LA SORTE DEL CONTRATTO DOPO L’ANNULLAMENTO DELL’AGGIUDICAZIONE: POTERI DEL GIUDICE E DOMANDA DI PARTE (*)
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LA SORTE DEL CONTRATTO DOPO L’ANNULLAMENTO DELL’AGGIUDICAZIONE: POTERI DEL GIUDICE E DOMANDA DI PARTE (*)
SOMMARIO: 1. Premessa: la singolarità della fattispecie. – 2. La delimitazione delle fattispecie. – 3. Domanda di parte: la domanda di parte quale presupposto necessario del giudizio. – Segue: 3.1. Le possibili domande e le domande istruttorie: a) con oggetto l’annullamento dell’atto (aggiudicazione); b) con oggetto l’annullamento dell’atto con contestuale (i) richiesta di pronuncia del giudice sul contratto e/o (ii) richiesta espressa di aggiudicazione del contratto; c) con oggetto circoscritto alla sola dichiarazione di inefficacia del contratto. – 4. L’impugnazione del controinteressato e l’ampliamento del petitum. – 5. Poteri del giudice. – 6. Il giudicato e l’ottemperanza.
1. Premessa: la singolarità della fattispecie. – La prospettazione del tema sulla problematica del rapporto tra sorte del provvedimento di aggiudicazione e sorte del contratto costituisce una prospettiva unica, per quanto singolare, al fine di comprendere l’effettiva portata innovativa delle riforme appena introdotte, prima con il d.lgs. n. 53/2010 (1), quindi con il d.lgs. 104/2010 (2).
Il d.lgs. n. 53/2010, in particolare, ha ridisegnato la disciplina della materia per la diversa ed oramai invasiva disciplina comunitaria mirante ad affermare nel settore il rispetto della tutela sostanziale della concorrenza: cioè il mercato deve essere difeso ed affermato perché è un principio proprio anche dello Stato membro e, dunque, dell’amministrazione (3).
(*) Il presente contributo costituisce oggetto della relazione tenuta al Convegno su “Il Contenzioso in materia di appalti tra Direttiva Ricorsi e Codice del Processo Amministrativo” (Bologna, 7/8/9 ottobre 2010).
(1) Il d.lgs. n. 53/2010, esercitando la delega conferita dall’art. 44, della legge n. 88/2009, ha dato attuazione alla
direttiva 66/2007/Ce e ha modificato il tessuto normativo in ordine ai contratti cui si applica il d.lgs. n. 163/2006 e, in particolare, l’art. 11 dello stesso. In argomento, cfr. Cons. Stato, Comm. Speciale - Parere sullo schema di d.lgs di attuazione della direttiva 2007/66/CE (Miglioramento ed efficacia delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione di appalti pubblici), 1° febbraio 2010, n. 368, in xxx.xxxxxxxxx-xxxxxxxxxxxxxx.xx. Per un commento alla direttiva, sia consentito un rinvio a XXXXXXX, Gli appalti pubblici dopo l’entrata in vigore della Direttiva n. 2007/66/CR: gli aspetti processuali che incidono direttamente sull’amministrazione aggiudicatrice”, in Xxx. xxxx. xxxxxxx, 0000, 0, x. 000 xx. Xx segnalano inoltre, TRAVI, Osservazioni generali sullo schema di decreto legislativo con un “codice” del processo amministrativo, in xxx.xxxxxxxx.xx (31.05.2010); LIPARI, Annullamento dell’aggiudicazione ed effetti del contratto: la parola al diritto comunitario, ivi (17.04.2008); ID., Il recepimento della ‘‘direttiva ricorsi’’: il nuovo processo super-accelerato in materia di appalti e l’inefficacia ‘‘flessibile’’ del contratto, ivi (13.04.2010); ID., La direttiva ricorsi nel codice del processo amministrativo: dal 16 settembre 2010 si cambia ancora?, ivi (8.7.2010); GRECO, La direttiva 2007/66/CE: illegittimita` comunitaria, sorte del contratto ed effetti collaterali indotti, in Riv. It. Dir. Pubbl. Com., 2008, pp. 1029 ss.; ID., Illegittimo affidamento dell'appalto, sorte del contratto e sanzioni alternative nel d. lgs. 53/2010, in xxx.xxxxxxxx.xx (9.07.2010); DE NICTOLIS, Il recepimento della direttiva ricorsi, in xxx.xxxxxxxxxx-xxxxxxxxxxxxxx.xx; BARTOLINI, FANTINI, La nuova direttiva ricorsi, in Urb. e appalti, 2008, pp. 1093-1108; LOPILATO, Categorie contrattuali, contratti pubblici e i nuovi rimedi previsti dal decreto legislativo n. 53 del 2010 di attuazione della direttiva ricorsi, in xxx.xxxxxxxxx-xxxxxxxxxxxxxx.xx; IARIA, Direttiva ricorsi: termini dilatori per la stipula del contratto, in Diritto e pratica amm., 2010, n. 5, pp. 67 ss.
(2) Si tratta del Codice del processo amministrativo, entrato in vigore lo scorso 16 settembre. Tra primi commenti: XXXXXX, In viaggio con Xxxxxx, in xxx.xxxxxxxx.xx (19.04.2010); DE XXXX, La gestione del nuovo processo
amministrativo: adeguamenti organizzativi e riforme strutturali, in xxx.xxxxxxxxxxx.xx (27-09-2010).
(3) Speculare all’obiettivo di assicurare la tutela della concorrenza, l’intento del Codice è quello di portare a compimento il processo di avvicinamento delle forme di tutela dell’interesse legittimo a quelle del diritto soggettivo.
Sul punto si tornerà anche oltre. Dunque, in quest’ottica, l’attribuzione di una controversia al GA o al GO non deve più portare ad una limitazione delle forme di tutela esperibili: entrambi i giudici devono poter accordare tutela piena, effettiva e celere alla posizione soggettiva dedotta in giudizio (cfr. art. 7, che pone al centro la posizione soggettiva lesa dallo scorretto potere della PA e non l’impugnazione di un atto). In tale contesto il Codice del processo amministrativo accorda al GA strumenti di tutela, poteri cognitori ed istruttori sia che agisca in sede di giurisdizione di legittimità ovvero in sede di giurisdizione esclusiva, come emergerà dall’analisi che segue.
La (rilevante) questione del rapporto tra annullamento del provvedimento di aggiudicazione in sede giurisdizionale e l’effetto prodotto sul rapporto contrattuale instaurato tra la PA e l’originario (poi risultato illegittimo) affidatario, presuppone – è bene chiarire fin dall’inizio – l’affermazione, appunto, dell’esistenza del rapporto contrattuale.
Tale ipotesi, tuttavia, dovrebbe configurarsi – oggi, nel sistema di garanzie di derivazione comunitaria oramai introdotte nell’ordinamento statale in materia di contratti pubblici – come se non residuale, certamente come fattispecie eccezionale, dal momento che nella generalità dei casi la problematica dovrebbe essere circoscritta alle questioni proprie della sola illegittimità dell’atto di aggiudicazione (4).
Il d.lgs. n. 163/2006 (c.c.p.), come modificato dal d.lgs. n. 53/2010, prevede (in particolare l’art. 11, c.c.p., modificato dall’art. 1, d.lgs. n. 53/2010) notevoli vincoli al perfezionamento del rapporto contrattuale tra PA ed aggiudicatario che, alla luce del sistema introdotto, consentono di ravvisare un sistema di garanzia delle parti e, in particolare, della stessa PA procedente (5): dove si vede la residualità dell’ipotesi ora esaminata. Infatti, viene prevista la separazione tra la serie procedimentale, concludentesi con il provvedimento di aggiudicazione definitivo divenuto efficace (anche con le comunicazioni ex art. 79 c.c.p.) e la serie negoziale.
Da ciò la possibilità di stipulare il contratto solo in seguito al superamento (che a questo punto deve essere il frutto di un meditato esercizio del potere dell’amministrazione: e sul punto si tornerà più diffusamente) di numerose condizioni e, in particolare:
1) la previsione normativa del divieto (pressoché assoluto) di procedere alla suddetta stipulazione prima di trentacinque giorni dall'invio dell'ultima delle comunicazioni del provvedimento di aggiudicazione definitiva (ex art. 79, cit.).
- Eccezioni tassative al principio: (art. 11, comma 10bis, c.c.p.) il termine dilatorio (ex comma 10) non si applica nei seguenti casi (secondo quanto introdotto dall’art. 1, d.lgs. n. 53 del 2010):
a) se, a seguito di pubblicazione di bando o avviso con cui si indice una gara o inoltro degli inviti nel rispetto del presente codice, è stata presentata o è stata ammessa una sola offerta e non sono state tempestivamente proposte impugnazioni del bando o della lettera di invito o queste impugnazioni risultano già respinte con decisione definitiva;
b) nel caso di un appalto basato su un accordo quadro e in caso di appalti specifici basati su un sistema dinamico di acquisizione.
2) in ipotesi di ricorso avverso l'aggiudicazione definitiva (con contestuale domanda cautelare), il contratto non può essere stipulato, dal momento della notificazione dell'istanza cautelare alla SA e per i successivi venti giorni, a condizione che entro tale termine intervenga almeno il provvedimento cautelare di primo grado o la pubblicazione del dispositivo della sentenza di primo
(4) Nel 13° considerando della direttiva si legge infatti che “per contrastare l’aggiudicazione di appalti mediante affidamenti diretti illegittimi, che secondo la Corte di giustizia rappresenta la violazione più grave del diritto comunitario degli appalti pubblici da parte di un’amministrazione aggiudicatrice o di un ente aggiudicatore, è opportuno prevedere sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive. Pertanto, un contratto risultante da un’aggiudicazione mediante affidamenti diretti illegittimi dovrebbe essere considerato in linea di principio privo di effetto. La carenza di effetti non dovrebbe essere automatica, ma dovrebbe essere accertata da un organo di ricorso indipendente o dovrebbe essere il risultato di una decisione di quest’ultimo”. Non solo: il 14° considerando afferma che “la privazione di effetti è il modo più sicuro per ripristinare la concorrenza e creare nuove opportunità commerciali per gli operatori economici che sono stati illegittimamente privati delle possibilità di competere”.
(5) La stessa direttiva, al 25° considerando precisa che la previsione di un termine sospensivo minimo, in particolare
(durante il quale la stipula del contratto è sospesa), consente di rimediare agli ostacoli all’effettiva tutela giurisdizionale degli offerenti interessati; infatti, l’assenza di un termine induce talvolta le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori, desiderosi di rendere irreversibili le conseguenze di una decisione d’aggiudicazione contestata, a procedere molto rapidamente alla firma del contratto. Dunque, attraverso queste previsioni, l’ordinamento italiano garantirebbe un meccanismo precontenzioso di verifica delle possibili irregolarità dell'aggiudicazione che, correttamente utilizzato, può costituire un utile strumento volto a limitare l'instaurazione di ricorsi giurisdizionali.
grado in caso di decisione del merito all'udienza cautelare ovvero fino alla pronuncia di detti provvedimenti se successiva (6).
- Eccezioni al principio: tuttavia (art. 11, comma 10ter, c.c.p.) l’effetto sospensivo sulla stipula del contratto cessa quando, in sede di esame della domanda cautelare:
(i) il giudice si dichiara incompetente;
(ii) o fissa con ordinanza la data di discussione del merito senza concedere misure cautelari;
(iii) o rinvia al giudizio di merito l'esame della domanda cautelare, con il consenso delle parti, da intendersi quale implicita rinuncia all'immediato esame della domanda cautelare (7).
E’ inoltre previsto il divieto di procedere all'esecuzione di urgenza della prestazione durante il termine dilatorio di cui sopra (comma 10, c.c.p.) nonché durante il periodo di sospensione obbligatoria del termine per la stipulazione del contratto (comma 10ter, c.c.p.), salve alcune eccezioni (8).
Occorre inoltre tener presente come il contratto risulta sottoposto alla condizione sospensiva dell'esito positivo dell'eventuale approvazione e degli altri controlli previsti dalle norme proprie delle SA o degli enti aggiudicatori.
Dove si vede come il principio generale sia quello che vuole l’esecuzione del contratto solo dopo che lo stesso sia divenuto efficace, salvo che, in casi di urgenza, la SA o l'ente aggiudicatore ne chieda l'esecuzione anticipata, nei modi e alle condizioni previste dal regolamento (9).
2. La delimitazione delle fattispecie. – Così inquadrato l’angolo prospettico in cui operare (limitato e circoscritto), occorre ora affrontare le numerose problematiche che esso comporta e che, al contrario, sono per la rilevanza delle questioni che introduce – sia sul piano teorico, sia di tutela concreta, in sede processuale, delle situazioni giuridiche rilevanti – di portata generale e addirittura tali da incidere sugli stessi princìpi fondamentali del processo amministrativo.
Riassumiamo sinteticamente le fattispecie cui il tema si riferisce:
(6) Il termine dei venti giorni non pare debba considerarsi massimo; la norma infatti precisa “ovvero fino alla pronuncia di detti provvedimenti se successiva”: quindi la norma sembra consentire dilazioni.
(7) Ai sensi dell’art. 245, comma 2 quater, c.c.p., la competenza territoriale è inderogabile e il relativo difetto è rilevato d’ufficio (quindi a prescindere da un’istanza di parte), prima di ogni altra questione, e pronunciato in sede di primo
esame della domanda cautelare [da intendersi, dunque, prima dell’udienza, già al deposito del ricorso] o, in mancanza di questa, nella prima udienza di merito. Sul difetto di competenza il TAR decide con ordinanza, indicando il TAR competente; l’ordinanza è impugnabile entro 15 giorni dalla comunicazione o dalla notificazione, con il regolamento di competenza e, in tal caso, il ricorso va riassunto nel termine di 15 giorni da quando diventa definitiva l’ordinanza che declina l’incompetenza. L’effetto sospensivo si verifica solo se il ricorso avverso l'aggiudicazione definitiva è presentato congiuntamente all’istanza cautelare; è inoltre indispensabile che il contratto non sia stato ancora stipulato. Cfr. però art. 15, comma 5, d.lgs. n. 104/2010, per cui “quando è proposta domanda cautelare, se il tribunale adito non ritiene sussistente la propria competenza ai sensi degli artt. 13 e 14 non provvede sulla domanda e richiede d’ufficio, con ordinanza, il regolamento di competenza, indicando il tribunale che reputa competente”.
(8) L’esecuzione di urgenza non è consentita durante il termine dilatorio né durante il periodo di sospensione obbligatoria del termine per la stipulazione del contratto, salvo che: (i) nelle procedure in cui la normativa vigente non
prevede la pubblicazione del bando di gara; (ii) ovvero nei casi in cui la mancata esecuzione immediata della prestazione dedotta nella gara determinerebbe un grave danno all'interesse pubblico che è destinata a soddisfare, ivi compresa la perdita di finanziamenti comunitari. Cfr. art. 11, comma 9, c.c.p., modificato dall'art. 1 del d.lgs. n. 53 del 2010.
(9) Il regolamento di esecuzione e attuazione del c.c.p. (nella versione del giugno 2010, non ancora in vigore) all’art.
204 dispone infatti che il responsabile del procedimento può autorizzare, ai sensi dell’art. 11, comma 9, c.c.p., l’esecuzione anticipata della prestazione dopo che l’aggiudicazione definitiva è divenuta efficace: a) quando il contratto ha ad oggetto beni o servizi che, per la loro natura o per il luogo in cui deve essere eseguito il contratto, debbono essere immediatamente consegnati o svolti; b) in casi di comprovata urgenza. L’autorizzazione è disposta con apposito provvedimento ed indicazione in concreto dei motivi che hanno giustificato l’esecuzione anticipata.
1) ipotesi di gravi violazioni (inefficacia necessaria) ex art. 121, in cui, a seguito dell’annullamento dell'aggiudicazione definitiva, il giudice dichiara l’inefficacia del contratto, decidendo anche il momento in cui decorre questa inefficacia (10):
“1. Il giudice che annulla l'aggiudicazione definitiva dichiara l'inefficacia del contratto nei seguenti casi (precisando in funzione delle deduzioni delle parti e della valutazione della gravità della condotta della stazione appaltante e della situazione di fatto, se la declaratoria di inefficacia è limitata alle prestazioni ancora da eseguire alla data della pubblicazione del dispositivo o opera in via retroattiva):
a) se l'aggiudicazione definitiva e' avvenuta senza previa pubblicazione del bando o avviso con cui si indice una gara nella GUUE o nella GURI, quando tale pubblicazione e' prescritta dal c.c.p.;
b) se l'aggiudicazione definitiva e' avvenuta con procedura negoziata senza bando o con affidamento in economia fuori dai casi consentiti e questo abbia determinato l'omissione della pubblicità' del bando o avviso con cui si indice una gara nella GUUE o nella GURI, quando tale pubblicazione e' prescritta dal c.c.p.
Cioè, in buona sostanza, vi è stata una lesione del mercato in quanto l’affidamento non è stato preceduto da adeguata pubblicità e quindi con una concorrenza fra gli operatori economici potenzialmente interessati alla spendita del denaro pubblico.
e ancora
c) se il contratto e' stato stipulato senza rispettare il termine dilatorio stabilito dall'art. 11, comma 10, c.c.p., qualora tale violazione abbia privato il ricorrente della possibilità di avvalersi di mezzi di ricorso prima della stipulazione del contratto, e
d) se il contratto e' stato stipulato senza rispettare la sospensione obbligatoria del termine per la stipulazione derivante dalla proposizione del ricorso giurisdizionale avverso l'aggiudicazione definitiva, ai sensi dell'art. 11, comma 10-ter, c.c.p.,
in entrambe tali ultime ipotesi precisando che la violazione, aggiungendosi a vizi propri dell'aggiudicazione definitiva, deve aver influito sulle possibilità del ricorrente di ottenere l'affidamento.
Cioè, in buona sostanza, vi è stata una differente ma ugualmente grave lesione del mercato in quanto l’affidamento non è stato preceduto da adeguata possibilità dell’operatore economico che aveva partecipato all’espletamento della gara e che aveva utilmente offerto.
2) ipotesi di altre violazioni (inefficacia possibile) ex art. 122 (11)
“1. Fuori dei casi indicati dall’articolo 121, comma 1, e dall’articolo 123, comma 3, il giudice che annulla l’aggiudicazione definitiva stabilisce se dichiarare inefficace il contratto, fissandone la decorrenza, tenendo conto, in particolare, degli interessi delle parti, dell’effettiva possibilità per il ricorrente di conseguire l’aggiudicazione alla luce dei vizi riscontrati, dello stato di esecuzione del contratto e della possibilità di subentrare nel contratto, nei casi in cui il vizio dell’aggiudicazione non comporti l’obbligo di rinnovare la gara e la domanda di subentrare sia stata proposta.”
(10) Salve le ipotesi di conservazione dell’efficacia ex commi 2 e 5 della norma.
Innanzitutto una precisazione: nel nuovo Codice del processo amministrativo nessuna distinzione è operata dal legislatore tra gli appalti sotto-soglia e quelli sopra-soglia (12): vi è quindi una disciplina unitaria anche se le esigenze che hanno portato a tale nuova disciplina amministrativa derivano direttamente dalla direttiva ricorsi a dimostrazione di quanto sia innovativa la disciplina comunitaria non solo per i settori da essa direttamente coperti, ma anche per quelli che più in generale riguardano la materia.
Inoltre, per gli aspetti che in questa sede più ci interessano, si dispone in ordine all’inefficacia del contratto a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione.
Perché l’inefficacia e non l’invalidità del contratto?
E’ necessaria una breve digressione per fare il punto della situazione.
Da tempo in dottrina e in giurisprudenza si discuteva sulla sorte del contratto a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione. Nel dibattito, si erano delineati diversi orientamenti (13):
1) annullabilità del contratto per vizi del consenso (14); difetto di legittimazione della PA e del contraente privato (15);
(11) Xxxxxxx precisare che la direttiva 2007/66, in tali ipotesi, non imponeva la dichiarazione di inefficacia del contratto già stipulato. La previsione dell’inefficacia (pur se eventuale) è stata una scelta del legislatore nazionale.
(12) Cfr. FRACCHIA, Il rito speciale sugli appalti e la sorte del contratto: un giudizio a geometria variabile e a oggetto necessario nel contesto della concorrenza, in xxx.xxxxxxxx.xx (1.07.2010).
(13) Su tale ricostruzione: SCACCHI, Profili civilistici dell'incidenza dell'annullamento dell'aggiudicazione sul
susseguente contratto, in Riv. it. dir. pubbl. comun., 2009, 6, p. 1501 ss.
(14) L’impostazione tradizionale della giurisprudenza, sia civile che amministrativa, considerava il contratto stipulato sulla base di un’aggiudicazione illegittima come annullabile. In particolare, il fondamento dell’annullabilità del
contratto era rinvenibile nell’art. 1427 c.c. (per vizi del consenso e, in particolare, per errore) per cui le norme che regolano le procedure ad evidenza pubblica mirano a salvaguardare la corretta formazione della volontà contrattuale della PA, sicché la loro violazione determina l'insorgere di una volontà negoziale "alterata", in ragione dei vizi che affliggono il procedimento di scelta del contraente privato e che si riversano sul provvedimento finale di aggiudicazione. In giurisprudenza, cfr. Cass. civ., 30 luglio 2002, n. 11247; Id., 17 novembre 2000, n. 14901; Id., 8
maggio 1996, n. 4269; Id., 28 marzo 1996, n. 2842; Id., 21 febbraio 1995, n. 1885; Id., 26 luglio 1993, n. 8346. Xxxxx
stesso senso, T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 23 dicembre 1999, n. 5049; Id., Brescia, 9 maggio 2002, n. 823;
T.A.R. Basilicata, 21 maggio 2002 n. 440. Per Cass., Sez. I, n. 11247/02, ai fini dell’annullamento del contratto, nel caso di errore, devono, inoltre, ricorrere i requisiti di cui agli artt. 1428 e 1429 c.c., deve cioè trattarsi di errore essenziale e riconoscibile dall'altro contraente.
(15) Sul fondamento dell’annullabilità nell’art. 1425 c.c. (per incapacità legale a contrattare della PA), v. invece
BESSONE (diretto da), Tratt. dir. priv., ed. VII, Torino, 2002; ROPPO (diretto da), Tratt. del contratto, ed. IV, Milano, 2006; TOMMASINI, in Enc. giur. Treccani, vol. II, Roma, 1988. In giurisprudenza, nel senso che gli atti amministrativi antecedenti la stipula del contratto integrano la capacità di agire della PA, sicché l'annullamento della procedura ad evidenza pubblica determina l'incapacità del contraente pubblico e conseguentemente l'annullamento del contratto; per cui legittimata a proporre l'azione di annullamento del contratto, a seguito dell'annullamento dell'aggiudicazione, è la sola PA, dovendo trovare applicazione il dettato normativo dell'art. 1441 c.c., secondo il quale l'annullamento del contratto può essere domandato solo "dalla parte nel cui interesse è stabilito dalla legge": Cass., 8 maggio 1996, n. 4269, e 17 novembre 2000, n. 14901; TAR Lombardia Milano, 11 dicembre 2000, n. 7702; TAR Campania, Napoli, 20 ottobre 2000, n. 3890. X. xxxxx XXX Xxxxxx, 00 gennaio 2007, n. 464, che con una lettura estensiva dell'art. 1441 c.c., fa rientrare nell'ambito della nozione di "parte nel cui interesse l'annullamento è stabilito dalla legge" anche "il privato che nel giudizio amministrativo ha ottenuto l'annullamento dell'aggiudicazione per le illegittimità verificatesi nel procedimento di evidenza pubblica". Conf. SCOCA, Evidenza pubblica e contratto: profili sostanziali e processuali, Milano, 2008, passim per cui "il travolgimento del contratto (a seguito dell'annullamento dell'aggiudicazione) può dipendere non automaticamente ma solo da vizi sostanziali intesi come vizi idonei a incidere sul voluto contrattuale" e "la vicenda è spiegabile impiegando lo schema dell'annullabilità del contratto per vizio del consenso". Altra parte della giurisprudenza fonda l’annullabilità del contratto sul difetto di uno dei presupposti essenziali dello stesso: Cass. civ., sez. II, 21 febbraio 1995, n. 1885; Id., sez. I, 20 novembre 1985 n. 5712, per cui “l'illegittimità di un atto della serie procedimentale che precede la formazione del contratto stipulato dalla p.a. da luogo al difetto di uno dei presupposti negoziali traducendosi in difetto della legittimazione a contrarre da parte dell'organo che esprime la volontà dell'amministrazione stessa" tuttavia "in tal caso il difetto di legittimazione a
(17);
2) nullità per difetto strutturale del contratto (16); nullità per violazione di norme imperative
3) caducazione del contratto a seguito dell'annullamento dell'aggiudicazione (18);
4) inefficacia per difetto di legittimazione della PA.
contrarre che di norma produce l'inefficacia del negozio incide sulla validità del contratto determinando l'annullabilità per difetto di uno dei presupposti negoziali”.
(16) Il contratto di appalto pubblico stipulato nella falsa ed erronea presupposizione della legittimità della procedura di evidenza pubblica, a seguito dell'annullamento giurisdizionale dell'aggiudicazione, diviene carente di una condizione
legale di validità, che lo inficia ab origine, determinandone la insanabile nullità: così TAR Campania, Napoli, n. 3177 del 29 maggio 2002; conf. TRGA Bolzano, 12 febbraio 2003, n. 48 e 10 maggio 2002, n. 201; TAR Puglia, Bari, sez. I, 28 gennaio 2003, n. 394; TAR Sicilia, Catania, sez. II, 7 maggio 2002, n. 802. In particolare, sulla nullità per difetto genetico della causa, principalmente, MOSCARINI, Profili civilistici del contratto di diritto pubblico, Milano, 1988, passim.
(17) In argomento, cfr. XXXXX, L'annullamento dell'aggiudicazione ed i suoi effetti sul contratto, in Dir. amm., 2003, p.
645 ss.; XXXXXXX XXXXXX, L'annullamento dell'aggiudicazione e la sorte del contratto, in Xxx. x xxxxxxx, 0000, x. 0000 xx. Xx xxxxxxxxxxxxxx, TAR Basilicata, 4 marzo 2004, n. 126; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I., 29 maggio 2002,
n. 317, per cui muovendo dall'assunto secondo il quale le regole dell'evidenza pubblica costituiscono norme di natura imperativa, si ritiene che la loro violazione determina la nullità del contratto di diritto privato (stipulato in assenza di una valida procedura ad evidenza pubblica) ai sensi di quanto previsto dall'art. 1418 comma 1 c.c. La natura imperativa di tali norme deriverebbe dal fatto che esse sono poste a salvaguardia di interessi non individuali ma generali e di rango costituzionale, quali: 1) la tutela del buon andamento e dell'imparzialità dell'amministrazione pubblica di cui all'art. 97 della Cost.; 2) la salvaguardia di un mercato libero e concorrenziale. Ad es., il bando costituisce invito ad offerendum e la procedura di valutazione delle offerte, secondo i canoni fissati dalla lex specialis, è orientata ad una progressione verso l’individuazione di quale accettare. L’incontro di offerta ed accettazione è dunque lo scopo della procedura di gara, ma incontro di offerta ed accettazione costituiscono anche il consenso, elemento essenziale del contratto ex art. 1325 c.c.; sicché l’annullamento della fase amministrativa comporta l’assenza di uno degli elementi essenziali, donde la nullità di cui al 1418 c.c., accertabile senza limite di prescrizione o di decadenza su iniziativa di chiunque ne abbia interesse. V. però: MANTOVANI, in ROPPO (diretto da), Tratt., cit.; XXXXX, in BESSONE (diretto da), Tratt., cit., per norme imperative devono intendersi quelle che seppur posta a difesa di interessi di carattere generale, dettano prescrizioni concernenti il contenuto del regolamento negoziale; così che all'inosservanza di tali regole consegue una valutazione negativa del regolamento programmato dalla parti ed in ultima analisi l'invalidità dello stesso contratto. Pertanto, la nullità del contratto per violazione di norme imperative non può fondarsi su una mera valutazione dell'interesse leso, rimesso all'apprezzamento discrezionale dell'interprete, ma presuppone la formazione di un regolamento contrattuale in contrasto con una specifica disposizione normativa di carattere imperativo. Per Cass. civ., sez. un., 19 dicembre 2007, n. 26724, per norme imperative, la cui violazione determina la nullità del contratto, "devono essenzialmente intendersi quelle che si riferiscono alla struttura o al contenuto del regolamento negoziale delineato dalle parti"; costituiscono ulteriori ipotesi di nullità la violazione di norme che riguardano elementi estranei a quel contenuto o a quella struttura, quali la mancanza di una prescritta autorizzazione a contrarre o la mancanza di necessari requisiti soggettivi di uno dei contraenti (es. mancata iscrizione in un albo). Infine: XXXXXXX, in XXXXXXXX (diretto da) Trattato dei contratti, in virtù dell'inciso finale del comma 1 dell'art. 1418 c.c., secondo il quale il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative “salvo che la legge disponga diversamente”, dovrebbe escludersi la nullità per violazione di una norma imperativa posta a tutela di interessi generali quando l'effettività della norma è comunque assicurata dalla previsione di altri rimedi rinvenibili nell'ordinamento civile.
(18) La teoria della caducazione automatica pone l’accento sul rapporto di consequenzialità necessaria tra la procedura ad evidenza pubblica e il contratto successivamente stipulato: l’eliminazione con effetto retroattivo del presupposto
posto a condizione del contratto comporta l’inefficacia del medesimo, quindi farebbe venire meno il vincolo negoziale illegittimamente sorto. L’inefficacia del contratto si atteggia a vicenda sopravvenuta all’annullamento giurisdizionale della procedura amministrativa. Cfr. Cons. Stato, sez. VI, 14 gennaio 2000, n. 244, e 19 dicembre 2000, n. 6838, per cui l'annullamento dell'aggiudicazione di una gara pubblica elide il vincolo negoziale sorto con l'adozione del provvedimento rimosso, con la conseguenza che restituisce in pieno alla potestà di diritto pubblico della stazione appaltante la scelta fra l’avvalersi della procedura espletata, ovvero procedere ad una nuova gara previa revoca degli atti che vi hanno dato luogo, a fronte della quale non sono rinvenibili posizioni di diritto soggettivo in capo agli altri partecipanti alla gara, ancorché costoro si trovino in posizione utile per subentrare all'aggiudicatario rimosso. Cfr. anche Cons. Stato, sez. VI, 5 maggio 2002, n. 2332; e, in dottrina, GAROFOLI, in Trattato sui contratti pubblici, pp. 3930 ss. La consolidata giurisprudenza amministrativa peraltro afferma che l’esperimento della azione risarcitoria è strettamente dipendente dal favorevole esito dell’azione di annullamento del provvedimento lesivo, sicché il risarcimento non può essere chiesto se il danneggiato non ne abbia tempestivamente chiesto (ed ottenuto) l’annullamento: ad es., Cons. Stato, 22 ottobre 2007, n. 12 e 26 marzo 2003, n. 4. V. anche Cass., sez. Unite, 10 febbraio 2010, n. 2906, per cui la caducazione degli effetti del contratto di appalto è reintegratoria del diritto sorto dall’annullamento della gara chiesto con il medesimo ricorso.
Tale ultima scelta, compiuta per l’inefficacia non ha chiarito la portata di tale previsione, per il cui inquadramento pare opportuno fare riferimento, anzitutto, alle categorie generali di diritto civile.
Autorevole dottrina (19) ha affermato che il contratto inefficace è improduttivo dell’effetto, proprio del contratto, di costituire, regolare o estinguere fra le parti un rapporto giuridico patrimoniale, con la precisazione che l’inefficacia presenta un’estensione maggiore dell’invalidità, infatti pur conseguendo di regola a contratti invalidi, può anche investire contratti validi. È una figura più elastica di quella dell’invalidità.
In altre parole, “il negozio, pur essendo valido, può non essere idoneo a produrre i suoi effetti: si dice, allora, inefficace. Il contratto nasce valido (è validamente concluso), ma è inidoneo a produrre i suoi effetti tipici e voluti nel momento formativo” (20).
Occorre precisare che diversa dall’inefficacia è l’inesistenza del contratto. Categoria sconosciuta al c.c., ma usata dalla giurisprudenza, per cui si considera inesistente il contratto neppure identificabile come tale, privo del minimo essenziale che permetta di parlare di un certo accadimento come di un contratto.
Lo stesso Autore ha poi individuato una serie di cause che provocano inefficacia, tra cui, in particolare, occorre qui segnalare il difetto di legittimazione del soggetto che ha posto in essere l’atto, ossia della inidoneità del soggetto a disporre del rapporto che forma oggetto dell’atto, e l’inefficacia dipendente da condizione volontaria o legale (21).
Al riguardo si è sostenuto in dottrina (22) che qualora l’inefficacia sia cagionata dalla violazione di una norma, la stessa sia configurabile come sanzione, e vada inquadrata nel concetto più generale di invalidità.
Infine, vengono evidenziate dal XXXXXXX alcune caratteristiche costanti della inefficacia non dipendente da invalidità: relatività (in contrasto con l’inefficacia assoluta del contratto nullo); convalidabilità (in contrasto con l’inconvalidabilità del contratto nullo); non convertibilità (in contrasto con la convertibilità del contratto nullo).
Alla luce del d.lgs. n. 53 del 2010, anche la dottrina amministrativa si è interrogata sulla nozione civilistica di inefficacia del contratto. Così, si è osservato (23) che “un negozio della vita reale può non essere idoneo a spiegare […] tutti gli effetti che il diritto ricollega alla fattispecie astratta cui appartiene: la qualifica di invalido o inefficace presuppone, allora, un raffronto tra il concreto regolamento d’interessi divisato dalle parti e il genere di negozio che quest’ultimo intende rispecchiare”.
Dunque, secondo tale orientamento, il contratto sarebbe inefficace non per vizi propri, ma per l’avveramento della suddetta condicio juris e la relativa azione si configurerebbe come
(19) XXXXXXX, Trattato di Diritto Civile, Padova.
(20) X. XXXXXXXXXXXXX, Xxxxxxx xxxxxxx, Xxxxxx, 0000, soprattutto p. 234.
(21) In totale sono individuate 7 categorie. Oltre a quelle già citate nel testo vi sono: cause delle stesso ordine di quelle che producono nullità del contratto; cause dello stesso ordine di quelle che producono annullabilità del contratto; simulazione del contratto; contratto in frode ai creditori; mancato assolvimento di un onere da parte dei contraenti. In giurisprudenza, v. Cons. Stato, sez. IV, 27 0ttobre 2003, n. 6666, in particolare sul difetto di legittimazione dell’organo che ha stipulato il contratto, una volta che viene a cadere, con effetto ex tunc, uno degli atti del procedimento costitutivo della volontà dell’amministrazione, come la deliberazione di contrattare, il bando o l’aggiudicazione. Secondo tale impostazione l’inefficacia sopravvenuta derivante dall’annullamento degli atti di gara ovvero del provvedimento di aggiudicazione è relativa e può essere fatta valere solo dalla parte che abbia ottenuto l’annullamento.
(22) X. XXXXXXXXXXXXX, Diritto privato, cit. L’Autore prosegue distinguendo l’invalidità, intesa come carenza o
vizio degli elementi essenziali o dei presupposti necessari, costitutivi del tipo negoziale, dall’inefficacia, intesa invece come inidoneità a dispiegare gli effetti nel reale a causa di una circostanza di fatto estrinseca al negozio stesso. Venendo alla sorte del contratto, l’Autore afferma quindi che “l’annullamento dell’aggiudicazione viene a segnare -in via retroattiva- la carenza di uno dei presupposti di efficacia del contratto, che resta così […] definitivamente privato dei suoi effetti: la sorte del negozio non si configura più, quindi, in termini patologici, atteso che l’annullamento dell’aggiudicazione viene di fatto dequotato da vizio originario del contratto a mera circostanza (esterna) ostativa alla sua efficacia”.
(23) XXXXX, Descrive, ma non spiega- inefficacia, ovvero del compromesso, in xxx.xxxxxxxx.xx.
dichiarativa, avendo l’annullamento dell’aggiudicazione effetti caducanti (e non vizianti) sul contratto.
Di diverso avviso è, invece, altra dottrina (24) che, pur riconoscendo la sussistenza di argomentazioni a favore della tesi “dichiarativa”, preferisce qualificare la pronuncia del giudice come costitutiva. E lo fa innanzitutto partendo dal dato letterale fornito dalla direttiva ricorsi (“la carenza di effetti non dovrebbe essere automatica, ma dovrebbe essere accertata da un organo di ricorso indipendente”) che, a detta dell’Autore, sembrerebbe comportare effetti vizianti sul contratto. Inoltre osserva che, a differenza delle azioni di mero accertamento, qui l’intervento del giudice appare necessario, tanto più che “il Giudice può, sia pure in casi eccezionali, addirittura consentire che il contratto mantenga integra la propria efficacia”.
Quanto alla natura dei vizi del contratto, secondo l’orientamento da ultimo menzionato pare si possa anzitutto escludere la nullità, essendosi rifiutata la qualificazione dell’azione come di mero accertamento. Ma l’Autore non prende poi posizione più in dettaglio sulla questione, limitandosi ad affermare l’esigenza di “stabilire se si tratta di vizio genetico o funzionale”, avendosi, nel primo caso, “una sorta di annullamento”, mentre nel secondo “si potrebbe instaurare un qualche parallelo con l’istituto codicistico della risoluzione”.
A favore della tesi costitutiva della pronuncia di inefficacia del contratto si sono mostrati anche altri in dottrina (25).
In linea con tali orientamenti, non è mancato chi (26) abbia sottolineato che l’azione altro non può essere che costitutiva, poiché in assenza di pronuncia il contratto resta efficace e poiché il giudice non solo può dichiarare l’inefficacia del contratto, ma può anche definire i confini temporali dell’inefficacia stessa, valutando in modo incisivo gli interessi in gioco.
Il medesimo Autore continua affermando che l’inefficacia de qua non deriva da un vizio intrinseco del contratto, ma può invece essere determinata sia da una patologia che colpisce una fase presupposta e che si chiude con l’aggiudicazione, sia da una valutazione globale della situazione determinatasi a seguito dell’annullamento: “se talora, infatti, la violazione è sufficiente, in altri casi occorre effettuare un più ampio bilanciamento di interessi con una valutazione che, quasi a evocare la figura della risoluzione, non investe il contenuto e la struttura originaria del contratto in sé” (ad es., il mancato rispetto della clausola di standstill). Dunque si commenta che il contratto “è solo un tassello di un mosaico più vasto e ciò vale a spiegare perché, al fine di individuare i caratteri della sua inefficacia, le formule tradizionali, che chiudono il campo visuale, restringendolo sul solo contratto, sono incapienti al cospetto dei poteri di un giudice che deve prioritariamente tutelare la concorrenza” (27).
Da questi punti possiamo ora partire per analizzare le singole fattispecie sulle quali rifletteremo nell’ottica dell’azione scelta dalla parte per introdurre il giudizio e sottoporre al giudice una prospettazione della vicenda sostanziale di cui si duole, secondo le diverse prospettive che il Codice del processo amministrativo gli consente.
(24) GRECO, Illegittimo affidamento dell'appalto, sorte del contratto e sanzioni alternative nel d.lgs. 53/2010, cit.
(25) BARTOLINI, XXXXXXX, XXXXXXXXX, Il decreto legislativo di recepimento della direttiva ricorsi, in Urb. e appalti,
2010, 6, pp. 654 ss.
(26) FRACCHIA, Il rito speciale sugli appalti e la sorte del contratto: un giudizio a geometria variabile e a oggetto necessario nel contesto della concorrenza, in xxx.xxxxxxxx.xx.
(27) In giurisprudenza, sulla inefficacia del contratto per “mancanza legale del procedimento”, cfr. anche Cons. Stato,
sez. V, 5 marzo 2003, n. 1218; Id., Sez. VI, 14 marzo 2003, n. 1518; Id., Sez. VI, 5 maggio 2003, n. 2332. Per la tesi dell’inefficacia ex art. 1398 c.c., configurandosi una sorta di ipotesi di contratto concluso dal rappresentante senza potere, soprattutto BIANCA, Diritto civile, vol. 3, Il contratto, Milano, 2000, p. 108, sull’inefficacia per mancanza di un requisito di efficacia integrabile in via di ratifica. In argomento, anche A.M. XXXXXXXX, Deliberazione di negoziare e negozio di diritto privato della p.a., in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 1965, pp. 1 ss.; SPAGNOLO VIGORITA, Rilevanza di elementi extratestuali ai fini della interpretazione e della invalidità dei contratti privati della p.a., in Rass. Dir. Pubbl., 1961, pp. 534 ss.
3. Domanda di parte: la domanda di parte quale presupposto necessario del giudizio. – Xxxxxxxxx in esame dapprima la domanda della parte ricorrente: verrebbe da chiedersi “quale domanda?”
Come noto, nel giudizio amministrativo, la struttura del processo è configurata, per assodata tradizione, come vocatio in jus cioè, mediante “un atto si chiama il giudice a provvedere sull'oggetto della domanda” (28): non si convoca l’Amministrazione in giudizio né tantomeno i controinteressati, ma si costituisce il giudice della controversia (e il rapporto processuale si instaura nel momento del deposito del ricorso presso il GA, e non dalla notificazione del ricorso): da ciò le conseguenze per cui non esiste la contumacia, e il giudice si deve pronunciare esclusivamente all’interno della domanda così come circoscritta al momento della proposizione del ricorso (o, quando ne ricorrono i casi, nei motivi aggiunti) e i poteri istruttori acquisitivi del giudice sono sempre riconosciuti nel rispetto del principio dell’onere della prova (29).
Il thema decidendum è dunque stabilito dal ricorrente in modo unilaterale (applicazione del principio della unilateralità dell’azione), salva la possibilità di ampliamento dello stesso ad opera di altre parti costituite.
Il nuovo Codice fa salvo il principio del rito ordinario ove sostanzialmente si ripete il tradizionale modello del cd. principio dispositivo secondo il quale il privato chiede di tutelare posizioni soggettive nell’ambito del proprio interesse sostanziale alla proposizione e coltivazione del ricorso ed altresì nutre l’aspirazione di veder tutelate le sottostanti posizioni soggettive che possono mutare nelle more del giudizio (soprattutto in una materia come quella degli appalti legata strettamente a valutazioni economiche condizionate da molteplici fattori, alcuni dei quali soggetti a rapidi ed improvvisi cambiamenti) (30). Del resto, il modello processuale ha avuto consacrazione a livello costituzionale e quindi oggi non può essere messo in discussione.
(28) In materia di studi sul processo amministrativo, cfr. BENVENUTI, Appunti sul diritto amministrativo, Xxxxxx, 0000; ID., L’istruzione nel processo amministrativo, Padova, 1953; XXXXX, Giustizia amministrativa, Bologna, 1983; e tra i meno datati TRAVI, Lezioni di diritto amministrativo, Torino, 2006; XXXXXX, Sistema di giustizia amministrativa, Milano, 2009; RANELLETTI, La giustizia amministrativa, Napoli, 1992; DE LISE, La giustizia amministrativa nel pensiero di Xxxx X. Xxxxxxxx, in xxx.xxxxxxxxx-xxxxxxxxxxxxxx.xx.
(29) Nel processo amministrativo (rispetto al processo civile) spetta alle parti introdurre nel processo i fatti della realtà materiale ma al giudice compete la scelta circa i fatti rilevanti per la decisione, la determinazione del mezzo di prova idoneo ad accertarli nonché l’indicazione del soggetto più adatto a rappresentarli.
(30) Il principio dispositivo è espressione della natura di processo di parti, per cui il ricorrente è tenuto ad introdurre i
fatti, ma non è anche tenuto rigorosamente a fornirne la prova o ad indicare il relativo mezzo probatorio. In ordine all’aspetto istruttorio del processo amministrativo si prevede infatti un principio di prova dove si chiede alla parte privata di fornire solo un inizio di dimostrazione della fondatezza della propria pretesa (data la disparità rispetto alla PA). Sul punto, fra tutte, cfr. Cons. Stato, sez. VI, 2 marzo 2004, n. 973: l'istruzione probatoria nel processo amministrativo di legittimità è governata, com'è noto, dal cd. principio dispositivo attenuato dal metodo acquisitivo. In base a tale principio sul ricorrente non grava "l'onere della prova", come accade nel processo civile, ma "l'onere del principio di prova", nel senso che egli è tenuto semplicemente a prospettare al giudice adito una ricostruzione attendibile sotto il profilo di fatto e giuridico delle circostanze addotte, potendo il giudice acquisire d'ufficio gli elementi probatori indicati dalle parti ovvero ritenuti comunque necessari. Il c.d. principio dispositivo attenuato con metodo acquisitivo si giustifica in ragione della disponibilità degli elementi probatori in capo alla p.a. nel processo amministrativo di legittimità. Laddove tali elementi rientrino nella disponibilità del ricorrente, come accade nel giudizio risarcitorio, ove soprattutto (se non esclusivamente) l'istante è a conoscenza di quali danni ha subìto ed è in possesso degli elementi idonei a provarli, il privato deve supportare la propria domanda dimostrando la sussistenza del danno medesimo (il metodo acquisitivo può essere utilizzato unicamente quando siano stati allegati tali fatti, ma il privato, per la sua posizione di disparità sostanziale con l'amministrazione, non sia in grado di provarli). Tra i contributi di dottrina più recenti in materia di istruzione probatoria, x. XXXXXXXXXX LA GROTTERIA, La consulenza tecnica d’ufficio e il sindacato del giudice amministrativo, Napoli, 2008; CINTIOLI, Giudice amministrativo, tecnica e mercato, Milano, 2005; LIPARI, I principi generali sull’istruttoria nel processo amministrativo dopo la legge n. 205/2000, in Dir. proc. amm., 2003, pp. 55 ss.; DE XXXXXX XXXXX, La ricostruzione del fatto nel processo amministrativo, Napoli, 2003; XXXXXXX, I mezzi di prova in rapporto alle plurime giurisdizioni del giudice amministrativo, in Dir. proc. amm., 2003, pp. 1 ss.
All’art. 2 del Codice del processo amm., espressamente si afferma che “Il processo amministrativo attua i principi della parità delle parti, del contraddittorio e del giusto processo previsto dall’art. 111, primo comma, della Costituzione”.
Il modello-base di processo è dunque sempre un processo di tutela soggettiva che la stessa Costituzione impone come “equo”, “corretto” o “giusto”: tale modello – nel rispetto del minimum garantito – impone che le garanzie siano concepite in termini dinamici, e puntino a realizzare, non già un generico diritto al processo, bensì un diritto al “giusto” processo, in termini di “mezzi” oltre che di “risultato”. Ed è proprio il risultato processuale che oggi viene in rilievo (forse troppo laddove non ci sia domanda: ma su questo si ritornerà infra).
Nemmeno per effetto della particolare e settoriale disciplina in tema di appalti pubblici dunque viene cambiato nulla dell’originaria disciplina.
Certamente però l’insegnamento di XXXXXXXXX deve essere rivisto (peraltro come Lui stesso aveva auspicato) per effetto della concreta affermazione della natura paritaria delle posizioni di diritto soggettivo e interesse legittimo; se si parte dalla natura dell'interesse legittimo che, a seguito della nota sentenza n. 500/1999 della Cassazione, ha profili risarcitori come il diritto soggettivo, ciò consente di affermare come il diritto proprio del rapporto amministrativo sia identico, sotto il profilo della tutela patrimoniale, al diritto soggettivo proprio del diritto comune (31); in questa maniera il giudizio sull'atto può trasformarsi in giudizio sul rapporto sottostante all'atto e si può giungere alla diretta cognizione della auspicata tutela sostanziale (32).
Oggi con la nuova impostazione voluta anche dal Codice del processo amministrativo che richiama espressamente quale norma ermeneutica di tutte le sue disposizioni l'art. 111 Cost., sul giusto processo, si può dire come venga attenuato il principio della correlazione tra “chiesto” (domanda su un atto; sulla legittimità di un atto) e “pronunciato”, per portarsi verso una tutela piena degli interessi di parte, così come rappresentati nel ricorso, ed arrivare ad una piena ed efficace tutela delle posizioni del privato; in buona sostanza, viene portata a conclusione quella aspirazione
(31) Cfr. BENVENUTI, Giudicato (diritto amministrativo), in Enc. dir., XVIII, Milano, 1969.
(32) Si ricordi che anche la Corte costituzionale, con le sentenze n. 204 del 2004, n. 196 del 2006 e n. 77 del 2007 ha progressivamente insistito sulla “pari dignità” del GA rispetto al GO, con una equivalenza delle tutele rispettivamente apprestate che, seppur diversificate nei contenuti, si configurano come sostanzialmente unificate dal punto di vista funzionale. Così, la Nota di lettura del Senato sul nuovo Codice del processo amministrativo. Per le prime sentenze applicative del Codice del processo amm. in materia di dichiarazione di inefficacia del contratto (che giungono alla medesima soluzione attraverso percorsi argomentativi diversi): TAR Lombardia, Milano, Sez. I, 17 maggio 2010, n. 1524, per cui ai sensi dell’art. 245 ter del D. Lgs n. 163/2006 il GA può dichiarare l’inefficacia del contratto stipulato tra la PA e l’aggiudicatario illegittimamente scelto. La norma ha carattere processuale e dunque si applica retroattivamente ai giudizi instaurati prima della sua entrata in vigore. Qui il TAR ha fatto applicazione del cit. art 245 ter (nel testo vigente), per cui il giudice che annulla l’aggiudicazione può dichiarare l’inefficacia del contratto frattanto stipulato, valutando l’interesse delle parti, lo stato di esecuzione del contratto e la possibilità del relativo subentro, oltre alla possibilità del ricorrente di conseguire l’aggiudicazione alla luce dei vizi dedotti; TAR Veneto, Sez. I, 7 maggio 2010, n. 1838, che richiama peraltro Cass., 10 febbraio 2010, n. 2906, secondo cui “…una interpretazione orientata costituzionalmente e quindi comunitariamente (art. 117 Cost.) delle norme che precedono (…) rende necessario l'esame congiunto della domanda di invalidità dell'aggiudicazione e di privazione degli effetti del contratto concluso, nonostante l'annullamento della gara, prima o dopo la decisione del giudice xxxxx, in ragione dei principi che la norma comunitaria impone agli Stati membri di attuare che corrispondono a quelli di concentrazione, effettività e ragionevole durata del giusto processo disegnato nella carta costituzionale”. Richiamando le norme costituzionali che impongono la effettività della tutela (artt. 24 e 111 Cost.), nella sua ordinanza, la Corte precisa come “la rilevanza della connessione denegata in passato per la cognizione congiunta della lesione degli interessi legittimi e dei diritti conseguenti, non è oggi contestabile, derivando da norma comunitaria incidente sulla ermeneutica delle norme interne (art. 117), che è vincolante in tale senso per l'interprete. Se le due controversie per l'annullamento della gara e la caducazione del contratto sono in materia di giurisdizione esclusiva deve quindi ritenersi che, ai sensi dell'art. 103 Cost., le richieste di tutela dei diritti inerenti ai rapporti contrattuali non sono scindibili da quelle sugli interessi legittimi violati dall'abuso dei poteri della P.A., su cui ha di certo cognizione il giudice amministrativo, che può quindi decidere "anche" su tali diritti, dopo essersi pronunciato sugli interessi al corretto svolgimento della gara”.
del giurista teorico XXXXXXXXX che non poteva che essere allora configgente con quella del giurista positivo (33).
Certo che la visione paritaria allora auspicata permane ancora oggi ed anzi appare recepita sia nella legge 205/2000 (portando alle sentenze di condanna al risarcimento del danno il GA), sia ancora oggi nel nuovo Codice del processo amministrativo consentendo al giudice di spingersi oltre rispetto a quanto deducibile in passato nell'ambito del processo e cioè alla valutazione del contratto ed all’eventuale sua inefficacia. Del resto questa parte del Codice è di diretta derivazione comunitaria e quindi risente fortemente dell’impostazione che da sempre questa normativa ha, di tutelare direttamente il dato economico sottostante al di fuori degli schemi giuridici dei singoli Stati membri.
Ed ecco il primo punto da chiarire in proposito: dichiarazione di inefficacia del contratto “necessaria”, perché obbligata dal legislatore (ex art. 121), in assenza anche di una domanda specifica sul punto del ricorrente e potere del giudice di irrogare delle sanzioni (ex art. 123) a prescindere dal petitum.
I contorni del problema sono chiari (anche se ci spingerebbe lontano una loro analisi approfondita): la giurisprudenza costituzionale ha rilevato, anche di recente, la violazione degli artt. 101, comma 2, e 111, comma 1, Cost., allorquando al giudice finisce con l’essere demandata “la concreta gestione del processo e la concreta scelta delle modalità di tutela degli interessi sostanziali e processuali delle parti” (34), nonché il contrasto con l’art. 6, comma 1, CEDU, per il cumulo delle funzioni di istruzione e di decisione in capo al giudice (35).
Oggi non si può certo prescindere da questi princìpi costituzionali per risolvere il problema posto dal legislatore anche se, come nota a margine, si può dire che per attuare i princìpi comunitari anch’essi di rilevanza costituzionale si sarebbe potuto procedere, in maniera ugualmente efficace ma con diverse scelte di merito legislativo, in questa sede neppure analizzabili (36).
3.2. Segue: Le possibili domande e le domande istruttorie: a) con oggetto l’annullamento dell’atto (aggiudicazione); b) con oggetto l’annullamento dell’atto con contestuale (i) richiesta di pronuncia del giudice sul contratto e/o (ii) richiesta espressa di aggiudicazione del contratto; c) con oggetto circoscritto alla sola dichiarazione di inefficacia del contratto. – Ma vediamo le differenti ipotesi conseguenti alle diverse possibili domande del privato, in virtù dell’azione prescelta:
A) La domanda di parte ha ad oggetto solo l’annullamento dell’atto (aggiudicazione): dunque siamo nell’alveo del tipico processo da impugnativa dell’atto con interesse del ricorrente tipico conseguente ad un’azione di annullamento.
Manca però una richiesta della parte sul contratto (rectius: in ordine alla sorte del contratto concluso dall’amministrazione con il terzo): ed è qui che emerge in tutta la sua evidenza la possibile “lesione” al principio del dispositivo sopra richiamato.
Non vi è domanda sul contratto: e ciò può avvenire:
(33) X. XXXXX, Xxxxxxxxx Xxxxxxxxx e la giustizia amministrativa, in xxx.xxxxxxxx.xx (30.06.2008): in Jus, 2008, 2/3, pp. 409-417; CLARICH, La giustizia amministrativa nel pensiero di Xxxxxxxxx Xxxxxxxxx, Relazione al Convegno “Xxxxxxxxx Xxxxxxxxx e il Diritto Amministrativo del Nuovo Secolo” (Roma, 23 aprile 2008), in www.giustizia- xxxxxxxxxxxxxx.xx. Sull’art. 111 Cost., anche CALABRÒ, Il giusto processo e la scommessa del diritto amministrativo, Relazione al Convegno “Art. 111 Costituzione: rivoluzione dell'ordinamento?” (Venezia 6-8 ottobre 2000), ivi.
(34) Corte cost., ord. 4 febbraio 2006, n. 68.
(35) Corte europea dei diritti dell’uomo, 25 luglio 2000, affare Tierce ed altri c. San Marino.
(36) Certamente la previsione appare costituzionale dovendosi dare attuazione al disposto della direttiva 2007/66 per cui
“gli Stati membri assicurano che un contratto sia considerato privo di effetti da un organo di ricorso indipendente dall'amministrazione aggiudicatrice o che la sua privazione di effetti sia la conseguenza di una decisione di detto organo di ricorso”. Il problema però non è se dare attuazione ad un giusto richiamo comunitario; occorre piuttosto avere riguardo al modo in cui si introducono nell’ordinamento princìpi che devono essere coordinati con l’assetto generale; esistono nell’ordinamento altri soggetti, ad. es. l’A.V.C.P., a cui potevano essere affidati compiti e funzioni che potrebbero risultare maggiormente coerenti col contesto sancito dalla direttiva cit.
(i) per mera dimenticanza della parte (la quale ha comunque interesse alla pronuncia demolitoria in ordine allo stipulato contratto per subentrare nella prestazione) ovvero perché al momento del ricorso non sapeva né immaginava l’esistenza dell’avvenuta stipula;
(ii) per scelta della parte stessa (per carenza del sottostante interesse alla pronuncia demolitoria in ordine al contratto) perché:
- non ha interesse al contratto, in quanto vuole solo l’annullamento della procedura, lasciando le questioni conseguenti all’apprezzamento dell’amministrazione (ipotesi estrema ma ammissibile: ad es., il ricorrente potrebbe aspirare ad un altro tipo di gara che realizzi in maniera migliore i suoi interessi economici: ad es. accorpamento di gara per lavori con una con servizi, ecc., soprattutto dopo il tempo passato tra more procedimentali e processuali, ecc.);
- ovvero perché non vuole subentrare nella prestazione perché ritiene la stessa antieconomica allo stato dei lavori, così come già iniziati dal controinteressato e, quindi, in altri termini, perché l'affidamento risulta ormai pregiudicato dall’affidamento dalle attività esecutive poste in essere dal terzo contraente;
- ovvero perché l’oggetto della gara corrisponde all’affidamento di un contratto che non si configura per una sua (più o meno estesa) durata temporale ma si configura come contratto ad esecuzione immediata e la prestazione potrebbe essere già integralmente avvenuta nel momento della proposizione del ricorso (a tal proposito, occorre tener presente come l’ambito di applicazione delle disposizioni del Codice del processo amministrativo comprenda la generalità dei contratti affidati ai sensi del c.c.p. dove accanto all’affidamento del contratto di appalto di ll.pp. sussistono contratti di forniture o di servizi che si configurano come contratti commutativi a prestazione immediata, come nel caso del contratto di acquisto di beni da parte dell’Amministrazione);
- ovvero (ma anche consequenzialmente) perché l’interesse del ricorrente si concentra sul solo al risarcimento patrimoniale, per equivalente.
Il giudice deve però provvedere ugualmente con una sentenza (letteralmente, l’art. 121, comma 1, Xxxxxx processo amm. usa la locuzione “dichiara”).
Xxxxx, viene da chiedersi quale interesse tuteli una previsione siffatta ed a quale azione consegua.
Non quello del ricorrente che nulla ha chiesto (in ordine alla inefficacia del contratto); l’interesse è forse quello obiettivo dell’ordinamento? Ma allora si abbandona il principio dispositivo?
I quesiti non sono di poco conto in quanto, va detto, non è escluso che possa essere carente un interesse del ricorrente al subentro nel rapporto contrattuale (in altri termini, cioè, che non sussista un interesse sostanziale a fondamento dell’interesse processuale manifestato mancando la richiesta di risarcimento in forma specifica, e dunque preordinato all’esecuzione della prestazione illegittimamente affidata a terzi) e quindi potrebbe realmente verificarsi la circostanza (come negli esempi sopra riportati) di un interesse del ricorrente al solo annullamento dell’aggiudicazione.
Non a caso la norma de qua lascia al giudice l’apprezzamento in ordine all’individuazione del momento (ex tunc; ex nunc) da quale far decorrere l’inefficacia del contratto (ex art. 121, comma 1: “Il giudice che annulla l’aggiudicazione definitiva dichiara l’inefficacia del contratto …, precisando in funzione delle deduzioni delle parti e della valutazione della gravità della condotta della stazione appaltante e della situazione di fatto, se la declaratoria di inefficacia è limitata alle prestazioni ancora da eseguire alla data della pubblicazione del dispositivo o opera in via retroattiva”).
Dove si vede che tale apprezzamento, però, è in funzione della (eventuale) deduzione delle parti, nonché di una serie di elementi che presuppongono la produzione in giudizio di dati, da parte degli stessi interessati. Se però vi è assenza di domanda e dunque di materiale probatorio (sul
contratto come, ad es., sulla gravità della condotta della SA e della situazione di fatto) come può il giudice accertarle?
Sembra di poter affermare che il giudice possa acquisire da sé certe informazioni (ad es., proprio ai fini della valutazione della gravità della condotta della SA e della situazione di fatto).
Rispetto al principio generale dell’art. 2697 c.c. sull’onere della prova (37), e dell’art. 101
c.p.c. (38), il legislatore del Codice del processo amm. infatti sembra aver introdotto uno spiraglio laddove dispone in ordine alla facoltà del giudice di disporre d'ufficio i mezzi istruttori: infatti, ai sensi dell’art. 63 del Codice del processo amm., il giudice può:
- richiedere chiarimenti o documenti (comma 1), non solo alla PA ma alla generalità delle parti coinvolte;
- ordinare l’esibizione ex art. 210 c.p.c. (comma 2) (39);
- ordinare l'ispezione prevista dall'art. 118 c.p.c. (comma 2);
- e, ancora, disporre la verificazione e la consulenza tecnica (comma 3), procedere all'acquisizione di informazioni e documenti utili ai fini del decidere e che siano nella disponibilità dell'amministrazione (art. 64, comma 3); in generale, a tutti gli altri mezzi di prova previsti per il processo civile (art. 63, comma 5) (40).
Quindi, il GA può porre a fondamento della decisione i fatti non specificatamente contestati dalle parti costituite e conoscere, ad es., se il contratto è stato stipulato.
Non solo. Malgrado la circostanza che le ipotesi di cui all’art. 121, comma 1, determinino la dichiarazione di inefficacia del contratto, il giudice può comunque decidere di non intervenire sul contratto stesso (che resta così efficace, malgrado il contestuale annullamento dell’aggiudicazione), laddove – ai sensi del comma 2 dell’art. 121 – accerti la sussistenza di “… esigenze imperative connesse ad un interesse generale …” tali da imporre che gli effetti del contratto siano, per l’appunto, mantenuti (41): in particolare,
- le “esigenze imprescindibili di carattere tecnico o di altro tipo tali da rendere evidente che i residui obblighi contrattuali possono essere rispettati solo dall’esecutore attuale”: potrebbero essere accertate tramite un’attività di verificazione o una consulenza disposta ex art. 63, Codice del processo amm., anche senza domanda dell’amministrazione o del controinteressato?
- gli “interessi economici legati direttamente al contratto” (che non costituiscono esigenze imperative) e che “comprendono fra l'altro i costi derivanti dal ritardo nell'esecuzione del contratto stesso, dalla necessità di indire una nuova procedura di aggiudicazione, dal cambio dell'operatore economico e dagli obblighi di legge risultanti dalla dichiarazione di inefficacia”: come possono essere accertati dal giudice se non vi è attività istruttoria della parte?
(37) La norma comporta, fra l’altro, che la parte che contesta la legittimità di un provvedimento deve fornire la prova dei fatti posti a fondamento della sua contestazione e che la regola di giudizio, nel caso di incertezza su un fatto, è contraria alla parte che avrebbe dovuto fornire la prova di quel fatto. La mancanza della prova determina la soccombenza. In linea di principio, quindi, i fatti - c.d. principali, vale a dire materiali su cui si fonda la pretesa di annullamento dell’atto impugnato - possono essere allegati solo dalle parti e alle manchevolezze delle parti non può supplire un intervento d’ufficio del giudice. Tale principio costituisce un’applicazione del principio della domanda (o dispositivo).
(38) Per cui il giudice deve pronunciare su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa.
(39) Si noti tuttavia che il codice di rito ne stabilisce la disposizione su istanza di parte. Viene da chiedersi come mai il legislatore abbia optato per il riferimento esplicito al c.p.c.
(40) Su istanza di parte, rimane ammissibile la testimonianza scritta (art. 63, comma 4), introdotta però in via generale mentre prima era limitata alla giurisdizione esclusiva e di merito.
(41) A questo proposito, l’art. 121, comma 2, prevede che tra le esigenze imperative rientrino, fra l'altro, quelle imprescindibili di carattere tecnico o di altro tipo, tali da rendere evidente che i residui obblighi contrattuali possono
essere rispettati solo dall'esecutore attuale; ovvero gli interessi economici in circostanze eccezionali in cui l'inefficacia del contratto conduce a conseguenze sproporzionate, avuto anche riguardo all'eventuale mancata proposizione della domanda di subentro nel contratto nei casi in cui il vizio dell'aggiudicazione non comporta l'obbligo di rinnovare la gara; ma non, ad es., gli interessi economici legati direttamente al contratto, che comprendono fra l'altro i costi derivanti dal ritardo nell'esecuzione del contratto stesso, dalla necessita' di indire una nuova procedura di aggiudicazione, dal cambio dell'operatore economico e dagli obblighi di legge risultanti dalla dichiarazione di inefficacia.
Sotto il profilo istruttorio, la disciplina introdotta dal legislatore appare regolata dal noto metodo acquisitivo: come si vede, il giudice non è vincolato alle prove fornite dalle parti o alle loro istanze istruttorie potendo anche disporre mezzi istruttori in assenza di un’istanza specifica della parte. Come è già stato affermato in dottrina, l'intervento officioso del giudice non si fonderebbe sull'esigenza di riequilibrare le posizioni delle parti ma sarebbe funzionale solo a superare la negligenza processuale delle parti (42).
In particolare:
- la richiesta di chiarimenti (avente ad oggetto le informazioni su atti e documenti della PA) dovrebbe essere ritenuta analoga alla richiesta di informazioni all’amministrazione prevista dall’art. 213 c.p.c. (43);
- l’ordine di esibizione potrebbe essere richiesto anche ad un soggetto terzo (anche privato) rispetto alla controversia (cfr. art. 21, comma 7, l. 1034/1971);
- quanto all’“accertamento di fatti o l'acquisizione di valutazioni che richiedono particolari competenze tecniche” il Codice dispone che “il giudice può ordinare l'esecuzione di una verificazione ovvero, se indispensabile, può disporre una consulenza tecnica” e che però questa debba essere affidata “ad un organismo pubblico, estraneo alle parti del giudizio, munito di specifiche competenze tecniche” rispetto al quale, però, non opera l’istituto della ricusazione (cfr. artt. 19 e 20).
Ancora, a tal proposito, il legislatore prevede una valutazione dell’interesse generale “… anche riguardo all'eventuale mancata proposizione della domanda di subentro nel contratto nei casi in cui il vizio dell'aggiudicazione non comporta l'obbligo di rinnovare la gara” (art. 121, comma 2, del Codice del processo amm.). Dove l’obbligo di rinnovare la gara costituisce un elemento chiarificatore di notevole portata, dal momento che qui il riferimento sembra essere alle ipotesi in cui – pur in assenza di una domanda di subentro (e cioè di risarcimento in forma specifica) – il giudice sia tenuto comunque a dichiarare l’inefficacia del contratto dal momento che il vizio è tale da richiedere l’esperimento di una nuova procedura di gara (dunque un rinnovato esercizio del potere amministrativo) e conseguentemente l’affidamento di un nuovo rapporto contrattuale.
Si tratta a ben vedere delle ipotesi di cui all’art. 121, comma 1, lett. a) e b), cioè in caso di aggiudicazione definitiva avvenuta:
a) senza previa pubblicazione del bando o avviso con cui si indice una gara nella GUUE o nella GURI, quando tale pubblicazione è prescritta dal c.c.p.;
b) con procedura negoziata senza bando o con affidamento in economia fuori dai casi consentiti e questo abbia determinato l’omissione della pubblicità del bando o avviso con cui si indice una gara nella GUUE o nella GURI, quando tale pubblicazione è prescritta dal c.c.p.
In buona sostanza, senza l’esperimento di procedure ad evidenza pubblica e quindi in violazione di legge, per cui l’annullamento dell’aggiudicazione dovrebbe comportare, come si è detto, il rinnovo della procedura.
A ben vedere si tratta di casi in cui non parrebbe neppure ammissibile una domanda volta ad ottenere il risarcimento patrimoniale in forma specifica. Infatti, sembra che il legislatore – ma limitatamente alle ipotesi di cui all’art. 121 – abbia lasciato al giudice un potere di autonomo
(42) D’XXXXXX, Osservazioni sulle disposizioni in tema di istruttoria, in xxx.xxxxxxxx.xx (31.5.2010). La giurisprudenza ha ritenuto che nelle controversie risarcitorie non può essere invocato il metodo acquisitivo per la prova del danno subito dal ricorrente: Cons. Stato, sez. IV, 21 aprile 2009, n. 2435, in Giorn. amm., 2009, p. 1060, con nota di CORTESE, Il danno da provvedimento illegittimo e il “dover essere” del procedimento. Conf. ID., sez. IV, 7 luglio 2008, n. 3380, in Rep. Xxxx xx., 0000, xxxx Xxxxxxxxxxxx xxxxxx, x. 00; TAR Lazio, sez. II, 6 maggio 2009, n. 4743, ibidem, voce Giustizia amministrativa, n. 1115.
(43) TRAVI, Lezioni di giustizia amministrativa, VIII ed., Torino, 2010, p. 272; Cfr. ex plurimis Cass., 10 gennaio 2005,
n. 287; ID., 7 novembre 2003, n. 16713, in Mass. Foro it., 2003; ID., 27 giugno 2003, n. 10219, ibidem, che fa riferimento proprio alle informazioni alla pubblica amministrazione che sia necessario acquisire al processo.
apprezzamento della (invero assai complessa) situazione così come si è venuta a determinare e che può articolarsi diversamente anche in ragione della eventuale domanda del ricorrente.
E’ parimenti evidente come l’art. 121 si ponga relativamente alla disciplina della dichiarazione di inefficacia come norma speciale rispetto all’art. 122.
Da qui la necessità di verificare come le singole fattispecie previste dal menzionato art. 121 operino, sempre nel caso in cui il ricorrente presenti la sola domanda di annullamento (senza alcuna ulteriore richiesta in ordine ai profili risarcitori):
(i) in particolare, nelle ipotesi di cui all’art. 121, comma 1, lett. a) e b) sembra che il giudice possa comunque dichiarare, in caso di accoglimento del ricorso, l’inefficacia del contratto, in quanto necessaria conseguenza dell’annullamento dell’aggiudicazione; ciò per le ragioni riportate supra, non ultima la gravità del vizio, laddove l’annullamento sia tale da determinare un nuovo esercizio del potere amministrativo (cioè richieda la necessità di una nuova procedura di affidamento). Come si è detto si tratta di casi in cui una domanda risarcitoria non pare ammissibile;
(ii) nelle ipotesi di cui all’art. 121, comma 1, lett. c) e d) – alquanto residuali e limitate ai casi di stipulazione del contratto in violazione di norme imperative correlate a termini di sospensione dell’aggiudicazione (ex art. 11, commi 10 e 10ter, c.c.p. - clausola standstill, ecc.) (44)
– potrebbe in astratto sussistere un interesse del ricorrente non esplicitamente manifestato in sede processuale. E dunque porsi il problema della domanda della parte limitata al solo annullamento dell’aggiudicazione.
A ben vedere, in tali ipotesi non si ha illegittimità dell’atto (aggiudicazione) ma piuttosto di un fatto (comportamento).
Qual è allora l’oggetto del giudizio che porta alla pronuncia sull’inefficacia del contratto?
Il fatto comportamentale della PA, e non l’atto, oppure addirittura il contratto che potrebbe di per sé non denotare vizi propri, ma solo dipendenti da violazione di obblighi temporali (rectius: di legge) incombenti su una delle parti (45).
Forse la soluzione è quella di considerare comunque consequenziale alla pronuncia sull’annullamento dell’aggiudicazione anche quella sull’efficacia del contratto considerando che il ricorrente non può evitare che alla sua domanda seguano le pronunce sugli atti conseguenti (46).
In questo caso non c’è un atto conseguente, ma un esercizio di fatto del potere dell’amministrazione di invitare l’aggiudicatario alla stipula del contratto.
Nelle ipotesi menzionate (di cui all’art. 121, comma 1), infatti, mi pare che i cd. “vizi gravi” individuati ma non definiti dal legislatore siano una espressione eccessivamente generica che non trova una chiara corrispondenza nell’ordinamento, anche se producono conseguenze obbligate. Forse, nelle ipotesi in questione, si potrebbe ravvisare una (manifesta) violazione di legge operata dalla SA e severamente censurata dal legislatore. Il punto vero è che non è il contratto a determinare una tale violazione (che può essere dedotta in giudizio e che comporta l’obbligata decisione giudiziale) bensì la decisione – ad esso antecedente – della (sola) PA di addivenire alla stipulazione del contratto (non si ritiene che l’appaltatore possa sottrarsi all’invito a contrarre, pena l’escussione della cauzione prevista ex lege). Se si tratta di un mero comportamento o solo in alcuni casi di
(44) In tali fattispecie di invalidità grave, la norma sottolinea che l’invalidità deve aver “influito sulle possibilità del ricorrente di ottenere l'affidamento”; quindi, ai fini della ripercussione sul contratto, non basta la violazione dello standstill period sostanziale o processuale in quanto la legge richiede ulteriori condizioni; e, per quanto riguarda in particolare la violazione dello standstill period sostanziale, si richiede altresì che tale violazione abbia privato il ricorrente della possibilità di avvalersi di mezzi di ricorso prima della stipulazione del contratto [sub lett. (c)].
(45) Potrebbe però essere comunque configurato come un vizio del consenso, quindi si potrebbe dire, più genericamente
e senza fare casistiche, che si tratta comunque di un (illegittimo) esercizio di potere autoritativo, indipendentemente dalla sua modalità di manifestazione (cfr. infra).
(46) Xxx Xxxx., Sez. Un., 28 dicembre 2007, n. 27169, affermava che la fase di stipulazione del contratto è “strettamente connessa” con la procedura pubblicistica “e ad essa consequenziale” (pur, in ultima analisi, escludendo la competenza
del GA a conoscere “sulla domanda volta ad ottenere tanto la dichiarazione di nullità quanto quella di inefficacia o l’annullamento del contratto di appalto, a seguito dell’annullamento della delibera di scelta dell’altro contraente, adottata all’esito di una procedura ad evidenza pubblica” stante “il principio generale della inderogabilità della giurisdizione per ragione di connessione, salvo deroghe normative espresse non rinvenibili nella normativa in esame”.
un’espressione di potere: sarà questo ad essere illegittimo e tale illegittimità si ripercuote su un atto (successivo e distinto, ma conseguente), cioè il contratto.
In altri termini, cioè nel nuovo processo amministrativo, resta inalterata la separazione della serie provvedimentale dalla serie negoziale; il che significa che si è comunque in presenza – se non sempre di un atto formale ed illegittimo – di un comportamento che però è sempre espressione del potere della PA. Dunque di una manifestazione del potere amministrativo che non può che essere oggetto di cognizione dell’AGA ed oggetto di (possibile) impugnazione da parte del ricorrente (differente ed ulteriore è il problema se essa deve essere esplicitata nel ricorso o comunque costituire oggetto di domanda).
Dove si vede come le norme in questione non mi pare alterino la sostanza del tradizionale criterio di riparto di giurisdizione tra AGA ed AGO che, peraltro, appare più aderente alla lettura fino ad oggi operata dalla Corte costituzionale in merito a tale riparto di giurisdizione [cfr., inter alia, la nota sent. 204/2004 (47)], secondo la quale è la natura del potere a delimitare i confini della giurisdizione (esclusiva) del GA e ciò secondo un criterio di riparto che la distingue da quella del GO sulla base del presupposto della natura autoritativa (o meno) del potere sotteso all’atto oggetto di doglianza.
Non sembra, dunque, che tale criterio di ripartizione sia posto in discussione dalla riforma del processo amministrativo di cui oggi discutiamo.
Ciò, tuttavia, non impedisce di rilevare come il legislatore abbia ampliato notevolmente l’ambito di cognizione del GA rispetto al passato – pur sempre sul presupposto dell’esercizio di un potere autoritativo – dal momento che, anche quando si voglia considerare l’ipotesi sopra vista (stipulazione del contratto prima dei termini previsti e dunque nelle more dei termini riconosciuti per l’eventuale impugnazione dell’atto di aggiudicazione da parte del terzo), in realtà si rileva ancora la presenza del necessario presupposto alla cognizione dell’AGA che si ravvisa nella manifestazione del potere amministrativo unilaterale di procedere alla serie negoziale. Dunque, anche in questo caso viene ad oggetto di cognizione una decisione della PA (formalizzata o meno in un atto non rileva, anche perché potrebbe comunque configurarsi un illegittimo provvedimento tacito, ecc.) di natura esclusivamente amministrativa il cui effetto si manifesta successivamente nella stipulazione del contratto.
D’altra parte, a riprova di ciò, la norma prevede un diverso regime degli effetti – in termini di inefficacia del contratto – che derivano dalla diversa gravità, ai fini di cui si tratta, della violazione che però è sempre determinata dalla sola volontà della PA.
In conclusione, per l’ordinamento qui rileva la lesione di una norma di azione e non di una norma di relazione.
Da qui tutte le conseguenze del caso.
Parimenti l’affermazione del legislatore con la quale si prevede che “il Giudice che annulla l'aggiudicazione definitiva dichiara l'inefficacia del contratto ...” dimostra come il giudice non fa altro che conoscere dell’esercizio di potere conseguente e dovuto della PA nel momento in cui dispone a seguito dell’aggiudicazione definitiva; solo che, essendo detto potere condizionato da una norma imperativa, viene travolto automaticamente dalla richiesta pronuncia sull’annullamento dell’aggiudicazione.
Anche in riferimento alle ipotesi di inefficacia possibile, ai fini della dichiarazione di inefficacia del contratto, l’art. 122 sembra richiedere che la domanda del ricorrente non sia
(47) Dove si afferma, come “… la materia dei pubblici servizi può essere oggetto di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo se in essa la pubblica amministrazione agisce esercitando il suo potere autoritativo ovvero, attesa la facoltà, riconosciutale dalla legge, di adottare strumenti negoziali in sostituzione del potere autoritativo, se si vale di tale facoltà …”, così dichiarando la parziale incostituzionalità degli artt. 33, commi 1 e 2, e 34, del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, come sostituiti dall'art. 7 della l. 21 luglio 2000, n. 205 (Disposizioni in materia di giustizia amministrativa), dove si vede come il criterio di riparto che distingue la giurisdizione amministrativa da quella ordinaria si fonda sul ricordato presupposto della natura autoritativa (o meno) dell’atto oggetto di impugnazione.
limitata al solo annullamento dell’atto o alla domanda risarcitoria per equivalente, ma sia invece espressamente rivolta ad ottenere il risarcimento in forma specifica (“domanda di subentrare”).
Sulla scorta di tali considerazioni si può allora rispondere affermativamente alla domanda sopra sollevata in ordine alla permanenza del principio dispositivo nel sistema delineato dal Codice del processo amministrativo.
Non si è, dunque, al di fuori dallo schema del processo dispositivo, bensì nello stesso alveo; nella norma si esplicita esclusivamente un potere del giudice che in realtà era già insito implicitamente nella domanda del ricorrente: allorquando il ricorrente deduce motivi di ricorso che la legge ritiene, se sussistenti, talmente gravi da imporre l’automatica pronuncia sugli atti o comportamenti consequenziali, quali appunto quelli sulla dichiarazione di inefficacia del contratto.
Siamo cioè in presenza di un esercizio illegittimo del potere amministrativo che, come tale, è conoscibile e censurabile dal giudice che ha avuto cognizione (su domanda della parte interessata) della fattispecie antecedente e che, nel contempo, è necessariamente condizionante anche quella che diviene oggetto della pronuncia dichiarativa.
Per gli ulteriori profili relativi ai poteri del giudice correlati alla domanda della parte ricorrente sul solo annullamento dell’aggiudicazione, si rinvia a quanto si dirà anche oltre, sub par. 5.
B) La domanda di parte ha ad oggetto l’annullamento dell’atto con contestuale (i) richiesta di pronuncia del giudice sul contratto e/o (ii) richiesta espressa di aggiudicazione del contratto (quindi con azione di adempimento su richiesta del ricorrente): anche in questo caso partiamo dall’alveo del tipico processo da impugnativa dell’atto con estensione dello stesso alle pronunce conseguenti sul rapporto che vengono estese anche al contratto (con interesse del ricorrente tipico). Il ricorrente sviluppa tutte le potenzialità concesse dal Xxxxxx e sottopone al giudice la più ampia casistica possibile.
Bisogna premettere – su un diverso piano, di natura sostanziale – che, come detto, nel processo a natura soggettiva la domanda è sempre e comunque condizionata dall’interesse della parte ricorrente e quindi dalla convenienza che questa ha alla coltivazione del ricorso. Ciò d’altra parte appare come il necessario corollario del principio dispositivo appena enunciato. Da ciò la tipologia sopra schematicamente individuata.
Quindi occorre sempre un interesse pretensivo al bene della vita (esecuzione del contratto) e, quindi, certamente la domanda viene influenzata dall’andamento del contratto: se il ricorrente ha interesse anche alla prosecuzione di un contratto iniziato (cosa che non capita sempre), o se ha (o meno) i mezzi per proseguire il contratto da altri iniziato (se, ad es., l’esecuzione è avvenuta con una tecnologia o materiali speciali di cui dispone solo il controinteressato, il ricorrente può non avere possibilità/interesse a completare l’appalto o più verosimilmente a condizioni economiche ritenute non adeguate), o ancora se non vuole sostituirsi all’appaltatore nell’esecuzione di opere, ad es., a causa di gravi difetti dell’opera oggetto di appalto difficilmente risolvibili, ecc. Ipotesi queste, valide non solo sul piano teorico: occorre ricordare, infatti, che anche se si tratta di concorrenti che hanno prodotto un’offerta economica o tecnico/economica con effetto vincolante essa può essere condizionata – in relazione alla tipologia dell’appalto – da modalità esecutive particolari e che non è detto siano sempre accessibili nel mercato.
Le domande possono essere :
(i) richiesta di pronuncia del giudice sul contratto: il ricorrente chiede al giudice solo la dichiarazione di inefficacia del contratto sottoscritto dal controinteressato (oltre all’annullamento dell’aggiudicazione) e quindi nei limiti dell’espressa previsione testuale del Codice. E’ evidente che interesse del ricorrente nell’ipotesi di cui all’art, 121, co.1, lett.a) e b) può essere estesa anche alla sola dichiarazione di inefficacia ex tunc del contratto goduto dal controinteressato; ciò al fine di privare quest’ultimo dell’illegittima aggiudicazione e anche del contratto stipulato, al fine, poi, di privarlo della capacità di utilizzare detta prestazione per un’eventuale diversa SOA o comunque per
una sua maggiore/diversa capacità di qualificazione in vista di future gare per requisiti derivanti da prestazioni effettuate;
(ii) e/o richiesta espressa di aggiudicazione del contratto (quindi con azione di adempimento su richiesta del ricorrente): il ricorrente non chiede al giudice solo la dichiarazione di inefficacia del contratto sottoscritto dal controinteressato (e l’annullamento dell’aggiudicazione) ma pretende anche il contratto a suo favore (perché evidentemente i vizi dell’aggiudicazione, così come dedotti in giudizio, consentono al giudice di individuarlo quale nuovo aggiudicatario). Un tale petitum è indirettamente ricavabile dall’art. 245 quinquies, c.c.p.) che appunto prevede una tutela in forma specifica e per equivalente (48).
C) La domanda di parte ha ad oggetto la sola dichiarazione di inefficacia del contratto: siamo al di fuori del tipico processo da impugnativa dell’atto.
Del resto l’ipotesi è presa espressamente in considerazione dal legislatore all’art. 124, comma 2:
“La condotta processuale della parte che, senza giustificato motivo, non ha proposto la domanda di cui al comma 1,
(cioè 1. L'accoglimento della domanda: (i) di conseguire l'aggiudicazione e (ii) il contratto è comunque condizionato alla dichiarazione di inefficacia del contratto ai sensi degli articoli 121, comma 1, e 122)
o non si è resa disponibile a subentrare nel contratto, è valutata dal giudice ai sensi dell’articolo 1227 del codice civile”.
La norma considera proprio la nostra “ipotesi”: e se vi è solo una delle due domande, cioè appunto quella di conseguire solo il contratto senza impugnare l’aggiudicazione? È possibile? Sembrerebbe di no perché il legislatore ha espressamente utilizzato una congiunzione: “e”, e dunque sembra sussistere un argomento testuale per escludere un’azione siffatta.
Da ciò sembra desumersi che sia ipotizzabile una prima affermazione e cioè che non sia possibile proporre una domanda sul solo contratto.
Del resto anche se una siffatta domanda potrebbe corrispondere in astratto ad un interesse di parte essa risulta comunque inammissibile perché non consegue ad un’azione di annullamento dell’atto esercizio del potere, ma pretende di introdurre nel processo un esame diretto dei rapporti sostanziali che prescindono da una cognizione della legittimità dell’esercizio del potere. Né si potrebbe ipotizzare una richiesta di sentenza costitutiva sul contratto che abbia per oggetto doglianze sulla pretesa invalidità/inesistenza del consenso della parte pubblica (conseguenti ad esercizio del potere illegittimo) se non si impugna espressamente l’atto di aggiudicazione.
Mentre da un’azione di annullamento può conseguire una dichiarazione automatica del contratto non vi può essere, al contrario, una cognizione dell’attività negoziale che prescinde dall’impugnazione tempestiva della fase procedimentale .
Occorre dunque ritenere che l’inefficacia del contratto può essere pronunciata solo a seguito e come conseguenza della domanda di parte sull’annullamento dell’aggiudicazione, non essendo qualificabile come sanzione autonoma.
In definitiva, si ritiene che la giurisdizione dell’AGA sussiste e ciò potrebbe forse risolvere anche il quesito che si pone in relazione all’oggetto della domanda della parte (cfr. supra ipotesi A, B, C), nel senso che essa non potrà che assumere sempre ad oggetto (anche) l’impugnazione di una manifestazione del potere amministrativo e non già il solo contratto in quanto tale, cioè come atto autonomo e distinto dalla serie provvedimentale.
L’intervento del giudice sul contratto presuppone quindi l’annullamento dell’aggiudicazione: da ciò si vede come risulti codificata la cd. pregiudiziale amministrativa
(48) La norma dispone che “La tutela in forma specifica e per equivalente è disciplinata dal codice del processo amministrativo”.
rispetto alla sorte del contratto e sulla quale si è registrata una netta contrapposizione tra la posizione della Cassazione (che negava la pregiudiziale) (49) e quella del Consiglio di Stato (che, invece, la sosteneva) (50).
La disciplina risarcitoria dettata dal Codice del processo amm. dovrebbe dunque costituire un momento di equilibrio e componimento rispetto alle divergenti posizioni posto che, seppure abbandona lo schema di relazione tra azione risarcitoria e di azione di annullamento basato sulla pregiudiziale amministrativa, controbilancia l’autonomia della prima sottoponendola ad un termine decadenziale breve di 120 giorni, e dunque più lungo del termine per l’impugnazione dell’atto lesivo (51) ovvero escludendo la risarcibilità delle conseguenze dannose che si sarebbero potute evitare, usando l’ordinaria diligenza, ricorrendo ad altri strumenti di tutela (52).
4. L’impugnazione del controinteressato e l’ampliamento del petitum. – Vi è un altro punto da esaminare in relazione al problema delle domande di parte che circoscrivono l’ambito di cognizione del giudice; come detto, la domanda della parte ricorrente può avere ad oggetto l’annullamento dell’aggiudicazione e l’impugnazione del contratto, in quanto manifestazione del potere amministrativo. Da ciò una potenziale diretta aggressione della vicenda sostanziale; in
(49) In particolare, Cass. civ., sez. un., 13 giugno 2006, n. 13659: la domanda risarcitoria dell’interesse legittimo può essere proposta in via autonoma, indipendentemente dall’azione di annullamento del provvedimento. Ne consegue che il privato è esonerato dall’osservanza del termine decadenziale di 60 giorni per l’impugnazione dell’atto, soggiacendo l’azione risarcitoria al mero termine di prescrizione quinquennale. Pertanto la pretesa risarcitoria può essere fatta valere anche da chi non ha impugnato il provvedimento lesivo nei 60 giorni; Cass. civ., sez. un., 8 aprile 2008, n. 9040: sul presupposto che l’esistenza dell’atto amministrativo illegittimo non impedisce l’esercizio dell’azione risarcitoria, le Sez. Unite hanno chiarito che il termine di prescrizione della stessa decorre dalla data dell’illecito e non da quella del passaggio in giudicato della sentenza di annullamento dell’atto lesivo da parte del G.A. In particolare, nella tesi dell’autonomia dell’azione risarcitoria per lesione degli interessi legittimi rispetto alla domanda di annullamento dell’atto lesivo, dal punto di vista dell’illecito civile, il provvedimento illegittimo viene in considerazione non come atto dell’autorità produttivi di determinati effetti giuridici da rimuovere, ma come mero fatto immediatamente lesivo di una posizione soggettiva da cui deriva un’obbligazione risarcitoria volta a riparare il danno patrimoniale conseguente. Una ricostruzione privatistica della responsabilità della PA è sembrata in contrasto con alcuni fondamentali principi del diritto amministrativo, quali quelli della efficacia imperativa dell’atto amministrativo per cui questo deve essere ritenuto conforme alla legge fino a che non viene annullato (come dimostra la diversa posizione del Consiglio di Stato); della stabilità dei rapporti giuridici creati dal provvedimento amministrativo che impone un termine decadenziale, per così dire breve, e che sarebbe minato dalla possibilità di esperire l’azione risarcitoria nei cinque anni; infine, quello per cui la giurisdizione del GA è finalizzata a garantire l’interesse pubblico alla legalità della azione amministrativa e non gli interessi dei privati coinvolti ed impone che la cognizione dell’atto lesivo abbia carattere principale e non incidentale.
(50) Fra le altre, Cons. Stato, ad. plen., 22 ottobre 2007, n. 12: ai fini del risarcimento del danno derivante da lesione di
interessi legittimi, è essenziale il previo annullamento del provvedimento lesivo, in quanto la tutela risarcitoria ha carattere consequenziale, ulteriore ed eventuale rispetto a quella annullatoria, secondo un assetto ordinamentale e normativo che privilegia la certezza delle situazioni di diritto pubblico (che vanno contestate entro ristretti termini di decadenza), non trova smentità nelle sentenze rese al riguardo dalla Corte costituzionale ed è coerente con le caratteristiche proprie dell'interesse legittimo, la cui tutela non può prescindere dalla considerazione degli interessi collettivi coinvolti, che avviene appunto nell'ambito del giudizio di legittimità introdotto dall'azione impugnatoria; Cons. Stato, sez. IV, 21 aprile 2009, n. 2436: il previo annullamento del provvedimento lesivo è condizione necessaria per addivenire ad una pronuncia sul risarcimento dei danni da lesione di interessi legittimi, poiché tale tutela risarcitoria ha carattere consequenziale, ulteriore ed eventuale rispetto a quella annullatoria.
(51) L’art. 30, comma 3, del Codice del processo amministrativo fa decorrere il termine per l’impugnazione dal giorno in cui il fatto si è verificato – in tal modo riproducendo la disciplina dell’art. 2947 c.c. – ovvero dalla conoscenza del
provvedimento se il danno deriva direttamente da questo – ove la decorrenza del termine appare più coerente con la logica risarcitoria se collegata al momento in cui la vittima percepisce la lesione della sua posizione soggettiva dal provvedimento lesivo; ciò che si verifica quando le conseguenze dannose siano percepibili dalla vittima con l’uso dell’ordinaria diligenza (cd. danno-evento), salva l’eccezionale ipotesi in cui l’emanazione del provvedimento illegittimo costituisca anche danno-conseguenza.
(52) Ai sensi del comma 5 dell’art. 30 del Codice del processo amministrativo, nel caso sia stata intrapresa azione di
annullamento, il dies a quo per la domanda risarcitoria decorre dal passaggio in giudicato dalla sentenza di annullamento. Tale disposizione denota lo sfavore del legislatore per la domanda risarcitoria autonoma.
particolare, il possibile travolgimento – per effetto della domanda del ricorrente – del rapporto nato e sviluppatosi in relazione al contratto sottoscritto ed eseguito (parzialmente).
Così, il controinteressato (illegittimo aggiudicatario) può (e, forse, deve), oltre alle normali azioni per contrastare il ricorso principale con il ricorso in via incidentale, introdurre nel processo la domanda in relazione alle sue pretese contro la SA nell’ipotesi di xxxxxxxxxxx e per tutelarsi nell’ipotesi di una eventuale sua estromissione giudiziale dai lavori che comporti, poi, una situazione di credito nei confronti dell’amministrazione per le attività svolte (lavori compiuti, servizi svolti, forniture effettuate).
Se il giudice accoglie il ricorso principale disponendo l’annullamento dell’aggiudicazione e dichiara l’inefficacia del contratto, come atto conseguente, con efficacia ex tunc, il controinteressato, a fronte di tale possibile situazione processuale, deve poter far valere in giudizio la sua pretesa in ordine a quanto realizzato in esecuzione del contratto per ottenerne il pagamento. In applicazione dei principi generali e soprattutto per una tutela sostanziale dei rapporti sottostanti alla cognizione del GA si ritiene che l’ambito processuale possa così essere ampliato giacché, altrimenti ragionando, si dovrebbe costringere il controinteressato a chiedere la restituzione delle somme pagate per aver eseguito la prestazione in presenza di un contratto valido (ma successivamente dichiarato inefficace) solo con l’azione di indebito arricchimento ex art. 2041 c.c. al GO (53), con un’inutile prolungamento dei tempi, e con una duplicazione di giudizi che non trova alcun supporto logico (54).
La buona fede del terzo aggiudicatario non sembra essere presa in considerazione nelle ipotesi di “gravi violazioni”; mentre rileva nel caso delle violazioni meno gravi ed anzi dovrebbe essere considerata con la massima attenzione (la norma fa riferimento al “bilanciamento degli interessi”); certamente le sue pretese in ordine alle attività compiute sono in quell’alveo di cognizione piena che il legislatore ha voluto affidare al GA.
Ciò posto occorre ora affrontare gli aspetti inerenti i poteri del giudice, in ordine alle decisioni sulla sorte del contratto a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione (55).
5. Poteri del giudice. – I problemi che si pongono in relazione ai poteri del giudici sono connessi:
- da un lato, all’azione proposta dal ricorrente;
- dall’altro, alle altre eventuali domande che abbiano proposto le altre parti del processo;
- infine, ai poteri che il legislatore gli ha concesso.
(53) La pretesa del controinteressato dovrebbe poter avere ad oggetto le medesime richieste che, per giurisprudenza costante, prevede l’art. 2041 c.c., nel senso che – ancorché si disponga che l’indennità per indebito arricchimento sia liquidata nella minor somma tra l'arricchimento ricevuto da chi si sia avvantaggiato della prestazione senza causa, e la diminuzione patrimoniale subita da chi ne sia stato impoverito – deve rilevarsi che, ad es., nel caso di forniture di prestazioni effettuate da un imprenditore in favore dell’amministrazione in assenza di un valido contratto, l’impoverimento è costituito dal costo di acquisto delle merci, dei servizi, dal costo del personale, dalle spese affrontate per eseguire le prestazioni (quota parte dei costi generali, imposte, costi di consegna, ecc.) nonché del mancato guadagno per utile di impresa connesso alle prestazioni erogate sine causa (da liquidarsi eventualmente ex art. 1226 c.c.): se quindi l’imprenditore ha emesso fatture, tale diminuzione patrimoniale può presumersi coincidente con il prezzo fatturato, ma non riscosso: Cass. civ., nn. 4192/95, 6579/05 e 21079/05. Stante comunque il riconoscimento dell’utilità della prestazione – fatto esplicitamente o in modo implicito – non rileva l’utilità che l’autore della prestazione mirava a far conseguire (per cui, x. Xxxx. civ., n. 6981/86); si considera dunque solo la diminuzione patrimoniale subìta e non anche il lucro cessante (Cass. civ., nn. 18785/05 e 19572/07).
(54) Resta certamente proponibile anche l’azione per l’eventuale responsabilità precontrattuale della SA, per i danni subìti a seguito dell’illegittima procedura di aggiudicazione.
(55) Si ricordi però che la direttiva non contiene una esatta qualificazione giuridica della "patologia" contrattuale infatti
l’art. 2quinquies dispone che "compete agli Stati membri determinare le conseguenze di un contratto dichiarato privo di effetti" (in particolare, la privazione di effetti del contratto non è una conseguenza necessaria e automatica dell'annullamento dell'aggiudicazione, poiché a tale esito deve giungersi dopo una apposita valutazione demandata ad un "autorità indipendente").
Come si è visto, il sistema delineato dal legislatore rafforza notevolmente il ruolo del giudice a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione, ponendolo al centro del bilanciamento degli interessi in gioco; si è parlato in dottrina di “impostazione pan-processuale” del problema dell’inefficacia del contratto (56).
In particolare, nelle ipotesi di “gravi violazioni”, l’inefficacia del contratto rappresenta la regola ed è obbligatoria (pur essendo “cedevole”, come si è visto, in presenza di determinate condizioni (57), e consentendo al giudice di salvare il contratto applicando sanzioni alternative (58)); mentre, fuori dai casi indicati dal nuovo art. 245bis, c.c.p., ovvero quando l’annullamento dell’aggiudicazione non è stato determinato da violazioni gravi, il giudice non ha l’obbligo, ma la facoltà di dichiarare inefficace il contratto. In tale ultima ipotesi, non vengono fissati i presupposti della dichiarazione di inefficacia, ma viene solo precisato che nella sua attività di ponderazione il giudice dovrà tenere conto “degli interessi delle parti, dell’effettiva possibilità per il ricorrente di conseguire l’aggiudicazione alla luce dei vizi riscontrati, dello stato di esecuzione del contratto e della possibilità di subentrare nel contratto, nei casi in cui il vizio dell’aggiudicazione non comporti l’obbligo di rinnovare la gara e la relativa domanda sia stata proposta”.
Il giudice appare come il protagonista che può dichiarare l’inefficacia del contratto ed anche definirne i confini temporali (“… stabilisce se dichiarare inefficace il contratto, fissandone la decorrenza…”), valutando gli interessi in gioco.
Ma andiamo con ordine e torniamo, nel dettaglio, ai poteri del giudice sulla base dell’ipotetica ripartizione innanzi descritta in ordine al contenuto della domanda di parte.
A) Nel caso di domanda di parte inerente solo l’annullamento dell’atto (aggiudicazione)
ovvero
(i) i poteri del giudice sono circoscritti alla sola domanda?
(ii) può la cognizione del giudice andare ultra petita e conoscere del contratto anche in
assenza della domanda della parte?
Il problema è risolubile differentemente a seconda dei casi:
(i) Le ipotesi contemplate dal legislatore all’art. 121 (dell’inefficacia necessaria) confermano, come detto, una estensione della cognizione del GA. Infatti il legislatore prevede che “il giudice che annulla l’aggiudicazione definitiva dichiara l’inefficacia del contratto…”, dove si vede come il ricorrente non possa evitare che alla sua domanda seguano le pronunce sugli atti o comportamenti conseguenti derivanti da un ulteriore esercizio del potere
(56) LIPARI, cit.
(57) Oltre alle ipotesi già viste del comma 2, ai sensi del comma 5 della norma, l’inefficacia del contratto prevista dal comma 1, alle lett. a) e b), non trova applicazione quando la SA abbia posto in essere la seguente procedura: (i) abbia
con atto motivato anteriore all’avvio della procedura di affidamento dichiarato di ritenere che la procedura senza previa pubblicazione del bando o avviso con cui si indice una gara nella GUEE ovvero nella GURI sia consentita dal c.c.p.; (ii) abbia pubblicato, rispettivamente per i contratti di rilevanza comunitaria e per quelli sotto soglia, nella GUUE ovvero nella GURI un avviso volontario per la trasparenza preventiva ai sensi dell’art. 79bis del c.c.p., in cui manifesta l’intenzione di concludere il contratto; (iii) il contratto non sia stato concluso prima dello scadere di un termine di almeno dieci giorni decorrenti dal giorno successivo alla data di pubblicazione dell’avviso di cui alla lett. b).
(58) Le sanzioni alternative ex art. 121, comma 4, e art. 123, del Codice processo amm., sono di due tipologie: 1) sanzione pecuniaria nei confronti della SA (che incide solo su questa che è soggetto pubblico) di importo dallo 0,5% al
5% del valore del contratto, inteso come prezzo di aggiudicazione; 2) riduzione della durata del contratto di un minimo del 10% fino ad un massimo del 50%, che quindi rende il contratto “inefficace” in percentuale ed incide anche sul terzo contraente.
Sulla compatibilità del potere sanzionatorio affidato al giudice con la funzione giurisdizionale si è già espresso il CdS affermando che l’attribuzione al GA di una funzione materialmente amministrativa di tipo sanzionatorio stona con l’inquadramento costituzionale della giustizia amministrativa e col sistema delle garanzie che connota il rapporto tra cittadino e amministrazione in quanto “si potrebbe dubitare della coerenza con il nostro ordinamento della previsione di un potere d’ufficio del giudice di irrogare sanzioni alternative, in assenza di uno specifico contraddittorio, rispetto al quale le parti potrebbero trovarsi nell’impossibilità di controdedurre”.
amministrativo.L’illegittimità del comportamento della PA, che decide di addivenire alla stipulazione del contratto, si ripercuote su quest’ultimo, quale atto successivo e di tale comportamento, espressione del potere della PA, il giudice – a prescindere dalla domanda di parte – ne conosce obbligatoriamente gli effetti perché consegue alla domanda principale ed è relativa ad un esercizio del potere amministrativo (cfr. supra).
Una simile giurisdizione, però, può dirsi “obbiettiva” e non più di parte?
Riteniamo di no, perché comunque la pronuncia giudiziale è stata “innestata” dalla domanda di parte e si estende a colpire automaticamente i comportamenti consequenziali che sono a loro volta illegittimi, per essere stati posti in essere a causa e per effetto dell’illegittima aggiudicazione.
In quest’ottica si comprende peraltro come, nonostante l’espressione utilizzata dal legislatore, la natura della pronuncia del giudice debba intendersi perlopiù costitutiva, come già anticipato (59) proprio perché, accertati determinati elementi di fatto e di diritto, viene a modificare od estinguere un determinato rapporto giuridico e a crearne eventualmente un altro. E ciò è rilevante ai fini della sua esecuzione (sia spontanea, da parte dell’amministrazione, sia in sede di ottemperanza, cfr. infra) giacché in questo caso il ricorrente può sempre servirsi di questa sentenza allo scopo di ottenere dall’amministrazione un’attività conseguente a suo favore: il contratto stipulato con il controinteressato è inefficace e vi è l’obbligo dell’amministrazione di provvedere conseguentemente.
I problemi non sono però finiti in quanto il comma 1 dell’art. 121 prosegue affermando che il giudice dichiara l’inefficacia del contratto “precisando in funzione delle deduzioni delle parti e della valutazione della gravità della condotta della SA e della situazione di fatto, se la declaratoria di inefficacia è limitata alle prestazioni ancora da eseguire alla data della pubblicazione del dispositivo o opera in via retroattiva” (da ciò l’“inefficacia necessaria”).
Andiamo con ordine:
1. “… precisando, in funzione delle deduzioni delle parti… se la declaratoria di inefficacia è limitata alle prestazioni ancora da eseguire alla data della pubblicazione del dispositivo o opera in via retroattiva”: e se non vi è domanda, come nel caso di cui supra, sub 3.2. caso A)? Peggio: se ad una assenza di domanda si aggiunge una mancata costituzione della SA?;
2. ancora: “… e della valutazione della gravità della condotta della SA…”: può essere una valutazione consequenziale agli atti depositati e quindi la cognizione del giudice avviene in maniera consequenziale al materiale probatorio depositato in atti. Considerato però che abbiamo ipotizzato anche un’assenza di domanda sul contratto è più facile ipotizzare un’assenza di materiale probatorio sia sul contratto sia, appunto, sulla gravità della condotta della SA. E’ tenuto in questo caso il giudice a provvedere ugualmente o può semplicemente limitarsi a dichiarare l’inefficacia del (l’eventuale) contratto? La domanda è ancora più ardua perché deve essere rapportata alla “valutazione … della situazione di fatto”: come fa il giudice ad accertarla se non è stata chiesta l’istruttoria sul punto da parte del ricorrente e la SA nulla ha depositato in atti e quindi occorre una verifica dell’esistenza del contratto, una verifica dello stato dei fatti in relazione all’esecuzione dello stesso ed alla necessità o meno che il controinteressato esegua o meno le eventuali rimanenti prestazioni?
A nostro modo di vedere la formulazione testuale dell’art. 121 non lascia spazio ad una mancata pronuncia del giudice sull’inefficacia del contratto e quindi a tutte le conseguenze contenutistiche che la pronuncia deve contenere: quindi la pronuncia sulle conseguenze deve
(59) Cfr. GRECO, Illegittimo affidamento dell'appalto, sorte del contratto e sanzioni alternative nel d.lgs. 53/2010, cit., che, pur riconoscendo la sussistenza di argomentazioni a favore della tesi “dichiarativa”, preferisce qualificare la pronuncia del giudice come costitutiva. Conf. FRACCHIA, Il rito speciale sugli appalti e la sorte del contratto: un giudizio a geometria variabile e a oggetto necessario nel contesto della concorrenza, cit.; BARTOLINI, FANTINI, FIGORILLI, Il decreto legislativo di recepimento della direttiva ricorsi, cit. Contra: FRENI, Descrive, ma non spiega- inefficacia, ovvero del compromesso, cit., per il quale l’azione si configura come dichiarativa, avendo l’annullamento dell’aggiudicazione effetti caducanti (e non vizianti) sul contratto.
esserci; xxx può il giudice cavarsela con una pronuncia dichiarativa e, quindi, con una minore attività istruttoria, ma la pronuncia deve comunque esservi.
Su un ulteriore profilo occorre interrogarsi: se si ammette la possibilità per il giudice di addivenire ad una dichiarazione di inefficacia del contratto (in ragione della gravità della violazione di cui sopra), pur in assenza di specifica domanda del ricorrente, occorre chiedersi cosa accadrebbe in tale ipotesi, laddove si fosse in presenza di un contratto concluso medio tempore.
A ben vedere, in questo caso, avremmo l’ulteriore conseguenza, per il giudice adìto, di poter dichiarare l’eventuale inefficacia del contratto (del quale, sempre sulla base di tale ipotesi, potrebbe anche non conoscerne l’esistenza) esclusivamente con decorrenza ex tunc. Ciò in quanto la carenza della domanda risarcitoria (in forma specifica o per equivalente) non consentirebbe al giudice l’apprezzamento dell’interesse del ricorrente in proposito e, quindi, nell’individuazione del momento dal quale far decorrere l’inefficacia del contratto [nel caso, si ricorda, derivante da una grave violazione di legge di cui all’art. 121, lett. c) e d)], questa dovrebbe essere sempre disposta ex tunc.
Diversamente, sarebbe necessario valutare l’interesse del ricorrente al subentro nel rapporto e, dunque, il giudice dovrebbe conoscere tale interesse che dovrebbe essere necessariamente dedotto in giudizio. Tale apprezzamento evidentemente non potrebbe prescindere da una specifica domanda del ricorrente intesa ad ottenere l’esecuzione (totale o parziale) del contratto.
In altri termini, il presupposto per una dichiarazione di inefficacia del contratto ex nunc sarà sempre nella sussistenza di una domanda specifica del ricorrente.
C’è poi un ulteriore elemento che sembra deporre contro l’ammissibilità di una autonoma dichiarazione di inefficacia del contratto (nei casi qui in questione, ex art. 121, comma 1, lett. c) e d), cit.) in assenza di una specifica – esplicitata – domanda del ricorrente.
Tale valutazione si basa sul tenore letterale dell’art. 124 (“Tutela in forma specifica e per equivalente”), laddove dispone che (secondo periodo, comma 1) “… Se il giudice non dichiara l'inefficacia del contratto dispone il risarcimento del danno per equivalente, subìto e provato”. In altri termini sembra che il giudice, qualora non dichiari l’inefficacia del contratto (anche con riferimento ai casi di cui all’art. 121, comma 1, qui in esame), debba necessariamente disporre per il risarcimento patrimoniale in misura equivalente.
Il tenore della norma sembra affermare che laddove il giudice accolga la domanda di annullamento ma non disponga l’inefficacia del contratto, debba disporre per il risarcimento in forma equivalente.
Non vi è dubbio che il risarcimento patrimoniale per equivalente non possa che aversi a seguito di una espressa domanda di parte.
Da ciò sembra potersi dedurre la conseguenza che la dichiarazione di inefficacia del contratto sembra essere la risposta del giudice ad una domanda risarcitoria della parte, qualificata dal legislatore in via principale per la forma specifica ed in via subordinata, per equivalente. Poiché quest’ultima costituisce sempre oggetto di specifica domanda (ed essere comprovata, ecc.) e, poiché il legislatore subordina questa alla prima, sembra potersi desumere che il legislatore abbia inteso prevedere che il giudice possa dichiarare l’inefficacia del contratto solo in presenza di una specifica domanda in tal senso (cioè in esito alla domanda principale, come domanda risarcitoria in forma specifica).
In altri termini, l’alternatività tra le due forme risarcitorie sembra precludere la possibilità per il giudice di un apprezzamento in merito all’inefficacia del contratto in assenza della domanda o deduzioni in giudizio dalle parti.
Infine, occorre tener presente che l’art. 121, comma 2, consente al giudice di accogliere la domanda di annullamento ma non dichiarare inefficace il contratto (anche per carenza della domanda del ricorrente in tal senso, con esclusione dell’ipotesi in cui il vizio importi rinnovo della gara, cfr. supra) laddove abbia apprezzato la qualità dell’interesse generale sotteso al completamento dell’esecuzione del contratto in corso tale da configurarsi come interesse prevalente. A questo proposito la norma (sempre art. 121, comma 2) prevede che il giudice accerti la rilevanza
dell’interesse generale alla luce di tali circostanze e, come si è visto, si dispone che la valutazione dell’interesse generale sia fatta “… anche riguardo all'eventuale mancata proposizione della domanda di subentro nel contratto nei casi in cui il vizio dell'aggiudicazione non comporta l'obbligo di rinnovare la gara”.
Interpretando le numerose ambiguità presenti nel testo delle norme de quibus sempre nell’ambito del principio dispositivo e della sua coerenza con la domanda prodotta in giudizio, possiamo affermare che: sono autonomamente dichiarati inefficaci dal giudice se sono atti conseguenti all’illegittimo esercizio di un potere autoritativo e nel contempo non sussista (non sia ammissibile) l’interesse del singolo al contratto (ad esempio: l’annullamento dell’aggiudicazione comporta che la gara deve essere rinnovata). In questo caso il giudice può (in apparenza: autonomamente) dichiarare l’inefficacia anche degli (eventuali) atti conseguenti, e in realtà si tratta di un effetto che interessa necessariamente atti che sono una mera conseguenza di quelli impugnati.
Trattandosi pertanto di una conseguenza necessaria dell’annullamento non sembra porsi in discussione il principio dispositivo del giudizio amministrativo e, dunque, la sua coerenza con la domanda del ricorrente anche nel caso in cui essa sia limitata al solo annullamento dell’atto di aggiudicazione.
Dove invece sussiste un interesse del terzo che può in astratto essere affermato (ogni volta che l’annullamento dell’aggiudicazione non comporta il rinnovo della procedura di gara ma il solo scorrimento della graduatoria) sembra necessario che l’interesse alla dichiarazione di inefficacia venga manifestato come richiesta risarcitoria.
Ciò detto, un’ulteriore aspetto deve essere, tuttavia, evidenziato – poiché anch’esso appare rilevante in ordine alla questione dei poteri del giudice relativamente alla (ampiezza) domanda del ricorrente – e che, si anticipa fin da ora, non sembra però porre in discussione quanto appena detto.
Fin qui si è argomentato, sulla scorta della disciplina apportata dall’art. 121, in ordine alle conseguenze sul contratto (in termini di inefficacia) determinate dall’annullamento dell’aggiudicazione nei casi ivi menzionati (cfr. tabella supra). In tali casi, come si è detto, l’eventuale dichiarazione di inefficacia del contratto potrebbe essere conseguenza necessaria dell’annullamento dell’atto di aggiudicazione nelle ipotesi previste dallo stesso art. 121, quantomeno in riferimento al comma 1, lett. a) e b), pur in assenza di una specifica domanda del ricorrente.
Occorre quindi affrontare la questione – forse la più importante – dal punto di vista della disciplina generale relativa all’inefficacia del contratto in esito all’annullamento dell’aggiudicazione, definita dall’art. 122.
(ii) Nei casi di inefficacia possibile, il comma 1 precisa che “il giudice che annulla l’aggiudicazione definitiva stabilisce se dichiarare inefficace il contratto, fissandone la decorrenza, tenendo conto, in particolare, tenendo conto degli interessi delle parti, dell'effettiva possibilità per il ricorrente di conseguire l'aggiudicazione alla luce dei vizi riscontrati, dello stato di esecuzione del contratto e della possibilità di subentrare nel contratto, nei casi in cui il vizio dell'aggiudicazione non comporti l'obbligo di rinnovare la gara…”: quindi, può desumersi che è il giudice che valuta se vi è l’obbligo di rinnovare la gara, a prescindere dalla domanda della parte?
L’art. 122 sembra richiedere – sempre ai fini della dichiarazione di inefficacia del contratto conseguente all’annullamento dell’atto di aggiudicazione – che la domanda del ricorrente non sia limitata al solo annullamento dell’atto (e, si badi, neppure alla domanda risarcitoria per equivalente) ma sia, espressamente rivolta ad ottenere il risarcimento in forma specifica (“domanda di subentrare”).
Appare evidente che, anche nel regime generale definito dal legislatore in ordine alla sorte del contratto a seguito dell’annullamento del (presupposto) atto di aggiudicazione, non operi alcuna deroga al principio dispositivo, e la legge prevede un apprezzamento da parte del
giudice della specifica situazione (e non già un automatico effetto caducatorio, ex art. 121) in rapporto alla corrispondente domanda della parte.
Ma se il ricorrente non ha interesse alla rinnovazione? E se comunque il vizio dell’aggiudicazione comporta l’obbligo di rinnovare la gara?
A mio modo di vedere, in tale ipotesi, si vede come il GA rimanga protagonista delle sorti del contratto, potendo sempre imporre un rinnovamento della procedura (dal disposto della norma sembra evincersi che le valutazioni in ordine agli interessi delle parti, all'effettiva possibilità per il ricorrente di conseguire l'aggiudicazione alla luce dei vizi riscontrati, allo stato di esecuzione del contratto ed alla possibilità di subentrare nel contratto siano effettuate se il vizio non comporta l’obbligo di rinnovamento della procedura poiché, in caso contrario, se tale obbligo sussiste, il giudice dispone anche prescindendo da una espressa domanda di parte in tal senso). In questo caso, se il giudice, con la sua pronuncia, viene a condizionare il successivo esercizio del potere dell’amministrazione in maniera da costringerla al rinnovamento completo della procedura, l’amministrazione potrà comunque:
- seguire le modalità scelte in precedenza, pur sanando i vizi giudizialmente accertati;
- cambiarne i parametri di riferimento (ad es., quelli qualitativi di partecipazione, ecc.);
- non indire la stessa gara perché sono mutati i presupposti (ad es., potrà accorpare lavori e servizi, ecc.);
- non fare alcuna gara.
B) La domanda di parte può avere ad oggetto l’annullamento dell’atto e la richiesta di pronuncia sul contratto
(i) nei casi di inefficacia necessaria, l’inefficacia vi è sempre e la pronuncia, per il legislatore (letteralmente), è dichiarativa.
Al di là dell’espressione usata: “Il giudice che annulla l'aggiudicazione definitiva dichiara l'inefficacia del contratto nei seguenti casi (…) se la declaratoria di inefficacia e' limitata alle prestazioni ancora da eseguire alla data della pubblicazione del dispositivo o opera in via retroattiva…” – come già sostenuto supra, sembra che tale pronuncia non sia affatto sempre dichiarativa, giacché il giudice può far salve le prestazioni già eseguite e quindi pronunciarsi sul rapporto in maniera costitutiva.
Il giudice opera direttamente sulle sorti del contratto e delle prestazioni richieste dalla SA in esecuzione dello stesso attribuendole al ricorrente (se vi è domanda in tal senso e se ne ricorrono i presupposti) o lasciandole al controinteressato (quindi lasciando che il contratto abbia la sua efficacia). E la sua pronuncia sembra avere natura costitutiva.
Di conseguenza si ritiene che l’azione proponibile da parte del ricorrente è dichiarativa, e cioè diretta al semplice accertamento di uno stato di fatto o di diritto, solo nell’ipotesi in cui alla stipula del contratto non sia seguita alcuna attività materiale esecutiva e la pronuncia conseguente serva ad eliminare ogni dissenso intorno alla efficacia del contratto.
Del resto, la pronuncia è, da un lato, soggetta a termini decadenziali di impugnazione dell’aggiudicazione (e quindi può essere dedotto solo a particolari condizioni), dall’altro, è idonea a dare certezze alle parti che non possono prescindere dalla precedente e necessaria cognizione giudiziale sull’aggiudicazione. Quindi in realtà è costitutiva e conseguente alla pronuncia precedente (necessaria).
All’apprezzamento del giudice è rimessa la decorrenza dell’inefficacia del contratto (retroattiva ovvero ex nunc): il legislatore, infatti, non ha predeterminato “le conseguenze di un contratto privo di effetti” (cfr. disposto dell’art. 2 quinquies, par. 2, dir. 2007/66) ed infatti la norma dispone che il giudice deciderà “in funzione delle deduzioni delle parti, della gravità della condotta della Stazione appaltante o della situazione di fatto”. La scelta è di estrema importanza in quanto da essa deriva l'applicazione o meno della disciplina contrattuale alle prestazioni già compiute. A nostro avviso l’effetto deve ritenersi automatico ed erga omnes; il contratto viene meno per effetto
del travolgimento degli effetti caducanti dell’annullamento giurisdizionale. La caducazione quindi è ex lege ed agisce ex tunc [con conseguente possibile insorgere della problematica dell’arricchimento, come si è detto (60)]. Il contratto deve ritenersi improduttivo di effetti ab origine (61).
(ii) per i casi di inefficacia possibile, il comma 1 dell’art. 122 del Codice del processo amm. afferma che “il giudice che annulla l’aggiudicazione definitiva stabilisce se dichiarare inefficace il contratto (…), nei casi in cui … la domanda di subentrare sia stata proposta” (e questa volta, il legislatore specifica che deve esserci la domanda: siamo nel caso sopra esaminato, sub B).
L’azione del ricorrente è certamente un’azione di annullamento e di pronuncia sul contratto: la sentenza che viene richiesta ha natura dichiarativa (come afferma il legislatore) ma, anche e soprattutto in questo caso, costitutiva: risolve una questione circa una condizione risolutiva e circa l’esistenza del contratto attinente ad un momento precedente lo stesso. Si può ricordare come ipotesi di situazione processuale parallela quella del ricorso del curatore fallimentare ex art. 7, legge
n. 52/1991, ove il giudice dichiara l’inefficacia del contratto di cessione dei crediti di impresa assunto in frode ai creditori e conosce della situazione di fatto a prescindere dallo stesso.
Incidendo sui rapporti esistenti nati dal contratto dichiarato inefficace, la sentenza dunque sembra avere anche natura costitutiva.
La scelta riguarda l’an dell’efficacia e, in particolare:
- come detto, il comma 2 dell’art. 121 dispone che nonostante l’annullamento dell’aggiudicazione e le gravi violazioni, il contratto resta efficace qualora venga accertato che il rispetto di esigenze imperative connesse ad un interesse generale imponga che i suoi effetti siano mantenuti. La valutazione del giudice, in tal caso, è diretta alla salvaguardia di “un interesse generale” e, dunque, di un interesse la cui soddisfazione è normalmente riservata all'azione amministrativa e alla PA;
- ancora, nei casi di inefficacia possibile occorrerà tener presente l’eventuale eccessiva onerosità per la PA e la buona fede del terzo. Se si dà prevalenza all’interesse del ricorrente, vi può essere azione del controinteressato per responsabilità precontrattuale nei confronti dell’amministrazione altrimenti è difficile che il ricorrente possa ottenere la dichiarazione di inefficacia, salvo che la SA non abbia contribuito all’illegittima aggiudicazione.
Si tratta di una valutazione che, dunque, per questi aspetti, non è dichiarativa, ma costitutiva e largamente discrezionale: può parlarsi di una giurisdizione che entra nel merito dell’azione amministrativa o si tratta, piuttosto, di un giudizio secondo equità sui contratti in cui è riconosciuta giurisdizione al GA, sul tipo dell’art. 2058 c.c.?
Il Consiglio di Stato ha escluso che si tratti di giurisdizione di merito (62) e in effetti si concorda sul punto: il compito del giudice così come configurato dalla norma presenta tutte le
(60) Cfr. Cons. Stato, sez. V, 9 aprile 2010, n. 1998: “l’Amministrazione se da un lato deve rimuovere il contratto (se nel frattempo stipulato), dall’altro lato è tenuta, durante il tempo necessario per procedere alla nuova aggiudicazione, a evitare che continuino a prodursi effetti irreversibili in contrasto con la sentenza e tali da pregiudicare la completa e puntuale esecuzione della medesima. Invero, annullata l’aggiudicazione, la prosecuzione dei lavori o del servizio è priva di titolo, e può essere consentita solo per lavori indifferibili, da retribuirsi, comunque, non a titolo contrattuale ma di indebito arricchimento. Conf. ID., sez. VI, 11 gennaio 2010, n. 20.
(61) Contra: Cons. Stato, n. 6666/2003, cit., per cui si ha una ipotesi di inefficacia relativa: può essere fatta valere solo dalla parte che abbia ottenuto l’annullamento dell’aggiudicazione; inoltre, il contraente che vede venire meno gli effetti
del proprio contratto, farà salvi i propri diritti se in buona fede (estensione analogica delle norme di cui agli artt. 23, comma 2, e 25, comma 2, c.c. e, così, ne discende che l’annullamento “non pregiudica i diritti acquistati dai terzi in buona fede in base ad atti compiuti in esecuzione della deliberazione”).
(62) Cfr. Commissione speciale, parere 25 gennaio 2010, punto 4, che esclude che “la legge autorizzi il giudice
amministrativo a “sostituirsi” all'amministrazione, effettuando in luogo di questa scelte discrezionali conformi a regole non giuridiche di buona amministrazione, che attengono ai profili di opportunità e di convenienza del provvedimento amministrativo, che può essere adottato dal giudice o da un suo ausiliare in sostituzione, appunto, dell'amministrazione”.
caratteristiche della scelta funzionalizzata ad una soluzione secondo equità che non aggravi la posizione del soccombente oltre i limiti connessi, appunto, ad una valutazione equitativa rimessa alla discrezionalità del giudice.
Come si vede, il giudice gode di ampi poteri per l’esercizio dei quali non vi sono criteri e/o parametri valutativi, ad es., della gravità della condotta.
C) La domanda di parte può essere sul solo contratto
Il punto di partenza è evidentemente conseguente da quanto detto supra, sub par. 3.2, punto C. Il GA può essere giudice del solo contratto?
No, perché prima deve annullare l’aggiudicazione e quindi vi deve essere domanda sul punto relativo all’esercizio del potere nella fase procedimentale (63). Il GA è vincolato dalla domanda della parte; se non vi è azione di annullamento sulla pregiudiziale amministrativa non vi può essere cognizione giudiziale delle eventuali “gravi violazioni” della SA in detta fase procedimentale proprio perché non introdotte nel giudizio dal ricorrente sotto l’unica forma ammessa, cioè di impugnativa dell’atto di aggiudicazione ma solo come invalidità/inefficacia del contratto.
In conclusione allora, appare evidente come il principio dispositivo vincola la delimitazione oggettiva dell’ambito processuale all’interno del quale le parti sono tenute ad agire.
6. il giudicato e l’ottemperanza. – Natura della pronuncia del giudice:
1. di annullamento: tradizionale
2. sul contratto: come si è visto, la pronuncia giudiziale è dichiarativa (il legislatore, letteralmente) ma sembra avere piuttosto natura costitutiva: infatti essa è da un lato soggetta a termini decadenziali di impugnazione dell’aggiudicazione (e quindi può essere dedotto solo a particolari condizioni) dall’altro è idonea a dare certezze alle parti che non possono prescindere dalla precedente e necessaria cognizione giudiziale sull’aggiudicazione. Quindi in realtà è costitutiva e conseguente alla pronuncia precedente (necessaria).
Altri interessanti interrogativi si pongono pensando all’eventuale giudizio di ottemperanza.
Che oggetto avrebbe?
Visto che ora la legge consente al giudice di conoscere il contratto (a differenza di prima), e solo con la domanda di parte si può avere la cognizione giudiziale, e quindi:
- se vi è richiesta espressa (cfr. art. 124, Xxxxxx processo amministrativo: L'accoglimento della domanda di conseguire l'aggiudicazione e il contratto) è azione di adempimento su richiesta del ricorrente e la sentenza è di natura costitutiva ex art. 2932 c.c. che tiene luogo del contratto, comunque, o che impone l’obbligo dell’amministrazione ad un facere.
Dunque, l’ottemperanza potrà avere ad oggetto anche l’obbligo a contrarre dell’amministrazione.
Ulteriore e diversa problematica deriva dalla riconosciuta natura costitutiva della sentenza: se si segue la giurisprudenza civile (64), la sentenza costitutiva comporta un’esecutività
(63) Cfr. CINTIOLI per cui “teorizzare un potere-dovere di dichiarare inefficace un contratto senza che il ricorrente lo chieda e lo voglia, equivarrebbe a fare di esso un vero e proprio potere amministrativo sanzionatorio officioso”. Per non violare le garanzie poste dagli artt. 24 e 113 Cost., è necessario rimanere ancorati al principio dispositivo, per cui anche nel caso di violazioni gravi l’inefficacia può essere dichiarata solo su impulso del ricorrente. Così come la conservazione degli effetti del contratto – prosegue l’Autore – potrà essere disposta solo se la SA o il controinteressato abbiano eccepito e dimostrato l’esigenza di esigenze imperative connesse ad un interesse generale.
(64) Infatti, mentre con riferimento alle sentenze di condanna nessun dubbio sussiste in ordine alla loro provvisoria esecutività ex art. 282 c.p.c. (ad es., tra le molte, Cass. civ., n. 7369/2009 e n. 15294/2006), la giurisprudenza civile
sostiene xxxxxxxx che lo stesso non valga per le sentenze costitutive (e di mero accertamento). La rilevanza giuridica, sul terreno sostanziale, della sentenza costitutiva di accoglimento della domanda ex art. 2932 c.c. ancora assoggettabile ad impugnazione, in altre parole, può valere solo a radicare in capo all'attore un'aspettativa in ordine alla modificazione della realtà giuridica verificabile esclusivamente con il passaggio in giudicato della sentenza. V. anche Cass. civ., n.
vincolata dal giudicato (e, quindi, nel nostro caso, solo dopo l’eventuale statuizione del Consiglio di Stato, il ricorrente ne potrà pretendere l’esecuzione) (65).
I problemi nella materia dei contratti pubblici sono a questo punto molto diversificati perché non di rado la tempistica del contratto e della sua esecuzione giocano un ruolo determinante sugli interessi economici in gioco.
Nel valutare se l'amministrazione deve assicurare, nelle more della formazione del giudicato, l'effettività della situazione giuridica del ricorrente come definita dalla pronuncia giudiziale riteniamo debba escludersi – in virtù di quanto disposto dal c.p.c. per cui nonostante le sentenze di primo grado siano provvisoriamente esecutive (e come detto, il riferimento è a quelle di condanna)
– la possibilità di fare ricorso al giudice, in sede di ottemperanza, prima che sia esaurito il termine per proporre impugnazione (66). L’opinione preferibile è che il giudizio di ottemperanza non può essere inteso come mero giudizio di esecuzione e per stabilire se l’amministrazione abbia effettivamente soddisfatto il giudicato, ovvero sia rimasta inerte o abbia adempiuto solo in parte o abbia tenuto un comportamento elusivo occorre comunque fare riferimento alla concreta realtà
8250/2009, a conferma del fatto che la sentenza che dispone l'esecuzione in forma specifica dell'obbligo di contrarre, ex art. 2932 c.c., produce i propri effetti solo dal momento del passaggio in giudicato. Cfr. però, in senso contrario, Cass. civ., n. 18512/2007, per cui “Nel caso di pronuncia della sentenza costituiva ai sensi dell’art. 2932 c.c., le statuizioni di condanna consequenziali, dispositive dell’adempimento delle prestazioni a carico delle parti fra le quali la sentenza determina la conclusione del contratto, sono da ritenere immediatamente esecutive ai sensi dell’art. 282 c.p.c., di modo che, qualora l’azione ai sensi dell’art. 2932 c.c., sia stata proposta dal promittente venditore, la statuizione di condanna del promissario acquirente al pagamento del prezzo è da considerare immediatamente esecutiva”; Cass. civ.,
n. 21367/2004, n. 16262/2005 e n. 16263/2005 “ancorché l’art. 282 c.p.c., nella formulazione vigente per effetto della sostituzione operata dalla L. n. 353 del 1990, art. 33, non consenta di ritenere che l’efficacia delle sentenze di primo grado aventi natura di accertamento e/o costitutiva sia anticipata rispetto alla formazione della cosa giudicata sulla sentenza e debba, dunque, affermarsi che dette sentenze possono vedere anticipata la loro efficacia rispetto a quel momento soltanto in forza di espressa previsione di legge (come accade, ad esempio, nell’art. 421 c.c.), qualora ad esse acceda una statuizione condannatoria (come, ad esempio, quella sulle spese di una sentenza di rigetto di una domanda), tale statuizione, in forza della riferibilità dell’immediata efficacia esecutiva della sentenza di primo grado a tutte le pronunce di condanna, indipendentemente dalla loro accessorietà ad una statuizione principale di accertamento e/o costituiva, deve considerarsi provvisoriamente esecutiva”. Nella recente Cass. civ., n. 4059/2010, le Sez. un. affermano che “nell'esecuzione in forma specifica dell'obbligo di concludere un contratto di compravendita, l'esecutività provvisoria, ex art. 282 c.p.c., della sentenza costitutiva emessa ai sensi dell'art. 2932 c.c., è limitata ai capi della decisione che sono compatibili con la produzione dell'effetto costitutivo in un momento successivo, e non si estende a quelli che si collocano in rapporto di stretta sinallagmaticità con i capi costitutivi relativi alle modificazione giuridica sostanziale”.
(65) Tuttavia, è stato sostenuto che sebbene l’immutabilità della situazione giuridica si determini solo al passaggio in giudicato della sentenza, non può escludersi la sua idoneità a produrre effetti giuridici sin dal momento anteriore alla
irrevocabilità. L’esecuzione forzata può allora essere promossa in virtù di una sentenza costitutiva di una servitù ex art. 1051 o 1052 c.c. ma solo allorché contenga tutti gli elementi identificativi in concreto della servitù ed anche se detti elementi identificativi debbano essere desunti dalla consulenza tecnica d’ufficio eseguita nel corso del giudizio. In buona sostanza, la sentenza costitutiva ha un’efficacia esecutiva ma solo allorché, per la specificità della statuizione, rechi una condanna implicita. In argomento, in dottrina, cfr: XXXXXXXXX, Diritto processuale civile, ed. IV, Milano, 2006, p. 307; CARPI, La provvisoria esecutività delle sentenze, Milano, 1979, p. 37; IMPAGNATIELLO, Sentenze costitutive, condanne accessorie e provvisoria esecutività, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2005, p. 751. Per la materia fallimentare, favorevoli alla provvisoria esecutività: Trib. Messina, 28 settembre 2004, per cui la natura costitutiva della sentenza che accoglie la domanda di revocatoria fallimentare non impedisce, in via di principio, l'applicabilità dell'art. 282 c.p.c., in tema di provvisoria esecuzione, anche alla pronuncia giudiziale non ancora passata in giudicato che condanna il convenuto a restituire alla curatela fallimentare somme di denaro la cui dazione sia stata dichiarata inefficace; tanto più se, nel caso concreto, dalla provvisoria esecutività non derivino effetti irreversibili e vi siano possibilità di definizione transattiva della controversia; conf. Trib. Monza, 13 maggio 2002; Trib. Xxxxx, 8 marzo 2004 per cui “La disciplina dettata dall'art. 282 c.p.c. che dispone la provvisoria esecutività di tutte le sentenze emesse in primo grado ha portata generale, trovando quindi applicazione anche nelle ipotesi in cui la sentenza emessa, e non ancora passata in giudicato, abbia natura costitutiva; in applicazione di tale principio deve ritenersi provvisoriamente esecutiva tra le parti la sentenza che accoglie la domanda di revocatoria fallimentare, specie nel caso in cui vi siano capi di condanna consequenziali rispetto alla statuizione di accoglimento dall'azione esercitata”.
(66) Anche la procedura di cui all’art. 10 della legge n. 205 del 2005 che fa espresso riferimento all’esecuzione delle sentenze non sospese dal Consiglio di Stato.
processuale e quindi al contenuto della sentenza, per l’appunto, passata in giudicato. Ciò anche in relazione agli artt. 3, 24 e 111 Cost. (67).
Non è detto però che dall’annullamento dell’aggiudicazione illegittima derivi comunque un obbligo per l’amministrazione di provvedere (68):
- se la parte non lo richiede espressamente, appartiene alla discrezionalità dell’amministrazione bandire la stessa gara per acquisire altre offerte, non bandirla o bandirne una diversa (e in tale ultima ipotesi anche pregiudicando, in concreto, la possibilità del concorrente di partecipare).
A questo punto, in sede di ottemperanza, deve ritenersi che il ricorrente possa denunciare l’inerzia dell’amministrazione ovvero la malafede della stessa (cioè il suo comportamento, anche se mediato da un provvedimento: l’eventuale bando di gara con presupposti di partecipazione diversi) (69).
Quindi, è ipotizzabile che:
A) il giudice dichiari l’inefficacia del contratto ex tunc: in tal caso, deve ritenersi che è come se nulla fosse accaduto – ipotesi assimilabile alla nullità, ancorché il legislatore del Codice del processo amm. parli comunque di “inefficacia” e quello del c.c.p. di “caducazione” – e il giudice obblighi l’amministrazione ad indire una nuova gara;
dunque,
- certamente il ricorrente principale può pretendere che l’amministrazione indica nuovamente la gara (se non ha provveduto al facere statuito nella sentenza);
- forse, il ricorrente principale può pretendere anche il ripristino delle situazioni ex ante denunciando la malafede della SA che ha indetto una nuova ma diversa procedura e che non può non trarre le conseguenze dell’illegittimità della sua azione sul piano delle modifiche della realtà materiale necessarie ad attuare l’annullamento dell’aggiudicazione.
B) il giudice dichiari l’inefficacia del contratto ex nunc:
- certamente il ricorrente può pretendere che l’amministrazione indica nuovamente la gara (se non ha provveduto al facere statuito nella sentenza);
- maggiori dubbi permangono in riferimento alle pretese della parte ricorrente in via principale circa il ripristino dello status quo ante: infatti, ad es., come si è visto nelle ipotesi di inefficacia necessaria, il mantenimento degli effetti del contratto aggiudicato senza bando o con procedura negoziata priva di presupposti (ipotesi di vizi “gravi” ex art. 121, comma 1) nasce fondamentalmente per l’esigenza di evitare che “il rimedio sia peggiore del male” (cd. economia reale del contratto); pertanto, ritenere che la parte ricorrente vittoriosa esegua il contratto in virtù di “nuove condizioni” o che subentri in maniera non sproporzionata non è principio privo di fondamento tuttavia non appare consono alle esigenze del mercato che ne imporrebbero la prosecuzione; diversamente, nei casi di inefficacia possibile, la norma stabilisce che il giudice tiene conto “in particolare, degli interessi delle parti, dell’effettiva possibilità per il ricorrente di conseguire l’aggiudicazione alla luce dei vizi riscontrati, dello stato di esecuzione del contratto e della possibilità di subentrare nel contratto, nei casi in cui il vizio dell’aggiudicazione non comporti l’obbligo di rinnovare la gara e la domanda di subentrare sia stata proposta”.
(67) In dottrina, sui rapporti tra giudicato ed ottemperanza, x. XXXXX, Il giudicato amministrativo ed il processo di ottemperanza, in AAVV, Il giudizio di ottemperanza, in Atti del XXVII Convegno di Studi di Scienza dell’Amministrazione (Varenna, 17-19 settembre 1981), Milano, 1983, p. 65.
(68) Cfr. ad es., TAR Veneto, n. 1838/2010, cit.: nel caso di specie le domande del ricorrente principale e incidentale si
annullavano a vicenda e la sentenza dichiarò l’inefficacia del contratto stipulato nelle more dall’amministrazione sulla base di una gara svolta in modo illegittimo, accogliendo il ricorso principale per difetto dei requisiti di partecipazione dell’aggiudicatario e accogliendo il ricorso in via incidentale dichiarando illegittima l’ammissione alla gara del ricorrente principale ed azzerando così per mancanza di concorrenti, avendovi partecipato solo due imprese. L’amministrazione non fu obbligata a rinnovare la gara in assenza di proposizione della domanda.
(69) Cfr. Cons. Stato, sez. VI, 11 gennaio 2010, per cui dopo l’annullamento dell’aggiudicazione di un appalto di lavori
la SA non stipulò immediatamente il contratto con il nuovo aggiudicatario facendo proseguire, nelle more, i lavori al precedente aggiudicatario. Il GA affermò come, sul piano risarcitorio dell’equivalente, gli obblighi dell’amministrazione sono individuati nel non pregiudicare la completa e puntuale esecuzione della nuova aggiudicazione tramite il prodursi di effetti irreversibili.
Quanto all’ex aggiudicatario soccombente, deve ritenersi che, in sede di ottemperanza, si rivolga al GA per ottenere il pagamento delle prestazioni eseguite – e sempre se aveva proposto azione in tal senso – dovendosi evitare l’inutile duplicazione di giudizi ora che la cognizione è del GA. Altrimenti non gli rimane che la nota azione di indebito arricchimento ex art. 2041 c.c. avanti al GO.