe- rimento del patrimonio in trust dal disponente al trustee (18);
c) non si applica l’imposta di donazione (19) se, nell’istituire un vincolo di trust su un dato xxxxx- xxxxx, esso rimane (è il c.d. trust “autodichia- rato”) di titolarità del disponente (20).
Questa decisione recata dalla sentenza n. 13626/ 2018 non combacia esattamente con quella con- tenuta nella successiva ordinanza n. 31445/2018 (e nella ordinanza sua gemella, la n. 734/2019, quest’ultima redatta pedissequamente fotoco- piando la n. 31445/2018), ove viene sviluppato un ragionamento senz’altro simile (a quello espresso nella sentenza n. 13626/2018) ma un po’ più articolato, secondo il quale, premesso che l’imposta di donazione non può essere “automa- ticamente collegata alla costituzione” del vin- colo di destinazione “senza valutarne gli effetti”, allora:
a) se il trust è di tipo “traslativo” e se “il trasfe- rimento dei beni al trustee ha natura transitoria e non esprime alcuna capacità contributiva” (21)
(17) Che si trattasse di un’imposta “nuova” lo avevano, invece, affermato: Xxxx. 24 febbraio 2015, n. 3735, cit.; Cass. 24 febbraio 2015, n. 3737, cit.; Cass. 25 febbraio 2015, n. 3886, cit.; Cass. 18 marzo 2015, n. 5322, cit.; Cass. 7 marzo 2016, n. 4482, cit. In Cass. 26 ottobre 2016, n. 21614, cit., è stato invece sostenuto che non si tratti di una imposta “nuova”.
(18) Alla medesima conclusione, ma argomentando che, come detto, l’imposta sui vincoli di destinazione sarebbe una “imposta nuova”, erano giunte anche Xxxx. 24 febbraio 2015, n. 3737, cit.; e Xxxx. 18 marzo 2015, n. 5322, cit.
(19) Nel medesimo senso, cfr. Cass. 26 ottobre 2016, n. 21614, cit. In senso contrario, cfr. Cass. 24 febbraio 2015, n. 3735, cit.; Cass. 25 febbraio 2015, n. 3886, cit.; e Cass. 7 marzo 2016, n. 4482, cit. In Cass. 24 febbraio 2015, n. 3737, cit.; e in Cass. 18 marzo 2015, n. 5322, cit., si legge che “in questa imposta” (e cioè l’imposta “nuova” che avrebbe a oggetto l’istituzione di vincoli di destinazione) “diversamente da quanto accade per l’altra” (vale a dire, la “tradizionale” imposta di donazione) “il trasferimento del diritto non innerva la causa della fattispecie”.
(20) Cfr. Cass. 30 maggio 2018, n. 13626, cit., secondo cui anche nel caso dell’atto con il quale si imprime un vincolo di destinazione su un dato patrimonio, “il presupposto dell’imposta rimane quello stabilito dall’art. 1, D.Lgs. n. 346 […] del reale trasferimento di beni o diritti e quindi del reale arricchimento dei beneficiari”; intento del legislatore del D.L. n. 262/2006 è stato quello “di evitare che un’interpretazione restrittiva della istituita nuova legge sulle successioni e donazioni disciplinata mediante richiamo al già abrogato Decreto Legislativo n. 346 […] potesse dar luogo a nessuna imposizione anche in caso di reale trasferi- mento di beni e diritti ai beneficiari quando lo stesso fosse stato collocato all’interno di una fattispecie di “‘recente’ introduzione come quella dei ‘vincoli di destinazione’ e quindi non presa in diretta considerazione dal ridetto ‘vecchio’ Decreto Legislativo n. 346”;è “legittima l’applicazione dell’imposta prevista dal T.U. n. 346/90 qualora, come nella specie, il trasferimento a favore del- l’attuatore faccia emergere la potenziale capacità economica del destinatario (immediato) del trasferimento. Coerentementecon la natura e l’oggetto del tributo, sono rilevanti i vincoli di destinazione in grado di determinare effetti traslativi in vicende non onerose, collegati al trasferimento di beni e diritti, che realizzano un
incremento stabile, misurabile in moneta, di un dato patrimonio con correlato decremento di un altro. Il vincolo di destinazione, in tal caso è idoneo a produrre un effetto traslativo funzionale al (successivo ed eventuale) trasferimento della proprietà dei mede- simi beni vincolati a favore di soggetti beneficiari diversi dal soggetto disponente senza alcun effetto di segregazione del bene”; quanto precede comporta che, “rispetto alle [predette] fattispecie assoggettate al tributo”, abbia un “rilievo autonomo” la fattispecie in cui si abbia “solo [una] portata destinatoria con conseguente effetto di segregazione o separazione del bene, il quale rimane però nel patrimonio del disponente”.
(21) Sembra questa la fattispecie oggetto della decisione n. 31445/2018 (il tono dubitativo deriva dalla considerazione che, dalla lettura dell’ordinanza, non emerge chiaramente se si tratti di un trust “traslativo” o “autodichiarato”: pare comunque che si tratti di un trust “traslativo” in quanto, in un paio di punti, si allude alla restituzione dei beni in trust dal trustee ai disponenti, ove essi non siano serviti allo scopo per il quale il trust era stato istituito): vale a dire un trust finalizzato ad alienare determinati beni immobili (vincolati in trust da parte dei rispettivi proprietari) ove detta alienazione si fosse resa occorrente per il pagamento di creditori di una data società, garantiti da una fideiussione rilasciata dai predetti disponenti. Se l’alienazione non si fosse resa necessaria, i beni immobili avrebbero dovuto essere svincolati dal trust e restituiti ai disponenti. L’ordinanza n. 31445/2018 decide dunque nel senso che, alla descritta fattispecie, non si debba applicare l’imposta di donazione, ma se ne debba effettuare la registrazione con l’imposta in misura fissa.È curioso notare che, nella succes- siva ordinanza n. 734/2019, nonostante che essa sia la pedissequa fotocopia dell’ordinanza n. 31445/2018, si sia deciso per la tassa- zione con l’imposta proporzionale di donazione di un trust trasla- tivo (avente a oggetto beni immobili) caratterizzato dal programma di individuare in futuro i beneficiari in base al “verificarsi di taluni eventi futuri e incerti” e “non prevedendo in alcun modo un eventuale rientro dei cespiti in capo al disponente”. Infatti, dato che l’ordinanza n. 734/2019 reca il concetto in base al quale non si può applicare l’imposta proporzionale di donazione se, pur essendo il trust “traslativo”, “il trasferimento dei beni al trustee ha natura transitoria e” quindi “non esprime alcuna capacità contributiva” (la quale dunque si manifesterà “solo con il
(la quale, dunque, si manifesterà “solo con il trasferimento definitivo di beni dal trustee al beneficiario”) non si può applicare l’imposta di donazione (al fine di concretizzare questo con- cetto, si potrebbe pensare, ad esempio, al caso di un trust istituito per raccogliere fondi da desti- nare alla realizzazione di un’opera di pubblica utilità);
b) se il trust è di tipo “traslativo” si applica l’imposta di donazione qualora “il trasferimento a favore dell’attuatore faccia emergere la poten- ziale capacità economica del destinatario (imme- diato) del trasferimento”; vale a dire che “sono rilevanti i vincoli di destinazione in grado di determinare effetti traslativi collegati al trasferi- mento di beni e diritti che realizzano un incre- mento stabile, misurabile in moneta, di un dato patrimonio, con correlato decremento di un altro” (ma, indubbiamente, non è facile (22) intuire in quali casi il trasferimento dal dispo- nente al trustee - che, di regola, ha una ontologica natura transitoria - assuma, invece, questi con- notati di stabile incremento patrimoniale: al fine di concretizzare questo concetto, si potrebbe pensare, ad esempio, al caso di un trust istituito per pianificare un irrevocabile trapasso genera- zionale a favore di beneficiari determinati);
c) non si applica l’imposta di donazione al trust “autodichiarato” in quanto, in tal caso, non vi è un evento traslativo (dato che il bene oggetto del vincolo “rimane nel patrimonio del disponente” e “la segregazione, quale effetto naturale del vincolo di destinazione, non comporta [...] alcun reale trasferimento o arricchimento, che si realizzeranno solo a favore dei beneficiari” i quali allora saranno “tenuti al pagamento del- l’imposta in misura proporzionale”).
Un terzo percorso argomentativo di questa seconda “stagione” è, infine, compiuto nell’ordi- nanza n. 1131/2019. In essa si afferma infatti che “il conferimento di beni e diritti in trust non
integra di per sé un trasferimento imponibile e, quindi, rappresenta un atto generalmente neu- tro, che non dà luogo ad un trapasso di ricchezza suscettibile di imposizione indiretta, per cui si deve fare riferimento [...] alla [...] nozione [...] di effettivo incremento patrimoniale del beneficia- rio”; e che “la novellata struttura del tributo [...] mantiene intatta una disciplina unitaria delle pur distinte ipotesi impositive, le quali ruotano tutte intorno all’unico indice di capacità contri- butiva dato dall’attualità ed effettività dell’incre- mento patrimoniale, da valutarsi sempre nella prospettiva causale unitaria dell’istituto civili- stico del trust, mediante la individuazione pun- tuale del momento e del soggetto che manifesta la capacità contributiva, perché l’arricchimento non può dirsi attuale sino a quando il programma del trust non abbia avuto esecuzione”.
Considerazioni conclusive
In conclusione, nonostante il dichiarato intento di mettere la parola fine al contrasto interpreta- tivo verificatosi nella giurisprudenza di legitti- mità, siamo (quasi) pressoché daccapo (anzi, le ultime decisioni della Cassazione hanno l’indub- bio effetto di aggiungere confusione su una tema- tica che, già di per sé complicata, è resa assai incerta dalla variegatezza delle opinioni espresse in dottrina e giurisprudenza), in quanto occorre prendere atto (sempre considerando le sole deci- sioni edite relativamente a fattispecie maturatesi dopo l’entrata in vigore del D.L. n. 262/ 2006) che:
a) circa il trust “autodichiarato”, se ne compie - come già sopra accennato - una innovativa osser- vazione sulla quale tutta la giurisprudenza di legittimità ora mostra una concorde opinione (e, cioè, l’esclusione, in ogni caso, della sua tassazione con l’imposta proporzionale di dona- zione): è questa, dunque, l’unica certezza che è
trasferimento definitivo di beni dal trustee al beneficiario”), ci si sarebbe aspettata, anche in questo caso, una decisione nel senso che alla descritta fattispecie non si dovesse applicare l’imposta di donazione, ma si dovesse effettuarne la registrazione con la sola imposta in misura fissa.
(22) In Tassani, “Trust onerosi e imposte sui trasferimenti: il nuovo approccio teorico della Suprema Corte”, in Corr. Trib., n. 2/ 2019, pag. 194, dopo essersi denunciata questa difficoltà, si
ipotizza che la fattispecie si possa concretare nel caso del “trust ‘nudo’”, “in cui cioè il diritto dei beneficiari nei confronti del patrimonio segregato è pieno e immediatamente esercitabile, divenendo allora il trustee un mero ‘custode’ del patrimonio medesimo, per conto dei beneficiari”; e nel caso in cui il dispo- nente “intenda realizzare” “lo scopo di arricchire lo stesso tru- stee, cui rimane definitivamente attribuito in tutto o in parte il trust fund”.
dato cogliere dal panorama giurisprudenziale finora prodottosi in tema di tassazione dell’atto di dotazione del trust; in sostanza, sembra stabi- lizzarsi la convinzione che l’imposta di donazione non può prescindere da un incremento patrimo- niale e che la menzione del vincolo di destina- zione, accanto a donazioni e atti a titolo gratuito, nell’art. 2, comma 47, D.L. n. 262/2006, serve a chiarire che l’imposta di donazione si applica non solo se l’incremento patrimoniale a titolo non oneroso è l’esito di una “donazione”, ma anche se esso è l’esito di un “atto a titolo gratuito” o, appunto, di un “vincolo di destinazione”;
b) circa il trust “traslativo” resta la divisione tra:
b.1. la corrente numericamente minoritaria che ne sostiene la non tassabilità con l’imposta pro- porzionale di donazione poiché non si rileva espressione di capacità contributiva nel trasferi- mento dal disponente al trustee, in quanto la capacità contributiva è destinata a manifestarsi solo nel momento del trasferimento che il trustee effettuerà a favore del beneficiario del trust (deci- sioni nn. 21614/2016 e 1131/2019); e
b.2. la corrente numericamente maggioritaria che ne sostiene la tassazione con l’imposta
proporzionale di donazione; in quest’ultimo ambito, infine, attualmente si annoverano (scartando, dunque, ritenendole “superate” dalle riflessioni contenute in quelle più recenti, le decisioni (23) che hanno ritenuto applicabile l’imposta proporzionale di dona- zione in ogni caso e la decisione (24) che ha ritenuto di applicare l’imposta proporzionale di donazione bensì in ogni caso, ma con un qualche “distinguo”):
b.2.1. la decisione che ha dichiarato applicabile l’imposta proporzionale di donazione per il solo fatto che si tratti di un trust “traslativo” (la n. 13626/2018);
b.2.2. le decisioni che (con riferimento a fatti- specie in cui il trasferimento dal disponente al trustee - normalmente non espressivo di capa- cità contributiva per la sua natura transitoria - sia considerabile, invece, in termini di defini- tività e non di temporaneità) hanno dichiarato applicabile l’imposta proporzionale di dona- zione solo se si tratta di un trust bensì trasla- tivo, ma con attribuzioni di natura “non transitoria” (la n. 31445-31446/2018 e la n. 734/2019).
(23) Vale a dire Xxxx. 24 febbraio 2015, n. 3735, cit.; Cass. 24 febbraio 2015, n. 3737, cit.; Cass. 25 febbraio 2015, n. 3886, cit.; e Cass. 18 marzo 2015, n. 5322, cit.
(24) Vale a dire, Cass. 7 marzo 2016, n. 4482, cit., ove, infatti si leggeva: “Non ricadono nell’ambito applicativo della norma
impositiva i trust costituenti vincoli per i quali è prevista una specifica disciplina o miranti ad effetti espressamente approvati dal legislatore, quale è la definizione dei rapporti delle imprese in crisi”.