ANTONIO DAVOLA
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Bias cognitivi e contrattazione standardizzata: quali tutele per i consumatori
SOMMARIO: 1. Introduzione. La contrattazione standardizzata: fenomenologia e deviazioni rispetto ai canoni tradizionali della teoria generale del contratto. – 2. I caratteri essen- ziali dell’approccio normativo alla tutela del consumatore, e i suoi limiti. – 3. I vizi percettivi del consumatore nella contrattazione standardizzata e il ruolo delle scienze cognitive. – 4. Le problematiche attinenti l’attuale struttura dei contratti standard: «no- reading problem» e cripticita` delle clausole negoziali. Cenni. – 5. Gli elementi esterni idonei a condizionare le scelte dei consumatori: debolezze e bias cognitivi. – 6. La ridotta attenzione dedicata al fenomeno dei bias cognitivi, ed i rischi che cio` determina per il consumatore. – 7. Dal contratto «completo» al contratto «adeguato»: esempi dell’incidenza dei bias cognitivi nel diritto dei mercati finanziari e nel settore assicura- tivo. – 8. Il piano dei rimedi: le nuove ipotesi per la tutela del consumatore avverso lo sfruttamento abusivo di bias cognitivi da parte dei professionisti. – 9. Le rationes in base alle quali orientare le future linee di intervento, e le criticita` riscontrabili nelle strategie di piu` recente elaborazione. – 10. Il ruolo dei rimedi «tradizionali»: valorizzare la tutela del consumatore attraverso un ripensamento del sistema dei vizi del consenso e, in particolare, della figura del dolo. – 11. Conclusioni: la circolarita` del percorso e le opportunita` di una lettura innovativa dei rimedi tradizionali.
1. – La disciplina del contratto trova tradizionalmente fondamento nel principio secondo il quale non vi sarebbe migliore interprete del proprio interesse del contraente stesso, il quale disciplina i propri obblighi e diritti attraverso l’accesso agli strumenti della contrattazione, nel quadro delle re- gole generali predisposte dall’ordinamento e dei limiti che esso impone (1). Secondo una ricostruzione coerente con quest’ottica, le situazioni, i rapporti e gli interessi che costituiscono la sostanza reale di ogni contratto si potreb- bero efficacemente riassumere nell’idea di operazione economica (2).
(1) ffx multis CARIOTA FERRATA, Il negozio giuridico nel diritto privato italiano, Napoli, 1960, p. 144; MESSINEO, Il Contratto in genere, in Tratt. dir. civ. e comm., diretto da Cicu e Messineo, Milano, 1973, p. 255; piu` di recente LAGHI, L’incidenza dei diritti fondamentali sull’autonomia negoziale, 2012 Torino, p. 150. Per una ricostruzione in chiave storica del principio volontaristico v. altresı` OSTI, Contratto, in Noviss. Dig. it., IV, Torino, 1959, p. 478.
(2) Cfr. ex multis XXXXXXXXX, «Operazione economica» e teoria del contratto, Milano, 2013, p. 12; ID., Xxxxxxxxx e contratti: scritti, Torino, 2011; GAZZONI, Manuale di Diritto
Contratto e impresa 2/2017
Coerentemente con tale visione e affinche´ simili presupposti vengano rispettati, la tutela del consenso – libero e consapevole – delle parti quale elemento essenziale del contratto ex art. 1325 c.c. e` assurta a istituto determinante al fine di garantire la rispondenza del negozio agli interessi dei contraenti e, di conseguenza, la sua vincolativita` (3).
L’affermarsi dell’economia industriale e la crescente complessita` delle relazioni di mercato hanno, tuttavia, determinato una progressiva diffusione dei fenomeni di contrattazione di massa e la standardizzazione delle rela- zioni contrattuali tra imprese e consumatori, con conseguente messa in discussione dell’approccio tradizionale: caratteristica tipica dei contratti di massa e`, infatti, la presentazione alla controparte (tendenzialmente una pla- tea aperta di possibili contraenti-consumatori) di proposte unilateralmente predisposte al fine di disciplinare una pluralita` di relazioni contrattuali della medesima specie, secondo lo schema dei «contratti standard» (4).
L’utilizzo di contratti standard ha imposto agli interpreti di ripensare i lineamenti stessi della dottrina generale del contratto sulla base del rico- noscimento di disparita` di fatto tra i contraenti (5): le clausole che com-
Xxxxxxx, 10a ed., Napoli, 2003, p. 802; PERLINGIERI, Nuovi profili del contratto, in Riv. crit. dir. priv., 2001, p. 232; D’ANGELO, Contratto e operazione economica, Torino, 1992, p. 58; PARDOLESI e PACCES, Clausole vessatorie e analisi economica del diritto: note in margine alle ragioni (ed alle incongruenze) della nuova disciplina, in Diritto privato, a cura Aa. Vv., 1996,
p. 377. La tematica relativa alla funzione del contratto rispetto al perseguimento degli interessi economici delle parti e` stata altresı` oggetto di ampia trattazione presso la dottrina con precipuo riferimento alla tematica della funzione della causa del contratto, ex art. 1343
c.c. ffx multis v. BRECCIA, Morte e resurrezione della causa: la tutela in Il contratto e le tutele. Prospettive di diritto europeo, a cura di Xxxxxxxxx, Torino, 2002, p. 241; SACCO, Trattato di Diritto Civile – Il Contratto, Torino, 2004, p. 572; ROLFI, La causa come «funzione econo- mico-sociale»: tramonto di un idolum tribus?, in Corriere giur., 2006, 12, p. 1720.
(3) XXXXXXXXX e XXXXXXXXX, I contratti dei consumatori, in Trattato del contratto, a cura di Xxxxxxxx, Torino, 2005, p. 237.
(4) ROPPO, Contratti standard. Autonomia e controlli delle attivita` negoziali d’impresa, Milano, 1975.
(5) ZENO e ZENCOVICH, Il diritto europeo dei contratti (verso la distinzione fra «contratti commerciali» e «contratti dei consumatori»), in Giur. it., 1993, IV, p. 57; come e` noto il tema dell’esistenza di contratti caratterizzati da profili fisiologici di negoziazione asimmetrica ha gradualmente assunto rilevanza centrale nella riflessione della dottrina, tanto da determinare il definirsi di un vero e proprio «tipo» contrattuale sotto il nome di «terzo contratto». La paternita` di tale termine e` attribuita a PARDOLESI, Prefazione, in COLANGELO, L’abuso di dipendenza economica tra disciplina della concorrenza e diritto dei contratti. Un’analisi eco- nomica e comparata, Torino, 2004, p. XIII. La definizione e` stata, in seguito, vastamente accolta in dottrina, v. ex multis ROPPO, Il contratto nel duemila, Torino, 2005, p. 53; PIRO, Tutela del consumatore e terzo contratto, Roma, 2013; ROSARIO, Il terzo contratto: da ipotesi di studio a formula problematica. Profili ermeneutici e prospettive assiologici, Padova, 2010; XXXXXXXXX, Il terzo contratto, in Contr., 2009, 5, 493; RUSSO, Imprenditore debole, imprendi- tore-persona, abuso di dipendenza economica e «terzo contratto», in questa rivista, 2009, p.
pongono il contenuto di tali contratti non sono, infatti, frutto di negozia- zione intercorse tra le parti, bensı` espressione della volonta` del solo pro- ponente. Si puo` parlare, in questo senso, di contratti «per adesione», i quali rimettono alla controparte unicamente la liberta` di contrarre o meno, venendo completamente a mancare la fase delle trattative (6).
A fronte di questi elementi, e` apparso legittimo dubitare che la for- mulazione dei contratti dei consumatori rispecchiasse gli assunti tradizio- nali della teoria del contratto; e` stato evidenziato, inoltre, come il fenome- no stesso della predisposizione unilaterale di una proposta contrattuale si presti ontologicamente ad utilizzi di natura opportunistica da parte del proponente, al fine di addossare i rischi contrattuali in capo alla contro- parte mediante la previsione in contractu di clausole abusive o inique (7).
2. – La particolare morfologia e funzione assunta dal contratto di massa e lo squilibrio «fisiologico» (8) intercorrente tra professionista e consumatore hanno determinato l’esigenza di procedere ad una regola- mentazione specifica di questa nuova dimensione (9).
A fronte dell’eterogeneita` degli interventi normativi (10) il percorso intrapreso si e` caratterizzato per una filosofia di fondo: la protezione del
120 ss.; GITTI e VILLA, Il terzo contratto, Bologna, 2008; XXXXXXXXX, Contrattazione d’im- presa e nuove categorie contrattuali, Milano, 2000, p. 184.
(6) PERLINGIERI, Nuovi profili del contratto, in Riv. crit. dir. priv., 2001, p. 243; BRECCIA, ffquilibrio fra le prestazioni e causa del contratto di scambio, in Diritto privato comunitario, a cura di Perlingieri e Xxxxxxx, Napoli, 2008, p. 521-559.
(7) XXXXXXX, Diritto ed economia alle soglie del nuovo millennio, in questa rivista, 2000, p. 196; cfr. altresı` le riflessioni operate da BRECCIA, Immagini del diritto privato, Torino, 2013, 1, p. 246 ss.
(8) In questi termini ROPPO, Parte generale del contratto, contratti del consumatore e contratti asimmetrici (con postilla sul «terzo contratto»), cit. p. 683, il quale parla di «con- tratti in cui si fronteggiano due soggetti di mercato caratterizzati da un’asimmetria di potere contrattuale, che per il fatto di derivare precisamente dalle rispettive «fisiologiche» posizioni di mercato, si presenta come asimmetria di tipo, per l’appunto, fisiologico e non patolo- gico».
(9) Ciononostante l’originaria disciplina del codice civile gia` contemplasse (disciplinan- do le condizioni generali di contratto) disposizioni volte ad evitare che entrassero a far parte del negozio clausole svantaggiose per l’aderente estraneo alla predisposizione, prescrivendo vincoli di conoscibilita` e strumenti quali la doppia sottoscrizione delle clausole potenzial- mente vessatorie o l’interpretatio contra proferentem. Si fa riferimento, in particolare, agli artt. 1341, 1342 e 1370 c.c. Cfr. CESARO, Clausole vessatorie e contratto del consumatore (art. 14ł9-bis), Padova, 1994, p. 28; XXXXXXX, Perche´ si vessa il cliente? Note ed appunti di un itinerario tra i modelli occidentali, in Quadr., 1991, p. 386. In una prospettiva piu` ampia, volta a interpretare le clausole vessatorie quali specchi della – piu` ampia – fattispecie dell’abuso del diritto, BRECCIA, Immagini del diritto privato, 2013, 1, p. 246.
(10) Tra gli atti piu` significativi si segnalano la Risoluzione C92/1 del Consiglio CEE del 14 Aprile 1975 sulla tutela dei diritti e degli interessi dei consumatori e, in particolare, la
consumatore – e i conseguenti caratteri delle iniziative legislative in sua tutela – e` stata ricollegata, in via esclusiva o quantomeno prevalente, alla presenza di asimmetrie informative tra professionista e consumatore (11). L’approccio alla protezione del consumatore, influenzato dai canoni della teoria microeconomica neoclassica (12), ha trovato il proprio fulcro nella previsione di regole imperative di informazione, imponenti al professioni- sta l’onere di rendere edotta la controparte di tutti i caratteri del contratto negoziato, ovvero nell’attribuzione al consumatore di diritti specifici al fine di consentirne la piena informazione (13).
I presupposti concettuali alla base della normativa in tutela dei con- sumatori sono stati tuttavia oggetto, nel corso degli anni, di un significativo processo di ripensamento (14): ampia evidenza sperimentale ha infatti mostrato come gli assunti della teoria neoclassica siano violati sistematica- mente, e che consumatori, nelle concrete dinamiche di mercato, operano in modo difforme dai postulati di razionalita` (15). Tali deviazioni derivano
dir. 93/13/CEE e la dir. 29/2005/CE in materia di pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno. Da ultimo, si segnala il reg. del 26 febbraio 2014, n. 254 adottato dal Parlamento europeo e dal Consiglio, attraverso il quale e` stato approvato il nuovo Programma pluriennale per la tutela dei consumatori vigente per il periodo 2014- 2020.
(11) XXXXXXXXX, L’autonomia privata nel mercato interno: le regole d’informazione come strumento, in ffur. dir. priv., 2001, p. 258.
(12) La letteratura sul tema e`, naturalmente, vastissima. Tra i piu` recenti contributi, e` possibile qui richiamare XXXX, Are Consumer Decision-Making Phenomena a Fourth Market Failure?, in Journal of Consumer Policy, 2015; LUTH, Behavioural economics in consumer policy. The economic analysis of standard terms in consumer contract revisited, ffrasmus School of Law, Intersentia, 2010; PIROUZ, The Neuroscience of Consumer Decision-Making, consul- tabile online al sito xxx.xxxx.xx.xxx.xxxxxxxx.xx; XXXXX, The ffconomics of Brains, in Technology Review, 2005; XXXXXXXXX, Tutela del «contraente debole» nella formazione del consenso, Torino, 2005, p. 276; DI NELLA, Mercato e autonomia contrattuale nell’ordinamen- to comunitario, Napoli, 2003, p. 340.
(13) E` questo ad esempio il caso del diritto di recesso, interpretato in via maggioritaria
quale possibilita` offerta al consumatore di finalizzare la propria decisione trascorso un lasso di tempo dalla transazione commerciale, al fine di consentirgli un migliore esame del bene acquisito.
(14) Cfr. ALPA, Nuove frontiere del diritto contrattuale, in Il diritto privato dell’Unione ffuropea, in Tratt. dir. priv., diretto da Xxxxxxx, Torino, 2000, XXVI, p. 704 ss.; ALPA, Introduzione al diritto dei consumatori, Roma-Bari, 2006, p. 23; XXXXXXX, Consumatore e diritto dei consumatori: linee di evoluzione e codice del consumo, in c. cons. Commento al d. lgs. x xxxxxxxxx 0000, x. 00x, a cura di Xxxxxxx e Belli, Maggioli, 2006, p. 6.
(15) Per una rassegna dei principali studi, cfr. INCADORNA e PONCIBO` , The average consumer, the unfair commercial practice directive, and the cognitive revolution, in X. Xxxxx- mer Policy, 2007; RICOTTA e XXXXXXXXX, Strategie di marketing del consumatore: proposizioni di ricerca sul fabbisogno di consumer protection, in Macro C Micro Marketing, 2003, 3, p. 401 ss.; ID., Riferimenti teorici multidisciplinari: economia, teoria del consumatore, marketing management, in c. cons. Comm., a cura di Xxxx e Xxxxx Xxxxxx, Napoli, 2005, p. 106 ss;
dal fatto che i consumatori risultano soggetti, nel corso dei loro processi decisionali, ad una pluralita` di fattori «esterni» al contenuto delle infor- mazioni a loro disposizione, i quali condizionano in modo determinante il loro comportamento incidendo sulle modalita` in cui le informazioni ven- gono percepite dai consumatori.
Appare evidente come, a fronte di tali constatazioni, il legislatore non possa rimanere indifferente: la definizione di modelli di comportamento rappresenta una delle principali funzioni del diritto e deve essere caratte- rizzata, oltre che dalla coerenza dogmatica, dalla verificabilita` empirica (16), posto che persino l’intervento normativo piu` sofisticato si dimostrera` ineffi- cace laddove i suoi destinatari si comportino secondo logiche diverse da quelle alla base dell’intervento stesso (17).
Sara`, di conseguenza, infruttuoso – o perlomeno insufficiente – strut- turare l’approccio normativo alla tutela del consumatore nell’ambito della contrattazione standardizzata esclusivamente attraverso una disciplina di tipo «quantitativo» delle informazioni che ad essi sono destinate, senza prendere in considerazione le problematiche che i consumatori affrontano sotto il profilo della percezione (e della «qualita`») delle informazioni stesse.
Il giurista e`, dunque, chiamato oggi ad un ulteriore passo in avanti: interrogarsi sulla natura e sui modi di azione di questi fattori esterni e ulteriori rispetto al dato informativo, al fine di comprendere come questi possano incidere sulla dinamica della contrattazione di consumo e ipotiz- zare (nuove?) forme di tutela per il consumatore.
3. – Nell’individuare la natura e i caratteri di quegli elementi che – affiancandosi al dato informativo – incidono sul comportamento del con- sumatore nella contrattazione standardizzata, e` necessario innanzitutto prendere coscienza della necessita` di un approccio integrato alla tutela del consumatore, il quale coinvolga discipline diverse dalla tradizionale analisi giuridica. Posto che le difficolta` dei consumatori si apprezzano (anche) sotto il profilo della percezione delle informazioni, al legislatore sara` di conseguenza necessario comprendere come gli individui processa- no i dati a loro disposizione, costruiscono le proprie rappresentazioni ai
XXXXXX, Is it rational to assume consumer rationality? Some psychological perspectives on rational choice theory, in Xxxxx Xxxxxxxx Law Rev., 2000, p. 81-161.
(16) BONA, Sentenze imperfette. Gli errori cognitivi nei giudizi civili, Bologna, 2010, p. 87.
(17) DI PORTO e RANGONE, Cognitive-based regulation: new challenges for regulators? in
Federalismi, 2013, 20, p. 2.
fini della scelta circa il contrarre o meno e, in sostanza, come essi prendo- no le proprie decisioni (18).
In questo senso si apre una significativa prospettiva di dialogo con gli studi in materia di scienze cognitive i quali, oltre ad avere evidenziato i limiti del tradizionale approccio razionalista alla tutela del consumatore, possono fornire il decisivo banco di prova al fine di capire come un’in- formazione debba essere strutturata per preservare la genuinita` del con- senso (19). In particolare, si dovra` indagare l’incidenza sulle decisioni del consumatore di forme di influenza di tipo cognitivo le quali, teoricamente irrilevanti dal punto di vista della teoria della scelta razionale in quanto non rilevanti in termini di utilita` marginale, si rivelino tuttavia significative in prospettiva di orientamento del comportamento del consumatore.
Sara`, poi, particolarmente importante comprendere se e attraverso quali modalita` esse possano essere oggetto di disciplina positiva.
4. – Al fine di affrontare adeguatamente la problematica in oggetto, e` tuttavia opportuno operare una ulteriore premessa: la necessita` di con- frontarsi con l’incidenza di elementi «esterni» alle informazioni, idonei a condizionare il comportamento dei consumatori, non esclude l’assoluta centralita` che l’informazione stessa riveste nella dialettica tra professionista e consumatore.
Cio` non solo perche´ – come si e` evidenziato in precedenza – l’intero assetto della tutela del consumatore (e il suo substrato concettuale) si caratterizzi per un’impostazione profondamente radicata sulla preminenza dell’elemento informativo, ma altresı` considerando come la declinazione degli obblighi di informazione sia idonea a determinare significative riper- cussioni sull’approccio dei consumatori ai contratti standard.
E` questo un profilo affrontato, ad esempio, nell’ambito degli studi sul
c.d. no reading problem e in via generale sull’impossibilita` per il consuma-
(18) Tra i primi studi condotti dagli organi comunitari sul tema, v. il report per la Commissione Europea Consumer Decision-Making in Retail Investment Services: A Beha- vioural ffconomics Perspective, 2010, consultabile al sito xx.xxxxxx.xx. Cfr. altresı` il report Testing of a Standardised Information Notice for Consumers on the Common ffuropean Sales Law, 2013, disponibile al medesimo sito xx.xxxxxx.xx.
(19) Da tempo la dottrina ha evidenziato la necessita` di tenere in considerazione gli sviluppi dell’analisi cognitiva al fine di analizzare i processi decisionali degli individui. In tema, ex multis, XXXXXXXXX, Cognitive reflection and decision making, in Journal of ffconomic Perspectives, 2005, 19; XXXXXXX, XXXXXXXXXXX e PRELEC, Neuroeconomics: How Neuroscience can inform economics, in X. xxxxx. Literature, 2003, 43; XXXXXXXXX, The Limits of Cognition and the Limits of Contract, in Stanford Law Rev., 1995, 47; XXXXXXXX, Processi cognitivi e regole giuridiche, in Sistemi intelligenti, 2007, 3, p. 381.
xxxx, di accedere ad una reale comprensione del contratto a causa della lunghezza dello stesso e della quantita` sovrabbondante di informazioni tecniche che la controparte – in parte in ottemperanza al dato positivo, in parte per autonoma iniziativa – gli offre (20).
Il fenomeno – certificato da ampia evidenza empirica (21) – appare, gia` di per se´, sufficiente ad evidenziare come nella contrattazione standar- dizzata la comunicazione contrattuale non operi con efficacia, vanificando l’intento perseguito attraverso l’introduzione degli oneri di informazione. A cio` si aggiunga che i contratti standard sono – per loro stessa natura
– non negoziabili (una trattativa individuale frustrerebbe l’efficienza del- l’istituto) e che la dinamica concorrenziale porta tendenzialmente ad un allineamento delle caratteristiche dei contratti standard presentati dai di- versi professionisti in un medesimo settore (22): a fronte dell’incidenza di tali fattori i consumatori, posti in una posizione di «prendere o lasciare» in una sostanziale assenza di alternative di mercato, non avranno incentivi ad operare una lettura meticolosa del contratto.
Il problema della formulazione dei contratti standard, e delle difficolta` che questa ingenera nel consumatore, non e` tuttavia limitato alla lunghezza del contratto, ma investe altresı` i caratteri e la complessita` lessicale dello stesso (23): i contratti rivolti ai consumatori sono formulati attraverso una sintassi complessa e con l’utilizzo di termini di difficile comprensione per il
(20) CALAMARI, Duty to Read-A Changing Concept, in Xxxxxxx Law Rev., 43, 1974, 341; XXXXXXX e XXXXXXX, Will Increased Disclosure Help? ffvaluating the Recommendations of the ALI’s «Principles of the Law of Software Contracts», in Univ. Chicago Law Rev., 2011, 165, p. 180; XXXXX, Does Anyone Read the Fine Print? Testing a Law and ffconomics Approach to standard Form Contracts, in New York School of Law, Working Paper 2009, 9, p. 40.
(21) In particolare XXXXXXX, Online consumer-standard form contracting practices: a survey and discussion of legal implications, in XXXX, Consumer protection in the age of the
«information economy», Ashgate, 2006, p. 289, evidenzia come soltanto il 4% dei contraenti leggano le condizioni generali di contratto.
(22) Cfr. CAFAGGI, Self-Regulation in ffuropean Contract Law, in Standard contract terms in ffurope: a basis for and a Challenge to ffuropean Contract Law, edited by Xxxxxxx, Ne- therlands, 2008, p. 111 ss. Puo` altresı` avvenire che i professionisti di un determinato settore stipulino tra di loro veri e propri accordi quadro, al fine di regolamentare secondo profili comuni l’offerta di un determinato bene o servizio. X. XXXXXXXXX, Standardization of Stan- dard-Form Contracts: Competition and Contract Implications, in Wm. C Xxxx Xxx Rev., 2011, 52, p. 327 ss. A titolo puramente esemplificativo, e` possibile far riferimento all’Ac- cordo quadro multilaterale recentemente stipulato dalle principali compagnie telefoniche italiane al fine di disciplinare i profili operativi nei rapporti con i Content Service Providers. Cfr. sul tema XXXX, L’evoluzione della regolamentazione dei servizi a sovrapprezzo sulle reti mobili, consultabile al sito xxx.xxxx.xx.
(23) BAR e XXXX, Seduction by Contract: Law, ffconomics, and Psychology in Consumer Markets, Oxford, 2012, p. 18-21 e bibliografia ivi citata.
consumatore, privo delle conoscenze tecniche e legali che sarebbero ne- cessarie a consentirgli una piena interpretazione del contenuto contrattuale che egli e` chiamato a vagliare in sede di accettazione (24).
Il complesso di queste valutazioni evidenzia dunque come l’incidenza della lunghezza della proposta contrattuale e della criticita` della stessa sui processi decisionali dei consumatori sia un tema profondamente significa- tivo al fine di valutare la consapevolezza da parte di questi ultimi del contenuto contrattuale cui essi accettino di obbligarsi.
Cionondimeno, non e` possibile in questa sede analizzare con sufficien- te completezza tutti i profili i quali assumano rilievo nell’ambito della comprensione dei contratti standard. Giovera` di conseguenza, concentrar- si in via esclusiva sul problema relativo agli elementi «esterni» idonei ad orientare le decisioni dei consumatori, al fine di poter offrire un’analisi il piu` possibile esaustiva su tale aspetto, e tenendo presente come a tale indagine possa e debba affiancarsi una riflessione sulle problematiche emergenti dal no-reading problem.
5. – Sul comportamento dei consumatori incidono elementi esterni di varia natura i quali, negletti dall’approccio tradizionale alla tutela del con- sumatore (25), sono cionondimeno in grado di orientarne in maniera deter- minante le scelte: il processo di contrattazione implica, infatti, considerazio- ni relative al futuro, e dunque si caratterizza per la condizione di incertezza nella quale il consumatore opera le proprie valutazioni (26). In tali situazioni la teoria economica razionalista postula che il contraente scegliera` in modo
(24) Studi empirici, come quello condotto dal Dipartimento dell’Istruzione Statuniten- se, hanno evidenziato ad esempio come i contratti standard si caratterizzino per un livello di complessita` tale da risultare pienamente comprensibili soltanto al 3-4% dei cittadini ame- ricani, sottolineando come «il grado di istruzione necessario per comprendere la formula- zione standard di un contratto e le sue clausole essenziali e` semplicemente al di fuori della maggior parte dei cittadini americani» cosı` XXXXXX, XXXXXXXX, XXXX, XXXXXXX e XXXXXXXXX, Adult Literacy and ffducation in America. Four Studies Based on the National Adult Literacy Survey. U.S. Department of ffducation Office of ffducational Research and Improvement, cit.
p. 242. Cfr. altresı` le valutazioni operate in WHITE e XXXXXXXXX, Literacy and Contract, in
Stanford Law C Policy Rev., 2002, 13, p. 234.
(25) Cfr. XXXXXX, When, and How, Should Cognitive Bias Matter to Law?, in Law and Inequality, 2014, 32, 31, p. 31-67; XXXXX, Applying Behavioral Insights in Consumer Pro- tection Policy, in CGAP Focus Note, 2014; CHAMALLAS, The Disappearing Consumer, Cogni- tive Bias and Tort Law, in Xxxxx Xxxxxxxx University Law Rev., 2014, 6, p. 9-34; XXXXXXXX, Principles of ffthical ffconomy, Xxxxxx, 0000, p. 145; XXXXXXX e XXXXXXXX, Animal Spirits. How Human Psychology Drives the ffconomy, and Why It Matters for Global Capitalism, Princeton, 2009, p. 21.
(26) XXXXXXXXX, The Limits of Cognition and the Limits of Contract, in Berkeley Law Rev., 1995, p. 213.
razionale quell’alternativa, o quelle alternative, che permettono la massimiz- zazione dell’utilita` attesa, sul presupposto per il quale il consumatore cono- scerebbe – o sarebbe quantomeno in grado di conoscere – tutte le opzioni a sua disposizione e le conseguenze delle stesse (27).
Contrariamente a tali assunti, gli studi di diritto cognitivo hanno evi- denziato come i consumatori non siano perfettamente in grado di preve- dere le conseguenze delle proprie azioni in virtu` dell’incidenza di stimoli attinenti alla loro percezione della realta`, i quali sono in grado di influen- zare la loro valutazione del rischio contrattuale (28). L’origine di tale fenomeno si riscontra nel fatto che i consumatori, nel complimento delle proprie scelte, si avvalgono inconsapevolmente di tecniche mentali ed euristiche volte a ridurre il quantitativo di informazioni che il cervello dovrebbe processare onde rendere piu` agevoli le decisioni (29): tali tecni- che di semplificazione, pur non permettendo di produrre una scelta otti- mizzante, consentono di pervenire a risultati per essi soddisfacenti (30). Tuttavia, l’utilizzo di tali processi cognitivi – essendo basato su ele- menti diversi rispetto al dato informativo – puo` condurre sistematicamente al compimento di errori, definiti bias, da parte degli individui, orientan- done i processi decisionali in modo differente da quanto un comporta-
mento pienamente razionale prevedrebbe.
L’incidenza sui processi decisionali dei consumatori, di elementi “al- tri” rispetto alle informazioni presenti nel contratto, e dei bias cognitivi che tali elementi originano, determina il compimento di scelte che dipar- tono dall’assioma di razionalita`, e che sono suscettibili di manipolazione da parte di coloro che si trovino in posizione di influenzare il contesto nel quale la decisione viene operata (31).
(27) XXXXXX e XXXXX, Rational Choiche in an Uncertain World. The Psychology of Judgment and Decision Making, Sage, 2010, p. 163.
(28) XXXXXXXX e XXXXX, ffuropean Consumer Protection. Theory and Practice, Cam- bridge, 2012, p. 136.
(29) Cfr. XXXXXX, A Behavioural Model of Rational Choice, in Q. J. ffcon., 1955, 69, p. 99 ss.; XXXXXX, Mental Accounting and Consumer Choice, in Marketing Science, 1985, 4, pp. 199-214. Una recente sistematizzazione di alcuni contributi di Xxxxxxxx e Xxxxxxx sul tema e` altresı` presente in XXXXXXXX, Thinking Fast and Slow, Farrarm Xxxxxx and Xxxxxx, 2011. (30) RUMIATI, Decidere, Bologna, 2000, p. 99. La distinzione tra alternativa ottimale e soddisfacente e` espressa in MARCH e XXXXX, Organizations, Oxford, 1958, cit. 140-141, in questi termini: «Un’alternativa e` ottimale se: (1) esiste una serie di criteri che permette il confronto tra tutte le alternative disponibili, e (2) l’alternativa in oggetto e` preferita, attra- verso un’analisi condotta secondo questi criteri, a tutte le altre alternative disponibili. Un’alternativa e` definita soddisfacente se (1) esiste usa serie di criteri che descrive la qualita` minima di un’alternativa e (2) l’alternativa in oggetto raggiunge o supera tali criteri». (31) XXXXXX e XXXXX, Taking Behavioralism Seriously: Some ffvidence of the Problem of
Market Manipulation, in Harvard Law Rev., 1999, 112, p. 1424.
Appare dunque essenziale conoscere la natura di questi processi, al fine di valutare l’idoneita` della regolamentazione vigente ad evitare inde- biti condizionamenti alle scelte dei consumatori da parte dei professionisti nonche´ – qualora la normativa vigente si presenti inadeguata – per ipo- tizzare un intervento innovativo; sara` necessario di conseguenza, condurre un’indagine conoscitiva sulle caratteristiche di alcuni bias percettivi che incidono sull’atto decisionale del consumatore con particolare riferimento, per quanto qui interessa, a quelli che si riscontrano nell’ambito della contrattazione di tipo standardizzato.
Nel fare cio` e` possibile operare innanzitutto una classificazione dei
bias in due categorie essenziali: la prima categoria e` quella dei cosiddetti
«bias di attitudine», che individua quei bias cognitivi che influenzano il consumatore indipendentemente dalle informazioni a sua disposizione in quanto derivanti da profili di carattere umorale ovvero sociologico conna- turati agli individui (32).
La seconda categoria, invece, e` quella dei bias di defective capability, ossia bias che influenzano sistematicamente il modo in cui un consumatore ricerca, processa e valuta le informazioni e le situazioni rilevanti ai fini di una determinata scelta (33).
All’interno della categoria dei bias di attitudine, assume prioritario rilievo il c.d. bias da over-ottimismo (34), in base al quale gli individui tendono a sottostimare la probabilita` di conseguenze negative a seguito dei propri comportamenti. Tale propensione si riscontra in riferimento ad ogni aspetto della vita (35): essi tendono in via sistematica ad essere irrea- listicamente ottimisti circa il proprio futuro, ossia a sottostimare la proba-
(32) Cfr. SEN, On ffthics and ffconomics, Xxxxxxxxx, 1987.
(33) XXXXXXXXX, The Limits of Cognition and the Limits of Contract, in Berkeley Law Rev., 1995, p. 218.
(34) Cfr. XXXXXXXXX, Unrealistic Optimism About Future Life ffvents, in J. Personality C Social Psychology, 1980, p. 806; XXXXXXXX e WILDE, Imperfect Information in Markets for Contract Terms: The ffxamples of Warranties and Security Interests, in Xxxxxxxx Xxx Rev., 1983, p. 1429-1430.
(35) Studi empirici hanno dimostrato, ad esempio, come circa il 90% dei guidatori sia convinto di avere una capacita` di guida superiore alla media, oppure come il 97% dei consumatori credano di avere una capacita` sopra la media di evitare danni derivanti dal- l’utilizzo di prodotti quotidiani, quali un taglia erba; solo il 3% dei consumatori, infine, ritiene che nella propria casa ci sia un rischio concreto di avvelenamento dei propri figli a seguito dell’utilizzo di detersivi all’interno dell’abitazione. Cfr., per i diversi studi sul tema, XXXXXXX, Are We All Less Risky and More Skillful Than Our Fellow Drivers Are, in Acta Psychologica, 1981, p. 143; XXXXXXX e MAGAT, Learning about risk: Consumer and Worker Responses to Hazard Information, 1987, p. 95.
bilita` che determinati eventi accadano a loro, pur essendo perfettamente coscienti della frequenza statistica inerente all’evento in oggetto.
E` questa una manifestazione del piu` generale bias – osservato da studi
sperimentali (36) – dell’«ottimismo terminologico» (term optimism), il quale determina la tendenza dei consumatori ad aspettarsi che le clausole contrattuali siano piu` favorevoli di quanto queste non siano in realta`. La presenza di comportamenti dei professionisti volti a sfruttare tali bias si apprezza, ad esempio, nei settori del credito al consumo, delle carte
di credito e dei piani tariffari per la telefonia mobile.
In tali ambiti, difatti, i costi del servizio sono strutturati in modo da sfruttare i bias dell’ottimismo e dell’illusione del controllo che intervengo- no sia prima della conclusione sia durante l’esecuzione del contratto: posto che i consumatori sottostimano la frequenza del ricorso al servizio a causa di errori di previsione e dell’eccessiva sicurezza nelle proprie capacita` di autoregolazione, essi vengono attratti attraverso la proposta di bassi costi di attivazione, vincolandosi in realta` ad accordi inefficienti e particolar- mente gravosi in termini economici (37).
Non solo. D’immediata evidenza e` l’importanza che tale bias assume, ad esempio, in materia di contratti assicurativi, laddove si evidenzino le conseguenze dell’incapacita` di un assicurato di valutare adeguatamente il proprio rischio di incorrere in uno specifico evento, pur essendo egli avveduto della probabilita` statistica relativa allo stesso e, piu` in generale, l’incapacita` del consumatore di comprendere i termini reali del proprio impegno negoziale (38).
Le ricadute di tale tendenza in sede di predisposizione di clausole contrattuali sono dunque rilevanti: essendo i consumatori propensi a sot- tostimare la propria «dose» di rischio, essi potranno subire pregiudizio da clausole che presentino, ad esempio, condizioni sospensive – anche forte- mente penalizzanti nei loro confronti – caratterizzate dal collegarsi ad eventi i quali presentino un significativo grado di incertezza. L’over-otti- mismo implica per i professionisti la possibilita` di sfruttare la mancanza di attenzione dei consumatori per i rischi a bassa probabilita`: di conseguenza,
(36) La formulazione e l’analisi sperimentale sull’incidenza di questo bias e` dovuta essenzialmente a XXXX, The Case for Behaviorally Informed Regulation, in New Perspectives on Regulation, edited by Xxxx e Xxxxxxxxxx, Xxxxx, 2009, p. 25 ss.
(37) BAR e XXXX, Seduction by Contract. Law, ffconomics, and Psychology in Consumer Markets, in OUP, 2012, p. 158 ss.
(38) XXXX e XXXXX, Some Implications of Cognitive Psychology for Risk Regulation, in The Journal of Legal Studies, 1990, p. 757-758; XXXXXXX e XXXXXXXXXXX, Cognitive Illusions and Their Implications for the Law, in San Carolina Law Rev., 1986, 225, p. 239.
al fine di evitare indebiti pregiudizi in capo ai consumatori, xxxx` opportu- no impedire al predisponente di un formulario contrattuale di introdurre clausole legate ad eventi eccessivamente lontani nel tempo ovvero ad eventualita` che – pur apparentemente remote – abbiano tuttavia una frequenza statistica tale da pregiudicare in maniera significativa gli interessi economici del consumatore (39).
All’interno della categoria dei bias di competenza difettiva, invece, e` possibile prendere ad esame a titolo esemplificativo il bias da framing dell’informazione e i bias di disponibilita` e distanza dell’informazione. Per quanto riguarda il bias da framing dell’informazione, questo attie-
ne alle modalita` attraverso le quali una medesima informazione viene presentata ad un consumatore.
In teoria un consumatore dovrebbe rimanere indifferente, nel compi- mento delle proprie scelte, ai vari modi in cui una medesima informazione gli sia presentata, posto che le sue preferenze dovrebbero essere orientate dalla valutazione circa le conseguenze reali delle scelte, le quali rimarranno invariate se l’informazione e` la medesima.
Viceversa, e` stato dimostrato (40) che la presentazione di una stessa alternativa sotto diversi punti di vista (ad esempio sotto forma di una perdita ovvero di un guadagno) influenza la percezione del dato da parte del consumatore – e, conseguentemente, le sue scelte – verso risultati differenti (41).
Il bias di framing si presta ad una molteplicita` di applicazioni nella dialettica professionista-consumatore, avendo riguardo sia all’aspetto delle modalita` di pagamento (ad esempio, mediante la presentazione di diffe-
(39) BECHER, Behavioral Science and Consumer Standard Form Contracts, in Louisiana Law Rev., 2007, 68, cit. p. 143, osserva che «i consumatori potrebbero sottovalutare i rischi relativi a clausole previste in contratti standard dal momento che in una pluralita` di transa- zioni giornaliere e indipendenti, le probabilita` che l’attivarsi di una di tali clausole nei loro confronti appaia ai loro occhi remota». Cfr. altres`ı ROZENKRANTS, The Tricks of Time: The Impact of Time on Consumers’ Decisions, and Consumers’ Decisions Impact on the Perception of Time, in Advances in Consumer Research, 2014, p. 42.
(40) XXXXXXXX e XXXXXXXXXXXX, Response Mode, Framing and Information-Processing ffffects in Risk Assestment, in Question Framing and Response Consistency, Xxxxxxx, 1982, p. 22-28.
(41) E` questo il caso, ad esempio, della presentazione al consumatore di una medesima
alternativa, la quale sia tuttavia inserita nel contesto di un’assicurazione ovvero di un gioco azzardo: in occasione di un esperimento sul tema, di fronte ad un’ipotetica scelta tra la perdita sicura di 50$ ovvero un rischio del 25% di perdere 200$, la maggior parte degli individui ha scelto la prima opzione quando l’alternativa era presentata nel contesto del- l’ipotetica stipulazione di un contratto di assicurazione, mentre ha optato per la seconda quando il contesto presentato era quello di una partita a poker. X. XXXXXXXX, Cognitive Liabilities and Product Liability, in J. Product Liability, 1977, 207, p. 2013.
renze di prezzo come sconti a chi paga in contanti piuttosto che rincari per chi utilizza carte di credito) (42) sia alla descrizione dei tratti salienti di un prodotto (43). Tra le tecniche sviluppate al fine di fornire una rappresen- tazione di un prodotto che ingeneri una percezione di convenienza e` possibile menzionare, ad esempio, il classico metodo dei «prezzi a termi- nazione 9»; non mancano tuttavia tecniche maggiormente sofisticate, quali la comunicazione dell’entita` di uno sconto in termini percentuali piuttosto che in valore assoluto (44).
Il bias di disponibilita` dell’informazione sorge dal fatto che gli indivi- dui, al momento di prendere una decisione, valutano le informazioni a loro disposizione – e le possibili conseguenze delle proprie scelte – in confor- mita` a situazioni a loro avviso comparabili o a esperienze pregresse, cer- cando di interpretare i dati a loro disposizione in modo da renderli coe- renti con tali elementi (45); cio`, a volte, a discapito di fattori di maggiore rilevanza statistica, quali le probabilita` dell’evento.
In presenza di evidenze immediate che tendano a confermare una determinata ipotesi, infatti, gli individui tenderanno a sottostimare la pos- sibilita` di un evento imprevisto – o, comunque, differente dall’ipotesi di partenza, indipendentemente dal dato statistico circa il potenziale verifi- carsi dello stesso (46). La loro decisione sara` dunque influenzata in ma- niera determinate dalla prossimita` temporale o spaziale dell’evento che si assume quale paragone per operare la propria scelta (47). Anche in questo
(42) XXXXXX, Towards a Positive Theory of Consumer Choice, in Journal of ffconomic Behavior and Organization, 1980, 1, p. 45.
(43) Di tale profilo si ha contezza, in particolare, nel settore dei servizi di investimento e del collocamento di servizi finanziari, ad esempio orientando le preferenze a favore dell’ac- quisto di obbligazioni ovvero di azioni mostrando il rendimento delle stesse rispettivamente nel breve e nel lungo periodo. Cfr. sul tema JOLLS, XXXXXXXX e XXXXXX, A Behavioural Approach to Law and ffconomics, in Stanford Law Rev., 1998, v. 50, p. 1534.
(44) XXXXXXXX, Psicologia della decisione e tutela del consumatore. Il problema delle «pra- tiche ingannevoli», in Sistemi intelligenti, 2010, 2, p. 227; XXXXXX e HADJICHRISTIIS, Il sesto senso. ffmozione e ragione nella decisione, in Il Sole24Ore, 2009, p. 45-46. E` stato dimo-
strato, ad esempio, che un consumatore acquistera` piu` facilmente un prodotto che, costando 20 euro, presenti uno sconto del 25%, piuttosto che un prodotto al medesimo prezzo, ma con uno sconto di 5 euro.
(45) Cfr. LORD, Biased Assimilation and Attitude Polarization: The ffffect of Prior Theo- ries on Subsequently Considered ffvidence, in Journal of Personality C Social Psychology, 1979, 27, p. 2099-2100; XXXXXX e GROSS, A Hypothesis-Confirming Bias in Labeling ffffects, in J. Personality C Social Psychology, 1983, 44, p. 22-25; XXXXXXX e XXXXXXX, The Weighing of ffvidence and the Determinats of Confidence, in Cognitive Psychology, 1992, 24, p. 411. (46) ARROW, Risk Perception in Psychology and ffconomics, in ffconomic Inquiry, 1982,
20, p. 5.
(47) XXXXXXXX e XXXXXX, Norm Theory: Comparing Reality to Its Alternatives, in
Psychology Rev., 1986, 136, p. 141–142. Ad esempio, e` stato dimostrato come gli individui
caso, si profilano margini di interesse per il professionista che di tale bias voglia avvalersi al fine di orientare il consumatore alla conclusione di un contratto (48): e` questa la logica, ad esempio, dietro lo sviluppo delle strategie commerciali basate sull’utilizzo di cookies al fine di tracciare una «mappa» delle attivita` online del consumatore e fornire dati su quali prodotti e servizi risultino per costui maggiormente «appetibili» in un determinato momento.
Il bias di distanza dell’informazione riguarda, infine, le difficolta` co- gnitive che gli individui incontrano nell’operare paragoni razionali tra la propria condizione attuale e quella futura: in particolare, essi tendono sistematicamente a dare minore rilievo ai propri costi e benefici futuri,
se paragonati a costi e benefici immediatamente disponibili (49). E` questa
una constatazione da tempo acquisita dall’analisi economica e che assume significativa rilevanza in relazione all’offerta di servizi ai consumatori (50): ad esempio, uno dei fondamenti logici della previsione di piani pensioni- stici obbligatori e` la tendenza degli individui a sottovalutare la rilevanza della propria condizione futura e, conseguentemente, la loro incapacita` di risparmiare patrimonio per il futuro.
6. – L’incidenza complessiva dei bias sui processi decisionali degli individui, sebbene da tempo acquisita al panorama teorico degli studi psicologici e cognitivi, rappresenta un aspetto scarsamente esaminato in sede di analisi giuridica, con significative conseguenze in tema di poten- ziale pregiudizio ai consumatori.
I contratti standardizzati si rivelano, in questo senso, uno dei campi di ricerca di maggiore interesse per il tema in oggetto, fosse anche per il solo fatto che la maggior parte delle clausole in essi contenute fanno riferimen- to ad eventi futuri e incerti: i bias cognitivi relativi alla razionalita` limitata, alla sistematica sottostima dei rischi, e quelli relativi alla previsione del tasso di rischio associato a situazioni future si applicheranno infatti alla maggior parte dei consumatori posti di fronte all’alternativa della conclu- sione o meno di un contratto (51).
tendano a ritenere piu` probabile un incidente stradale se chiamati a valutare tale probabilita` poco dopo aver visto una macchina ribaltata a lato della strada.
(48) XXXXX e XXXXXX, Social Cognition: From Brains to Culture, in Sage, 1984, p. 270-271.
(49) X. XXXXXXXXX, The Optimal Level of Social Security Benefits, in Q. J. ffcon., 1985, 303, p. 307.
(50) Cfr. XXXXX, The ffconomics of Welfare, in Macmillian, 1960.
(51) Cfr. XXXXXXXX, The fffficient Consumer Form Contract: Law and ffconomics Meets the Real World, in Georgia Law Rev., 1990, 24, p. 583.
Ad esempio, le clausole contrattuali relative alla rateizzazione per l’ac- quisto di un prodotto, ovvero a dilazioni di pagamento – o, piu` in gene- rale, a regimi di responsabilita` dei consumatori per il futuro – si prestano ontologicamente allo sfruttamento, da parte dei professionisti, dei bias di distanza dell’informazione e di over-ottimismo al fine di ripartire il rischio di un’operazione economica a detrimento del consumatore: la percezione di un’evenienza (magari legata a clausole di tipo risolutivo o di immediato pagamento) come remota e di difficile verificazione potra` infatti «giocare a favore» del professionista, svantaggiando colui che non sia in grado di valutare adeguatamente le probabilita` circa il verificarsi di eventi dedotti in contratto (52).
In sostanza, i bias sono suscettibili di incidere sul consumatore in maniera coordinata ed interattiva, determinando nel loro complesso signi- ficative deviazioni al comportamento del consumatore-modello portandolo a compiere scelte diverse da quanto la teoria economica razionalista pre- vedrebbe, ed assumono di conseguenza una propria «dignita`» a fronte di istanze di tutela sostanziale del consumatore.
7. – La possibilita` di orientare le scelte dei consumatori attraverso strategie volte a sfruttare le «debolezze cognitive» di questi ultimi assume rilevanza differente a seconda del mercato di riferimento e delle caratteri- stiche dei beni che in quest’ultimo sono oggetto di scambio.
Particolare interesse suscitano in questo senso quei mercati i quali hanno ad oggetto i c.d. credence goods, ossia beni difficili da valutare per l’acquirente – con riferimento alla loro qualita` – anche dopo l’acquisto e il consumo (53). Nei confronti di tali beni, difatti, la dottrina ha osser- vato come il tradizionale approccio focalizzato sulla fornitura di informa- zioni al consumatore si dimostri «inefficiente ed inefficace» (54), tradu- cendosi esclusivamente in un incremento dei costi transattivi senza alcun esito in termini di miglioramento della qualita` del servizio (55). Cio` in virtu`
(52) AA.VV., The Oxford Handbook of Behavioral ffconomics and the Law, in Xxxxxxxx, 2014, p. 751.
(53) La categorizzazione dei beni sulla base dello sforzo informativo richiesto per percepirne la qualita` – e la conseguente distinzione tra search goods, experience goods e credence goods e` di XXXXXX, Information and consumer behavior, in Journal of Political ffconomy, 1970, 78, p. 311; cfr. altres`ı WEIN, Consumer information problems. Causes and consequences, in Party autonomy and the role of information in the internal market, edited by Xxxxxxxxxx, Xxxxxxxxx, e Xxxxxx, De Gruyter, 2001, p. 80 ss.
(54) XXXXXX, Il contratto «adeguato». La protezione del cliente nei servizi di credito, di investimento e di assicurazione, Milano, 2012 p. 50.
(55) Cfr. altres`ı BANCA D’ITALIA, Revisione della disciplina secondaria sulla trasparenza:
del fatto che con riferimento alle tipologie di transazioni aventi ad oggetto credence goods, «anche in un contesto di informazioni pienamente rivelate, i limiti cognitivi dei consumatori impediscono una decisione consapevole in ordine al tipo di operazioni piu` adatte alle loro esigenze» (56).
Gli esempi piu` noti di credence goods sono, in particolare, i servizi assicurativi, bancari e finanziari.
Per quanto riguarda i servizi finanziari l’inadeguatezza dell’approccio tradizionale si apprezza tenendo in considerazione come gia` da tempo la legislazione speciale abbia valorizzato – al pari del profilo informativo – la cooperazione e la fiducia tra cliente ed intermediario, introducendo sistemi volti a valutare la diligenza nella prestazione di quest’ultimo tenendo in primaria considerazione gli scopi sottesi alla contrattazione e le esigenze che, attraverso il contratto, il cliente mira a realizzare (57): e` in quest’ottica che deve leggersi, ad esempio, la disposizione di cui all’art. 21 del TUF, ai sensi del quale i soggetti abilitati devono operare al fine di «servire al meglio l’interesse dei clienti e per l’integrita` del mercato». La disposizione in parola evidenzia come in questo settore «il problema principale non e` quello di potere scegliere liberamente e consapevolmente un prodotto finanziario anziche´ un altro, bensı` quello di potersi affidare quasi per intero ad un intermediario di fiducia» (58) secondo parametri ispirati al principio di Best ffxecution (59) (artt. 39 e successivi del Reg. intermediari) (60).
La normativa di settore ha, dunque, percepito l’esigenza di disciplinare la relazione tra intermediario e cliente secondo una logica improntata ad assicurare l’effettivita` dell’informazione fornita al consumatore piuttosto che la completezza della stessa, evidenziando come nella redazione dei docu-
relazione sull’analisi d’impatto. Luglio 2009, in xxx.xxxxxxxxxxxx.xx, p. 5; DENOZZA, Aggre- gazioni arbitrarie v. «tipi» protetti: la nozione di benessere del consumatore decostruita, in Giur. xxxxxx.xxx., 2009, I, p. 1057.
(56) XXXXXX, Il contratto «adeguato». La protezione del cliente nei servizi di credito, di investimento e di assicurazione, Milano, 2012 p. 60.
(57) X. XXXXXX, La protezione del cliente finanziariamente analfabeta tra irrazionalita`del mercato e paternalismo liberale, in La tutela dei soggetti deboli tra diritto internazionale, dell’Unione ffuropea e diritto interno, a cura di Xxxxxxxx, Benedetti e Carpaneto, Roma, 2012.
(58) XXXXXXXXX, La tutela della liberta` di scelta del consumatore e i prodotti finanziari, in
Mercati finanziari e protezione del consumatore, a cura di Xxxxxx, Milano, 2010, p. 44.
(59) Non e` qui possibile dare una completa panoramica dei caratteri del principio di Best ffxecution e delle sue implicazioni in termini di valutazione di adeguatezza delle infor- mazioni fornite dagli intermediari finanziari. Per una disamina approfondita di questo aspetto, cfr. MAGGIOLO, Servizi ed attivita` d’investimento. Prestatori e prestazione, Milano, 2012, 3, p. 85 ss.
(60) Reg. Consob n. 16190 recante norme di attuazione del d. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 in materia di intermediari.
menti forniti ai propri clienti gli intermediari debbano dedicare particolare attenzione a specifici elementi quali «criteri di impaginazione che assicurano elevati livelli di leggibilita`: struttura dei documenti idonea a prestare le informazioni in un ordine logico (...) che faciliti la comprensione e il con- fronto delle caratteristiche dei prodotti; semplicita` sintattica e chiarezza lessicale, (...) coerenza tra presentazione delle informazioni e canale comu- nicativo, che tenga conto di criticita` e vantaggi dei diversi canali» (61). Nella regolamentazione dei mercati finanziari emerge dunque, al fian-
co della tradizionale nozione di consumatore medio, la figura del «cliente alfabetizzato», e il livello di alfabetizzazione finanziaria del cliente diviene il parametro concreto sulla base del quale orientare la valutazione della condotta dell’intermediario; cio` in considerazione del fatto che la com- plessita` dei beni negoziati non consenta ai consumatori, neppure in condi- zioni di perfetta informazione, di assumere decisioni razionali.
La necessita` di operare una valutazione specifica relativa al singolo cliente risulta chiara altres`ı dall’esame degli interventi del legislatore co- munitario in materia di adeguatezza nella prestazione dei servizi di consu- lenza in materia di investimenti e gestione del portafoglio: a tal fine, gia` la Dir. MiFID (62) e il Reg. intermediari richiedono un’attivita` di profilazio- ne individuale del cliente, la quale implica un’indagine relativa all’espe- rienza dello stesso e della sua comprensione dei rischi inerenti alla singola operazione o alla gestione generale del suo portafoglio. L’approfondimen- to dell’indagine da parte dell’intermediario segue un criterio di responsa- bilita` rispetto al servizio offerto (63). Tale previsione e` stata, poi, ulterior- mente rafforzata attraverso alcune considerazioni confluite nel complesso regolatorio della MiFID II (64): riconoscendo che «la crisi finanziaria ha messo in evidenza i limiti della capacita` dei clienti non al dettaglio di valutare il rischio dei loro investimenti» (65), il nuovo quadro normativo
(61) BANCA D’ITALIA, Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari – Correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti, in xxx.xxxxxxxxxxxx.xx, 2011, art. 1.4. Cfr., per un commento alla disposizione, LUPOI, Trasparenza e correttezza delle operazioni bancarie e di investimento (note alle Nuove Istruzioni di Banca d’Italia sulla Trasparenza), in questa rivista, 2010, p. 1245 ss.; XXXXXXXXXX e LONGOBUCCO, La nuova disciplina sulla trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari, in questa rivista, 2011, p. 1142 ss.
(62) Dir. 2004/39/CE.
(63) ESMA, Guidelines on certain aspects of the Mifid suitability requirements, 2012.
(64) Dir. 2014/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, relativa ai mercati degli strumenti finanziari e che modifica la dir. 2002/92/CE e la dir. 2011/61/UE. La direttiva, come previsto a seguito dell’emanazione della dir. 2016/1034/UE del 23 giugno 2016, dovra` essere recepita dagli Stati Membri entro il 3 gennaio 2018.
(65) Dir. XxXXX XX, Considerando n. 104.
introduce una serie di strumenti – in primis il servizio di «consulenza indipendente» (66) – volti a favorire una valutazione, da parte degli inter- mediari, delle informazioni personali e delle circostanze individuali del cliente; cio` al fine di aiutare quest’ultimo a prendere coscienza dei propri bisogni economici e a pianificare le proprie decisioni finanziarie (67). Si evidenzia chiaramente la necessita` di tutelare, anche all’interno dei contratti standard, la formazione di una «volonta` responsabile» (68), con- siderando le regole di informazione esclusivamente sulla base della loro efficacia funzionale: e` questo il motivo per il quale la dottrina ha osservato come – a differenza dei mercati consumeristici tradizionali, ove e` oppor- tuno incoraggiare l’uso di standards – nei mercati finanziari sia opportuno valorizzare l’imposizione di rules utili a proteggere gli interessi dei clienti attraverso «un’opzione di tipo cooperativo» (69) tra intermediari e consu- matori, volte ad evitare l’indebito sfruttamento dei bias cognitivi di questi
ultimi (70).
Volgendo lo sguardo all’esperienza concreta, anche nel settore dei mercati finanziari le deviazioni dal paradigma di razionalita` si osservano sia in fase di scelta sia in fase di raccolta ed elaborazione delle informa- zioni.
Con riferimento alla fase di raccolta, diversi esperimenti hanno dimo- strato come l’incidenza dei bias di disponibilita` determini una percezione dei titoli soggetti a maggiore copertura mediatica come piu` sicuri, e dun- que maggiormente adatti all’investimento, fino al punto da ritenerli persi- no caratterizzati da una relazione rischio/rendimento negativa (71).
Ulteriori evidenze empiriche hanno poi evidenziato come, anche a fronte di una generalmente scarsa comprensione delle caratteristiche dei prodotti finanziari sui quali si opera l’investimento, i consumatori tendano
(66) Considerando n. 72 della dir. XxXXX XX, e art. 24 della medesima.
(67) Cfr. MORLINO, La Product Governance nel Nuovo Regime MiFID 2, in Approfon- dimenti di Diritto Bancario, 2015.
(68) In questi termini PAGLIANTINI, Neoformalismo contrattuale, in ffnc. dir., Xxxxxx XXX, Milano, 2011, cit. p. 781; ID., Il nuovo regime della trasparenza nella direttiva sui servizi di pagamento, in Contr., 2009, p. 1166.
(69) X. XXXXXX, Il contratto «adeguato». La protezione del cliente nei servizi di credito, di investimento e di assicurazione, Milano, 2012, p. 69. Cfr. altresı` MIRONE, L’evoluzione della disciplina sulla trasparenza bancaria in tempo di crisi: istruzioni di vigilanza, credito al consu- mo, commissioni di massimo scoperto, in Banca, borsa, tit. cred., 2010, I, p. 561.
(70) MOERA, Irrazionalita` del contraente investitore e regole di tutela, in xxxx://xxxxxxx- xxxxx.xxxxxxx0.xx.
(71) XXXX, XXXXXX e XXXXXXXX, The Less You ffnow, the More You Are Afraid of: a Survey on Risk Perceptions of Investment Products, in J. Behavioral Finance, 2011, 12, p. 9-19.
a vagliare un numero ridotto di alternative prima di effettuare le proprie scelte, basandosi soprattutto sulla familiarita` che essi hanno con il prodot- to e con l’intermediario distributore (72).
Per quanto riguarda, invece, la fase di scelta vera e propria, appare chiaro come la modalita` di presentazione delle informazioni possa dare luogo a bias cognitivi correlati al framing; si e` osservato (73) in tal senso che in presenza di una possibile decisione di investimento in termini di possibile guadagno i clienti siano piu` avversi al rischio e conseguentemente propensi ad intraprendere investimenti a bassa volatilita`; tale tendenza si inverte qualora l’enfasi venga posta sulle perdite potenziali: in simili casi, infatti, gli individui accettano tendenzialmente investimenti a maggiore volatilita` (74).
Sempre facendo riferimento alle modalita` di presentazione di una medesima informazione, un significativo esempio e` rappresentato da un esperimento condotto in materia di offerta di piani pensionistici (75); in tale sede e` stato osservato come la presentazione dei medesimi montanti– corrispondenti a diversi tassi di contribuzione – attraverso due modalita` distinte (in forma di ammontare in denaro, ovvero di immobili acquistabili al momento del pensionamento) influisse direttamente sulla scelta degli individui: in particolare, la presentazione dei montanti sotto forma di appartamenti sollecitava il sistema affettivo-pratico dei clienti, aumentando il tassi di risparmio degli stessi.
I diversi esperimenti che hanno evidenziato la particolare condizione di debolezza cognitiva dei consumatori nel settore dei mercati finanziari hanno trovato altresı` recente riscontro presso il legislatore europeo, il quale e` intervenuto in sede di regolamentazione della gestione dei fonti di investimento (76) attraverso la predisposizione del ffey Investor Infor- mation Document (ffIID), ossia un documento che contiene le informazio-
(72) COMMISSIONE EUROPEA, Consumer Focus, ricerca sui bisogni dei consumatori, no- vembre 2010.
(73) LINCIANO, ffrrori cognitivi e instabilita` delle preferenze nelle scelte di investimento. Le indicazioni di policy della finanza comportamentale, in Quaderni di finanza della Consob, 2010, p. 66.
(74) Cfr. SOCCORSO, La centralita` dell’informazione nella relazione intermediario-cliente. I riflessi dei deficit cognitivi e dei bias comportamentali degli individui sul corretto adempi- mento degli obblighi previsti dal quadro normativo e regolamentare di riferimento, consulta- bile al sito xxxx://xxxxxxxxxxxx.xxxxxxx0.xx.
(75) XXXXXXXXX e THALER, Heuristics and Biases in Retirement Savings Behavior, in
Journal of ffconomic Perspectives, 2007, 21, 3, p. 81-104.
(76) L’intervento – da ricondursi al complesso di atti emanati all’intero del c.d. corpus UTICS IV – e` contenuto nella dir. 2009/65/CE – concernente le regole in materia di organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM).
ni chiave per comprendere le caratteristiche e il funzionamento del fondo: tale documento e` stato strutturato al fine di consentire una maggiore comprensione e uniformita` di contenuti nei documenti d’offerta, facendo propri gli esiti delle consultazioni condotte dalle authorities europee in materia di incidenza dei bias cognitivi sui mercati finanziari (77).
Un secondo mercato di negoziazione di credence goods nel quale sussi- ste un elevato rischio di sfruttamento di bias cognitivi dei consumatori e` quello dei servizi assicurativi.
In questo settore i limiti cognitivi e comportamentali dei consumatori si apprezzano tenendo conto che i bias possono – agendo sulla percezione e la valutazione dei fattori di rischio – incidere sia sull’an del contratto assicurativo (ossia sulla scelta di assicurarsi o meno) sia sulla valutazione della copertura assicurativa piu` adeguata tra le varie offerte che possono essere prospettate al consumatore: cio` perche´, essendo i dati relativi alla risk assessment presentati in maniera probabilistica, essi si prestano ad ingenerare comportamenti irrazionali dovuti a bias quali quelli di disponi- bilita` o di over-ottimismo.
Anche nel settore assicurativo e` dunque emersa in tempi recenti la necessita` di strutturare interventi legislativi atti a contrastare l’incidenza di tali fattori. Uno dei temi piu` dibattuti e`, in questo senso, quello riguar- dante l’opportunita` di imporre obblighi assicurativi per i c.d. rischi LP-HC (Low-Probability, High Consequence) (78), ossia quegli eventi suscettibili di determinare danni catastrofici, ma che presentano una bassa incidenza probabilistica: coloro che vivono in aree esposte a tali fenomeni (terremoti, uragani, ecc.) tendono a non assicurarsi contro questi eventi perche´ il rischio del loro verificarsi e` percepito come remoto; anche un unico epi- sodio e` tuttavia suscettibile di procurare ingenti – e spesso irreparabili – danni, che in assenza di un sistema di assicurazione dovranno essere sop- portati dalla collettivita` (79). Al fine di contrastare tale fenomeno la solu- zione che ha raccolto maggiore consenso in dottrina e` l’introduzione di forme di assicurazione obbligatoria al fine di contrastare la reticenza indi- viduale (80).
(77) Cfr. ESMA, EBA, EIOPA, Discussion Paper – ffey Information Documents for Packa- ged Retail and Insurance-based Investment Products (PRIIPs), 2014, p. 74 ss., consultabile al link: xxxxx://xxxxx.xxxxxx.xx.
(78) XXXXXXXX, Thinking Fast and Slow, Xxxxxx and Xxxxxx, 2011.
(79) DI PORTO, Limiti cognitivi e comportamenti e assicurazioni. RC Auto, rischi cata- strofici e polizze abbinate a mutui: quale ruolo per la regolazione?, in Scritti in ricordo di Xxxxxx Xxxxx, a cura di AA.VV., Pisa, 2014.
(80) Cfr. ex multis KUNREUTHER, The Role of Insurance in Reducing Losses from ffxtreme ffvents: The Need for Public–Private Partnerships, in The Geneva Papers on Risk and Insu-
Volgendo lo sguardo al panorama nazionale, un diverso esempio di intervento volto a contrastare le debolezze cognitive in ambito assicurativo e` quello della rimozione della clausola di rinnovo tacito per i contratti di RC Auto attraverso l’art. 22 comma 3 del d.l. 179/2012 (81); cio` al fine di imporre un comportamento attivo ai consumatori utile a contrastare gli effetti derivanti dai bias di distanza dell’informazione (82).
Altro caso significativo e`, poi, quello relativo alla prassi – diffusa nel settore bancario – di abbinamento delle polizze sulla vita ai mutui a fini di garanzia del credito (83): nell’ottica di evitare l’indebito condizionamento dei consumatori sulla base del rapporto di fiducia tra cliente ed interme- diario, il c.d. decreto liberalizzazioni (84) ha disposto che «qualora condi- zioni l’erogazione del mutuo immobiliare o del credito al consumo alla stipula di un contratto di assicurazione sulla vita» gli istituti di credito devono presentare «al cliente almeno due preventivi di due differenti gruppi assicurativi», secondo i requisiti minimi indicati dal reg. Ivass n. 40 del 2012.
Dalla panoramica qui brevemente considerata emerge come, nei set- tori a maggior rischio di sfruttamento delle debolezze cognitive dei con- sumatori, le regole di informazione debbano assumere quale proprio obiet- tivo non l’esclusivo perseguimento della «scelta informata» (85), ma altresı`
«la creazione delle condizioni necessarie per una scelta adeguata alle esi- genze del soggetto debole» (86), considerandosi tale una decisione operata al fine di rendere coerenti le esigenze del cliente e le caratteristiche del bene oggetto di scambio; la valutazione della correttezza professionale,
rance – Issues and Practice, 2015, 80, p. 743; XXXXXX, XXXXXXX e MACGREGOR, Violence risk assessment and risk communication: The effects of using actual cases, providing instruction, and employing probability versus frequency formats, in Law and Human Behavior, 2000, 24,
p. 271; CUMMINS e XXXXX, Catastrophic events, parameter uncertainty and the breakdown of implicit long-term contracting in the insurance market: The case of terrorism insurance, in Journal of Risk and Uncertainty, 2003, 26, p. 153-178.
(81) L’articolo chiarisce come «nelle ipotesi di contratti (…) con clausola di tacito rinnovo e` fatto obbligo alle imprese di assicurazione di comunicare per iscritto ai contraenti la perdita di efficacia delle clausole».
(82) In tema v. DI PORTO, Scienze cognitive e assicurazioni. Spunti in tema di regolazione, 2014, Roma, p. 248-249.
(83) X. XXXXX, Polizze assicurative connesse ai mutui e garanzia del credito, in Obbl. contr., 2012, 11, p. 767 ss.
(84) L. 24 marzo 2012, n. 27.
(85) XXXXX, L’invalidita` satisfattiva dell’atto di autonomia privata e dell’atto amministra- tivo, in ffur. dir. priv., 2013, 4, p. 111.
(86) XXXXXX, Il contratto «adeguato». La protezione del cliente nei servizi di credito, di investimento e di assicurazione, Milano, 2012, p. 21; cfr. altres`ı Manuale del diritto privato, a cura di Xxxxxxxxx, Torino, 2016, p. 728.
superando il mero dovere di informazione, impone al professionista di predisporre il contratto maggiormente confacente alle esigenze della con- troparte.
8. – Una volta individuati i principali profili percettivi che nella con- trattazione tra professionista e consumatore possono operare in detrimen- to di quest’ultimo, e` opportuno chiedersi quali siano i rimedi esperibili per tutelare i consumatori da scorretti (87) impieghi di clausole che sfruttino i bias cognitivi a vantaggio dei professionisti.
Bisogna tuttavia constatare come l’introduzione di rimedi specifici avverso lo sfruttamento illecito di bias percettivi dei consumatori appaia ancora lontana dal verificarsi, quantomeno a livello europeo: se, infatti, il dibattito in paesi extraeuropei – in particolare quello statunitense (88) – ha gia` registrato una consistente attenzione al fenomeno (89), solo recenti sono state le iniziative intraprese all’interno dell’Unione al fine di valoriz- zare queste acquisizioni per garantire la tutela dei consumatori (90).
(87) La dinamica di utilizzo da parte dei professionisti di strategie di condizionamento al fine di orientare la scelta del consumatore suggerisce infatti un significativo parallelo con la disciplina in tema di pratiche commerciali scorrette, di cui all’art. 21 ss. del codice del consumo. Per un’analisi delle interazioni tra l’istituto e la problematica in oggetto x. xxxxx xxx 00.
(88) La Federal Trade Commission, ha organizzato negli ultimi anni un significativo numero di conferenze volte ad evidenziare la necessita` di un’iniziativa normativa volta a valo- rizzare i contributi in materia di scienze cognitive e comportamentali: v. FTC Conference, April 20th, 2007: Behavioral ffconomics and consumer policy, in xxx.xxx.xxx/xx/xxxxxxxxxxxxxxxx. L’Online Risk Assestment Authority (OIRA), inoltre, ha contribuito all’avvio di un vasto programma governativo di sperimentazione della «smart disclosure» (evoluzione dei piu` tradi- zionali obblighi informativi), v. NATIONAL SCIENCE AND TECHNOLOGY COUNCIL, Smart disclosure and consumer decision making: Report of the Task force on smart disclosure, maggio 2013.
(89) L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) ha, ad esempio, intrapreso una pluralita` di iniziative volte a sensibilizzare i paesi membri circa la tematica del diritto cognitivo nella tutela del consumatore: v. OCSE, Roundtable on de- mand-side economics for consumer policy: summary report, DSTI/CP (2006)3/final, Parigi, 2006; ID., Roundtable on economics for consumer policy: summary report. DSTI/CP (2007)1/ final, Parigi, 2007.
(90) A livello comunitario la Commissione, dopo aver pubblicato vari documenti basati su sperimentazioni in settori diversificati. Ad esempio, NARDO, The consumer empowerment index. A measure of skills, awareness and engagement of ffuropean consumers, Joint Research Center (JRC-Commissione europea) e ffconometrics and applied statistics (Ispra), Xxxxx- xxxxx, Publications Office of the ffuropean Union, 2011, ha recentemente definito i passaggi procedurali per introdurre una legislazione consumeristica maggiormente attenta agli svi- luppi derivanti dalle scienze cognitive. Cfr. XXX XXXXX, Applying Behavioural Sciences to ffU Policy-Making, in JRC Scientific and Policy Reports, Luxembourg, Publications Office of the ffuropean Union, 2013. Recente e`, inoltre, l’emanazione dello Staff Working Document in materia di «ffnowledge-enhancing aspects of consumer empowerment, 2012-2014», del 19 luglio 2012, consultabile al sito xxxx://xx.xxxxxx.xx.
Tra le iniziative attribuibili ai diversi Stati Membri, invece, e` possibile segnalare quella
In assenza di una legge in materia, e` tuttavia possibile ipotizzare – avvalendosi dei contributi sviluppatisi in dottrina sul tema (91) – quali linee di intervento sia opportuno intraprendere al fine di sviluppare un sistema armonizzato di tutela del consumatore che valorizzi i contributi in materia di scienze cognitive.
Nel delineare i potenziali approcci innovativi (non, dunque, legati all’applicazione di istituti preesistenti) prospettati al fine di superare le problematiche connesse alla presenza di bias cognitivi, le possibili strategie d’intervento sono riconducibili a due modalita` essenziali: da una parte, e` possibile ipotizzare il ricorso a strumenti propri della logica del Command and Control (CCC), operanti attraverso l’individuazione di comportamenti dei professionisti da considerarsi legali ovvero illegittimi sulla base della loro potenzialita` di arrecare ingiusto pregiudizio al consumatore (92); dal- l’altra, invece, si profila il ricorso a strumenti di regolazione per mezzo di deterrenti o incentivi facenti riferimento alla filosofia del nudging (93), operanti attraverso l’implementazione di rinforzi positivi, suggerimenti o aiuti indiretti i quali possano influenzare i comportamento dei consumatori vanificando l’incidenza dei bias.
A fronte di questa alternativa di fondo e` stato possibile ricostruire, con riferimento ad entrambe tali strategie, possibili interventi per contrastare l’incidenza dei bias cognitivi.
Per quanto riguarda le proposte riferibili all’ambito del Command C Control, queste si sono concentrate principalmente sull’individuazione di obblighi relativi alla predisposizione del contratto: a differenza di quanto fatto finora, in particolare, parte della dottrina (94) ha prospettato la
intraprese dal governo olandese tramite l’attribuzione al Comitato Scientifico per le Politi- che Governative (Wetenschappelijke Raad voor Regeringsbeleid, WRR) di competenze spe- cifiche di consulenza al Governo al fine di includere gli sviluppi delle scienze comportali e cognitive all’interno della politica pubblica: v., il report OXERA Behavioural economics and its impact on competition policy, 2013, consultabile al link xxx.xxxxx.xxx In Italia, la CONSOB si e` sempre mostrata estremamente sensibile sul tema, pubblicando gia` nel 2010 il Quaderno n. 66 «Errori cognitivi e instabilita` delle preferenze nelle scelte di inve- stimento. Le indicazioni di policy della finanza comportamentale».
(91) Cfr. SUNSTEIN, ffmpirically Informed Regulation, in Univ. Chicago Law Rev., 2012, 4, p. 1349 ss.
(92) XXXXXX e HAAPIO, Using proactive law for competitive advantages, in Am. Business Law J., 2010, 47, p. 642.
(93) Cfr., per un’ampia panoramica sul tema, THALER e SUNSTEIN, Nudge: Improving Decisions about Health, Wealth and Happiness, Yale, 2008; XXXXXXXX e XXXXXX, Nudge and the Law: A ffuropean Perspective, Xxxx, 2015; XXXXXX, Predictably Irrational: The Hidden Forces that Shape Our Decisions, New York, 2008.
(94) XXXXXXXX, HOWSE e XXXXXXXXXX, Information-Based Principles for Rethinking Con- sumer Protection Policy, in Journal of Consumer Policy, 1998, 21, 2, p. 131-169.
possibilita` di ottenere risultati efficaci attraverso l’imposizione di obblighi formali idonei a garantire una piu` immediata comprensione dei contratti da parte del consumatore, con il fine ultimo di ridurre i problemi collegati al carico cognitivo e, dunque, limitare l’insorgenza di bias.
In questo frangente, un significativo contributo si deve agli studi sul- l’information design dei contratti dei consumatori, volti a promuovere una ridefinizione – dal punto di vista grafico – delle modalita` di presentazione
dei contenuti contrattuali (95). E` stato evidenziato ad esempio come la
presentazione delle informazioni non in forma scritta, ma attraverso gra- fici, ovvero l’integrazione di una clausola con una serie di esempi volti a chiarirne l’ambito di operativita`, rappresenti un concreto strumento di riduzione del carico cognitivo del consumatore e lo ponga in condizione di elaborare un numero maggiore di informazioni e di ponderare meglio le proprie scelte (96).
Un’altra soluzione proposta dalla dottrina (97) e` stata quella di impor- re l’utilizzo di «warning box», ossia di spazi informativi collocati in aper- tura di contratto, i quali siano dedicati all’enucleazione e definizione dei principali termini tecnici o ambigui in esso presenti, sul modello di quanto gia` avviene nei Considerando delle Direttive europee (98): gli unexpected terms contenuti nelle warning boxes dovrebbero essere posti in ordine decrescente in base alla loro idoneita` ad incidere sui processi percettivi del consumatore – verificata attraverso periodici aggiornamenti della nor- mativa sulla base degli studi di diritto cognitivo – e l’esplicita menzione circa la loro «pericolosita`» potrebbe operare in concreto ausilio dei con- sumatori al fine di garantirne una maggiore attenzione, e dunque una maggiore comprensione del contratto.
(95) Tra i piu` significativi contributi sul tema BLACK, Design Council’s web pages on User-Centred Design, 2003, consultabile al sito xxxx://xxxxxxxxxx.xxxxxxxxxxxxxxxx.xxx.xx. Cfr. altresı` PASSERA, HAAPIO e XXXXXX, Innovating Contract Practices: Merging Contract Design with Information Design, in California West School of Law Rev., 2013.
(96) X. XXXXXX, Information Salience and Interpreting Information, in SIGDOC ‘07 Proceedings of the 25th annual ACM international conference of Design of communication, 00-00 Xxxxxxx, Xx Xxxx, Xxxxx, Xxx Xxxx, 0000, p. 80-86; XXXXXXX e HOLLANDS, ffnginee- ring psychology and human performance, Xxxxxxxx Xxxx, 0000; BLACK e XXXXXXXXXX, Docu- ments as «Critical Incidents» in Organization to Consumer Communication, in Visible Lan- guage, 2012, 46, 3, p. 246-281.
(97) XXXXX, The No-Reading Problem in Consumer Contract Law, in Stanford Law Rev., 2014, 66, p. 544.
(98) Cfr. EIGEN, ffxperimental ffvidence of the Relationship Between Reading the Fine Print and Performance of Form-Contract Terms, in Journal of Institutional C Theoretical ffconomy, 2012, 124, p. 136; XXXXXXX, XXXXXXX e XXXXXX, Set in Stone? Change and Innovation in Consumer Standard-Form Contracts, in NY Univ. Law Rev., 2013, 88, p. 256.
Per quanto riguarda invece le proposte d’intervento basate sulle teorie di nudging, anche alcune di esse sono state rivolte primariamente a modi- ficare i caratteri formali degli oneri informativi, al fine di improntare a maggiore razionalita` il comportamento dei consumatori. Tale approccio e`, tuttavia, profondamente differente dalle procedure di semplificazione del- le informazioni tipiche degli strumenti di Command C Control: mentre queste ultime sono volte ad agevolare la comprensione delle informazioni, gli schemi di predisposizione delle informazioni formulati secondo le teo- rie di nudging promuovono la presentazione dei dati in un formato «rela- zionale», ossia includono paragoni ovvero valutazioni implicite al fine di orientare il comportamento dei consumatori e ridurre l’incidenza di bias cognitivi (99).
Un’altra strategia – attinente tuttavia al profilo della promozione delle proposte commerciali da parte dei professionisti piuttosto che alla vera e propria fase finale di contrattazione – concerne la possibilita` di orientare le scelte dei consumatori attraverso la riduzione al minimo dei profili emozio- nali coinvolti nelle stesse: un esempio di tale approccio puo` essere osservato nella recente dir. 2014/40/UE sui prodotti a base di tabacco (100), la quale prevede un processo di standardizzazione delle confezioni di sigarette, con- sistente nell’obbligo di coprire il 65% della superficie esterna, del fronte e del retro della confezione con avvertenze relative alla salute, e nell’abolizione di tutti gli elementi promozionali sui pacchetti.
9. – Xxx nel caso si voglia ricorrere a strumenti propri della logica del Command C Control, sia qualora si propenda per l’utilizzo di tecniche riferibili al nudging, bisogna considerare come entrambe le strategie di intervento presentino vantaggi e svantaggi differenti.
(99) Un classico esempio di questa tipologia di interventi e` rinvenibile nella strategia
«comunica cio` che gli altri fanno». In alcune citta` del Nord America, ad esempio, il risparmio energetico e` stato notevolmente incrementato nel momento in cui sono stati introdotti dei report comparativi sull’utilizzo energetico degli abitanti: ad ogni cittadino, periodicamente, e` stato comunicato quale fosse il suo utilizzo energetico rispetto a quello realizzato in 100 case delle medesime dimensioni e, in particolare, rispetto alle 20 abitazioni vicine che erano risultate le piu` efficienti dal punto di vista del risparmio energetico. X. XXXXXXX, Utilities Turn Their Customers Green, With ffnvy, in The New York Times, 31 gennaio, 2012.
Per quanto riguarda gli strumenti di Command C Control questi, pur garantendo una maggiore pervasivita` attraverso l’imposizione di regole positive di fare o non fare, risultano piu` lenti e costosi nella loro imple- mentazione, richiedendo interventi modificativi della disciplina positiva (ed essendo, dunque, soggetti, a tutti i limiti tecnici propri del procedi- mento legislativo); tale problematica assume rilevanza esponenziale ove si ipotizzino, poi, interventi di armonizzazione sovranazionale, ad esempio a livello comunitario (101).
Un’altra caratteristica degli interventi di Command C Control da te- nere presente riguarda il fatto che questi sono volti a introdurre regole generali applicabili uniformemente alla totalita` degli individui parte di una collettivita`; conseguentemente, pur presentando un maggiore tasso di de- mocraticita` (102), pongono ove utilizzati con frequenza eccessiva il rischio dello svilupparsi di fenomeni di sovra-regolazione, comportanti un eccesso di limitazioni a carico degli operatori di mercato (103).
In ultimo luogo, gli interventi di Command C Control non incidono sulla consapevolezza degli operatori di mercato: essi impongono dei com- portamenti virtuosi, ma contestualmente costringono l’autonomia dei con- sociati senza modificarne la mentalita`; sono strumenti volti a controllare, e non ad educare. La conseguenza principale di un tale approccio e` che, allo svilupparsi di nuove conoscenze – e, dunque, al diffondersi di nuove informazioni circa le possibilita` di orientare il comportamento dei consu- matori – le iniziative di Command C Control non avranno alcuna efficacia in funzione preventiva di comportamenti abusivi: sono strumenti legati ad un’operativita` ex post rispetto allo svilupparsi di nuove tecniche di condi- zionamento (104).
Allo stesso modo, anche gli interventi basati su logiche di nudging pre- sentano aspetti positivi e negativi di cui e` necessario tenere conto.
Tra i profili positivi rientra indubbiamente il fatto che le iniziative di nudging siano convenienti per i legislatori dal punto di vista dell’imple- mentazione, potendo essere condotte anche a livello regolamentare o di best practices di settore (105). Esse possono rappresentare, inoltre, degli
(101) XXXXXXXX e SIBONY, Nudge and the Law. A ffuropean Perspective, Xxxx, 2015. (102) DI PORTO e RANGONE, Cognitive-based regulation: new challenges for regulators? in
Federalismi, 2013, 20, p. 28.
(103) XXXXXX, On Regulating the Regulation of Regulation, in Reframing Selfregulation in ffuropean Private Law, edited by Cafaggi, Netherlands, 2006, p. 347-357.
(104) XXXXXXX e XXXXX, Command and Control in the Information Age, in CCRP, 2003. (105) XXXXXXXXX, XXXXXXX, XXXXXXXXXX, XXXXX, XXXXXX e WALES, Nudge, Nudge, Think,
Think: Using ffxperiments to Change Xxxxx Xxxxxxxx, Xxxxxx, 0000.
approcci a carattere innovativo in tutte quelle aree nelle quali un inter- vento condotto secondo i canoni tradizionali si sia gia` dimostrato ineffi- cace. Gli interventi basati sulle tecniche di nudging, infine, possono costi- tuire uno strumento che non solo operi rispetto a problematiche contin- genti ma che abbia – attraverso il processo di educazione dei soggetti sottoposti a tali processi – efficacia preventiva rispetto allo svilupparsi di nuovi comportamenti abusivi a danno dei consumatori.
Cionondimeno, anche il ricorso a tali strategie solleva alcuni profili critici dei quali e` necessario avere contezza: in primo luogo tali strumenti, essendo basati su una logica di «orientamento» del comportamento del consumatore, mal si prestano ad un’applicazione generalizzata ad una totalita` di consociati, essendo l’incidenza dei bias dipendente da una mol- teplicita` di fattori – anche di carattere personale – differenti per ogni individuo. L’efficacia di un’iniziativa di nudging dipendera`, infatti, dalla predisposizione e dalla sensibilita` del singolo consumatore, e presentera` dunque un elevato tasso di aleatorieta` (106).
Un secondo profilo controverso ha, invece, matrice piu` propriamente etica: attraverso l’utilizzo di tecniche volte ad orientare implicitamente il comportamento di consumatori e professionisti ci si deve domandare se il legislatore non si comporti nei fatti proprio come coloro – i professionisti, appunto – che tentano di orientare il comportamento del consumatore a fini di profitto. Di conseguenza, si e` posta in discussione la conformita` di iniziative regolatrici basate sul nudging ai principi di trasparenza, impar- zialita` e legalita`, i quali dovrebbero guidare l’azione del legislatore (107). A fronte dei diversi pro e contra evidenziati, e` a nostro avviso ragio- nevole ritenere che la valutazione circa l’apparato rimediale maggiormente adeguato dovrebbe assumere una dimensione «ibrida» attraverso la scelta
– tra le iniziative proprie dell’approccio di Command C Control e quelle di nudging – dell’approccio piu` funzionale alla singola problematica di volta in volta esaminata, ipotizzando altres`ı combinazioni tra le diverse tipologie di intervento.
Cionondimeno, al fine di individuare la strategia piu` adeguata alla specifica esigenza, e` possibile tracciare alcune direttrici fondamentali: qua-
(106) XXXXXXXX, XXXXX, SCHWARZE e YILDIZ, Nudging as a new «soft» tool in environ- mental policy. An analysis based on insights from cognitive and social psychology, in Univer- sity Viadrina Rev., 2015, 15, p. 39 ss.
(107) XXXXXXXX e SPINA, Nudging Legally. On the Check and Balances of Behavioural Regulation, in NYU School of Law – Xxxx Xxxxxx Working Papers, 2014, 6; BESSELINK, XXXXXXXX e PRECHAL, The ffclipse of Legality Principle in the ffuropean Union, Netherlands, 2011.
lora l’incidenza di un determinato bias sia limitata a categorie ridotte di consumatori, un approccio basato su un sistema di incentivi orientato secondo logiche di nudging potrebbe rivelarsi maggiormente efficace (xxxx` infatti possibile utilizzare uno strumento a carattere fortemente “indivi- dualizzato”) laddove invece, in presenza di un bias particolarmente diffuso e, dunque, di un elevato tasso di rischio di sfruttamento a svantaggio della collettivita` dei consumatori, un intervento ispirato a logiche di Command C Control apparira` preferibile, in virtu` del loro applicare regole generali in modo uniforme; allo stesso modo, il ricorso a interventi di quest’ultimo tipo sara` necessario ogniqualvolta la condotta del professionista sia idonea a ledere valori particolarmente significativi per l’ordinamento (ad esempio la salute o la sicurezza del consumatore), e dunque appaia giustificato un intervento maggiormente pervasivo.
Sebbene, dunque, il ricorso a strumenti di CCC ovvero riferibili a tecniche di nudging al fine di tutelare i consumatori contro condiziona- menti basati sullo sfruttamento di bias cognitivi sia certamente una stra- tegia possibile, tali rimedi presentano un significativo grado di incertezza: il ricorso ad uno strumentario di carattere fortemente innovativo, infatti, se da una parte puo` rappresentare una soluzione al fine di adeguare l’appa- rato rimediale tradizionale alle nuove emergenze nel sistema della tutela del consumatore, dall’altra presenta un significativo grado di aleatorieta` circa l’effettiva capacita` dei nuovi rimedi di garantire un elevato livello di protezione.
Si consideri altres`ı come la scelta circa l’introduzione, all’interno di un
ordinamento, di soluzioni completamente originali, si presta ad innescare complessi meccanismi di armonizzazione con gli istituti gia` presenti nel- l’ordinamento stesso, e necessita percio` di un significativo sforzo – prima da parte del legislatore, poi da parte degli interpreti – al fine di mantenere la coerenza del sistema giuridico.
In virtu` di tale constatazione si ritiene gli interventi fin qui ipotizzati – qualora si provvedesse ad una loro effettiva implementazione – non pos- sano considerarsi risolutivi della problematica in oggetto.
Una simile considerazione appare supportata altresı` dal fatto che gli studi volti a rimodulare i caratteri dei contratti standard hanno finora condotto a risultati non soddisfacenti. Esempio emblematico e` proprio quello delle warning boxes, in riferimento alle quali e` agevole osservare come la logica ispiratrice dell’intervento non sia dissimile dalla tradizionale tecnica di apporre delle etichette sulle confezioni di determinati prodotti – quali le sigarette – al fine di richiamare l’attenzione dell’utilizzatore sui rischi che il consumo del prodotto puo` comportare.
Con riferimento a tale strategia occorre innanzitutto segnalare come studi empirici abbiamo dimostrato che l’indicazione generica di un dovere di attenzione nell’approcciarsi ad un prodotto sia idonea a sortire effetti soltanto nei confronti di una percentuale ridotta di consumatori (108), e dunque non si presti a fondare una forma di tutela generalizzato.
In secondo luogo, anche a voler ipotizzare l’astratta effettivita` delle etichette di avvertimento, si ritiene di poter qui evidenziare un elemento di profonda differenza tra le ipotesi in cui tale strumento e` attualmente utilizzato e la problematica riguardante i vizi percettivi dei consumatori: se, difatti, nel caso dei prodotti di consumo (come le sigarette) il rischio per l’utilizzatore deriva dal mero utilizzo del prodotto – e cio` in parte giustifica il ricorso ad uno strumento preventivo di avviso – nel caso delle problematiche relative alla complessita` dei contratti standard, una warning box potrebbe essere utile ad innalzare il grado di attenzione del consuma- tore, ma non potra` ad esempio incidere (come invece sarebbe opportuno) sui profili dell’effettiva percezione circa il contenuto del contratto.
10. – A fronte di simili criticita`, e prima di ipotizzare un intervento radicalmente innovativo, sembra dunque opportuno interrogarsi sul ruolo e sulle potenzialita` che il ricorso a rimedi tradizionali – eventualmente letti in una chiave differente dall’approccio tradizionale – potrebbe avere al fine di contrastare la problematica in esame.
In questo senso, potrebbe in primo luogo prospettarsi una soluzione alla luce della disciplina sulle pratiche commerciali scorrette: parte della dottrina (109) ha, difatti, osservato come il comportamento del professio- nista che avvalendosi di clausole idonee a sfruttare bias cognitivi degli individui cerchi di orientare il comportamento del consumatore, presenti
(108) OTSUBO, A Behavioral Study of Warning Labels for Consumer Products: Perceived Danger and Use of Pictographs, in Proceedings of the Human Factor Society 32nd Annual Meeting, Santa Xxxxxx CE, p. 536-540, ha osservato come l’introduzione di un’etichetta di avvertimento determini mutamenti nel comportamento dei consumatori nel 25.5% dei casi. Cfr. altresı` ARGO e XXXXXX, Meta-Analyses of the ffffectiveness of Warning Labels, in J. Public Policy C Marketing, 2004, 23, 2, p. 193-208; ID., «Warning! Proceed With Caution: a Meta- Analysis of the ffffectiveness of Warning Labels», in NA – Advances in Consumer Research, 2002, 29, p. 235-236.
(109) XXXXXXX, The use of Unfair Contractual Terms as an Unfair Commercial Practice, in ffRCL, 2011, 7, 1, p. 25-56. Cfr. anche MELI, Trasparenza e vessatorieta` delle clausole nei contratti per adesione, in I «Principi» del diritto comunitario dei contratti. Acquis commu- nautaire e diritto privato europeo, a cura di Xx Xxxxxxxxxx, Torino, 2009, p. 484; CAMARDI, Pratiche commerciali scorrette e invalidita`, in Obbl. contr., 2010, p. 408; XXXXXXX, Pratiche sleali e tutele legali: dal modello economico alla disciplina giuridica, in Riv. dir. priv., 2010, p. 20 ss.
significativi profili di contatto con gli elementi presi in considerazione dall’art. 21 del c. cons., e potrebbe dunque legittimare la risposta ordina- mentale qualora il comportamento del professionista incida – conforme- mente a quanto previsto ai fini dell’integrazione del requisito dell’ingan- nevolezza – sulla capacita` del consumatore di prendere le proprie scelte in modo consapevole (110).
Il ricorso ad una simile soluzione pone, tuttavia, due ordini di pro- blemi, entrambi di significativo rilievo.
Il primo problema sorge dal fatto che la disciplina sulle pratiche commerciali scorrette, pur fornendo un giudizio di riprovevolezza atto a legittimare la risposta ordinamentale avverso condotte ingannevoli del professionista, non fornisce indicazioni sui rimedi esperibili dal consuma- tore il cui contratto sia viziato da tali comportamenti (111). Di conseguenza il riferimento a tale disciplina non si presenta – nell’ottica della tutela del consumatore – in alcun modo risolutivo, specialmente laddove si consideri che l’individuazione dei rimedi maggiormente funzionali alle esigenze del consumatore e` tuttora il profilo della normativa sulle pratiche commerciali scorrette maggiormente dibattuto in dottrina (112).
Vi e` tuttavia anche un secondo problema: anche laddove si volesse – in assenza di precise indicazioni circa i rimedi esperibili dai consumatori – operare una lettura dei comportamenti dei professionisti attraverso il «fil- tro» delle pratiche commerciali ingannevoli, a tale opzione interpretativa osta la necessita` di valutare l’idoneita` delle condotte scorrette ad incidere sui processi decisionali del consumatore avendo riguardo al parametro del
«consumatore medio», cos`ı come previsto dall’art. 21 del c. cons.
Sebbene, difatti, la definizione del consumatore medio come consu- matore «normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto, tenendo conto di fattori sociali, culturali e linguistici» (113) si mostri – e cio` e` pacificamente accettato dagli studiosi di diritto privato europeo (114)
(110) XXXXXX, Fairness and Consumer Decision Making under the Unfair commercial practices Directive, in J. Consumer Policy, 2010, 33, 3, p. 256; RENDE, Nuove tecniche di condizionamento delle scelte di consumo e rimedi conformativi del regolamento contrattuale, in Contr., 2012, 8-9, p. 738 ss.
(111) Di «clamoroso silenzio» del legislatore parla GRANELLI, Le pratiche commerciali scorrette tra imprese e consumatori: l’attuazione della direttiva 2005/29/Cff modifica il codice del consumo, in Obbl. contr., 2007, cit. p. 777.
(112) Per un ampio excursus della problematica v. FACHECHI, Pratiche commerciali scorrette e rimedi negoziali, in ffSI, 2012.
(113) Considerando n. 18 della dir. 2005/29/CE.
(114) XXXXXXXXXX, Who is the Average Consumer?, in The Regulation of Unfair Com- mercial Practices under ffC Directive 2005/29. New Rules and New Techniques, edited by Xx. Vv., Xxxxxx, 0000, p. 119; MAK, Standards of Protection: In Search of the «Average Consu-
– suscettibile di una varieta` di interpretazioni a seconda delle specificita` dei casi concreti, e` innegabile come la nozione voglia comunque legare il giudizio di ingannevolezza delle condotte ad una valutazione secondo un parametro standard (115).
Ebbene, proprio la ricerca di un «modello standard» ai fini di valutare l’ingannevolezza delle pratiche commerciali osta all’applicazione dell’isti- tuto in parola alle problematiche relative all’incidenza dei bias cognitivi: come si e` in precedenza evidenziato, la capacita` di tali fattori di incidere sul comportamento del consumatore e` legata a profili di carattere forte- mente soggettivo, e di conseguenza dovrebbe essere valutata attraverso un giudizio di carattere «individualizzato» che mal si presta ad essere ricon- dotto entro i rigidi canoni di una figura tipizzata.
In assenza di uno strumento di tutela che trovi la propria base nel diritto del consumatore, puo` essere dunque utile volgere l’attenzione agli istituti generali del diritto privato: in questo senso, desta significativo interesse la possibilita` di valutare il ricorso alla figura del dolo cosı` come regolamentato dalla disciplina sui vizi del consenso (116).
La disciplina dei vizi del consenso e`, difatti, istituzionalmente deputata a tutelare la liberta` del consenso negoziale delle parti, attribuendo rilievo giuridico a condotte tenute nelle fasi pre-negoziale (117) tra le quali ben
mer» of ffU Law in the Proposal for a Consumer Rights Directive, in Tisco Working Paper Series on Banking, Finance and Services, 2010, 4, p. 1-16; VAN DAM, The Average Consumer
– a pluriform phenomenon, in Tijdschrift voor ffuropees en economisch recht, 2009, 3, p. 11 ss.
(115) Sui caratteri della nozione di consumatore medio (e sulle problematiche che essa pone), cfr. CENDON, Comm. c.c. D. lgs. x xxxxxxxxx 0000, x. 00x. Codice del Consumo, Milano, 2010 p. 182 ss.; ROSSI XXXXXX, Consumatore, consumatore medio, investitore e cliente: frazionamento e sintesi nella disciplina delle pratiche commerciali scorrette, in ffur. dir. priv., 2010, p. 696; PONCIBO` , Il consumatore medio, in Contr. e impr./ffuropa, 2007, p. 734 ss.; XXXXXX, Il consumatore ragionevole e le pratiche commerciali sleali, in questa rivista, 2008, p. 700 ss.; XXXX, Il parametro del consumatore medio, in Annali it. dir. autore, 2008, p. 274 ss.
(116) Si fa riferimento, naturalmente, alla previsione di cui agli artt. 1439 e 1440 c.c. Sul tema, in generale, si vedano per tutti TRABUCCHI, voce Dolo, in Noviss. Dig. it., VI, Torino, 1960, p. 153 ss; SACCO, voce Dolo, in Il contratto, a cura di Xxxxx e De Nova, I, in Tratt. dir. civ., diretto da Xxxxx, Torino, 1993, p. 424; BIANCA, Diritto civile. Il contratto, 2a ed., Milano, 2015, 3.
(117) Non si e`, tuttavia, di fronte ad una manifestazione del principio di buona fede ex art. 1337 c.c. il quale comporta, come e` noto, responsabilita` precontrattuale e conseguente obbligo risarcitorio a prescindere dalla conclusione del contratto, bensı` agli effetti che la violazione di una condotta contraria al canone di buona fede produca nell’ipotesi in cui un contratto sia stato effettivamente concluso, ossia l’alterazione del libero consenso del con- traente vittima della scorrettezza. Cfr. ROSSI XXXXXX, Dalla comunicazione commerciale alle pratiche commerciali sleali, in Le pratiche commerciali sleali. Direttiva comunitaria ed ordi-
puo` comprendersi, nell’ambito del fenomeno della contrattazione standar- dizzata, quella riguardante la predisposizione del contenuto del contratto. Tali condotte, ove idonee ad inficiare il processo di formazione del volere della controparte, determinando un consenso che – in una condizione di piena consapevolezza – costui non avrebbe altrimenti preso, sono idonee a legittimare l’annullabilita` del contratto, in ossequio al principio consensua- listico.
Appare, in particolare, possibile tracciare un parallelo tra il compor- tamento del professionista che sfrutti dei bias cognitivi al fine di condi- zionare una decisione commerciale dei consumatori e la tradizionale figura del raggiro che, ex art. 1439 c.c., «e` idoneo a spingere il deceptus a stipu- lare un contratto non voluto instillando in costui una falsa rappresenta- zione della realta` idonea a determinarne il consenso» (118).
Ci si potrebbe chiedere tuttavia, di primo xxxxxxx, se tali condotte possano considerarsi idonee a configurare un vero e proprio «raggiro», oppure se una tale opzione si ponga in distonia con la generale percezione dell’istituto, dando di fatto rilievo a comportamenti troppo «lievi» e, dun- que, insufficienti a legittimare una tutela incisiva come quella garantita dal rimedio dell’annullabilita`.
In questo senso, giova osservare come sin dagli anni ‘70 sia stata accolta – anche sulla scorta di significative pronunce rese in sede penale in relazione al reato di truffa (119) – una nozione di dolo particolarmente ampia, sostanziantesi nel generico comportamento attivo ed intenzionale, preordinato ad indurre in errore la controparte (120).
In particolare, e` stato sostenuto come «il dolo quale vizio di annul- lamento del contratto non deve necessariamente consistere nell’inganno posto in essere con una condotta attiva di raggiro, ma puo` anche ravvisarsi
namento italiano, a cura di Xxxxxxxxx e Xxxxx Xxxxxx, Milano, 2007, p. 22-23. Una tale ricostruzione trova conforto anche nell’art. 4.107 del Principi Xxxxx, il quale stabilisce che «la parte indotta a concludere un contratto dai raggiri usati dall’altra parte, mediante parole o comportamenti o qualsiasi mancata informazione che invece secondo buona fede o correttezza avrebbe dovuto esserle rilevata, puo` annullare il contratto».
(118) DALIA, La tutela individuale del consumatore al di fuori del codice del consumo in caso di pratiche commerciali scorrette, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, cit. p. 2.
(119) ffx multis, Xxxx. xxx., 23 gennaio 1978, in Cass. pen., 1979, p. 864; Cass. pen., 30 ottobre 1996, n. 9834, in Giust. Pen., 1997, II, c. 545; Cass. pen., 8 giugno 2006, n. 23623; Cass. pen., 27 febbraio 2009, n. 17262; Cass. pen., 2 ottobre 2009, n. 42337, in Guida al dir., 2010, 5, p. 92. In dottrina x. XXXXXXXX, voce Truffa, in ffnc. giur. Xxxxxxxx, XXXX, Xxxx, 0000.
(120) Cass. 19 luglio 2007, n. 16031, in Giur. comm., 2008, 1, pp. 103 ss; in dottrina, VISINTINI, La reticenza come causa di annullamento dei contratti, in Riv. dir civ., 1972, I, p. 157 ss.
quando siano taciute da uno dei contraenti, in violazione del principio di buona fede, fatti e circostanze “decisivi” per la consapevole formazione della volonta` dell’altra parte» (121).
Si e` parlato, in questo senso, di una rilevanza del c.d. «dolo colposo»: fermo restando il principio secondo cui l’affidamento di una parte non puo` trovare tutela se fondato sulla negligenza, la tutela garantita dall’ordi- namento opererebbe infatti come causa di annullamento ogniqualvolta la parte caduta in errore non avrebbe potuto avvedersi del raggiro adope- rando la diligenza media esigibile (122). Naturalmente, in sede probatoria sara` necessario per il deceptus dimostrare altresı` la sussistenza degli ele- menti necessari ad integrare il dolo-vizio (123).
Una volta verificata l’idoneita` generale del raggiro a superare la nor- male diligenza della parte, sara` necessario individuarne i connotati pregiu- dizievoli con riferimento alle caratteristiche soggettive della parte lesa, e con specifica attenzione alle ipotesi del fatto concreto: la tutela dovra` infatti essere rapportata al diverso livello di incidenza delle tecniche di negoziazione utilizzate dall’imprenditore sulla determinazione volitiva del consumatore, al fine di operare una ponderazione soggettiva circa l’ido- neita` dello stratagemma adoperato dal primo a pregiudicare l’interesse del secondo (124).
Tale necessaria «individualizzazione» della decisione deriva dalla na- tura dei vizi del consenso nel nostro ordinamento: essi, proponendosi quali rimedi per la riparazione di una condizione di debolezza contingente e occasionale, richiedono un processo di ponderazione soggettiva al fine di valutare l’incidenza della condotta della controparte funzionalmente alla natura dello specifico contraente (125).
(121) Cass. civ., 19 settembre 2006, n. 20260, in Obbl. contr., 2007, 1, p. 75; Cass. 12 giugno 2008, n. 15706, in Guida al dir., 2008, 42, p. 84; Cass. civ., 7 agosto 2002, n. 11896. Di recente, negli stessi termini, Cass. civ., 2 febbraio 2012, n. 1480, in Contr., 2012, p. 679, con nota di PAULICELLI, Il dolo omissivo quale causa di annullamento del contratto.
(122) CORSARO, Xxxxxxx, dolo colposo e annullabilita`del contratto, in Giur. it., 1989, I, p. 31; SACCO, Il contratto, in Trattato di diritto civile, diretto da Xxxxx, Torino, 1993, p. 555-556.
(123) Consistenti, osserva DALIA, La tutela individuale del consumatore al di fuori del codice del consumo in caso di pratiche commerciali scorrette, in www.comparazionedirittoci- xxxx.xx/xxxxx/xxxxx/xxxxx_xxxxxxxxxx.xxx, p. 4, nell’intenzionalita` dell’inganno e nell’idoneita` del raggiro a sorprendere una persona di normale diligenza. Cfr. altresı` GALLO, I vizi del consenso, in I contratti in generale, a cura di Xxxxxxxxx, in Tratt. dei contratti, diretto da Xxxxxxxx, Torino, 1999, I, p. 469.
(124) XXXXXXXXX, Xxxxx xxxxxx et dona ferentes. La tutela del consumatore e delle microimprese nelle pratiche commerciali scorrette, in Riv. dir. civ., 2013, 5, p. 1189.
(125) XXXXXXX, L’integrita` del consenso dai diritti nazionali al diritto europeo, Milano, 2008, p. 538 ss.
A fronte di quanto qui evidenziato un recupero della figura del dolo potrebbe dunque rappresentare una risorsa utile a fornire – senza imporre l’introduzione di nuovi mezzi all’interno dell’ordinamento – uno strumen- to di tutela al consumatore. Se, difatti, l’attuale assetto delle tutele a favore del consumatore si focalizza sull’imposizione e la regolamentazione degli obblighi di informazione a carico del professionista, la disciplina del con- senso, stante la sua natura «aperta» potrebbe prestarsi a valorizzare quelle situazioni concrete nelle quali un contratto, pur apparentemente rispettoso dei vincoli imposti dall’ordinamento, appaia nondimeno in grado – in virtu` della sua attitudine a sfruttare bias cognitivi dei consumatori – ad orientare le scelte del consumatore.
L’istituto dei vizi del consenso, presentando una formulazione suffi- cientemente vasta da garantirne un’operativita` trasversale, ben si presta a regolamentare tutte quelle situazioni nelle quali la molteplicita` del reale e la sua rapida mutevolezza (come avviene in ambito di tutela del consuma- tore) conducano a rimettere in discussione – come avvenuto con la teoria neoclassica – i postulati logici sulla base dei quali una determinata disci- plina sia stata originariamente formulata. Il carattere fortemente individua- lizzato del giudizio, inoltre, appare significativo in presenza di elementi – come i bias cognitivi – che non agiscono nelle medesime modalita` nei confronti di tutti i consumatori, e che dunque richiedono una valutazione casistica al fine di apprezzarne l’incidenza.
L’annullabilita` del contratto per dolo consente, dunque, di valorizzare l’incidenza di quelle forme di inganno «deboli» (126), ossia idonee ad incidere in maniera differenziata (e difficilmente valutabile in via astratta) sul singolo consumatore, affiancandosi alla disciplina generale degli obbli- ghi di informazione ed irrompendo nelle situazioni specifiche al fine di garantire la piena tutela di quest’ultimo.
I vantaggi del ricorso ad un tale rimedio si apprezzano, poi, anche considerando come – coerentemente alla distinzione tra dolo determinante e dolo incidente ex art. 1440 c.c. – in presenza di un contratto viziato da dolo non sara` sempre necessario ricorrere allo strumento dell’annullabilita`: cio` accadra` solo ove si dimostri che, in assenza di raggiri, l’altra parte non avrebbe concluso il contratto; qualora invece la parte dimostri (come appare piu` probabile nel caso di un contratto concluso da un consuma- tore) che in assenza della condotta dolosa in suo danno egli avrebbe
(126) Sulla nozione di inganno debole, e sul suo rapporto con la figura del dolus bonus,
x. XXXXX, Teoria generale del negozio giuridico, 1a ed., Torino, 1943 (ristampa Napoli, 1994),
p. 469 ss.
comunque concluso il contratto, sebbene a condizioni diverse, xxxx` possi- bile fare ricorso al rimedio risarcitorio commisurato «al minor vantaggio o al maggior aggravio economico determinato dal comportamento scorret- to» (127).
11. – L’applicabilita` dei vizi del consenso alle problematiche inerenti i bias percettivi del consumatore nei contratti standard non e`, tuttavia, del tutto priva di difficolta`: in particolare, sullo sfondo si agita la questione – invero ampia – relativa ai rapporti tra diritto civile e diritto dei consumi, e alla possibilita` di applicare gli istituti tradizionali del codice civile ai con- tratti dei consumatori.
Secondo un orientamento critico in tal senso (128) le due discipline risponderebbero a logiche sistematiche differenti e, conseguentemente, inconciliabili: cio` perche´ la «natura collettiva» degli interessi dei consuma- tori tutelati dal codice del consumo – in contrasto con il percorso spicca- tamente individualistico seguito nella valutazione del pregiudizio secondo i rimedi previsti dal diritto dei contratti – osterebbe ad «un travaso e una commistione tra le diverse tutele» (129).
Una simile opzione interpretativa sembra tuttavia viziata da un errore di fondo: il diritto dei contratti e quello dei consumatori, lungi dal perse- guire obiettivi diversi, perseguono in verita` la medesima istanza, ossia garantire la liberta` degli scambi negoziali attraverso la protezione del libero consenso delle parti, in ultima analisi volta a valorizzare la raziona- lita` degli operatori economici ed i fondamenti dell’economia di mercato. Appare, dunque, conforme ad un criterio di giustizia sostanziale permet- tere l’applicazione del diritto comune (id est, del diritto dei contratti) e dei suoi istituti in via integrativa, laddove la disciplina specifica posta a tutela del consumatore si riveli inadeguata a tutelare la comune ratio ispiratrice dei due corpora normativi.
In questo senso, il diritto dei contratti – e, precisamente, la disciplina dei vizi del consenso – ben puo` essere chiamato a svolgere un ruolo di
«cornice» ai rimedi previsti dal diritto dei consumatori, operando in tutte
(127) Cass. Sez. Un., 19 dicembre 2007, n. 26724; XXXXXX, Diritto civile. Il contratto, a cura di Xxxxxx, cit. p. 667 ss.
(128) VETTORI e XXXXXX ELMI, Rimedi civilistici e concorrenza, Le pratiche commerciali scorrette, in 20 anni di Antitrust. L’evoluzione dell’Autorita` Garante della Concorrenza e del Mercato, a cura di Xxxxxxx, Bedogni e Barucci, Torino, 2010, II, p. 1069 ss.; TENELLA SILLANI, Pratiche commercaili sleali e tutela del consumatore, in Obbl. contr., 2009, 10, p. 778 ss.
(129) CAMARDI, Pratiche commerciali scorrette e invalidita`, in Obbl. contr., 2010, 6, p. 408.
quelle situazioni nelle quali il vizio (ossia l’errata rappresentazione della realta` da parte del consumatore) dipenda non da raggiri o minacce della controparte, ma dalle oggettive modalita` di svolgimento dell’attivita` pro- fessionale, avendo altres`ı a riferimento le caratteristiche dei contratti pro- posti ai consumatori.
In conclusione si ritiene di voler qui evidenziare un ultimo elemento. Appare suggestivo osservare come il ragionamento sui rimedi avverso i bias cognitivi dei consumatori si sveli, alfine, in un carattere di uroborica circolarita`: muovendo dalla rilevanza del consenso – e degli strumenti necessari a proteggerlo – nella contrattazione inter pares quale strumento di estrinsecazione della volonta` delle parti, abbiamo attraversato gli svi- luppi dell’economia di mercato, i quali hanno determinato la venuta meno del presupposto della parita` dei contraenti e dell’emersione di nuove tecniche di condizionamento del consumatore; in virtu` di questi mutamen- ti, abbiamo di conseguenza vagliato innanzitutto la possibilita` di ricorrere ad uno strumentario innovativo, individuando vantaggi e svantaggi del ricorso a tali soluzioni. Infine, a fronte delle riflessioni condotte, siamo tornati al terreno concettuale a partire dal quale avevamo mosso i primi passi, evidenziando come proprio l’istituto dei vizi del consenso (origina- riamente pensato dal legislatore sul presupposto della parita` di poter tra i contraenti) possa oggi trovare applicazione – in virtu` della sua capacita` di condurre ad un sindacato «individualizzato» del consenso delle parti – anche in un contesto, quale quello del rapporto consumeristico, ove di una simile parita` non vi e` traccia.