On-the-job training generico dei lavoratori e contrattazione in mercati del lavoro imperfetti:
On-the-job training generico dei lavoratori e contrattazione in mercati del lavoro imperfetti:
il ruolo della “breach penalty” nel contratto iniziale
XXXXXX XXXXXXXX🖂
Scuola Superiore Sant’Xxxx (SSSUP) Xxx Xxxxxxxx 00 - 00000 Xxxx (XX)
Giugno 2001
Sono grato ai professori Xxxxxxxxx Xxxxxxx, Xxx Xxxxxxxxx e Xxxxx Xxxxxxx per gli utili suggerimenti che mi hanno fornito durante la stesura di una precedente versione di questo lavoro. Desidero ringraziare, inoltre, tutti coloro che sono intervenuti al seminario tenuto presso il Dipartimento di Scienze Economiche dell'Università di Pisa e due anonimi referees per i commenti e le osservazioni sugli argomenti qui trattati. Naturalmente soltanto mia rimane la responsabilità di eventuali omissioni o inesattezze.
On-the-Job General Training by Workers and Bargaining in Imperfect Labour Markets: The Role of Breach Penalty in the Initial Contract
Abstract:
In this paper I analyse contracts that are able to induce efficient level of on-the-job general investment by workers in a context of strategic bargaining and labour market imperfections (e. g., turnover, search and switching costs). While the hold-up literature mainly restricted attention to investments that benefit only the investor (self-investments), I analyse more deeply the case in which worker’s general human capital investment is not a self- investment since it increases firm’s revenue. For general self-investments Xxxxxxxxx [1997, 1999] showed that a fixed wage contract assures the efficient level by workers. I show in this paper that for on-the-job general training (cooperative general investments) by workers a fixed wage contract à la Xxxxxxxxx is not enough to obtain the first-best level of investment and it is necessary a more complex contract which imposes a (breach) penalty to a party in case of permanent separation.
Key words: Bargaining, hold-up, on-the-job general training by workers, breach penalty.
JEL classification: C72, J24, J31, J41.
1. Introduzione.
Negli ultimi anni l'attenzione di molti economisti si è indirizzata sull'importanza dell'accumulazione di competenze (skills) da parte dei lavoratori, considerando tali investimenti come una delle principali fonti di crescita per le economie industrializzate. Al pari dell'importanza dell’istruzione, quella dell’accumulazione di competenze del tipo on-the-job training diventa più rilevante quando i sempre più complessi investimenti delle imprese in nuove tecnologie e nuovi assetti organizzativi richiedono continui aggiornamenti delle conoscenze e della professionalità della forza lavoro. Recentemente, inoltre, lo sviluppo e la forte diffusione di rapporti di lavoro in forme atipiche e temporanee hanno indirizzato l’attenzione dei policy makers verso una questione di particolare rilevanza e cioè quella dell’effettiva possibilità di incentivare la formazione e l’accumulazione di nuove competenze da parte dei dipendenti in un contesto in cui la natura più precaria dei rapporti di lavoro potrebbe porsi in conflitto con tali obiettivi di politica del lavoro.
Sebbene l'interesse teorico per tali questioni si spinga molto più indietro nel tempo1, il paradigma di riferimento è costituito senz'altro dalla teoria del capitale umano che si è sviluppata a partire dal lavoro seminale di Xxxxxx [1964]. In particolare, Xxxxxx individua una distinzione cruciale tra gli investimenti in capitale umano generico e specifico intendendo con i primi quelle forme di accumulazione di competenze che mantengono il loro valore con più datori di lavoro, mentre con i secondi gli investimenti in formazione on-the-job che sono specifici per la singola impresa presso cui si lavora e che quindi hanno valore soltanto con essa. Con riferimento agli investimenti generici Xxxxxx dimostra come in mercati del lavoro perfettamente competitivi i lavoratori abbiano sempre gli adeguati incentivi ad investire in capitale umano dal momento che sono sempre in grado di appropriarsi interamente dell'incremento di produttività derivante dall'investimento2. In altri termini, se i lavoratori hanno le risorse finanziarie (di tasca propria, ricorrendo ai mercati creditizi oppure accettando di lavorare ad un salario più basso per il periodo di addestramento) per acquistare la propria formazione sul lavoro, l’investimento relativo si realizzerà sempre in misura efficiente nel caso assuma le caratteristiche della formazione generica. Più di recente il risultato di Xxxxxx è stato posto fortemente in discussione dalla letteratura che affronta la questione dell'investimento in general training dei lavoratori abbandonando l'ipotesi di mercati del lavoro perfettamente competitivi (Xxxxxxxx e Xxxxxxx [1999]). La presenza di imperfezioni del mercato del lavoro, specie nella forma di costi di switching, di turnover e di ricerca (search costs), rende difficile e costoso per un lavoratore trovare una nuova impresa in caso di rottura del rapporto di impiego con la precedente così come impedisce all’impresa di sostituire in tempi brevi e senza costo un lavoratore. I costi connessi con la sostituzione del vecchio partner e la ricerca di uno nuovo determinano una rendita connessa al proseguimento del vecchio rapporto di impiego che si ripartisce tra le parti tramite un processo di contrattazione. In tali condizioni, anche quando la
1 Già Xxxxx in Wealth and Welfare del 1912 si soffermava sull'importanza degli investimenti in capitale umano e sulle difficoltà connesse alla possibilità di ottenere livelli efficienti di tali investimenti.
2 Ciò non vale per gli investimenti specifici. In tale caso, infatti, i lavoratori non sono in grado di appropriarsi
dell’incremento di produttività promanante dall’investimento nell’ipotesi di interruzione del rapporto di lavoro; le imprese, quindi, sono portate a sostenere in parte il costo per la formazione dei propri lavoratori al fine di accrescerne la produttività.
stipulazione del contratto iniziale avviene in un contesto di mercato perfettamente competitivo, qualsiasi rinegoziazione successiva alla realizzazione dell’investimento tende necessariamente ad assumere, almeno in parte, i connotati di un gioco di contrattazione in condizioni di monopolio bilaterale. La determinazione del salario tramite il processo di contrattazione induce le parti a suddividersi il surplus scaturente dall’impiego (che, ovviamente, dipende crucialmente anche dall’investimento del lavoratore) per cui la scelta del livello di formazione on-the-job del lavoratore può risultare inefficiente in relazione al noto fenomeno dell'hold-up. In sostanza, le imperfezioni del mercato del lavoro “trasformano” de facto gli investimenti generici in investimenti (almeno parzialmente) specifici favorendo, così come accade per i secondi, possibili fenomeni di espropriazione da parte di una delle parti (nel caso particolare, l’impresa) a danno dell’altra (il lavoratore) ed inducendo effetti di sottoinvestimento rispetto al livello ottimale (o di first-best).
In realtà, il risultato di hold-up per l’investimento in capitale umano generico on-the-job dei lavoratori dipende crucialmente dal ruolo che le alternative di mercato svolgono nel processo di contrattazione tra impresa e lavoratore. Nell’ambito del noto approccio (assiomatico) di Xxxx, le alternative di mercato sono i default payoffs (o threat points) rispetto ai quali, in equilibrio, le parti si spartiscono il surplus dell’impiego secondo i rispettivi poteri di contrattazione; nei termini più generali dell’approccio strategico ai giochi di contrattazione (Xxxxxx [1986], Xxxxxxx e Xxxxxxxxxx [1990]), ciò equivale ad assumere che ciascuna parte può sempre disporre di una fonte di utilità mentre contratta con la controparte e fino a quando non sarà raggiunto un nuovo accordo (Xxxxxxx et al. [1986]). Un modo alternativo di considerare le alternative di mercato è assumere che queste siano disponibili solo nell’ipotesi che le parti si separino definitivamente; in questo caso, utilizzando la terminologia della teoria dei giochi di contrattazione, le alternative assumono la veste di outside options e gli effetti che determinano sull'equilibrio finale del gioco di contrattazione possono risultare ben diversi da quelli prodotti dai default payoffs in quanto se una parte sceglie la propria outside option non avrà più modo di tornare a contrattare con l’altra. In particolare, quando l’impiego è efficiente, se l'outside option di una parte risulta stringente (cioè se una parte preferirebbe abbandonare definitivamente l’altra e beneficiare della propria alternativa di mercato al netto dei costi di switching) questa ottiene, in equilibrio, un payoff esattamente uguale al valore dell'outside option, mentre all'altra spetta il resto del surplus complessivo derivante dallo scambio (Xxxxxxx e Xxxxxxxxxx [1990]).
In questo lavoro si intende analizzare formalmente la problematica dell’hold-up per l’investimento in capitale umano generico on-the-job dei lavoratori. La sequenza degli eventi è così riassumibile. Un’impresa ed un lavoratore stipulano un contratto iniziale di impiego; il lavoratore effettua un investimento in formazione generica on-the-job; le parti possono rinegoziare il contratto iniziale per cui, potenzialmente, l’impresa è in grado di appropriarsi di parte del surplus promanante dall’investimento del lavoratore. L’obiettivo, ovviamente, è quello di individuare un contratto iniziale ottimale che escluda tale evenienza e spinga il lavoratore ad investire in misura efficiente. In particolare, nel corso del lavoro si ipotizzerà una situazione in cui durante il periodo di rinegoziazione del contratto ciascuna parte può rifiutarsi di scambiare con la controparte senza, peraltro, rompere definitivamente il contratto di impiego. In attesa di giungere ad un accordo, ciascuna parte ottiene un (default) payoff che può ricollegarsi ad una pluralità di fattori. Il
lavoratore potrebbe, ad esempio, ricorrere ad una qualche forma di self-employment o, più semplicemente, beneficiare dell’utilità del tempo libero, mentre l’impresa potrebbe continuare a produrre anche senza quel lavoratore. Un’altra interpretazione particolare di tale evenienza può essere ricondotta alla possibilità che il lavoratore, durante la disputa negoziale, piuttosto che non scambiare del tutto con l’impresa, continui a lavorare ma ad un “ritmo ridotto” ottenendo in cambio un salario decurtato come nei casi di “working to rule”, “go slow” e “hold-out” analizzati da Xxxxxxx e Xxxxx [1992] e Xxxxxx [1994]. In ognuno di questi casi, comunque, il payoff del lavoratore non riflette il rendimento in capitale umano realizzato all’interno dell’impresa. Al contrario, poiché la formazione è generica, il rendimento marginale dell’investimento può essere mantenuto interamente qualora il lavoratore vada a lavorare per un’altra impresa. A causa della presenza di ingenti costi di turnover, peraltro, si ammette che tale evenienza sia possibile solo qualora le parti decidano di rompere definitivamente la relazione di impiego. In altri termini, si esclude la possibilità di fare ricorso, durante il periodo di rinegoziazione del contratto, alla rispettiva alternativa di mercato che si configura, quindi, come outside option. Ciò si giustifica in quanto, in presenza di elevati costi di turnover, è logico attendersi che imprese e lavoratori decidano, rispettivamente, di assumere un nuovo lavoratore e di cercare un altro impiego non per un periodo di tempo limitato, quale quello necessario per raggiungere tra loro un accordo, ma solo qualora decidano di terminare definitivamente l’impiego3.
La problematica dell’hold-up nei mercati del lavoro nel caso di contrattazione strategica è stata recentemente presentata e analizzata approfonditamente da Xxxxxxxxx [1997, 1999]. Estendendo al mercato del lavoro alcuni importanti risultati precedenti (XxxXxxx e Xxxxxxxxx [1993]), l’autore dimostra come sia possibile garantire la realizzazione ottimale di investimenti generici dell’impresa e/o del lavoratore tramite semplici contratti in cui, prima dell’investimento, le parti fissano adeguatamente il salario iniziale che può essere modificato successivamente solo con un accordo comune (mutual consent). Tale forma contrattuale, particolarmente efficace in quanto non pone alcun problema di esecuzione se non quello di imporre all’impresa il pagamento del salario prefissato quando il lavoratore si reca regolarmente al lavoro, è nota in letteratura come fixed wage contract. Peraltro, gli investimenti a cui Xxxxxxxxx fa riferimento, differiscono sostanzialmente da quello in capitale umano in quanto rappresentano dei self-investments. Un investimento è self- investment quando accresce l'utilità della sola parte che lo ha realizzato. Nel mercato del lavoro, ad esempio, un self-investment di un’impresa è rappresentato dall’investimento in capitale fisico che accresce la redditività dell’impresa stessa, mentre un self-investment del lavoratore è quello che riduce esclusivamente la disutilità di quest’ultimo connessa al lavoro. L’investimento in capitale umano nella forma on-the-job training presenta in realtà caratteristiche sostanzialmente diverse da un self-investment. Utilizzando la terminologia proposta da Che e Xxxxxx [1999], esso costituisce un investimento cooperativo (cooperative investment) in quanto, se è il lavoratore ad effettuarlo e a sostenerne il relativo costo, da esso trae chiari benefici anche l’impresa. Più specificatamente, l’investimento in on-the-job training generico accresce la produttività del lavoratore e,
3 L’impossibilità per il lavoratore di beneficiare della propria alternativa di mercato mentre sta ancora contrattando con l’impresa, imputabile alla presenza di costi di turnover, potrebbe anche essere impedita da
conseguentemente, la redditività dell'impresa per cui sta lavorando; allo stesso tempo, in quanto investimento generico, consente al lavoratore di aumentare il valore della propria alternativa di mercato e quindi la possibilità di ottenere un aumento salariale nel caso di rinegoziazione del contratto. Comunque, se l’alternativa di mercato si configura come outside option, il risultato ottimale è conseguibile solo se quest’ultima risulta stringente; in questo modo, tramite la rinegoziazione, il lavoratore si assicura sempre la possibilità di appropriarsi interamente del rendimento marginale del proprio investimento ed investe efficientemente. Alla luce di tali considerazioni, dopo avere dimostrato che la soluzione contrattuale (fixed wage contract) proposta da Xxxxxxxxx nel caso di self-investment non può valere per l’investimento in capitale umano generico, sarà proposta una soluzione alternativa che può garantirne la realizzazione ottimale (efficiente) da parte del lavoratore; peraltro, il contratto iniziale ottimale risulta più complesso di un fixed wage contract, in quanto deve prevedere, insieme al salario, una penalità a carico di una delle parti in caso di rottura definitiva del rapporto4.
In relazione al contesto che sarà ipotizzato in questo lavoro, è opportuno qui evidenziarne le demarcazioni più importanti che ne suggeriscono un approfondimento successivo: in primo luogo, il processo di contrattazione concerne direttamente impresa e lavoratore ed esclude il ruolo di terze parti quali, in particolare, i sindacati. Sebbene la natura delle problematiche che saranno analizzate riguarda il processo di contrattazione indipendentemente dalla presenza dei sindacati5, considerarne il ruolo e gli effetti accresce senz’altro la portata reale del modello, nonché apre nuove prospettive le quali, peraltro, possono per certi versi allontanare dall’aspetto principale del lavoro. In secondo luogo, si assume che il processo di contrattazione avvenga in condizioni di informazione perfetta e si esclude dall’analisi del rapporto di impiego il problema del moral hazard. Tali scelte sono dettate da ragioni di semplificazione della questione che si intende qui approfondire e non intendono negare l’importanza delle imperfezioni informative nel processo di contrattazione e, più in generale, nei rapporti di lavoro. In effetti, come sarà chiaro in seguito, le problematiche che saranno affrontate non dipendono specificatamente dalla presenza di informazione imperfetta (asimmetrica) la quale, peraltro, può acuirne la natura6.
Il resto del lavoro è organizzato nel modo seguente: nel paragrafo 2 è presentato in dettaglio il contesto di base che è analogo a quello considerato da Xxxxxxxxx [1997, 1999] con la differenza fondamentale costituita dalla natura dell’investimento al centro dell’analisi. Riferendosi a certi risultati standard della letteratura sui giochi di contrattazione strategica si illustrano, inoltre, i possibili esiti del gioco di negoziazione tra impresa e lavoratore sulla base di un accordo (contratto)
regole istituzionali che impongono l’esclusività del rapporto di impiego. In questo caso, ovviamente, i costi di
turnover sarebbero pari ad infinito.
4 Nella letteratura sull’hold-up il ricorso alle penalità contrattuali per conseguire livelli efficienti di investimento tramite il ruolo delle outside options è stato individuato per primi da Xxxx e Xxxxx [1988] per il caso di self-investment specifico. Allo stesso scopo, Xxxxxx et al. [1994] propongono una soluzione alternativa (specific performance) che peraltro, come sarà discusso in seguito, risulta scarsamente efficace nel mercato del lavoro.
5 In prima approssimazione si può affermare che il modello presentato in questo lavoro analizza più compiutamente il tipo di contratto individuale che si instaura tra impresa e manager. Tra gli altri, un caso che potrebbe acquisire rilevanza in questo contesto è quello dei giovani lavoratori assunti dall’impresa con contratti di apprendistato rinnovabili (rinegoziabili) successivamente.
6 Per alcuni spunti di riflessione a tale riguardo si rimanda al paragrafo 5.
iniziale; nel paragrafo 3 sono analizzati due casi particolari che serviranno da benchmarks per l'analisi successiva: il caso di first-best, che consente di individuare il livello efficiente di investimento del lavoratore, e quello in cui le parti contrattano la ripartizione del surplus senza alcun contratto iniziale (e nel caso le outside options non siano stringenti) che consente di formalizzare, nella sua forma più nota, il problema dell'hold-up; nel paragrafo 4 si evidenzia che, contrariamente a ciò che è stato mostrato da Xxxxxxxxx per i self-investments generici, un adeguato fixed wage contract non è sufficiente per assicurare un livello ottimale di investimento generico in formazione on-the-job dei lavoratori e si dimostra come sia necessario un contratto più complesso che imponga il pagamento di una adeguata penalità contrattuale ad una delle due parti nel caso di rottura definitiva del rapporto di impiego; nel paragrafo 5, data l’importanza svolta teoricamente nel lavoro dalla penalità contrattuale (breach penalty), se ne discute più approfonditamente il ruolo, nonché l’effettiva applicabilità nei rapporti di impiego; nel paragrafo 6, infine, si tracciano alcune considerazioni conclusive.
2. Il modello.
Supponiamo che ad una certa data t = 0 un'impresa stipuli un contratto di impiego W = (w0, p) con un lavoratore, dove w0 ∈ ℜ+ rappresenta il salario che l'impresa si impegna a pagare al lavoratore, mentre p ∈ ℜ rappresenta una penalità (o più in generale un trasferimento) pecuniaria che una parte deve versare all’altra nel caso di rottura definitiva del rapporto di impiego (breach penalty). In un momento successivo t = 1 al lavoratore è richiesto di realizzare un certo livello di investimento in capitale umano i ≥ 0 che comporta un costo misurato in termini monetari pari a i. Indichiamo con θ
∈ Θ una variabile casuale che si realizza in un periodo t = 2 successivo alla realizzazione dell’investimento e che si distribuisce indipendentemente dallo stesso investimento. In sostanza θ descrive tutto ciò che incide sul valore della transazione tra impresa e lavoratore (ad esempio, il prezzo dell'output) e sul valore delle rispettive alternative di mercato. Successivamente, in t = 3, si apre la possibilità dello scambio e della contrattazione tra le parti. Più specificatamente, t = 3 può essere pensato come un periodo di tempo composto da N sottoperiodi7, con N < ∞, in ognuno dei quali, potenzialmente, le parti possono scambiare alle condizioni stabilite in t = 0, possono decidere di recidere il contratto preferendo le alternative (outside options) di cui possono disporre sul mercato oppure possono decidere di rinegoziare il contratto. Durante la contrattazione in t = 3, inoltre, le parti, anche al fine di “forzare” la negoziazione a proprio vantaggio, possono rifiutarsi di scambiare senza peraltro rompere definitivamente la relazione di impiego, cioè, in altri termini, il lavoratore può scioperare e l’impresa può impedire al lavoratore di prestare servizio (o, alternativamente, si verifica l’ipotesi working to rule ) ed entrambi ottengono i rispettivi default payoffs.
Nel corso di tutto il lavoro si assume che impresa e lavoratore siano entrambi neutrali rispetto al rischio, prendano le loro decisioni sulla base di aspettative razionali riguardo al futuro e non abbiano preferenze temporali. Come concetto di soluzione l’attenzione sarà focalizzata sugli equilibri perfetti nei sottogiochi. In figura 1 è rappresentato il profilo temporale che riassume la
7 Gran parte della letteratura sul problema dell'hold-up assume che lo scambio tra le parti si realizzi in un unico istante. L'ipotesi qui assunta riflette più specificatamente ciò che avviene nel mercato del lavoro dove lo scambio si protrae nel tempo. Peraltro come sarà chiaro in seguito, tale cambiamento non produce importanti conseguenze da un punto di vista analitico, così come non ha grande rilevanza il fatto che il lavoratore lavori per l'impresa già al momento in cui realizza l’investimento (t = 1).
successione degli eventi.
t 0 1 2 3
1 2 …. N –1 N
Contratto iniziale | Scelta investimento | Realizzazione θ | Impiego & contrattazione |
W | i |
Figura 1. Sequenza temporale degli eventi
Data la particolare struttura del periodo t = 3, in ciò che segue è opportuno immaginare i payoffs di ciascuna parte come flussi di benefici/costi (espressi in termini monetari) conseguiti durante tutto il corso del periodo. Più dettagliatamente, assumiamo che qualora le parti decidano di scambiare in t = 3 l’impresa ottiene un ricavo monetario pari a r(i, θ). Al contrario, la relazione di impiego per il lavoratore è fonte di disutilità pari (in termini monetari) a c(θ). La disutilità per il lavoratore può essere ricollegabile ad una pluralità di fattori tra cui, ad esempio, allo sforzo8 per eseguire una certa mansione, al sacrificio/costo connesso al recarsi sul posto di lavoro oppure al costo opportunità del tempo libero. Se in t = 3 le parti decidono di interrompere definitivamente la relazione di impiego,
ognuna di esse beneficia della rispettiva alternativa di mercato (cioè della rispettiva outside option) che, al netto dei rispettivi costi di turnover, è pari a oD (θ) per il datore di lavoro ed a oL (i, θ) per il
lavoratore9. Infine, per semplicità, normalizziamo a zero i default payoffs monetari di entrambe le parti nel caso una delle due si rifiuti di scambiare con l’altra (oppure si verifichi l’ipotesi di working to rule).
Definiamo adesso le seguenti assunzioni che saranno mantenute nel corso dell’intero lavoro.
Assunzione 1. Per ogni i ≥ 0 e per ogni θ ∈ Θ, le funzioni r(i, θ) e oL (i, θ) sono entrambe continue, limitate, differenziabili due volte e strettamente concave in i.
Assunzione 2. Per ogni i ≥ 0 e per ogni θ ∈ Θ, abbiamo che 0 < c(θ) < infθ∈Θ, i ≥ 0 r(i, θ).
Mentre l’assunzione 1 rappresenta la tradizionale condizione tecnica che assicura l’unicità della soluzione relativa alla scelta di i, l’assunzione 2, come sarà chiaro in seguito, semplifica l’analisi successiva garantendo l’esistenza di un salario (senz’altro positivo) per cui, indipendentemente dalla realizzazione di i e di θ, le parti preferiscono scambiare tra loro piuttosto che beneficiare dei
8 Volendo focalizzare l’attenzione sulla decisione dell’investimento in capitale umano del lavoratore si esclude qualsiasi sua scelta che determini la disutilità dello sforzo. In altri termini, si esclude dall’analisi la problematica del moral hazard. Un esempio estremamente semplice, ma che rende particolarmente chiara l’idea, è quello di un lavoratore che per svolgere il proprio compito deve montare su una scala. Montare sulla scala determina uno sforzo, cioè è fonte di fatica, per il lavoratore indipendentemente dall’impegno, la cura e l’attenzione che pone nel compiere tale azione. Alternativamente c(θ) potrebbe rappresentare il costo che il lavoratore sostiene per recarsi sul posto di lavoro (che ovviamente non dipende dal suo impegno).
9 Più specificatamente l’outside option di ciascuna parte potrebbe essere scomposta nell’effettiva alternativa di mercato disponibile meno i costi necessari per garantirsela: ad esempio, per il lavoratore avremo che oL(i,
θ) = uL(i, θ) – hL(θ) dove uL rappresenta il payoff che otterrebbe in un’altra impresa, mentre hL rappresenta i costi di turnover.
rispettivi default payoffs. Si noti che, al contrario, non viene fatta alcuna assunzione per quanto riguarda il segno delle alternative di mercato (outside options); in altri termini, queste ultime possono risultare anche negative o, più correttamente, inferiori ai default payoffs. Tale ipotesi cattura più adeguatamente la presenza dei costi di turnover, di switching e di ricerca i quali, in certi stati del mondo, possono rendere la possibilità di ricorrere alle alternative di mercato scarsamente vantaggiosa10. Di seguito sono analizzate più in dettaglio le assunzioni relative al contesto informativo, alle caratteristiche dell’investimento i e al gioco di contrattazione tra le parti.
Informazione. – Si assume che in t = 2 ciascuna parte, impresa e lavoratore, abbia la possibilità di osservare tutte le informazioni rilevanti che concernono lo scambio. Peraltro, il livello dell’investimento i e la variabile casuale θ non sono verificabili da parte di un giudice esterno. Tale ipotesi è largamente plausibile nel mercato del lavoro data la particolare natura e complessità dell’investimento in capitale umano. La non verificabilità delle variabili rilevanti impedisce de facto la stipulazione di un contratto contingente tra le parti che specifichi esattamente il livello di investimento da realizzare in corrispondenza di tutti i possibili futuri stati del mondo. In generale, si ammette che un tribunale possa sempre verificare se le parti scambiano tra loro e possa imporre all’impresa il pagamento del salario concordato quando il lavoratore ha prestato regolarmente servizio. Si assume, inoltre, che un tribunale possa sempre verificare la rottura definitiva del contratto, ma che non abbia la possibilità di individuare la parte colpevole per la separazione. Ciò implica che il giudice può sempre imporre il pagamento di penalità contrattuali contingenti alla rottura definitiva del contratto (breach penalty), ma che tali penalità non possono essere condizionate al motivo, e quindi alla parte, che determina in concreto la separazione. Tale assunzione sarà discussa, più specificatamente, nel proseguo del lavoro (paragrafo 5).
Investimento . – Il lavoratore investe in capitale umano generico (on-the-job training generico). Ciò implica che finché il lavoratore continua a lavorare presso la stessa impresa quest’ultima potenzialmente è in grado di appropriarsi tramite r, cioè in termini di maggiori ricavi, dell’incremento di produttività del lavoratore derivante dall’investimento. Si assume, al contrario, che il lavoratore non abbia la possibilità di ridurre la sua disutilità c derivante dall’impiego tramite l’investimento in capitale umano in quanto c non dipende da esso. Nei termini proposti da Che e Xxxxxx [1999], tali caratteristiche rendono l’investimento in capitale umano un investimento interamente cooperativo. Contemporaneamente, in quanto investimento (interamente) generico, i mantiene interamente il suo valore nel caso il lavoratore abbandoni definitivamente l’impresa e sia assunto da un’altra (beneficiando della sua outside option). Tutto ciò è riassunto formalmente nell’assunzione seguente:
Assunzione 3. Per ogni i 0 e per ogni θ ∈ Θ, si ha che
∂r =
∂i
∂o L
.
∂i
10 In sostanza, l’effetto delle imperfezioni di mercato (costi di turnover, switching ecc.) è duplice. In primo luogo, impediscono la possibilità di ricorrere all’alternativa di mercato mentre le parti stanno ancora contrattando; in secondo luogo, riducono il valore delle alternative, potenzialmente, anche fino al di sotto dei payoffs che le parti ottengono non scambiando (oppure scambiando ad un “ritmo contenuto”). Questa seconda ipotesi definisce un contesto più generale di quello considerato da Xxxxxxxxx [1997, 1999] in cui si assume che la ricerca costosa porta sempre ad alternative migliori, per cui le outside options sono sempre superiori ai rispettivi default payoffs. Occorre comunque sottolineare che, mentre il primo effetto delle imperfezioni di
L’incremento marginale di produttività generato dall’investimento (che si traduce in maggiori ricavi per l’impresa) uguaglia sempre quello del valore dell’outside option del lavoratore. In altri termini, l’investimento del lavoratore in formazione on-the-job mentre lavora per l’impresa, in quanto generico, mantiene (al margine) interamente il suo valore nel mercato. Al contrario, ciò non si verifica per i default payoffs che non dipendono assolutamente dall’investimento del lavoratore11.
Contrattazione. – Si assume che in t = 3 la rinegoziazione del contratto iniziale sia sempre possibile; in altri termini, si esclude la possibilità di accordi vincolanti in t = 0 che impegnino le parti a non modificare il contratto iniziale W. Tale assunzione riflette fedelmente ciò che accade nel mercato del lavoro dove i contratti (individuali) possono essere sempre rinegoziati se entrambe le parti lo desiderano12. La modifica del contratto iniziale richiede necessariamente un accordo comune (mutual consent); nel caso contrario il vecchio contratto rimane in essere13. Al contrario, ciascuna parte può decidere unilateralmente ed in ogni momento di sciogliere definitivamente il rapporto di lavoro che la lega all’altra; peraltro, come già specificato, il contratto iniziale W può prevedere anche il pagamento di una penalità contrattuale a carico di una di esse, qualora il rapporto di impiego si interrompa definitivamente14.
Data l’importanza che rivestiranno nel proseguo del lavoro, lo schema ed i possibili esiti del gioco di contrattazione a cui sarà fatto riferimento sono descritti più dettagliatamente nella sezione seguente.
2.1. Descrizione e analisi del gioco di contrattazione .
Nell'economia del modello svolge un ruolo cruciale ciò che succede nel periodo t = 3 in cui, potenzialmente, il contratto può essere rinegoziato con l'accordo di entrambe le parti. A tale riguardo, assumiamo che la contrattazione avvenga in base ad una versione leggermente modificata del noto schema ad offerte alternate à la Rubinstein esteso con le outside options di cui ciascuna parte può beneficiare in caso di rottura definitiva del rapporto di lavoro. All’inizio di ciascun sottoperiodo n in t = 3, con n 5 [1, N], assumiamo che ciascuna parte j = {L, D} possa essere scelta con probabilità 1/215 per proporre un nuovo contratto W’n che comporta una modifica del contratto
vigente Wn. L’altra parte può accettare (A) o rifiutare (R) la modifica del contratto che le viene
proposta oppure decidere di recidere il contratto (O) che la lega all’altra. Nel primo caso il contratto viene rinegoziato con il consenso di entrambe le parti (mutual consent), nel secondo caso il
mercato è cruciale nell’analisi del modello, il secondo, pur rafforzandoli quantitativamente, non modifica qualitativamente i risultati dell’analisi successiva.
11 Ciò è evidente quando il lavoratore beneficia del tempo libero e l’impresa continua a produrre senza quel lavoratore. Tale ipotesi è più difficile da giustificare nel caso di working to rule, in quanto il default payoff dell’impresa potrebbe comunque dipendere dall’investimento del lavoratore. Peraltro, gli stessi risultati qualitativi si ottengono assumendo che il rendimento marginale dell’investimento per l’impresa quando il lavoratore presta servizio a “ritmo pieno” sia superiore a quello che si determina a “ritmo ridotto” (go slow), ipotesi questa facilmente giustificabile specie se esistono forti complementarietà produttive tra l’investimento in training ed il ritmo di lavoro.
12 Come sottolinea Xxxxxxxxx “… it is hard to see what can stop renegotiation in labor markets when both parties gain from it. Certainly courts will not” (Xxxxxxxxx [1997 pag.1947]).
13 Sono escluse quindi dall’analisi forme contrattuali del tipo “firm sets wage” o “employee sets wage” contracts (Xxxxxxxxx [1997]) in cui il contratto iniziale attribuisce il diritto ad una parte di fissare e modificare a proprio piacimento il salario.
14 Come sarà discusso nel paragrafo 5, date certe condizioni, risultati analoghi a quelli che sono ottenuti con una penalità stabilità dalle parti possono realizzarsi anche con una penalità imposta istituzionalmente.
15 Ciò implica che le parti abbiano lo stesso potere di contrattazione.
precedente contratto rimane vigente, mentre nel terzo caso le parti si separano definitivamente. Poiché lo scambio nel mercato del lavoro è puramente volontario, di seguito ai primi due casi, cioè nell’ipotesi che le parti non si siano separate definitivamente, ciascuna parte può scambiare (S) alle condizioni in essere oppure rifiutarsi (NS) di farlo (scioperando oppure impedendo al dipendente di lavorare); di seguito, e fino all’ultimo sottoperiodo N, si passa ad un successivo sottoperiodo di contrattazione che si ripete esattamente come il precedente; in figura 2 è mostrata la forma estesa del gioco.
NATURA
1/2
1/2
L
D
W’n
W’n
D
O
Outside options payoffs
(oL, oD)
O
L
R
Wn
R
Wn
A A
W’n
W’n
L(D) S
NS
Default payoffs
D(L)
S
Employment payoffs
(wn – c, r – wn)
NS
Default payoffs
(0, 0)
(0, 0)
Se n < N si passa al sottoperiodo n + 1, altrimenti la contrattazione termina.
Figura 2. Impiego e contrattazione nel periodo t = 3. La forma estesa del gioco
L’esito complessivo del gioco appena descritto16 si ricollega ai ben noti risultati che sono stati
16 E’ opportuno sottolineare due aspetti del gioco di contrattazione in questione. In primo luogo, sebbene il gioco non sia simmetrico, il risultato che si ottiene è simmetrico nel senso che anche invertendo la posizione dell’impresa con quella del lavoratore il risultato (equilibrio) rimane inalterato. In secondo luogo, si noti che ciascuna parte che riceve un'offerta ha sempre la possibilità di fare una controfferta prima che l'altra parte possa scegliere l'outside option. Tale formulazione è nota in letteratura come bazaars hypothesis e si differenzia da quella nota come "hi-tech" markets hypothesis in base alla quale ciascuna parte, una volta effettuata un'offerta rifiutata dalla controparte, può scegliere un'outside option senza dover necessariamente
ampiamente discussi dalla letteratura dei giochi di contrattazione strategica (Xxxxxx [1986], Xxxxxxx [1987], Xxxxxxx e Xxxxxxx [1990], XxxXxxx e Xxxxxxxxx [1995]). Quando l'orizzonte di contrattazione (cioè il periodo t = 3) è finito ed il tempo tra due offerte successive (cioè la durata di ogni sottoperiodo) tende a zero, cosicché il tempo necessario per ricorrere all'outside option è trascurabile, l’equilibrio è unico. Inoltre, se scambiare è efficiente, le parti raggiungono immediatamente un accordo e scambiano per l’intero periodo (t = 3).
Allo scopo di semplificare l’analisi successiva può essere conveniente introdurre un’ultima assunzione che sarà mantenuta nel resto del lavoro.
Assunzione 4. Per ogni i 0 e per ogni θ ∈ Θ, si ha che r(i, θ) – c(θ) > oD (θ)+ oL (i, θ).
L’assunzione 4 implica che sia sempre efficiente per le parti rimanere insieme rispetto alla separazione definitiva. In altri termini, il salario massimo che l'impresa è disposta a pagare è sempre maggiore al salario minimo per cui il lavoratore è disposto a rimanere. Nel contesto di informazione perfetta qui assunto, tale assunzione implica che le parti non ricorreranno mai alle proprie alternative di mercato. Potrà certo accadere che una parte preferisca l’alternativa di mercato all’impiego alle condizioni vigenti (cioè l’outside option di una parte può risultare stringente), ma in tale caso la controparte avrà sempre convenienza a rinegoziare il contratto in modo da trattenerla. E’ importante sottolineare che ai fini della ricerca di un contratto “ottimo” che garantisca il livello efficiente di investimento del lavoratore, cioè ai fini dello scopo di questo lavoro, tale assunzione, almeno nel contesto qui ipotizzato, non ha alcuna ripercussione rilevante (e per questo può essere imposta). Poiché l’investimento è interamente generico, esso mantiene interamente il suo rendimento marginale nel caso le parti si separino definitivamente. L’evenienza che in t = 3 le parti possano preferire la rottura definitiva del contratto non può in alcun modo scoraggiare il lavoratore ad investire efficientemente in t = 1, in quanto egli è sempre in grado di appropriarsi interamente presso altre imprese del rendimento del proprio investimento; sono altre le situazioni, tutte rintracciabili nell’ambito dell’impiego tra le parti, che possono minare gli incentivi del lavoratore ad investire efficientemente in formazione generica on-the-job e che un contratto iniziale “ottimo” deve essere in grado, quindi, di escludere a priori. Definito lo schema di contrattazione tra le parti
occorre adesso individuare i possibili esiti del gioco con i payoffs relativi per il lavoratore17. Indicando, per semplicità, con s ∈ Σ il generico stato (i, θ) e con UL (s, W) il payoff ex-post atteso
(di equilibrio 18) del lavoratore nello stato s e quando il contratto iniziale è W ed assumendo, senza perdita di generalità, che sia p > 0 nel caso sia l'impresa la parte chiamata a pagare la penalità e p < 0 nel caso la penalità gravi sul lavoratore, abbiamo che:
attendere una controfferta (Shaked [1994]). Come è stato sottolineato (Shaked [1994], Xxxxxxxxx [1997]), la prima formulazione riflette più fedelmente ciò che accade nel mercato del lavoro in cui ciascuna parte risponde generalmente con una propria offerta prima che l'altra abbandoni la trattativa. E’ comunque importante sottolineare che i risultati che seguono dipendono crucialmente dall’applicazione della bazaars hypothesis (MacLeod e Xxxxxxxxx [1995], Xxxxxx [1998]).
17 Ovviamente ai fini di questo lavoro i payoffs dell’impresa non interessano; essi, comunque, possono essere facilmente calcolati nelle diverse evenienze sottraendo dal surplus complessivo della relazione di impiego, cioè r – c, il payoff del lavoratore.
18 Come già accennato, i payoffs in questione sono quelli di equilibrio al limite (limit equilibrium payoffs), cioè quando il tempo tra due offerte successive tende a zero.
UL (s, W) =
⎧[i]
⎪
w0 − c
se w0 ∈[o L + c + p, r − oD + p]
1
2
⎪
⎪[ii]
(r − c)
se w0 ∈(0, c)∪(r, ∞) e 12 (r − c)∈ [o L + p, r − c − o D + p]
⎨
⎪[iiia]
o L + p
se w0 ∈(c,o L + c + p) o se w0 ∈(0,c)∪(r, ∞) e 12 (r − c) < o L + p
[iiib]
r −c −o D + p
se w0 ∈ (r −o D + p, r ) o se w0 ∈(0,c)∪ (r, ∞) e 12 (r − c) < o D-p
[1]
Commento. – Senza volere fornire una dimostrazione rigorosa dei risultati appena enunciati, che costituiscono un’applicazione di risultati standard dei giochi di contrattazione bilaterale al contesto qui approfondito, può essere opportuno commentare ed analizzare più specificatamente i singoli esiti.
[i] Se il salario iniziale si colloca ex-post, cioè dopo la realizzazione dell’investimento e della variabile θ, nell’intervallo [oL + c + p, r – oD + p] e se l’impiego è efficiente, entrambe le parti
preferiscono scambiare alle condizioni del contratto vigente, cioè preferiscono l’impiego in base a W sia rispetto alle outside options (tenuto conto anche della breach penalty ) sia rispetto alla soluzione di non scambio (default payoffs). In questo caso, in equilibrio, il salario w0 non è mai rinegoziato e le parti scambiano sempre in base a W. Infatti, poiché scambiare è efficiente, la rinegoziazione del contratto può determinare al meglio soltanto effetti redistributivi, ma poiché il contratto può essere modificato solo con l'assenso di entrambe le parti la rinegoziazione non potrà mai verificarsi. Per comprendere meglio tale risultato è possibile fare ricorso all’induzione a ritroso (backwards induction). Poniamoci nel sottoperiodo N del periodo t = 3 ed assumiamo che entrambe le parti preferiscono scambiare alle condizioni del contratto vigente. Ovviamente, peraltro, ciascuna parte preferirebbe una rinegoziazione del contratto che le consentisse di migliorare ulteriormente la propria posizione. A tale scopo la parte prescelta (con probabilità ½) può proporre una modifica del contratto iniziale a proprio vantaggio e minacciare di non scambiare se l’altra parte non accetta la propria proposta. Poiché stiamo assumendo informazione perfetta, una minaccia del genere è, ovviamente, non credibile. La controparte sa benissimo che la parte proponente la modifica del contratto non avrà mai convenienza a mettere in pratica la minaccia e quindi ha tutto l’interesse a rifiutare qualsiasi proposta di rinegoziazione del contratto iniziale. Questo ragionamento può essere ripetuto per ciascun sottoperiodo precedente a N, partendo da N - 1 fino ad 1, ed il risultato finale è che il contratto non viene rinegoziato; formalmente, la non rinegoziazione del contratto costituisce, in questo caso, l'unico equilibrio perfetto nei sottogiochi.
[ii] Se l’impiego è efficiente, ma una parte preferisce non scambiare rispetto allo scambio alle condizioni di W, cioè w0 ∈ (0, c)∪(r, ∞), il contratto iniziale è subito rinegoziato (cioè la prima proposta della parte prescelta di modifica del salario è subito accettata dall’altra parte) e tramite la modifica del salario iniziale ciascuna parte si appropria di una quota del surplus derivante dallo scambio rispetto alla soluzione di non scambio (default payoffs). In questa situazione, la parte prescelta in n = 1 propone un nuovo salario pari a ½ (r + c) che dipende dal rispettivo potere di contrattazione a dai payoffs nell’ipotesi di non scambio 19. Tale offerta è subito accettata dall’altra ed
19 Come noto (si vedano, in particolare, Xxxxxxx et al. [1986] e XxxXxxx e Xxxxxxxxx [1995]), in questo caso i payoffs di equilibrio (al limite) coincidono con quelli che si ottengono dall’applicazione della soluzione
il nuovo salario non viene mai più rinegoziato. Inoltre, è nuovamente possibile fare ricorso alla
backward induction per dimostrare che tale risultato costituisce l’unico equilibrio perfetto nei
sottogiochi; ovviamente affinché ciò sia vero è peraltro necessario che le outside options non risultino stringenti, cioè risulti che ½ (r – c) ∈ [oL + p, r – c – oD + p].
[iiia-b] Se l’impiego è efficiente, ma sotto W una parte, tenuto conto anche della penalità contrattuale, preferisce l'alternativa esterna rispetto agli altri possibili esiti del gioco (cioè la sua outside option è stringente), l’unico equilibrio perfetto nei sottogiochi implica che il contratto sia subito rinegoziato e che tramite la rinegoziazione la parte in questione si garantisca un payoff
esattamente uguale alla sua alternativa lasciando il resto del surplus all’altra parte. Più specificatamente, la parte prescelta propone in n = 1 un salario oL + c + p se risulta stringente l’outside option del lavoratore, oppure r – oD + p se risulta stringente quella dell’impresa; la
proposta è subito accettata e le parti scambiano per tutto il periodo t = 3 in base al nuovo contratto.
Alla luce dei risultati appena discussi risulta evidente come le caratteristiche del contratto W stipulato inizialmente determinino la possibilità che questo venga rinegoziato. Più correttamente, il contratto iniziale W fornisce la partizione dell’insieme degli equilibri al tempo t = 3 e dei possibili payoffs ex-post per il lavoratore. Per effetto della backward induction, ciò produce delle conseguenze rilevanti sulla scelta ottimale di investimento del lavoratore nel periodo t = 1 (ex-ante). Tali conseguenze, comunque, dipendono fortemente dal tipo di investimento che deve essere realizzato. In particolare, la natura “cooperativa” dell’investimento in capitale umano generico complica la situazione e rende non più applicabili (ottimali) certe soluzioni contrattuali proposte in letteratura per scongiurare il rischio di hold-up in relazione ad altre forme di investimento generico. Prima di passare ad analizzare tale questione sono illustrati di seguito due casi estremi che serviranno, tra l'altro, come benchmarks per l'analisi successiva: il caso di first-best ed il caso di hold-up in cui le parti decidano di scambiare senza un contratto iniziale per cui la (ri)negoziazione è sempre necessaria.
3. I casi di first-best e di hold-up senza alcun contratto iniziale.
3.1. Il caso di first-best.
Quando le parti scambiano tra loro in t = 3, indicando con w il generico salario corrisposto al lavoratore, i payoffs ex-post sono r – w per l’impresa e w – c per il lavoratore; il surplus complessivo ex-post è ovviamente uguale a r – w + w – c = r – c. Nel contesto di first best il lavoratore ex-ante , cioè nel periodo t = 1, sceglie il livello di investimento i in modo da
di Xxxx (sotto la condizione che le outside options non risultino stringenti). In particolare, la soluzione generalizzata di Xxxx per i giochi di contrattazione si ottiene da:
arg max(v − v 0 )á
v,u
(u − u 0 )1−á
[1.N]
dove v e u sono i payoffs (in termini di flussi monetari) delle parti contraenti, v0 e u0 i rispettivi default payoffs (o threat points) e α e (1 – α) i rispettivi poteri di contrattazione. Sostituendo r – w al posto di v, w –
c al posto di u, ½ al posto di α e normalizzando a zero i default payoffs (v0 e u0) la [1.N] fornisce, per il
lavoratore, esattamente il payoff individuato dal caso [ii] dell’espressione [1].
massimizzare il surplus complessivo al netto del rispettivo costo:
max [Eθ (r – c) - i] [2]
i ≥ 0
dove E denota il fattore attesa rispetto a θ.
Se indichiamo con i* il livello efficiente (o di first best) di investimento in capitale umano che risolve la [2], questo è unico ed è individuato dalla seguente condizione del primo ordine:
∂[Eè r ] = 1 . [3]
∂i *
E’ opportuno sottolineare che qualora fosse possibile per un giudice esterno verificare i converrebbe sempre alle parti stipulare un contratto che imponga al lavoratore la realizzazione di i*. In tali circostanze, infatti, è sempre conveniente massimizzare il surplus complessivo derivante dall’impiego tramite la scelta del livello ottimale di investimento on-the-job e ripartirselo poi successivamente tramite la contrattazione del salario 20.
3.2. Hold-up senza contratto iniziale.
Volendo fornire una dimostrazione formalizzata del risultato di hold-up, il modo più immediato è quello di assumere che le parti non stipulino alcun contratto iniziale in t = 0 e che le outside options non risultino stringenti21. Nel mercato del lavoro, nell’ipotesi che le parti possano modificare il salario solo sulla base di un accordo comune, assumere che le parti non abbiano alcun contratto iniziale equivale ad assumere che w0 = 0. In tali circostanze, il salario del lavoratore è stabilito solo successivamente all’investimento in capitale umano e tramite la determinazione del salario l’impresa è potenzialmente in grado di appropriarsi di parte del surplus derivante dall’accordo. Più specificatamente, il salario del lavoratore è, in questo caso, quello implicito nel caso [ii] dell’espressione [1], cioè ½ (r + c). Poiché le parti hanno aspettative razionali nel periodo t = 1 il lavoratore sceglierà il livello di investimento sulla base del proprio payoff ex-ante, cioè ½ (r + c) – c
– i = ½ (r – c) – i. Il livello di investimento scelto dal lavoratore è unico ed è individuato dalla seguente condizione del primo ordine:
∂[Eè r ] = 2 . [4]
∂i
Confrontando la [4] con la [3], e ricordando l’assunzione di concavità definita inizialmente per r, è possibile notare come, il lavoratore sottoinveste in capitale umano generico rispetto al livello di first best. Tale risultato di sottoinvestimento (noto, appunto, in letteratura con il termine di hold-up) dipende direttamente dal fatto che il lavoratore è in grado di appropriarsi ex-post solo parzialmente del rendimento marginale del proprio investimento ex-ante on-the-job.
Il caso in questione fornisce una chiara formalizzazione di quanto ampiamente discusso dalla
20 Si tratta di una chiara applicazione del noto teorema di Xxxxx.
21 La prima formalizzazione dell'hold up in un contesto analogo si deve a Grout [1984].
“nuova” letteratura sul capitale umano (Xxxxxxxx e Xxxxxxx [1999]) e cioè che in presenza di imperfezioni del mercato del lavoro (turnover costs e costi di ricerca) il problema dell’hold-up può verificarsi anche per gli investimenti generici22. In particolare, impresa e lavoratore non hanno la possibilità (convenienza) di ricorrere alla propria alternativa di mercato mentre stanno contrattando e possono farlo solo a seguito della rottura definitiva del contratto; tecnicamente le alternative di mercato non sono dei default payoffs i quali non riflettono il rendimento dell’investimento. Occorre poi considerare che, nel caso di investimenti cooperativi, esiste un’altra ipotesi che può impedire il raggiungimento della soluzione di first-best e cioè che il contratto iniziale non sia rinegoziato23. Peraltro, se l’alternativa di mercato (outside option) risulta stringente e rinegoziare il contratto iniziale è efficiente, il lavoratore può essere comunque in grado di appropriarsi interamente del rendimento del proprio investimento (si controlli l’espressione [1]); ciò gli fornisce gli adeguati incentivi ad investire in misura ottimale. Il resto del lavoro è dedicato all’approfondimento di tali questioni in “contesti contrattuali” alternativi.
4. Investimento generico in capitale umano, contratti e penalità.
4.1. Capitale umano generico e fixed wage contracts.
Come appena dimostrato, in presenza di imperfezioni del mercato del lavoro quali costi di turnover e di ricerca (search costs) il rischio di hold up può riguardare gli investimenti generici quando la contrattazione del salario determina la ripartizione del surplus derivante dall’impiego rispetto alle soluzioni di non scambio (default payoffs). Ciò, ovviamente, può verificarsi quando le parti devono stabilire in t = 3 il salario senza la base di alcun contratto firmato in t = 0, ma può verificarsi anche in presenza di un tale contratto quando in t = 3 è conveniente modificare il contratto iniziale perché una parte preferisce non scambiare. Focalizzando l’attenzione su tale situazione, alcuni autori hanno dimostrato che per garantire livelli ottimali degli investimenti generici sia, quindi, sufficiente un contratto che escluda ex-ante tale evenienza. In particolare, XxxXxxx e Xxxxxxxxx [1993] analizzano la questione in un contesto più generale del mercato del lavoro e, riferendosi ad investimenti generici che accrescono l’utilità della parte che li realizza (self investments), mostrano come sia sufficiente un semplice contratto che fissi adeguatamente il prezzo dello scambio per garantire un livello efficiente di investimento. Successivamente, Xxxxxxxxx [1997, 1999] estende tale risultato al mercato del lavoro, dimostrando come un adeguato fixed wage contract, cioè un contratto che fissa il salario e che può essere rinegoziato solo con il consenso di entrambe le parti, garantisce lo stesso tipo di investimento da parte del lavoratore24. Nel contesto definito in questo
lavoro un fixed wage contract à la Xxxxxxxxx, cioè un fixed wage contract che esclude ogni rischio di hold-up per self investments generici, è un contratto WM = (w0, p = 0) stabilito in t = 0 in cui il
22 Si noti che in assenza di costi di turnover il lavoratore avrebbe tutti gli incentivi ad investire efficientemente anche quando le parti negoziano ex-post il salario senza alcun contratto iniziale. In tale caso, infatti, il lavoratore potrebbe beneficiare dell’alternativa di mercato anche mentre sta contrattando con l’impresa per cui il suo payoff ex-ante atteso risulterebbe pari a oL + ½[(r – c) – oL – oD] – i; è chiaro come
tale payoff consente al lavoratore di appropriarsi interamente del rendimento marginale del proprio investimento.
23 Come sarà discusso in seguito, questa evenienza rappresenta un risultato piuttosto nuovo nella letteratura sull’hold-up in quanto l’attenzione è stata indirizzata prevalentemente sui self-investments.
24 Gli esempi proposti dall’autore sono relativi all’acquisto di un’auto utilizzata dal lavoratore, tra l’altro, per recarsi sul posto di lavoro oppure a quello di un’abitazione in prossimità dell’impresa in cui si lavora che consentono un risparmio dei costi (monetari e non) per recarsi al lavoro.
xxxxxxx w0 è scelto in modo tale per cui risulta25:
c(θ) < w0 < r(i, θ) per ogni θ ∈ Θ e per ogni i 0. [5]
0
Ammessa l’esistenza (assunzione 2) del salario w individuato dalla [5], il contratto WM esclude a priori la possibilità che, tramite la rinegoziazione, le parti si ripartiscano il surplus promanante dall’impiego e dall’investimento del lavoratore rispetto ai default payoffs. In realtà, come già accennato in precedenza, l’ottimalità del risultato di Xxxxxxxxx è strettamente legata alla natura non cooperativa dell’investimento del lavoratore. In presenza di investimenti cooperativi la questione può risultare più complessa in quanto la parte che realizza l’investimento non beneficia direttamente del suo rendimento marginale. Il primo passo da compiere è quindi quello di verificare formalmente se il contratto definito dalla [5] sia sufficiente per garantire l’efficienza dell’investimento di cui stiamo trattando, cioè in capitale umano generico on-the-job del lavoratore.
Con un fixed wage contract WM à la Xxxxxxxxx le evenienze che possono verificarsi, e che quindi
possono essere previste ex-ante dal lavoratore, rimangono le seguenti:
1) il contratto non viene rinegoziato;
2) il contratto viene rinegoziato perché il vincolo relativo all'outside option dell'impresa risulta stringente;
3) il contratto viene rinegoziato perché il vincolo relativo all'outside option del lavoratore risulta
stringente.
Formalmente avremo che il payoff ex-ante atteso dal lavoratore in tale situazione è determinato nel modo seguente:
⎧1)
⎪
w0 − c − i
se w0
∈[oL + c, r − oD ]
UL (s, WM) – i = ⎨2)
⎩
⎪3)
r − oD − c − i oL − i
se w0
se w0
> r − oD
< oL + c
[6]
Mentre nei casi 2) e 3) il lavoratore ha convenienza ad investire efficientemente nel caso 1) ha convenienza a non investire affatto (cioè ad investire 0). Più specificatamente, scontando la possibilità che possa verificarsi l’ipotesi 1), il lavoratore ex-ante non ha più la certezza di potersi appropriare interamente ex-post del rendimento marginale del proprio investimento e quindi investe inefficientemente, cioè investe i < i*. Il rischio di hold-up dipende in questo caso dalla possibilità che il salario iniziale w0 non venga rinegoziato. In effetti, considerando che la rinegoziazione del contratto è considerata la causa principale dell'hold-up26, può apparire non chiaro il motivo per cui tale evenienza spinga i lavoratori a sottoinvestire in training. La spiegazione di questo risultato si ricollega alla natura cooperativa che caratterizza l'investimento in capitale umano. Se nel caso di self-investment la non rinegoziazione del contratto non produce alcuna perdita di benessere in quanto la parte che investe si appropria direttamente del rendimento (marginale) del proprio
25 Come sottolineano gli autori: “[in such a contract] .. the value of pO [p] is unimportant for achieving efficient investments. Indeed for that purpose one can always set pO = 0 and choose pT [w0] accordingly.” (XxxXxxx e Xxxxxxxxx [1993, pag.823]).
26 Come sottolinea Xxxxxx, per citare solo un esempio, “To ensure efficiency the players must thus try to set the initial price so that it falls within the interval where it is not renegotiated” (Xxxxxx [1999 pag.107]).
investimento27, nel caso di investimento cooperativo fintanto che il contratto non viene rinegoziato il salario non dipende dall'investimento in capitale umano del lavoratore per cui soltanto l'impresa ne beneficia in termini di maggiore produttività. Paradossalmente, quindi, in questo caso la rinegoziazione del contratto è sempre necessaria; solo in questo modo, infatti, il lavoratore ha la possibilità di appropriarsi interamente del rendimento marginale del proprio investimento. Alla luce di tale risultato è possibile adesso enunciare la seguente proposizione:
Proposizione 1. Un fixed wage contract WM à la Xxxxxxxxx determina un livello di investimento in capitale umano generico da parte del lavoratore inefficiente (i < i*).
4.2. Il ruolo delle penalità contrattuali nel processo di rinegoziazione.
Alla luce della proposizione 1 è chiaro che per garantire un livello efficiente dell’investimento in questione sia necessario un contratto iniziale più complesso di un fixed wage contract à la Xxxxxxxxx. Più specificatamente è necessario un contratto in grado di escludere a priori non solo la ripartizione del surplus rispetto ai default payoffs, ma anche il caso in cui non venga rinegoziato
(per converso, il contratto in questione deve assicurare la rinegoziazione rispetto ad una outside option). In tale prospettiva, supponiamo adesso che in t = 0 sia stipulato un contratto WP = (w0, p) con, stavolta, p ≠ 0. Più specificatamente, indichiamo la penalità con pD (> 0) nel caso sia l'impresa la parte chiamata a pagarla e con pL (< 0) nel caso gravi sul lavoratore. Iniziamo col considerare p = pD, cioè p rappresenta un pagamento a titolo di indennizzo che l'impresa deve versare al lavoratore nel caso di rottura definitiva del contratto, indicato in questo caso con WPD. Assumiamo, infine, che WPD sia scelto in modo tale che risulti:
c(θ) < w0 < r (i, θ) e pD + oL(i, θ) > w0 – c(θ) per ogni θ ∈ Θ e per ogni i 0. [7]
Un contratto come WPD che soddisfa la [7] impone sempre la stringenza dell’outside option del lavoratore. In questo caso, infatti, qualora per qualsiasi motivo si dovesse arrivare alla rottura del
contratto, il lavoratore potrebbe ottenere un pay-off pari a pD + oL; l'impresa, quindi, se vuole
trattenerlo dovrà necessariamente rinegoziare il contratto iniziale e corrispondergli un salario almeno pari a pD + oL + c. D'altro canto, poiché l'impresa deve pagare un indennizzo pari a pD, il valore della sua outside option è pari a oD – pD e poiché stiamo assumendo che scambiare sia efficiente (r – c > oD + oL) l'impresa avrà sempre convenienza a pagare il salario in questione, scongiurando il rischio di interruzione definitiva del rapporto di impiego, in quanto risulta r – pD – oL – c > oD – pD. In sostanza, quindi, il contratto WPD garantisce sempre al lavoratore la rinegoziazione del salario fino a pD + oL + c e gli assicura un pay-off ex-ante pari a:
UL (s, WPD) – i = pD + oL (i, θ) + c(θ) – i. [8]
Data la [8], il lavoratore sceglie razionalmente in t = 1 il livello di investimento generico on-the-job che massimizza il suo pay-off ex-ante atteso. In questo caso, la scelta ottimale dell’investimento da parte del lavoratore è unica e chiaramente efficiente (i = i*) come conferma la seguente condizione del primo ordine:
27 Nell’esempio proposto da Xxxxxxxxx, il lavoratore acquistando un auto riduce la disutilità connessa al recarsi sul posto di lavoro e questo indipendentemente dal fatto che l’impresa gli aumenti la retribuzione.
∂[Eè o L ]⎛ ∂[Eè r ]⎞
⎝
∂i * ⎜= ∂i *
⎟ = 1. [9]
⎠
A questo punto è opportuno interrogarci sulla possibilità di ottenere lo stesso risultato senza alcuna penalità pD. In altri termini, la penalità pD è proprio necessaria per garantire l’ottimalità del contratto WPD, oppure sarebbe sufficiente un fixed wage contract WPD = (w0, pD = 0) (ovviamente
più complesso di quello à la Xxxxxxxxx) che fissi adeguatamente il salario iniziale w0 in modo da soddisfare la [7]? A tale riguardo, si noti che, con pD = 0, la condizione che assicura il rispetto della
prima parte della [7] è che esista un salario w0 tale che supθ∈Θ c(θ) < w0 < inf s∈Σ r(s), la quale è
sempre soddisfatta in base all’assunzione 2. La seconda parte della [7], invece, è garantita se esiste un salario w0 per cui risulta inf s∈Σ oL (s) + infθ∈Θ c(θ) > w0. Affinché la [7] sia soddisfatta interamente con pD = 0, è quindi necessario (e sufficiente) che esista un salario w0 tale che:
supθ∈Θ c(θ) < w0 < infs∈Σ oL (s) + infθ∈Θ c(θ). [10]
Ciò ovviamente, per definizione, non è in alcun modo possibile e quindi la penalità pD è necessaria nel contratto WPD affinché sia garantito il rispetto della condizione [7]. Più specificatamente, in tale
contratto, il ruolo del salario iniziale, come nel contratto di Xxxxxxxxx, è quello di escludere la
ripartizione del surplus rispetto ai default payoffs, mentre il ruolo della penalità, è quello di assicurare la rinegoziazione del contratto rispetto all’alternativa di mercato.
E’ possibile dimostrare come lo stesso risultato può essere ottenuto con un contratto WPL che stabilisce un salario w0 ed una penalità a carico del lavoratore pL < 0 da corrispondere all'impresa in
caso di separazione, tali da rendere sempre stringente il vincolo relativo all'outside option del datore di lavoro; tale contratto deve soddisfare la seguente condizione:
c(θ) < w0 < r (i, θ) e oD (θ) – pL > r (i, θ) – w0 per ogni θ ∈ Θ e per ogni i 0. [11]
Anche in questo caso, data l'ipotesi di efficienza dello scambio, il salario massimo che l'impresa è disposta a concedere, r – oD + pL, sarà accettato dal lavoratore poiché r – oD + pL – c > oL + pL28. Il
pay-off ex-ante del lavoratore che lo induce ad investire efficientemente (i = i*) è in questo caso pari a:
UL (s, WPL) – i = r (i, θ) – oD (θ) + pL – c(θ) – i [12]
e la condizione del primo ordine che individua la sua scelta ottimale in investimento on-the-job è data da:
∂[E r ]
è =1. [13]
∂i *
28 E' interessante far notare che in questo caso non si pone alcun problema di comportamento opportunistico che spinga l'impresa a licenziare il lavoratore (o a creare le condizioni affinché il lavoratore preferisca
Infine, anche in questo caso, la penalità pL è assolutamente necessaria. Infatti, un fixed wage contract WPL = (w0, pL = 0) non è in grado di soddisfare la [11] in quanto sarebbe richiesta l’esistenza di un salario w0 per cui risulta supθ∈Θ c(θ) < w0 < infθ∈Θ oD(θ) – sups∈Σ r(s), il che, per
definizione, non è in alcun modo possibile.
A questo punto è dunque possibile enunciare la seguente proposizione:
Proposizione 2. Un contratto WP, con penalità a carico dell’impresa, che soddisfa la [7] o, con penalità a carico del lavoratore, che soddisfa la [11] garantisce un livello efficiente (i = i*) di investimento generico in capitale umano del lavoratore.
5. Xxxxx ed efficacia delle penalità contrattuali nel mercato del lavoro.
Data l’importanza teorica svolta dalla presenza della penalità contrattuale (breach penalty ) nel contratto qui analizzato, è opportuno approfondirne il ruolo effettivo e la possibilità di enforcement per i tribunali nel mercato del lavoro. Recenti studi hanno enfatizzato il ruolo rilevante delle penalità e dei trasferimenti pecuniari tra le parti coinvolte in un rapporto di impiego in caso di rottura definitiva del contratto29. In particolare, in mercati del lavoro caratterizzati da imperfezioni di varia natura (market failures), ne è stata principalmente sottolineata la funzione di garanzia a favore della parte “più debole” del rapporto, rispetto a possibili comportamenti opportunistici della controparte; tutto ciò consente di ottenere risultati più efficienti rispetto a quelli che si avrebbero in assenza di penalità. Ciò vale, in generale, perché alla parte più debole, cioè soggetta a comportamenti opportunistici della controparte, è richiesta una decisione (es. livello di sforzo elevato e/o di investimento ottimale) che accresce l’efficienza della transazione, ma che, in assenza di adeguati meccanismi di tutela, avrebbe (razionalmente) tutto l’interesse a non attuare. In questo lavoro è stato dimostrato un risultato analogo in relazione alla questione dell’hold-up per l’investimento dei lavoratori in formazione generica on-the-job in mercati del lavoro caratterizzati da costi di turnover e contrattazione strategica bilaterale. In tale contesto, il ruolo delle penalità non è semplicemente quello di tutelare la parte che investe da comportamenti opportunistici della controparte30 quanto, più specificatamente, quello di garantire al lavoratore la possibilità di appropriarsi sempre del rendimento marginale del proprio investimento anche nel caso di proseguimento dell’impiego e contrattazione del salario; ciò consente di replicare il risultato che si avrebbe in mercati del lavoro “perfetti” senza costi di turnover. Dal modello, sebbene chiaramente stilizzato, emergono inoltre alcune importanti indicazioni circa l’entità della penalità da inserire nel
abbandonare l'impresa) per incassare la penalità. Infatti, fintanto che scambiare è efficiente, l'impresa non ha alcun motivo per separarsi dal lavoratore.
29 Ad esempio, Xxxxx [1988], Xxxxxxxxxxxx e Thakor [1994] e Xxxxxxx e Xxxxxx [2001] hanno enfatizzato il
ruolo delle penalità e dei trasferimenti pecuniari (severance pay) e di altre clausole analoghe (“golden parachutes”) a favore del top management (CEOs), sottoposto al rischio di licenziamento e/o di takeover ostile, per incentivarne la realizzazione di investimenti specifici ed a lungo termine che accrescono il valore dell’impresa. Altri studi (Xxxxx [1995], Xxxxxxxxx e Xxxxxxxx [2000]) hanno posto maggiormente l’enfasi sull’importanza dei trasferimenti in caso di separazione nel favorire livelli più efficienti di turnover nel mercato del lavoro. In Xxxxxx [2001] si dimostra come un’adeguata strategia punitiva (trigger strategy) da parte dei lavoratori supportata dalla presenza di costi di firing per l’impresa possa escludere il rischio di double moral hazard connesso al pagamento di un bonus collegato alla performance (non verificabile) e, conseguentemente, incentivare i lavoratori ad erogare l’adeguato livello di effort. Per una rassegna in italiano su tali questioni (ed altre affini) si veda Xxxxxx [1997].
30 Come è stato dimostrato, in linea teorica il risultato socialmente efficiente potrebbe essere conseguito anche con una penalità a carico del lavoratore, cioè della parte che investe.
contratto al fine di assicurare l’investimento ottimale del lavoratore. Dalla [7], infatti, risulta che, quando la penalità è a carico dell’impresa, essa dovrebbe risultare tanto più elevata, ceteris paribus, tanto più elevati sono i costi di turnover per il lavoratore e/o tanto più bassa è la sua alternativa (effettiva) di mercato; inoltre, sempre ceteris paribus, la penalità “ottima” dovrebbe aumentare al crescere del salario contrattuale 31; ciò sembra confermare quanto si osserva generalmente nel mercato del lavoro in cui l’indennizzo per il lavoratore in caso di licenziamento è correlato positivamente alla sua retribuzione. Nel caso, certamente meno frequente, che la penalità gravi sul lavoratore, dalla [11] emerge che, ceteris paribus, questa dovrebbe essere tanto più elevata tanto più elevati sono i costi di turnover per l’impresa e/o tanto più bassa è la sua alternativa di mercato, e tanto più basso è il salario iniziale del lavoratore.
L’importanza nei rapporti di lavoro delle penalità e dei trasferimenti pecuniari previsti nei casi di rescissione del contratto è confermata dalla loro concreta e frequente applicazione. In effetti, contrariamente ad altri rimedi istituzionali quale quello noto come specific performance remedy che imporrebbe all’impresa di riassumere un lavoratore licenziato32 e al lavoratore che abbandona l’impresa di tornare a lavorare per questa, i trasferimenti pecuniari (penalità, liquidazioni, rimborsi, indennità sostitutive del preavviso di licenziamento ecc.) si realizzano concretamente nel mercato del lavoro sia perché imposti dalla legge sia perché previsti da accordi negoziali. In questi ultimi casi (clausole compromissorie), peraltro, risulta di fondamentale importanza l’effettiva possibilità ed inclinazione dei tribunali a farli rispettare in giudizio. A tale riguardo, è importante sottolineare che, in linea teorica, nei casi esaminati nella sezione 4.2 la penalità grava su una parte indipendentemente dalla causa che determina la separazione. Se ciò rende il contratto particolarmente semplice da fare eseguire, in quanto tutto ciò che viene richiesto ad un tribunale (oltre ad garantire il regolare pagamento del salario una volta che il lavoratore ha prestato regolarmente servizio per l'impresa) è imporre il pagamento della penalità alla parte stabilita nel contratto una volta verificata l'avvenuta separazione e senza doverne indagare le cause, occorre però anche valutare attentamente il fatto che difficilmente i tribunali impongono il pagamento di una penalità ad una parte quando a questa non è imputabile l'interruzione definitiva del rapporto; è molto più frequente che sia imposta una penalità a titolo di risarcimento danni alla parte "colpevole". In questo caso, peraltro, potrebbe risultare difficoltoso e/o oneroso per un tribunale individuare le effettive cause di rottura del contratto, cioè individuare la parte colpevole 33. In un
31 Più specificatamente, ceteris paribus, la penalità deve essere tanto più elevata quanto maggiore è la differenza tra supθ∈Θ c(θ), che concorre (positivamente) a determinare il livello del salario iniziale, e infθ∈Θ
c(θ).
32 In Italia la disciplina istituzionale prevede che il licenziamento non motivato da giusta causa comporti la riassunzione del lavoratore solo per il personale non dirigente e per le imprese con più di 15 dipendenti. Negli altri casi, sia pure secondo modalità che differiscono per il personale dirigente (collegio arbitrale o successiva sentenza del giudice) e non, si arriva generalmente al pagamento di un indennizzo pecuniario che, salvo diversamente sancito dalle parti nella stipulazione del contratto (clausole compromissorie), viene calcolato automaticamente tra un minimo ed un massimo in base all’anzianità di servizio ed alla retribuzione del lavoratore. Questo differente trattamento normativo sembra giustificarsi con l’importanza di preservare un clima positivo e di collaborazione tra datore di lavoro e lavoratori che operano a più stretto contatto con esso (dirigenti e tutto il personale in imprese di più piccole dimensioni). Come sottolinea Xxxxxxxxx [1997, pag.1930], infatti, “… courts could not compel an employer to retain the services of an employee because of the difficulty of policing an order compelling an obnoxious personal relationship”.
33 In Gottfries e Xxxxxxxx [2000] si assume che il trasferimento pecuniario (“separation payment”) sia non negativo (cioè sia sempre imposto all’impresa) indipendentemente dall’effettiva causa di separazione, proprio in relazione all’incapacità del tribunale di individuare la parte che determina concretamente la rottura del
contratto. Ovviamente, la questione potrebbe essere aggirata assumendo più semplicemente che pD sia una
contesto più complesso rispetto a quello studiato in questo lavoro, inoltre, tale questione può complicare ulteriormente l’analisi e rendere più problematica la valutazione del ruolo della penalità nel contratto iniziale. Supponiamo che il lavoratore abbia la possibilità di modificare con il proprio comportamento il valore della transazione dopo la realizzazione delle variabili rilevanti e successivamente alla rinegoziazione del contratto all’inizio del periodo t = 3. Ad esempio, oltre che con l’investimento ex-ante in capitale umano, il lavoratore potrebbe concorrere a determinare il valore di r anche con il proprio impegno ex-post sul posto di lavoro (tipico problema di moral hazard). In questo caso, l’"equilibrio con penalità" potrebbe risultare subordinato ad una forma particolare di opportunismo del lavoratore il quale avrebbe tutta la convenienza a non impegnarsi
(to shirk). Tale comportamento, infatti, potrebbe determinare una riduzione del valore della transazione, rendere conveniente la rottura del contratto (r – c < oL + oD) e permettere al lavoratore
di incassare la penalità (in quanto il tribunale non è in grado di individuare la causa effettiva che determina la fine del rapporto), oltre a consentirgli di risparmiare sullo sforzo profuso34. Ovviamente, con individui perfettamente razionali, tale possibilità potrebbe produrre importanti conseguenze sulle scelte ex-ante degli agenti, sia per quanto concerne il livello di investimento, sia per quanto riguarda il contratto iniziale 35. Più in generale, in un contesto di informazione imperfetta all’atto della rinegoziazione del contratto, la scelta del contratto "ottimo" può comportare una valutazione più complessa in cui considerazioni di efficienza ex-ante (connesse alla scelta ottimale dell’investimento del lavoratore) si intrecciano con quelle ex-post (connesse alla scelta ottimale dell’interruzione del contratto).
Un’ulteriore questione da evidenziare è poi la seguente. L'importo delle penalità necessarie per ottenere livelli efficienti di investimento, cioè che garantiscono il rispetto delle condizioni individuate nella sezione 4.2 (per ogni possibile futuro stato del mondo), può risultare piuttosto elevato, mentre i tribunali difficilmente impongono pagamenti superiori al danno effettivamente subito dalla parte lesa. Tale evenienza porta a considerare attentamente una particolare variante della penalità p. In particolare, p, come è stata fin qui considerata, risponde a quella che è nota in letteratura come una liquidated damages rule in quanto è stabilita nel contratto dalle parti negoziali. In certi casi può accadere che, invece che basarsi sugli accordi negoziali, i tribunali facciano riferimento a particolari regole di rimborso fra cui assume particolare rilievo quella nota come expectation damages rule in cui la parte danneggiata ha diritto al risarcimento per il mancato guadagno che avrebbe conseguito senza la rottura del contratto (cioè sulla base del contratto iniziale). Se si rilascia solo parzialmente l’ipotesi di non verificabilità delle variabili che concernono la relazione di impiego, è possibile dimostrare l’ottimalità di una regola di indennizzo del tipo expectation damages. Xxxxxxxxxx, ad esempio, che il tribunale abbia la possibilità di stimare c(θ) (i costi che il lavoratore sostiene per recarsi sul posto di lavoro). In questo caso, una expectation damages rule implica una penalità per l’impresa pari a w0 – c. E’ facile verificare che, quando i costi di turnover non risultano eccessivamente elevati rispetto all’alternativa effettiva di mercato del
lavoratore (cioè quando ex-ante è ragionevole attendersi, per ogni s, oL > 0) un fixed wage contract
à la Xxxxxxxxx supportato da una regola istituzionale di indennizzo del tipo expectation damages
liquidazione o una buonuscita che l’impresa paga al lavoratore oppure che pL sia, ad esempio, una cauzione che l’impresa trattiene al lavoratore nel caso di interruzione definitiva del rapporto.
34 Ringrazio un anonimo referee per avermi sottolineato tale aspetto.
35 L’importanza delle penalità contrattuali per scoraggiare comportamenti opportunistici del tipo (double) moral hazard è studiata in Xxxxxx [2001]. In Bac [2000], si analizza come interagiscono le problematiche della formazione specifica on-the-job dei lavoratori (da parte delle imprese), del moral hazard e dell’adverse selection utilizzando uno schema semplificato, rispetto a quello adottato in questo lavoro, di rinegoziazione del contratto.
rule verifica sempre la condizione [7].della sezione 4.2. Quando le parti prevedono razionalmente ex-ante che in caso di separazione definitiva il tribunale applicherà ex-post una regola di indennizzo del tipo expectation damages, la stipulazione iniziale di un contratto à la Xxxxxxxxx può garantire il livello ottimale di investimento in on-the-job training generico del lavoratore36. In questo caso, il vantaggio di una expectation damages rule rispetto ad una liquidated damages è che il tribunale ha la possibilità di fissare la penalità ottimale ex-post, cioè dopo la realizzazione di θ, mentre, al contrario, una penalità stabilita nel contratto iniziale deve garantire ex-ante, cioè per ogni possibile realizzazione futura delle variabili rilevanti, il rispetto delle condizioni ottimali. Ciò può rendere necessario fissare una penalità estremamente elevata con il rischio che non ne sia garantita poi l’esecuzione giudiziale 37. In sostanza, l'effettiva efficacia di clausole contrattuali che prevedono indennizzi in caso di separazione tra le parti dipende da quanto elevato è il trasferimento necessario per garantire l'investimento rispetto all'effettivo danno derivante dalla rottura del contratto.
6. Conclusioni.
In questo lavoro è stata approfondita la questione dell’investimento in capitale umano generico on- the-job dei lavoratori in un contesto di imperfezioni di mercato e contrattazione strategica bilaterale evidenziando la rilevanza che acquisisce, in tale situazione, il differente ruolo delle alternative disponibili (quelle ottenibili mentre le parti stanno contrattando, che agiscono come default payoffs nel senso di Xxxx, e quelle ottenibili solo dopo l’interruzione definitiva del rapporto di impiego, che agiscono come outside options). Tale questione non ha ricevuto, almeno a parere di chi scrive, un approfondimento analogo a quello dedicato a casi affini. In effetti, la letteratura sull’hold-up ha inizialmente focalizzato l’attenzione sui self-investments, cioè investimenti da cui la parte che investe può trarre un diretto beneficio. In tale contesto è stata mostrata l’esistenza di contratti (incompleti) relativamente semplici che possono garantire livelli efficienti di investimenti sia generici che specifici. Più recentemente, alcuni autori hanno spostato l’attenzione sul ruolo degli investimenti cooperativi, cioè investimenti che beneficiano direttamente la controparte della transazione e non chi li ha realizzati. Mantenendo la prospettiva sugli investimenti specifici, peraltro, la possibilità di garantire tramite un accordo iniziale dei livelli efficienti di investimenti cooperativi è ottenuta solo in casi del tutto particolari (Che e Xxxxxx [1999]). Tale risultato, come evidenziato dagli autori, se da un lato rafforza l’importanza di soluzioni organizzative fondate sull’autorità gerarchica, dall’altro riduce fortemente l’efficacia della soluzione contrattuale come strumento atto a garantire livelli efficienti degli investimenti in questione. La diversa natura (generica) dell’investimento analizzato in questo lavoro ha aperto nuove prospettive che hanno permesso di rivalutare, entro certe condizioni, il ruolo dei contratti come strumento di incentivazione per l’investimento in capitale umano generico dei lavoratori. L’investimento dei lavoratori in formazione generica on-the-job, viceversa, è stato specificatamente al centro dell’interesse nella “nuova” letteratura sul capitale umano (Xxxxxxxx e Xxxxxxx [1999]) la quale, in contrapposizione ai risultati più tradizionali, ha enfatizzato la difficoltà a conseguire livelli efficienti degli investimenti in questione in mercati del lavoro imperfetti, cioè caratterizzati dalla presenza di costi di turnover, di switching e di ricerca (search costs) che impongono la determinazione del salario tramite un processo di negoziazione. A tale riguardo, in questo lavoro è stato dimostrato che,
36 Questo risultato distingue piuttosto nettamente il caso analizzato in questo lavoro da quello di investimento cooperativo specifico per cui una regola di rimborso del tipo expectation damages risulta sempre poco efficace in quanto spinge la parte che investe a non investire affatto (Che e Xxxxx [1999]).
37 Ovviamente, in questo caso, se le parti prevedono (razionalmente) ex-ante tale rischio, la scelta ottimale di investimento del lavoratore può risultare inefficiente.
in caso di negoziazione strategica del salario, l’esito finale può risultare molto più complesso rispetto a quello che si ottiene dall’applicazione della soluzione di Xxxx a cui la “nuova” teoria del capitale umano ha fatto, in generale, riferimento. Inoltre, sebbene un contratto iniziale à la Malcomson38 non esclude la possibilità che i lavoratori sottoinvestano in training generico, si è mostrato come un contratto “ottimo”, cioè che garantisce il risultato di first-best per l’investimento in questione, possa essere ottenuto tramite un adeguato salario, modificabile con un consenso comune, e una adeguata penalità, a carico di una delle parti in caso di interruzione definitiva del rapporto di lavoro. Ovviamente, affinché il contratto in questione risulti davvero efficace è comunque importante che la penalità, come stabilita inizialmente dalle parti, sia eseguibile (enforceable ) da parte di un giudice. Ciò può risultare difficoltoso quando non è semplice individuare la parte a cui imputare la rottura definitiva del contratto, oppure quando la penalità stabilita negozialmente è piuttosto elevata e supera il danno effettivamente subito dalla parte lesa. In sostanza, quindi, più che le imperfezioni del mercato del lavoro, tanto enfatizzate dalla “nuova” teoria del capitale umano, in certi casi sarebbero i problemi legati all'esecuzione dei contratti (legati all’applicazione di certe penalità contrattuali) la principale causa che impedisce la realizzazione ottimale degli investimenti in formazione generica da parte dei lavoratori. In altri termini, se non esistesse alcun problema di esecuzione dei contratti che prevedono delle breach penalties, con contratti adeguati i lavoratori razionali realizzerebbero sempre il livello ottimale di formazione generica on-the-job pur in presenza di imperfezioni del mercato del lavoro39. La difficoltà nell’esecuzione di certe penalità contrattuali, quindi, apre una diversa via teorica per giustificare la realizzazione degli investimenti in capitale umano generico dei lavoratori da parte delle imprese (Xxxxxxxx e Xxxxxxx [1998]), nonché validi interventi di politica del lavoro, del tipo sussidi alle imprese e/o regolamentazione dell'apprendistato (Xxxxxxxxx et al. [1998]), su cui la recente letteratura si sta a fondo interessando. Evidenziati i possibili problemi di esecuzione giudiziale, è comunque importante rilevare l’importanza e la frequenza delle penalità stabilite negozialmente nei contratti individuali di lavoro, soprattutto per quanto concerne certe categorie di lavoratori (top management). Inoltre, pur in assenza di penalità negoziali sancite direttamente dalle parti, la normativa legislativa e contrattuale (collettiva) in materia di licenziamento e le regole istituzionali di indennizzo applicate dai tribunali in caso di rottura dei contratti di lavoro impongono, generalmente, il pagamento di adeguate penalità. In questo lavoro si è mirato a fornirne una particolare giustificazione teorica: penalità, indennizzi e trasferimenti certi e prevedibili in anticipo possono costituire un requisito essenziale per stimolare adeguatamente l’accumulazione di competenze generiche on-the-job da parte dei lavoratori specie in un contesto, quale quello attuale, in cui la natura più precaria dei rapporti di lavoro e la presenza di sostanziali costi di turnover possono minarne fortemente gli incentivi.
38 In quanto, come ampiamente discusso, Xxxxxxxxx ne ha dimostrato l’ottimalità nel caso di investimenti generici non cooperativi (Xxxxxxxxx [1997, 1999]).
39 Tale risultato ricorda parzialmente quello di Xxxxxx [1964]; è peraltro importante enfatizzare che è ottenuto in un contesto decisamente diverso. Infatti, il risultato di Xxxxxx è ottenuto in mercati del lavoro spot perfettamente competitivi, mentre questo si riferisce a mercati del lavoro caratterizzati da imperfezioni e contrattazione bilaterale tra le parti.
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