Contratto in generale
COMMENTI
I contratti della crisi coniugale quali negozi dissimulati: ovvero degli effetti perversi di una giurisprudenza diseducativa*
Commento a Cass., 24 novembre 2023, n. 32724 (ord.)
Xxxxxxx Xxxxxx**
Sommario: I. CASO. – II. QUESTIONI DI DIRITTO. – III. COMMENTO: 1. Gli accordi preventivi sulle conseguenze pa- trimoniali della crisi coniugale. Generalità. – 2. Gli accordi preventivi sulle conseguenze patrimoniali della crisi coniugale nella nostra giurisprudenza. – 3. Gli accordi preventivi sulla crisi coniugale: le (sovente inconsapevoli) aperture giurisprudenziali. – 4. La piena validità delle intese preventive sulla crisi coniugale. – 5. (segue) Gli effetti dell’ammissibilità del cumulo processuale delle domande di separazione e divorzio (ovvero, quando la Cassazione si contraddice senza rendersene conto). – 6. Xxxxx excursus sui rapporti tra contratti della crisi coniugale e fenome- no simulatorio. – 7. (segue) Simulazione «della» e simulazione «nella» crisi coniugale. 8. Conclusioni.
Lo scritto approfondisce i rapporti tra contratti della crisi coniugale e simulazione, rilevando come, a differenza dei casi precedentemente risolti, in cui si verteva dell’eventuale simulazione delle intese tra coniugi aventi ad oggetto l’assetto economico delle relazioni conseguenti alla separazione o al divorzio, qui si tratti della validità di una vendita di una quota societaria e di azioni dalla moglie al marito (rectius: ad una società di cui il marito è legale rappresentante). Intesa, questa, che, secondo una delle parti in causa, sarebbe nulla perché dissimulerebbe un accordo preventivo in vista delle conseguenze della crisi coniugale: accordo dissimulato che sarebbe a sua volta nullo, in virtù dell’impostazione seguita dalla Cassazione sulle intese pre- ventive di divorzio. Il presente studio pone in luce, in primo luogo, come nella specie, con ogni probabilità, non già di simulazione si tratti, bensì di negozio indiretto. Richiamate, poi, in breve, le considerazioni che militano, tutto al contrario, per la perfetta validità delle intese preventive in vista della separazione e del divorzio, lo scrivente ribadisce come la giurisprudenza preva- lente circa la nullità degli accordi prematrimoniali (o comunque in vista della crisi coniugale) produca effetti del tutto perversi, quali, da un lato, il diseducativo insegnamento per cui inter coniuges, pacta non sunt servanda e, dall’altro, lo stimolo ad una «caccia alle streghe», che tende a vedere in ogni accordo tra coniugi, di cui uno dei contraenti si sia successivamente pentito, un’intesa nulla, perché in contrasto con la giurisprudenza che boccia irrimediabilmente i prenuptial agreements in contemplation of divorce. L’effetto che si genera è, così, quello di minare in modo irreparabile il principio della vincolatività del contratto e dell’affidamento che su tale vincolatività le parti hanno il diritto di riporre.
The paper delves into the relationships between marital crisis agreements and simulation of contracts. Unlike the previously resolved cases, which concerned the possible simulation of agreements between spouses regarding separation or divorce, here we are dealing with the issue of the validity of a sale of company shares from the wife to her husband (or, more exact- ly: to a company of which the husband is the legal representative). This agreement, according to one of the parties, would be null because it would disguise a nuptial agreement in view of the consequences of the marital crisis: a disguised agreement which would in turn be null, by virtue of the approach followed by the Court of Cassation on preventive divorce agreements.
* Contributo pubblicato all’esito di valutazione.
** Magistrato a r., Professore a contratto nell’Università di Bolo- gna, xxxxxxx.xxxxxx@xxxxx.xx.
This study highlights, first of all, that this case, in all likelihood, does not deal with simula- tion, but with a so-called “indirect agreement” (in Italian: negozio indiretto). After then briefly pointing out the reasons that underline the perfect validity of preventive agreements in view of separation and divorce, the essay reiterates that the prevailing jurisprudence regarding the nullity of prenuptial or nuptial agreements in contemplation of a marital crisis produces completely perverse effects. Actually, on the one hand, it brings about the “non-educational teaching” that between spouses, “pacta non sunt servanda” (agreements are not binding). On the other, it generates a stimulus to a sort of “witch xxxx”, tending to consider null and void every agreement between spouses, just because one of the contracting parties has subsequent- ly changed his/her mind, by using as a pretext the assumption that the contract is conflicting with the case law rejecting the validity of prenuptial agreements in contemplation of divorce. By doing so, the essential principle of the binding nature of contract (and of the confidence of parties on it) is irretrievably undermined.
Parole chiave: Contratti della crisi coniugale - Accordi preventivi in vista della crisi coniugale
- Vendita simulata di quota societaria e di azioni - Xxxxxxxx xxxxxxxxxxx relativa della vendita con dissimulazione di un accordo preventivo su separazione e divorzio - Contracts of mari- tal crisis -Agreements between spouses in contemplation of marital crisis - Sale of company shares allegedly disguising a pre-emptive agreement on legal separation and divorce
I. CASO
Non possono certo dirsi rare le occasioni in cui un contratto della crisi coniugale incontra il tema della simulazione. Ciò, peraltro, è sino ad oggi avvenuto in situazioni in cui si asseriva la nullità di un accordo volto a disciplinare separazione o divorzio per simu- lazione (per lo più assoluta) di quell’accordo stesso: simulazione determinata dai motivi più vari, non ultimo quello di lucrare i benefici fiscali connessi ai trasferimenti di diritti che in tale sede vengono ope- rati (1). Ora, la vera novità della vicenda qui in esame è data dal fatto che la pattuizione relativa all’assetto patrimoniale di una coppia in crisi non forma oggetto dell’intesa tacciata di simulazione; essa, invece, vie- ne qui in considerazione quale patto (asseritamente) dissimulato, sottostante ad un apparente contratto di cessione a titolo oneroso di una partecipazione socia- le e di azioni. Si può dunque dire che, mentre fino ad oggi si era discusso dell’eventuale simulazione (asso- luta) dell’accordo diretto a disciplinare le conseguen- ze patrimoniali della crisi coniugale, in questa pecu- liare fattispecie si discute della simulazione (relativa) di un altro negozio (nella specie: vendita di quota so- cietaria e di azioni), con dissimulazione di un’intesa relativa alla separazione o al divorzio.
Ciò che si apprende, invero, dalla lettura della mo- tivazione è che il contratto in discussione è rappre- sentato da una cessione (a titolo oneroso: e, dunque,
(1) V. infra, parr. III.6 e III.7.
almeno apparentemente, da una vendita) d’azioni e di una quota societaria dalla moglie al marito, com- plicata dal fatto che la controparte negoziale della signora non è costituita, nella specie, dal consorte quale persona fisica, bensì da una società, di cui il marito risulta legale rappresentante (e, in buona so- stanza, magna pars). Pentitosi, per ragioni che non è dato conoscere, dell’intesa, quest’ultimo – rectius: la società cessionaria quale rappresentante e titolare formale dei relativi interessi – chiede accertarsi giu- dizialmente la nullità della cessione, perché simula- ta relativamente, con dissimulazione d’una intesa (contratto della crisi coniugale, volto a disciplinare, secondo le parole della Cassazione «il regime giuridi- co-patrimoniale in vista della futura separazione o del futuro divorzio») pure nulla, perché in contrasto con quella sin troppo nota giurisprudenza che fulmina di nullità ogni accordo preventivo stipulato in vista del divorzio. Siffatto ragionamento della società attrice in prime cure è, almeno in parte, seguito dai giudici di merito, che dichiarano nulla la cessione.
La Cassazione dichiara qui di condividere in linea di principio quell’impostazione giurisprudenziale circa la nullità delle intese preventive sulla crisi coniugale, addirittura estendendo il furore iconoclasta ad ogni accordo stipulato prima di qualsivoglia forma di crisi coniugale: non solo divorzio, quindi, ma anche sepa- razione legale (ipotesi, questa, come si vedrà, sino ad oggi, tutto al contrario, «tenuta fuori» dalla nullità, secondo una costante impostazione giurispruden-
ziale). Gli ermellini pongono però un limite, facendo presente che la simulazione va comunque provata da chi l’allega e tentano di dettare regole sull’individua- zione in concreto del fenomeno simulatorio, con ine- vitabile (a questo punto) rinvio al giudice del merito per l’effettivo accertamento dell’effettiva presenza (o meno) nella specie di un meccanismo simulatorio nei termini indicati.
In buona sostanza, ciò che la Cassazione rimprove- ra ai giudici di merito è di aver dato per scontata la presenza di una simulazione, in realtà non adegua- tamente dimostrata. Resta però chiaro che la Corte è d’avviso che l’accertamento positivo di tale intento simulatorio determinerebbe non solo, come ovvio, la nullità del contratto simulato, bensì anche di quello eventualmente dissimulato, perché in contrasto con la nota giurisprudenza sull’invalidità delle intese pre- ventive tra coniugi.
II. Questioni di diritto
a) La prima e, forse, astrattamente più rilevante que- stione di diritto sottesa alla controversia in esame non viene, a ben vedere, neppure colta dalla Suprema Cor- te. Gli elementi fattuali forniti dall’ordinanza in oggetto sono piuttosto scarsi; peraltro, ciò che si può affermare con un ragionevole grado di certezza, è che – soprattut- to in assenza di un seppur remoto richiamo in motiva- zione alla effettiva presenza di un accordo simulatorio o di un contratto dissimulato scritto (2) – nella specie, a tutto concedere (3), non si verteva certo in un caso di negozio simulato (assolutamente o relativamente), bensì in un’ipotesi di negozio indiretto.
Come noto, il negozio indiretto è volto al consegui- mento di un risultato ulteriore rispetto a quello tipico del negozio stesso (nella specie, come detto, vendita di quota societaria e di azioni dalla moglie alla società del marito, con pagamento, da parte di quest’ultima società, del relativo prezzo). Tale tipo di negozio si differenzia nettamente da quello simulato, in quanto le parti vogliono realmente la produzione dei relati- vi effetti, i quali, però, risultano strumentali rispetto
al fine ulteriore perseguito (nella specie: assetto giu- ridico/patrimoniale dei rapporti tra coniugi in crisi, quanto meno secondo l’avviso di una delle parti di questo processo). In altri termini, mentre nel nego- zio simulato le parti si accordano per escludere in- tegralmente gli effetti dell’atto, in quello indiretto il negozio è realmente voluto, sebbene poi i contraenti intendano realizzare scopi ed effetti ulteriori rispetto a quelli normali dell’atto posto in essere (4). Dunque, il negozio realmente voluto dalle parti (la vendita o cessione onerosa di quota societaria e di azioni, nella specie) viene posto in essere in vista di un fine pratico diverso da quello suo tipico e, in sostanza, corrispon- dente alla funzione di un negozio differente (nel caso in esame: contratto della crisi coniugale, sempre, ov- viamente, ammesso e non concesso che questa fosse la reale intenzione dei soggetti coinvolti). È, perciò, evidente e pacifico che l’elemento indefettibile della simulazione sia rappresentato dalla presenza di una prova in grado dimostrare l’esistenza di una controdi- chiarazione, o, quanto meno, di un negozio che possa ritenersi come dissimulato. Prova, peraltro, del tutto assente – a quanto pare – nel caso in esame.
Ciò che risulta dalla lettura della motivazione del provvedimento è che l’intento dei contraenti era pro- prio quello di operare il voluto trasferimento di quota e azioni, contro il pagamento del prezzo convenuto, sebbene l’accordo fosse diretto (per lo meno secondo il marito, con affermazione contestata dalla moglie) ad una sistemazione dei rapporti tra coniugi in cri- si. Proprio un cenno a tale «direzione» appare forse desumibile dal fugace richiamo della parte narrativa dell’ordinanza al fatto che, in sede di giudizio di pri- me cure, sarebbe stata espletata una c.t.u. Consulenza che, molto probabilmente, era diretta all’accertamen- to del reale valore di mercato della quota e delle azioni, al fine di verificare se la somma pattuita quale relativo
(4) Sul negozio indiretto e sui suoi rapporti con il fenomeno del- la simulazione cfr., ex multis, MESSINEO, Il contratto in genere, in Tratt. dir. civ. comm. Cicu e Messineo, Xxxxxxx, 1972, 570 s., secon- do cui «il negozio indiretto, o a scopo indiretto, [viene] impiegato
con funzione strumentale: nel senso che esso si piega, appunto,
a un risultato che potrebbe conseguirsi altrimenti anche in modo
(2) Pur non vertendosi in materia immobiliare, appare impossi- bile immaginare che, in relazione a cifre tanto rilevanti, i coniugi (e, soprattutto, i rispettivi legali) non si siano curati di redigere per iscritto le relative pattuizioni.
(3) Vale a dire: anche sposando, in ipotesi, toto corde la posizio- ne della società attrice in prime cure e intimata in Cassazione (cioè della società di cui il marito è legale rappresentante e che aveva concluso un contratto d’acquisto di quota societaria e d’azioni di proprietà della moglie).
diretto; al quale, le parti hanno, però, qualche ragione per non ri- correre» [corsivo d.A.]; XXXXXXX FERRARA, Il negozio giuridico nel diritto privato italiano, Xxxxxx, s.d. ma 1966, 256 ss., che parla di
«negozi tipici piegati ad uno scopo diverso» [corsivo d.A.]; XXXXX, Teoria generale del negozio giuridico, Unione tipografico-editrice torinese, 1950, 394 s., che parla di «negozio adibito ad un fine non suo» [corsivo d.A.]; FR. FERRARA SEN., Della simulazione dei nego- zi giuridici, Athenaeum, 1922, 82, che definisce i negozi indiretti
«seri, reali, voluti».
prezzo coprisse esigenze diverse (o in parte diverse) da quelle proprie del pretium. Si sarebbe pertanto do- vuto verificare, in alternativa: (a) (ove il prezzo fosse superiore a quello di mercato) il trasferimento di una somma dal marito (per il tramite della sua società), quale debitore della moglie a titolo di contratto del- la crisi coniugale (5) o, viceversa (6), (b) il definitivo trasferimento di un consistente asset dalla moglie al marito (rectius: alla società di quest’ultimo) in cam- bio di un prezzo «vile», rispetto al reale valore della cessione, in considerazione di rapporti dare/avere che, secondo questa seconda ipotesi, avrebbero visto la moglie debitrice (per ragioni collegate alla vita ma- trimoniale) a vantaggio del marito stesso.
Come ricordato dallo scrivente già diversi anni or sono, nulla esclude che, in occasione della crisi fa- miliare, siano conclusi anche negozi caratterizzati da una loro propria causa, distinta da quella del con- tratto tipico della crisi coniugale. Si potrà dunque parlare, ad es., di donazioni, vendite, negozi solutori e transazioni postmatrimoniali, o di convenzioni ma- trimoniali «con motivo postmatrimoniale», laddove l’aggettivo «postmatrimoniale» sta ad indicare non già un’autonoma causa (causa rappresentata invece, di volta in volta, da ciascuna di quelle appena indica- te), bensì il motivo, costituito dal fatto che l’accordo viene stipulato in contemplazione della crisi familiare (7). Naturalmente, poiché il profilo postmatrimonia- le qui si muove sul piano non già della causa, bensì, per l’appunto, su quello dei motivi (8), palese appa- re, nella specie, l’assenza di ogni ragione di nullità dell’intesa, difettando, nel contratto in esame, uno dei requisiti fondamentali di cui all’art. 1345 c.c., vale a dire la circostanza che il (comune) motivo illecito – ammesso e non concesso che di illiceità si possa qui
(5) Non solo, si badi, a titolo di assegno di separazione o di divor- zio, ma eventualmente anche per effetto di rapporti di dare/avere sorti nel contesto di una convivenza pluriennale: da arricchimen- ti più o meno ingiustificati, a indebiti oggettivi, a risarcimenti di danni patrimoniali o personali, a compensi per attività svolta o per altri beni dall’altra parte consegnati, etc.
(6) Gli scarni riferimenti della motivazione sul contenuto dell’ac- cordo e sulle tesi delle parti non consentono certo di escludere pre- giudizialmente anche siffatta ipotesi.
(7) Cfr. OBERTO, Contratto e famiglia, in Tratt. contr. Roppo, VI, 2a ed., Xxxxxxx, 2022, 271 ss.; ID., I contratti della crisi coniugale, II, Xxxxxxx, 1999, 1037 ss.
(8) Nel senso che il fine ulteriore e diverso che caratterizza i ne- gozi indiretti si collochi sul piano dei motivi v. anche CARIOTA FER- RARA, op. cit., 257.
parlare (9) – si qualifichi come quello esclusivamente determinante del consenso dei contraenti.
b) La seconda questione affrontata dalla decisione qui in commento – su cui invece la motivazione si spen- de inutilmente in lungo e in largo – è, a ben vedere, inconsistente. La Cassazione impartisce qui una sorta di lezione istituzionale su natura e tipi di simulazione, laddove nessuno dubita (né mai dubitò) che, dal pun- to di vista della teoria generale del contratto e, prima ancora, del negozio giuridico, il fenomeno simulato- rio vada ulteriormente considerato a seconda che si tratti di simulazione assoluta o di simulazione relati- va, con le sin troppo note conseguenze. Il vero proble- ma era ed è, in questo caso, semmai, di fatto: esiste o non esiste nella specie una simulazione (relativa) del- la vendita, secondo quanto allegato dalla società del marito, che ha dato inizio a questa controversia e il negozio dissimulato è veramente quello che tale parte sosteneva essere? Qui, però, come pure già rilevato, la Cassazione deve fermarsi e rinviare per l’analisi fat- tuale al giudice del merito, non senza aver rilevato che la valutazione svolta in sede d’appello sulla simulazio- ne, nella sentenza impugnata, è del tutto carente (10).
c) La terza questione di diritto (l’unica, probabilmen- te, degna di assurgere al rango di vera ratio decidendi di questa ordinanza) è quella della allegata nullità del- le intese preventive di divorzio: questione cui si è già fatto sommario richiamo esponendo gli estremi del caso e che verrà approfondita in seguito (11). Qui ba- sterà dire che l’ordinanza in commento nega validità a siffatto tipo di accordi, in linea di principio e senza alcuna motivazione specifica, se non con lo stereotipo richiamo all’art. 160 c.c. (non accompagnato questa volta – chissà perché? – dal Leitmotiv della asserita violazione delle regole di ordine pubblico sulla libera determinazione delle parti nel mutamento di status). Intese preventive di divorzio, cui, per soprammerca- to, vengono aggiunte quelle di separazione (essendosi probabilmente accorta la Corte Suprema di trovarsi
(9) Cfr. in particolare quanto verrà osservato infra, par. III.4.
(10) Come già rilevato, infatti, la Corte osserva, nella decisione qui in commento, che «le carenze lamentate sono talmente radicali da escludere che – secondo le scarne indicazioni fornite – sia ravvi- sabile una fattispecie di simulazione secondo la definizione resa dall’art. 1414 c.c., e, dunque, da implicarne la relativa violazione; e ciò indipendentemente dall’incensurabilità in sede di legittimità dell’accertamento della simulazione, quale oggetto dell’indagine di fatto riservata al giudice di merito, se non per vizio di motiva- zione, sul presupposto però che si dia atto della riconduzione del programma negoziale concreto allo schema legale astratto prefigu- rato dalla norma emarginata».
(11) V. infra, parr. III.1-III.5.
di fronte ad una coppia che, per lo meno all’epoca del- la vendita, non era neppure separata), per le quali si dà per scontato, in clamorosa contraddizione con una consolidatissima giurisprudenza, che il trattamento sia identico a quello riservato agli italici prenuptial agreements in contemplation of divorce (12).
III. Commento
1. Gli accordi preventivi sulle conseguenze patrimoniali della crisi coniugale. Generalità.
Sin troppo note sono le linee di quel pensiero domi- nante nella giurisprudenza (e comunque presente, sebbene in modo meno vigoroso, pure in una parte non trascurabile della dottrina), sull’asserita inva- lidità dei patti prematrimoniali e, in generale, delle intese preventive sulla crisi coniugale. Xxxx, questa, che lo scrivente, nel corso di svariati decenni, ha (inu- tilmente) tentato di contrastare. Per ragioni di spazio potranno qui solo ribadirsi alcuni punti fermi.
Va subito detto che il pieno riconoscimento della possibilità per nubendi e coniugi di stipulare accor- di preventivi in vista di un’eventuale crisi coniugale trova conforto, oltre che – come si ricorderà tra breve
– nella constatazione dell’assenza di ostacoli in seno alla legislazione vigente, anche in alcune riflessioni di carattere storico, sociologico e comparatistico, di cui si è ampiamente trattato in altre sedi, ed alle quali si fa pertanto rinvio (13).
Basti qui ricordare che la panoramica comparata di- mostra come anche da noi possano essere invocate le ragioni che si pongono alla base dell’evoluzione che ha caratterizzato, per esempio, il pensiero giuridico negli U.S.A. Così, è senz’altro vero che simili accordi non sono contrari all’ordine pubblico, né tanto meno al buon costume, perché essi non appaiono certo in grado di minare il matrimonio più di quanto questo istituto non sia già di per sé «compromesso». Il vero
«attentato» all’istituto matrimoniale (rectius: alla concezione che di esso ha imperato per secoli) è stato portato dall’introduzione (rectius: reintroduzione, se si considera la lunga tradizione del diritto romano) del principio della sua dissolubilità (14), rispetto al quale la mera previsione delle conseguenze economi- che della cessazione del vincolo si pone alla stregua di un semplice corollario.
Per quanto attiene, poi, alla tutela del «coniuge debo- le», vale anche da questa parte dell’Atlantico la consi- derazione secondo cui al giorno d’oggi questa prote- zione, necessaria in assenza di accordi da parte degli interessati, non può comunque estrinsecarsi contro la volontà di costoro, nei riguardi di soggetti non colpiti da alcuna forma di incapacità, a mezzo interventi di tipo tutorio o comunque espressivi di una concezione
«paternalistica» dei rapporti tra individuo e i poteri dello Stato. Ciò tanto più in un sistema nel quale il legislatore stesso è intervenuto più volte nel corso de- gli ultimi decenni per lasciare all’autonomia privata porzioni sempre più consistenti di territori un tempo
rimessi alla sola azione dei poteri dello Stato: dal di-
(12) Sull’argomento specifico v. infra, par. III.3.
(13) Per gli approfondimenti cfr. OBERTO, Xxxxxxxxx e famiglia, cit., 274 ss.; ID., I contratti della crisi coniugale, I, Xxxxxxx, 1999, 493 ss.; ID., «Prenuptial agreements in contemplation of divor- ce» e disponibilità in via preventiva dei diritti connessi alla crisi coniugale, in Riv. dir. civ., 1999, II, 171 ss. V. inoltre GORGONI, Ac- cordi in funzione del divorzio tra autonomia e limiti, in Persona
xxxxxx su domanda congiunta, all’assoluto divieto per il giudice di intervenire sul merito delle statuizioni patrimoniali inter coniuges, nel caso di loro accordo, alla negoziazione assistita, al c.d. «divorzio breve», fino alla più recente riforma (15) che ammette la pre-
e mercato, 2018, 236 ss.; AL MUREDEN, I prenuptial agreements
negli Stati Uniti e nella prospettiva del diritto italiano, in Fam. dir., 2005, 543 ss.; QUADRI, Autonomia dei coniugi e intervento giudiziale nella disciplina della crisi familiare, in Familia, 2005, 6 ss.; XXXXXXX, Gli accordi in vista della pronunzia di divorzio, in XXXXXXXX e XXXXXXXX (a cura di), Lo scioglimento del matrimonio, in Comm. x.x. Xxxxxxxxxxx, continuato da Xxxxxxxx, 2a ed., Xxxxxxx, 2004, 643 ss.; EAD., Le rinunzie preventive all’assegno post-ma- trimoniale, in Famiglia, persone e successioni, 2005, 54 ss.; MA- RELLA, La contrattualizzazione delle relazioni di coppia. Appunti per una rilettura, in Riv. crit. dir. priv., 2003, 795 ss.; AL MURE- DEN, Le rinunce nell’interesse della famiglia e la tutela del coniuge debole tra legge e autonomia privata, in Familia, 2002, 1014 ss.; BUSACCA, Autonomia privata dei coniugi ed accordi in vista del divorzio, in Diritto & Formazione, 2002, 57 ss.; XXXXXXXXX, Accor- di in vista del divorzio e «ottica di genere». Uno sguardo oltre Cass. n. 8109/2000, in Riv. crit. dir. priv., 2002, 169 ss.; XXXXXXXX, L’autonomia privata nella famiglia legittima: il caso degli accor-
di in occasione o in vista del divorzio, ivi, 2001, 303 ss.; DI GRE- GORIO, Divorzio e accordi patrimoniali tra coniugi, in Notariato, 2001, 17 ss.; DELLACASA, Accordi in previsione del divorzio, liceità e integrazione, in Xxxxxxxxx, 2001, 46; XXXXXXXX, Crisi coniugale e accordi intesi a definire gli aspetti economici, in Familia, 2001, 245; PAZZAGLIA, Riflessioni sugli accordi economici preventivi di divorzio, in Vita not., 2001, 1017; XXXXXXX, Il contenuto atipico dei negozi familiari, Xxxxxxx, 2001, 116 ss.; XXXXXXXX, La Cassazione attenua il proprio orientamento negativo nei confronti degli ac- cordi preventivi di divorzio: distinguishing o perspective overru- ling?, in Contr. e impr., 2000, 1136 ss.; BALESTRA, Gli accordi in vi- sta del divorzio: la Cassazione conferma il proprio orientamento, in Corr. giur., 2000, 1023 ss.
(14) Su cui v., anche per i richiami, OBERTO, Il divorzio in Europa, in Fam. dir., 2021, 112 ss.
(15) Xxx verrà fatto breve cenno tra poco: v. infra, par. III.5.
sentabilità in unico ricorso dei petita di separazione e divorzio, disponendo altresì che persino la sentenza di divorzio su domanda congiunta abbia contenuto e forma di una semplice «omologa».
Neppure l’argomento del superamento del principio del divorzio per colpa dovrebbe lasciare indifferen- ti gli interpreti italiani, anche se si tratta di un tema che da noi non sembra essere stato preso in grande considerazione, a differenza che negli Stati Uniti, ove tale svolta nelle legislazioni dei vari States, nel corso degli anni Settanta dello scorso secolo, ha determina- to il superamento della posizione che aveva sempre negato validità ai prenups (16). Ora, l’abbandono, sin dal 1975, anche nel nostro Paese, della regola che vo- leva, quale necessario presupposto della separazione legale, la sussistenza della colpa di uno dei coniugi s’accompagna, da tempo, alla corale affermazione del carattere eminentemente (se non addirittura esclusi- vamente) assistenziale (e ora anche, secondo le ulti- me «mode», compensativo) dell’assegno di divorzio, con conseguente perdita di ogni rilievo di un’even- tuale responsabilità del naufragio dell’unione. Una volta spezzata (quasi) ogni forma di collegamento tra «colpa» e conseguenze economiche della crisi co- niugale (permane, è vero, ancora la separazione con addebito, il cui rilievo sta però scemando, anche nel- la pratica), può dirsi che anche da noi, esattamente come negli Stati Uniti, non è più consentito negare rilievo ad un’intesa preventiva per il solo timore che questa potrebbe consentire ad un coniuge di trascu- rare le sue marital obligations e di buy himself out of the marriage. La conclusione riflette del resto una consapevolezza acquisita ormai in quasi tutti i prin- cipali ordinamenti e sistemi giusfamiliari europei e mondiali (17).
A quanto sopra illustrato s’aggiunga ancora che un uso dello strumento della convenzione matrimoniale in contemplation of divorce, piaccia o non piaccia, ha già fatto in qualche modo ingresso anche nel costume degli Italiani. Ci si intende qui riferire al vertiginoso aumento del numero delle coppie che optano per il regime di separazione dei beni. Il fenomeno non può trovare una sua spiegazione se non nella crescente consapevolezza, da parte di vasti strati della popola- zione, del serio rischio che corre oggi la famiglia ita- liana di andare incontro (e, in molti casi, assai presto) ad una crisi, e nel timore di dover venire un giorno a «fare i conti» con i complessi meccanismi giuridici legati allo scioglimento del regime legale. Estrema- mente significativo al riguardo è il fatto che, come di- mostrato dai dati statistici, l’incremento delle opzioni per il regime di separazione vada di pari passo, per aree geografiche, con quello dei tassi di «separaziona- lità» e «divorzialità» del nostro Paese.
2. Gli accordi preventivi sulle conseguenze patrimoniali della crisi coniugale nella nostra giurisprudenza.
La giurisprudenza italiana, a ben vedere, non ha avu- to modo di esprimersi molte volte circa la validità di accordi conclusi in sede di stipula delle convenzioni matrimoniali (o, comunque, prima del matrimonio) in vista di un’eventuale crisi coniugale. La prima oc- casione assimilabile a tal genere è rappresentata da una ormai remota pronunzia di legittimità, che ha af- fermato la compatibilità con l’ordine pubblico inter- nazionale, ex art. 31 prel. (cfr. ora art. 16, l. 218/1995), di un accordo stipulato tra due coniugi statunitensi residenti in Italia e diretto a regolamentare i reci- proci rapporti patrimoniali in vista del divorzio (18). La compatibilità dell’intesa in questione con le rego-
le dell’ordine pubblico internazionale, riconosciuta
(16) La questione è stata affrontata funditus in OBERTO, Contratto e famiglia, cit., 291 ss.; ID., I contratti della crisi coniugale, I, cit., 494 ss.
(17) Cfr. XXXXXX, Les contrats prénuptiaux en vue d’un éventuel divorce et le rôle du notaire dans la prédetermination des con- séquences de la crise du couple, in Eur. dir. priv., 2019, 217 ss.; ID., Prenuptial Agreements in Contemplation of Divorce: Euro- pean and Italian Perspectives, in XXXXXXXX e HEIDERHOFF (a cura di), Party Autonomy in European Private (and) International
in quell’occasione dalla Corte, forma oggetto di una motivazione assai concisa e piuttosto apodittica, che lascia deluso l’interprete ansioso di conoscere perché mai principi così solenni come, per esempio, quello della indisponibilità degli status, su cui la soluzione negativa nel diritto interno viene fondata, non sareb- bero annoverabili tra quelli assolutamente irrinun-
Xxx, I, Aracne, 2015, 221 ss.; anche in Contr. e impr./Eur., 2016,
135 ss.; XXXXXXX, Rapporti patrimoniali tra coniugi e convenzioni
prematrimoniali nel common law - alcuni suggerimenti pratici, in Riv. dir. civ., 2017, 920 ss.; LAS CASAS, Accordi prematrimoniali status dei conviventi e contratti di convivenza in una prospettiva comparatistica, in Contratti, 2013, 913 ss.; AN. XXXXXX, Marital contracts, Ehevertraege, convenzioni e accordi prematrimoniali. Linee di una ricerca comparatistica, in Nuova giur. civ. comm., 2012, 475 ss. Per una diffusa analisi del leading case britannico
Xxxxxxxxx x. Xxxxxxxxx cfr. inoltre KINGSTON e ROYCE-GREENSILL,
Binding issues, in Family Law Journal, November 2011, 12 ss.
(18) Cass., 3 maggio 1984, n. 2682, in Riv. dir. int. priv., 1985, 579; in Dir. fam., 1984, 521. Si trattava, per la precisione, di quello che in America si definirebbe postnuptial agreement, in quanto concluso in contemplation of divorce, ma in costanza di matrimo- nio; negozio ritenuto, nella specie, perfettamente valido.
ciabili del nostro ordinamento, quando lo stesso si viene a trovare in situazione «di collisione» rispetto a sistemi stranieri. Si rafforza dunque il sospetto che, in realtà, neppure la Corte Suprema sia poi così convinta (o per lo meno lo fosse, quella volta) della bontà della tesi negativa (19).
La nostra giurisprudenza ha invece avuto più volte occasione di pronunziarsi circa la validità delle in- tese che, in sede di separazione consensuale, le par- ti raggiungono sull’assetto patrimoniale da dare ad un eventuale (ma, a questo punto, probabile) futuro divorzio. Anche in questo caso – come in quello del carattere disponibile o meno del contributo al man- tenimento del coniuge separato e dell’assegno di di- vorzio – si assiste ad una significativa involuzione del pensiero dei giudici di legittimità, da concezioni più «liberiste» (o, quanto meno, più «possibiliste») a posizioni di assai più rigida chiusura. Invero, dopo una serie di aperture nella giurisprudenza degli anni Settanta dello scorso secolo (20), a partire da una decisione del 1981 (21), la Cassazione presenta l’ar- gomento destinato a diventare negli anni a seguire il suo vero e proprio «cavallo di battaglia» in questa materia: la tesi, cioè, che si basa sull’asserito condi- zionamento del comportamento delle parti nel futuro giudizio di divorzio e sull’asserito commercio dello status di coniuge. L’argomento continua ad essere ri- proposto sino ad oggi (22), pur in presenza di vistose contraddizioni, clamorosi ripensamenti e sconcer- tanti contrasti inconsapevoli di giudicati in seno alla stessa Prima Sezione Civile (23).
3. Gli accordi preventivi sulla crisi coniugale: le (sovente inconsapevoli) aperture giurisprudenziali.
Se, purtroppo, è vero che l’insegnamento tradizionale è ancor oggi quello assolutamente prevalente, rima- ne comunque il fatto che la conclusione favorevole ai contratti prematrimoniali (cui è pervenuto il S.C., ad esempio, nella decisione del febbraio 2021, citata in nota al § precedente), non può certo dirsi isolata e, a ben vedere, annovera ormai un numero non trascura- bile di precedenti.
Tra gli interventi meno remoti, invero, aveva desta- to a suo tempo una certa eco una decisione del 2000 (24), che, pur riaffermando il tradizionale principio della nullità degli accordi conclusi in sede di separa- zione, con valore inteso dalle parti come vincolante anche per il divorzio, aveva nella specie negato l’azio- ne al coniuge debitore, così pervenendo al risultato paradossale di trasformare la nullità per violazione di regole d’ordine pubblico in una sorta di nullità re- lativa, la quale potrebbe essere fatta valere soltanto dal coniuge che avrebbe diritto all’assegno, con buona pace di quanto disposto dall’art. 1421 c.c. (25).
Italgiure), in cui i Xxxxxxx Xxxxxxx affermano in modo molto chiaro che deve ormai «ritenersi superato (…) il principio (…), secondo cui gli accordi assunti prima del matrimonio o magari in sede di sepa- razione consensuale in vista del futuro divorzio sono sempre nulli per illiceità della causa, perché in contrasto con i principi di indi- sponibilità degli status e dello stesso assegno di divorzio» e un’altra decisione del mese d’aprile (cfr. Cass., 16 aprile 2021, n. 11012, in Fam. dir., 2021, 885, con nota di RIMINI; in Nuova giur. civ. comm., 2021, 1303, con nota di CARAVITA DI TORITTO; in Giur. it., 2022, 591,
con nota di C. IRTI), in cui la tesi «tradizionale» viene invece ribadita
(19) Si noti, poi, che l’«impatto» dei nostri principi con accordi del genere di quelli qui in esame è comunque destinato ad aumentare, in considerazione, da un lato, dell’incremento dei matrimoni con cittadini stranieri (o comunque caratterizzati dalla presenza di un elemento di estraneità), nonché, dall’altro, del principio dell’optio juris ammesso dalla normativa italiana ed eurounitaria anche in tema di rapporti patrimoniali tra coniugi: sul tema, anche per i necessari rinvii cfr. XXXXXX, I patti prematrimoniali nel quadro del diritto europeo, in Corr. giur., 2020, 794 ss.
(20)Per una analisi cfr. XXXXXX, I contratti della crisi coniugale, I, cit., 562 ss.
(21) Cass., 11 giugno 1981, n. 3777, in Foro it., 1981, I, 184; in Giur it., 1981, I, 1, 1553 con nota di XXXXXXXXX; in Dir. fam., 1981, 1025; in Giust. civ., 1982, I, 724.
(22) Per una analitica e dettagliata rassegna di tutti i preceden- ti e per una critica delle posizioni giurisprudenziali ivi espresse, impossibile nella presente sede, si fa rinvio a OBERTO, Contratto e famiglia, cit., 275 ss.
(23) Tanto per citare un esempio, tra i vari possibili, si pensi che, facendo riferimento al solo anno 2021, s’apre dinanzi agli occhi sconfortati dell’interprete lo sconcertante contrasto tra una decisio- ne del mese di febbraio (cfr. Cass., 24 febbraio 2021, n. 5065, in
con estrema forza. Lo sconcerto dello sbigottito interprete è desti- nato a raggiungere punte di parossismo, allorquando scopre che le due decisioni, emesse a meno di due mesi di distanza, risultano pro- manare da due collegi assolutamente identici per composizione, ad esclusione della sola persona del relatore. Tra le due alternative, la successiva Cass., 28 giugno 2022, n. 20745, in Italgiure, della sesta sez. civ. (citata nell’ordinanza qui in commento), ha poi optato per la seconda, peraltro ignorando del tutto ciò che era successo appena un anno prima in seno alla prima sez. civ.
(24) Cass., 14 giugno 2000, n. 8109, in Fam. dir. 2000, 429; in Corr. giur., 2000, 1021, con nota di BALESTRA; in Riv. not., 2000, II, 1221, con nota di XXXXX; in Giust. civ., 2000, I, 2217, con nota di XXX- XXXXXX; in Giur. it., 2000, 2229, con nota di BARBIERA; in Nuova giur. civ. comm., 2000, I, 704, con nota di XXXXXXXX; in Foro it., 2001, I, 1318, con note di RUSSO e di CECCHERINI; in Giust. civ., 2001, I, 457, con nota di XXXXXXX; in Familia, 2001, 243, con nota di XXXXXXXX.
(25) Ad ulteriore riprova degli sbandamenti cui può andare in- contro la giurisprudenza quando, nel tentativo di mitigare le con- seguenze più inaccettabili di proprie posizioni sbagliate, non esita a violare i più elementari principi dell’ordinamento giuridico, una successiva (e assai meno nota) decisione del medesimo anno (Cass., 1° dicembre 2000, n. 15349, in Giust. civ., 2001, I, 1592) si è spin- ta ad affermare che tale forma di nullità non solo potrebbe essere
Ancora, in una decisione di legittimità del 2012, la Corte ha sostanzialmente attribuito rilievo, senza rendersene conto, ad un patto raggiunto in sede di se- parazione, sebbene con una xxxxxx xxxxxxx divorzile e postdivorzile (26). Nel dicembre di quello stesso anno 2012 la Suprema Corte (27) viene, poi, ad affermare che gli accordi sulle conseguenze patrimoniali del divorzio conclusi prima del matrimonio, così come quelli stipulati in sede di separazione consensuale e in vista del futuro divorzio sono validi «nel caso in cui prevedano prestazioni e controprestazioni tra loro proporzionali, in un contesto in cui la crisi del rappor- to viene in considerazione alla stregua di una condi- zione» (28). Lo stesso principio è poi stato applicato l’anno successivo al caso di un mutuo stipulato tra due futuri coniugi, con previsione della restituzione del tantundem solo in caso di crisi coniugale (29).
A parte, poi, il clamoroso contrasto esploso nel 2021 all’interno della Prima Sezione, di cui s’è già detto, va aggiunto che, in assoluto contrasto con l’indirizzo re- strittivo in materia di accordi preventivi di divorzio, si pone poi tutta quella giurisprudenza di legittimità che ha, stranamente, sempre riconosciuto la validità
invocata esclusivamente dal coniuge avente diritto all’assegno, ma dovrebbe essere fatta valere soltanto nell’ambito della procedura di divorzio (e pertanto non successivamente alla relativa pronunzia), così surrettiziamente introducendo una impropria forma di prescri- zione, in aperta violazione, questa volta, non solamente del princi- pio di cui all’art. 1421 c.c., ma anche di quello ex art. 1422 c.c.
(26) Cass., 13 gennaio 2012, n. 387, in Fam. dir., 2012, 772. Secon- do tale decisione, invero, il giudice deve tener conto degli accordi intervenuti tra i coniugi sul godimento della casa familiare in sede di separazione, ma anche in vista del futuro divorzio.
(27) Cass., 21 dicembre 2012, n. 23713, in Fam. dir., 2013, 321, con nota di XXXXXX.
(28) Sempre secondo tale decisum, quale conseguenza delle dette premesse, «L’accordo stipulato prima delle nozze tra i futuri co- niugi, in forza del quale si prevede che la moglie cederà al marito un immobile di sua proprietà, quale indennizzo delle spese soste- nute dallo stesso per la ristrutturazione di altro immobile, pure di sua proprietà, da adibirsi a casa coniugale, non configura un’ipote- si di accordo prematrimoniale nullo per illiceità della causa, né, in particolare, per violazione dell’art. 160 c.c., ma un contratto atipi- co, espressione dell’autonomia negoziale dei coniugi, sicuramente diretto a realizzare interessi meritevoli di tutela, ai sensi dell’art. 1322 cpv. c.c.; tale intesa consiste infatti in una datio in solutum, in cui l’impegno negoziale assunto è collegato alle spese affrontate, e il fallimento del matrimonio non rappresenta la causa genetica dell’accordo, ma è degradato a mero evento condizionale». Per approfondimenti sulla fattispecie si fa rinvio a OBERTO, Contratto e famiglia, cit., 283 ss.; ID., Gli accordi prematrimoniali in Cas- sazione, ovvero quando il distinguishing finisce nella Haarspalte- maschine, in Fam. dir., 2013, 323 ss.
(29) Cass., 21 agosto 2013, n. 19304, in Nuova giur. civ. comm., 2014, 94, con nota di XXXXXXXXXXXX.
di impegni preventivi in vista dell’annullamento del matrimonio (30), o in vista della separazione legale. Proprio con specifico riferimento a quest’ultima ipo- tesi (accordi preventivi in vista della separazione le- gale) non può non ribadirsi che la decisione qui in commento estende espressamente, come detto, il proprio furore iconoclasta anche a tale tipo di inte- se, essendovi «costretta» dal fatto che, nella specie, al momento dell’accordo, la coppia in questione non era neppure ancora legalmente separata. Così facen- do, però, la Suprema Corte mostra di ignorare tutta la sua annosa giurisprudenza circa l’assoluta validità di accordi diretti a disciplinare una futura separazione. In effetti, la Cassazione aveva avuto ad affermare, già nel lontano 1984, la validità di un impegno con cui uno dei coniugi, in vista di una futura separazione consensuale, prometteva di trasferire all’altro la pro- prietà di un bene immobile (31). Ancora, potrà citarsi il caso in cui si ammise la validità di una transazione preventiva, con la quale il marito si obbligava espres- samente, in vista di una futura separazione consen- suale, a far conseguire alla moglie la proprietà di un appartamento in costruzione, allo scopo di eliminare una situazione conflittuale tra le parti (32), per non dire poi della decisione, già ricordata (33), in materia di accordo preventivo sulla restituzione di un mutuo inter coniuges: restituzione legata proprio all’evento, futuro e incerto, della separazione personale (34). Ir- rilevanti appaiono le obiezioni sollevate in proposito da parte di chi (35) evidenzia l’ovvia differenza tra se- parazione e divorzio, rappresentata dalla perdurante esistenza del vincolo matrimoniale nella prima ipo- tesi, che si caratterizzerebbe così per la sua natura di situazione «aperta», rispetto alla seconda. È, infatti, pacifico che anche la separazione dà vita ad uno sta- tus familiare: pertanto, se le intese preventive sono da considerarsi nulle, in quanto dirette a «fare mer-
(30)Cass., 13 gennaio 1993, n. 348, in Corr. giur., 1993, 822 con nota di LOMBARDI; in Giur. it., 1993, 1, 1, 1670 con nota di XXXXXX; in Nuova giur. civ. comm., 1993, I, 950, con note di XXXXXXX e di RIMINI; in Vita not., 1994, 91, con nota di XXXXX; in Contratti, 1993, 140, con nota di XXXXXXX.
(31) Cass., 5 luglio 1984, n. 3940, in Dir. fam., 1984, 922.
(32) Cass., 12 maggio 1994, n. 4647, in Fam. dir., 1994, 660, con nota di CEI; in Vita not., 1994, 1358; in Giust. civ., 1995, I, 202; in Dir. fam., 1995, 105; in Nuova giur. civ. comm., 1995, I, 882, con nota di XXXXXXXX; in Riv. not., 1995, II, 953.
(33) V. supra, in questo par.
(34) Cass., 21 agosto 2013, n. 19304, cit.
(35) Cfr. QUADRI, Autonomia dei coniugi e intervento giudiziale nella disciplina della crisi familiare, cit., 12.
cimonio» di uno status indisponibile al di fuori del momento solennizzato dalla instaurazione della re- lativa procedura di fronte al giudice, non si riesce a comprendere per quale ragione le obiezioni sollevate contro tali accordi in contemplation of divorce non dovrebbero poi valere se riferite alla separazione.
4. La piena validità delle intese preventive sulla crisi coniugale.
Gli argomenti impiegati dalla Cassazione per fondare il suo indirizzo restrittivo in materia di accordi pre- ventivi in vista del divorzio hanno trovato il conforto di una parte della dottrina, la quale ha rilevato, per esempio, che «permettendo [ai coniugi] di determi- nare la somma da pagare si favorirebbe, indiretta- mente un loro accordo preventivo sulla conduzione del procedimento di divorzio, diretto a favorire l’ac- coglimento della domanda» (36).
Altri studiosi hanno invece espresso punti di vista as- sai divergenti da questo. Come esattamente rilevato (37), le posizioni così fortemente rigide della giuri- sprudenza hanno completamente disatteso le aspira- zioni di quella parte della dottrina che invece vedeva, alla luce della più recente normativa, un superamento del «principio dell’ordinamento italiano circa l’invali- dità di un accordo di tipo preventivo fra i coniugi sui
Pure il richiamo (presente, peraltro, solo in una assai ridotta percentuale delle sentenze sul tema, tra cui pro- prio quella qui in commento) all’art. 160 c.c. non ha ragione alcuna di sussistere, laddove la norma nulla ha a che vedere con i diritti nascenti dalla crisi coniugale, come ampiamente dimostrato in altre sedi (40). E, se pure, per absurdum, avesse a che fare con essi, la di- sposizione in esame (non va dimenticato) ricompren- derebbe e «proteggerebbe», tra i diritti asseritamen- te inderogabili, proprio quello… di far disposizione e mercimonio delle prestazioni patrimoniali postmatri- moniali inter coniuges, come previsto da tutta la nor- mativa in materia di separazione e divorzio.
Più in generale deve approvarsi, poi, il rilievo di chi, riprendendo le osservazioni dello scrivente, rimarca come la conclusione di intese preventive lenisce lo smarrimento psicologico che può derivare ai coniu- gi dal timore, fondato o solo paventato, di una situa- zione conflittuale, sottraendo all’intervento giurisdi- zionale una materia che la coscienza sociale avverte, istintivamente, come inerente la sfera privata delle persone. Il tutto, poi, senza minare ulteriormente l’istituto matrimoniale, più di quanto non abbia già fatto l’introduzione del divorzio, evitando altresì di trattare i coniugi alla stregua di soggetti incapaci (41).
rapporti patrimoniali successivi al divorzio» (38). A
ciò potrà aggiungersi l’esatto rilievo secondo cui ri- sulta veramente peculiare l’ostinarsi a considerare un valore irrinunciabile la libertà di difendersi nel giudi- zio di divorzio, cioè una libertà connessa ad un potere che non esiste, nel senso che l’opposizione al divorzio, come si è rimarcato, «costituisce una causa persa in partenza, perché la posizione di un coniuge nei con- fronti dell’altro coniuge è una posizione di soggezione non di diritto alla persistenza e vincolo», quasi che lo scioglimento del matrimonio fosse una concessione operata dai giudici, non dipendente dalla volontà del- le parti, ma connessa alla attuazione di un interesse pubblico superiore (39).
le posizioni tradizionali appare anche RIMINI, Funzione compen- sativa e disponibilità del diritto all’assegno divorzile. Una propo- sta per definire i limiti di efficacia dei patti in vista del divorzio, in Fam. dir., 2018, 1047 ss.; lo stesso Autore parla, giustamente, al riguardo di un’ «atmosfera di insostenibile arretratezza»: cfr. ID., I giudici confermano la nullità dei patti in vista del divorzio, in xxxxx://xxxxxxxxxxxxx.xxxxxx00xxx.xxx/xxx/x-xxxxxxx-xxxxxxxx- no-nullita-patti-vista-divorzio-AEJujHG?refresh_ce=1, 5 maggio 2021, passim. Assai condivisibili appaiono anche i rilievi di GOR- GONI, Accordi definitivi in funzione del divorzio: una nullità da ripensare, in LANDINI e PALAZZO (a cura di), Accordi in vista della crisi dei rapporti familiari, Xxxxxxx, 2018, 301, nt. 22, secondo cui «non è ragionevole ritenere, come fa la Cassazione, che quan- to stabilito nella fase della separazione sia irrilevante nel proce- dimento di divorzio; né è corretto presumere iuris et de jure che l’attribuzione di una consistente somma di denaro induca il coniu-
ge beneficiario a divorziare. Non fosse altro perché, solitamente,
le trattative volte alla definizione dei rapporti economici iniziano
(36) Così XXXXXXXX XXXXX, I rapporti patrimoniali, in Comm. di- xxxxxx Xxxxxxxx, Xxxxxxx, 1980, 340 ss., in partic. 344, nt. 45; si noti che, l’Autrice riconosce, per altro verso, la sostanziale dispo- nibilità dell’assegno.
(37) Cfr. CAVALLO, Sull’indisponibilità dell’assegno di divorzio, in
Giust. civ., I, 1992, 1243.
(38) Cfr. QUADRI, La nuova legge sul divorzio, I, Profili patrimo- niali, Jovene, 1987, 73; nello stesso senso, successivamente, v. anche XXXXXXXX, Autonomia privata e potere di disposizione nei rapporti familiari, Cedam, 1997, 427 ss.
(39) Così RUSSO, Le convenzioni matrimoniali, in Comm. x.x. Xxx- xxxxxxxx, diretto da Xxxxxxxx, Xxxxxxx, 2004, 425. Molto critico circa
quando il matrimonio è irrimediabilmente compromesso».
(40)Cfr. XXXXXX, Contratto e famiglia, cit., 253 ss., 260 ss.; ID., Contratti prematrimoniali e accordi preventivi sulla crisi coniu- gale, in Fam. dir., 2012, 69 ss.
(41) XXXXXXX, Gli accordi in vista della pronunzia di divorzio, cit., 644. Condivisibilmente, anche XXXXX, Xxxxx matrimoniali in pre- visione della crisi familiare, in SALANITRO (a cura di), Quale diritto di famiglia per la società del XXI secolo?, Pacini giuridica, 231, rimarca che la preventiva fissazione di un assegno di divorzio non può, in una visione contemporanea della nostra società, conside- rarsi realmente condizionante, in un senso o nell’altro, della liber- tà dei coniugi.
Lasciando la pars destruens del ragionamento che si è tentato sin qui di portare avanti, varrà la pena rammentare che gli accordi preventivi circa le conse- guenze della separazione e/o del divorzio non vedono normalmente (né lo potrebbero), quale loro oggetto diretto, lo status coniugale, come avverrebbe se, per esempio, le parti stipulassero impegni in termini quali «mi obbligo a non divorziare», «mi impegno a non chiedere la separazione», «prometto di non far valere alcuna eventuale causa di invalidità del nostro matrimonio», etc. (42). La contrarietà di un siffatto patto ai principi dell’ordine pubblico non potrebbe certo essere revocata in dubbio (43). Ma ciò che l’o- pinione dominante si preoccupa di impedire è che le determinazioni dei coniugi circa il loro stato (di per- sone, appunto, coniugate o meno) siano anche solo indirettamente influenzate dagli accordi economici in precedenza stipulati. Tale preoccupazione non ha però ragione di sussistere, ogni qual volta le parti si limitano a prevedere le conseguenze dell’eventua- le scioglimento del matrimonio, senza impegnarsi a tenere comportamenti processuali diretti ad influire sullo status coniugale (44).
(42) Per un caso di questo genere cfr. Cass., 21 luglio 1971, n. 2374; sull’irrinunziabilità del diritto a chiedere la separazione v. anche Cass., 6 marzo 1969, n. 714; per osservazioni analoghe a quelle qui svolte cfr. COMPORTI, Autonomia privata e convenzioni preventive di separazione, di divorzio e di annullamento del matrimonio, in Foro it., 1995, 110; XXXXXX, Diritto del divorziato alla pensione di riversibilità e convenzioni preventive di divorzio, in Dir. fam., 1996, 31; per la necessità di distinguere tra accordi aventi ad og-
È noto che la tutela della libertà delle determinazioni dei soggetti nella sfera personale e sessuale è rimes- sa dall’ordinamento alla sanzione della nullità della causa per violazione dell’ordine pubblico o del buon costume (45). Peraltro, la nullità consegue sempre al fatto che l’aspetto personale sia portato dai soggetti a costituire parte integrante della causa («io mi impe- gno a darti cento e tu ti impegni, in cambio, a disco- noscere la paternità di tuo figlio»): esso deve essere, cioè, preso direttamente in considerazione dalle parti come oggetto di un preciso obbligo che queste (er- rando, ovviamente) vorrebbero come giuridicamente vincolante e quindi processualmente azionabile (46). Ma la dottrina più autorevole ammette – e da tem- po – che un comportamento umano non deducibile in obbligazione possa essere dedotto in condizione (47) e che tra siffatti comportamenti umani ben possa ri- entrare anche la volontà di assumere uno status (48). Ciò in particolare si verifica quando le parti non in- tendono con il loro negozio porre un vincolo, giuridi- camente rilevante a tenere o a non tenere quel certo comportamento, ma si limitano a prefigurare le con- seguenze di quest’ultimo, condizionandovi l’efficacia di un determinato impegno di carattere patrimoniale. In questo modo può essere fatto sì che il comportamento di carattere personale non formi oggetto di vincolo, ma venga – di volta in volta – incoraggiato o scoraggiato a seconda che la promessa di carattere patrimoniale agisca, in alternativa, quale «deterrente» o, viceversa,
getto il condizionamento del comportamento delle parti in un giu-
dizio sullo status, nulli per illiceità della causa, ed accordi diretti solo a concordare in prevenzione l’assetto economico dei rapporti conseguenti al divorzio, in cui il condizionamento del compor- tamento processuale rileva, semmai, alla stregua di un semplice motivo, cfr. X. XXXXXXXXX, Indisponibilità preventiva degli effetti patrimoniali del divorzio: in difesa dell’orientamento adottato dalla giurisprudenza, in Riv. dir. civ., 1996, 700 s. (che pure si dichiara contrario alla validità degli accordi preventivi, per viola- zione dell’art. 160 c.c.).
(43) V., già sotto il vigore del codice abrogato, BIANCHI, Del con- tratto di matrimonio, Xxxxxxxxx, 1907, 102; cfr. inoltre Cass., 21 luglio 1971, n. 2374; COMPORTI, op. cit., 110.
(44) Una rilevante osservazione, a conforto di questa tesi, provie- ne da quella dottrina che ha instaurato in proposito un interessan- te parallelo con quel mutamento di status che si attua attraverso la celebrazione delle nozze. Proprio con riguardo alla «purezza» della volontà matrimoniale, che non potrebbe subire alcuna com- pressione, essendo salvaguardata la assoluta libertà dei soggetti, si è osservato che l’ordinamento consente che il nubente si «induca» al matrimonio attraverso motivazioni di ordine patrimoniale, le quali, pur non essendo determinanti del consenso, indubbiamente lo orientano e lo sorreggono. Xxxx, l’ordinamento sembra addirit- tura volere che il soggetto all’atto del matrimonio «costruisca» le sue prospettive matrimoniali attraverso la stipulazione delle con-
venzioni (pre)matrimoniali più idonee alla tutela dei suoi interessi in relazione alle circostanze e alle esigenze di vita; in questo senso cfr. XXXXX, Autonomia privata e «causa» familiare. Gli accordi traslativi tra i coniugi in occasione della separazione personale e del divorzio, Xxxxxxx, 1996, 178, nt. 230; le conclusioni tratte al riguardo dall’Autore sono limitate alla materia degli atti traslativi; esse peraltro ben possono essere estese, più in generale, ad ogni tipo di contratto concluso in occasione – o anche solo in vista – della crisi coniugale.
(45) Per analoghe considerazioni relative ai contratti di conviven- za si fa rinvio a OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia di fatto, Xxxxxxx, 1991, 193 ss.
(46) Sui rapporti tra vinculum iuris ed azionabilità in via proces- suale della relativa pretesa cfr. per tutti OBERTO, La promessa di matrimonio tra passato e presente, Xxxxx, 1996, 37 s. e nt. 5.
(47) XXXXX, Il contratto, in Tratt. dir. civ. Xxxxxxxx, Utet, 1975, 497 s., il quale porta l’esempio della promessa di una somma di denaro da un soggetto all’altro a condizione che quest’ultimo scriva un’o- pera letteraria.
(48) XXXXXX, Il matrimonio, in Tratt. dir. civ. Xxxxxxxx, Utet, 1950, 54, secondo cui la volontà di assumere uno status è «suscettibile di essere eretta a condizione di altro negozio giuridico», anche se inidonea a «formare a sé oggetto di negozio».
«premio» per il fatto d’aver tenuto o meno quella certa condotta (49).
Rinviando ad altra sede per la compiuta esposizione delle dette argomentazioni (50), sarà invece opportu- no ricordare, nel paragrafo seguente, che, a tutti gli elementi sopra individuati (e a molti altri che non si riportano per ragioni di spazio e per non abusare della pazienza del lettore) viene ad aggiungersene ora uno certo di non scarso peso, costituito da una recen- tissima decisione di legittimità.
5. (segue) Gli effetti dell’ammissibilità del cumulo processuale delle domande di separazione
e divorzio (ovvero, quando la Cassazione si contraddice senza rendersene conto).
La decisione cui si fa riferimento in chiusura del pa- ragrafo immediatamente precedente è quella, emessa nel 2023, con cui la Suprema Corte ha ritenuto am- missibile il cumulo, in un unico ricorso (e dunque in unico procedimento), delle domande di separazione consensuale e divorzio su domanda congiunta (51). Ora, appare sin troppo evidente che consentire il predetto cumulo significa ritenere possibili le intese preventive sulla separazione e sul divorzio. Dell’in- compatibilità della tesi del cumulo con la giurispru- denza tradizionale sulla nullità degli accordi «ora per allora» si era resa già perfettamente conto una parte della giurisprudenza di merito (evocata dalla motiva- zione della sentenza di legittimità che il cumulo ha, invece, ammesso), affermando che le intese in oggetto avrebbero dato luogo a «patti prematrimoniali» volti a «incidere sugli effetti dell’eventuale futuro divorzio e quindi nulli, ai sensi dell’art. 160 c.c., vieppiù se si considera che essi avrebbero ad oggetto diritti che, oltre ad essere indisponibili, non sarebbero ancora sorti» (52).
L’obiezione viene però superata dalla Corte, con un argomento inconsistente e puramente verbale, secon- do cui, cioè, le due domande (separazione consensua- le e divorzio su domanda congiunta) si fonderebbero in «un accordo, unitario, dei coniugi sull’intero asset- to delle condizioni, che regolamenteranno oltre alla crisi anche la loro vita futura, pur sempre sottoposto al complessivo vaglio del tribunale». Come se tale ac- cordo unitario non riguardasse (anche) le conseguen- ze di un divorzio che non è ancora intervenuto e dun- que – sempre secondo la giurisprudenza imperante
– non incidesse sulle conseguenze patrimoniali del relativo mutamento di status delle parti. Ancora una volta, quindi, la macchina spaccacapello di jheringia- na memoria (53), posizionata su Piazza Cavour, entra in azione per proclamare, contrariamente ad ogni più lapalissiana evidenza, di fronte agli occhi dello sbi- gottito interprete, che un accordo sulle conseguenze patrimoniali di un futuro divorzio, ove unito ad un accordo sulle conseguenze della separazione (ciò che, tra l’altro, quanto meno di fatto, è sempre e poi sem- pre avvenuto nelle intese inter coniuges, da quando esiste il divorzio in questo Paese)… non è un accordo preventivo sulle conseguenze di un futuro divorzio. Che dire? Neppure Xxxx Xxxxxxxx avrebbe saputo fare di meglio!
Non solo. Se, infatti, come ha decretato la Cassazio- ne, i coniugi possono decidere le condizioni del loro futuro divorzio quando si stanno separando e, quindi, quando il matrimonio è in crisi, perché non potreb- bero farlo prima di sposarsi o anche durante il matri- monio, quando tra loro c’è armonia? La Corte, nella citata decisione del 2023 sul cumulo di separazione e divorzio, sembra rendersi conto dell’assurdità del suo tentativo di conciliare, contro ogni evidenza, l’ammis- sibilità del cumulo con la tradizionale posizione sulla
nullità delle intese preventive. Per questo motivo essa
(49) Qui il pensiero corre subito alla clausola penale, e alla di- sposizione, riflettente un principio di carattere certamente più generale, xxxxxxxxx nell’art. 79 c.c. Ma la clausola penale, proprio perché strumento di garanzia per l’adempimento di un’obbligazio- ne, presuppone appunto l’esistenza di un impegno giuridicamente vincolante a tenere quel certo comportamento (positivo o negati- vo). La sussistenza di tale impegno – ancorché non formalmente enunciato dai contraenti – potrebbe proprio essere dedotta dal ca- rattere «eccessivo» (secondo una valutazione da farsi, ovviamen- te, caso per caso) della prestazione patrimoniale promessa sotto la condizione che quel determinato evento si verifichi (o meno).
(50) Cfr. ad es. OBERTO, Contratto e famiglia, cit., 285 ss.; ID., I contratti della crisi coniugale, I, cit., 589 ss.
(51) Cfr. Cass., 16 ottobre 2023, n. 28727, in Guida dir., 2023, n. 42, 28.
(52) Così si esprime, riassuntivamente, Cass., 16 ottobre 2023, n. 28727, cit.
viene a «mitigare» immediatamente le proprie con- clusioni, osservando che «l’orientamento richiama- to di questo giudice di legittimità [quello, cioè, sulla nullità degli accordi preventivi, n.d.a.] dovrà presto confrontarsi con l’assetto attuale della riforma, in cui la domanda di divorzio è espressamente proponibile all’interno del procedimento contenzioso per separa- zione personale, cosicché può accadere che le parti all’interno di uno stesso processo trovino, dopo una fase più o meno lunga di conflitto, un accordo tanto
(53) Cfr. XXXXXX, Gli accordi prematrimoniali in Cassazione, ov- vero quando il distinguishing finisce nella Haarspaltemaschine, cit., 323 ss.
sulla separazione quanto sul divorzio e sulle domande agli stessi status consequenziali».
Ma la vera «bomba» viene fatta esplodere subito dopo: «Si è, invero, già evidenziato, in dottrina, come gli interventi in materia di negoziazione assistita (d.l. 12 settembre 2014, n. 132, conv., con modif., da l. 10 novembre 2014, n. 162) e di “divorzio breve” (l. 6 mag- gio 2015, n. 55), e oggi l’attuale intervento di Riforma (d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149), abbiano via via incre- mentato il ruolo dell’autonomia dei coniugi nella de- finizione delle conseguenze economiche della crisi co- niugale e, nel costante processo di privatizzazione del regime matrimoniale, già avviato dall’introduzione del divorzio (1970) e dalla separazione per cause og- gettive (1975), ha inciso in maniera significativa sulla “caduta” del dogma dell’indisponibilità degli status». Naturalmente (ma qui il discorso porterebbe lontano) la vera questione non è certo quella della disponibilità o meno degli status (indiscutibile, posto che nessun
lare brevemente lo «stato dell’arte» sui rapporti tra simulazione e intese tra coniugi in crisi, con partico- lare riguardo alla giurisprudenza di legittimità (56). Al riguardo va notato che, dopo una prima decisione, risalente al 2001, in cui si era affermata in linea di principio la possibilità di dichiarare la nullità per si- mulazione della separazione consensuale (57), la Cas- sazione venne a negare, nel 2003, la configurabilità di tale eventualità (58), nel contesto di una decisione peraltro preceduta da un’amplissima premessa con- tenente rimarcabili concessioni al principio di auto- nomia dei coniugi in sede di crisi coniugale, nonché una meticolosa serie di corretti preamboli, tutti diret- ti alla logica conclusione del riconoscimento dell’ap- plicabilità al negozio di separazione consensuale de- gli ordinari rimedi negoziali, così ponendosi in piena contraddizione rispetto alla prima parte di quella stessa sentenza (59).
divorzio e nessuna separazione possono essere pro-
nunziati d’ufficio!), bensì quella delle condizioni in presenza delle quali lo status diviene disponibile, su iniziativa delle parti. Disponibile, oggi, si badi, anche in assenza di ogni intervento giurisdizionale (ovvia- mente, perché sussistano i requisiti di legge), nel con- testo di interventi di negoziazione assistita (54).
È evidente, del resto, che la domanda per l’omologa- zione della separazione consensuale e del divorzio su domanda congiunta (55) non può proporsi se non vi è già un’intesa globale (o… a 360 gradi, come si di- rebbe oggi) e tale intesa non può non prevedere (oltre alle condizioni della separazione, anche) le condizio- ni del divorzio, le quali vengono, però, presentate (in modo vincolante per chi le sottoscrive) al momento del deposito del ricorso per separazione. Xxxxxxxxxxx, dunque, il meccanismo di accordo in contemplation of divorce.
6. Breve excursus sui rapporti tra contratti della crisi coniugale e fenomeno simulatorio.
Chiarito quanto si doveva chiarire sulla perfetta le- gittimità delle intese preventive di divorzio e di se- parazione, sarà a questo punto opportuno ricapito-
(56) Per la dottrina v. invece l’interessante e approfondito stu- dio di DE BELVIS, I rapporti tra simulazione e separazione con- sensuale, in Riv. dir. civ., 2015, 1439 ss., nonché i richiami in OBERTO, Contratto e famiglia, cit., 109 ss.; ID., La simulazione della separazione consensuale, xxxxx://xxxxxxxxxxxxx.xxx/xx- mulazione_della_separazione_personale_2015.htm, 10 ottobre 2015, passim; ID., Simulazione della separazione consensuale: la Cassazione cambia parere (ma non lo vuole ammettere), in Corr. giur., 2004, 309 ss.; ID., Simulazioni e frodi nella crisi coniugale (con qualche accenno storico ad altri ordinamenti europei), in Familia, 2001, 774 ss. Cfr. inoltre BALESTRA, Autonomia negoziale e crisi coniugale: gli accordi in vista della separazione, in Riv. dir. civ., 2005, II, 290 ss.; XXXXXX, La separazione simulata e i suoi rimedi, in Riv. dir. proc., 2001, 284 ss.; ID., È davvero irrile- vante (e inattaccabile) la simulazione della separazione?, in Dir. fam., 2005, 462 ss.
(57) Cass., 5 marzo 2001, n. 3149, in Familia, 2001, 774.
(58) Cass., 20 novembre 2003, n. 17607, in Corr. giur., 2004, 307, con nota di OBERTO; in Fam. dir., 2004, 473, con nota di CONTE; in Vita not., 2004, I, 156, con nota di XXXXXX.
(59) Secondo i Xxxxxxx Xxxxxxx, invero, «nel momento in cui i coniugi convengono, nello spirito e nella prospettiva della loro intesa simulatoria, di chiedere al Tribunale l’omologazione della loro (apparente) separazione esse in realtà concordano nel voler conseguire il riconoscimento di uno status dal quale la legge fa de- rivare effetti irretrattabili tra le parti e nei confronti dei terzi, salve le ipotesi della riconciliazione e dello scioglimento definitivo del vincolo» (cfr. Cass., 20 novembre 2003, n. 17607, cit.). Sul punto
andrà subito detto che se veramente fosse l’asserita irretrattabilità
(clamorosamente smentita, tra l’altro, dall’art. 157 c.c.) degli effet-
(54) Sul tema della disponibilità degli status e dei diritti connessi alla crisi coniugale si fa rinvio, anche per i necessari richiami, im- possibili in questa sede, a OBERTO, Contratto e famiglia, cit., 253 ss.
(55) Sul punto e sulla natura omologatoria della sentenza prevista dalla normativa vigente si fa rinvio a OBERTO, L’annullamento per vizi del consenso della separazione consensuale e del divorzio su domanda congiunta, in Fam. dir., 2023, 19.
ti della separazione ad escludere la configurabilità di un procedi- mento simulatorio del negozio di separazione consensuale, non si riuscirebbe a comprendere per quali motivi il legislatore avrebbe previsto e disciplinato la simulazione del contratto, i cui effetti (cfr. art. 1372 c.c.) sono «irretrattabili» almeno tanto quanto quelli di un accordo di separazione (che, a ben vedere, pure contratto è). E lo stesso è a dirsi per ciò che concerne i terzi, i cui diritti sono (o non sono) fatti salvi secondo un complesso sistema di norme e di
Nel 2008, poi, esaminando una domanda di modifica del titolo della separazione (da consensuale a conten- ziosa), la Cassazione sembrò voler compiere un (sag- gio, ad avviso dello scrivente) revirement implicito, in cui si faceva cenno all’ammissibilità dell’accerta- mento della simulazione della separazione (60), per poi tornare, però, al decisum del 2003. In un arresto del 2014 venne infatti stabilito che «L’accordo di se- parazione dei coniugi omologato non è impugnabile per simulazione poiché l’iniziativa processuale diretta ad acquisire l’omologazione, e quindi la condizione formale di coniugi separati, è volta ad assicurare effi- cacia alla separazione, così da superare il precedente accordo simulatorio, rispetto al quale si pone in anti- tesi, dato che è logicamente insostenibile che i coniugi possano “disvolere” con detto accordo la condizione di separati ed al tempo stesso “volere” l’emissione di un provvedimento giudiziale destinato ad attribuire determinati effetti giuridici a tale condizione» (61). Nulla di più illogico. È logico, invece, ritenere che, se i coniugi intendono «inscenare» una separazione non voluta, magari per perseguire intenti fraudolen- ti, si serviranno del procedimento di omologazione proprio per ammantare di (apparente) efficacia un accordo produttivo di (apparenti) effetti che essi, in realtà, non hanno mai voluto, non vogliono e fortissi- mamente continuano a non volere. Neppure può dirsi che l’omologazione del tribunale (tra l’altro, neppure più sempre richiesta oggi, dopo l’introduzione della negoziazione assistita) avrebbe un’efficacia «sanan- te», idonea a rendere voluto ciò che voluto non era. Del resto, nessuno ha mai sostenuto che l’omologa- zione, emessa dal tribunale, di una società di capitali (prevista dalla legge anteriormente alla riforma di cui
principi generali (cfr. artt. 1415 s., 2652, n. 4, 2690, n. 1, c.c.), che non si vede per quale ragione non dovrebbe trovare applicazione anche al caso di specie.
(60)La S.C. stabilisce infatti, in tale occasione, che «In tema di se- parazione consensuale, la natura negoziale dell’accordo rende ap- plicabili le norme generali che disciplinano la materia dei vizi della volontà e della simulazione, i quali, tuttavia, non sono deducibili attraverso il giudizio camerale ex artt. 710-711 c.p.c. [oggi abrogati dall’art. 3, comma 49, lett. a), d.lgs. 10 ottobre 2022 e sostituiti, il primo, dalla disposizione generale di cui all’art. 473-bis.29 c.p.c. e il secondo dall’art. 473-bis.51 c.p.c., n.d.a.]; infatti, costituisce pre- supposto del ricorso a detta procedura l’allegazione dell’esistenza di una valida separazione omologata, equiparabile alla separazio- ne giudiziale pronunciata con sentenza passata in giudicato, con la conseguenza che la denuncia degli ipotetici vizi dell’accordo di separazione, ovvero della sua simulazione, resta rimessa al giudi- zio ordinario»: Cass., 20 marzo 2008, n. 7450, in Italgiure.
(61) Cass., 12 settembre 2014, n. 19319, in Fam. dir., 2015, p. 331, con nota di XXXXXX.
all’art. 32, l. 24 novembre 2000, n. 340), nemmeno se richiesta da tutti i soci, potesse porre rimedio all’e- ventuale nullità dell’atto costitutivo per simulazione, così come non è certo il decreto di autorizzazione, emesso dal giudice competente su istanza del legale rappresentante di un incapace o di un semi-incapace, ad escludere la possibilità che il contratto concluso in forza di tale autorizzazione possa essere un giorno di- chiarato simulato (62).
Né in senso contrario a tali rilievi (e, dunque, in soc- corso dell’opinione della Corte di legittimità) potrà dirsi che, pur essendo il fenomeno simulatorio «della separazione (…) in sé certamente possibile» (63), alle parti sarebbe peraltro inibito farlo valere, in conside- razione, da un lato, del «principio di autoresponsabi- lità, nella misura in cui non può essere consentito a un soggetto di far valere in giudizio un preteso diritto derivante da un fatto illecito che lo stesso abbia con- tribuito a porre in essere» (64) e, dall’altro, dell’im- possibilità di dar vita a status meramente apparenti (65). Invero, la disciplina in tema di simulazione del contratto, delle convenzioni matrimoniali e del matri- monio è lì a dimostrare tutto il contrario: e cioè che, proprio per il pubblico interesse a che la realtà emer- ga, non si copre l’abuso con la sua «legalizzazione», con la finzione che realtà sia quod simulate concipi- tur, bensì con la concessione ad una vasta categoria di soggetti (ivi compresi, ovviamente, i «protagoni- sti della nullità») della legittimazione a far emerge- re quod agitur (o, più esattamente: quod actum sit). L’impossibilità dell’esistenza di status meramente apparenti si combatte da sempre, per l’appunto, con- sentendo la prova dello status reale, come dimostrato dalla plurisecolare impugnabilità dei matrimoni, così come dei divorzi, simulati.
Sul tema deve, infine, registrarsi un ultimo intervento di legittimità in una decisione del 2022 ove, contra-
(62) Come rilevato da Xxxxx, «può essere simulato (…) l’atto priva- to autorizzato da un pubblico ufficiale (partecipe o non partecipe dell’intesa simulatoria). La soluzione è ben sperimentata a propo- sito del contratto concluso dal padre in nome del figlio minore, con autorizzazione del giudice tutelare» (XXXXX, Il contratto, cit., 393; con specifico riguardo all’accordo di separazione consensuale cfr. inoltre XXXXXX, Della simulazione nei negozi giuridici e degli atti
«in fraudem legis», Unione tipografico-editrice torinese, 1936, 185).
(63) Secondo quanto, in modo sicuramente condivisibile, è dichia- rato da XXXXXX, La Cassazione torna a negare rilievo alla simu- lazione della separazione: ma per quanto ancora?, in Fam. dir., 2015, 335.
(64) Cfr. DANOVI, op. ult. cit., 336.
(65) Cfr. DANOVI, op. ult. cit., p. 337.
riamente a ogni ragionevolezza, si continua ostinata- mente a sostenere che il negozio di separazione con- sensuale non potrebbe mai essere simulato, perché la presentazione della domanda di separazione in tribu- nale sarebbe incompatibile con la volontà di fingere di separarsi (66). La Corte ammette qui, però, che il negozio patrimoniale di attribuzione immobiliare, contenuto nelle condizioni di separazione consensua- le omologate, possa invece essere dichiarato simulato assolutamente, su iniziativa dei creditori, con la con- seguenza che i relativi beni oggetto del detto negozio si considerano come mai usciti dal patrimonio del di- sponente.
7. (segue) Simulazione «della» e simulazione
«nella» crisi coniugale.
La decisione appena citata in chiusura del paragrafo precedente, come altre (67), si iscrive nella corrente di pensiero che pone una distinzione tra la pronunzia di divorzio (o di separazione), in sé considerata, vale a dire la pronunzia di cessazione degli effetti civili o lo scioglimento del matrimonio (o dell’allentamento dei relativi effetti, per via della separazione legale), da un lato, e le condizioni relative ai rapporti patrimoniali e alla prole, dall’altro. Sul primo profilo la decisione avrebbe valore costitutivo, sul secondo meramente dichiarativo. Si dovrebbe, pertanto, dar luogo ad una distinzione tra simulazione «della» crisi coniugale nel suo complesso (e, dunque, anche degli atti che san- ciscono la separazione o la fine del matrimonio, ciò
(66) Cfr. Cass., 11 agosto 2022, n. 24687, in Italgiure.
(67) Cfr. Cass. 20 agosto 2014, n. 18066, in Fam. dir., 2015, 357, con nota di XXXXXXX; in Corr. giur., 2015, 777, con nota di XXXX- XXX, secondo cui «In caso di separazione consensuale o divorzio congiunto (o su conclusioni conformi), la sentenza incide sul vin- colo matrimoniale ma, sull’accordo tra i coniugi, realizza (…) un controllo solo esterno attesa la natura negoziale dello stesso, da affermarsi in ragione dell’ormai avvenuto superamento della con- xxxxxxx che ritiene la preminenza di un interesse, superiore e tra- scendente, della famiglia rispetto alla somma di quelli, coordinati e collegati, dei singoli componenti». Sempre nella stessa motiva- zione si legge che «a differenza di quanto avviene nel procedimen- to di separazione consensuale, la domanda congiunta di divorzio dà luogo ad un procedimento che si conclude con una sentenza costitutiva, nell’ambito del quale l’accordo sotteso alla relativa do- manda riveste natura meramente ricognitiva, con riferimento alla sussistenza dei presupposti necessari per lo scioglimento del vin- colo coniugale della l. n. 898 del 1970, ex art. 3, mentre ha valore negoziale per quanto concerne la prole ed i rapporti economici. Il che consente al tribunale di intervenire su tali accordi soltan- to nel caso in cui essi risultino contrari a norme inderogabili, con l’adozione di provvedimenti temporanei ed urgenti e la prosecu- zione del giudizio nelle forme contenziose (Xxxx. 24 luglio 2018, n. 19540)».
che peraltro non sarebbe possibile accertare) e simu- lazione «nella» crisi coniugale, in cui ciò che le parti vogliono è solo fingere di porre in essere determinati effetti, con riferimento ad una separazione o ad un di- vorzio realmente voluti. A ben vedere, però, le vigenti disposizioni in materia di separazione consensuale e di divorzio su domanda congiunta non contengono, nel modo più assoluto, elementi che consentano di operare una distinzione del genere di quella appena enunciata, tra differenti «capi» della sentenza: vale a dire tra quello che opera l’instaurazione dello sta- tus di coniuge separato o divorziato e quello in cui si omologano le relative condizioni (68).
A ciò s’aggiunga che, in realtà, l’introduzione dell’isti- tuto della negoziazione assistita ha sicuramente pro- dotto effetti anche su questo punto. Nel momento in cui, invero, si rimette alla trattativa e all’accordo tra le parti, con esclusione di un intervento giurisdizionale, tutto il tema della separazione o del divorzio non con- tenziosi – in tutti i loro relativi aspetti, senza distin- zione alcuna – sembra inevitabile riconoscere che è ormai dalla volontà concorde dei protagonisti che di- scendono tutti gli effetti della sentenza di separazione e di divorzio e, dunque, in primis l’instaurazione dello status di separati o divorziati. Come posto in evidenza dalla migliore dottrina (69), la caduta del principio di indisponibilità degli status, che aveva caratterizzato per lungo tempo la disciplina dei rapporti tra coniugi, ha condotto a superare le argomentazioni che aveva- no escluso una piena esplicazione dell’autonomia dei coniugi nella definizione delle conseguenze economi- che della rottura del matrimonio. D’altro canto, è or- mai evidente a tutti che l’accordo di separazione (ma la stessa regola vale per l’accordo di divorzio), «non può essere inciso nel suo contenuto intrinseco dall’o- mologa, di per sé priva di qualsiasi efficacia sanante» (70).
Ma oggi vi è ben di più: mentre un tempo separazio- ne e divorzio non erano comunque conseguibili per il solo mezzo dell’autonomia privata (71), il d.l. 12 set-
(68) Va ricordato che oggi l’omologazione avviene con sentenza per entrambe le citate ipotesi: cfr. XXXXXX, L’annullamento per vizi del consenso della separazione consensuale e del divorzio su domanda congiunta, cit., 19.
(69) Cfr. AL MUREDEN, La domanda congiunta di separazione e divorzio tra privatizzazione del matrimonio e tutela inderogabile della parte debole, in Fam. dir., 2023, 643 ss.
(70) Così, testualmente, BALESTRA, Autonomia negoziale e crisi co- niugale: gli accordi in vista della separazione, cit., 277 ss., 293.
(71) Prima della riforma sulla negoziazione assistita non vi era infatti dubbio circa la natura costitutiva necessaria del procedi-
tembre 2014, n. 132, conv. da l. 10 novembre 2014, n. 162 è venuto a superare, per la prima volta, il limite della necessaria fase giudiziaria, introducendo due mezzi di risoluzione della crisi coniugale in cui l’ac- cordo delle parti consente di conseguire esso stesso l’effetto di incidere sullo stato coniugale. Si tratta di un passaggio epocale (72), a seguito del quale nulla è più come prima, non potendosi più dire oggi che, in materia di separazione consensuale o di divorzio su domanda congiunta, l’intervento giurisdizionale pos- segga ancora un valore costitutivo.
Come pure osservato in dottrina (73), se da un lato la presenza dell’autorità giurisdizionale ha sempre inteso costituire sinonimo di una maggiore garanzia in ogni ipotesi di intervento sul vincolo matrimoniale, dall’altro, nelle ipotesi in cui in effetti i coniugi ab- biano reperito un’intesa globale sulle condizioni con le quali disciplinare la fine della loro unione, le sopra accennate esigenze pubblicistiche vengono innegabil- mente a sfumare. È vero, quindi, che, se due indivi- dui sono lasciati liberi di affrontare un passo fonda- mentale della loro vita come quello del matrimonio (oltre che di stabilire il relativo regime patrimoniale), formalizzando il tutto avanti all’ufficiale dello stato civile, va loro parimenti concesso anche di regolare congiuntamente – e senza gravosi strascichi giudizia- ri – il fallimento della loro unione.
Quanto appena detto, si badi, vale anche per il di- vorzio «in tribunale» su domanda congiunta, ove – a partire dalla c.d. «riforma Cartabia» (d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, in vigore dal 28 febbraio 2023) – la rela- tiva «sentenza» (74) (idem per la separazione consen-
mento di separazione personale e di divorzio: CARNEVALE, La fase a cognizione piena, in GRAZIOSI (a cura di), I processi di separazione e di divorzio, 2a ed., G. Giappichelli Editore, 2011, 102 ss.; v. inol- tre LUPOI, Procedimento di separazione e divorzio, in Enc. dir., Ann. I, Xxxxxxx, 2007, 981.
(72) XXXXXXX, Separazione e divorzio senza giudice: negoziazione assistita da avvocati e separazione e divorzio davanti al sindaco, in Corr. giur., 2015, 515. Anche per XXXXXXX, Gli accordi della crisi coniugale alla luce dell’interesse ad impugnare: una nuova pre- sa di posizione della giurisprudenza di legittimità, in Fam. dir., 2015, 357, può osservarsi come «la scelta del legislatore di con- sentire ai coniugi di stipulare accordi di separazione o di divorzio dinanzi a un avvocato ovvero all’ufficiale di stato civile costituisca indice del riconoscimento di un maggiore spazio operativo per l’autonomia privata nell’ambito della soluzione della crisi coniu- gale».
(73) XXXXXX, Il d.l. n. 132/2014: le novità in tema di separazione e divorzio, in Fam. dir., 2014, 949.
(74) Ma sulla reale natura di tale provvedimento cfr. OBERTO, L’an- nullamento per vizi del consenso della separazione consensuale e
xxxxx) viene ora dalla legge espressamente definita come di mera «omologazione» o «presa d’atto» degli accordi inter partes (art. 473-bis.51, comma 4, c.p.c.), senza che da tale disposizione (sull’omologazione o presa d’atto da parte del giudice) sia in qualche modo escluso o diversamente trattato l’effetto principale, vale a dire l’accordo sul mutamento di status.
Xxx si può concludere, quindi, su questo punto nel senso che il carattere costitutivo della procedura consensuale, nel suo complesso, di attenuazione (se- parazione) o di scioglimento (divorzio) del vincolo matrimoniale non deriva più – questa volta in linea generale e non solo in ipotesi particolari – dall’(e- ventuale) intervento di un giudice «omologante». In- tervento che (ove previsto e voluto dalle parti, che si siano rivolte alle tradizionali forme di separazione e divorzio consensuali in tribunale), si limiterà comun- que al riscontro della sussistenza delle condizioni di legge. L’effetto concordemente desiderato dai coniugi (o ex tali), discende, invece, direttamente dall’accor- do delle parti, senza alcuna distinzione di sorta tra ac- cordo sul vincolo matrimoniale in sé e/o accordo sulle relative condizioni di allentamento o di scioglimento del vincolo stesso.
A parere di chi scrive, dunque, proprio l’introduzione di istituti come la negoziazione assistita e la «senten- za» d’omologazione, di cui s’è appena detto, dimostra ormai irrefutabilmente come la contrapposizione tra negozio di separazione (o di divorzio) in sé, da un lato, e relativi negozi accessori, dall’altro, sia – per i fini in esame – divenuta artificiosa e di contenuto me- ramente descrittivo. L’intera attività (già processuale) in relazione alla separazione consensuale e al divor- zio su domanda congiunta è stata «in blocco» portata fuori dalla sfera di attività del giudice (limitata ad un mero controllo formale, quando la procedura si svol- ge in tribunale), senza alcuna distinzione tra negozio separatizio (o divorzile) in sé, da un lato, e condizioni relative, dall’altro. I due tipi di negozi sono intrinse- camente connessi e il relativo trattamento giuridico è (e non può che essere) unitario (75).
8. Conclusioni.
È giunto il momento di tirare le fila del discorso che si è cercato di dipanare sin qui. L’evoluzione normativa e, almeno in parte, dottrinale di questi ultimi decenni
del divorzio su domanda congiunta, cit., 18 s.
(75) La questione è stata approfondita in OBERTO, L’annullamento per vizi del consenso della separazione consensuale e del divorzio su domanda congiunta, cit., 20 ss.
ha vieppiù dimostrato il carattere disponibile (nei li- miti, ovviamente, indicati) degli status familiari, così come la natura negoziabile e negoziale delle relative conseguenze. Ciò non può non valere anche per gli accordi preventivi, siano essi conclusi tra separazione e divorzio, o prima della separazione, o, addirittura, prima della celebrazione delle nozze.
E invero, al di là delle argomentazioni «tecniche» più volte esposte nel corso di questi ultimi trent’anni e oltre, chi scrive non ha mai esitato a qualificare la giurisprudenza dominante come altamente «disedu- cativa», posto che questa finisce con il promuovere il principio secondo cui proprio tra coniugi, cioè tra soggetti il cui rapporto dovrebbe essere caratterizzato dal massimo livello di affidamento nel rispetto della parola data, in realtà, pacta… non sunt servanda. E dunque l’accordo di separazione, faticosamente rag- giunto dopo mesi (o anni) di trattative e obiettiva- mente inteso come solutorio dell’intero complesso dei rapporti nati da un’unione sbagliata, potrà essere accettato da una delle parti con la «riserva mentale» di porre tutto nuovamente in discussione al momento del divorzio (76).
Quanto sopra dimostra, se ancora ve ne fosse biso- gno, quanto perniciosa sia l’influenza nella materia di influssi paternalistici, legati ad un concetto di per- sistenza del vincolo che, se non può più essere con- cepita in termini di indissolubilità matrimoniale, do- vrebbe secondo alcuni ancora intendersi nel senso di
«indissolubilità patrimoniale» (77).
Ora, proprio l’ordinanza qui in commento (78) viene a portare la miglior dimostrazione possibile della fon- datezza di questi timori. La nullità, invero, è un rime- dio che, essendo concesso a chiunque abbia interesse, viene a porre nelle mani della parte che si sia pentita della parola data, per i più vari motivi, una sin troppo comoda via d’uscita da un negozio divenuto (o ritenu- to) ormai ingombrante.
Nella fattispecie qui in esame appare evidente il ten- tativo di una parte di svincolarsi dagli effetti del con- tratto ormai efficace e perfetto, avente ad oggetto la cessione a titolo oneroso della partecipazione socie- taria e delle azioni, come sopra descritto. Contratto sottoscritto (a quanto pare) da soggetti maggioren- ni, vaccinati e dotati della piena capacità giuridica e di agire. Palese risulta il rischio di aprire una vera e propria «caccia alle streghe» (laddove la «strega» sa- rebbe costituita, nella specie, dal vituperato prenup), non appena viene a schiudersi la prospettiva (ancor- ché remota) di porre in campo l’argomento di una possibile presenza dell’intento (quod absit!) di defi- nire una volta per tutte, in via preventiva, le questioni patrimoniali legate ad una crisi coniugale. E l’ulterio- re assurdità sta nel fatto che, nell’ottica paternalisti- ca qui criticata, siffatto profilo si potrebbe risolvere solo con anni, anni ed anni di costose e complesse liti giudiziarie. Da notare, in proposito, che la causa non conclusa dall’ordinanza qui in commento – che del- la crisi coniugale e dei relativi strascichi patrimoniali dovrebbe rappresentare solo un (pur se succulento) antipasto – è durata (per il momento) la bellezza di quindici anni.
È stata la stessa Corte ad ammettere, in altra occasio- ne, che gli accordi preventivi sono frequenti in molti Stati europei, ove svolgono «una proficua funzione deflattiva delle controversie familiari» (79). Cui pro- dest, dunque, continuare a (far finta di) ignorare l’evi- dente effetto positivo che il riconoscimento della pie- na liceità degli accordi preventivi potrebbe produrre su di un sistema-giustizia che, oggi come oggi, vede ancora l’Italia tra i fanalini di coda nel disposition time dei Paesi membri del Consiglio d’Europa (80)?
(79) Cass., 3 dicembre 2015, n. 24621, in Fam. dir., 2016, 747 con nota di CARRATTA. Sul punto v. l’articolata analisi di AN. XXXXXX, op. cit., 475 ss., nonché, più recentemente, LAS CASAS, op. cit., 913 ss.
(80)Cfr. CEPEJ, European judicial systems CEPEJ Evaluation
Report, in xxxxx://xx.xxx.xxx/xxxxx-xxxxx-xxxx-0000-00-x-
(76) Così spingendo, tra l’altro, la prassi a rinvenire soluzioni al li- mite del lecito e comunque inutili o facilmente frustrabili, quali, ad esempio, il rilascio di garanzie, o la stipula di simulati contratti di mutuo, risolubili solo all’atto della conclusione en souplesse della futura procedura di scioglimento del vicolo, e così via.
(77) Non per nulla sottolinea il carattere di maggiore «laicità» proprio della via contrattuale nella soluzione delle questioni patri- moniali familiari XXXXXXX, op. cit., 116.
(78) Così come la sentenza di merito xxx xxxxxxx, a sua volta con- fermativa della decisione di prime cure: sotto questo profilo, come già ricordato, l’unico punto su cui tutti e tre i giudici convergono è la nullità di un’intesa preventiva sulle conseguenze di una crisi coniugale.
web/1680a86276, 2022, 73: «The major issue related to the xxxx- cial efficiency in Italy remains the excessive length of proceedings, especially as regards civil and commercial litigious cases, even if the overall length of proceedings constantly decreased from 2012 to 2018. In 2020, due to the pandemic situation and the tempo- rary closure of courts, the efficiency of courts mostly weakened compared to the previous years. In particular, the increases in Disposition Times were considerable for civil/commercial and cri- minal cases in the three instances. The Italian judicial system is affected by the high number of pending cases, in particular civil and commercial in the first instance. For this reason, the lower number of resolved cases had a significant impact on the calcu- lation of Disposition Time. This indicator is expected to improve once the pandemic situation has stabilised».
CORTE DI CASSAZIONE, sez. II, ordinanza 24 novembre 2023, n. 32724; Pres. Bertuzzi – Rel. Trapuzzano.
Cassa con rinvio App. Firenze n. 2697/2017
Simulazione – Controdichiarazione – Apparenza – Dissimulazione
«La simulazione del contratto individua un’ipotesi di dissociazione concordata tra volontà e di- chiarazione, attraverso il contrasto tra due dichiarazioni, entrambe volute, ma per fini diversi, l’una delle quali (controdichiarazione) o toglie all’altra ogni valore vincolante tra le parti, o si combina con l’altra piegandola a perseguire, ove possibile, dietro la veste apparente, un diver- so risultato pratico, al fine di creare l’apparenza di un negozio, con o senza l’intento di occultare un negozio diverso» (mass. non uff.).
Prova della simulazione
«La compravendita di partecipazioni societarie intercorsa tra la moglie separanda del liquida- tore e la società in liquidazione non può ritenersi simulata al fine di definire anticipatamente i rapporti patrimoniali tra i coniugi separandi ove non risulti provato che parte del corrispetti- vo sia stata destinata a far fronte non all’acquisto ma all’ulteriore finalità programmata con- cernente i rapporti patrimoniali tra i separandi» (mass. non uff.).
Fatti di causa
1. Con atto di citazione notificato il 15 gennaio 2009, la H. S.r.l. in liquidazione conveniva, davanti al Tri- bunale di Arezzo, A.A., al fine di sentire dichiarare la nullità/invalidità del contratto di cessione onerosa di partecipazioni sociali concluso tra le parti il (Omis- sis), per illiceità della causa, e – per l’effetto – di sen- tire pronunciare la condanna della convenuta cedente alla restituzione del corrispettivo versato dalla società cessionaria attrice nella misura di Euro 950.228,00. In proposito, la società attrice esponeva che la ces- sione era in realtà diretta a definire anticipatamente i rapporti patrimoniali tra i coniugi separandi B.D., quale amministratore unico e successivamente liqui- datore di H., e la A., e non già a definire i rapporti economici societari.
Si costituiva in giudizio A.A., la quale concludeva per il rigetto delle domande avversarie, in quanto l’atto di cessione era perfetto e valido, e – in via ri- convenzionale – chiedeva che la H. fosse condannata ad adempiere alle obbligazioni contrattuali assunte, mediante il versamento alla cedente della somma pari ad Euro 2.250.000,00, quale residuo del prezzo non ancora corrisposto, oltre interessi di mora al tas- so convenzionalmente pattuito del 5% annuo, o – in via subordinata –, qualora la domanda principale di accertamento dell’invalidità della cessione fosse stata accolta, che la cessionaria fosse condannata alla re-
stituzione delle quote e azioni trasferite, se del caso anche mediante versamento del loro corrispondente valore, oltre al risarcimento dei danni subiti, anche a titolo di responsabilità precontrattuale.
Nel corso del giudizio era espletata consulenza tecni- ca d’ufficio.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 690/2011, depositata il 30 giugno 2011, in parziale accoglimen- to delle domande principali proposte, dichiarava la nullità del contratto di cessione di quote di s.r.l. e di azioni, di cui all’atto pubblico del (Omissis), rigettava la domanda di condanna della cedente alla restituzio- ne della somma versata a titolo di corrispettivo, riget- tava la domanda riconvenzionale di condanna della cessionaria al pagamento del prezzo residuo stabilito e al risarcimento dei danni e condannava la H. alla restituzione, in favore di A.A., delle azioni cedute.
2. Con atto di citazione notificato il 19 ottobre 2011, proponeva appello avverso la sentenza di primo grado A.A., la quale lamentava: 1) che l’atto di cessione di azioni della (Omissis) S.p.A. e della quota di T., in fa- vore della H., era perfettamente legittimo, in quanto scaturiva da rapporti imprenditoriali intrattenuti tra le parti e non era diretto a mascherare la definizione dei rapporti patrimoniali tra ex coniugi; 2) che la H. non aveva onorato il piano di pagamento e l’obbli- gazione restitutoria dell’equivalente in denaro della quota di T., pari ad Euro 730.948,00, nonché per le
azioni di (Omissis) S.p.A., pari ad Euro 2.469.280,00, per complessivi Euro 3.200.228,00.
Rimaneva contumace nel giudizio di impugnazione la
H. S.r.l. in liquidazione.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Firenze, con la sentenza di cui in epigrafe, rigettava l’appello spiegato e, per l’effetto, confermava integral- mente la sentenza impugnata.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di meri- to rilevava per quanto di interesse in questa sede: a) che il contratto concluso tra le parti di cessione delle partecipazioni societarie realizzava una simulazione oggettiva parziale, nel senso che il corrispettivo del- la vendita di azioni e della quota era rappresentato dal pagamento, da parte della cessionaria, di quanto dovuto a carico del marito, in vista della definizione del contenuto tipico dei rapporti patrimoniali tra co- niugi separandi, ossia con riferimento alle condizio- ni di mantenimento e all’assegno divorzile; b) che, infatti, una pattuizione preventiva di tali condizioni avrebbe potuto pregiudicare la libertà di determi- narsi in sede di giudizio di separazione; c) che, per- tanto, l’atto di cessione del (Omissis) era nullo, per violazione dell’art. 160 c.c., in quanto volto a definire anticipatamente i rapporti patrimoniali tra coniu- gi; d) che, quanto agli altri capi del gravame, la do- manda di condanna alla restituzione della somma di Euro 730.948,00, come avanzata dall’appellante, in relazione alla cessione della quota di T. S.r.l., era inammissibile, in quanto generica, non essendo stata contestata specificamente la statuizione del giudice di primo grado, secondo cui, in seguito all’incorporazio- ne di T. S.r.l. in (Omissis) S.p.A. e alla fusione del- le due società, il valore della quota ceduta di T. S.r.l. corrispondeva a 19 azioni di (Omissis) S.p.A.; e) che altrettanto inammissibile, per genericità, era la do- manda di condanna alla restituzione della somma di Euro 2.469.280,00, non essendo stata specificamente contestata l’articolata e motivata statuizione del Tri- bunale circa il fatto che il fallimento di (Omissis) non assumesse rilievo.
3. Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, A.A..
È rimasta intimata la H. S.r.l. in liquidazione.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la falsa applicazione dell’art. 1414 c.c., per avere la Corte di merito ritenu- to che la compravendita di partecipazioni societarie integrasse una simulazione oggettiva parziale, in ra-
gione del fatto che il corrispettivo della cessione in realtà avrebbe rappresentato il pagamento, da parte della società, di quanto dovuto a carico del coniuge B.D., ai fini della definizione anticipata dei rapporti patrimoniali tra coniugi separandi e, in particolare, delle condizioni di mantenimento e relative all’asse- gno divorzile.
Al riguardo, l’istante obietta che le somme concordate quale corrispettivo della cessione sarebbero rientra- te nel più ampio finanziamento dei soci per oltre 15 milioni di Euro, che B.D. avrebbe concesso alla sua holding, onde consentire alla medesima di compie- re ulteriori operazioni societarie, come sarebbe stato rinvenibile nei bilanci di esercizio della predetta so- cietà.
1.1. Il motivo è fondato nei termini che seguono.
In via preliminare si rileva che, quanto alle ragioni della qualificazione del negozio di cessione di parteci- pazioni societarie del (Omissis) (recte di quota socie- taria e azioni), quale negozio parzialmente simulato in senso oggettivo, la sentenza d’appello si è limitata a sostenere che il corrispettivo della vendita di azioni e della quota sarebbe stato rappresentato dal paga- mento, da parte della società cessionaria, di quanto dovuto alla cedente dal marito, in vista della defini- zione del contenuto tipico dei rapporti patrimoniali tra coniugi separandi.
E ha aggiunto che la conseguente nullità per illiceità della causa sarebbe stata corroborata dalla violazione dei doveri inderogabili di cui all’art. 160 c.c., in quan- to il contratto sarebbe stato volto a definire anticipa- tamente i rapporti patrimoniali tra coniugi.
1.2. Senonché nessuna argomentazione è stata svi- luppata a supporto della ricostruzione dell’operazio- ne negoziale posta in essere in concreto in termini di simulazione (ossia sul quomodo di integrazione della paventata simulazione, peraltro alla stregua dell’as- serito coinvolgimento di un terzo nel complesso pro- gramma di obbligazione), la quale postula che i sog- getti pattuiscano che il negozio costituisca una mera apparenza, non li vincoli e sia quindi privo di qualsiasi funzione (simulazione assoluta) ovvero che il negozio apparentemente posto in essere serva ad occultare un diverso ed effettivo impegno negoziale dei soggetti, che abbia una funzione autonoma (simulazione re- lativa): nel primo caso l’operazione mira a creare, di fronte ai terzi, l’apparenza di un regolamento nego- ziale; nel secondo l’operazione è più complessa e mira a creare, oltre all’apparenza di un negozio, la sostanza di un negozio diverso, ma che si preferisce mantene- re occulto davanti ai terzi (Xxxx. Sez. 2, Sentenza n.
34024 del 19/12/2019; Sez. 2, Sentenza n. 25055 del 27/11/2009).
Per l’effetto, la controdichiarazione o accordo simu- latorio è il necessario elemento di collegamento tra situazione apparente e situazione reale e consente di stabilire quale sia l’intento pratico perseguito dai soggetti: se esso cioè si limiti alla creazione di una fin- zione di atto (simulare, infatti, significa fingere) o se esso lasci residuare un diverso ed effettivo impegno negoziale; si descrive, pertanto, la simulazione come procedimento complesso.
A sua volta, la simulazione relativa può essere og- gettiva o soggettiva, in base alla circostanza che la simulazione cada sul contenuto del contratto ovvero sui suoi soggetti. In tale ultima ipotesi si realizza una fattispecie di interposizione fittizia. La simulazione relativa oggettiva può riguardare il tipo negoziale o la prestazione e, più in generale, l’oggetto o le modalità accessorie.
Ancora, secondo la ricostruzione giurisprudenziale, la simulazione, sia essa assoluta o relativa, può essere anche parziale, quando l’accordo simulatorio investe soltanto alcuni elementi del contratto (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4901 del 02/03/2007; Sez. 3, Sentenza n. 10009 del 24/06/2003; Sez. 2, Sentenza n. 3857 del 24/04/1996; Sez. 3, Sentenza n. 4366 del 02/10/1978) ovvero soltanto uno dei negozi contemplati in un atto (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1751 del 13/02/1992).
In ultimo, attraverso la controdichiarazione, è messo in luce il contrasto tra due manifestazioni entrambe volute, ma per fini diversi. Tali manifestazioni in re- altà si coordinano: o nel senso che l’una toglie all’al- tra ogni valore vincolante tra le parti o nel senso che l’una si compone con l’altra, piegandola a perseguire, ove possibile, dietro la veste apparente, un diverso risultato pratico. E nel caso della simulazione rela- tiva il nesso tra dichiarazione e controdichiarazione comporta una sorta di singolare compenetrazione tra negozio dissimulato e negozio simulato: il primo sa- rebbe un fatto complementare, destinato a riempire del suo contenuto il secondo.
In proposito, in sede nomofilattica, si evidenzia che la simulazione individua un’ipotesi di dissociazione concordata tra volontà e dichiarazione (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 21995 del 19/10/2007; Sez. 3, Sentenza n. 614 del 17/01/2003; Sez. 2, Sentenza n. 3501 del 09/04/1987).
Pertanto, la peculiarità dell’istituto va considerata in relazione alla funzione negoziale. Quest’ultima è ma- nipolata dai soggetti in vista di scopi pratici della più diversa natura, a fronte del dato costante della crea-
zione di una situazione apparente e, quindi, non vin- colante. Invece, il dato variabile è sostanziato dall’esi- stenza di un sottostante e diverso vincolo effettivo. E ciò con l’intento di creare l’apparenza di un negozio, con o senza l’intento di occultare un negozio diverso.
1.3. A fronte di questa impostazione sistematica dell’i- stituto, nella motivazione della pronuncia impugnata non è dato ravvisare la valorizzazione di alcuna emer- genza fattuale idonea ad avvalorarne l’apodittica qua- lificazione giuridica.
Per contro, ai fini dell’invalidità della cessione delle quote societarie è stato genericamente richiamato l’intento di definire, in via anticipata, l’adempimento dei doveri coniugali, in sintonia con l’orientamento a mente del quale gli accordi con i quali i coniugi fis- sano preventivamente il regime giuridico-patrimo- niale in vista della futura separazione o del futuro divorzio sono invalidi per illiceità della causa, perché stipulati in violazione del principio fondamentale di radicale indisponibilità dei diritti in materia matri- moniale, espresso dall’art. 160 c.c. (Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 20745 del 28/06/2022; Sez. 1, Senten- za n. 2224 del 30/01/2017; Sez. 1, Sentenza n. 1810 del 18/02/2000). Senza però offrire alcuna contezza degli elementi di raccordo tra la paventata violazio- ne dei doveri inderogabili – di cui non è stato affatto tracciato il substrato realizzativo – e l’integrazione di un’ipotesi di simulazione oggettiva parziale.
Ora, sebbene l’individuazione della causa simulandi, cioè del motivo concreto per il quale le parti abbia- no posto in essere un contratto in realtà non voluto, dando vita ad una mera apparenza, sia rilevante (ma non indispensabile) per fornire indizi circa l’esisten- za dell’accordo simulatorio (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 2539 del 27/01/2023; Sez. 3, Sentenza n. 8428 del 11/04/2006; Sez. 2, Sentenza n. 4865 del 03/04/2001; Sez. 3, Sentenza n. 5541 del 08/06/1994), nella fat- tispecie non è stato precisato: a) se la cessione del- le partecipazioni societarie (recte della quota e delle azioni) sia effettivamente avvenuta nella sua interez- za (come sembrerebbe dalla correlata condanna alla restituzione) o solo in parte; b) e, in conseguenza, in quali termini detta traslazione di quota e azioni abbia inciso sulla misura del corrispettivo (ove destinato a far fronte congiuntamente all’ulteriore finalità in- dicata), ossia quale parte del corrispettivo sia stata destinata a far fronte all’acquisto e quale alla finalità ulteriore programmata; c) a fronte del richiamo alla paventata definizione anticipata delle condizioni di separazione, in quale modo sia stato regolamentato l’assetto dei rapporti coniugali in ragione dell’opera-
zione negoziale effettuata (anche in vista della rinun- cia a future pretese da esercitare in sede di separazio- ne o divorzio).
Tanto più che il riferimento alla definizione dei rap- porti economico-patrimoniali con il coniuge – che non è stato, almeno formalmente, parte del negozio di cessione (bensì mero rappresentante legale del- la società cessionaria) – avrebbe presupposto, nella logica dell’integrazione di una fattispecie complessa di simulazione, la sua partecipazione al giudizio o co- munque l’integrazione del contraddittorio verso tale parte.
Ebbene, le carenze lamentate sono talmente radica- li da escludere che – secondo le scarne indicazioni fornite – sia ravvisabile una fattispecie di simula- zione secondo la definizione resa dall’art. 1414 c.c., e, dunque, da implicarne la relativa violazione; e ciò indipendentemente dall’incensurabilità in sede di le- gittimità dell’accertamento della simulazione, quale oggetto dell’indagine di fatto riservata al giudice di merito, se non per vizio di motivazione, sul presup- posto però che si dia atto della riconduzione del pro- gramma negoziale concreto allo schema legale astrat- to prefigurato dalla norma emarginata (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 20748 del 01/08/2019; Sez. 2, Sentenza n. 20020 del 07/10/2004; Sez. 2, Sentenza n. 1034 del 29/01/2000).
Ne discende che il giudice di rinvio dovrà nuovamen- te esaminare i fatti di causa, allo scopo di addivenire alla corretta qualificazione giuridica della fattispecie, fornendone gli elementi di riscontro e valutando se sia necessario disporre l’integrazione del contraddit- torio verso B.D..
– Omissis.