ALCUNI CONTRATTI ATIPICI
ALCUNI CONTRATTI ATIPICI
E’ da notare che diverse sono le opinioni e le teorie sulle caratteristiche dei contratti atipici. Ma io concordo con quanto espresso da Xxxxxxx Xxxxxxxxx (vedasi il suo lavoro: “i nuovi contratti”, edito dalla Casa Editrice La Tribuna) e cioè che non esistono contratti atipici in senso assoluto, ma contratti che si tipicizzano da sé, ovvero contratti che vengono ad esistere per dare regolamentazione ad interessi privati specifici e che poi ricevono un riconoscimento di meritevolezza da parte dell’ordinamento giuridico. Xxxxx, inoltre, che anche l’articolo 1322 del codice civile possa dare indubbia valenza ai contratti atipici.
(A)
IL CONTRATTO DI LEASING
Trae origine negli Stati Uniti, ma è ormai largamente diffuso anche in Italia, dove viene anche chiamato "locazione finanziaria".
Una parte (detta concedente e rappresentata da una società di leasing), dietro pagamento di un canone periodico, concede ad un'altra (chiamata utilizzatore) il godimento di un bene, acquistato o fatto costruire dal concedente su indicazione dell'utilizzatore; quest'ultimo assume il rischio della distruzione del bene ed ha la facoltà di diventarne proprietario al termine del contratto, dietro versamento 1di un prezzo prestabilito.
In base a questo contratto, le società di leasing (spesso emanazione di banche), si pongono in mezzo fra le imprese produttrici di un bene e gli utilizzatori del bene stesso (rappresentati, di solito, da altri imprenditori o da professionisti) svolgendo una funzione di finanziamento.
Da un lato, la società di leasing acquista dall'impresa produttrice il bene voluto dall'utilizzatore, pagando così in contanti alla stessa impresa il bene acquistato; d'altro lato, la società di leasing, stipulando contestualmente il contratto di leasing con l'utilizzatore, ottiene da quest'ultimo la restituzione del capitale anticipato (aumentato naturalmente dell'utile della società) sotto forma di pagamento periodico dei canoni.
La società di leasing è garantita per il fatto di avere la proprietà del bene consegnato in godimento all'utilizzatore. E questo acquista la disponibilità del bene di cui ha bisogno per la sua attività (un macchinario, un impianto, un immobile, eccetera) senza diventarne proprietario e senza dover anticipare il capitale necessario per acquistarne la proprietà.
Alla scadenza del contratto potrà decidere, in base al grado di invecchiamento del bene, se restituire il bene stesso oppure diventarne proprietario, esercitando, quindi, tramite il pagamento del prezzo già stabilito, la scelta di acquisto concessagli con il contratto di leasing.
Il lease back
Trattasi di operazione finanziaria con la quale un bene viene alienato dal proprietario ad un’impresa di leasing, che si impegna a concedere lo stesso bene in godimento al venditore ed a riconoscergli un diritto di riscatto, trascorso un determinato periodo di tempo. La situazione che viene a crearsi ricade sotto la disciplina del leasing, ma giuridicamente è più esatto individuare nel “lease back” un’ipotesi di contratti collegati: la compravendita ed il leasing, unificati tramite il collegamento economico funzionale in capo allo stesso soggetto.
(B)
IL CONTRATTO DI FACTORING
E’ il contratto mediante il quale un imprenditore cede ad un altro imprenditore, denominato “factor”, e rappresentato da una società di “factoring”, una parte o tutti i crediti della propria impresa ed il “factor” ne versa l’importo al cedente e si occupa della contabilizzazione e della riscossione dei crediti acquistati.
Normalmente la società di "factoring" non anticipa l'importo dei crediti al cliente, ma lo versa alla scadenza, garantendo all'imprenditore la certezza dell'incasso; tuttavia è spesso prevista la facoltà del cliente di chiedere al "factor" delle anticipazioni: in tal caso il "factoring" svolge una funzione di finanziamento, analoga a quello dello sconto bancario (con interessi maggiori, di regola, a quelli bancari).
La cessione dei crediti avviene di regola "pro soluto", il che significa che il rischio dell'insolvenza del debitore passa a carico della società di "factoring", la quale svolge, in tal modo, sostanzialmente, una funzione di assicurazione del credito (nel senso che la società ne paga l'importo al cliente, anche se il debitore ceduto si rivela insolvente).
Comunemente la società di "factoring" si riserva la facoltà di accettare, di volta in volta, i crediti che il cliente le offre, in relazione evidentemente alla solvibilità del debitore ceduto.
Per le proprie prestazioni, la società di "factoring" è compensata con una commissione proporzionale al credito acquistato. Il contratto di "factoring" si trova regolato dalla legge 22/2/1991 nr. 52. Essa stabilisce che possono essere ceduti al "factor" i crediti, anche prima che siano stati stipulati i contratti dai quali sorgeranno
(possono, dunque, essere ceduti non soltanto crediti già esistenti, ma anche crediti futuri).
Crediti esistenti e crediti futuri possono poi essere ceduti anche in massa. Ma la cessione in massa dei crediti futuri è valida soltanto se viene indicato il debitore ceduto e può avere per oggetto solo i crediti che sorgeranno da contratti da stipulare in un periodo di tempo non superiore a 24 mesi (art. 3).
Il cedente garantisce al "factor", nei limiti del corrispettivo pattuito, la solvenza del debitore ceduto, salvo che il "factor" non rinunci, in tutto od in parte, alla garanzia (art. 4): ciò vuol dire che la cessione dei crediti avviene "pro solvendo", a meno che le parti pattuiscano che essa avvenga "pro soluto".
La legge ha anche stabilito che le società o enti, che esercitano attività di cessione dei crediti di impresa debbano iscriversi in un apposito albo tenuto dalla banca d'Italia e che quest'ultima deve vigilare sul corretto svolgimento dell'attività medesima, anche al fine di impedire l'impiego di denaro di provenienza illecito (art. 2).
(C)
IL CONTRATTO DI FRANCHISING
E' un contratto atipico, bilaterale, oneroso ed inter vivos, con il quale una impresa produttrice di beni o un grossista (chiamato "franchisor"), oltre a fornire al rivenditore (detto "franchisee") i beni da distribuire, lo autorizza ad usare lo stesso marchio e la stessa insegna dell'impresa produttrice o del grossista.
Inoltre, al “franchisee” vengono imposte minuziose prescrizioni circa le modalità di vendita dei prodotti, l’arredamento dei locali di vendita, la formazione del personale in modo da far apparire agli occhi del pubblico l'impresa distributrice come una succursale dell'impresa produttrice.
Tramite la rete delle autonome imprese dei “franchisees”. L’impresa produttrice, o il grossista, può dunque regolare in modo uniforme la distribuzione dei propri prodotti, e presentarsi agli occhi del pubblico come un’unica impresa che opera con una rete di filiali, senza in realtà sostenere il costo ed il rischio economico della distribuzione, che vengono addossati alle imprese dei “franchisees”.
Nota
la stampa riporta la notizia che è “boom” per il franchising. Sono in crescita le affiliazioni commerciali in Italia. Il franchising sta vivendo una forte crescita economica, tanto che il Paese è ormai al secondo posto in Europa in termini di fatturato.
Secondo le stime più recenti, infatti, il giro d’affari supera nel 2000 i 22 mila miliardi di lire, contro i 21 mila dell’anno 1999. I dati sono stati resi noti dall’Unione del Commercio, Turismo e dei Servizi della Provincia di Milano, in occasione
dell’apertura, presso la Fiera, del XV° salone internazionale del franchising e della “partnership”.
Secondo lo studio, mentre nel 1981 si contavano 52 catene e poco più di 3.000 punti vendita affiliati, dopo dieci anni il numero di catene si era già quintuplicato, raggiungendo quota 266, mentre gli affiliati erano arrivati a 14.000.
Le ultime rilevazioni indicano nel Paese una rete commerciale da 26.274 punti vendita legati a 502 catene, per un totale di 70.000 addetti. Negli ultimi dieci anni, il “franchising” ha vissuto un tale boom che lo ha portato a crescere di oltre il 320 %, quanto a punti vendita affiliati ed oggi si calcola che, nelle gallerie dei maggiori centri commerciali, circa il 70-80 % dei negozi sia in “franchising”.
(D)
IL CONTRATTO DI OUTSOURCING
Si tratta della dismissione di un settore di attività e dell’acquisizione da terzi del bene o del servizio precedentemente prodotto dal settore dismesso.
I terzi acquirenti proseguono l’attività a favore dell’impresa. Va detto che il trasferimento del settore di attività deve riguardare un vero e proprio ramo d’azienda, come chiarisce l’articolo 2112 del codice civile.
Se nell’impresa sono occupati più di 15 lavoratori, occorre poi consultare i sindacati, come prevede l’articolo 47 della legge 428/1990. Realizzato il trasferimento del ramo d’azienda, tutti i rapporti di lavoro dei dipendenti addetti continuano automaticamente con l’acquirente.
(E)
IL CONTRATTO DI ENGINNEERING
Un committente, che intenda realizzare un rilevante intervento in una certa zona, affida ad una impresa il compito di progettarne la installazione, di eseguirne per intero i lavori, di avviarne il processo di lavorazione, si seguirne la manutenzione, e quant’altro occorra.
In sostanza, quindi, trattasi di contratto con il quale una impresa si obbliga nei confronti dell’altra parte ad elaborare un progetto industriale, architettonico ed urbanistico ed eventualmente a realizzarlo od attuare progetti elaborati da altre imprese, con tutte le assistenze tecniche connesse, ricevendo una somma di denaro a titolo corrispettivo.
Il contratto è atipico, perché la sua disciplina è liberamente affidata alle parti. Il committente, oltre a pagare quanto pattuito, deve anche mettere a disposizione della controparte il terreno sul quale opererà l’impresa ed il personale per l’esecuzione della progettazione; deve inoltre acquisire le autorizzazioni amministrative necessarie per lo svolgimento dei lavori.
Il contratto di engineering non va confuso con il contratto di mandato, perché qui non viene svolta attività giuridica per conto del committente.
Non va nemmeno confuso con il contratto d’opera, perché l’engineering richiede, di solito, una organizzazione di attività e di mezzi che trascende l’ambito tipico di tale contratto.
Potrebbe, semmai volessimo tentare una forzatura, apparire come un appalto di servizi, ai sensi dell’articolo 1677 del codice civile, ma se ne discosta comunque, abbastanza vistosamente, quanto meno per questi motivi:
- nel contratto di engineering è prevista una consistente opera di collaborazione da parte del committente, ben più vasta dell’obbligo di cooperazione connesso all’appalto,
- è previsto un accentuato controllo delle operazioni svolte dall’impresa di engineering, non riconducibile ai poteri di verifica e collaudo riservati dalla legge all’appaltante,
- non è ammessa la revisione del prezzo ed il contratto può essere risolto per caso fortuito.
(F)
IL CONTRATTO di COMPUTER SERVICES
computer services contracts
Trattasi di contratto mediante il quale un centro elettronico di servizio assume, con la organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un servizio, normalmente a carattere periodico, verso un corrispettivo in denaro. L’organizzazione dei mezzi è caratterizzata dall’impiego di un computer, mentre il servizio da compiere è uno qualsiasi tra quelli che lo stesso computer può fornire.
Caratteristiche più comuni sono le seguenti:
- i servizi che il cliente chiede devono essere fatti con la massima precisione, per consentire la predisposizione del programma di elaborazione più adatto;
- il contratto ha generalmente la durata di uno o due anni, ma è quasi sempre prevista la possibilità di un tacito rinnovo;
- il compenso è corrisposto in genere ogni mese, con il pagamento comunque di una certa somma fissa, anche se non vi sia fornitura di alcun servizio;
- i programmi sono giuridicamente considerati prodotti dell’ingegno ed il centro conserva la privativa e la piena disponibilità degli stessi;
- il centro deve assicurare che tutte le informazioni di carattere segreto o riservato rimangano tali e se ne assume la conseguente responsabilità;
- sono a carico del cliente eventuali premi di assicurazione stipulati dal centro per eventuali danni alle apparecchiature fornite;
- eventuali danni di qualsiasi genere, previste da apposite clausole di responsabilità, sono portate di solito a carico del cliente.
Questo contratto si avvicina molto all’appalto di servizi, perché è caratterizzato da organizzazione in proprio di mezzi per la esecuzione di un lavoro, dall’assunzione del rischio per l’adempimento della prestazione, dal pagamento di un corrispettivo. Il contratto è cumulativo, non solenne, ad effetti obbligatori e di solito ad esecuzione prolungata e periodica.
(G)
IL CONTRATTO DI KNOW HOW
Un imprenditore (concedente), dietro compenso, mette in condizione un altro imprenditore (concessionario) di conoscere ed utilizzare, nel processo produttivo o distributivo, le proprie tecniche o i propri ritrovati non brevettabili o, comunque, non suscettibili di brevettazione.
Quindi, oggetto del contratto non è il trasferimento di una semplice idea, ma di una tecnologia, un metodo la cui sperimentata applicazione fa conseguire a chi la applica un migliore sfruttamento della propria capacità produttiva.
Per diversi motivi un imprenditore può decidere di non chiedere un brevetto; ad esempio perché si intende operare all’estero in un paese che non riconoscerebbe la validità della registrazione del brevetto; oppure per evitare la pubblicità e quindi il rischio di imitazioni o falsificazioni; o per evitare oneri e tasse della pratica.
La caratteristica più importante, quindi, di questo contratto è l’obbligo di conservare il segreto, che grava su entrambi i contraenti.
Lo sfruttamento dell’invenzione in regime di segreto può, dallo stesso inventore essere concessa a più persone, ognuna delle quali deve tollerare l’altra o le altre, essendo ciascuna venuta a conoscenza dell’invenzione legittimamente.