BASILEA 2
Fondazione Xxxx Xxxxxxx
BASILEA 2
ACCORDO PER LA TUTELA DELL’ADEGUATEZZA PATRIMONIALE DELLE BANCHE
2. Funzionamento dei sistemi di rating (prima parte)
Documento n. 8 del 4 marzo 2005
Circolare
Xxx X. Xxxxxxxxx, 00 – 00000 Xxxx – tel.: 06/85.440.1 (fax 06/00.000.000) – C.F.:80459660587
xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx - xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx@xxxxxxx.xx
INDICE
Premessa | Pag. | 1 |
1. Caratteristiche dei sistemi di rating | “ | 2 |
1.1 Generalità | “ | 2 |
1.2 Organizzazione e procedure | “ | 4 |
1.3 Conseguenze | “ | 5 |
2. Le variabili utilizzate ai fini della elaborazione del rating | “ | 5 |
2.1 Le variabili quantitative | “ | 6 |
2.1.1. Analisi del bilancio | “ | 6 |
2.1.1.1. Patrimonializzazione | “ | 7 |
2.1.1.2 Ritorni sull’investimento | “ | 8 |
2.1.1.3. Autofinanziamento | “ | 9 |
2.1.1.4 Equilibrio composizione fonti-impieghi | “ | 10 |
2.1.2. Analisi dell’andamento dei conti correnti e delle relazioni | “ | 11 |
in genere intrattenute dalla clientela 2.1.3. Gli scoring della Centrale dei Rischi e della CRIF | “ | 13 |
2.2 Le variabili quali-quantitative | “ | 14 |
2.2.1. Piani e budget aziendali | “ | 14 |
2.2.2. Indagini di mercato | “ | 16 |
2.3 Le variabili qualitative | “ | 16 |
Allegato 1 | “ | 18 |
Allegato 2 | “ | 27 |
BASILEA 2
ACCORDO PER LA TUTELA DELL’ADEGUATEZZA PATRIMONIALE DELLE BANCHE
2. Funzionamento dei sistemi di rating (prima parte)
Premessa
Con una precedente circolare (documento n. 5 del 1° febbraio 2005) abbiamo visto in una rapida panoramica le innovazioni normative introdotte dal nuovo accordo di Basilea. In questa visione panoramica abbiamo potuto apprezzare come le conse- guenze più importanti nella evoluzione dei rapporti tra le banche e le aziende sono dovute alla importanza che i processi di rating assumeranno sia ai fini della conces- sione del credito che nella determinazione delle condizioni finanziarie.
Il primo messaggio importante ed urgente che il consulente aziendale deve dare alle aziende clienti può essere riassunto nei seguenti punti:
• L’accordo di Basilea 2 cambia drasticamente le regole del rapporto banca-azienda, in maniera tale che tutte le aziende che hanno bisogno di accedere al finanzia- mento bancario devono tenerne conto.
• La possibilità che, come succede spesso in Italia, la scadenza di entrata in vigore della norma venga prorogata non è realistica1. Infatti non si tratta di una decisio- ne italiana ma di una scadenza fissata a livello internazionale.
• La entrata in vigore del nuovo accordo può apparire ancora lontana (2007), inve- ce i tempi per la preparazione sono appena sufficienti purché ci si muova imme- diatamente. Infatti, gli interventi necessari, per arrivare preparati all’appunta- mento, richiedono una realizzazione organica che non può essere improvvisata all’ultimo momento2.
• Per realizzare i cambiamenti necessari, infatti, occorre intervenire su molti aspetti economici, finanziari, amministrativi, organizzativi e gestionali. Occorre, cioè, un processo che ha bisogno di una fase di maturazione e, quindi, è necessario attiva- re la fase progettuale immediatamente.
1 L’esperienza dice che le aziende italiane arrivano in genere all’ultimo momento all’appuntamento con i grandi cambiamenti. Xxxxxx talvolta il ritardo con cui si sono mosse, altre volte si salvano dalle conseguen- ze più gravi grazie al fatto che, poiché tale abitudine è molto diffusa, il legislatore italiano ha consentito spes- so a prorogare l’entrata in vigore di molti provvedimenti.
2 Si ricordi che, poiché l’accordo di Basilea 2 impone che le banche utilizzino i propri sistemi di rating da alme- no tre anni alla data del 1/1/2007, esse stanno alimentando gli archivi con i nuovi formati-dati da più di un anno e le nuove procedure di istruttoria già registrano informazioni gestionali che condizioneranno anche i rating futuri. Inoltre per avvicinarsi gradualmente agli obblighi imposti dalla scadenza, le banche già oggi non si limitano a verificare il funzionamento delle nuove procedure, ma cominciano gradualmente a selezio- nare la clientela ed applicare le condizioni finanziarie in conformità alla nuova norma, per evitare di concen- trare nel tempo il cambiamento, perché in tale caso risulterebbe ingestibile. Perciò gli effetti del Basilea 2 stanno in pratica già cominciando.
Una volta sensibilizzato il cliente, sulla importanza e l’urgenza di avviare un pro- getto di preparazione a Basilea 2, il consulente deve naturalmente essere in grado di assisterlo nella analisi necessaria alla definizione dei contenuti del progetto stesso. A questo fine è fondamentale approfondire la conoscenza delle modalità di funzio- namento dei sistemi di rating delle banche e del loro ruolo nelle procedure di con- cessione e revisione dei finanziamenti erogati, in particolare a favore della clientela “imprese”.
E’ questa conoscenza che consente di capire la valutazione di rischio che le banche assegnerebbero alla impresa cliente allo stato attuale, di valutare necessità e priorità di migliorare la valutazione stessa, di selezionare le possibili azioni alla luce dei relativi costi e benefici, e di coordinare obiettivi ed azioni in un progetto organico.
Ciò premesso, con la presente e la prossima circolare toccheremo i seguenti punti:
– brevissimo riepilogo delle caratteristiche dei sistemi di rating, cosí come richiesto da Basilea 2;
– modalità di funzionamento e analisi dei fattori presi in considerazione dai siste- mi di rating;
– relazioni tra la classe di rating attribuita al cliente e la potenziale forza contrat- tuale in sede di negoziazione;
– introduzione all’importanza della scelta della forma tecnica di affidamento.
1. Caratteristiche dei sistemi di rating
1.1 Generalità
Nella seguente esposizione faremo riferimento soprattutto ai sistemi di rating delle banche. Vale la pena di ricordare, però, che Xxxxxxx 2 assegna un ruolo anche ai siste- mi di rating realizzati da agenzie esterne (ECAI)3 accreditate. In particolare nei con- fronti delle banche che usano il sistema “standard”, il ruolo dei rating esterni è potenzialmente molto importante, infatti la ponderazione del rischio per i crediti verso imprese varia come segue:
Valutazione | Da AAA ad AA- | Da A+ ad A- | Da BBB+ a BB- | Inferiore a BB- | Senza rating |
Ponderazione | 20% | 50% | 100% | 150% | 100% |
Attualmente la pratica di richiedere l’assegnazione di un rating da parte delle agen- zie specializzate è diffusa solo tra le aziende grandi e medio-grandi.
3 External Credit Assessment Institution. Confronta precedente circolare (documento n. 5 del 1° febbraio 2005).
Un buon rating è funzionale alla maggiore facilità di accesso che consente ai mercati finanziari. È prevedibile, ed auspicabile, che questa norma contribuisca a diffonde- re il ricorso alle valutazioni di agenzie di rating anche tra aziende medie e, forse, alcune medio-piccole.
Tuttavia una larga diffusione è improbabile: il costo della valutazione è piuttosto alto, e anche se con la crescita dei volumi potrà scendere, non è prevedibile che il ricorso al rating possa divenire appetibile per la massa delle piccole e medio-piccole imprese.
La nostra esposizione dunque è centrata sulle procedure delle banche, ma le agen- zie di rating si comportano sostanzialmente allo stesso modo. Le variazioni più significative sono dovute:
– alla limitazione di non avere accesso agli scoring che nel seguito sono definiti “andamentali”;
– al maggior peso assegnato, in ogni fase del processo, alle valutazioni dell’analista.
Tornando all’analisi dei modelli di rating delle banche, dal punto di vista formale Basilea2 lascia alle banche la massima libertà nella implementazione del proprio sistema di rating.
I vincoli posti riguardano gli aspetti che influiscono sulla attendibilità del modello di valutazione e sulla equilibrata distribuzione del parco clienti all’interno delle varie classi.
Le banche possono, infatti, denominare le classi di rischio in piena libertà: secondo una scala numerica (per esempio da 1 a 10), oppure descrittiva (per esempio, otti- mo, buono, mediocre etc.), ovvero con valori alfanumerici di pura fantasia.
Molte banche si stanno allineando alle denominazioni da tempo utilizzate da Standard & Poors, ma questo solo perché risulta più comodo usare un criterio al quale la comunitá finanziaria è già abituata. L’accordo di Xxxxxxx 2 non impone alcun obbligo a questo riguardo.
Anche il numero delle classi può essere fissato con una certa libertà, purché sia non inferiore a 7, per quanto riguarda i clienti non inadempienti, oltre una classe per i clienti inadempienti.
L’accordo di Basilea 2 precisa poi che:
– la distribuzione della clientela tra le varie classi deve essere equilibrata. Con ciò si intende che il numero di clienti appartenenti a ciascuna classe non deve disco- starsi significativamente dalla media;
– la probabilità di default (PD) (probabilità di inadempienza) di ciascuna classe deve essere compresa all’interno di un intervallo predeterminato, che qualifica la clas- se stessa. Naturalmente, gli intervalli devono essere attigui tra loro, senza sovrapposizioni, e di ampiezza ragionevolmente contenuta. Ciò consente di assumere un appropriato valore medio come stima significativa della probabilità di default per la intera classe.
L’accordo di Basilea 2 prevede una serie di verifiche a consuntivo:
– il numero e il valore delle inadempienze occorse nei periodi successivi alle valu- tazioni di rischio devono rimanere all’interno degli intervalli di PD previsti per ciascuna classe, pena la revisione o riparametrizzazione del sistema di rating;
– sono ammesse alcune eccezioni, purché complessivamente non significative tenuto conto dell’ampiezza degli scostamenti per numero e/o valore.
La descrizione degli intervalli in cui si distribuisce la PD all’interno delle varie clas- si costituisce il cosiddetto “mapping”. Esso assicura la comparabilità tra diversi sistemi di rating.
La conoscenza degli intervalli di distribuzione della probabilità di default all’interno di ciascuna classe, infatti, consente di tradurre la classe di rischio di un certo siste- ma di rating nella classe corrispondente di un altro sistema4.
Le banche non hanno obbligo di comunicare alla propria clientela la classe di rating
assegnata.
1.2 Organizzazione e procedure
Dal punto di vista operativo, Basilea 2 impone alle banche una serie di accortezze procedurali volte a tutelare il corretto funzionamento del sistema. Per esempio, richiede:
– netta separazione tra i gestori delle posizioni di rischio e i gestori dei processi di
rating;
– rigorosa definizione degli standard di funzionamento, con particolare riferimento a:
• livelli di responsabilità e poteri assegnati per ciascun tipo di intervento;
• sistematica conservazione di tutti i dati utili a fini di controllo (ciò comprende, tra l’altro, l’elenco di tutti gli interventi soggettivi che hanno portato alla defini- zione dei singoli rating);
– rilevazione e conservazione di tutte le statistiche inerenti le performance del modello nelle varie fasi;
– conservazione di tutte le modifiche procedurali intervenute nel tempo;
– rilevazione e conservazione di statistiche relative ai raffronti delle risultanze delle procedure correnti con le risultanze ottenibili applicando le procedure pre- cedenti.
Ove esistano riferimenti comuni (per esempio clienti che risultano avere un rating emesso da una ECAI accreditata) devono essere conservati e commentati i raffronti tra le risultanze del proprio sistema e quelle dei terzi.
4 Ad esempio, ipotizziamo che il cliente ABC Srl sia assegnato alla classe “4” nel sistema di rating della banca “XYZ spa”. Il mapping (conoscenza degli intervalli di distribuzione della PD) consente di dire a quale classe corrisponde detta valutazione in un altro sistema.
Se la classe “4” prevedesse una PD compresa tra 0,90% e 1,50% si potrebbe dire che essa corrisponde appros- simativamente, nel sistema S&P, alla classe BBB+ (cfr. allegato 2 alla precedente circolare “Accordo per la tutela dell’adeguatezza patrimoniale delle banche. 1. Descrizione generale della disciplina e riflessi sulle imprese” Documento n. 5 del 1° febbraio 2005).
Dal punto di vista degli algoritmi di funzionamento Basilea 2 non impone nulla di specifico circa i fattori che devono essere presi in considerazione e gli schemi di valutazione da utilizzare, ma le autorità di vigilanza devono essere messe a parte delle modalità di funzionamento del processo e:
– devono verificare che i canoni alla base del processo stesso sono condivisibili alla luce dei principi consolidati della analisi finanziaria;
– devono analizzare i risultati dei test statistici relativi alle performance di funziona- mento e, sulla base di questi, accertarne l’attendibilità.
1.3 Conseguenze
La osservanza delle procedure di cui si è detto determina che:
– i sistemi di rating, pur differenti da banca a banca, rispettano gli stessi principi di valutazione e pervengono a risultati delle valutazioni largamente convergenti;
– non è possibile prevedere in dettaglio come il cliente sarà classificato da uno spe- cifico sistema di rating, ma è possibile:
– stimare la valutazione con ragionevole approssimazione
– prevedere quali effetti sul rating avranno i cambiamenti gestionali in considera- zione;
– alcuni aspetti della gestione aziendale diventeranno particolarmente critici: tra questi la presenza di un valido sistema di controllo di gestione, economico e finanziario, dotato di quei processi in grado di assicurare la cosiddetta “gestione anticipata di tesoreria” (GAT5).
2. Le variabili utilizzate ai fini della elaborazione del rating
Passiamo ora ad analizzare in maggior dettaglio i fattori ordinariamente utilizzati nei sistemi di rating ed il peso relativo nella valutazione complessiva.
Si seguirà lo schema già anticipato nella precedente circolare suddividendo le variabili prese in considerazione in quantitative, quali-quantitative e qualitative.
5 GAT è, appunto, acronimo di “Gestione Anticipata di Tesoreria”, e rappresenta quel sottoprodotto del Sistema di Controllo di Gestione finanziario che, sulla base delle scadenze previste o prevedibili degli incas- si e degli impegni aziendali, consente di simulare la proiezione dei saldi finanziari della azienda (di solito fino a 3 o 6 mesi). In genere la proiezione è a cadenza giornaliera per la prima settimana (o decade) successi- va alla data di simulazione, quindi settimanale (o decadale). La proiezione dei saldi finanziari consente di decidere anticipatamente le misure necessarie all’ottimizzazione dell’utilizzo delle risorse (es.: da quale banca prelevare le uscite e in quale immettere le entrate) e anticipare le azioni volte a prevenire i disagi di possibili mancanze di liquidità (negoziare proroghe di scadenze di pagamenti, supplementi di fidi, sconfina- menti temporanei, etc.).
2.1 Le variabili quantitative
Sono quelle che alimentano i sistemi di scoring e sono, per definizione, alla base della piramide del processo che conduce al rating. Xxxxx, quindi, grande impor- tanza nella pratica.
Suddividiamo questo paragrafo nei seguenti punti:
1. analisi dei rendiconti finanziari;
2. analisi dell’andamento dei conti correnti e delle relazioni in genere intrattenute dalla clientela;
3. gli scoring della Centrale dei Rischi e della CRIF6.
2.1.1 Analisi del bilancio
Ormai tutte le banche hanno sostituito o integrato la tradizionale valutazione fatta dal “settorista” con una analisi automatica fornita da un sistema di scoring. Ricordiamo che i sistemi di scoring prevedono una valutazione di tipo oggettivo di
6 CRIF è l’acronimo di “Centrale dei Rischi Finanziari”, istituita su base volontaria tra gli operatori del settore, quindi non solo le banche ma anche le primarie società finanziarie. La Centrale di Rischi è obbligatoria per tutte le banche ma è limitata ai finanziamenti superiori a 75000□. La CRIF non è obbligatoria, ma è aperta anche ad altre societá finanziarie e prende in considerazione tutti i finanziamenti senza limite di importo. Il limite della CRIF, come detto, è che, per motivi di costo, non tutte le banche vi aderiscono.
elementi quantitativi (bilanci, eventuali altri rendiconti finanziari7, dati interni di evoluzione rapporti).
Per le PMI, in generale, non esiste altro obbligo di rendicontazione oltre alla pubbli- cazione annuale del bilancio. L’analisi del bilancio risulta essere elemento di valuta- zione di importanza critica e viene svolto in via primaria dal sistema di scoring.
In estrema sintesi, il modello di scoring funziona in questo modo:
1. elabora alcuni indici significativi;
2. assegna un punteggio a ciascun indice attraverso un algoritmo matematico;
3. con un successivo algoritmo, analizza i punteggi e li combina insieme per per- venire al giudizio finale.
Esistono sistemi molto complessi che prendono in considerazione centinaia di indi- ci e li valutano in maniera diversificata a seconda del settore economico di apparte- nenza e delle dimensioni aziendali.
Altri analizzano solo alcuni indici significativi. Anche nei modelli di scoring più sofisticati, laddove gli indici presi in considerazione sono centinaia, gli indici più significativi hanno una capacità predittiva che da sola supera, in genere, il 90% della performance complessiva.
Xxxxx, quindi, grande importanza e per questo li esaminiamo brevemente.
2.1.1.1 Patrimonializzazione
– Indice di patrimonializzazione
È il rapporto tra i mezzi propri e il capitale investito8 nell’impresa.
7 Per le aziende quotate, per esempio, esistono ulteriori obblighi di reporting periodico che integrano le infor- mazioni di bilancio…
8 Il capitale investito è il capitale immesso nella operatività che va remunerato attraverso la attività aziendale. Comprende i mezzi propri e i finanziamenti di terzi. Gli azionisti trovano il ritorno del loro investimento nell’utile aziendale mentre i finanziatori sono remunerati sulla base degli interessi loro riconosciuti.
Da un punto di vista teorico un equilibrio “perfetto” si avrebbe con un rapporto tra capitale proprio e capitale investito (vedi nota precedente) pari a circa il 50%. Per l’Italia si tratta di un livello utopistico, ed infatti viene considerato buono anche un livello del 25%-30%9.
– Patrimonializzazione tangibile
È una variazione, effettuata a fini cautelativi, del rapporto precedente. Si ottiene sottraendo preventivamente il valore delle immobilizzazioni immateriali sia dal numeratore che dal denominatore:
Cap.netto − immobilizzazioni immateriali = X %
Cap.investito − immobilizzazioni immateriali
Questa correzione è fatta perché dette immobilizzazioni si prestano ad essere inde- bitamente gonfiate, laddove il controllo e la prevenzione avverso tale pratica non è agevole.
Se una azienda ha effettuato importanti investimenti in ricerca e sviluppo, o comunque in immobilizzi immateriali, è importante fornire alla banca una esau- riente relazione sugli scopi, la portata, i costi e le modalità di realizzazione degli investimenti stessi, oltreché dei ritorni attesi10.
2.1.1.2 Ritorni sull’investimento = sintesi di redditività e rotazione11.
– ROE
È l’indice di ritorno sul capitale proprio (ROE = Return on Equity). Si ottiene dal rap- porto tra l’utile (ante imposte) della gestione ordinaria12 e il capitale netto aziendale:
Utile della gestione ordinaria = X %
Cap.Netto
il ROE costituisce la base della remunerazione del capitale investito dalla Proprietà aziendale. La remunerazione effettiva del capitale investito è il differenziale tra l’u- tile netto e il tasso di inflazione13. È perciò evidente che il ROE deve risultare supe-
9 Per ottenere valutazioni vicine alla “AAA”, però, è bene fare riferimento al 50%. Ovviamente, comunque, la classificazione tiene conto di tutti gli elementi di valutazione ed in virtú di questo potrebbe non bastare tale rapporto “ideale” o risultare sufficiente un rapporto inferiore.
10 Va sottolineato alla clientela che alterare alcuni valori di bilancio al fine di ottenere migliori giudizi è pratica, oltre che immorale e rischiosa, anche poco efficace, perché i valori di bilancio sono intrinsecamente collegati e aumentare i valori di alcune poste per migliorare la redditività e/o la patrimonializzazione denuncia immediatamente problemi di rotazione, e/o di liquidità.
11 Gli indici di ritorno sull’investimento sono una sintesi della redditività e della rotazione. Ciò viene illustrato dalla seguente equazione aritmetica:
Margine operativo =
Margine operativo × Vendite = indice di redditivitá per indice di rotazione.
Cap.operativoinvestito
Vendite
Cap.operativoinvestito
12 Utile, cioè, al lordo di eventuali partite straordinarie
13 Fino al livello del tasso di inflazione l’utile si limita a mantenere il valore del capitale investito. Per raggiun- xxxx questo risultato non è ragionevole assumersi rischi: basta acquistare beni rifugio (es. l’oro: è soggetto a oscillazioni ma nel lungo periodo ha sempre dimostrato di mantenere il valore deflazionato).
riore al tasso di inflazione in maniera congrua. Il differenziale deve coprire gli oneri fiscali e remunerare adeguatamente il rischio imprenditoriale.
– ROI
È l’indice di ritorno sul capitale investito14 (ROI = Return on Investment).
Si calcola come segue:
Margine operativo = X% Cap.operativoinvestito
Il margine operativo si ottiene dall’utile della gestione ordinaria (sopra menzionato) depurandolo anche dell’impatto dei costi e ricavi finanziari.
Il capitale operativo investito (anche detto capitale investito o investimento totale), com- prende, come detto, il capitale netto e i debiti finanziari.
Il ROI è valutato sulla base delle seguenti riflessioni:
• il ROI è il tasso (lordo di oneri fiscali) al quale la azienda è in grado di compensa- re il capitale complessivamente investito dai finanziatori interni (Proprietà) ed esterni (prevalentemente banche);
• il ROI deve essere maggiore del costo finanziario medio dell’indebitamento. Si può infatti dimostrare che solo in questo caso il ROE risulta essere maggiore del ROI15 e quindi anche della remunerazione riservata ai finanziatori esterni.
Questa condizione è richiesta perché se viceversa il ROI fosse inferiore al tasso medio sui debiti finanziari, si avrebbe che il ROE sarebbe inferiore al tasso con cui viene remunerato l’investimento, a reddito fisso, dei terzi. Evidentemente, in condi- zioni normali, non è ragionevole che il capitale di rischio abbia una remunerazione inferiore a un investimento a reddito fisso (investimento per definizione meno rischioso)16.
2.1.1.3 Autofinanziamento
Autofinanziamento dell’esercizio (o cash-flow)
Con autofinanziamento si intende la somma dell’utile netto aziendale con ammorta- menti ed eventuali accantonamenti a fondi rischi (detratti, naturalmente, gli even- tuali utilizzi degli stessi fondi rischi a copertura di perdite occorse nell’esercizio):
14 Nel senso già precisato nella nota al precedente comma “indici di patrimonializzazione”
15 Perché è possibile dimostrare che il ROE è uguale al ROI xxx (o meno) la differenza tra il ROI e il tasso paga- to ai finanziatori per la loro quota parte di investimento.
16 La relazione ricordata nella precedente nota dà ulteriore motivo di attenzione agli indici di patrimonializza- zione citati precedentemente. Nel caso che il ROI superi il ROE, a parità di altre condizioni, quest’ultimo diminuisce sempre di piú all’aumentare dell’indebitamento.
Premesso che i tassi finanziari si adeguano immediatamente agli eventuali aumenti del tasso di inflazione mentre non è altrettanto facile far aumentare il ROI nella stessa proporzione, quando il tasso di inflazione aumenta il ROE tende a diminuire tanto piú rapidamente quanto piú la azienda è indebitata. In caso di forte indebitamento, in una situazione in cui il ROI non è di molto superiore ai tassi finanziari medi di mercato, aumenti di tali tassi potrebbero arrivare a superare il ROI e portare i risultati aziendali dall’area di profitto all’area di perdita, depauperando il capitale netto e innescando un pericoloso circolo vizioso.
L’importanza di questo indicatore nasce dal fatto che rappresenta il valore di cui diminuirebbe il debito finanziario aziendale nel corso di un esercizio, se si verificas- sero le seguenti condizioni:
– il valore del circolante netto di fine esercizio è uguale a quello iniziale17
– non sono effettuati nuovi investimenti in immobilizzazioni
– l’utile netto viene reinvestito.
Naturalmente la realtà aziendale è complessa, e non sono mai soddisfatte tutte insieme le predette condizioni, tuttavia l’autofinanziamento rimane un indicatore significativo della capacità dell’azienda di ripianare più o meno rapidamente i pro- pri debiti.
Tutto ciò premesso, l’autofinanziamento non viene valutato in valore assoluto ma rapportato all’indebitamento aziendale o , in alternativa, al totale del capitale inve- stito18.
Autofinanziamento% = Utile _ netto + ammortamenti + accantonamenti (−utilizzi )
Indebitamento
2.1.1.4 Equilibrio composizione fonti-impieghi
Indici di liquidità e/o copertura degli immobilizzi
Questi indici sono tra loro correlati, in virtù dei vincoli di quadratura dello Stato Patrimoniale.
• Indice di copertura degli immobilizzi
È dato dal rapporto tra le fonti durevolmente investite in azienda e le immobilizza- zioni:
Cap.netto + pass.M / L ≥ 1, X immobilizzi netti
Il principio alla base di tale indice è che una azienda ha una ragionevole tranquillità finanziaria se i beni strumentali che sono durevolmente investiti (immobilizzazio- ni), sono coperti in buona parte con fonti stabili (capitale netto) e per la parte resi- dua con fonti i cui termini di rimborso sono sufficientemente comodi (debiti a M/lungo termine), cosí da poter contare per il rimborso dei medesimi sulla capa- cità della azienda di generare i flussi finanziari necessari.
Ne discende che l’indice di copertura degli immobilizzi è valutato positivamente se è maggiore di 1 (circa 1,20) ed è tanto migliore quanto più elevato.
17 Xxx Xxxxxxxxx, Clienti, Fornitori e tutte le altre poste operative a breve, dopo la normale rotazione conse- guente alla gestione, tornino ad avere a fine anno una somma algebrica pari a quella di inizio anno, è presso- ché impossibile, ma che i valori siano simili è invece abbastanza verosimile.
18 Il rapporto inverso, indebitamento diviso autofinanziamento, fornisce un indice la cui interpretazione è abbastanza intuitiva: può essere letto come il numero di anni necessari al ripianamento dei debiti (sempre che siano approssimativamente verificate le condizioni elencate in precedenza). Si può intuire che un valore di questo ultimo indice superiore ai 10 anni sarebbe valutato negativamente, mentre un valore al di sotto dei 6-7 anni risulta in media un valore piú che accettabile.
Indice di liquidità
È il rapporto tra i beni liquidi o liquidabili a breve termine (attivo corrente) con le fonti da rimborsare nello stesso periodo (passivo corrente):
Attivo a breve ≥ 1, X Pass. abreve
L’azienda può ragionevolmente ritenere di essere esente dai rischi connessi a pro- blemi di liquidità se l’attivo corrente supera adeguatamente il passivo corrente. In questo caso potrà far fronte ad eventuali difficoltà di realizzo di parte dei cespiti (in particolare del magazzino che spesso ha una rotazione troppo lenta rispetto al necessario).
Quindi anche l’indice di liquidità è positivo se maggiore di 1,2 (circa) ed è tanto migliore quanto più elevato.
Indice di liquidità secca (o acid test)
Si tratta di un indice di liquidità in cui l’attivo a breve viene depurato del valore del magazzino, per tenere in considerazione il rischio di bassa rotazione o di difficoltà di realizzo di alcune componenti:
Attivo a breve − magazzino ≥ 0, X Pass. a breve
In presenza di un magazzino consistente, l’acid test è buono se supera l’unità ed è già sufficiente se approssima l’unità stessa (per esempio 0,9).
Indici presi in considerazione da sistemi di rating diversificati per settore/dimensione
Oltre quelli già esposti gli indici più frequentemente presi in considerazione sono: la rotazione del magazzino, i termini medi di incasso e di pagamento, l’incidenza media degli accantonamenti e degli ammortamenti, gli indici di redditività (utili e margini in rapporto al fatturato). La valutazione di questi indici va diversificata per settore (e/o dimensioni), perché essi hanno valori fisiologici che cambiano molto a seconda delle caratteristiche della attività aziendale19. Per questo motivo (e tenuto conto che il peso degli indici precedenti è molto più significativo) non è opportuno qui soffermarci sui valori attesi di tali indici.
2.1.2 Analisi dell’andamento dei conti correnti e delle relazioni in genere intrattenute dalla clientela
Lo scoring basato sui “dati di andamento rapporto20” è in genere detto “scoring andamentale” ed è uno degli indicatori più importanti per la banca, poiché ha dimo-
19 Questo crea una complicazione che scoraggia il loro utilizzo, in particolare da parte delle banche che non possono contare su un parco clienti molto numeroso. La popolazione dei clienti di ciascun settore, infatti, deve essere sufficientemente vasta da assicurare adeguata significatività ai test statistici di verifica. Tale con- dizione potrebbe essere difficile da soddisfare per i settori meno numerosi.
20 Cosí vengono chiamati i dati maggiormente significativi che qualificano le modalità di utilizzo, per esempio, dei conti correnti e dei castelletti in generale.
strato una elevata capacità di evidenziare le situazioni critiche che molto spesso precedono le insolvenze.
Alcune banche Italiane hanno realizzato sin dagli anni ’70 un sistema di relazioni periodiche che offre al gestore del fido una visione panoramica della evoluzione di tali variabili ai fini di comprendere lo stato di salute dell’azienda cliente.
Successivamente il sistema è stato integrato in un processo di scoring automatico, un processo cioè in cui i dati sono elaborati secondo algoritmi matematici che asse- gnano al cliente un punteggio indicativo del rischio. Si tratta di un “voto”, calcolato direttamente dal sistema informativo a partire dallo stato di dette variabili signifi- cative, che diventa più alto in presenza delle condizioni che l’evidenza statistica dimostra essere caratteristiche nei periodi che precedono le crisi. Le banche di rego- la non danno accesso alle risultanze dei loro sistemi di scoring andamentale, né sono tenute a farlo, tuttavia si sa come tali sistemi lavorano, in linea di principio.
Nella tabella qui di seguito sono elencate le variabili che, di norma, sono prese in considerazione ed i principi di valutazione associati a ciascuna variabile.
Variabili più significative considerate dallo Scoring elaborato sui dati andamento rapporto
Variabile | Scoring(1) | Significato |
% media utilizzo fidi. | Sfl R› | Quoziente tra il saldo medio dei rapporti affidati ed il fido accordato. più si avvicina al 100% più il rischio cliente è alto. Particolare attenzione meritano i casi in cui l’utilizzo supera il 100%. |
Sconfinamento max | Sfl R› | Misura lo sconfinamento massimo raggiunto (saldo a debito al netto del fido accordato). |
Sconfinamento max % | Sfl R› | Rapporto precedente diviso per l’importo del fido accordato. |
Durata % sconfinamenti | Sfl R› | Rapporto tra il tempo in cui il saldo del rapporto affidato supera il fido (sconfinamento) e il periodo totale preso in considerazione. |
Rotazione crediti | S› R›fl | È il rapporto tra la somma dei movimenti totali del conto e il fido. |
% quantità insoluti su presentazioni sbf. | Sfl R› | Numero di ricevute bancarie (e/o di altri effetti) presentate dal cliente e ritornate insolute divise per il totale delle presentazioni. |
% valore insoluti su presentazioni sbf. | Sfl R› | Come sopra prendendo a base di calcolo non il numero dei titoli ma il loro valore. |
% concentrazione di presentazioni SBF carico stesso nominat. | Sfl R› | Rapporto tra valore di effetti presentati a carico di uno stesso nominativo e valore totale delle presentazioni. |
(1) Con S si intende l’impatto sullo scoring di affidabilità della azienda e con R sullo scoring di rischio› indica che a indice maggiore si associa punteggio maggiore e viceversa fl indica che l’indice cresce con il decrescere del punteggio.
È importante osservare che talvolta le aziende evidenziano anomalie di comporta- mento che potrebbero evitare prestando alla materia finanziaria adeguata attenzio- ne. I comportamenti sono, cioè, non obbligati da oggettive difficoltà ma dovuti a limiti manageriali e alla conseguente mancanza di strumenti di controllo. Anche in tale favorevole ipotesi, la gestione “carente” non di rado sfocia in reali problemi di liquidità oppure in affanni gestionali cui spesso si risponde cercando di aumentare ciecamente il giro di affari ed entrando in una spirale perversa.
A volte esiste un sistema di controllo economico della gestione ma ciò non basta. Un buon sistema di Controllo di Gestione, infatti, deve includere adeguati strumen- ti di Gestione Finanziaria, che consentano di prevenire problemi di liquidità e di natura finanziaria in genere.
Il consulente aziendale deve aiutare il proprio cliente a capire che diventa doppia- mente importante dotarsi di un sistema di Controllo di Gestione economico-finan- ziario integrato, che aiuterà ai fini del rating e contemporaneamente a migliorare la gestione aziendale. Un tale sistema include strumenti di Controllo di Gestione di Tesoreria (cfr. precedente riferimento al GAT - Gestione Anticipata di Tesoreria) che spingono in maniera del tutto naturale l’azienda a prevenire e/o contenere le con- dizioni che lo scoring andamentale segnala come rischiose. Infatti, avendone la pos- sibilità, è ovvio evitarle, indipendentemente da considerazioni che riguardano lo scoring assegnato dalla banca, perché ciò offre il beneficio diretto sia di ridurre i costi finanziari che di contenere inutili rischi.
2.1.3 Gli scoring della Centrale dei Rischi e della CRIF.
La Centrale dei Rischi è un archivio dinamico di informazioni inerenti tutti i rischi rilevanti assunti dalle banche nei confronti della clientela.
Il servizio “…si propone di porre a disposizione degli intermediari21 partecipanti uno strumento informativo in grado di accrescere la loro capacità di valutazione e di controllo della clientela. A tal fine, ogni intermediario è tenuto a comunicare mensilmente alla Centrale dei rischi la propria esposizione creditizia pari o superio- re ai limiti di censimento22 nei confronti di ciascun cliente. Sulla base delle informa- zioni ricevute, la Centrale restituisce con la stessa periodicità un flusso di ritorno per- sonalizzato per ogni intermediario con il quale viene fornita la posizione globale di rischio a livello di sistema dei singoli clienti segnalati. Tutti gli intermediari ricevono inoltre un flusso di ritorno statistico contenente informazioni sui rischi complessiva- mente censiti organizzate sulla base di diversi criteri di aggregazione….” (fonte: Banca d’Italia – Centrale dei Rischi – Istruzioni per gli intermediari partecipanti – Roma 1996).
All’interno del flusso di ritorno della Centrale viene inserito anche uno scoring. Esso consiste in un punteggio compreso tra 0 e 100, laddove a 100 viene associato il rischio massimo. Le modalità di funzionamento non sono accessibili ma sappiamo che, in generale, rispettano gli stessi principi di cui abbiamo detto nella precedente tabella, laddove le informazioni sono stavolta estese all’intero sistema bancario.
Il limite dello scoring della Centrale è, come detto, nel non rilevare i rischi assunti da una stessa banca che rimangono complessivamente al di sotto della soglia di censimento.
Per superare questo limite le banche hanno creato un sistema di censimento inte- grale dei rischi, detto CRIF, che funziona su base volontaria secondo gli stessi prin- cipi della Centrale dei Rischi.
Essendo come detto su base volontaria, il limite della CRIF è dovuto al fatto che non tutte le banche e le società finanziarie vi aderiscono. Tuttavia la sua diffusione è molto estesa.
21 Ci si riferisce agli intermediari finanziari. Cosí la Banca di Italia si riferisce alle banche e le altre società finan- ziarie sottoposte sulle quali ha compiti istituzionali di sorveglianza.
22 Attualmente i limiti di censimento sono di 75.000 euro per i rischi ordinari, mentre sono segnalate tutte le operazioni poste “a sofferenza” (cioè già considerate di difficile recupero) senza limite di importo.
Alla luce di quanto esposto possono essere ripetute, per quanto riguarda i sistemi di scoring della CRIF le medesime osservazioni riguardanti lo scoring della Centrale Rischi.
2.2 Le variabili quali-quantitative
Come abbiamo detto nella precedente circolare, comprendiamo in questa categoria alcuni elementi di valutazione che pur avendo un contenuto numerico non posso- no essere elaborati da un sistema di scoring come fattori oggettivi perché hanno contenuto previsionale oppure sono risultati di rilevazioni statistiche campionarie e dipendono dalle modalità di rilevazione e, quindi, dalle fonti.
Vi abbiamo ricompreso:
1. Piani e Budget aziendali
2. Indagini di mercato
2.2.1 Piani e budget aziendali
A dir la verità l’accordo di Basilea 2 non richiama mai esplicitamente l’obbligo di inserire piani e budget aziendali nelle procedure di rating23. Tuttavia, in una serie di dichiarazioni, esponenti prestigiosi del mondo finanziario internazionale e nazio- nale (nonché membri del Comitato di Basilea) hanno ribadito che l’inserimento del- l’analisi e valutazione dei piani e dei budget aziendali è ritenuto elemento cruciale per la validità di un sistema di rating e per la evoluzione della cultura di analisi finanziaria24.
L’analisi e valutazione dei piani e budget aziendali non può essere inserita in pro- cessi di scoring, perché non è ragionevole pensare di affidare ai sistemi informativi un’operazione così complessa. Le proiezioni economico-patrimoniali inserite nei budget possono essere valutate secondo i principi della analisi di bilancio, ma prima l’analista deve esprimere un giudizio in merito all’attendibilità e coerenza dei numeri contenuti nelle proiezioni.
Affinché un piano di business ed un budget possano essere valutati positivamente dal punto di vista dell’attendibilità e coerenza dei contenuti, occorre rispettare i canoni di redazione che qui di seguito sono sinteticamente richiamati:
1. Una prima parte del piano è puramente descrittiva e si compone di:
• Premessa. Introduce alle strategie aziendali dandone ragione in relazione alla storia pregressa della azienda, alla immagine che si è costruita, alla gamma e la qualità dei servizi/prodotti, alla analisi degli scenari e della concorrenza, alla
23 Solo negli allegati, a proposito dai criteri di valutazione del rischio di alcune forme di credito speciali, viene espressamente richiamata la valutazione del budget di progetto.
24 Tra gli altri, Xxxx Xxxxxxxxx ha osservato che questa evoluzione culturale del sistema bancario potrà pro- muovere una corrispondente evoluzione nelle imprese, con un miglioramento della cultura manageriale e della capacità di visione strategica (“vision”) anche nelle realtà minori.
capacità produttiva, al numero e le caratteristiche qualitative del personale e delle maestranze, e cosí via.
• Obiettivi strategici. Devono essere in tutta evidenza coerenti con quanto descrit- to in premessa e ragionevolmente raggiungibili.
• Schemi di azione programmati. Xxxxxx, a loro volta, essere conseguenti agli obiettivi, nel senso che una valutazione prudente e disinteressata dovrebbe rico- noscerli in grado di assicurare il raggiungimento degli obiettivi stessi almeno, negli ordini di grandezza.
• Commenti alle proiezioni economico finanziarie. Solo dopo una esauriente espo- sizione descrittiva dei contenuti del piano si è pronti a passare agli allegati numerici che prevedono una proiezione economico-patrimoniale relativamente sintetica, in genere triennale, ed una proiezione più dettagliata relativamente al primo anno del piano, che costituisce il budget. Queste proiezioni devono essere accompagnate da una descrizione che ne spiega la ratio e ne argomenta l’attendi- bilità.
2. La seconda parte del Piano contiene le proiezioni di bilancio suddivise a loro volta in due parti:
• Piano: proiezioni a medio-lungo termine, di durata (di solito) triennale o qua- driennale25.
• Budget: proiezioni, di norma più articolate e dettagliate, relative al primo anno del piano e coerenti con le proiezioni ivi contenute.
I principi di elaborazione delle proiezioni contenute nel piano e nel budget sono so- stanzialmente simili, e si differenziano, come detto, solo per una maggiore analiti- cità del secondo rispetto al primo.
I valori utilizzati nelle proiezioni devono essere sostenuti da argomentazioni ragio- nevoli, coerenti con le strategie aziendali esposte in precedenza, con la storia passa- ta della azienda e con le informazioni di mercato disponibili, e devono essere ispi- rate da una sana cautela rispetto alle ipotesi di evoluzione degli scenari.
Dal punto di vista dei contenuti, le proiezioni di bilancio possono essere suddivise in proiezioni economiche e proiezioni patrimoniali. Le prime danno luogo ai Conti economici e le seconde agli Stati Patrimoniali previsionali.
Ulteriori elaborazioni relative per esempio al “prospetto dei flussi finanziari” sono sempre utili, ma non indispensabili in quanto deducibili dalle proiezioni economi- co-patrimoniali.
Nel successivo allegato 1 sono esposti in maggior dettaglio i principi di elaborazione delle proiezioni.
Una parte conclusiva ripropone sinteticamente gli elementi cruciali del documento, riassumendolo e rammentandone le parti qualificanti.
25 In realtà, come detto in precedenza, il piano è l’intero documento. Tuttavia confidiamo che si comprenda dal contesto quando con “piano” ci riferiamo all’intero Piano di Business o alle sole proiezioni di medio-lungo termine.
2.2.2 Indagini di mercato
I risultati delle indagini di mercato sono utili alla banca per avere un punto di rife- rimento nel corso dell’attività di valutazione delle proiezioni della domanda e del- l’offerta di settore e di area geografica, ovvero dei tassi di inflazione, dei livelli occupazionali e dei costi salariali, ecc.
In linea di massima, comunque, le banche non hanno una grande tradizione nell’u- tilizzo delle suddette informazioni di mercato e, quando queste informazioni sono disponibili, le utilizzano sostanzialmente come elementi di riscontro circa le previ- sioni di evoluzione del fatturato esposte nei piani e budget presentati dalle aziende, confrontandole con le tendenze previste della domanda.
Ciò premesso, di norma le banche non si dotano della disponibilità di indagini diversificate dettagliatamente per singolo settore, area e categoria merceologica, perché il costo risulterebbe eccessivamente elevato rispetto al ritorno. In genere si limitano a stipulare convenzioni per ricevere dagli istituti di ricerca le risultanze di studi da questi svolti periodicamente, e raramente commissionano indagini specifiche.
Ne segue che le indagini a disposizione sono raramente personalizzate sullo speci- fico settore o la specifica area geografica in cui opera il cliente.
Per questo motivo, le banche possono essere spinte a prendere in buona considera- zione le informazioni più specifiche che l’azienda ha eventualmente a disposizione relativamente alla sua particolare attività, informazioni che possono provenire da indagini di associazioni di categoria, da pubblicazioni settoriali, e via dicendo. Affinché ciò avvenga è necessario che l’intero corredo informativo fornito dal clien- te appaia redatto in maniera professionale e realisticamente prudente.
A questo fine si ricorda, tra l’altro, di esplicitare le fonti utilizzate a sostegno delle proiezioni e di argomentarne doviziosamente le ragioni di attendibilità e di perti- nenza di tali fonti con il caso specifico e con le considerazioni strategiche pertinenti citate nel corso della presentazione del piano.
2.3 Le variabili qualitative
Le esperienze storiche circa la capacità predittiva delle insolvenze ascrivibili agli elementi di valutazione fin qui esaminati porta a riconoscere un certo margine da riservare alla valutazione di aspetti qualitativi come quelli già ricordati nella prece- dente circolare:
1. Storia e tradizione aziendale
2. Organizzazione e sistemi gestionali
3. Posizionamento competitivo
4. Innovazione, qualità/quantità degli investimenti in R&S (Ricerca e Sviluppo)
5. Informazioni commerciali
Alcune verifiche campionarie fatte attraverso confronti con le Direzioni di alcune banche fanno ritenere che a queste variabili siano lasciati margini che complessiva- mente consentono di migliorare le risultanze del punteggio emergente dalle analisi
di cui ai paragrafi precedenti, fino al 20/25% circa. Cattive valutazioni emergenti da queste variabili possono al contrario arrivare a peggiorare radicalmente la classe di rating assegnata.
Si tratta quindi di aspetti che possono risultare decisivi nella acquisizione di classi di rating idonee a ottenere la affidabilità necessaria e/o per contenere i costi finan- ziari.
Le analizzeremo in maggior dettaglio nella prossima circolare insieme con alcune innovazioni normative, di carattere amministrativo, societario e fiscale, che presen- tano una particolare sinergia potenziale con il disposto del nuovo accordo di Basilea. Infatti gli effetti di Basilea 2 potranno risultare particolarmente incisivi in virtù della correlazione con tutti gli altri cambiamenti recentemente introdotti: il nuovo diritto societario, le norme sulla responsabilità aziendale di cui al D.L. 231/2001 (ed i recenti obblighi di adeguamento di cui al comma 82 della finanziaria 2005), la introduzione all’utilizzo degli standard contabili internazionali (IAS-IFRS), le nuove norme fiscali (trasparenza fiscale, contrasto alla sottocapitalizzazione, con- solidato fiscale etc.).
Nel combinato di questi cambiamenti è possibile riconoscere un disegno che vuole spingere, incentivando alcuni comportamenti, penalizzandone altri, ad allineare la impresa italiana a canoni di gestione evoluti, volti a favorire migliore “governance”, maggiore capitalizzazione, emersione di utili distratti per ragioni fiscali.
Compito del consulente aziendale è di aiutare la clientela a combinare l’allineamen- to agli obblighi normativi in un disegno sinergico volto ad ottenere un beneficio complessivo, consistente e duraturo.
ALLEGATO 1
Schema di elaborazione dei valori esposti nelle proiezioni economiche e patrimoniali
In questo documento esaminiamo più da vicino la tecnica di elaborazione delle proiezioni economiche e patrimoniali.
Ci occuperemo nell’ordine:
del formato di esposizione
della elaborazione dei valori da assegnare alle singole poste economiche e patri- moniali e degli eventuali opportuni commenti.
Formato di esposizione delle proiezioni economico patrimoniali
In genere il formato dei piani e budget aziendali fa riferimento alle riclassificazioni anglosassoni, come segue:
Il conto economico in forma scalare secondo il metodo di riclassificazione a “costo del venduto” (v. tabella 1).
Tabella 1 CONTO ECONOMICO RICLASSIFICATO A “COSTO DEL VENDUTO” |
(Schema semplificato) |
VENDITE LORDE - Trasporti su vendite - Provvigioni - Sconti abbuoni e resi |
VENDITE NETTE (100%) |
- COSTO DEL VENDUTO • Mano d’opera • Materiali • Altri costi industriali • Ammortamenti industriali |
MARGINE LORDO DI CONTRIBUZIONE |
- COSTI DI STRUTTURA • Personale (Altro) • Costi generali xxx.xx e commerciali • Ammortamenti generali |
MARGINE OPERATIVO |
- ONERI FINANZIARI |
RISULTATO GESTIONE CARATTERISTICA |
+/- RICAVI/XXXXX XXXXXXXXXXXX |
RISULTATO LORDO DI ESERCIZIO |
Uno dei vantaggi di questa riclassificazione è di consentire una valutazione appros- simata ma attendibile del punto di pareggio (“break even point”), elemento che è evi- dentemente fondamentale nella messa a punto di qualsiasi strategia e nella defini- zione degli obiettivi economici.
Lo Stato Patrimoniale preferibilmente nella riclassificazione “a capitale operativo investito” (v. Tabella 2).
Tabella 2 | |
CAP. INVESTITO | FONTI di CAPITALE |
Investimenti oper. M/L | CAP. NETTO |
+ Immobilizzazioni oper.nette - fonti operative (TFR,Fondi rischi) CCN26 di funzionamento +Clienti +Altri cred. oper. +Magazzino - fornitori - altri debiti di funzionamento | + Deb. Finanziari a M/L termine - immobilizzazioni finanziarie Fonti finanz. M/L Fonti finanz. a breve +Banche e altri deb. Finanziari a breve - Disponibilitá liquide |
TOTALE | TOTALE |
Questa riclassificazione rende evidente ragione del termine “capitale investito” di cui ai paragrafi dedicati al ROE e ROI.
Elaborazione dei valori da assegnare alle singole poste economiche e patrimoniali e degli eventuali opportuni commenti.
Suddividiamo la nostra esposizione nella elaborazione del Conto Economico e dello Stato Patrimoniale.
Per ogni posta dei citati documenti sono illustrati due punti:
Generalità: per orientare nella eventuale parte descrittiva da inserire in appositi commenti.
Algoritmi di elaborazione. Illustrano il metodo di calcolo per pervenire al valore da iscrivere nel documento.
Proiezioni economiche
• Fatturato.
Generalità. I riferimenti a indagini di mercato e a eventuali proiezioni stimate da analisti esterni alla azienda vanno citati e/o testualmente riportati. È opportuno fare sempre riferimento a enti di ricerca noti e riconosciuti come seri e attendibili. Il ricorso a eventuali ricerche di enti minori e scarsamente conosciuti vanno motivate (per esempio perché unica ricerca di dettaglio in merito a certe catego- rie merceologiche) riportando in tali casi anche le risultanze delle indagini più accreditate, commentando le correlazioni e motivando ragionevolmente le even- tuali differenze. Le argomentazioni che portano a ritenere che la azienda possa ottenere performance migliori di quelle medie di mercato devono essere com- mentate doviziosamente.
Algoritmi di quantificazione. Il Fatturato è punto di riferimento per tutte le proiezioni economiche. In generale si calcola a partire dal fatturato dell’esercizio precedente sulla base di un ragionevole incremento percentuale:
26 CCN = Capitale Circolante Netto.
Fatturato Anno( X + 1) = Fatturato AnnoX × (1+ IncremementoAtteso %)
L’incremento deve risultare realistico alla luce delle informazioni disponibili e delle argomentazioni esposte, ispirato a criteri di prudenza nell’ottica di un valutatore esterno e disinteressato.
• Costi diretti.
Generalità. Le proiezioni delle voci di costo (e di eventuali altri ricavi) che sono per natura correlate proporzionalmente ai volumi di fatturato devono essere conseguentemente coerenti. La regola vale per esempio, con gli eventuali ade- guamenti secondo buonsenso, per i costi diretti di vendita (Provvigioni e trasporti su vendite), le poste correttive di vendita (sconti, abbuoni e resi), i costi diretti di pro- duzione (di beni o servizi).
Si deve mostrare di aver prestato ogni attenzione alle motivazioni che potrebbe- ro far lievitare la incidenza percentuale dei costi (o far diminuire la incidenza di eventuali altri ricavi), e di averne tenuto conto con la massima cautela. Laddove siano state previste azioni volte a migliorare le incidenze rispetto al passato e/o ad evitare rischi di peggioramento, dette azioni vanno rammentate, anche se già citate in precedenza nella parte descrittiva generale.
Algoritmi di quantificazione. Le poste in oggetto si calcolano a partire dal fattu- rato per la percentuale storica di incidenza, eventualmente corretta sulla base delle argomentazioni di cui al precedente capoverso:
ProiezioneCosti diretti = ProiezioneFatturato × (Incidenza %)
• Costi del personale diretto.
Generalità. Le proiezioni dei costi del personale devono tener conto del numero di addetti necessario per realizzare i volumi operativi previsti avuto presenti eventuali motivi di particolare incremento (per esempio: inserimento di nuove linee di prodotto/servizio) rispetto alla situazione corrente. I costi vanno poi ottenuti moltiplicando il numero di addetti per i costi medi avuto conto di dina- miche inflattive, rivendicazioni salariali eccetera. I ragionamenti fatti ai fini del dimensionamento dei nuovi organici vanno opportunamente argomentati.
Algoritmi di quantificazione. I costi del personale diretto si ottengono moltipli- cando il numero previsto di addetti (medio annuo) per il costo unitario, rivaluta- to come detto al capoverso precedente:
ProiezioneCosti personale diretto = Xxxxxx addetti atteso × Costo unitario rivalutato
• Ammortamenti.
Generalità. I valori degli ammortamenti deve tener conto di eventuali nuovi investimenti previsti in sede strategica. La quantificazione degli accantonamenti relativi a nuovi investimenti va fatta applicando le aliquote più ragionevoli, tenendo conto dei periodi previsti di acquisizione. In generale è sempre sconsi- gliabile il ricorso ad aliquote ridotte, sia in sede di consuntivo che di previsione. Laddove si ritenga comunque di ricorrervi deve essere dato il massimo risalto alle argomentazioni a sostegno.
Algoritmi di quantificazione. Gli ammortamenti si calcolano moltiplicando il valore dei cespiti da ammortizzare (a loro volta uguali agli immobilizzi dell’an- no precedente dedotte eventuali dismissioni e componenti interamente ammor- tizzate e aumentati di eventuali nuovi investimenti) per una ragionevole aliquo- ta media (in sede di budget sarebbe opportuno effettuare il calcolo separando le immobilizzazioni per aree omogenee, caratterizzate da analoghe aliquote di ammortamento, e sommando i valori di ogni area):
ProiezioneAmmortamenti = Proiezione Cespiti da ammortiz zare × Aliquota media 27
dove:
ProiezioneCespiti da ammortizza re = Cespiti annoPrec. + nuovi Investimenti − cespiti _
_ completam.te ammortizzati − cessioni di cespiti programmate
• Costi del personale di struttura.
Generalità. Il numero di addetti è di norma relativamente stabile. Tuttavia un aumento molto consistente dei volumi di fatturato previsti o l’introduzione di nuove procedure migliorative della qualità complessiva della gestione e del con- trollo richiedono di considerare un incremento. La automazione spinta dei pro- cessi organizzativi potrebbe per converso portare a un forte incremento della produttività migliorando la qualità in presenza, addirittura, di una riduzione di personale. Tuttavia in questo caso è necessario aver previsto i costi di investi- mento in termini di hardware e software, nonché i tempi necessari alla formazione ed all’apprendimento del personale.
In ogni caso vanno tenute presenti le dinamiche generali dei costi del personale e previste le conseguenze di eventuali scatti di anzianità e avanzamenti di carriera. Algoritmi di quantificazione. Tenuto conto delle precisazioni esposte nel prece- dente capoverso l’algoritmo è del tutto analogo a quello già visto per il personale diretto:
ProiezioneCosti Staff = Numero addetti atteso × Costo unitario rivalutato
• Altri costi di struttura.
Generalità. Anche in questo caso i costi sono abbastanza invarianti a meno delle dinamiche inflattive. Naturalmente se i volumi operativi aumentano in maniera significativa anche questi costi devono essere prudentemente incrementati in coerenza a considerazioni di buonsenso ispirate ad una sana prudenza.
Ove opportuno, e specie in sede di budget, i costi possono essere suddivisi in categorie omogenee, proiettando il comportamento di ciascuna categoria alla luce di tutte le ragioni di buonsenso (esempio: costi di affitti e utenze possono essere meglio previsti sulla base della evoluzione dei canoni di locazione e dei costi unitari di energia, e simili, mentre altri costi per servizi possono seguire andamenti diversi).
27 Volendo si può applicare una aliquota dimezzata alle nuove acquisizioni ma, in ottica di prudenza, è una complicazione non necessaria e, forse, inopportuna.
Algoritmi di quantificazione. La formula di base è molto semplice. Alla formula qui di seguito esposta va eventualmente aggiunta (o sottratta) una opportuna quota percentuale in dipendenza delle ragioni al riguardo argomentate:
ProiezioneCosti Struttura = Costi Struttura Anno Prec. × (1 + TassoInflazionePrevisto)
• Oneri finanziari.
Generalità. Il peso degli oneri finanziari deve essere ovviamente correlato al volume dei debiti onerosi risultante dalle proiezioni patrimoniali (cfr. successivo paragrafo al titolo “Proiezioni dello Stato Patrimoniale”), tenuto conto dei tassi correntemente pagati dalla azienda e delle previsioni di evoluzione dei tassi di mercato, che sono notoriamente molto correlati alle aspettative inflazionistiche. Per questo motivo prima di completare il conto economico previsionale con que- sta posta (e le successive) occorre passare alla proiezione dello Stato Patrimoniale (cfr. allegato 2 “Ciclo di preparazione delle proiezioni economico-patrimoniali”). Algoritmo di quantificazione. Una volta predisposta la proiezione dello Stato Patrimoniale, la formula per il calcolo degli oneri finanziari è molto semplice:
ProiezioneOneriFinanziari = Indebitamento medio atteso × Costofinanziario medio%
Dove l’indebitamento medio viene ovviamente dalle proiezioni Patrimoniali che vedremo in seguito e il costo finanziario medio è calcolato sulla base degli oneri finanziari totali dell’anno precedente divisi per l’indebitamento medio28. Quest’ultimo si può calcolare in maniera semplificata sulla base della semisom- ma del saldo iniziale e finale del conto “Debiti Finanziari”.
• Partite straordinarie.
Generalità Xxxxxxx i principi generali di coerenza e prudenza da applicare ed argomentare secondo xxxxxxxxx. Per questo motivo è opportuno inserire una proiezioni di costi straordinari anche sulla semplice base di una media delle esperienze degli anni precedenti, mentre per poter inserire nelle proiezioni ricavi straordinari è necessario poter argomentare eventi previsti che siano ragionevol- mente sotto il controllo aziendale (per esempio: sopravvenienze dovute alla pre- visione della cessione, a prudenti prezzi di mercato, di un immobile acquisito in leasing).
Algoritmi di quantificazione. In questo caso non esiste una formula di riferimen- to ma la applicazione secondo normali criteri di buonsenso di quanto descritto sopra. Se non ci sono ragioni a sostegno di proiezioni particolari è bene proietta- re, per motivi di prudenza, la media delle partite straordinarie degli ultimi anni, se negativa. Nessuna proiezione, invece, in caso di media positiva:
ProiezionePartiteStraordinarie = Minimo(MediaParti te.Straord. AnniPrec, 0)
28 Se sono presenti finanziamenti a rimborso rateale è possibile ottenere una previsione maggiormente rigoro- sa con un minimo impegno aggiuntivo: per la parte relativa a questi finanziamenti si può fare riferimento, per la proiezione degli oneri finanziari e dei saldi finali, ai piani di ammortamento. La formula maggior- mente approssimata sopra illustrata va applicata alla parte residua dei debiti onerosi, e gli oneri finanziari complessivi nascono dalla somma delle due componenti.
Proiezioni patrimoniali.
Passiamo ora alle principali poste patrimoniali. Anche in questo caso gli algoritmi di calcolo utilizzati vanno spiegati e, se del caso, argomentati.
• Immobilizzazioni e relativi fondi ammortamento.
Generalità. La valorizzazione deve essere coerente con gli investimenti necessari per la realizzazione degli obiettivi strategici descritti nel piano, secondo le tempi- stiche eventualmente richiamate e/o conseguenti ai risultati ipotizzati. I fondi sono facilmente calcolati a partire dalla situazione pregressa aggiungendo gli accantonamenti dell’esercizio (e dedotto quanto relativo ad eventuali disinvesti- menti).
Algoritmi di quantificazione. Gli immobilizzi netti nascono, naturalmente, dalla differenza tra gli immobilizzi lordi ed i relativi fondi di ammortamento. La for- mula di base per gli immobilizzi lordi è:
ProiezioneCespiti = CespitiAnn oPrec. + Acquisizioni − Dismissioni
Per il calcolo dei fondi si fa riferimento alla seguente:
XxxxxxxxxxXxxxxXxx.xx = FondiAnnoP rec. + ProiezioneAmmortamenti − QuotaFondi relativa _
_ a eventuale previsione di dismissioni.
• Magazzino.
Generalità. L’importo del magazzino è calcolato a partire dagli indici consuntivi di rotazione, avuto conto delle considerazioni strategiche riportate nel piano. L’importo del magazzino si ottiene cosí dal valore del fatturato diviso per l’indi- ce di rotazione. Per aumentare l’indice di rotazione previsionale (e diminuire il peso previsto delle giacenze) occorre argomentare le ragioni che giustificano la scelta.
Algoritmi di quantificazione. Calcoliamo prima l’indice di rotazione previsiona- le. Premesso che:
indice di rotazione = Fatturato
magazzino
(espresso in numero di volte)
procediamo in due momenti. Prima calcoliamo il nuovo indice di rotazione:
indice di rotazione previsionale = indice di rotazione consuntivo + /− impatto di motivi _
_ di modifica (che vanno come al solito argomentati opportunamente)
quindi calcoliamo la proiezione di Magazzino:
Proiezione di Magazzino = Fatturato
Indice di rotazione previsionale
• Clienti.
Generalità. Si procede in analogia al caso precedente rapportando al fatturato l’indice relativo ai termini medi di incasso. Anche qui occorre motivare la even- tuale applicazione di termini più favorevoli e mantenersi comunque ragionevol- mente coerenti con gli usi di mercato e i termini contrattuali correnti previsti dalla azienda.
Algoritmi di quantificazione. Calcoliamo prima l’indice previsionale relativo ai termini di incasso29. Premesso che:
termini medi di incasso =
Clienti Fatturato
×360 = giorni
calcoliamo prima la proiezione dei termini medi di incasso:
Proiezioni termini di incasso = termini di incasso consuntivi + /− impatto di motivi _
_ di modifica (che vanno come al solito argomentati opportunamente)
quindi la proiezione della voce clienti:
Proiezione Clienti = Fatturato × proiezione termini di incasso
360
• Fornitori.
Generalità. Si agisce in maniera analoga a quanto detto per i clienti partendo dai termini di pagamento30 storici e tenuto presente la coerenza con i termini con- trattuali e gli obiettivi strategici dichiarati.
Algoritmi di quantificazione. Calcoliamo prima l’indice di rotazione previsiona- le. Premesso che:
indice di rotazione = Fatturato
Fornitori
procediamo, anche in questo caso, in due momenti. Prima calcoliamo il nuovo indice di rotazione:
indice di rotazione previsionale = indice di rotazione consuntivo + /− impatto di motivi _
_ di modifica (che vanno come al solito argomentati opportunamente)
quindi calcoliamo la proiezione della voce Fornitori:
Proiezione di Fornitori = Fatturato
Indice di rotazione previsionale
• Altre poste operative dell’attivo e del passivo.
Generalità. Qui non vanno ricompresse le voci di natura finanziaria (disponibi- lità liquide e debiti finanziari). Queste poste hanno una minore correlazione con i volumi di fatturato e vanno dimensionate secondo criteri di buonsenso che ten- gono conto della natura delle stesse e della loro evoluzione storica. I criteri con cui vengono dimensionate devono essere come al solito commentati ampiamen- te, e ispirati a ragionevole prudenza.
29 Naturalmente si può procedere in perfetta analogia con il caso precedente usando l’indice di rotazione. Si preferisce in questo caso usare la variazione relativa ai termini medi di incasso perché rende piú immediata la correlazione con argomentazioni relative a variazioni delle condizioni contrattuali e/o degli usi di settore e simili.
30 Per essere precisi per elaborare i termini di pagamento occorrerebbe prendere a base di calcolo il Costo del venduto e non il fatturato. Visto che non abbiamo accesso agevolmente ad un indice significativamente con- frontabile con i termini di pagamento correnti, ai fini degli algoritmi usiamo l'indice di rotazione (è impro- prio parlare di rotazione a proposito delle fonti, ma questo indice viene cosí denominato per analogia di cal- colo con gli indici di rotazione delle poste dell'attivo.)
Algoritmi di calcolo. Come accennato, non esiste un vero algoritmo. Si parte dei valori storici e, tenendo conto di una tendenza a lievitare in maniera meno che proporzionale al crescere del fatturato, oltre che di altri motivi che la situazione specifica suggerisce di volta in volta, si modificano secondo buonsenso.
Proiezione altre poste operative = valori a consuntivo + /− impatto di ragioni di modifica
(che vanno come al solito argomentat e opportunamente)
• Disponibilità liquide.
Generalità. La quantificazione va commisurata con le ordinarie esigenze operati- ve. Normalmente le aziende devono tenere in cassa piccole somme per le esigen- ze di routine. Queste esigenze vanno commisurate secondo buonsenso appog- giando le valutazioni alle esperienze degli anni precedenti. Ancora una volta la ipotesi di poter ridurre la liquidità tenuta normalmente in cassa per le esigenze correnti deve essere motivata con argomentazioni convincenti.
Algoritmi di calcolo. Anche in questo caso si parte dai valori storici che, se del caso, si modificano secondo buonsenso:
Proiezione DisponibilitàLiquide = valori a consuntivo + /− impatto di eventuali ragioni di _
_ modifica
• Mezzi propri.
(che vanno come al solito argomentate opportunamente)
Generalità. Ovviamente nascono dalla semplice operazione di somma algebrica delle poste del precedente esercizio con i risultati previsti nelle proiezioni econo- miche, detratte eventuali distribuzioni di dividenti, e sommate le immissioni di nuovo capitale. Naturalmente possiamo indicare separatamente, per migliore leggibilitá, l’utile netto di esercizio dal resto delle voci del capitale netto.
Algoritmi di calcolo.
Proiezione capitale netto = C.nettoAnno Prec. + Aumenti di capitale + utile netto − xxxxxxx.xx _
_ dividendi
• Debiti finanziari.
Generalitá. Il valore complessivo dei debiti finanziari a questo punto nasce per semplice differenza tra l’attivo ed il passivo patrimoniale. All’interno della posta cosí calcolata si può articolare la composizione dei debiti come segue:
– per i finanziamenti a M/L termine preesistenti, si fa riferimento ai valori previ- sti dai piani di ammortamento;
– per eventuali nuove accensioni di finanziamenti a rimborso rateale i piani di rimborso si disegnano seguendo le logiche correnti di mercato;
– gli altri debiti finanziari correnti, quando tutte le altre voci cono state dimen- sionate, possono essere calcolati per differenza.
Algoritmi di calcolo. A questo punto che tutte le altre voci dello Stato Patrimoniale sono state ragionevolmente proiettate, l’importo totale dei debiti finanziari, come detto sopra, deriva dalla semplice differenza tra tutte le poste già calcolate. Rammentando la definizione di Capitale Investito, e le correlazioni conseguenti che ci sono servite a proposito delle considerazioni sul ROI, possia- mo esporre tale differenza come segue:
Proiezione DebitiFinanziari = ProiezioneCapitaleIn vestito. − ProiezioneMezzi Propri
dove il capitale investito è uguale a:
CapitaleInvestito = ImmobilizziNetti + CapitaleCircolanteNe tto
Gli immobilizzi netti, come sappiamo, sono pari alle immobilizzazioni totali al netto dei fondi, mentre il Capitale Circolante Netto corrisponde alla somma alge- brica di tutte le altre poste operative:
CCN = Disponibilità liquide+ Clienti + Magazzino – Fornitori + altre poste operative dell’attivo – altre poste operative del passivo
Ordine di elaborazione delle poste
Molte poste sia del Conto Economico che dello Stato Patrimoniale sono, come abbiamo visto, conseguenti alla proiezione di fatturato.
La definizione dell’obiettivo, in termini di volumi di vendite, risulta quindi il punto di riferimento ed il primo passo dell’intero processo.
La complicazione nasce dal fatto che non è possibile completare la proiezione dello Stato Patrimoniale senza che sia stata completata la procedura di proiezione del Conto Economico, mentre, a sua volta, per completare la proiezione del Conto Economico è necessario definire gli oneri finanziari, i quali dipendono dalla proie- zione dei debiti onerosi.
Si tratta di un circolo vizioso che superiamo nel seguente modo.
In un primo momento ci accontentiamo di una stima del risultato economico basata sul margine operativo, grossolanamente corretto, per una valutazione delle partite finanziarie e straordinarie, sulla base di una media dei loro valori storici.
In questo modo possiamo pervenire ad una proiezione provvisoria del risultato netto e quindi del capitale netto e dei debiti onerosi.
Questa stima, ancorché provvisoria, dei debiti onerosi ci consente di affinare il pro- cesso elaborando una nuova proiezione degli oneri finanziari e quindi dell’intero Conto Economico.
Sulla base della nuova e più precisa proiezione del risultato netto correggeremo la precedente proiezione del capitale netto e dei debiti onerosi.
A questo punto non resta che verificare la coerenza tra il valore previsto dei debiti onerosi e quello degli oneri finanziari.
In linea teorica possiamo prevedere che la coerenza non sia stata raggiunta e si renda necessario un ulteriore riallineamento, perché la reciproca relazione tra oneri finanziari e debiti onerosi comporta il rischio di entrare in un circolo senza fine; ma si tratta di un rischio più teorico che reale.
Infatti il riallineamento richiesto è sempre più modesto ogni volta che ripetiamo il ciclo e converge rapidamente verso una differenza non significativa. (Si consideri che non è sensato perseguire una rigorosa corrispondenza aritmetica nelle relazioni in questione, perché si lavora su previsioni, cioè su valori che risulteranno, nella migliore delle ipotesi, solo approssimativamente centrati.)
Nel successivo allegato 2 è schematizzato l’iter del processo di proiezione inclusa l’eventuale necessità di riallineamento qui descritta.
ALLEGATO 2
Ciclo di preparazione delle proiezioni economico-patrimoniali
Obiettivi e considerazioni strategiche
Debiti finanziari
Margine operativo
Rielabora: Cap.Netto => Deb. Fin. => oneri fin. etc.
Oneri Finanziari
Cap.Netto coerente?(1)
NO
(1) si intende coerente se i debiti onerosi, risultanti per differenza, sono coerenti con gli oneri finanziari
SI
FINE
Utile Netto
Utile Lordo
Partite Straordinarie
Capitale Netto
Altre poste operative
Fornitori
Magazzino
Immobilizzi operativi
Clienti
Costi di struttura
Ammortamenti
Costi diretti di produzione
Fatturato
Pers.le Diretto
Costi diretti di vendita
Proiezioni Conto economico
Proiezioni Stato Patrimoniale