LUISS
LUISS
Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Xxxxx Xxxxx di Roma
Dipartimento di Giurisprudenza
Dottorato di ricerca in Diritto dell'Arbitrato Interno e Internazionale – XXVII ciclo
L'ACCERTAMENTO DI QUESTIONI NELL'ARBITRATO
LA PERIZIA CONTRATTUALE
Tutor Candidato
Xxxxx.xx Xxxx. Xxxxxxx Xxxxxxxxx Xxxx. Xxxxxxxxx Xxxxxxxx
A.A. 2013/ 2014
A Nonna. A Mamma e Papà;
a Marina e Alessia.
E a Sofia.
INDICE
Introduzione generale. 1
CAPITOLO I
LA PROSPETTIVA STORICA
1. Introduzione. 9
2. L'esperienza del diritto romano. 9
2.1. L'arbitrato: brevi cenni. 9
2.2. L'attività dell'arbitratore (in breve). 14
3. L'esperienza giuridica medievale. 16
4. La Pandettistica e le codificazioni. 18
CAPITOLO II
PRIMI TENTATIVI RICOSTRUTTIVI E SPUNTI COMPARATISTICI
1. Introduzione: premesse storico-sistematiche. 21
1.1. La Schiedsgutachten nell'esperienza giuridica tedesca. 22
1.2. La dimensione storica dell'arbitrato irrituale. 30
2. Xxxxx rassegna delle tesi in ordine alla perizia contrattuale. 32
2.1. Perizia contrattuale come arbitraggio. 33
2.2. Perizia contrattuale come fenomeno arbitrale. 34
2.3. Perizia contrattuale tra arbitrato e arbitaggio. 35
2.4. L'autonomia della perizia contrattuale. 37
3. Istituti affini nell'esperienza giuridica di altri ordinamenti. 39
3.1. Il bindend advies olandese. 39
3.2. L'expertise irrevocable belga. 40
3.3. L'expertise irrevocable ou obbligatoire francese. 42
3.4. La schiedsgutachten nei sistemi germanici 43
3.5. I sistemi di common law 46
4. Conclusioni. 48
CAPITOLO III
IL SISTEMA SPAGNOLO TRA ARBITRAJE, ARBITRIO DE TERCEROS E PERITACION DIRIMENTE
1. Introduzione. 50
2. Evoluzione normativa. 51
3. Arbitraje e arbitrio de tercero. 55
4. Arbitraje informal. 59
5. Peritacion dirimente. 65
6. Peritos come arbitri speciali. 66
7. El perito arbitrador 69
8. L'oggetto dell'arbitrato. 71
9. Dictamen arbitral. 72
10. Riflessioni conclusive. 74
CAPITOLO IV INQUADRAMENTO SISTEMATICO DELLA PERIZIA
CONTRATTUALE
1. Introduzione. 76
2. La perizia contrattuale nella prassi. Uno sguardo più analitico. 77
3. Perizia contrattuale e arbitraggio. 80
4. Perizia e arbitrato. 85
4.1. Arbitrato rituale e irrituale. 86
4.1.1. Il contesto storico. 86
4.1.2. Il quadro giurisprudenziale al principio del nuovo millennio. 89
4.1.3. La riforma del 2006. 91
4.1.4. Arbitrato rituale e irrituale: autonoma proposta ricostruttiva. 95
4.2. L'accertamento negoziale: breve introduzione. 101
4.2.1. Il negozio di accertamento: definizione e ammissibilità. 102
4.2.2. (segue) Il contenuto e l'oggetto. 103
4.2.3. (segue) Gli effetti. 106
4.2.4. Xxxxx considerazioni conclusive sull'accertamento negoziale. 109
4.3. Arbitrato e accertamento. 110
4.4. L'oggetto dell'arbitrato. 112
5. Inquadramento definitivo del fenomeno peritale. 116
6. Distinzione della perizia da altri istituti: brevi cenni. 121
CAPITOLO V
LA DICIPLINA DELLA PERIZIA CONTRATTUALE
1. Introduzione. 124
2. Il patto per perizia contrattuale. 124
3. Il rapporto parti-periti e profili relativi allo svolgimento della perizia. 130
4. Perizia contrattuale, prescrizione del diritto e trascrizione. 137
5. Perizia contrattuale e tutela cautelare. 139
6. Effetti della perizia sulla giurisdizione. 140
6.1. Il quadro “storico” delle idee sul punto 141
6.2. Il quadro attuale in dottrina e giurisprudenza. 143
6.3. L'eccezione di patto per perizia contrattuale. 147
7. L'atto degli arbitri-periti. 154
CAPITOLO VI
L'IMPUGNAZIONE DELLA PERIZIA CONTRATTUALE
1. Introduzione. 156
2. L'impugnazione del lodo (breve disamina). 157
3. L'impugnazione del lodo su questione. 168
4. L'impugnabilità della perizia contrattuale. 173
5. L'impugnazione della perizia contrattuale: quadro giurisprudenziale. 175
6. L'impugnazione della perizia nel quadro attuale dell'arbitrato. 177
Conclusioni. 182
Bibliografia. 185
INTRODUZIONE GENERALE
La regolamentazione di un rapporto giuridico atta a superare una controversia è realizzabile anche ricorrendo a strumenti non giurisdizionali. Il nostro ordinamento, infatti, riconosce e disciplina espressamente (elevandola, pertanto, a figura negoziale tipica) la transazione, la quale, ex art. 1965 c.c., comma 1, “è il contratto col quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine a una lite già cominciata o prevengono una lite che può sorgere tra loro”.
Sicché è ammessa la presenza di contratti la cui causa consiste nella composizione di una lite. Da ciò, come sarà possibile approfondire durante lo svolgimento dell'indagine, si può ricavare che, ai sensi dell'art. 1322, comma 2, c.c. (“le parti possono anche concludere contratti che non appartengano ai tipi aventi una disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico”), è ben possibile concepire figure negoziali non regolate espressamente, volte alla risoluzione di una controversia, e non specificamente caratterizzate dall'elemento delle reciproche concessioni, quest'ultimo costituendo peculiarità tipica della transazione.
Esiste tuttavia un limite generale al potere delle parti di risolvere per via negoziale le controversie che le vedano coinvolte: infatti, sempre in materia di transazione, l’art. 1966, comma 2, c.c., stabilisce che la transazione è nulla se i diritti in ordine ai quali è sorta la lite sono, per loro natura o per espressa disposizione di legge, sottratti alla disponibilità delle parti.
Come si è accennato, tale limite ha una portata generale e non opera con riferimento esclusivo alla transazione, poiché va da sé che, per poter le parti stipulare un contratto mediante il quale “superare” la controversia in ordine ad un diritto o ad un rapporto giuridico preesistente, esse devono beneficiare, rispetto a tale situazione giuridica soggettiva, del potere di predisporre regole di condotta vincolanti, che l’ordinamento poi recepisce e riconosce1. Da questo punto di vista, restano appannaggio della giurisdizione statale (rectius, della soluzione giurisdizionale delle
1 LUISO, Diritto processuale civile, Milano, 2011, V, 80.
controversie da parte dei giudici dello Stato) tutte le materie in cui si discuta di situazioni sostanziali indisponibili, e cioè quelle caratterizzate da preminenti e stringenti esigenze di tutela di interessi pubblici o comunque super-individuali, quali, a mero titolo di esempio, i diritti della personalità, il matrimonio e le situazioni coinvolte nell’ambito della separazione e del divorzio.
Inoltre l’ordinamento, nell’ottica della composizione delle controversie, mette a disposizione altri strumenti, tendenzialmente eterogenei tra loro e che si pongono, per così dire, a metà strada tra la soluzione giurisdizionale statale e quella negoziale, rimanendo soggetti agli stessi limiti oggettivi di quest’ultima. Si può pensare, in questo senso, alla conciliazione; oppure, e ciò interessa maggiormente ai fini del lavoro che ci si accinge a sviluppare, all’arbitrato.
Invero, quest'ulimo, che pure è costretto a fermare il proprio raggio operativo dinanzi a controversie relative a situazioni giuridiche indisponibili, rappresenta uno strumento che bensì trova “giustificazione” e origine nell’autonomia privata, ma può assumere forme molto simili a quelle tipiche della via giurisdizionale per così dire pubblica. Esso, infatti, può trovare svolgimento secondo due modalità distinte: in un caso (c.d. arbitrato rituale, artt. 806-840 c.p.c.) si ha un vero e proprio processo con uno o più giudici “privati” che emanano, all’esito di un processo, un atto omologabile alla sentenza del giudice statuale (art. 824 bis c.p.c.); nell’altro caso (c.d. arbitrato irrituale, art. 808 ter c.p.c.), il contesto procedimentale è (normalmente) semplificato e più flessibile (salva ovviamente la tutela di quelle situazioni con le quali si garantisce la dialettica tra i litiganti, e cioè il contraddittorio e il diritto di difesa), e la decisione finale, sempre presa da un giudicante privato, è fondamentalmente un atto negoziale.
In linea di prima approssimazione, l’arbitrato (tanto rituale quanto irrituale2) deve essere tenuto distinto dall’arbitraggio, previsto e regolato dal codice civile all’art. 1349 e, in linea generale, sistematicamente e funzionalmente non destinato alla soluzione di una controversia giuridica.
2 Ma si veda la ricostruzione di BOVE, Sub art. 808 ter, in La nuova disciplina dell'arbitrato, a cura di XXXXXXXX, Padova, 2010, 65 ss. e i richiami di dottrina e giurisprudenza ivi contenuti.
Qui, infatti, l’attività svolta dal terzo (il c.d. arbitratore) è finalizzata alla determinazione di un elemento di un contratto, il cui contenuto deve ancora essere colmato. In particolare, la fattispecie ex art. 1349 c.c. è contemplata nella sezione III, capo II, titolo II del libro IV del codice, intitolata “dell’oggetto del contratto”. La norma citata, per la precisione, consente alle parti di rimettere ad un terzo la determinazione della prestazione dedotta nel contratto, la quale è ritenuta direttamente riconducibile alla volontà dei contraenti, onde si viene a realizzare una cooperazione tra le parti e il terzo nell’attività di completamento del regolamento d’interessi3.
Sennonché anche l’arbitraggio può essere in un certo senso considerato una forma negoziale di soluzione di una controversia, giacché le parti non vogliono o non possono determinare un elemento del loro rapporto contrattuale, e tuttavia si trovano concordi nel rimettere tale determinazione a un terzo, impegnandosi a considerare il di lui responso come sostitutivo della propria volontà, quindi vincolante. Ma in tal caso la controversia non è di tipo giuridico, quanto tutt’al più lato sensu economica4.
Invero, intorno alla figura dell’arbitraggio e ai profili distintivi di questo dall’arbitrato, possono crearsi dei “momenti” d’incertezza e di non sufficiente chiarezza. L’attività dell’arbitratore, infatti, è pur sempre attività di uno o più terzi, scelti dai contraenti, volta a completare un assetto d’interessi; inoltre, strutturalmente la fattispecie ex art. 1349 c.c. ben può trovare applicazione anche in ipotesi di contratti (ad es. una transazione) finalizzati alla composizione di una lite giuridica5.
Quanto osservato finora va, ad avviso di chi scrive, considerato necessario per meglio comprendere il contesto sistematico e concettuale entro il quale collocare l’istituto che ci si appresta ad analizzare, ossia la c.d.
3 Cfr., per tutte, Cass. 25 giugno 1983, n. 4364, in Giust. Civ. Mass. 1983, fasc. 6; per maggiori dettagli sul punto, anche in ordine all'arresto testé citato, si veda infra, cap. IV, par. 3. che si esprime in questi termini: “solo in presenza di un arbitraggio - che ricorre quando le parti abbiano affidato al terzo arbitratore non già l'incarico di risolvere una controversia nascente da un rapporto giuridico preesistente e già perfetto (come nell'arbitrato rituale ed in quello libero) ma di determinare in un negozio giuridico in via di perfezionamento, un elemento che le parti non hanno voluto o potuto determinare, sicché l'arbitratore non dirime liti con poteri decisori, ma concorre con le parti nella formazione del contenuto del negozio - è possibile la impugnazione del lodo per manifesta iniquità”.
4 PUNZI, Disegno sistematico dell'arbitrato, Xxxxxx, 0000.
5 È a tale fattispecie, del resto, che alcuni autori (tra cui XXXX, citato in nota 4) riconducono, strutturalmente, l'arbitrato irrituale.
perizia contrattuale (o, per alcuni autori, la perizia arbitrale6). Essa – è bene precisarlo subito a scanso di equivoci – rappresenta un fenomeno dai tratti non ancora ben definiti, ad onta degli autorevoli studi succedutisi in materia e dei numerosi arresti giurisprudenziale intervenuti sulla questione.
In un’ottica d'introduzione generale, è possibile configurare la perizia contrattuale come una fattispecie che trae origine da un patto (normalmente una clausola contrattuale) con cui le parti prevedono che determinate questioni o elementi (tendenzialmente di fatto) vengano accertati da uno o più soggetti dotati di specifiche conoscenze tecniche (i c.d. periti). La determinazione dei periti è dalle parti considerata vincolante.
Detto ciò, il problema più delicato della perizia contrattuale concerne proprio la sua definizione, o per meglio dire la sua individuazione, ricostruzione e descrizione come fenomeno giuridico “unitario” e in un certo senso “autonomo”. Questo perché tale istituto, conosciuto da molto tempo nella prassi dei traffici giuridico-commerciali ed oggetto di non pochi studi e di una copiosa produzione giurisprudenziale, è stato spesso considerato come una forma particolare di arbitrato o di arbitraggio, ovvero come figura mista (arbitrato o arbitraggio a seconda dei casi), oppure ancora come realtà giuridica autonoma. Superato positivamente tale scoglio, diventa aspetto conseguenziale quello della determinazione della disciplina applicabile.
In sostanza, si tratta di capire che cosa sia realmente e giuridicamente la perizia contrattuale (ed in particolare la perizia contrattuale che la prassi ha con decisione fatto emergere nei traffici giuridici che si sono sviluppati all'interno del nostro sistema); se, cioè, integri una realtà di diritto sostanziale, un istituto giuridico di matrice processuale, ovvero un fenomeno in un certo senso duplice.
Sempre in un'ottica introduttiva, d’accordo con la dottrina che più di recente ha avuto modo di offrire uno studio più organico del fenomeno e proporre un’interessante ricostruzione di esso7, pare utile illustrare le situazioni pratiche nelle quali esso trova attuazione. Questo approccio iniziale, per così dire di presentazione, è dunque di tipo empirico: si vuole
6 BOVE, La perizia arbitrale, Torino, 2001.
7 BOVE, La perizia arbitrale, cit.; Id., La perizia contrattuale, in I contratti di composizione delle liti, a cura di XXXXXXXXX e LUISO, Milano, 2005.
qui muovere i primi passi, di un percorso che possa poi condurci ad un possibile inquadramento organico della perizia contrattuale, partendo dai casi (soprattutto tratti dall’esperienza giurisprudenziale) ove essa è ritenuta operante.
Una prima ipotesi, che invero è quella di massima diffusione della perizia contrattuale e rispetto alla quale la sussistenza di essa è confermata sia in giurisprudenza sia in dottrina, è rappresentata dalla previsione, inserita in clausole apposte ad alcuni contratti di assicurazione (polizze danni e assicurazioni contro gli infortuni, per lo più), in base alla quale, in caso di disaccordo tra le parti, uno o più elementi di particolare rilevanza tecnica (il quantum del danno prodotto; il grado di invalidità; il nesso di causalità tra l’evento e il danno; e così via) ai fini dell’esistenza o del modo di essere di una situazione giuridica soggettiva (il diritto risarcitorio), sono oggetto della valutazione e dell’accertamento di uno o più esperti designati dalle parti, i quali risolvono tali questioni servendosi delle proprie cognizioni tecnico- scientifiche mediante un responso per i contraenti vincolante8.
Un’altra ipotesi, comunemente ricondotta dagli studiosi e dalla giurisprudenza alla perizia contrattuale, è data dai c.d. arbitrati tecnici o sulle qualità. I casi concreti sono quelli di contratti in cui una parte s’impegna a dare o fare qualcosa verso il corrispettivo di un prezzo o di un compenso e dove i contraenti stabiliscono che, in caso di divergenze maturate in fase esecutiva in ordine alla qualità delle cose fornite, dell’opera o del lavoro effettuati, la decisione – vincolante per le parti - circa la corrispondenza o meno di quanto fatto a quanto previsto o promesso sia affidata ad uno o più terzi9.
Altre ipotesi nelle quali è stato ritenuto operante il meccanismo oggetto di questo studio, ricavate direttamente da concreti casi sottoposti a vaglio giurisprudenziale, sono le seguenti:
- sorta controversia nella fase esecutiva di un contratto di appalto, le parti stipulano una transazione ove prevedono che la valutazione e la decisione (vincolante) in ordine al calcolo di eventuali maggiori somme
8 BOVE, La perizia arbitrale, cit., 4. Per il tenore di alcune clausole inserite in contratti di assicurazione, x. xxxxx, xxx. XX.
0 XXXX, Xx xxxxxxx arbitrale, cit., 4; LUISO, L'oggetto del processo arbitrale, in Riv. arb., 1996, 671.
spettanti all’impresa appaltatrice sia presa da un collegio di esperti nominati dalle parti10;
- sempre in tema di appalto, sorta controversia durante l’esecuzione del rapporto, in particolare con riferimento al valore dei lavori da eseguire oggetto di capitolato, le parti incaricano della determinazione di tale valore un collegio di esperti, con responso per esse vincolante11;
- nell’ambito di un contratto di cessione di partecipazioni azionarie, viene pattuito che il calcolo del valore reale di esse (funzionale alla corresponsione del prezzo contenente l’eventuale plusvalore rispetto al valore nominale delle azioni) sia effettuato da tecnici di fiducia nominati dalle parti contraenti, con responso vincolante tra le stesse12;
- due fratelli, beneficiari, mediante distinti atti di donazione, di tutti i beni immobili della madre, stipulano un contratto in virtù al quale, al fine di addivenire ad un’eguale ripartizione dei cespiti (dei quali, par vari motivi, al momento delle liberalità non era ben noto l’effettivo valore) anche in funzione della corresponsione di un eventuale conguaglio, incaricano un tecnico di stimare il valore dell’asse immobiliare, impegnandosi a considerare il relativo responso come riconducibile alla propria volontà13.
Si ritiene inoltre necessario segnalare, ancora ispirandoci alla dottrina che più ha studiato il fenomeno della perizia (arbitrale) anche prendendo spunto dal sistema tedesco14, altri casi normalmente ricondotti alla fattispecie in esame:
- due soggetti, non legati da alcun rapporto contrattuale, incaricano un terzo, dotato di specifiche cognizioni tecniche, di accertare (in maniera vincolante) l’eventuale nesso di causalità tra un sinistro e un danno, con
10 Cass. 24 maggio 2004, n. 9996, in Riv. arb. 2006, 4, 727, con nota di XXXXXXX DI CONDOJANNI, Note sul contratto di arbitraggio.
11 Trib. Piacenza 29 ottobre 2010, in Foro pad. 2011, 1, I, 202.
12 Cass. 30 giugno 2005, n. 13954, in Foro it. 2006, 2, I, 482.
13 Cass. 11 novembre 2008, n. 26946, in Riv. Notariato 2010, 1, 226, con nota di XXXXXXXXX, Xxxxx successorio e convenzione tra donatari legittimari.
14 Per gli esempi a seguire si veda BOVE, La perizia arbitrale, cit., 6 e le citazioni alle note 10, 11, 12 e 13; XXXXX, L'oggetto del processo arbitrale, cit., 671-672, e nota 7. Gli autori citati, in particolar modo il primo, danno conto dell'importanza del contributo della dottrina tedesca allo studio del fenomeno della c.d. perizia contrattuale, in seno alla quale è stata sviluppata la figura dell'arbitratore-perito, come segnalato anche da XXXXXXX, L'arbitraggio. La perizia contrattuale, in L'arbitrato. Profili sostanziali, a cura di ALPA, Milano, 1999, I, 211.
l’ulteriore compito di determinare il quantum delle conseguenze pregiudizievoli in caso di esito positivo del primo accertamento;
- i contraenti incaricano il terzo-perito di accertare, con responso per le parti vincolante, se ricorra o meno la giusta causa del recesso contrattuale;
- i contraenti stabiliscono che un terzo accerti, sempre con responso vincolante, se vi sia stata violazione di una norma contrattuale ovvero di legge;
- conferimento al perito del compito di determinare la situazione patrimoniale di una società, al fine di quantificare il credito del socio escluso per la liquidazione della quota;
- l’inserimento in alcuni contratti di durata di una clausola, in virtù della quale le parti s’impegnano a rinegoziare le reciproche prestazioni nel caso in cui si verifichino eventi che alterino in modo rilevante l’equilibrio negoziale, con affidamento ad un terzo di effettuare un accertamento vincolante in ordine alle condizioni di rinegoziazione e alla fissazione del nuovo contenuto contrattuale15.
È stata considerata ipotesi di perizia contrattuale anche la clausola con cui viene affidato ad un terzo l'accertamento dello stato di riconsegna del fondo locato e la liquidazione del dare e dell'avere oltre che degli eventuali danni16.
L’elencazione testé esposta non può ritenersi esaustiva, poiché come si è specificato si tratta di casi riscontrati nella prassi dei traffici giuridico- commerciali. Inoltre, si tratta di situazioni nelle quali la sussistenza della perizia contrattuale è data per certa dalla giurisprudenza o dalla dottrina, ovvero da entrambe, ma ciò non significa che in tutti gli episodi descritti ricorra senza ombra di dubbio una perizia.
In altre parole, l’obiettivo principale del presente lavoro è quello di riportare ordine circa l'inquadramento (e, dunque, la disciplina) di un istituto, sicuramente noto ma ancora non ben delineato nei suoi profili giuridici17. Sicché, volendo razionalizzare e comporre il quadro, potrebbe
00 Xxx. XXXX, Xx perizia contrattuale, cit., il quale riprende l'esempio da XXXXXXXXX,
L'arbitrato, Torino, 1997.
16 ZUDDAS, L'arbitraggio, Napoli, 1992, 218.
17 In realtà si è evidenziato che un caso di riconoscimento giuridico della perizia
alla fine risultare che, alcuna delle fattispecie esemplificative sopra riportate, descrivano una realtà diversa da quella che effettivamente rappresenta la perizia contrattuale.
contrattuale nel nostro ordinamento, ancorché equivoco e comunque riferito a un caso settoriale, è da registrare. Si tratta dell'ipotesi contemplata dall'art. 64, comma 4, D.lgs.
n. 30/2005 in materia di proprietà industriale. Il rilievo è di BOVE, Lineamenti di diritto processuale civile, Torino, 2012, 72. In particolare, in punto di invenzioni dei dipendenti, la norma richiamata dispone che “ ferma la competenza del giudice ordinario relativa all'accertamento della sussistenza del diritto all'equo premio, al canone o al prezzo, se non si raggiunga l'accordo circa l'ammontare degli stessi, anche se l'inventore e' un dipendente di amminisirazione statale, alla determinazione dell'ammontare provvede un collegio di arbitratori, composto di tre membri, nominati uno da ciascuna delle parti ed il terzo nominato dai primi due, o, in caso di disaccordo, dal Presidente della sezione specializzata del Tribunale competente dove il prestatore d'opera esercita abitualmente le sue mansioni. Si applicano in quanto compatibili le norme degli articoli 806, e seguenti, del codice di procedura civile”. Il comma successivo stabilisce che “il collegio degli arbitratori puo' essere adito anche in pendenza del giudizio di accertamento della sussistenza del diritto all'equo premio, al canone o al prezzo, ma, in tal caso, l'esecutivita' della sua decisione e' subordinata a quella della sentenza sull'accertamento del diritto. Il collegio degli arbitratori deve procedere con equo apprezzamento. Se la determinazione è manifestamente iniqua od erronea la determinazione è fatta dal giudice”.
CAPITOLO I
LA PROSPETTIVA STORICA
SOMMARIO: 1. Introduzione. - 2. L'esperienza del diritto romano: 2.1. L'arbitrato: brevi cenni; 2.2. L'attività dell'arbitratore. - 3. L'esperienza giuridica medievale. - 4. La Pandettistica e le codificazioni.
1. Introduzione
Lo studio della perizia contrattuale è stato (ed è) notevolmente influenzato dall'analisi e dall'evoluzione di due fenomeni distinti ma sovente confusi tra loro: l'arbitrato e l'arbitraggio.
Del resto, in fase d'introduzione generale, si è accennato al problema relativo alla ricostruzione dell'istituto, a volte considerato una particolare forma di arbitraggio, altre volte una peculiare tipologia di arbitrato, altre volte ancora un qualcosa di duplice (arbitraggio o arbitrato a seconda dei casi). È ben vero che non sono mancate voci orientate ad un inquadramento per così dire autonomo del fenomeno ma, in generale, la tendenza costante è stata quella di considerarlo “assorbito” nell'arbitraggio o nell'arbitrato (oppure in entrambi), non ritenendolo dunque riconducibile ad una dimensione giuridica propria.
S'intuisce allora l'importanza di una riflessione intorno ai punti di riferimento concettuali che da sempre hanno condizionato lo studio della perizia.
In tale ottica pare utile partire da una breve analisi storica dei fenomeni in questione, poiché ciò consentirà, in seguito, di meglio contestualizzare il “problema” della perizia contrattuale e, ad avviso di chi scrive, offrirà un serio contributo all'opera d'inquadramento e definizione dell'istituto.
2. L'esperienza del diritto romano
2.1. L'arbitrato: brevi cenni
È possibile affermare con certezza che, nel diritto romano classico, il pretore peregrino ha impostato il processo formulare, che si andava
sviluppando per suo impulso, sulla base di arbitrati praticati a Roma tra romani e stranieri, o anche tra cives relativamente a rapporti che non avevano goduto di un riconoscimento nell'ambito delle legis actiones, nei quali svolgeva una funzione di primo piano la bona fides18. In particolare, quest'ultima rappresenta una locuzione utilizzata nella Roma classica come mezzo di valutazione del valore vincolante di accordi negoziali19.
Occorre ricordare, com'è stato rilevato20, che in un periodo compreso tra la media e l'ultima età repubblicana il pretore diede tutela in via di azione a talune convezioni diffuse nella prassi, nelle quali le parti si affidavano ai quei criteri obbiettivi di lealtà e correttezza, qualificati di bona fides, comunemente seguiti tra gli uomini di affari21.
Di contro, il pretore non diede alcuna tutela alla convenzione con cui due parti concordavano di affidare a persona determinata e di comune fiducia la soluzione di una loro controversia. Si trattava, peraltro, di un tipo accordo lecito, meritevole di considerazione e, almeno prima dell'avvento del processo formulare, certamente diffuso tra la gente di affari, e per la cui esecuzione ciascuna parte si rimetteva alla fides dell'altra22.
Successivamente, anche in ragione di una sempre più diffusa “domanda” di arbitrato in luogo del processo ufficiale, la giurisprudenza
18 Si è sostenuto che, invero, l'archetipo della figura storica di arbiter è da rintracciare in quel soggetto che svolgeva, in ragione della sua perizia e competenza, attività di mediazione, stima, garanzia e pacifica composizione tra privati nell'ambito dei mercati popolari della Roma monarchica (cfr. in questo senso l'analisi e la ricostuzione di XXXXXXX, Arbiter, vol. 17 della «Biblioteca di ricerche linguistiche e filologiche» del Dipartimento di Studi glottoantropologici dell'Università di Xxxx "Xx Xxxxxxxx", Xxxx, 0000, 130 ss.).
19 Cfr. XXXXXXX, Xxxx'arbitrato nell'esperienza giuridica romana, in Riv. arb., 1996, 1 ss; PUNZI, Disegno sistematico dell'arbitrato, I, Padova, 2011, 59.
20 Marrone, Sull'arbitrato, cit., 2.
21 Xxxxxxx XXXXX, Disegno sitematico, cit, 59-60 e relative note, che la buona fede nel diritto romano derivava dall'actio bonae fidei e che Xxxxxx Xxxxx Xxxxxxx insegnò per primo che tale categoria di actio aveva incluso sei tipi di azioni concrete: actio tutelae, actio pro socio, actio fiduciae, actio mandati, actio ex empto, actio venditi, actio conducti e actio locati. Nel II secolo d.C. Xxxx indicò tre ulteriori tipi di azioni, ossia il iudicium contrarium depositi, l'actio commodati e l'actio pigneraticia. Nel corso del periodo classico alla categoria dell'actio bonae fidei si aggiunsero altri due tipi di azioni, e cioè l'actio negotiorum gestorum e l'actio rei uxoriae. Nell'età dei Severi (193 – 235 d.C.) si aggiunsero anche il iudicium communi dividundo e l'actio familiae erciscundae. Infine, le Istituzioni di Giustiniano del VI secolo d.C., eliminando l'actio fiduciae dalla categoria, aggiunsero tre tipi di azioni: actio permutationis, actio stimatoria e hereditatis petitio. Sicché nel diritto giustinianeo la categoria dell'actio bonae fidei si ampliò sino a comprendere sedici generi.
22 MARRONE, Sull'arbitrato, cit., 1 ss.
suggerì alle parti di concordare reciproche stipulationes penali, in virtù delle quali ciascuna prometteva all'altra il pagamento di una certa somma di denaro per il caso che il promittente non avesse osservato il lodo arbitrale emesso da un arbitro scelto dalle parti stesse. Ci si espresse così in termini di compromittere e compromissum.
Del resto, la stipulatio era un negozio iure civili riconosciuto e tutelato, mentre la convenzione arbitrale era sicuramente lecita. Si poteva dunque immaginare ampia tutela – che il pretore non avrebbe potuto negare
- in favore della parte favorita dalla decisione arbitrale mediante l'actio ex stipulatu. Xxxxxx, non si assicurava di certo l'attuazione coattiva della decisione arbitrale, ma la minaccia della poena contrattuale per inosservanza della stessa costituiva un valido deterrente nei confronti del soccombente.
Sennonché il continuo ricorso all'arbitrato giunse ad una fase in cui non poteva più essere ignorato. Non furono concessi riconoscimento e tutela alla mera convenzione di arbitrato, ma il pretore intervenne per assicurare ciò che nessuno strumento negoziale avrebbe potuto garantire. Ci si riferisce, in particolare, alla possibilità che il soggetto designato come arbitro, dopo aver accettato l'incarico (arbitrium recipere), tornasse sui suoi passi e rifiutasse ingiustificatamente d'istruire e decidere la controversia. Il pretore allora, con l'edictum c.d. de receptis, promise: "Qui arbitrium pecunia compromissa receperit, eum sententiam dicere cogam". In sostanza promise che avrebbe esercitato coercitio contro colui che avesse accettato la funzione di arbiter, avendo le parti già convenuto le reciproche stipulazioni penali (pecunia compromissa). La coercitio sarebbe stata finalizzata a garantire l'attuazione dell'impegno assunto dall'arbitro23
Nel diritto romano classico, allora, i momenti salienti dell'esperienza arbitrale erano: la conventio compromissi24, le stipulationes poenae e il receptum arbitri (e cioè l'accettazione dell'incarico da parte degli arbitri con conseguenziale dovere di emettere la decisione).
23 Cfr. PUNZI, Disegno, cit., 57 ss.; XXXXXXX, Sull'arbitrato, cit., che aggiunge che si sarebbe trattato naturalmente di una forma di coercizione indiretta, per es. mediante la minaccia dell'irrogazione di una multa.
24 Peraltro il diritto romano non conosceva ancora la clausola compromissoria, onde era possibile dedurre nel compromesso solo le controversie già sorte al momento della sua conclusione; cfr. in tal senso LA PIRA, “Compromissum” e “litis contestatio” formulare, in Studi in onore di Xxxxxxxxx, II, Palermo, 1932, 187 ss.; XXXXX, Sulla genesi storica del processo formulare, Pavia, 1934, 457 ss.; XXXXXXXXX, La natura dell'arbitrato irrituale. Profili comparatistici e processuali, Torino, 2002, 17.
Rebus sic stantibus, s'intuisce che il compromissum era privo di efficacia diretta, sicché, volendo accogliere siffatta impostazione, lo “stare sententiae arbitri” (l'accettare la decisione arbitrale in ragione del vincolo rispetto ad essa), di cui riferisce Xxxxxxx00, non trovava tutela diretta nel diritto classico, onde la stipulatio era fondamentale per garantire almeno una tutela indiretta all'osservanza del dictum del'arbitro26. Invero, in età classica si ammetteva anche la validità di un compromissum sine poena, in virtù del quale le parti non si obbligavano reciprocamente al pagamento di una penale in caso d'inosservanza del lodo, ma semplicemente s'impegnavano ad adempiere alla decisione arbitrale. Qui contro la parte inottemperante si doveva agire con l'actio incerti ex stipulatu, essendo oggetto dell'accordo un incertum, ossia un facere27.
Inoltre, secondo l'orientamento romanistico prevalente, l'arbiter, salvo un diverso accordo delle parti, non era vincolato all'osservanza del diritto oggettivo e la sua decisione era inappellabile28. Si ritenne, tuttavia, che, nei casi più gravi di sentenza xxxxxxxx, la parte inadempiente potesse proporre una exceptio doli a fronte dell'actio ex stipulatu avversaria29. Per questa via,
25 D. 4.8.27.2
26 Cfr. PUNZI, Disegno, cit. 63.
27 Il referente di tale previsione è costituito da un passo di Ulpiano contenuto in D. 4,8,27, 7: “Sed si poena non fuerit adiecta compromisso, sed simpliciter sententia stari promiserit, incerti adversus eum foret actio”. Sennonché, secondo una parte della dottrina romanistica la promessa della penale integrava un presupposto essenziale ai fini dela validità dell'accordo compromissorio e del conseguenziale lodo, dunque il passo di Ulpiano sopra riportato sarebbe interpolato (v. su questi aspetti XXXXXXXXX, La natura, cit., 18 e nota 27; CRIFO', Arbitrato (diritto romano), in Enc. dir., II, Milano, 1958, 894; TALAMANCA, Ricerche in tema di “compromissum”, Milano, 1958, 103-104; XXXXXXX, Das private Schiedsgericht im antiken römischen Recht, Xxxxxxx, 0000, 53 ss.).
28 Tutto ciò sarebbe dimostrato da una serie di passi, che evidenziano l'inappellabilità della sentenza arbitrale e l'insuscettibilità di riduzione ad equità laddove essa fosse iniqua (cfr. la costituzione di Xxxxxxxxx in C. 2, 55, I, a. 2013: “Ex sententia arbitri ex compromisso iure perfecto aditi appellari non posse saepe rescriptum est, quia nec iudicati actio inde praestari potest ...” la quale esclude l'appello contro la decisione dell'arbitro e l'esercizio dell'actio iudicati; v. anche il già citato passo di Ulpiano in D. 4, 8, 27, 2: “Stari autem debet sententiae arbitri, quam de ea re dixerit, sive aequa sive iniqua sit: et sibi imputet qui compromisit ...”, secondo cui ci si deve uniformare alla sententia arbitri sive aequa sive iniqua; v. anche il passo di Xxxxx in D. 4, 8, 19 pr.: “Qualem autem sententiam dicat arbiter, ad praetorem non pertinere Labeo ait, dummodo dicat quod ipsi videtur”, ove si avvisa che il Pretore non deve preoccuparsi di quale decisione emetta l'arbitro); su tali profili v. amplius XXXXXXXXX, La natura, cit., 19 e nota 31; cfr. inoltre, sul rapporto tra inappellabilità del lodo e libertà dell'arbitro dall'osservanza del diritto oggettivo, le interessanti riflessioni di PUNZI Disegno, cit., 64-66.
00 X. XXXXXXX, Xxxx'xxxxxxxxx, cit, 5; XXXXXXXXX, La natura, cit., 23 e nota 44 con i riferimenti alle fonti relative.
in sostanza, si faceva in modo che il lodo potesse non avere esecuzione e che la controversia tornasse sotto l'egida della giurisdizione ordinaria.
Pare utile ricordare che, dal punto di vista procedurale, era sempre fatto salvo il principio del contraddittorio, essendo necessaria, ai fini della validità del lodo, la presenza delle parti durante il procedimento e al momento della decisione30
Con Xxxxxxxxxxx venne modificato il meccanismo in base al quale a seguito della stipulazione del compromesso era data alle parti solo un'actio ex stipulatu. Infatti, con una costituzione del 529 d. C.31 si stabilì che, se la convenzione arbitrale fosse stata accompagnata dal giuramento solenne, debitamente documentato, dei contendenti e dell'arbitro, la decisione arbitrale sarebbe stata direttamente vincolante; con una costituzione del 53032 si ammise un arbitrato informale e sine poena quando le parti avessero accettato la decisione arbitrale espressamente mediante sottoscrizione, ovvero tacitamente, mediante fatti concludenti consistenti nell'omesso invio al giudice ordinario o all'avversario, entro il termine di dieci giorni, di una opposizione (attestatio per quam manifestum fiat non esse amplectendam)33. In tali ipotesi alla parte vittoriosa si dava all'uopo, per l'esecuzione, un'actio in factum34 e non un'actio iudicati (il lodo, infatti, non acquisiva la qualità
30 XXXXXXX, Xxx private, cit., 132, che riporta il passo di Ulpiano in D. 4, 8, 27, 4: “sententia quidem dicta non coram litigatoribus non valebit”.
31 C. 2.55.4 del 529. Si è segnalato (cfr. MARRONE, Sull'arbitrato, cit., 12-13; PUNZI, Disegno, cit., 66 ss.; si vedano anche TALAMANCA, Ricerche, cit., 143 e nota 229; XXXXXXX, Das private, cit., 177, 192) che in epoca imperiale cominciò a prendere quota l'idea dell'unità della funzione giudicante, a prescindere dal suo affidamento a privati ovvero ad organi dello Stato. Così, a partire dal IV secolo, prese forma uno sviluppo del giudizio arbitrale privato verso una sua progressiva regolamentazione in base a principi e criteri tendenzialmente analoghi a quelli della giurisdizione ordinaria. A tale riguardo occorre considerare gli interventi legislativi imperiali che, sin dai primi momenti dell'età postclassica, dettarono regole su procedimenti e decisioni assegnati ai capi delle comunità cristiane ed ebraiche per la risoluzione di liti di diritto privato. Per quanto qui interessa, va ricorsato che nel 408 Xxxxxxx, Xxxxxx e Xxxxxxxx stabilirono che avessero diretta efficacia esecutiva le decisioni per le quali fedeli cristiani, anche senza l'espediente delle reciproche stipulazioni, si fossero concordemente e liberamente affidati al loro vescovo (episcopalis audientia). Analogo provvedimento era stato adottato dieci anni addietro con riferimento agli arbitrati per cui fedeli di religione ebraica avessero fatto ricorso al giudizio dell'autorità spirituale della comunità di appartenenza (normalmente il patriarca). Per ciò che attiene all'arbitrato per così dire laico, fu Xxxxxxxxxxx, come si va evidanziando nel testo, a intervenire in maniera significativa.
32 C. 2, 55, 5.
33 Cfr PUNZI, Disegno, cit., 61; XXXXXXXXX, La natura, cit., 23;
34 MARRONE, Sull'arbitrato, cit., 14.
della res iudicata)
Sennonché dieci anni più avanti35, in ragione della scarsa flessibilità dimostrata nella prassi dall'istituto, lo stesso Xxxxxxxxxxx giunse a proibire l'arbitrato giurato, revocando la sua precedente costituzione e, pertanto, l'efficacia diretta della decisione arbitrale. Donde il ritorno al compromissum cum poena, quale ideato dai giuristi classici36; e la convenzione arbitrale, con o senza poena, divenne di regola una convenzione scritta. Non è un caso, dunque, che la legislazione giustinianea in materia di arbitrato presupponesse solitamente l'esistenza di un documento che facesse fede dei contenuti degli accordi tra le parti37.
Dal breve inquadramento che si è sin qui proposto è possibile concludere nel senso della prevalente natura negoziale dell'arbitrato così come concepito nel diritto romano38.
2.2. L'attività dell'arbitatore (in breve)
Il diritto romano conosceva anche la figura del terzo chiamato a determinare l'oggetto del contratto, pur non utilizzando il termine arbitrator. Invero, Xxxx00xx riferisce della disputa tra giuristi circa la possibilità di deferire a un terzo la determinazione dell'oggetto del contratto – che per Xxxxxxx era da intendersi per equo apprezzamento -, con riguardo, in particolare, al prezzo nella compravendita. In un siffatto caso per alcuni il
negozio sarebbe stato nullo, per altri, al contrario, valido.
Vi è inoltre un testo40, in tema di quote sociali deferite alla decisione
35 Nov. 82.11
36 A parte le ipotesi contemplate dalla costituzione C. 2, 55, 5 dell'anno 530.
37 MARRONE, Sull'arbitrato, cit., 1 ss.; PUNZI, Disegno, cit., 70.
38 Cfr. XXXXXXXXX, La natura, cit. 26-27, nota 55; XXXXX, Disegno, cit., 71.
39 In Inst. III, 140: “Pretium autem certum esse debet. Nam alioquin si ita inter nos convenerit, ut quanti Xxxxxx rem aestimaverit, tanti sit empta, Xxxxx negavit ullam vim hoc negotium habere: cuius opinionem Xxxxxxx probat. Xxxxxxx et eam emptionem et venditionem: cuius opinionem Proculus secutus est”.
40 Riportato in Dig. 17, 2, 76, nell'ambito della materia dedicata al contratto di società: “Societatem mecum coisti ea condicione, ut nerva amicus communis partes societatis constitueret: Nerva constituit, ut tu ex triente socius esses, ego ex xxxxx: quaeris, utrum ratum id iure societatis sit an nihilo minus ex aequis partibus soci simus, existimo autem melius te quaesiturum fuisse, utrum ex his partibus socii essemus quas is constituisset, an ex his quas virum bonum constituere oportuisset, arbitrorum enim genera sunt duo, unum eiusmodi, ut sive aequum sit sive iniquum, parere debeamus (quod observatur, cum ex compromisso ad arbitrum itum est), alterum eiusmodi, ut ad boni viri arbitrium redigi debeat, etsi nominatim persona sit comprehensa, cuius arbitratu fiat”.
di un terzo per determinare la partecipazione alle perdite e agli utili, nel quale, con l'espressione “arbitrorum enim genera sunt duo (...)”, secondo la maggioranza degli interpreti41, Xxxxxxx distingue due tipologie di arbitraggio e cioè l'arbitrium boni viri (nel quale la determinazione dev'essere assunta rispettando rigorosamente i parametri dell'equità) e l'arbitrium merum, in cui le parti, in ragione della fiducia riposta nel terzo, si rimettono ad una decisione lasciata al suo mero arbitrio42. In caso di dubbio sulla scelta in ordine alla modalità di arbitrio, l'attività del terzo è da intendersi con arbitrio boni viri. Secondo un filone minoritario43, invece, il binomio riguarderebbe l'arbitraggio, da un lato, e l'arbitrato, dall'altro.
Inoltre Xxxxx rileva che nella visione proculiana si contrappone il compromisso ad arbitrum all'arbitrium boni viri. In quest'ultimo la determinazione sarebbe sindacabile se manifestamente iniqua, mentre nel primo la decisione risulterebbe vincolante in ogni caso.
Con una Costituzione del 53144 Xxxxxxxxxxx stabilì la validità della clausola della determinazione del prezzo da parte del terzo, sempre che egli potesse e volesse procedere a tale compito. Egli estese tale principio, poi, ad altre fattispecie, come quella della determinazione del canone nella locazione, oppure della partecipazione agli utili e alle perdite nel contratto di società.
Sempre in tale costituzione si dispose che la determinazione non era impugnabile – sia che fosse equa sia che fosse iniqua - e che la clausola
41 V. tra gli altri ARANGIO-XXXX, La società in diritto romano, Napoli, 1982, 111 ss.; GALLO, La dottrina di Xxxxxxx e quella di Xxxxx in materia di arbitraggio, in Studi in onore di Xxxxxxxx Xxxxxx, III, Torino, 1970, 479 ss.; GROSSO, Obbligazioni – Contenuto e requisiti della prestazione – Obbligazioni alternative e generiche, Torino, 1966, 99 ss.
42 Tale distinzione dev'essere intesa nel senso che il mero arbitrio sottintende una fiducia delle parti nell'attività del terzi, onde rinunciano alla possibilità di opposrsi al responso; l'arbitrium boni viri, invece, deve condurre ad una determinazione equitativa, altrimenti le parti possono impugnare il responso (cfr. PACCHIONI, Arbitrium merum e arbitrium boni viri, in Riv. dir. comm., 1911, II, 373 ss.; cfr. anche TALAMANCA, Ricerche, cit., 517: “Per l'arbitraggio del terzo, si colgono, nelle fonti, i primi spunti per una differenziazione, ancora attuale (art. 1349 c.c.), fra il mero arbitrio, in cui il terzo può fissare il contenuto della prestazione nel modo che ritenga più opportuno, e l'arbitrium boni viri, in cui è chiamato ad esercitare la sua funzione usando della correttezza della persona perbene, del bonus vir, la quale costituisce un criterio oggettivo, in base a cui l'arbitramento può essere eventualmente sindacato”.
43 Cfr. SCADUTO, Gli arbitratori nel diritto privato, Cortona, 1923; , 517.
44 C. 4. 38. 15. 1.
relativa alla rimessione alla decisione di un terzo dava luogo a condizione sospensiva. In sostanza, nell'ottica di Xxxxxxxxxxx, il risultato dell'arbitraggio doveva essere accettato in ogni caso per via della fiducia riposta dalle parti nel terzo. In tale senso (e contesto) era utilizzata l'espressione arbitrium merum: la determinazione era dovuta e, in sua mancanza, il contratto sarebbe stato nullo45. L'efficacia del contratto era sospensivamente condizionata alla determinazione dell'arbitratore e, laddove egli non avesse espletato l'incarico, il negozio sarebbe stato colpito da nullità46.
Dalla codificazione giustianianea, dunque, si evince un'elaborazione, da un lato, più semplificata e, dall'altro, più approfondita del tema, posto che si eliminò la differenza tra i due modi di determinazione e si operò un ampliamento delle figure negoziali per le quali era ammessa tale forma d'intervento del terzo e, inoltre, si estese l'attività dell'arbitratore alla prestazione in senso generale e non soltanto alla determinazione di specifici beni o valori47.
3. L'esperienza giuridica medievale
Come si è accennato in apertura del precedente paragrafo, al diritto romano, che pure concepiva la figura dell'odierno arbitratore, era estraneo il termine arbitrator. Definizione che, invece, fu coniata in epoca medievale. Ma andiamo con ordine.
La natura negoziale del lodo arbitrale, come delineata dalle fonti romane, caratterizzò anche anche l'arbitrato del periodo altomedievale, nell'ambito del quale spiccava per diffusione e importanza la c.d. espiscopalis audientia48. La matrice di tale forma arbitrale era da
45 SCADUTO, Gli arbitratori, cit., 38 ss.
46 BONIFACIO, voce Arbitro e arbitratore, (dir. rom.), in Noviss. Dig. it., Torino, 1958, I, 927 ss.
47 Per questa breve ricostruzione si vedano, tra gli altri, BOVE, La perizia, cit.; XXXXXXXXX, Arbitraggio e determinazione dell'oggetto del contratto, Napoli, 1996; XXXX XXXXXX, El arbitrio de un tercero en los negocios juridicos, Barcelona, 1957; XXXXXXXXXXXX, L'arbitrato. Profili storici dal diritto romano al diritto medievale e moderno, in L'arbitrato. Profili sostanziali e processuali, Torino, 1999, I, 3 ss.; ZUDDAS, L'arbitraggio, Napoli, 1992, 7 ss.
48 Su cui v., in particolare, VISMARA, Episcopalis audientia, Milano, 1923, passim; PIANO MORTARI, Arbitrato (diritto intermedio), in Enc. dir., II, Milano, 1959, 895; XXXXXXXXXXXX, L'arbitrato, cit., 9-10. Peraltro PUNZI, Disegno, cit., 74 e nota 55, rileva che nel XIV secolo si poté assistere ad un'evoluzione in materia arbitrale, segnata dall'affermazione – con la coincidenza delle stesse condizioni contemplate dalla
individuarsi nella regolamentazione dei procedimenti e delle decisioni affidati ai capi delle comunità cristiane ed ebraiche per la risoluzione di controversie di diritto privato.
In seno alla scuola dei Glossatori bolognesi fu propugnata un'idea di arbitrato in coerenza alle fonti romane.
Sennonché in tale fase storica si venne a delineare una certa confusione tra arbiter e arbitrator, posto che i due termini venivano utilizzati per indicare, prevalentemente, la distinzione tra i moderni arbitro rituale e arbitro libero (o irrituale). Invero, l'arbiter era considerato come colui che decideva una controversia applicando il diritto e in forme processuali, mentre l'arbitrator, che pure era chiamato a risolvere un litigio, decideva ex xxxx et aequo, in funzione di amicabilis compositor. Onde la differenza tra le due figure era non già funzionale, ma soltanto riferita al criterio di giudizio. Inoltre il responso dell'arbitrator era sindacabile se iniquo, mentre quello dell'arbiter era inoppugnabile49.
Il quadro non fu reso più chiaro dai formulari romani-canonistici per i contratti e i giudizi arbitrali, allorché iniziarono a prevedere che pure gli arbitri potessero decidere come amichevoli compositori, con atto impugnabile per iniquità e senza processo. In essi, in particolare, l'arbitro era definito “arbiter, arbitrator, seu amicabilis compositor”50
Non vanno trascurate le mutate esigenze economiche del contesto storico di riferimento. La prassi dei rapporti mercantili richiedeva, invero, la
costituzione giustinianea di cui si è detto - di un compromesso sine poena accanto a quello munito di poena.Tale compromesso nudo pacto si perfezionava con l'incontro delle volontà delle parti e garantiva efficacia al lodo nel caso in cui esso venisse poi accettato espressamente o tacitamente. Dunque, in ogni caso la mera stipulazione del compromesso non vincolava le parti al rispetto della decisione arbitale; era necessaria ex post un'accettazione espressa o tacita di essa.
49 Per questa sintetica ricostruzione cfr., ex multis, BOVE, La perizia, cit., il quale inoltre ricorta un passaggio dello Speculum iudiciale del Durante del 1271, secondo cui l'arbiter giudica applicando il diritto e secondo processo, l'arbitrator giudica secondo equità e senza processo, è amicabilis compositor. La pronuncia di questo è impugnabile per iniquità mentre quella dell'arbiter è sempre vincolante; XXXXXXXXX, Arbitraggio, cit., ove si fa riferimento anche agli Statuti di Fano, 1450, II, p. 49; XXXX XXXXXX, El Arbitrio, cit., il quale rileva che quella tra arbitratore e amichevole compositore è confusione antica che si è mantenuta con oscillazioni nel corso del diritto moderno. In tal senso cita un passaggio di Xxxxx Xxxxxxx, Curia philippica, Madrid, 1783, 434, “sono arbitri quelli che determinano secondo diritto, e arbitratori quelli che lo fanno secondo arbitrio”.
50 Riferimenti ai testi in XXXXXXXXX, Arbitraggio, cit.; cfr. anche BOVE, La perizia, cit., 120.
possibilità di definire una parte, anche piccola, del rapporto contestato, nonché di poter beneficiare di un approccio arbitrale che decidesse amicabiliter et de facto. Si sviluppò così una sorta di giurisdizione speciale mercantile, con tratti via via sempre più di impronta pubblicistica – ne era un segno l'appellabilità delle decisioni – e che si esprimeva mediante un percorso processuale più flessibile di quello fornito dalla giurisdizione ordinaria. Tale maggiore flessibilità decretò la fortuna dell'arbitrator51.
In sostanza, secondo il pensiero medievale l'arbitrator era un particolare tipo di arbiter. Alla fine del XV secolo d. C., all'esito dunque di un significativo processo evolutivo dell'istituto arbitrale, l'arbiter e l'arbitrator rappresentavano due figure preposte alla soluzione delle liti52.
Peraltro, nello stesso tempo, con la scuola dei Commentatori si approfondì la distinzione tra arbiter ed arbitrator e si cominciò ad affermare gradualmente una concezione per così dire giurisdizionale dell'arbitrato. Invero, tale carattere venne dapprima attribuito al lodo reso in sede di arbitrato c.d. necessario53, e poi anche al lodo emesso all'esito di un arbitrato volontario. Tale progressiva equiparazione tra lodo arbitrale e sentenza giudiziale comportò diverse conseguenze, tra le quali, ad esempio, quella per cui l'intervento giurisdizionale in caso d'inosservanza del lodo non si esprimeva riesaminando le ragioni delle parti, ma semplicemente rendendo esecutivo il lodo54.
4. La Pandettistica e le codificazioni
Con la Pandettistica, sviluppatasi in Germania nel XIX secolo, la riflessione intorno alle due figure dell'arbiter e dell'arbitrator ha subito una significativa spinta.
51 PIERGIOVANNI, L'arbitrato, cit., 12.
52 Come ha segnalato XXXXXXX, Arbiter-arbitrator. Forme di giustizia privata nell'età del diritto comune, Napoli, 1984, 111, “sia l'arbiter, sia l'arbitrator decidevano le liti: il primo in base alle norme previste nell'Ordo iudiciarus, il secondo indipendentemente da esse (…) Come si vede la differenza è posta in termini processuali. È la diversa ritualità che caratterizza le due figure e rende immediatamente intellegibili i criteri che informavano la decisione: norma legale o logica equitativa”.
53 Previsto specialmente dal diritto statutario per le controversie familiari, condominiali, tra poveri, poveri e ricchi, privati e notai, maestri e dipendenti, artigiani e operai. Cfr. sul punto XXXXXXXXX, La natura, cit. 28; XXXXXXXXXXXX, L'arbitrato, cit., 12 ss; PUNZI, Disegno, cit. 72.
54 Cfr. XXXXXXXXX, La natura, cit., 27-28.
Invero, in tale contesto sono state riscoperte e rilette le fonti romane, ed è stata affermata la distinzione, per così dire funzionale, tra le due figure, come già sembrava emergere dall'impostazione di Xxxxxxx. Xxxxxxxxxxx00 ha rilevato che l'arbitratore, per le fonti classiche, è colui che ha il compito d'integrare un'incompletezza o un'inesattezza del contratto così come presumibilmente farebbero le parti, quando entrambe s'impegnano ad accettare il punto di vista di un uomo dal pensiero equo e ragionevole.
È stata tracciata così la linea distintiva tra l'atto dell'arbiter e quello dell'arbitrator; la rispettiva efficacia vincolante è data da criteri diversi da quelli enunciati dal Durante. Per la Pandettistica, inoltre, la decisione arbitrale è inoppugnabile, mentre quella dell'arbitratore impugnabile per manifesta iniquità.
Siffatta concezione dell'arbitraggio – con l'arbitrato inteso, in linea di massima, quale mezzo di risoluzione delle controversie (relative a diritti disponibili) alternativo alla giurisdizione, sfociante in un atto idoneo a produrre gli effetti della sentenza del giudice statuale - è stata confermata dai moderni legislatori.
Per quanto concerne i sistemi di civil law, i codici francese, spagnolo e olandese, mentre da un lato prevedono il principio della determinabilità dell'oggetto del contratto, dall'altro contemplano, anziché una figura generale di arbitraggio, casi specifici di rimessione al terzo (ad esempio per la determinazione del prezzo nella compravendita). In realtà, a parte una certa timidezza della giurisprudenza francese, in tali “ambienti” la dottrina ammette comunque la figura generale.
In particolare, nel sistema iberico la norma cardine in parte qua è rappresentata dall'art. 1447, comma 1, del código civil, che ha ad oggetto proprio la fissazione del prezzo nella compravendita con ricorso, tra l'altro, all'”arbitrio de persona determinada”56. Non è tuttavia specificato se la
55 Ein Reglement für internationale Schiedsgerichte, in GrünhutsZ, 1875.
56 Vi sono poi altre fattispecie potenzialmente declinabili nei termini dell'arbitraggio, sparse tra codigo civil e codigo de comercio. Invero, nel sistema spagnolo il rapporto tra arbitrato e arbitraggio è stato oggetto di diversi studi, nell'ambito dei quali è emerso anche l'interesse per la giurisprudenza e la dottrina iberica per la “pericia dirimente” (o simili), e cioè per la figura da noi conosciuta come perizia contrattuale. Tale interesse quasi sempre si è manifestato proprio in sede di analisi del rapporto e della differenze tra arbitraje e arbitrio del tercero. Di tali interessanti spunti daremo conto in maniera più approfondita in apposita sede del presente lavoro.
disciplina debba distinguersi, soprattutto in punto d'impugnabilità, a seconda del criterio usato.
La fattispecie generale di arbitraggio, come meccanismo di completamento del contenuto negoziale, è compiutamente regolata dal BGB tedesco, precisamente ai paragrafi 317-31957.
Pure il codice civile italiano del 1942 ha optato per la figura generale (art. 1349) – salvo alcuni specifici divieti di applicazione dell'istituto -, declinabile nelle forme dell'arbitraggio con equo apprezzamento ovvero con mero arbitrio, con diversa sorte della determinazione a seconda del criterio utilizzato58.
Nei sistemi di common law è contemplato il principio della determinabilità, anche con ricorso all'arbitratore, dell'oggetto del contratto, nella prospettiva di una rimessione volta sia ad integrare una lacuna (filling gap) sia a valutare/quantificare la prestazione (valuation). Tale strumento è nel sistema anglosassone molto usato per adeguare i rapporti di durata alle mutate condizioni (per es. per la determinazione di una nuova entità del canone di locazione)59.
57 Anche alle riflessioni della dottrina tedesca, prima e dopo l'avvento del BGB, sarà dato più ampio spazio nel prosieguo di questo scritto, data l'importanza che esse hanno rivestito, anche per gli studiosi italiani, con riguardo alla ricostruzione della figura della perizia arbitrale (o contrattuale), nel quadro del rapporto tra arbitrato e arbitraggio.
58 Invero, accanto alla fattispecie generale, il legislatore italiano ha anche disciplinato casi specifici di intervento del terzo arbitratore, tra i quali spicca senz'altro l'ipotesi delle determinazione del prezzo nella compravendita ex art. 1474, comma 3, c.c. Solo da figure specifiche era costituita la disciplina in materia di arbitraggio del codice civile del 1865 (pure qua, ad es., la determinazione del prezzo nella compravendita). Tuttavia la giurisprudenza e la dottrina già ammettevano l'ipotesi generale della determinabilità da parte del terzo dell'oggetto negoziale.
59 Per tutta questa ricostruzione e per la breve panoramica sulle codificazioni in punto di arbitraggio, v., tra gli altri, XXXXXXXXX, Arbitraggio, cit.; ZUDDAS, L'arbitraggio, cit., 12 ss.
CAPITOLO II
PRIMI TENTATIVI RICOSTRUTTIVI E SPUNTI COMPARATISTICI
SOMMARIO: 1. Introduzione: premesse storico-sistematiche: 1.1. La Schiedsgutachten nell'esperienza giuridica tedesca; 1.2. La dimensione storica dell'arbitrato irrtuale. - 2. Xxxxx rassegna delle tesi in ordine alla perizia contrattuale: 2.1. Perizia contrattuale come arbitraggio; 2.2. Perizia contrattuale come fenomeno arbitrale;
2.3. Perizia contrattuale tra arbitrato e arbitraggio; 2.4. L'autonomia della perizia contrattuale. - 3. Istituti affini nell'esperienza giuridica di altri ordinamenti: 3.1. Il bindend advies olandese; 3.2. L'expertise irrevocable belga; 3.3. L'expertise irrevocable ou obbligatoire francese; 3.4. La Schiedsgutachten nei sistemi germanici; 3.5. I sistemi di common law. - 4. Conclusioni.
1. Introduzione: premesse storico-sistematiche
Dato conto, molto brevemente, della dimensione (e dell'evoluzione) storica dell'arbitrato e dell'arbitraggio, con il presente capitolo s'inizia ad affrontare il problema della ricostruzione, in chiave moderna, della perizia contrattuale.
A tale scopo sarà necessario prendere in esame le varie impostazioni, più o meno recenti, che si sono occupate della questione, le quali in un modo o nell'altro, come si è accennato in apertura del presente lavoro, hanno sempre studiato l'istituto della perizia affiancandolo vuoi all'arbitraggio, vuoi all'arbitrato, vuoi a entrambi.
Inoltre si reputa non secondario fornire una breve panoramica storico- comparatistica, che possa condurci ad individuare, nell'esperienza di altri ordinamenti, figure affini alla nostra perizia contrattuale.
Sennonché in questa fase (ancora) introduttiva non sembra fuori luogo illustrare - come una sorta di premessa storico-sistematica all'analisi delle diverse tesi sulla perizia contrattuale sviluppate, in particolare, nel sistema italiano – i contributi autorevoli della dottrina tedesca di fine '800 e inizio '900; nonché le dinamiche storiche che hanno condotto al riconoscimento ufficiale dell'arbitrato c.d. irrituale (o libero).
Tale premessa consente: da un lato, e in via preliminare, di comprendere le ragioni della difficoltà, per così dire, d'inquadramento della perizia contrattuale (o arbitrale); dall'altro, di far emergere significativi punti di partenza per un successivo tentativo di ricostruzione del fenomeno,
precipuamente nell'ambito del sistema italiano.
Si tratta, peraltro, di profili e spunti che possono essere letti nel contesto dell'evoluzione storica trattata nel capitolo precedente. È d'altro canto preferibile collocarne la breve analisi in questa sede poiché, a nostro sommesso avviso, contengono quelli che possono essere definiti gli antecedenti concettuali e sistematici più prossimi alle elaborazioni più recenti, da cui è poi necessario muovere per la ricostruzione oggetto della presente ricerca.
1.1. La Schiedsgutachten nell'esperienza giuridica tedesca60
La dottrina tedesca dello Schiedsgutachter (arbitrator o perito arbitrale) è quella che studia i casi in cui le parti affidano ad un terzo “la soluzione di una o più questioni o, più genericamente, di un problema attinente ad un loro rapporto giuridico, problema che il terzo risolve in modo vincolante per le parti stesse, ma senza essere un arbitro”61.
Una questione problematica, che ha impegnato notevolmente i giuristi tedeschi tra il XIX e il XX secolo, è quella attinente al rapporto tra Schiedsgutachter e arbiter (schiedrichter).
Prima dell'avvento del BGB (XIX secolo), sulla scia di quanto si affermava nel diritto romano, l'arbitrator era considerato un terzo che in qualche modo interveniva nella formazione di rapporti contrattuali. L'idea di fondo era che se l'arbiter decide una controversia in luogo del giudice, l'arbitrator opera sul piano sostanziale, determinando i rapporti giuridici tra le parti.
Invero, occorre tener conto che la speculazione degli autori tedeschi in materia di arbitraggio (Schiedsgutachten) partiva dalla considerazione di alcuni fenomeni, riscontrabili nella prassi, che non si manifestavano con un'attività di completamento contrattuale.
In siffatto contesto compare un'opera del Weismann62. Tale autore –
60 Nella sua opera monografica già citata, XXXX dedica un apposito capitolo allo studio della Schiedsgutachten nell'esperienza tedesca. Non è ovviamente questa la sede per una riproposizione delle varie tesi propugnate dagli autori tedeschi con l'approccio analitico dell'Autore citato. Peraltro tale analisi costituisce senz'altro la fonte principale della breve ricostruzione che si va a proporre.
61 Così BOVE, La perizia, cit., 39.
62 XXXXXXXX, Das Schiedsgutachten, 1888.
che pure ricorda che secondo l'opinione più diffusa al suo tempo l'arbiter risolve e decide controversie giuridiche, mentre l'arbitrator fissa un punto che le parti, nella formazione o nell'esecuzione di un contratto, hanno lasciato aperto proprio per farlo completare dal terzo63 - ritiene che l'attività dello schiedsgutachter non possa essere ristretta alla determinazione della prestazione negoziale, perché essa può venire in gioco anche quando tale determinazione è già fatta dalle parti, ad esempio allorché si tratta solo di valutare la bontà di un lavoro compiuto. E tale funzione può essere espletata anche in assenza di un contratto: se un soggetto deve risarcire un altro, le parti possono chiedere all'arbitratore la determinazione del danno.
Insomma, se il campo d'intervento dello schiedsgutachter è più ampio della mera determinazione dell'oggetto del contratto, esso serve comunque a specificare un rapporto giuridico, contrattuale o meno. La fattispecie trova per così dire la sua base in un accordo dispositivo di matrice sostanziale (schiedsgutachtenvertrag).
Come si è già segnalato, il BGB poi ha accolto la concezione più ristretta di arbitraggio, limitando la fattispecie all'ipotesi dell'incarico dato dalle parti al terzo per la determinazione della prestazione da esse, per dir così, lasciata vuota.
Un'altra idea da considerare è quella di Kisch64, per il quale - guardando, in particolare, all'attività del terzo incaricato di accertare singoli elementi relativi all'esistenza o al modo di essere di pretese derivanti da contratti di assicurazione - la funzione dello schiedsgutachter è di accertamento di un fatto rilevante per l'esistenza o il modo di essere di una pretesa giuridica65.
Tuttavia anche per tale autore la matrice del fenomeno è sostanziale. In tale ottica, l'obbligo risarcitorio in assenza dell'opera del terzo (intesa anche come perizia arbitrale) non è sorto; la perizia è il presupposto per la nascita della pretesa, ponendosi come una sorta di termine o condizione. Per questa via, non siamo in mancanza della prova di un fatto, ma proprio
63 In tal senso cfr. anche XXXXX, Commentario alle Pandette, III, Milano 1888, 272-273.
00 XXXXX, Xxx xxxxxxxxxxx xx Xxxxxxxxxxxxxxxxxx, Xxxxxxxx, Xxxxxxx, Lipsia, 1924, opera peraltro apparsa dopo l'entrata in vigore del BGB.
65 Invero al perito si può anche chiedere la soluzione di una questione giuridica.
nell'inesistenza (momentanea) di un presupposto per la nascita dell'obbligo.
Xxxxxxxx e Xxxxx sostengono, dunque, un'idea “sostanziale” della figura del perito arbitrale per così dire mutuata dallo schiedsgutachter. Tuttavia il primo, a differenza del secondo, appare più propenso a non escludere l'applicabilità di alcune norme processuali dettate in materia di arbitrato (per ciò che attiene, ad esempio, alla nomina, imparzialità e ricusazione).
La scelta operata dal BGB ha fatto sì che progressivamente venisse messa in discussione l'unitarietà del fenomeno peritale, posto che, optando per una fattispecie di arbitraggio in funzione di completamento del contenuto contrattuale, ha condotto all'esclusione dei casi “storicamente” riportati nell'ambito della perizia, pur sempre vivi nei traffici giuridici.
In realtà, a livello giurisprudenziale si è tentato di far convivere all'interno della fattispecie delineata ai paragrafi 317-319 del BGB le diverse manifestazioni di Schiedsgutachten conosciute dalla prassi. Da questo punto di vista, dev'essere ricordata la fondamentale decisione del Reichsgericht del
23 maggio del 1919, la quale ha ricondotto all'attività dello
schiedsgutachter:
- la determinazione della prestazione espressamente prevista dal
BGB;
- la concretizzazione di un elemento previsto solo in astratto (ad
esempio: il prezzo di mercato) in ragione della mancanza di specifiche conoscenza. In questo caso, peraltro, l'attività è non già determinativa ma accertativa, e si può applicare analogicamente il BGB, considerando che l'inefficacia del responso si ha non con la manifesta iniquità ma con l'erroneità manifesta;
- l'accertamento vincolante di uno o più elementi rilevanti per la sussistenza o il modo di essere di una pretesa giuridica (si tratta dei casi classici degli arbitrati sulle qualità e delle clausole in materia assicurativa per la determinazione, ad esempio, del quantum). Anche per questa ipotesi è affermata l'applicabilità analogica del BGB, con rilievo della manifesta erroneità del responso.
Pertanto, allineandosi alla dottrina antecedente il BGB, la Corte tedesca, in tale pronuncia, ha riconosciuto che la Schiedsgutachten dà luogo ad attività diverse ma è fenomeno unitario, sottoposto alla medesima
disciplina.
È la dottrina, al contrario, ad approfondire la distinzione tra le diverse realtà.
Secondo Xxxxxxx00 l'attività dello schiedsgutachter è ben circoscritta dal BGB, onde allorché il perito accerta elementi tecnici rilevanti per l'esistenza delle pretesa giuridica opera come arbitro, non certo come arbitratore.
Altri autori, sempre proponendo una visione contraria all'impostazione giurisprudenziale che confonde nella stessa figura schiedsgutachter e arbitrator, hanno sviluppato una riflessione che pone in relazione il fenomeno peritale con i negozi processuali.
Così, Xxxxxx00 ha affermato l'ammissibilità - nel campo del diritto processuale dispositivo e in ordine a controversie su diritti disponibili - di contratti processuali non espressamente disciplinati, quali ad esempio i contratti probatori. Essi possono vincolare il giudice rispetto all'accertamento di un certo fatto, con salvezza o meno della prova contraria. In questo senso è ammissibile ad esempio il contratto confessorio; del resto, se in caso di controversie relative a diritti disponibili le parti possono “rinunciare” alla prova del fatto con la mancata contestazione di esso, lo stesso effetto può essere prodotto con un contratto che fissa il fatto. Dunque l'autore ha qualificato la perizia, che per lui ha lo scopo di accertare un fatto rilevante in un rapporto giuridico preesistente, in termini di contratto probatorio; un contratto di fissazione di un fatto. In tale ottica il patto peritale comporta il rigetto in rito della domanda eventualmente proposta
prima dell'espletamento della perizia.
Anche per Xxxxxxxxxxxx00 un contratto che produce effetti che incidono sul processo è ammissibile tutte le volte in cui si ha a che fare con norme processuali dispositive. La perizia arbitrale fa parte dei negozi probatori; con essa si ottiene la fissazione di fatti o di presunzioni, ovvero l'esclusione dell'uso di alcuni mezzi di prova. Il contratto confessorio rende vincolante il fatto, non ammettendo nel processo la sua contestazione.
66 XXXXXXX, System des deutschen zivilprozesrechts, II, Lipsia, 1919, passim.
67 XXXXXX, Beweisvertrage, ZZP, (54), 1929, 409 ss.
68 SCHIEDERMAIR, Xxxxxxxxxxxxxx xx Xxxxxxxxxxx, Xxxx, 0000.
Il patto peritale, dunque, non ha matrice sostanziale, giacché non condiziona la nascita della pretesa giuridica. Il terzo incaricato dalle parti accerta un fatto rilevante per la pretesa; si delinea così una sorta di via di mezzo tra contratto confessorio e contratto di arbitrato.
Un altro autore69, invece, ha segnalato che con la Schiedsgutachten si individuano, in realtà, fenomeni diversi.
Le parti, in effetti, possono chiedere l'intervento del terzo per l'integrazione del negozio non ancora completo (e si tratta, in tal caso, dell'ipotesi espressamente contemplata dal BGB); inoltre è riconducibile a tale schema anche il caso dell'attività peritale prevista dalle c.d. clausole di adeguamento (laddove a seguito dell'opera del terzo si va a costituire un nuovo rapporto in base a rapporto pregresso).
Ma le parti possono anche dare l'incarico al terzo di concretizzare un elemento indicato in astratto (per esempio il prezzo di mercato, oppure il canone adeguato). Posto che in questo caso il rapporto è perfezionato, l'attività richiesta allo schiedsgutachter ha natura accertativa/dichiarativa. E siffatta natura sussiste anche allorché al perito è chiesto di accertare, con responso vincolante, un elemento della fattispecie di un rapporto preesistente. In questa ipotesi si assiste all'affidamento al terzo di un pezzo della controversia - il quale non potrebbe essere assegnato al giudice o all'arbitro - ed entra in gioco un istituto processuale, mentre la Schiedsgutachten nella forma costitutiva integra un fenomeno che si esprime sul piano sostanziale. Tuttavia, come previsto dal BGB, anche la perizia dichiarativa può essere sindacata dal giudice, in particolare per manifesta erroneità.
La tesi propugnata da Habscheid ha costituito la base per ulteriori riflessioni. Senza il venir meno di impostazioni tese a ricondurre il fenomeno peritale nel quadro dei contratti processuali/probatori, una parte della dottrina tedesca è giunta a considerare la Schiedsgutachten dichiarativa come la perizia in senso stretto, e cioè la vera e propria perizia arbitrale.
Per una parte degli interpreti tedeschi, dunque, la perizia è un arbitrato parziale, nel senso che l'arbitro decide la controversia nel suo complesso,
69 HABSCHEID, Das Schiedsgutachten, in Festschrift fur Xxxxxxx, II, Berlin, 1956, passim; ed altri scritti, puntualmente indicati da XXXXXXXXX, La natura, cit., 11, nota 9.
mentre il perito accerta solo un pezzo di essa.
Ad ogni modo, il dato interessante è che si è corroborata vieppiù l'idea della matrice processuale dell'istituto. Sennonché è con riferimento alla disciplina applicabile (per esempio: norme applicabili; rapporto con l'eventuale processo instaurato dinanzi al giudice statuale, e così via) che risultano ancora evidenti discordanze.
Sono state allora proposte teorie, per così dire, intermedie, nell'ambito delle quali può essere ricordata quella di Xxxxxxxx00, secondo il quale, ad onta della configurazione della Schiedsgurachten adottata dal BGB, non sono venuti meno gli altri fenomeni coniati dalla prassi e ricondotti storicamente alla stessa figura. Così, la perizia arbitrale può essere integrativa/costitutiva (come anche nel caso della modifica dei rapporti contrattuali di durata nell'ambito della clausole di adeguamento, ove emerge anche una funzione accertativa, ma senz'altro prevale quella modificativa); ovvero dichiarativa, nelle due forme già descritte sopra.
In quest'ultimo caso il terzo può accertare un fatto ma anche una questione giuridica concreta, e viene a configurarsi un fenomeno a metà tra realtà sostanziale e realtà processuale: l'efficacia vincolante della perizia, infatti, ha matrice sostanziale, mentre il patto che fonda il meccanismo produce un effetto processuale prima che la perizia sia eseguita.
Secondo siffatta impostazione, non è possibile fare ricorso allo schema del contratto confessorio, poiché con esso si possono fissare solo fatti. Inoltre tale negozio ha senso nella prospettiva di un processo, mentre la perizia opera prima e indipendentemente da esso.
L'autore cerca di tracciare un sentiero unitario in punto di disciplina (è ritenuto applicabile, ad esempio, il principio del contraddittorio). In particolare, per ciò che attiene all'eventuale controllo di merito sul responso del terzo, afferma l'applicazione delle norme in materia disposte dal BGB: come la perizia integrativa è inefficace per manifesta iniquità, la perizia dichiarativa è inefficace per manifesta erroneità.
L'indagine della dottrina tedesca si è soffermata anche sulla distinzione tra schiedsgutachter (arbitratore) e schiedsrichter (arbitro), che diviene impresa non semplice in quei casi al terzo è demandata un'attività di
70 XXXXXXXX, Strukur und Grundprobleme des Schiedsgutachtenvertages, 1978
accertamento oppure anche una modificazione giuridica ma pur sempre in relazione ad un rapporto preesistente. In tale prospettiva sono stati formulati alcuni criteri.
Secondo un primo criterio, occorre guardare alla natura del compito del terzo. Con riferimento alla perizia dichiarativa, va rilevato che essa decide un pezzo della controversia giuridica, mentre con l'arbitrato si vuole giungere alla soluzione della controversia complessiva. In linea di massima, dunque, secondo questa idea nell'ipotesi delle clausole di adeguamento si ha sempre perizia integrativa e non già arbitrato.
Sulla base di un secondo criterio, occorre far leva sulla volontà delle parti. Il perito arbitrale/arbitratore e l'arbitro possono, invero, espletare la stessa funzione, onde per distinguere occorre guardare alla volontà delle parti circa la disciplina da seguire.
Xxx Xxxxxxxx la sovrapposizione tra perito e arbitro può essere configurabile, posto che all'arbitro può essere richiesta la stessa attività di un perito e non viceversa. Xxxxxx si tratterebbe di vedere se le parti hanno voluto un responso sindacabile per la manifesta iniquità/erroneità ovvero hanno voluto un atto non sindacabile.
Su questa stessa linea d'indirizzo si è posto anche Habscheid, anche se con un'idea di partenza opposta, nel senso che per quest'ultimo autore è il perito a poter svolgere la funzione dell'arbitro e non viceversa. Il perito può accertare una questione giuridica, dunque può occuparsi anche della controversia, con la differenza che il suo responso è sindacabile. L'arbitro, invece, non può né accertare mere questioni, né integrare contratti. Nel caso della modificazione giuridica (ad esempio: clausole di adeguamento) i compiti possono sovrapporsi e ciò dipende dalla volontà delle parti. Insomma, se al terzo è demandata un'attività di tipo costitutivo egli è sempre arbitrator, se invece entra in scena un'opera di modificazione giuridica può trattarsi di arbitrator o arbiter a seconda della volontà delle parti sul regime del responso.
Xxxxxxxx peraltro ha affermato che nella prassi la figura dell'arbitrator era diventata qualcosa di più complesso, giacché non interveniva solo nell'integrazione di un rapporto giuridico ma anche nella fissazione di un fatto o di un elemento della fattispecie di un rapporto giuridico preesistente.
Così ha cominciato a prendere quota l'idea secondo la quale la differenza tra arbiter e arbitrator sta fondamentalmente nell'oggetto dell'attività del terzo, in quanto il primo accerta un rapporto, il secondo risolve solo una questione attinente ad esso.
Tale idea non è stata però accolta da Xxxxxxxx. A suo avviso, in disaccordo con la dottrina maggioritaria, per l'arbitrato non sussistono i limiti oggettivi che valgono per il processo statuale: qui, infatti, in ragione di esigenze pubblicistiche di economia processuale, la domanda giudiziale deve contemplare un oggetto minimo (ex art. 256 ZPO). Onde il potere di accertamento dell'arbitro ha la stessa ampiezza di quello del perito. Ma anche il perito può accertare quello che normalmente accerta un arbitro, e cioè il rapporto nel suo complesso.
Sicché il discrimine tra arbiter ed arbitrator non starebbe nella funzione espletata. Il solo criterio valido per distinguere sarebbe dato dalla disciplina del responso: così, mentre il lodo è sempre vincolante, la perizia lo è fino al limite della manifesta iniquità/erroneità. La scelta per l'uno o l'altro regime è fatta dalle parti.
Infine, secondo un terzo criterio che potrebbe essere definito misto, posto che l'arbitro può svolgere solo un'attività equipollente a quella giudiziale, quando al terzo è chiesta la soluzione solo di una questione rilevante ai fini della pretesa si è dinanzi ad una perizia arbitrale; se invece l'accertamento richiesto ha ad oggetto l'intera pretesa, si è difronte ad un arbitrato.
Nel campo della modificazione giuridica (ad esempio: clausole di adeguamento) può delinearsi l'attività sia di un arbitrator sia di un arbitro, poiché si tratta bensì di modificare ma pur sempre in relazione ad un rapporto preesistente. La scelta del regime è rimessa alle parti.
Come si è potuto verificare l'esperienza tedesca ha prodotto un materiale vario e copioso - di cui in questa sede non si è potuto far altro che proporre una breve rassegna – i cui risultati, tuttavia, sono stati considerati piuttosto incerti71, nel senso che non sono riusciti a fornire una ricostruzione unitaria e appagante del fenomeno pratico, denominato perizia arbitrale, non
71 BOVE, La perizia, cit., 126 ss.
espressamente regolato dai codici72.
1.2. La dimensione storica dell'arbitrato irrituale
Dopo aver illustrati i passaggi a nostro avviso più interessanti delle riflessioni degli autori tedeschi, dunque dopo aver compreso quanto il “problema” della perizia contrattuale sia complesso, occorre completare questa lunga premessa con un altro elemento, del quale tener conto per meglio aver chiaro il quadro entro cui collocare il nostro studio.
Si tratta di quell'istituto definito arbitrato libero o irrituale, per distinguerlo dall'arbitrato regolato espressamente nel codice processuale73.
Com'è noto, nel nostro ordinamento il riconoscimento ufficiale dell'arbitrato libero si è avuto con una famosa sentenza della Corte di cassazione di Torino del 27 dicembre 190474, la quale, ponendo a base del suo ragionamento il principio di autonomia privata, ebbe a dichiarare la validità ed efficacia di una forma di arbitrato non espressamente contemplato dalla legge processuale. Secondo la Corte, dato che il codice di procedura civile non prende(va) in considerazione ipotesi di soluzione amichevole delle controversie, essendo esse rimesse alla libera volontà delle parti, deve riconoscersi a queste ultime la possibilità di far risolvere la lite da un terzo da esse scelto, obbligandosi ad accettare la di lui soluzione come fosse stabilita convenzionalmente da loro.
Viene così a configurarsi un modalità arbitrale che conduce ad un responso con valore negoziale75.
Il dibattito suscitato da tale sentenza, tuttora non sopito, si è mostrato
72 Per uno più dettagliato e approfondito della dottrina tedesca x. XXXX, La perizia, cit., 39 ss. dal quale, come si è detto, si è tratto spunto; v. anche XXXXXXXXX, Arbitraggio, cit., passim.
73 Avremo modo più volte nel prosieguo di trattare dell'arbitrato libero. In questa sede introduttiva è nostro interesse semplicemente illustrare l'origine e la portata non solo italiana del fenomeno, così da delineare in maniera più completa il panorama degli istituti di riferimento a cui collegare, in un modo o nell'altro, la perizia contrattuale.
74 In Riv. dir. comm., 1905, II, 45, con nota di XXXXXXXX, Dei compromessi e lodi stabiliti fra industriali come vincolativi dei loro rapporti ma non esecutivi nel senso e nelle forme dei giudizi.
75 Si è detto che, soffermando l'attenzione sul dato giuridico relativo alla dimensione negoziale del lodo, l'arbitrato irrituale rispecchia la concezione che dell'arbitrato era emersa nel diritto romano. V. in tal senso BONFANTE, Dei compromessi, cit., 45 ss.; v. anche la ricostruzione di XXXXXXXXX, La natura, cit., 14-15.
estremamente acceso76. In effetti, soprattutto a partire dal giudicato torinese, la riflessione intorno alla c.d. natura dell'arbitrato libero e alla distinzione dall'arbitrato rituale ha impegnato (e impegna) giurisprudenza e dottrina costantemente, e sovente si è affermato che tale impegno per così dire speculativo ha coinvolto, in realtà, solo gli interpreti italiani77.
Invero, il fenomeno dell'arbitrato irrituale era conosciuto nella pratica già dal XIX secolo78 e, inoltre, tracce che riportano a tale istituto possono essere rinvenute anche in esperienze esterne all'ordinamento italiano79.
Come si è visto nel paragrafo precedente, ad esempio, secondo Habscheid dalle norme del BGB in materia di arbitraggio è possibile ricavare la presenza anche di una perizia arbitrale con funzione accertativa/dichiarativa. Inoltre l'attività del perito ben potrebbe avere ad oggetto il rapporto giuridico controverso nel suo complesso; in tal caso il terzo giunge a regolare il rapporto con un responso che però non produce gli effetti di una
sentenza arbitrale.
In ragione di siffatta impostazione si è sostenuto che la figura del perito arbitrale tedesco corrisponde a quello dell'arbitro libero italiano80.
Vanno poi segnalati uno scritto di Xxxxxx00 nel quale l'autore elvetico ricorda che la prassi di un arbitrato per così dire negoziale, giuridicamente
76 V. per una sintesi di esso BOVE, Note in tema di arbitrato libero, in Riv. dir. proc., 1999, 688 ss.; v. anche Id., Sub art. 808 ter, in La nuova disciplina dell'arbitrato, a cura di XXXXXXXX, Padova, 2010, 65 ss.; cfr. anche XXXXXXXXX, La natura, cit., 7 ss.
77 Ma v. i rilievi critici sul punto di XXXXXXXXX, La natura, cit., 10 ss.
78 Cfr. la ricostruzione di XXXXXXXXX, La natura, cit., 7 ss. e note a pag 8. L'Autore segnala la diffusione dell'arbitrato libero soprattutto nella prassi delle Camere di Commercio, e rileva che, peraltro, la dottrina antecedente al giudicato torinese aveva trattato del fenomeno in parola di sfuggita, con riferimento soprattutto alla pratica del
x.x. xxxxxxxxxxx (su quest'ultimo istituto v. infra, cap. IV, par. 6).
79 In questi brevi passaggi, ripercorsi come premesse generali alla nostra ricerca, ci limiteremo a segnalare alcuni spunti relativi all'esistenza di fenomeni riconducibili, in qualche modo, all'arbitrato libero in altri ordinamenti. Più avanti nel lavoro, proprio in ragione dell'importanza del tema in vista di una ricostruzione attuale della perizia contrattuale, ci dedicheremo più analiticamente ad un'indagine comparativa; per forza di cose vedremo che tale investigazione avrà ad oggetto, non soltanto fenomeno accostabili alla perizia contrattuale tout court, ma anche l'arbitrato, dunque pure (se non soprattutto) l'arbitrato libero.
80 VECCHIONE, L'arbitrato nel sistema del processo civile, Milano, 1971, 187-188; cfr. più in generale i rilievi di XXXXXXXXX, La natura, cit., 11 e note 9,10 e 11.
81 Zum obligationemrechtlichen Schiedsverfahrem in schweizerischen Recht, Basel, 1968,
passim.
legittimato dal diritto delle obbligazioni, era conosciuta, non solo nel sistema olandese82, ma anche in quello svizzero; ed uno di Kassis83, ove si evidenzia come le caratteristiche peculiari dell'arbitrato irrituale italiano siano rinvenibili in fenomeni, variamente denominati, presenti in altri sistemi (Schiedsgutachten nell'esperienza tedesca ed elvetica; expertise irrevocable ou obligatorie ou amiable ou conventionelle nel sistema franco- belga; bindend advies in Olanda; valuation o certification negli ambienti di common law). Qui, pur nella varietà delle forme, entra in gioco sempre una modalità di soluzione della controversia mediante un atto negoziale, diverso, quanto a natura ed efficacia, dall'atto conclusivo dell'arbitrato regolato dalla legge processuale.
Si è lamentato che tali spunti, peraltro, non siano stati sufficientemente valorizzati; anche in Italia, per lo più, si è continuato ad affermare l'esclusività nel nostro paese dell'esperienza dell'arbitrato libero84.
Ad ogni modo, proprio nel nostro ordinamento l'arbitrato irrituale è, a seguito dell'ultima riforma della disciplina dell'arbitrato, intervenuta con il D.lgs 2 febbraio 2006, n. 40, espressamente regolato dal codice processuale (art. 808 ter).
Salvo approfondire nelle apposite sedi del presente lavoro, è possibile anticipare che in esso, ad oggi, sono contemplate due modalità di arbitrato: quella rituale, che si conclude con un atto equipollente alla sentenza giudiziale (art. 824 bis c.p.c.); quella irrituale, il cui esito consiste nella emanazione di una “determinazione contrattuale” (art. 808 ter, comma 1, c.p.c.).
2. Xxxxx rassegna delle tesi in ordine alla perizia contrattuale
Ripresi a mente i casi elencati nell'introduzione generale del presente scritto come ipotesi (pratiche) di perizia contrattuale, occorre adesso ripercorrere, sia pur brevemente, le varie tesi aventi ad oggetto proprio la
82 Si approfondirà, come detto, più avanti; basti qui anticipare che nell'ordinamento olandese l'arbitrato libero è conosciuto da diversi decenni in termini di bindend advies, ed il relativo fondamento giuridico è stato individuato nell'autonomia negoziale dei privati.
83 Problèmes de base de l'arbitrage en droit comparé et en droit international, I, Arbitrage juridictionnel et arbitrage contractuel, Xxxxx, 0000, 65 ss.
84 Cfr. pure in parte qua i rilievi critici di XXXXXXXXX, La natura, cit., 13.
definizione del fenomeno oggetto del nostro studio.
La riproposizione di tali argomentazioni, oltre che in ragione dell'autorevolezza delle fonti da cui sovente provengono, risulta fondamentale per completare il quadro degli elementi da cui muovere per poi avviare la nostra indagine in termini concreti, nella prospettiva di giungere, infine, alla soluzione (a nostro avviso) preferibile.
2.1. Perizia contrattuale come arbitraggio
Secondo una parte della dottrina, la perizia contrattuale non gode di una propria “legittimazione” giuridica autonoma.
Invero, secondo una prima ricostruzione, essa è una particolare forma di arbitraggio, in quanto interviene allo scopo di colmare una lacuna contrattuale, ossia a determinare un elemento di un contratto già perfezionato ma, per l’appunto, incompleto.
Salvo poi analizzare più dettagliatamente la relazione intercorrente tra la perizia e l'arbitraggio, ci limitiamo in questa sede a ricordare che, ai sensi dell'art. 1349 c.c., “se la determinazione della prestazione dedotta in contratto è deferita a un terzo e non risulta che le parti vollero rimettersi al suo mero arbitrio, il terzo deve procedere con equo apprezzamento. Se manca la determinazione del terzo o se questa è manifestamente iniqua o erronea, la determinazione è fatta dal giudice” (comma 1); inoltre, “la determinazione rimessa al mero arbitrio del terzo non si può impugnare se non provando la sua mala fede. Se manca la determinazione del terzo e le parti non si accordano per sostituirlo, il contratto è nullo” (comma 2).
La fattispecie delineata dalla norma testé citata integra un'applicazione del principio di determinabilità della prestazione contrattuale. Con la clausola di arbitraggio le parti deferiscono a terzi tale determinazione, la quale diviene vincolante in quanto è da esse fatta propria.
La norma è stata ritenuta applicabile, salvo deroga espressa, oltre che ad ogni tipo di contratto, alla più ampia categoria del negozio giuridico; inoltre essa è riferibile non soltanto alla determinazione della prestazione, ma anche ad ogni elemento del contenuto contrattuale lasciato “vuoto” dalle parti85
85 Cfr. CATRICALA', voce <<Arbitraggio>>, in Enc. Giur., 1988, 1 ss. ; ad ogni modo, come anticipato, ci occuperemo anche più avanti dell'arbitraggio. Qui ci limitiamo a
Rispetto all’arbitraggio, per così dire, tout court, la perizia contrattuale recherebbe con sé la peculiarità della natura necessariamente tecnica dell’accertamento posto alla base della determinazione del terzo perito- arbitratore86. Per questa via, pertanto, la perizia costituirebbe un fenomeno di diritto sostanziale.
Peraltro, in quest’ottica, la perizia contrattuale è declinabile, almeno secondo le elaborazioni più approfondite, in due modi: da un primo punto di vista, come arbitraggio nel contratto di accertamento ove l’attività del perito-arbitratore ha ad oggetto l’elemento tecnico/di fatto oggetto di contrasto (delineandosi un contratto di accertamento di un fatto87); da altro punto di vista, come necessario sviluppo, in termini di arbitraggio, del contratto base, onde il rapporto costituito dal negozio originario non è completo sino allo svolgimento della perizia88. In quest'ultimo ordine d'idee, pertanto, nel caso dell'incarico conferito per la determinazione del quantum risarcitorio, il responso del perito va ad integrare la volontà contrattuale già manifestata nel contratto di assicurazione.
2.2. Perizia contrattuale come fenomeno arbitrale89
Alcuni autori sostengono l'assimilazione della perizia contrattuale all'arbitrato (rituale90 ovvero irrituale91).
ricordare, tra gli altri, alcuni studi fondamentali in materia: XXXXXXXXX, Arbitraggio, cit.; ZUDDAS, L'arbitraggio, cit.
86 FAZZALARI, L'arbitrato, cit., 29; VOLPE PUTZOLU, Assicurazione, clausola arbitrale e clausola peritale, in Riv. arb., 1996, 623 ss.; in passato tale ricostruzione è stata fatta propria da ASCARELLI, I c.d. collegi arbitrali per l'accertamento del danno nell'assicurazione infortuni, in Assicurazioni, 1936, II; SCADUTO, Gli arbitratori nel diritto privato, Cortona, 1923.
00 Xxx. XXXX, Xx perizia arbitrale, cit., 14 ss., ove illustra la tesi, nel senso riportato nel testo, di XXXXXXXXX, con i relativi richiami in nota. Per quanto riguarda la dottrina tedesca concorde rispetto a tale ricostruzione, l'Autore citato nel testo dà conto, approfonditamente, delle tesi di XXXXXXX (pp. 88 e ss., con relative note) e di XXXXXX (pp. 103 e ss. e note ivi contenute).
88 Cfr. la ricostruzione in BOVE, La perizia arbitrale, cit., e i richiami a SCADUTO e a XXXXX (pp. 10 e ss. e note 27-28).
89 Anche, e soprattutto, il rapporto tra la perizia e l'arbitrato verrà approndito più avanti, nel capitolo IV. Per ora, anche con riferimento a tale profilo, ci limitiamo a brevissimi cenni, volti solo a dar conto della lettura propugnata in parte qua.
90 È la soluzione a cui giunge, ad esempio, BOVE, La perizia, cit., all'esito della sua interessante e molto approfondita indagine. Ad ogni modo non sembra il caso, in queste battute iniziali, di approfondire i problemi posti dall'accostamento all'una o all'altra forma di arbitrato, cosa che ovviamente richiama la questione generale (e tuttora
L'idea di fondo è quella per cui l'accertamento effettuato dal perito è richiesto per superare un contrasto, avente ad oggetto solo la questione o l'elemento su cui egli è chiamato a fornire il suo responso.
Del resto – si rileva – nell'arbitrato non valgono i limiti relativi all'oggetto della domanda giudiziale. Essa, invero, per ragioni di rilievo pubblicistico legate ad esigenze di economia processuale, non può che contemplare, come oggetto strutturale minimo, la richiesta di tutela – di accertamento, di condanna o costitutiva – di una situazione giuridica soggettiva. Nell'arbitrato tali esigenze vengono meno, posto che i costi di tale forma di giustizia sono a carico dei privati che vi fanno ricorso, non già delle casse dello Stato92. Onde in tale sede è possibile l'accertamento di semplici questioni.
La natura arbitrale del fenomeno peritale s'intuisce dalla casistica, più volte ricordata, attraverso la quale esso si è storicamente manifestato nell'ambito dei traffici giuridici. Gli esempi più pregnanti sono rappresentati dall'incarico al terzo per la quantificazione del danno in ipotesi di illecito coperto da garanzia assicurativa, e dagli arbitrati sulle qualità, ove al perito è richiesto un responso circa la corrispondenza o meno della fornitura alla qualità pattuita.
Tale impostazione critica l'assimilazione della perizia all'arbitraggio, poiché la fattispecie ex art. 1349 c.c. ha matrice esclusivamente sostanziale e si profila allorché al terzo è chiesta la integrazione del contratto, lasciato indeterminato, con riferimento a qualche elemento, dalle parti stesse.
Come avremo modo di vedere più analiticamente nel prosieguo del lavoro, anche una rilevante parte della giurisprudenza tende a ricondurre la perizia contrattuale all'arbitrato (libero).
2.3. Perizia contrattuale tra arbitrato e arbitraggio
Secondo altra impostazione, probabilmente maggioritari in dottrina, la perizia contrattuale altro non è che una particolare forma di arbitrato ovvero di arbitraggio a seconda che venga posta in essere per dirimere una
controversa) della distinzione tra le due modalità di arbitrato; avremo modo di affrontare il problema più avanti.
91 Lo sostiene, tra gli altri, XXXXXXXXX, L'arbitrato, Torino, 2005, 23.
92 In questo senso cfr. XXXXX, L'oggetto, cit., 673; BOVE, La perizia, cit., 176 ss.
controversia in forma negoziale (su una determinata questione tecnica) o per completare il contenuto di un contratto, bensì perfezionato ma carente di uno o più elementi rilevanti nell’economia del regolamento d’interessi93. Da questo punto di vista, la particolare competenza tecnica del terzo non condizionerebbe la natura dell’istituto, anche se la “scientificità” dell’accertamento serve, in un’ottica definitoria, a distinguere la perizia dall’arbitraggio e dall’arbitrato94.
Invero, autorevole dottrina95 ha rilevato che anche nell’ipotesi dell’arbitraggio (che pure deve essere tenuto ben distinto dall’arbitrato96, avendo questo, ex artt. 806 ss. c.p.c., funzione di risoluzione di una controversia riferita ad un rapporto preesistente mediante forme processuali, ed intervenendo quello a completamento di un rapporto contrattuale, cioè nella fase genetica della sua formazione97) è possibile configurare un contrasto che, anche se spesso soltanto economico, configura un conflitto d’interessi. Solo che l’arbitratore non decide (stabilendo chi ha torto e chi ha ragione rispetto ad una situazione sostanziale), bensì, per così dire, sostituisce le parti nella determinazione di un elemento del regolamento d’interessi. In tale prospettiva, la perizia contrattuale, costituendo un
93 Così, tra gli altri, GAZZONI, Manuale di diritto privato, Napoli, 2009, 905; DIMUNDO, L'arbitraggio, cit., 215 ss.; ZUDDAS, L'arbitraggio, cit., 217 e ss.; RUBINO-XXXXXXXXXX, Il diritto dell'arbitrato (interno), Padova, 1991, 12; BIANCA, Diritto civile, III, Il contratto, Milano, 1987, 330 ss; SCOGNAMIGLIO, Dei contratti in generale, art. 1321-1352, in Comm. cod. civ., a cura di SCIALOJA e BRANCA, Zanichelli, Bologna, 1970, 385.
94 ZUDDAS, L'arbitraggio, cit., 220; SCHIZZEROTTO, Dell'arbitrato, Milano, 1988, 278 e ss.
95 PUNZI, Disegno sistematico dell'arbitrato, cit., 14-15 e 16.
96 XXXXXXXXX, Il contratto di arbitraggio, in I contratti di composizione delle liti, a cura di XXXXXXXXX e XXXXX, Milano, 2005, 1152 “la differenza tra arbitrato ed arbitraggio va ricercata nel contenuto del mandato conferito dalle parti ad uno o più terzi. Mentre, infatti, nell'arbitrato le parti demandano agli arbitri il compito di risolvere divergenze sorte in ordine ad un rapporto precostituito in tutti i suoi elementi, mediante l'esplicazione di una funzione giurisdizionale, per modo che la decisione sia destinata ad acquisire efficacia pari a quella della sentenza del giudice (arbitrato rituale), oppure mediante la formazione, sul piano negoziale, di un nuovo rapporto riconducibile esclusivamente alla volontà dei mandanti, senza l'osservanza, per la natura non contenziosa dell'incarico, delle norme contenute negli artt. 806 ss. c.p.c. (arbitrato irrituale, cosiddetto libero); nell'arbitraggio, invece, le parti demandano ad altri di determinare, in loro sostituzione, il contenuto di un contratto già concluso ma non completo, per modo che l'arbitratore, con la propria attività volitiva ed autonoma, concorre alla integrazione ed alla formazione del contenuto del negozio stesso”, e i richiami a nota 28.
97 Cfr. FAZZALARI, Arbitrato e arbitraggio, in Riv. arb., 1993, 583 ss.; PUNZI, Disegno sistematico dell'arbitrato, cit., 14.
meccanismo volto alla composizione di contrasti in ordine a questioni tecniche, ben può corrispondere allo strumento ex art. 1349 c.c., laddove il perito debba intervenire in fase genetica; può realizzare un arbitrato (irrituale, pare d’intendere), allorché l’accertamento tecnico sia richiesto circa questioni relative ad un rapporto giuridico preesistente e litigioso98.
2.4. L'autonomia della perizia contrattuale
Non sono mancate opinioni, in dottrina, indirizzate verso la configurazione della perizia contrattuale come istituto autonomo, degno di una propria dimensione giuridica, differente da quella dell’arbitraggio e dell’arbitrato.
Il punto centrale di questa differenza, pur considerandosi che la vincolatività del responso del terzo-perito rende il fenomeno molto vicino alla fattispecie ex art. 1349 c.c. e all’arbitrato (libero), risiederebbe nella natura e nella qualità dei poteri conferiti al terzo: qui, invero, si avrebbe un accertamento tecnico, mancante di qualunque determinazione volitiva e discrezionale, presenti invece in sede di arbitraggio e arbitrato. Insomma, con la perizia il terzo si renderebbe autore di una mera dichiarazione di scienza99, di una valutazione tecnica priva di qualsiasi arbitrium ma semplicemente caratterizzata da discrezionalità tecnica, senza la libertà di giudizio di cui gode ad esempio l’arbitratore100.
Si è segnalato101 che l’idea della natura “autonoma” della perizia è assolutamente dominante in giurisprudenza.
In realtà, l’approccio ermeneutico della giurisprudenza, il quale senz’altro mostra una tendenza ad isolare l’istituto in questione tanto rispetto all’arbitraggio quanto rispetto all’arbitrato tout court, non appare sempre chiaro e univoco.
Un’impostazione minoritaria ha avvicinato notevolmente la perizia contrattuale alla fattispecie di cui all’art. 1349 c.c., riscontrando però l’essenza della prima nella natura squisitamente tecnica dell’accertamento
98 PUNZI, Disegno sistematico, cit., 16.
99 BIAMONTI, voce <<Arbitrato>>, in Enc. del dir., II, Milano, 1958, 955.
100 CATRICALA', voce <<Arbitraggio>>, cit., 2.
101 XXXXXXXXX, Il contratto di arbitraggio, cit., 1160.
valido ai fini delle determinazione dell’elemento contrattuale. In altre parole, la perizia contrattuale è strumento di completamento di un contratto, ma si differenzia dall’arbitraggio poiché in questo il terzo svolge la sua attività secondo il criterio dell’equo apprezzamento ovvero del suo mero arbitrio; mentre in quella il terzo-perito non ricorre né all’uno né all’altro criterio, dovendo soltanto conformarsi alle regole tecnico-scientifiche del proprio settore di competenza. E ciò si riflette in termini di disciplina applicabile, restando fuori gioco l’art. 1349 c.c. anche in punto d’impugnativa del responso del terzo102.
Invero, sulla base dell’orientamento (tendenzialmente) costante della giurisprudenza, la perizia contrattuale è mezzo di composizione di un contrasto ad opera di uno o più terzi scelti dalle parti, e a tale fine il paradigma strutturale di riferimento è rappresentato dall’arbitrato libero. La peculiarità della perizia, idonea a distinguerla dall’arbitrato irrituale, sta nel suo oggetto, quindi nel contenuto dell’accertamento richiesto ai periti. Qua infatti il contrasto si riferisce ad una questione di fatto di elevata pregnanza tecnica. Nell’arbitrato (libero) il contrasto invece è giuridico, in quanto concerne il rapporto (preesistente) nel suo complesso. In sostanza, in un caso i soggetti, con riferimento ad un rapporto giuridico tra loro intercorrente ovvero ad una determinata situazione sostanziale, sono in disaccordo solo rispetto ad una questione (rilevante nella fattispecie di alcuno dei diritti in gioco) il cui accertamento (e la cui soluzione) richiede competenza tecnica; nell’altro caso la lite concerne il rapporto nel suo complesso. Ma strutturalmente, in ambo i casi, le parti s’ispirano al medesimo modello contrattuale, ossia ad un mandato a un terzo al fine di comporre un contrasto e di realizzare un nuovo assetto di interessi di tipo negoziale. Seguendo questa (prevalente) lettura, si giunge alla conclusione che l’autonomia della perizia sussiste solo a livello definitorio e concettuale, dal momento che, in termini di disciplina, si seguono le norme applicabili all’arbitrato irrituale (ad esempio per ciò che riguarda i profili d’impugnabilità del responso del perito)103.
102 Cfr., tra le più recenti, Cass. n. 13954 del 2005, cit.
103 Il concetto di fondo di questa impostazione è chiaramente espresso in Cass. 5 dicembre 2001, n. 15410, in Foro it. 2002, I, 723 (con ulteriori e numerosi richiami giurisprudenziali in motivazione); in senso analogo, più di recente, Cass. 10 maggio 2007, n. 10705, in Mass. giust. civ. 2007, 5.
3. Istituti affini nell'esperienza giuridica di altri ordinamenti
Pare utile ora dare un rapido sguardo oltre confine, onde capire se e in che termini altri ordinamenti abbiano conosciuto e conoscano fenomeni avvicinabili alla perizia contrattuale. Ai nostri fini, tale attività consente di avere a disposizione un ulteriore elemento, senz'altro significativo, del quale tener conto.
3.1. Il bindend advies olandese
Il bindend advies è pacificamente ammesso in Olanda – almeno a partire da una storica pronuncia del 1924 della Suprema Corte olandese – quale forma autonoma di arbitrato negoziale accanto all'arbitrato giurisdizionale disciplinato dal codice di rito104.
Per mezzo di esso il terzo è incaricato di comporre un contrasto mediante l'emanazione di un parere ritenuto vincolante (bindend advies, per l'appunto). Il fondamento giuridico di tale meccanismo è da rinvenire nel principio di autonomia privata di cui all'art. 1374 del codice civile olandese. Non si applica, in linea di massima, la disciplina dell'arbitrato, sicché lo strumento risolve la controversia con un atto che, pertanto, in punto di esecuzione e impugnativa, è soggetto al regime dei contratti105.
Per quanto maggiormente interessa ai fini del presente scritto, preme segnalare che, con la riforma dell'arbitrato del 1986, il legislatore olandese ha inteso rendere compromettibili in arbitrato codicistico questioni che, precedentemente, potevano essere affrontate solo mediante il bindend advies. Così, è possibile chiedere all'arbitro soltanto di constatare la realtà o lo stato di alcuni beni; determinare il quantum di un indennizzo o di un
104 Sul bindend advies v., ex multis, XXXXXX, Internationale Wirtschaftsschiedsgerichtsbarkeit, Berlin-New York, 1992, 95 ss.; più in generale sull'arbitrato nel diritto olandese v. National Arbitration Laws, a cura di XXXXX e XXXXXXX, XX, XXX, 0000, sub Netherlands.Spunti sulle somiglianze di questo istituto con il nostro arbitrato irrituale in RUBINO-XXXXXXXXXX, Il diritto dell'arbitrato. Disciplina comune e regimi speciali, Padova, 2010, 103.
105 Sui profili relativi alla disciplina, dettata in materia di arbitrato codicistico, applicabile al bindend advies cfr. anche la ricostruzione di XXXXXXXXX, La natura, cit., 39 e nota 77, 40-41, note 80-84.
debito; colmare le lacune di un rapporto giuridico o modificarlo106.
Pare di scorgere, da tale regolamentazione, una tendenza tesa a ricondurre all'arbitrato ogni forma di attività di un terzo scelto per superare un conflitto tra le parti di un contratto, a prescindere dal fatto che si chieda la soluzione di una controversia giuridica, l'accertamento di un elemento costitutivo del rapporto o l'integrazione di un negozio107.
3.2. L'expertise irrevocable belga
Un istituto, che sembra avere significative somiglianze con la perizia contrattuale per come si è manifestata e sviluppata nel nostro sistema, è il belga expertise irrevocable108.
Con la relativa clausola – molto frequente nei contratti di assicurazione - viene chiesta a degli esperti la soluzione di contrasti aventi ad oggetto, in particolare, l'ammontare dei danni e, nell'assicurazione contro gl'infortuni, il grado d'invalidità.
Tale fenomeno si è poi fatto strada in altri settori. Così, ad esempio, è riscontrabile una notevole pratica dell'expertise in ambito marittimo, per la soluzione - da parte di uno o più esperti, nominati dalle parti ovvero dal Tribunal de commerce - delle liti tra armatore e proprietario delle merci trasportate in relazione alle spese straordinarie e ai danni sofferti per il mantenimento delle merci e della nave.
L'expertise appare poi diffusa nei rapporti di locazione: qui solitamente agli esperti è chiesto di determinare l'ammontare delle perdite e dei deterioramenti subiti dal bene locato, nonché di accertare se questi si siano verificati per causa imputabile al conduttore.
Anche per la fattispecie qui presa in considerazione il fondamento è dato dall'autonomia privata e la soluzione (vincolante) del contrasto è resa con un atto negoziale.
106 Cfr. XXXXXXXXX, La natura, cit., 38 ss. e nota 78; XXXXX XXXXXXXXX, Xxxxxxx xx xxxxxxxxx xxxxxxx x xxxxxxxxxxxxx, Xxxxxx, 0000, 24 ss.
107 XXXXXXXXX, La natura, cit., 39-40, nota 78.
108 Su cui v. in generale XXXX-XXXXXXX, L'arbitrage en droit belge et international,
Bruxelles-Paris, 1981, 26-27.
Per la giurisprudenza e la dottrina belghe il problema più spinoso, emerso nello studio dell'expertise, si è rivelato il suo rapporto con l'arbitrato.
A tal fine si è detto che, a differenza dell'arbitrato codicistico, l'expertise interviene su questioni esclusivamente o prevalentemente di fatto109, e in situazione nelle quali difetterebbe una controversia giuridica, requisito invece essenziale dell'arbitrato.
Sennonché, si è osservato che in alcuni contesti la differenza tra questioni di fatto e questioni di diritto appare piuttosto sfumata, posto che certi interventi dell'esperto costituiscono l'occasione anche per la qualificazione giuridica degli elementi di fatto accertati o valutati. Del resto, quando il conflitto nasce in relazione ad un rapporto giuridico (completo e) preesistente, ogni questione di fatto da risolvere emerge nel quadro di un contrasto giuridico110. Infatti, si è segnalato, contrariamente a quanto sostiene una parte degli interpreti belgi111, l'opera dell'esperto non dà luogo ad un'attività puramente di valutazione, ma sovente si conclude con un atto che, sul piano negoziale, risolve un contrasto giuridico (ad esempio in ambito marittimo e nei rapporti di locazione; ma anche in sede assicurativa, posto che, invero, la lite sussiste non solo quando è discusso l'an del diritto, ma anche quando è controversa esclusivamente la quantità della prestazione)112.
Tali rilievi, peraltro, hanno condotto una parte della dottrina ad affermare che, almeno nei casi in cui si pone come strumento di soluzione di una controversia giuridica, l'expertise irrevocable integra un arbitrato negoziale alternativo a quello giurisdizionale regolato dal codice di rito belga113.
000 Xxx. XXXXXXX, X'xxxxxxxxx xxxxxxxxxx xx Xxxxxxxx, Xxxxxxxxx, 0000, 12; HUYS- KEUTG, L'arbitrage, cit., 24.
000 Xxx. XXXXXXXXX, Xx natura, cit., 43-44; XXXXXX, Problèmes, cit., 143.
111 Cfr., ex multis, DERMINE, L'arbitrage, cit., 12.
112 V. amplius XXXXXXXXX, La natura, cit., 46 e nota 101.
113 XXXXXXXXX, La natura, cit., 47.
3.3. L'expertise irrevocable ou obligatoire francese
Pure in Francia è riscontrabile una prassi – soprattutto in ordine alla quantificazione dei danni coperti da garanzia assicurativa - che ha portato alla luce la figura dell'expertise irrevocable ou obligatoire114.
Tuttavia in tale ordinamento emerge una sorta di tendenziale diffidenza a riconoscere natura giuridica autonoma al fenomeno in esame.
Così, parte della dottrina e parte della giurisprudenza tendono a ricondurlo all'arbitrato disciplinato dal codice di rito115; altra parte di giurisprudenza e dottrina lo assimila all'arbitraggio116, motivando tale scelta sulla base della circostanza per cui nell'expertise difetterebbe la controversia giuridica, elemento invece indefettibile dell'arbitrato giurisdizionale.
Sennonché, come già rilevato a proposito dell'analoga tesi propugnata nel sistema belga, pure in parte qua si è osservato che la controversia giuridica sussiste anche quando, ad esempio, oggetto di contrasto sia esclusivamente il profilo relativo alla quantificazione del diritto117.
Se la lettura prevalente tende a negare autonomia giuridica all'expertise irrevocable, va però dato conto di una parte minoritaria della dottrina e della giurisprudenza che invece pare orientata a sostenere l'autonomia dell'istituto, differenziandolo dall'arbitraggio e dall'arbitrato, sia pure in una casistica limitata.
In particolare, con riguardo ai contratti di assicurazione, sono di frequente impiego clausole che attribuiscono il potere di composizione della lite – ad esempio rispetto all'ammontare dei danni - ad uno o più esperti, “fatti salvi, però, i rispettivi diritti delle parti”118. In relazione a tali clausole,
114 Su cui v., per tutti, XXXXXXXX, La nature juridique de l'arbitrage, in ID., Ecrits. Etudes et notes sur l'arbitrage, Xxxxx, 0000, 5 ss. Spunti anche in XXXXXX, La natura e gli effetti del lodo arbitrale. Studio di diritto italiano e comparato, Napoli, 2012, 89 ss., nota 75.
115 Cfr. XXXXXX, Xxxxxxxxx (Droit interne), in Enc. Dalloz, I, Paris, 1994, 3 ss; peraltro XXXXXX, L'arbitrage, Paris, 1993, 11 sembra che consideri l'istituto un arbitrato negoziale.
116 XXXXXXXXX, Le droit francais de l'arbitrage, Paris, 1990, 181-182; GAILLARDE – XXXXXX, Xxxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxx on International Commercial Arbitation, Xxxxxx Xxx Xxxxxxxxxxxxx, X'xxx, Xxxxxx, 0000.
117 XXXXXXXXX, La natura, cit., 54; XXXXXX, Problèmes, cit., 183.
118 Cfr. XXXXXXXXX, La natura, cit., 55, nota 117.
accanto a un indirizzo xxxx ad affermare la riconducibilità di esse a convenzioni arbitrali, si è fatto strada un orientamento secondo il quale, in siffatte ipotesi, il parere del terzo non è vincolante, onde le parti ben potrebbero poi ricorrere alla giurisdizione.
Dunque con tale strumento, definito “expertise amiable”, le parti semplicemente s'impegnano a far precedere il processo o l'arbitrato da un tentativo di composizione amichevole della controversia, alla stregua di un tentativo obbligatorio di mediazione.
In effetti, per i patti che contengono la clausola di salvezza in ordine ai rispettivi diritti delle parti, tale lettura ha un suo fondamento.
Tuttavia non è ritenuta ammissibile una sua estensione alle clausole di expertise irrevocable ou obligatoire, con le quali le parti invece si vincolano al responso dell'esperto. Si è osservato, peraltro, che ritenere tali casi come ipotesi di arbitrato giurisdizionale rischia di svilire la volontà delle parti, allorché loro interesse è ottenere una soluzione della controversia sul piano negoziale119. In realtà il fenomeno dell'expertise irrevocable, se osservato dall'angolo visuale dell'ordinamento italiano, potrebbe integrare una fattispecie di arbitrato libero120.
3.4. La Schiesgutachten nei sistemi germanici
Nel paragrafo iniziale si è avuto modo di ricostruire, sia pur a grandi linee, la “storia” della Schiedsgutachten (perizia arbitrale) con particolare riferimento all'esperienza giuridica tedesca. Tale scelta metodologica è dipesa dalla necessità di delineare un contesto sistematico-concettuale di riferimento che possa comporre, unitamente ad altri profili, una solida base di partenza per la nostra indagine. In tale sede, pertanto, il tema è stato affrontato essenzialmente da un punto di vista storico e di primo inquadramento concettuale.
Adesso si tratta di calarsi in una realtà nella quale la Schiedsgutachten
emerga concretamente nella sua dimensione pratica.
119 XXXXXX, Problèmes, cit., 161; XXXXXXXXX, La natura, cit., 57.
120 Lo rileva XXXXXXXXX, La natura, cit., 59.
Così, il ricorso ad essa è assai frequente nella prassi assicurativa (si è sottolineato anche il notevole interesse suscitato da un esame concreto delle condizioni generali dei contratti di assicurazione diffuse nella prassi austriaca121).
Molto spesso, infatti, le condizioni generali del contratto di assicurazione prevedono la devoluzione, ad una commissione di esperti, della soluzione delle controversie relative, in particolare, all'esistenza e/o ammontare dei danni coperti dalla polizza.
Ad esempio, in materia di assicurazione contro gli infortuni, le condizioni generali di contratto stabiliscono il conferimento, ad una commissione di medici – due scelti dalle parti, un terzo scelto da questi ultimi - dell'incarico di risolvere, con responso per le parti vincolante, le controversie relative alla specie o al grado d'invalidità, ovvero alla sussistenza del nesso di causalità, oppure ancora all'influsso sull'evento prodottosi di patologie ereditarie o preesistenti nel soggetto122.
Un'altra applicazione di Schiedsgutachten è quella che dà luogo al c.d. arbitrato delle qualità, fenomeno che abbiamo già avuto modo d'indicare come “episodio” di perizia contrattuale in apertura del presente lavoro. Essa è conosciuta soprattutto in alcune importanti realtà del commercio marittimo123. Qua gli esperti sono chiamati ad accertare, con una determinazione vincolante sul piano negoziale, la corrispondenza della merce consegnata alle qualità/caratteristiche contrattualmente pattuite.
Altra forma di Schiedsgutachten è quella nell'ambito della quale è chiesto l'accertamento di concetti giuridici indeterminati124.
Sennonché, come si è avuto modo di apprezzare nel paragrafo di apertura, nell'esperienza germanica la Schiedsgutachten, soprattutto a far
121 XXXXXXXXX, La natura, cit., 77.
122 Si possono poi ricordare le condizioni generali di contratto in tema di assicurazione sulle cose: qui agli esperti è chiesto un responso, vincolante sul piano negoziale, circa l'esistenza e/o l'ammontare dei danni; un'attività simile dei periti è delineata anche dalle condizioni generali in ambito di assicurazione contro i danni cagionati dalla grandine. Cfr. XXXXXXXXX, La natura, cit., 77 ss.
123 Cfr. XXXXXXXXX, Arbitraggio, cit.; XXXXXXXXX, La natura, cit., 80-81.
124 V., xxxxxxx, XXXXXXXXX, La natura, cit., 80 ss., il quale riporta anche i casi di
Schiedsgutachten in campo societario e giuslaburistico.
data dalla nota sentenza del 23 maggio 1919 del Reichsgericht tedesco, si è manifestata (ed è stata spiegata) in varie modalità, potendo lo Schiedsgutachter essere chiamato ad espletare diverse funzioni, ad onta della soluzione restrittiva – Schiedsgutachten come fenomeno volto all'integrazione di elementi contrattuali - accolta dal BGB.
In una siffatta realtà, per così dire, frantumata, ai nostri fini rileva quella che è stata ricostruita come la Schiedsgutachten nella quale il terzo accerta, in maniera vincolante, un elemento di un rapporto giuridico preesistente (festellende Schiedsgutachten). Inoltre, secondo l'autorevole opinione di Habscheid, solo essa, unitamente al caso in cui il terzo è chiamato ad accertare l'esatta portata dei diritti e doveri risultanti da un rapporto giuridico, è definibile come Schiedsgutachten125.
Tale categoria dà senz'altro luogo ad una forma di soluzione delle controversie distinta dall'arbitrato codicistico, il quale si conclude con un atto idoneo ad acquisire l'autorità della cosa giudicata.
Nell'ambito del dibattito volto alla configurazione delle differenze tra Schiedsgutachten e arbitrato si è sostenuto126, in contrasto con l'opinione prevalente, che l'attività dello Schiedsgutachter non è limitata alla soluzione di singole questioni di fatto, poiché esistono anche casi in cui il responso del terzo contiene apprezzamenti giuridici; inoltre, la prassi germanica ha portato alla luce ipotesi in cui il perito è chiamato ad accertare l'esatta portata dei diritti e doveri delle parti, dunque ad intervenire sul rapporto giuridico nel suo complesso.
Conseguenza di tale assunto è che le ipotesi di festellende Schiedsgutachten costituirebbero procedimenti di composizione negoziale di controversie relative a diritti, alternativi all'arbitrato regolato dal codice processuale127; forme di arbitrato negoziale, insomma.
Va infine considerata la expertise-arbitrage (o Schiedsgutachten) svizzera, con cui l'esperto decide, con responso vincolante per le parti, questioni di fatto (o di diritto - ma su questo aspetto parte della dottrina è
125 Cfr. HABSCHEID, Das Schiedsgutachten, cit.; XXXXXXXXX, La natura, cit., 86-87.
126 Per tutti cfr. HABSCHEID, Das Schiedsgutachten, cit., 799.
127 XXXXXX, Problèmes, cit., 239; XXXXXXXXX, La natura, cit. 91.
critica -) risultanti da loro rapporti giuridici. Pure tale fenomeno ha natura negoziale e l'esperto deve necessariamente rispettare le garanzie del giusto processo, ad esempio il principio del contraddittorio128.
3.5. I sistemi di common law
Anche il sistema inglese, in contrapposizione all'arbitrato volontario regolato dai vari Arbitration Acts - considerato l'omologo degli arbitrati contemplati dai codici processuali di civil law129 - conosce la prassi dell'expert determination.
In particolare, l'ordinamento britannico prende in considerazione gli istituti della valuation e della certification.
Con il primo, il terzo è chiamato alla determinazione di alcuni elementi di un rapporto contrattuale, con l'impegno delle parti ad accettare le di lui conclusioni. Ipotesi frequenti sono la fissazione del prezzo nonché la modificazione di rapporti contrattuali di durata, per i quali è previsto, a seguito della verificazione di alcune circostanze, il mutamento di uno o più elementi (ad esempio, l'adeguamento del canone di locazione in conseguenza del mutamento delle condizioni economiche esistenti all'atto della conclusione del negozio). In questo secondo caso, si rileva che spesso tra le parti è controversa la sussistenza dei presupposti per la modifica del rapporto, donde il ricorso ad uno o più valuers affinché venga accertato, con responso vincolante, se tali presupposti sussistano, e si proceda conseguenzialmente all'adeguamento del rapporto.
Tale figura tende così a declinarsi in due modalità, l'una, invero, di natura determinativa, l'altra, invece, volta alla composizione di un conflitto in ordine ad un rapporto giuridico completo.
Con il secondo, invece, il certifier è incaricato di accertare se un contratto è stato adempiuto correttamente. Il responso (certificate), previo accordo delle parti, può essere negozialmente vincolante ovvero facoltativo. Si tratta di una figura diffusa, soprattutto, nei contratti di costruzione: in essi,
128 XXXXXX, Réflexions sur l'expertise-arbitrage en droit Suisse, ASA Bulletin, 2006.
129 Cfr. l'analisi di XXXXXXXXX, La natura, cit., 64 e in particolare la nota 142 e i riferimenti ivi contenuti.
xxxxxx, spesso è inserita una clausola in virtù della quale committente e appaltatore stabiliscono che le controversie derivanti dall'esecuzione del contratto siano decise da un esperto (ingegnere o architetto) in qualità di certifier.
La certification, a differenza della valuation, sembra affiancarsi in maniera più convinta all'arbitrato volontario quale mezzo di soluzione di controversie. Del resto, in ragione della tendenza ad estendere a tali istituti alcuni principi tratta dalla disciplina dell'arbitrato130, spesso la giurisprudenza qualificava certifier e valuer come quasi-arbitrators131.
Invero, nella prevalente giurisprudenza inglese si è formata l'idea secondo la quale arbitrato e certification/valuation si distinguono poiché col primo, a differenza che con i secondi, si vuole giungere alla decisione di una controversia mediante un percorso giurisdizionale132.
Dunque la natura delle due figure qui considerate, quali mezzi per così dire privati di composizione dei conflitti133, è negoziale e le regole di procedura, a differenza dell'arbitrato, non sono prestabilite134. Donde la conclusione secondo la quale, dall'angolo visuale dell'ordinamento italiano, soprattutto la certification integra una forma di arbitrato libero o negoziale135.
Una situazione analoga caratterizza anche il sistema statunitense, il quale pure conosce, accanto ad un arbitrato, per così dire, giurisdizionale136, le figure della valuation (o appreisal) e della certification.
130 In particolare il principio di immunity, che esclude la responsabilità civile dell'arbitro (e ovviamente del giudice) per gli atti compiuti nell'esercizio delle sue funzioni, salvi i casi di dolo. Esso venne in un primo momento esteso dalla giurisprudenza anche al certifier e al valuer, laddove le parti avessero ad essi richiesto un responso indipendente e imparziale. Successivamente tale tendenza cominciò ad essere abbandonata. Cfr. amplius XXXXXXXXX, La natura, cit., 68 ss.
131 Cfr. XXXXXXX, Experts and Arbitrators – an International Perspective, in Int. A. L. R.,
2001, passim.
132 V. anche l'ampia analisi di XXXXXXXXX, La natura, cit., 70 ss. e note a pag. 72.
133 Tale descrizione sembra, invero, adattarsi di più, per le ragioni viste, alla certification.
134 Su tale istituto cfr. anche, tra gli altri, XXXXXXX, Expert determination, Xxxxx & Xxxxxxx, 2001;
135 XXXXXXXXX, La natura, cit., 72-73; XXXXXX, Problèmes, cit., 276.
136 Cfr. WETTER, The International Arbitral Process, New York, 1979, 485 ss.
Con riguardo a quest'ultima occorre registrare che, differentemente da quanto avviene in ordine all'omologo istituto anglosassone, la prevalente giurisprudenza statunitense ritiene che l'immunity debba estendersi anche al certifier allorché le parti incaricano l'esperto di comporre la lite in maniera indipendente e imparziale. Addirittura, un filone minoritario ammette l'irresponsabilità del terzo anche in assenza di un'esplicita pattuizione in punto d'indipendenza e imparzialità, dunque solo per il fatto che egli sia chiamato a dirimere una controversia137.
L'istituto della valuation o appreisal nell'ambiente del common law nordamericano è impiegato nella prassi assicurativa. In particolare, in tali rapporti contrattuali, sovente assicurato e assicuratore rimettono al responso negozialmente vincolante di un collegio di periti la decisione circa l'esistenza e/o l'ammontare dei danni coperti dalla garanzia assicurativa.
Sicché nel sistema statunitense la distinzione con l'arbitrato è basata su un criterio oggettivo: mentre l'arbitro deciderebbe sul rapporto giuridico o sulla situazione giuridica oggetto di controversia nel suo complesso, il terzo, nell'appreisal, emetterebbe il suo responso solo con riferimento ad alcuni elementi di un rapporto138.
Inoltre, ad avviso dell'indirizzo prevalente, fatta eccezione per gli Stati di New York e della California139, la disciplina dell'arbitrato non si applica all'appreisal140.
4.Conclusioni
La brevissima panoramica sull'esperienza di altri ordinamenti giuridici consente di formulare alcune riflessioni.
Sicuramente anche altri sistemi conoscono (o comunque hanno conosciuto) fenomeni quantomeno avvicinabili alla perizia contrattuale per
137 Cfr. XXXXXX, Problèmes, cit., 285; XXXXXXXXX, La natura, cit., 75 ss.
138 X. XXXXX, The Arbitration Contract and Proceedings, Xxxxxxx-Xxx Xxxx, 0000, 10 ss.; cfr. anche XXXXXXXXX, La natura, cit., 73 ss. e nota 168.
139 Nei quali è il legislatore stesso ad estendere all'appreisal la disciplina predisposta per l'arbitrato.
000 X. Xxxxxxxx Xxxxxxxxxxxxx, X, Xxx Xxxxxxxxx, 0000 (with Cumulative Supplemente,
1984) sub <<Arbitration and award>>, par. 3.
come si è sviluppata nel nostro “ambiente”, e cioè l'accordo finalizzato ad incaricare uno o più terzi, dotati di specifiche conoscenze, di accertare/risolvere, con un responso per le parti vincolante, una questione di pregnanza tecnica. In linea tendenziale lo studio e l'analisi di tali figure sono (stati) condotti avendo sullo sfondo, come modello di comparazione, l'arbitrato (e, talora, anche l'arbitraggio). Sovente si è rilevato che le differenze con l'arbitrato codicistico tendono a sfumare, onde l'essenza di tali figure consisterebbe nella funzione di risoluzione di controversie in forma negoziale.
Inoltre il più delle volte mancano riscontri di diritto positivo, posto che la genesi di tali fenomeni è pratica (si pensi, tra gli altri, al settore dei contratti di assicurazione, oppure alle clausole negli arbitrati sulle qualità). Insomma, anche nelle altre realtà il quadro ricostruttivo non appare sempre unitario.
Detto questo, sicuramente la breve indagine di diritto comparato si presenta oltremodo utile per il prosieguo del presente lavoro. Essa, infatti, trasmette un'ulteriore ragione per implementare la ricerca, consegnandoci tra l'altro, nell'ottica della formulazione di una proposta ricostruttiva, significativi punti di riferimento.
CAPITOLO III
IL SISTEMA SPAGNOLO TRA ARBITRAJE, ARBITRIO DE TERCEROS E PERITACION DIRIMENTE
SOMMARIO: 1. Introduzione. - 2. Evoluzione normativa. - 3. Arbitraje e arbitrio de tercero. - 4. Arbitraje informal. - 5. Peritacion dirimente. - 6. Peritos come arbitri speciali. - 7. El perito arbitrador. - 8. L'oggetto dell'arbitrato. - 9. Dictamen arbitral. - 10. Riflessioni conclusive.
1. Introduzione
Il sistema spagnolo offre, senza ombra di dubbio, spunti interessanti per lo studioso italiano. Infatti, sia in passato, sia più di recente, autorevole dottrina ha rilevato come la disciplina iberica in materia di arbitrato (e, verrebbe da dire, di arbitraggio) sia stata oggetto di un'evoluzione, non solo interessante dal punto di vista giuridico, ma anche singolare e curiosa, con riguardo in particolare alla “storia” di alcuni fenomeni riconducibili a quegl'istituti che nel sistema italiano sono l'arbitrato libero (o irrituale) e l'arbitraggio141.
Anche in Spagna, poi, lo studio delle ipotesi d'incarico a soggetti terzi per comporre una lite ovvero integrare un rapporto giuridico ha portato all'emersione del problema concernente l'inquadramento di fattispecie accostabili alla nostra perizia contrattuale, lasciando a disposizione del giurista, in ordine ad esse, contributi - di matrice sia giurisprudenziale, sia dottrinale - di notevole interesse.
D'altro canto l'interesse è reciproco. Xxxxxx, in particolare la dottrina spagnola spesso prende spunto da quella italiana, o comunque si può serenamente affermare che nei suoi studi di rado mancano riferimenti a contributi della nostra dottrina.
Insomma, a sommesso avviso di chi scrive si tratta di due ordinamenti, per così dire, vicini, sicché conoscere più a fondo, non solo le norme, ma anche le idee e le tesi propugnate in tale contesto, può consentire di meglio comprendere istituti e discipline vigenti nel nostro sistema.
Con il presente capitolo, in particolare, ci si propone di fornire, in poche pagine, una ricostruzione degl'istituti che entrano in gioco e a cui si è
141 SCHIZZEROTTO, Arbitrato improprio e arbitaggio, Milano, 1967, 6 ss.; XXXXXXXXX,
La natura, cit., 59 ss.
fatto cenno, con l'obiettivo, se possibile, di dar loro una più precisa collocazione sistematica.
2. Evoluzione normativa
Per quanto rileva ai nostri fini, le prime fonti normative che dobbiamo considerare sono, da un lato, il codice civile spagnolo del 1889 – Real Xxxxxxx xx 00 xx xxxxx xx 1889 -, dall'altro, la legge processuale civile del 1881 – Real Xxxxxxx xx 0 xx xxxxxxx xx 0000 (xxx de enjuiciamiento civil - LEC).
Il primo conteneva due norme, poi abrogate, nel capitulo II, titulo XIII (De las transacciones y compromisos), dedicate, per l'appunto, ai compromisos. Si trattava, nello specifico, degli artt. 1820 e 1821, secondo i quali, per un verso, allorché era possibile stipulare una transazione, allora era pure possibile far risolvere la controversia da un terzo scelto di comune accordo dalle parti; per altro verso, quanto disposto nel capitolo antecedente in materia di transazione era applicabile anche ai compromessi, mentre per ciò che atteneva al modo di procedere, nonché all'ampiezza e agli effetti dei compromessi, ci si doveva attenere a quanto previsto dalla legge processuale.
Quest'ultima, dal canto suo, disciplinava l'arbitrato agli artt. 790-839 (poi abrogati), contemplando due tipologie di giudizio arbitrale: quello per così dire classico (artt. 790-826) e il giudizio degli amichevoli compositori (artt. 827-839).
Il primo consisteva, sostanzialmente, in un mezzo di composizione delle controversie equiparabile al nostro arbitrato rituale, posto che dava luogo ad un vero e proprio giudizio (che doveva essere) conforme a diritto emesso da soggetti terzi, ancorché “privati”, all'esito di un vero e proprio processo caratterizzato anche da una fase di raccolta delle prove. Il lodo, o per meglio dire la sentencia de los arbitros, era impugnabile dinanzi all'Audencia del distretto e idoneo ad acquisire la qualità di cosa giudicata.
Con il secondo, invece, si proponeva una modalità arbitrale processualmente più semplificata e fondamentalmente caratterizzata, rispetto al giudizio arbitrale tout court, dalla peculiarità del criterio di giudizio – art. 833, comma 1: gli amichevoli compositori decidono le questioni a loro sottoposte senza soggezione a forme legali e in base al loro
sapere e intendere – e dal fatto che avverso la sentenza arbitrale142, non era dato altro rimedio che il ricorso per cassazione per i motivi dettati dal n. 3 dell'art. 1691: emissione della decisione degli amichevoli compositori oltre il termine pattuito nel compromesso; risoluzione di questioni non sottoposte alla decisione degli amichevoli compositori ovvero, benché sottoposte, non di índole civil o non arbitrabili ai sensi dell'art. 487 LEC.
Era stata dunque tracciata una distinzione sulla base, in particolare, del criterio di giudizio adottato dagli arbitri (oltre che di aspetti più strettamente processuali) e si è segnalato143 come ciò trovasse un riscontro anche nel codice processuale italiano, ove all'art. 822 è presa in considerazione la dicotomia tra arbitrato di diritto e arbitrato di equità. Ad ogni modo si trattava di due modalità arbitrali espressamente regolate dal legislatore nella legge processuale.
Parallelamente, il codice civile spagnolo non conteneva affatto una previsione generale in materia di determinazione di un elemento contrattuale ad opera di un terzo.
Invero, l'ordinamento giuridico spagnolo, sino agli anni '50, non ha mai fornito una dimensione normativa esplicita all'istituto dell'arbitraggio, alla stregua del codice civile italiano con l'art. 1349. Peraltro il codice civile spagnolo ha previsto fattispecie specifiche d'intervento del terzo a completamento di un contratto. L'ipotesi più importante, in questo senso, è data senza dubbio dall'art. 1447 – il cui pendant italiano è contemplato all'art. 1474 c.c. - secondo il quale, nell'ottica di assicurare il requisito essenziale del precio cierto nel contratto di compravendita, le parti possono rimettersi, per tale determinazione, all'arbitrio di una persona determinata.
Con la legge sull'arbitrato del 1953 – Xxx xx 00 xx xxxxxxxxx xx 0000
000 Xxxxxxxxxx xx xxxxxxxx, tanto degli arbitri, tanto degli amichevoli compositori, era vincolante, in virtù del meccanismo generale in base al quale le parti che vogliono ricorrere all'arbitrato si accordano in tal senso preventivamente vincolandosi a quanto sarà deciso dai terzi designati. Peraltro, se da un lato si è registrato che la sentenza emessa all'esito del giudizio arbitrale era idonea al giudicato, qualche dubbio, in questo senso, poneva la decisione degli amichevoli compositori. Così, CASTAN, Derecho civil español, comun x xxxxx, Madrid, 1939, II, 2, 411 ss., riferiva che, se la sentenza degli arbitri era idonea al giudicato, la sentenza degli amichevoli compositori produceva l'efficacia ordinaria delle obbligazioni. D'altro canto, XXXXXX XXXXXX, El arbitraje seguna la legislacion y la jurisprudencia espanolas, in Revista general de legislacion y jurisrpudencia, Novembre 1943, 4 ss., segnalava che, invece, secondo la giurisprudenza anche il lodo degli amichevoli compositori era idoneo al giudicato, e in tal senso riportava quanto sostenuto da Tribunal Supremo del 10 maggio 1941 e 7 ottobre 1931.
143 Cfr. XXXXXX XXXXXX, El arbitraje, cit., 4 ss.
(ley de arbitaje de derecho privado - LADP) – il legislatore iberico ha inteso regolare gli arbitrati di diritto privato in sostituzione delle norme che agli stessi dedicavano il codice civile, il codice del commercio, la legge processuale e le disposizioni di eguale natura, sia con riguardo al giudizio arbitrale, sia con riguardo al giudizio degli amichevoli compositori (art. 1 della Ley).
L'importanza, per così dire, storica di tale legge è data, tra l'altro, dall'art. 2, ai sensi del quale - dopo aver ricordato al primo comma che l'arbitrato è l'istituto per mezzo del quale una o più persone danno soluzione a un conflitto concernente altri soggetti che si compromettono ad accettare previamente la loro decisione – non è considerato arbitrato l'intervento del terzo richiesto non già per risolvere una controversia pendente, ma per completare o integrare un rapporto giuridico ancora non definito totalmente. Sicché tale norma ha segnato l'approdo ad una previsione generale di arbitraggio ancorché, se così si può dire, in negativo.
L'altra novità esplicitamente introdotta dalla legge del '53 e di notevole interesse ai nostri fini è contemplata all'art. 3. Qui si stabilisce, da un lato, che l'arbitrato, per essere efficace, deve conformarsi alle prescrizioni della legge stessa; dall'altro, che, nondimeno, quando in qualunque altra forma due o più persone pattuiscono l'intervento di un terzo e accettano espressamente o tacitamente la sua decisione una volta che sia stata emessa, tale accordo è valido e obbligatorio per le parti se in esso concorrono i requisiti generali per l'efficacia di un negozio.
In sostanza con tale disposizione è stato espressamente introdotto nel sistema spagnolo un arbitrato, per così dire, informale il cui “prodotto” – il lodo – vincola sul piano negoziale ma solo se accettato dalle parti dopo la sua emissione.
Altra disposizione della legge del '53 di un certo interesse in questa sede è l'art. 4, in base al quale gli arbitri possono decidere secondo diritto ovvero solamente mediante il ricorso al loro sapere e intendere, non dovendosi più distinguere tra due giudizi arbitrali differenti, onde per la legge esiste un solo tipo di arbitrato144. Peraltro il lodo di diritto è
144 La distinzione tra arbitrato di diritto e di equità rileva in casi peculiari comunque disciplinati dalla legge stessa. Così, ad esempio, l'art. 29 dispone che l'arbitrato di equità non deve necessariamente essere soggetto a forme legali, salvo ovviamente il principio del contraddittorio, per cui gli arbitri devono assicurare in ogni caso alle parti di poter
impugnabile, per contrasto con la legge ovvero per violazione delle forme processuali, con ricorso per cassazione dinanzi alla Sala primera del Tribunal Supremo (art. 28), mentre la decisione di equità, pure impugnabile dinanzi al Tribunale Supremo, è ricorribile per nullità per i motivi e secondo le forme di cui agli artt. 1691, n. 3, 1774 e 1780 della legge processuale del 1881 (art. 30).
Infine il lodo, tanto di diritto come di equità, può fondare l'esecuzione forzata (art. 31).
Dopo poco più di una trentina d'anni, e cioè con la Xxx xx 0 xx xxxxxxxxx xx 0000 (xxx de arbitraje - LA), il legislatore spagnolo è nuovamente intervenuto a regolare l'arbitrato. Con la norma di apertura di tale nuova legge – l'art. 1 – si è voluto ribadire che con l'arbitrato le persone fisiche o giuridiche possono sottoporre, previo accordo, alla decisione di uno più arbitri le questioni litigiose, già sorte o che possano sorgere, relative a diritti disponibili.
L'impianto generale della riforma dell'88 ha ricalcato, grosso modo, quello della legge del '53. Si può peraltro segnalare, tra gl'interventi di un certo interesse, la predisposizione, agli artt. 45 ss., di un procedimento attivabile mediante il recurso de anulación del lodo – per i motivi di cui all'art. 45 - dinanzi alla Audencia Provincial del luogo di emissione dello stesso; inoltre, come recita l'art. 37, il laudo produce effetti identici alla cosa giudicata, onde, se non più impugnabile, contro lo stesso residua solo il recurso de revision, analogamente a quanto avviene per le sentenze; della esecuzione forzata si occupano gli artt. 52 ss.
Invero, la novità ai nostri fini più significativa è data dall'eliminazione di qualunque riferimento all'intervento del terzo incaricato di completare un rapporto giuridico, così facendo venir meno quanto disposto dall'art. 2 della legge del 1953; mentre per quanto riguarda quello che si è definito l'arbitrato informale, l'art. 3 della legge del 1988 si è posto in termini sostanzialmente speculari rispetto al suo omologo del '53.
L'ulteriore tappa di questa evoluzione normativa in materia di arbitrato è stata segnata dalla Ley de 23 de diciembre de 2003. Si tratta di un intervento che ha inteso disciplinare bensì la materia arbitrale, ma
essere sentite e di presentare le prove ritenute necessarie.
ricordando pure l'esistenza di arbitrati per così dire speciali regolati in altre (e apposite) sedi normative (cfr. art. 1).
Tale legge, dopo aver ribadito che sono suscettibili di arbitrato le controversie145 relative a diritti disponibili, non solo non ha preso in considerazione la figura del terzo chiamato a integrare un rapporto giuridico (anche solo per distinguerla dall'arbitro), ponendosi così in linea con la legge dell'88, ma ha pure soppresso qualunque riferimento a quell'arbitrato informale – vincolante sul piano negoziale in caso di accettazione “postuma” del lodo – di cui ai rispettivi artt. 3 delle leggi del 1953 e del 1988.
All'esito di una dettagliata regolamentazione del procedimento arbitrale, gli artt. 40 ss. hanno voluto ricordare che il lodo è impugnabile con azione di annullamento (nel termine e per i motivi di cui all'art. 41) e che produce gli effetti di cosa giudicata (cfr. art. 43); mentre agli artt. 44 ss. sono disciplinati i profili concernenti la tutela esecutiva.
Infine, l'ultimo intervento legislativo da registrare è la Ley de 20 de mayo de 2011, la quale peraltro, in ordine ai profili più direttamente rilevanti in questa sede, ha sostanzialmente lasciato intatta la disciplina della legge del 2003.
3. Arbitraje e arbitrio de tercero
Giurisprudenza (e soprattutto) dottrina spagnole si sono poste il problema della distinzione dell'arbitrato – espressamente e analiticamente disciplinato dalla legge – da figure più o meno affini.
La riflessione, tra l'altro, ha riguardato anche il rapporto tra l'arbitrato e l'arbitraggio (arbitrio de tercero, definito arbitrador).
Giustamente la dottrina iberica che più di tutte ha studiato tale questione ha condotto la propria analisi rilevando che quella tra arbiter e arbitrator, come si è cercato di spiegare nel primo capitolo, è distinzione antica, già nota nel diritto romano e rispetto alla quale, peraltro, è stata poi fatta una certa confusione nel diritto medievale146.
145 E non più, dunque, le questioni litigiose di cui alla legge dell'88.
146 Cfr. XXXX XXXXXX X XXXXX DE XXXX, El Arbitrio, cit., passim, il quale rileva che quella tra arbitratore e amichevole compositore è confusione antica che si è mantenuta con oscillazioni nel corso del diritto moderno. In tal senso cita un passaggio di Xxxxx Xxxxxxx, Curia philippica, Madrid, 1783, 434, “sono arbitri quelli che determinano
Non può poi ignorarsi, quale ulteriore fattore d'incertezza nella ricostruzione del rapporto tra arbitrato e arbitramento, la corrente di pensiero
- di cui, per quanto concerne il dibattito italiano, ci occuperemo nel prossimo capitolo – che ha sostenuto (e sostiene) l'idea dell'arbitrato irrituale (o libero) quale arbitraggio nella transazione o nel negozio di accertamento147.
In Spagna il dibattito è stato stimolato, in particolare, dall'art. 2 della legge del '53, primo riferimento per così dire generale, in tale esperienza giuridica, alla intervencion de tercero para completar o integrar una relacion juridica. A tal proposito si è affermato che, con tale innovazione normativa, il legislatore ha voluto segnare la distinzione tra arbitrato e arbitraggio nel senso che il primo dà luogo ad un'attività finalizzata alla composizione di un litigio, che dell'arbitrato è elemento necessario; mentre il secondo interviene in casi nei quali vi è, al più, una mancanza di accordo e non già un litigio, oppure addirittura non vi è mancanza di accordo ma le parti preferiscono ugualmente rimettersi al terzo per la determinazione dell'elemento negoziale. Sicché l'arbitro è giudice di un litigio, mentre l'arbitratore è giudice di un negozio148.
Secondo il legislatore del '53, pertanto, la linea di confine tra i due istituti riposa sul tipo di attività svolta dal terzo. L'arbitro, a differenza dell'arbitrador, risolve una controversia giuridica, nel senso che interviene laddove il contrasto è sulla spettanza di diritti in base all'ordinamento giuridico. L'attività dell'arbitratore apparentemente può sembrare finalizzata alla risoluzione di un contrasto, ma in realtà è rivolta al completamento ovvero alla integrazione di un rapporto giuridico149.
secondo diritto, e arbitratori quelli che lo fanno secondo arbitrio”; sul punto v. supra, cap. I, par. 2.
147 Sul punto si rimanda, per tutti, a BOVE, Note in tema di arbitrato libero, in Riv. dir. proc., 1999, 688 ss.; v. anche Id., Sub art. 808 ter, in La nuova disciplina dell'arbitrato, a cura di XXXXXXXX, Padova, 2010, 65 ss.
148 XXXX XXXXXX, El arbitrio, cit. passim, secondo il quale l'unico valido e pregnante criterio distintivo tra le due figure rimane quello incentrato sul tipo di attività svolta dall'arbitro, da un lato, e dall'arbitratore, dall'altro. Non sarebbero dunque idonei a spiegare in maniera decisiva tale differenza altri criteri storicamente formulati in parte qua, quali quelli, ad esempio, che fanno leva sul criterio di giudizio (diritto o equità), oppure sulla contrapposizione tra questione di fatto e questione di diritto, ovvero sulla dicotomia tra controversie giuridiche e controversie economiche.
149 In tal senso l'esempio fondamentale sarebbe dato dall'art. 1447 del codigo civil in punto di determinazione del prezzo nella compravendita. Invero, quando il terzo dispone il
Così, se due imprese sono in concorrenza in un certo settore può bensì capitare che tra di loro sorga un conflitto, ma esso non è giuridico, sicché se addivengono alla stipulazione di un patto e chiedono l'intervento di un terzo danno luogo ad un arbitraggio, non già ad un arbitrato. Peraltro tra i due fenomeni vi possono essere momenti, per così dire, di sovrapposizione posto che, se l'arbitro risolve il litigio e l'arbitratore integra il negozio, si può configurare il litigio giuridico sull'integrazione negoziale: in tal caso comunque l'intervento risolutore del terzo si esprimerebbe sulla controversia, dando luogo ad un arbitrato150.
Sotto il vigore della legge del '53, la distinzione testé descritta tra arbitrato e arbitraggio è stata propugnata anche dalla giurisprudenza spagnola151 la quale, inoltre, dinanzi al silenzio del legislatore, ha ammesso l'impugnabilità della determinazione del terzo152.
A dire il vero, tale dicotomia era nota anche prima che il legislatore prendesse espressa posizione sul punto153.
prezzo non dirime una lite, ma apporta un elemento necessario per la nascita del rapporto, non certo per la sua estinzione. Il terzo dunque svolge qui una funzione diversa da quella dell'arbitro; cfr. GUASP, Xx xxxxxxxxx xx xx xxxxxxx xxxxxxx, Xxxxxxxxx 0000, 66 ss.
150 Cfr. ancora XXXX XXXXXX, cit. il quale propone l'esempio della divisione della cosa comune, nell'ambito della quale vi può essere l'accordo circa la rimessione al terzo della determinazione delle porzioni, oppure una controversia vera e propria, con un incarico all'arbitro che in tal caso, oltre a risolvere la lite, integra il rapporto.
151 Cfr., ex multis, Tribunal Supremo 21 aprile 1956, n. 294; 10 marzo 1986, n. 1168; 11 dicembre 1987, n. 9417.
152 L'attività dell'arbitratore incaricato, per esempio, di determinare il prezzo ex art. 1447 cod. civ. non è da intendersi priva di qualunque limitazione, ché altrimenti il concetto di arbitrio rischierebbe di rasentare l'arbitrarietà. Sicché il responso del terzo non conforme alle indicazioni convenute ovvero manifestamente iniquo è per così dire sottoponibile al giudizio dell'autorità giurisdizionale. Del resto, l'art. 1690 del codigo civil, dettato in materia societaria, dispone che se i soci si sono accordati nel senso d'incaricare un terzo per la determinazione della partecipazione di ciascuno agli utili e alle perdite, il di lui responso può essere impugnato soltanto quando sia evidentemente privo di equità. Cfr. Tribunal Supremo 21 aprile 1956, n. 294; 10 marzo 1986, n. 1168.
153 Benché, come si è visto, tale posizione sia stata poi presa con una norma generale che comunque si affiancava a fattispecie per così dire speciali di arbitramento. Nel senso indicato nel testo si veda Tribunal Supremo 29 marzo 1911, n. 132, nella prospettazione del quale sembra emergere la distinzione tra un incarico al terzo avente matrice in un compromesso e, pertanto, finalizzato alla risoluzione di una controversia e un incarico finalizzato invece all'integrazione di un negozio. In particolare nel caso di specie entrava in gioco una clausola contrattuale in virtù della quale veniva rimessa ad una terza persona determinata, da parte dei contraenti, la liquidazione dei conti pendenti in ordine ad un'esecuzione testamentaria, con l'ulteriore previsione del ricorso al giudizio di amichevoli compositori per il caso in cui le parti non si fossero conformate al responso del terzo liquidatore.
La mancata riproposizione, ad opera della legge sull'arbitrato del 1988, di una norma omologa all'art. 2, comma 2, della legge del '53 ha suscitato, per la verità, non pochi interrogativi. Infatti, ci si è chiesti fondamentalmente se con tale silenzio il legislatore iberico abbia voluto semplicemente evitare di “ripetere” una norma per così dire superflua, in ragione della ormai acquisita certezza in ordine ai confini tra arbitrato e arbitraggio; o se, al contrario, abbia inteso condurre l'arbitrio del tercero sotto l'egida della disciplina in materia di arbitrato.
Invero, per taluni non è affatto insostenibile l'idea di una sorta di assimilazione tra le due figure, di guisa che l'attività dell'arbitro possa consistere anche nell'integrazione negoziale. A supporto di siffatta lettura varrebbero anche dati normativi mutuati da altri ordinamenti giuridici: così, ad esempio, la legge portoghese del 1986 sull'arbitrato volontario ricomprende nell'attività dell'arbitro anche il completamento di un rapporto giuridico. Inoltre, ad onta del riferimento, nell'art. 1 della ley de 1988, alle questioni litigiose, non vi sarebbe da distinguere tra res dubia giuridica e res dubia economica, poiché la norma allude alle materie disponibili per le parti, nelle quali tale dicotomia non risulterebbe operante154.
Altra parte della dottrina, tuttavia, si è mostrata di avviso contrario, confermando le autorevoli riflessioni sviluppate nel vigore della legge del '53155. Del resto, il fatto che nella pratica non sia facile, a volte, distinguere, non deve condurre automaticamente alla conclusione che le due figure sono la stessa cosa.
Le leggi sull'arbitrato del 2003 e del 2011 non hanno innovato, sul punto, l'impianto scaturito dalla riforma del 1988156, mantenendo così il silenzio circa l'esclusione dalla disciplina dell'arbitrato della figura del terzo
154 Per tale riflessione cfr. XXXXX XXXXXXXXX, Derecho de arbitraje, cit., 24 ss., il quale ritiene altresì che tale distinzione sia puerile e sterile, e conduca a creare artificialmente la figura dell'arbitratore senza un espresso riconoscimento legislativo.
155 Cfr. REGLERO XXXXXX, El arbitraje: el convenio arbitral y las causas de nulidad del laudo en la ley de 0 xx xxxxxxxxx xx 0000, Xxxxxx, 0000, 140 ss.
156 Salvo il passaggio, con riferimento all'oggetto dell'arbitrato, dalle cuestiones litigiosas alle controversias, profilo che come si è visto è stato da taluni utilizzato per motivare in ordine all'assimilabilità arbitrato/arbitraggio. Tuttavia dottrina autorevole ha dato conto di come l'espressione cuestiones litigiosas andasse in realtà intesa in senso tecnico, cioè come controversie giuridiche vere e proprie, sulla base di precisi indici ermeneutici, tra i quali anche la stessa relazione al testo legislativo dell'88; su tali ultimi aspetti cfr. in particolare REGLERO XXXXXX, El arbitraje, cit., 140 ss.
incaricato di completare un rapporto giuridico. Tuttavia dottrina e giurisprudenza prevalenti hanno consolidato vieppiù il proprio orientamento teso ad affermare la differenza ontologica e funzionale tra i due fenomeni, che si esprime, in particolare, sul piano dell'attività richiesta al terzo e del regime del relativo responso157, la cui impugnabilità per manifesta iniquità è pacificamente ammessa158.
In conclusione, la figura dell'arbitrador non è contemplata dalla legge sull'arbitrato - anche solo per essere esclusa dal suo raggio applicativo - né è presa in considerazione, in termini generali, in altre sedi normative, sicché è principalmente soggetta alle norme che la regolano in casi specifici (ad esempio, artt. 1447 e 1690 del codigo civil); la determinazione del terzo arbitratore vincola le parti sul piano negoziale.
4. Arbitraje informal
Si è detto che la differenza tra arbitrato e arbitraggio si delinea anche con riferimento alla “decisione” del terzo. Infatti, il lodo dell'arbitro non è solo un atto che decide e risolve una controversia giuridica, ma è anche idoneo ad acquisire i crismi della cosa giudicata, donde – ad avviso dell'opinione prevalente159 – la “giurisdizionalità” dell'arbitrato in Spagna.
157 In giurisprudenza si vedano, ex mutis, Tribunal Supremo del 28 novembre 1988, n. 904, il quale afferma senza esitazione che gli arbitratori non intervengono per dirimere un conflitto relativo ad un rapporto giuridico già esistente, ma per completare o integrare quest'ultimo, concretizzando uno degli elementi di esso; Tribunal Supremo del 30 novembre 2010, n. 765; Tribunal Supremo del 2 novembre 2012, n. 635, che conferma, altresì, l'impugnabilità del responso dell'arbitratore; SAP Barcelona del 13 marzo 1992, secondo cui l'arbitro, dinanzi ad un litigio presente o futuro, e cioè un conflitto d'interessi potenzialmente idoneo a dar luogo a un pronunciamento giudiziale, emette un iudicium in litigio, mentre l'arbitratore, dinanzi ad un rapporto giuridico non litigioso, ma incompleto per la mancanza di accordo su un punto, emette un iudicium in negotio, per integrarlo nella fase di formazione. In dottrina, oltre agli autori già citati in precedenza, si segnalano anche XXXXXX XXXXXX, El arbitraje de derecho provado. Xxxxxxx xxxxx xx xx xxx 00/0000 xx 00 xx xxxxxxxxx xx Arbitraje, Cizur Menor, 2005; XXXX XXXXXX, in Xxxxx Xxxxxxxx Xxxxx (coordenador), Comentario a la nueva ley de arbitraje 60/2003, de 23 de diciembre, Madrid, 2004, 103; XXXXX XXXXXXX, Comentario a la xxxxx xxx xx xxxxxxxxx, Xxxxxxxx, 0000; XXXXXXX XXXXXXXXX, La compraventa con precio determinable, Madrid, 2001, 357 ss.; XXXXXXX XXXXXX, El negocio juridico de compraventa y permuta: comentarios, formularios, jurisprudencia: legislación basica y bibliografia, Valencia, 2010, 156; XXXXXXX XXXXX, La compraventa en el codigo civil: estudio sistematico de este contrato, Cordoba, 1999, 210; CREMADES SANZ- PASTOR, Xx xxxxxxxxx xx xxxxxxx xxxxxxx xx Xxxxxx, Xxxxxxxx, 0000, passim.
158 Cfr. XXXXXX XXXXXX, El arbitraje, cit.; inoltre il patto di rinuncia all'impugnazione della determinazione dell'arbitratore è contrario al diritto alla tutela effettiva ex art. 24 della Carta fondamentale spagnola. Si veda in tal senso Tribunal Supremo del 10 marzo 1986, n. 1168.
159 Sulla natura giurisdizionale dell'arbitrato spagnolo – spiegata, per lo più, in ragione della
Sennonché, pur consapevole di avere a che fare con un sistema straniero, il giurista italiano, nel momento in cui si entra nel campo della – se così si può dire – natura dell'arbitrato, non può fare a meno di por mente anche alla realtà, invero non solo italiana160, rappresentata dall'arbitrato libero.
Così, una volta appurato che arbitraggio e arbitrato integrano due fenomeni assolutamente distinti e che il secondo, a differenza del primo, è un equivalente della giurisdizione, il quesito che sorge è se il sistema spagnolo conosca anche l'arbitrato negoziale.
In realtà, come si è visto, quello che generalmente in Spagna è definito come arbitraje informal - proprio per distinguerlo dall'arbitrato per così dire ufficiale, equiparabile al nostro arbitrato rituale - è stato preso in considerazione dal legislatore già nel '53. Sennonché l'art. 3 della ley de 1953, sostanzialmente confermato dalla riforma del 1988, dopo aver ricordato che l'arbitrato, per essere efficace, doveva conformarsi alle prescrizioni della stessa legge regolatrice, aggiungeva che nondimeno “cuando, en cualquier otra forma, dos o más personas hubieren pactado la intervención dirimente de un tercero y hubieren aceptado expresa o tácitamente su decisión después de emisión, el acuerdo será válido y obligatorio para las partes si en él concurren los requisitos generales para la eficacia de un convenio”.
In tal modo si attribuiva validità ed efficacia all'intervento risolutivo di un terzo, pattuito in qualunque altra forma con un accordo che avrebbe vincolato le parti sul piano negoziale, laddove presentasse i requisiti generali per l'efficacia del contratto e l'accettazione della “decisione” del terzo fosse posteriore alla sua emissione.
Ovviamente tale disposizione, sia nella versione originaria, sia in quella riproposta nell'88, ha incuriosito la dottrina italiana. Solo per alcuni, peraltro, essa ha costituito l'affermazione dell'arbitrato libero nel sistema
processualità dell'istituto e degli effetti del lodo - cfr., ex multis, XXXXX FENOLL, Jurisdiccion y proceso: estudios de ciencia jurisdiccional, Barcellona, 2009, passim; LORCA NAVARRETE, Xxxxxxx xx xxxxxxxxx, xxx., 00 xx.; XXXXXX XXXXXX, El arbitraje, cit., 42; in giurisprudenza si veda l'importante pronuncia del Tribunal Constitucional del 4 ottobre 1993, n. 288, secondo cui l'arbitrato è un equivalente jurisdiccional mediante il quale le parti possono raggiungere i medesimi risultati della giurisdizione civile.
160 Cfr. la panoramica proposta da XXXXXXXXX, La natura, cit., passim.
spagnolo161, mentre per altri, in realtà, è come se la norma avesse rappresentato, all'esito di un destino di “alterne fortune”, una sorta di sbarramento, seppur non proprio chiaro, per l'arbitrato negoziale nell'ordinamento iberico162.
Invero, prima della riforma degli anni '50, dunque nell'ambito di un sistema che ruotava intorno all'arbitrato processuale (e al giudizio di amichevoli compositori) delineato dalla LEC, l'arbitrato libero era stato ammesso sia dalla dottrina sia dalla giurisprudenza, da quest'ultima peraltro con arresti finanche anteriori alla decisione della Cassazione torinese del 1904163.
Il ragionamento di fondo a sostegno di tale impostazione si basava sul principio di autonomia negoziale di cui all'art. 1255 del codigo civil, il quale avrebbe senza opposizioni legittimato un qualunque accordo - diverso dal compromesso delineato dagli artt. 1820 e 1821 del codice in relazione alla legge processuale – finalizzato a deferire a un terzo la soluzione vincolante di una controversia. In tal caso, se fosse risultato che la volontà delle parti non fosse diretta alla sostituzione dell'autorità giudiziaria ricorrendo all'arbitrato processuale o al giudizio di amichevoli compositori, ci si sarebbe trovati dinanzi ad un negozio perfettamente valido e lecito164. Onde, in senso stretto, il compromiso era da intendere come l'accordo mediante il quale le parti sottopon[evano] la controversia al giudizio speciale dell'arbitro (processuale) o di amichevoli compositori165
In tale ottica il lodo costituiva la conseguenza prevista e voluta nella convenzione originaria, da eseguirsi in buona fede; colui che avesse chiesto l'adempimento del lodo avrebbe operato nel senso indicato dal contratto,
161 SCHIZZEROTTO, Arbitrato improprio, cit., 6 ss.
162 XXXXXXXXX, La natura, cit., 59 ss.
163 Cfr., ad esempio, Tribunal Supremo del 13 marzo 1894 e del 19 maggio 1896.
000 X. XXXXXX XXXXXX, El arbitraje, cit., 4 ss. L'Autore citato ricordava pure che, nella materia commerciale, tale arbitrato “improprio” era stato ammesso per la risoluzione di contrasti tra commercianti, sulla base di meccanismi che potevano prevedere l'assegnazione alle camere di commercio della funzione d'intervenire nelle controversie coinvolgenti i soggetti dei quali venivano rappresentati gl'interessi; oppure l'attribuizione al Consulado de la Lonja de Valnencia (dipendente dalla camera di commercio) della risoluzione paritaria delle liti sorte nella interpretazione e adempimento dei contratti di compravendita.
165 Cfr. CASTAN, Derecho civil español, cit., 411 ss.
avendo esso natura negoziale166.
A dire il vero, la dottrina sul punto non aveva fatto altro che registrare l'indirizzo della giurisprudenza del Tribunal Supremo, che già si era espresso
- in ragione del sistema di libera contrattazione accettato dal codice civile spagnolo per tutto ciò che non contrastasse con la legge, la morale e l'ordine pubbligo (art. 1255 codigo civil) – nel senso del riconoscimento come leciti e obbligatori di quegli accordi mediante i quali le parti sottoponevano la decisione di una controversia a persone di loro fiducia e competenza, che per le loro conoscenze avrebbero risolto il conflitto senza bisogno di sottostare alle rigidità del procedimento. E così aveva distinto il contratto di compromesso vero e proprio, definibile come “giudiziale” e che avrebbe richiesto i requisiti di cui al titolo V libro II della ley de enjuiciamiento civil, dalle altre convenzioni in virtù delle quali i contraenti, prescindendo dal formalismo processuale, preferivano, sia per la fiducia riposta nel terzo, sia per le di lui conoscenze tecniche, ovvero per altre ragioni, sempre che non fosse illecito, che gli fossero risolte le controversie con semplicità, rapidità e sommarietà, senza le formalità previste dalla legge processuale. In tali casi non avrebbero trovato applicazione, in particolare, gli artt. 792 e 828 della ley de enjuiciamiento civil , in punto di forma del compromesso167.
Il Supremo organo giurisdizionale iberico aveva pure specificato, analizzando pertanto il profilo per così dire strutturale dell'arbitrato negoziale, che quando le parti, per la soluzione di una controversia, chiedono l'intervento dirimente di un terzo al di fuori degli schemi relativi all'arbitrato processuale o al giudizio di amichevoli compositori, in realtà danno luogo ad un meccanismo che conduce ad una transazione, che per nessuna legge sarebbe stata soggetta a forme speciali per la sua validità ed efficacia168.
166 XXXXX DE XXXX, Cuestiones practicas. Laudo por virtud de contrato privado, in
Revista de derecho privato, 1915, 236-237.
167 Cfr. Tribunal Supremo 24 giugno 1927, n. 185; per altri arresti sostanzialmente conformi v., tra gli altri, Tribunal Supremo 30 dicembre 1944, n. 101; 14 marzo 1933, n. 150; 10 dicembre 1912, n. 99.
168 Tribunal Supremo 25 aprile 1902, n. 117; in dottrina, per spunti in tal senso, cfr. XXXXXXXXX XXXXXX, Notas sobre la nueva ley de arbitraje, in La Ley-Legislacion, 1989, 118 ss. Come si è accennato, l'idea dell'arbitrato irrituale quale arbitraggio nella transazione o comunque come un mandato a risolvere la lite mediante una soluzione transattiva è stata propugnata nel sistema italiano da una parte degli interpreti e della giurisprudenza. Per una ricostruzione in tal senso cfr., tra gli altri, BOVE, Sub art. 808
La riforma arbitrale del 1953 ha messo indubbiamente in crisi l'orientamento testé descritto, posto che ha inteso far scattare il vincolo, sul piano negoziale, al momento dell'accettazione (espressa o tacita) per così dire postuma del lodo.
La dottrina spagnola, consapevole della “storia” dell'arbitrato impropio, si è opportunamente interrogata sull'inquadramento sistematico da dare al fenomeno preso in considerazione dall'art. 3 della LADP e della LA169; si è chiesta, sostanzialmente, se esso fosse o meno un arbitrato, ancorché informale170.
Accanto a tale interrogativo, invero, si era posto un ulteriore dubbio, xxxx a far emergere la contraddittorietà di un ordinamento che prevedeva, da un lato, un arbitrato capillarmente regolato sul piano processuale e, dall'altro, un arbitrato deformalizzato ma parimenti vincolante.
Nel tentativo di dare un senso alla legge sull'arbitrato e al suo art. 3 la soluzione che è prevalsa ha considerato il meccanismo di cui alla norma citata non già un arbitrato, ma qualcosa di più simile ad una conciliazione, giacché quest'ultima si caratterizza, tra l'altro, per la nascita del vincolo negoziale in ragione dell'accettazione del “risultato” successiva all'emissione del responso del terzo; mentre l'arbitrato vincola quando la soggezione al risultato è preventiva171. Con l'espressione despues de emisión (o de emitida) è come se il legislatore iberico, dopo aver riconosciuto l'arbitrato negoziale, lo avesse improvvisamente privato di efficacia172.
Si è così rilevato che l'ordinamento spagnolo, con la LADP e la LA, ha
ter, cit., 65 ss.; XXXXXXX, voce Arbitrato irrituale, in Noviss. dig. it., I, 2, Torino, 1958, 846 ss.; BIAMONTI, voce Arbitrato, cit., 946.
169 Con riferimento all'art. 3, comma 2, della LA è stato anche fatto presente che una redazione meno “complicata” della norma sarebbe stata preferibile, dato che nella dottrina italiana si è pensato ad essa come esempio di configurazione unica dell'arbitrato libero. Cfr. XXXXXXXXX XXXXXX, Notas, cit., con riferimento a SCHIZZEROTTO.
170 Più voci autorevoli hanno peraltro puntualizzato che concettualmente, dal punto di vista oggettivo/funzionale, l'arbitrato informale, al di là del problema relativo alla sua efficacia o meno nell'ordinamento iberico, è pur sempre finalizzato alla composizione di una controversia, sicché dev'essere tenuto distinto dall'arbitrio de tercero. Cfr. in tal senso XXXX XXXXXX, Arbitrio de un tercero, cit.; XXXXX XXXXXXX, Comentario, cit., 102 ss.
171 REGLERO XXXXXX, El arbitraje, cit., 134 ss.; GUASP, El arbitraje, cit., 66 ss.; XXXX XXXXXX, Arbitrio, cit.; per spunti giurisprudenziali sul punto si vedano, ex multis, Tribunal Supremo 8 ottobre 1963, n. 4074; Tribunal Supremo 14 giugno 1968, n. 3184.
172 GUASP, El arbitraje, cit., 66 ss.
messo a confronto due opposte esigenze: da un lato il principio di autonomia negoziale, dall'altro la necessità che comunque l'autonomia privata si esprima mediante attività non contrarie alla legge, alla morale e all'ordine pubblico. E la prima esigenza ha dovuto cedere il passo alla seconda.
In un siffatto sistema, dunque, l'arbitrato doveva essere conforme alla legge, cioè era concepibile solo l'arbitrato appositamente regolato dal legislatore; a ciò si aggiunge il rilievo in base al quale laddove si fosse trattato di derogare alla giurisdizione sarebbero occorsi rigorosi controlli, non potendosi al contrario dar spazio, in tutta la sua espressione, al principio di autonomia privata173.
L'idea prevalente, nel vigore della LADP e poi della LA era che, se le parti volevano vincolarsi preventivamente al lodo, dovevano ricorrere all'arbitrato processuale positivamente regolato; se volevano qualcosa di diverso, potevano vincolarsi a posteriori, accettando espressamente o tacitamente la già emessa decisione174
D'altro canto, non sono mancate voci a sostegno dell'operatività dell'arbitrato informale, ad onta dell'accettazione del lodo dopo la sua emissione. Si è altresì messo in evidenza che, in siffatta ipotesi, l'atto risolutivo della controversia sarebbe soggetto all'impugnativa negoziale175
La (prevalente) tesi restrittiva in ordine all'ammissibilità dell'arbitrato libero è stata confermata pure a seguito della riforma del 2003, la quale ha eliminato qualunque riferimento alla figura già delineata dall'art. 3 della LADP e della LA. Invero, ad essere più precisi, pur nel silenzio della legge, ad avviso dell'indirizzo consolidato nulla è cambiato rispetto a quanto disposto dalla LADP e dalla LA: è possibile rimettere ad un terzo, in via “informale”, la soluzione di una controversia, senza dunque attenersi alle
173 Senza contare che, se fosse prevalso il principio di autonomia negoziale, non si sarebbe capito il senso di un'apposita disciplina dell'arbitrato, né della ricerca di un arbitrato con effetti meramente obbligatori. Per questi spunti cfr. REGLERO XXXXXX, El arbitraje, cit., 134 ss.; GUASP, El arbitraje, 66 ss.
174 REGLERO XXXXXX, El arbitraje, cit., 134 ss.
175 Dunque per incapacità delle parti o del terzo; per errore sostanziale, violenza, dolo, eccesso di mandato. Con riferimento al dolo, inoltre, si sarebbe posta l'esigenza di distinguere tra dolo imputabile alle parti e dolo imputabile al terzo: nel primo caso si sarebbe trattato di un comportamento illecito della parte che avrebbe tratto in inganno l'altra portandola ad una manifestazione di volontà che, altrimenti, non avrebbe espresso; nel secondo ci si sarebbe trovato dinanzi ad un lodo iniquo. Cfr. per tale ricostruzione XXXXX XXXXXXXXX, Derecho de arbitraje, cit., 24 ss.
regole predisposte per l'arbitrato, purché l'accordo contenga i presupposto essenziali del contratto e la decisione venga accettata – espressamente o tacitamente - dopo la sua emissione176.
Par d'intuire, allora, che nel sistema spagnolo la dualità arbitrale tipica del nostro ordinamento non è presente. Dagli anni '50 in poi l'idea che si è saldamente affermata concepisce, come mezzo risolutivo di controversie vincolante sin dall'accordo compromissorio, soltanto l'arbitrato processuale regolato dalla legge177. Del resto la legge stessa attribuisce alle parti significativi poteri in ordine al procedimento arbitrale, che tuttavia, ancorché deformalizzato, sfocia in ogni caso in un lodo idoneo al giudicato. Sarebbe pur sempre - volendo ricorrere alle categorie del giurista italiano – un arbitrato rituale.
5. Peritacion dirimente
Accanto all'arbitrato (anche negoziale) e all'arbitrio de tercero, dottrina e giurisprudenza spagnole si sono trovate a fare i conti anche con una figura accostabile a quella che nel nostro sistema è nota come perizia contrattuale
Xxxxxx, un primo aspetto, non certo decisivo ma sicuramente curioso, che caratterizza il sistema spagnolo attiene al profilo terminologico del problema. Invero, alcuni si riferiscono al fenomeno in questione chiamandolo, tra l'altro, peritacion dirimente, pericia contractual o, ancora, dictamen arbitral. Ad ogni modo, in ogni tentativo di spiegazione e ricostruzione vengono riportati diversi casi, ciascuno oggetto di apposita disposizione normativa.
Tra tali casi, i più significativi e ricorrenti sono tre, rispettivamente
176 Cfr. XXXXXX XXXXXX, El arbitraje, cit., il quale giustifica tale soluzione in ragione del principio di autonomia negoziale ex art. 1255 cod. civ., salvo, per così dire, il limite della posteriore accettazione; XXXXX XXXXXXXX, Arbitraje en el mundo y en españa. Una visione estadistica, xxxx.xx, 2010, 29; CREMADES SANZ-PASTOR, El arbitraje, cit., ad avviso del quale la decisione del terzo per le parti ha valore di transazione. Per quanto concerne la giurisprudenza, valgono le medesime considerazione già sviluppate sotto la vecchia disciplina. In tal senso non pare superfluo ricordare SAP Barcelona 13 marzo 1992, che rileva come il vincolo negoziale derivi non già dalla convenzione iniziale ma dall'accettazione posteriore all'emissione della decisione; SAP Cordoba 20 settembre 1996.
177 A parte figure di arbitrato speciale regolati in apposite sedi legislative (ad esempio, in materia di lavoro, consumo, proprietà intellettuale ecc.). Cfr. l'art. 1, commi 3 e 4, della Ley de Arbitraje de 2003.
regolati dagli artt. 1598 del codigo civil, 327 del codigo de comercio, 38 della ley n. 50 del 1980 in materia assicurativa.
Sulla base della prima disposizione, dettata in materia di appalto, se è stabilito che la opera debba essere realizzata a “soddisfazione” del committente, in mancanza di conformità l'approvazione è da intendersi soggetta al giudizio peritale, che se proviene da un terzo è vincolante.
La seconda norma concerne invece la compravendita, in particolare la compravendita in base a campioni o determinate qualità conosciute nel mercato. Vi si prevede che, in siffatte ipotesi, il compratore non può rifiutare di ricevere i generi contrattati, se sono conformi ai campioni o alla qualità fissata nel contratto. Se tuttavia il compratore non accetta tale ricezione, le parti nominano dei periti, i quali stabiliscono se i beni sono o no da ricevere. Nel primo caso, la vendita si considera “consumata”; nel secondo caso, il contratto verrà sciolto, impregiudicato l'eventuale risarcimento in favore del compratore.
Infine, l'ultima norma presa in esame si occupa della materia assicurativa sostanzialmente riproponendo, per quanto interessa ai fini del presente scritto, quanto disposto dall'originaria (poi abrogata) disciplina del codigo de comercio agli artt. 406 ss. L'art. 38 della legge citata, concernendo l'assicurazione contro i danni, stabilisce tra l'altro che, in mancanza di accordo, le parti nominano un collegio di periti che accerta, con responso vincolante, le cause del sinistro, l'ammontare dei danni e le altre circostanze rilevanti per la determinazione dell'indennizzo.
Anche gl'interpreti spagnoli, come gli omologhi italiani, hanno incontrato non poche difficoltà nel tentativo di collocare l'istituto in questione in una precisa dimensione giuridica.
Nel nostro sistema, come si è visto, il panorama delle tesi propugnate è notevolmente eterogeneo178.
Una situazione simile ha caratterizzato e caratterizza il sistema iberico, benché, in realtà, siano da registrare non irrilevanti peculiarità.
6. Peritos come arbitri speciali
I primi interventi, in ordine all'inquadramento sistematico delle ipotesi
178 Cfr. supra, cap. II
in cui i periti venivano chiamati ad emettere un responso vincolante circa il quantum di un indennizzo ovvero su altri elementi di fatto, qualificavano tali casi come arbitrati speciali.
In effetti, le fattispecie più ricorrenti nella casistica giurisprudenziale riguardavano l'attività peritale di cui alla disciplina degli ormai abrogati artt. 406-407 del codigo de comercio in materia di assicurazione contro gl'incendi. Secondo l'idea dominante, il vincolo, prodotto dalla “decisione” del perito (o dei periti) sugli elementi tecnici accertati, giustificava la conclusione in base alla quale tale attività non dava luogo alla produzione di una prova, ma ad un arbitrato, ancorché speciale, poiché distinto da quello all'epoca vigente, delineato dalla LEC secondo i modelli del giudizio arbitrale e del giudizio degli amichevoli compositori.
Si può così notare una strettissima relazione tra l'opzione giurisprudenziale – antecedente alla riforma del '53 - a favore dell'arbitrato libero e la tesi della ricostruzione del giudizio peritale come fenomeno arbitrale speciale. Autorevole dottrina ha rilevato che ipotesi di – chiamiamola così – perizia arbitrale sono rinvenibili in concreti casi giurisprudenziali noti per aver condotto all'affermazione dell'arbitrato libero in Spagna179
Più analiticamente, il Supremo Tribunale iberico riteneva che l'atto dei periti, nominati per quantificare i danni ovvero per valutare il sinistro e le cause di esso, non potesse essere inteso come un giudizio meramente istruttorio e informativo, ma come un giudizio di fatto sui punti indicati, definibile in termini di arbitrato speciale. Pertanto tale responso era da ritenersi vincolante per le parti e poteva essere impugnato nel caso in cui periti avessero espletato la propria attività su elementi non rimessi al loro apprezzamento, oppure avessero agito con dolo o grave negligenza180.
Invero, oltre un secolo fa, un autore spagnolo, in un prezioso lavoro monografico, tentò di razionalizzare la copiosa casistica di cui si sta
179 XXXXXXXXX, Notas, cit., con riferimento, tra le altre, alle sentenze del Tribunal Supremo 13 marzo 1894 e del 24 giugno 1927.
180 In questi termini Tribunal Supremo del 19 maggio 1896, n. 205; Tribunal Supremo del 12 novembre 1943, n. 48; si vedano anche Tribunal Supremo del 2 marzo 1915, n. 106; Tribunal Supremo del 5 maggio 1953, n. 80, in cui si afferma che, affinché il responso peritale abbia tale forza (ed efficacia) vincolante, è necessario che i periti affermino chiaramente ed espressamente l'elemento di contrasto sottoposto al loro arbitrato speciale, senza fornire dubbi e contraddizioni.
trattando, proponendo un inquadramento sistematico del “giudizio peritale”181.
Tale opera rilevava come fosse frequente nella prassi che i privati sottoponessero all'apprezzamento vincolante di esperti (a seconda del settore nel quale fosse necessaria la loro opera: ingegneri, medici, agronomi, ecc.), per esempio, la valutazione delle cause e dell'ammontare dei danni di un incendio di un immobile o di altri beni assicurati, la determinazione del valore di opere realizzate, la valutazione circa la corrispondenza di un'opera alle condizioni pattuite, e così via. Ebbene, secondo la ricostruzione ivi proposta, tale casistica - non presa affatto in considerazione dalla legge e, pertanto, destinata ad una sorta di anarchia giurisprudenziale – dava luogo ad ipotesi non già di mezzo di prova ma di arbitrato per così dire speciale. In particolare – volendo considerare l'arbitrato processuale come una semplificazione del processo statale e il giudizio degli amichevoli compositori come una semplificazione del giudizio arbitrale – si sarebbe trattato di una semplificazione del giudizio di amichevoli compositori; una sorta di giudizio di amichevoli compositori senza le “solennità” legali delineate dalla LEC.
Inoltre il giudizio peritale non doveva necessariamente essere limitato a punti di fatto, potendo invero la competenza dei periti estendersi anche ai profili di diritto e cioè, come per l'arbitrato, alla controversia giuridica nel suo complesso. Solo che, a differenza di quanto affermato da una parte della giurisprudenza favorevole all'arbitrato libero, tale giudizio doveva rimanere distinto dalla transazione, essendo, per così dire, strutturalmente assimilabile all'arbitrato.
Del resto, giurisprudenza e dottrina spagnole della prima metà del XX secolo avevano affermato più volte che gli accordi, da loro ritenuti ammissibili, per porre in essere un arbitrato per così dire extra LEC, e cioè l'arbitrato libero, si spiegavano spesso in ragione delle cognizioni e delle specializzazione delle persone scelte come decidenti182.
Volendo concludere sul punto, secondo l'orientamento qui analizzato il patto mediante il quale le parti sottoponevano al giudizio vincolante di
181 COSTA, El juicio pericial (de peritos, prácticos, liquidadores, partidores, terceros, etc.) y su procedimiento: una institución procesal consuetudinaria, Madrid, 1904, passim.
182 Cfr. XXXXXX XXXXXX, El arbitraje, cit., 4 ss.
esperti una questione tecnica, purché non contrario alla legge, alla morale e all'ordine pubblico, era valido e dava luogo ad un meccanismo di composizione di contrasti diverso dai giudizi arbitrali delineati dalla LEC. La disciplina di un siffatto fenomeno era da rintracciarsi, tendenzialmente, nell'ambito negoziale183.
7. El perito arbitrador
Indubbiamente, con l'avvento della legge sull'arbitrato del 1953 e poi con la riforma dell'88, il panorama delle idee in campo è notevolmente cambiato.
Senza trascurare le riflessioni dell'orientamento descritto nel paragrafo precedente, la dottrina spagnola ha fortemente criticato l'idea dell'assimilazione dei casi di perizia dirimente a esempi di arbitrati speciali.
Così, secondo un primo orientamento, che pure nelle ipotesi classiche di cui agli artt. 327 e 407 del codigo de comercio ravvisa interventi di terzi volti a comporre un conflitto, la tesi dell'arbitrato speciale è stata sposata solo per dare un senso all'effetto vincolante dell'atto peritale, ma in realtà non di arbitrato si tratterebbe, quanto piuttosto di una prova legale. Sennonché poi si ammette la forzatura anche di una siffatta lettura, e si conclude rilevando che comunque, nella ipotesi analizzate, il terzo assume una funzione peculiare per cui, non essendo riconducibile a quella dell'arbitro in senso stretto, può in generale essere definito “arbitratore”184, sulla base di una logica, per così dire, di residualità.
Secondo una tesi più elaborata185, l'equivoco nasce nel momento in cui si pretende di attribuire autonomia giuridica alla figura del perito, essendo in realtà la perizia solo una qualità personale, appartenente, a seconda dei casi
183 Cfr. Tribunal Supremo del 5 novembre 1957, n. 671: sorta controversia rispetto al costo delle opere di costruzione di una torre assegnata dal convenuto all'attore, per dirimere il contrasto ed evitare l'azione giurisdizionale, le parti convennero di sottoporsi al responso vincolante di un perito in ordine a tale valore, predisponendo regole procedurali. Il Tribunale Supremo qui afferma che intanto le parti sono vincolate in quanto i periti rispettino strettamente le norme sostanziali e procedimentali pattuite, tra le quali anche la fissazione del termine massimo per l'emissione del responso, non potendosi al contrario far riferimento a quanto in proposito stabilito per il giudizio arbitrale negli art. 827 ss. LEC; si veda anche Tribunal Supremo del 6 luglio 1927, n. 26.
184 GUASP, El arbitraje, cit., 66 ss.
185 XXXX XXXXXX, El arbitrio, cit., passim
e delle funzioni svolte, all'arbitro o all'arbitratore186. Donde la necessità, con riferimento ai casi più studiati d'intervento del perito, di ricavare il tipo di attività che di volta in volta veniva in gioco: se si tratta di attività di completamento negoziale, il perito svolge la funzione dell'arbitratore (definibile come pericial187); se si tratta di risolvere una controversia giuridica, l'esperto assume le vesti dell'arbitro.
Nelle ipotesi normative citate – art. 327 e abrogati artt. 406 ss. cod. com.; art. 1598 cod. civ. -, pur potendosi riscontrare un conflitto d'interessi alla base dell'intervento del terzo esperto, non sarebbe possibile individuare una controversia giuridica in senso stretto, ossia ciò che darebbe luogo ad un arbitrato. L'elemento caratterizzante di tali fattispecie sta solo nell'esperienza del terzo, ma il tipo di attività svolta è in tutti i casi negoziale: nell'art. 327 cod. com e nell'art. 1598 cod. civ., l'approvazione ovvero la disapprovazione della prestazione integra un'attività che si realizzerebbe nell'adempimento di ogni obbligazione ad opera delle parti ma che può essere rimessa ad un terzo, che espleterebbe una funzione lato sensu negoziale, dunque di arbitratore; nell'ipotesi di cui agli abrogati artt. 406-407 cod. com. il perito determinerebbe l'oggetto della prestazione a cui si obbliga(va) l'assicuratore, onde assumerebbe le classiche vesti dell'arbitrador188.
L'equiparazione tra perito e arbitratore nel sistema iberico è stata affermata anche da parte della dottrina e dalla giurisprudenza più recenti189.
186 Del resto parte della giurisprudenza, con riferimento a classiche ipotesi di arbitramento, come quella ex art. 1447 cod. civ., si era espressa in termini di arbitraje pericial. Cfr. sul punto XXXXXX XXXXXX, El arbitraje, cit., 4 ss.
187 Ma si vedano anche i passaggi, con richiami giurisprudenziali, in XXXXXX XXXXXX, El arbitraje, cit., 4 ss., con riguardo alla fattispecie ex art. 1447 cod. civ., ove l'attività di determinazione del prezzo da parte del terzo è descritta come arbitraje pericial.
188 Per tali spunti x. XXXX XXXXXX, El arbitrio, cit., passim; sulla stessa linea REGLERO XXXXXX, El arbitraje, cit. 134 ss., il quale rileva che nelle fattispecie analizzate il terzo non opera mai come arbitro, posto che non risolve una controversia giuridica. Al contrario, il perito interviene esclusivamente su elementi di fatto, e non sempre in situazioni conflittuali, ché, anzi, nell'art. 327 cod. com. si limita semplicemente ad accertare il presupposto di fatto da cui la legge trae la conseguenza giuridica prevista dalla norma. Insomma, il perito, nelle ipotesi contemplate, non dichiara mai i diritti e gli obblighi delle parti, ma accerta elementi di fatto in funzione integrativa di un rapporto giuridico. È, dunque, un arbitratore.
189 V., con riferimento all'art. 327 cod. com., XXXXXXXX XXXX-XXXXXX, El arbitraje, cit; in giurisprudenza, ex multis, in ordine alla fattispecie ex art. 1598 cod. civ., Tribunal Supremo del 22 luglio 1995, n. 744; Audencia Provincial de Madrid del 26 gennaio 2012, n. 13
8. L'oggetto dell'arbitrato
Evidentemente, alla base dell'impostazione considerata nel precedente paragrafo stanno, da un lato le “vicende” relative all'arbitraje informal190; dall'altro le riflessioni intorno all'oggetto dell'arbitrato.
Proprio con riferimento a quest'ultimo punto, la dottrina spagnola ha voluto distinguere l'arbitrato dagl'istituti affini, ponendo in rilievo il fatto che il primo può avere ad oggetto solo una controversia giuridica191.
Invero, contrasto, disaccordo, conflitto d'interessi sono tutti termini perfettamente accostabili anche all'arbitraggio e alla perizia contrattuale, ma quando la legge sull'arbitrato fa riferimento ai conflitti, alle questioni litigiose o, da ultimo, alle controversie, intende qualcosa di ben definito e specifico: il contrasto giuridico, che presuppone, da un lato, un conflitto d'interessi e, dall'altro, un conflitto sulla tutela giuridica di tali interessi.
Per l'opinione dominante funzione unica dell'arbitrato è quella di dare soluzione ad una lite vertente su diritti, onde non vi sarebbe mai arbitrato quando le parti controvertono solo in ordine ad un elemento di fatto e chiedono per ciò solo l'intervento risolutivo di un terzo. Insomma, la questione è litigiosa ai sensi della legge sull'arbitrato, ovvero la controversia è idonea ad essere risolta mediante arbitrato, quando le parti chiedono al terzo, con riferimento ad un rapporto giuridico preesistente, l'accertamento dei loro diritti. Il risultato dell'arbitrato è di porre fine alla lite dispensando tutela giuridica, dunque attribuendo diritti e imponendo obblighi.
Ciò è peraltro possibile pure quando gli arbitri sono scelti in virtù delle loro competenze tecniche, potendo le parti chiedere non solo l'accertamento dell'elemento di fatto, ma anche la dichiarazione delle conseguenze giuridiche di tale accertamento. Al contrario, non è possibile ricorrere agli arbitri per ottenere solo la soluzione di una questione di fatto192.
190 Cfr. par. 3
191 Benché una parte della dottrina abbia pure messo in evidenzia come in altre legislazioni sia possibile sottoporre ad arbitrato anche specifiche questioni, e si porta l'esempio del bindend advies olandese, che può condurre, tra l'altro, alla constatazione dello stato di alcuni beni, oppure alla determinazione del quantum di un indennizzo. Cfr. XXXXX XXXXXXXXX, Derecho de arbitraje, cit. Il fenomeno del bindend advies integra peraltro un arbitrato negoziale. V. sul punto XXXXXXXXX, La natura, cit., 38 ss.
192 Sull'inidoneità della via arbitrale per decidere semplici questioni di fatto e, più in generale, sull'oggetto dell'arbitrato REGLERO XXXXXX, El arbitraje, cit., 168 ss.; XXXX XXXXXX, Arbitrio, cit., passim; XXXXXX XXXXXX, El arbitraje, cit., 125 ss.; XXXXX XXXXXXX, Comentario, cit., 162 ss.; XXXXXXXX SAN XXXX', Arbitraje y
Così, se le parti di un contratto di assicurazione incaricano l'esperto solo della determinazione del quantum del risarcimento, esse sono vincolate bensì a tale responso, ma ben possono mettere in discussione i profili relativi all'an del diritto risarcitorio, posto che l'attività peritale non è affatto un arbitrato; viceversa, se incaricano il terzo anche dell'accertamento sull'an, allora entra in gioco un arbitrato, il cui risultato è per le parti vincolante anche rispetto alle conseguenze giuridiche.
Conclusione fisiologica di tale impostazione è che, quando le parti limitano l'incarico del terzo alla fissazione di un elemento di fatto – prezzo, valore, indennizzo ecc. -, danno luogo non già ad un arbitrato ma ad un arbitrio de tercero.
Pertanto le ipotesi normative citate non integrerebbero fenomeni arbitrali, poiché l'intervento peritale non è contemplato per dichiarare le conseguenze giuridiche circa il rapporto controverso – adempimento, risoluzione e così via -, ma semplicemente per accertare un elemento di fatto relativo a tale rapporto.
9. Dictamen arbitral
Nel panorama delle opinioni propugnate in tema di perizia contrattuale nell'ambiente spagnolo, spicca, per così dire, per la sua originalità una tesi193 che pare affrontare il problema muovendo dagli studi fondamentali in materia, ossia quelli della dottrina tedesca della Schiedsgutachten, ripresi poi dalla dottrina italiana.
Secondo la ricostruzione qui considerata, espressa l'indomani della riforma arbitrale dell'88, il legislatore iberico, dopo aver rinnegato l'arbitrato libero all'art. 3, doveva non solo ribadire la distinzione tra arbitrato e arbitraggio ma anche distinguere i primi due da una terza figura: il dictamen arbitral, equivalente della Schiedsgutachten tedesca e dell'italiana perizia contrattuale.
Infatti, a differenza dell'arbitrio de tercero – con il quale ha in comune il carattere di negozio giuridico di diritto privato – la perizia non presuppone
jurisdiccion: incompatibilidad y vias de exclusion, Granada, 2002, 33-34; O'XXXXXXXXX XXxXX, El oscuro objeto del arbitraje, in Economist & Jurist, 2008, n. 118, 114.
193 XXXXXXXXX XXXXXX, Notas, cit., 118 ss.
un rapporto giuridico incompleto. L'attività del perito è di accertamento e fissazione di elementi di fatto, non già integrativa o di configurazione giuridica. La determinazione dell'arbitratore rimanda ai concetti di equità o iniquità, mentre il responso peritale a quelli di correttezza o scorrettezza.
Contrariamente poi all'arbitrato, la perizia contrattuale non serve a risolvere una controversia giuridica, ma solo a fissare elementi di fatto (in virtù delle cognizioni dell'esperto) in maniera vincolante non soltanto per le parti ma anche per il tribunale o per gli arbitri eventualmente aditi per la decisione della controversia nel suo complesso.
Si specifica che i periti si occupano solo dell'elemento di fatto; lavorano esclusivamente, per così dire, nel campo della premessa maggiore del sillogismo di applicazione del diritto, senza pronunciarsi sugli effetti giuridici finali derivanti da quanto accertato.
D'altro canto, non sempre si pone il problema della controversia giuridica. Molte volte l'eliminazione dell'incertezza con il dictamen arbitral evita che sorga il litigio.
Secondo tale lettura, rientrano nell'ambito applicativo della perizia contrattuale le ipotesi normative relative al peritaje sul quantum risarcitorio e/o sulle cause del sinistro, nonché le fattispecie di cui agli art. 327 cod. com. e 1598 cod. civ.
In particolare, in ordine all'ipotesi contemplata dall'art. 327 cod. com., pare utile segnalare che la prevalente dottrina considera tale tipologia contrattuale speciale una forma di vendita pura e semplice, nel senso che è ben vero che la merce deve corrispondere al campione o alla qualità pattuita, ma ciò non influisce sulla conclusione del contratto, quanto semmai sulla fase esecutiva di esso194.
La tesi esposta in questo paragrafo, come si è accennato e come si avrà modo di vedere nel capitolo successivo in maniera più analitica, non sembra troppo distante da impostazioni sostenute in seno al dibattito italiano195.
194 LANGLE X XXXXX, Derecho mercantil español, Barcelona, 1959, 185.
195 Essa, infatti, va ricordata anche per aver espresso qualche perplessità in ordine all'effettività dell'esclusione dell'arbitrato negoziale da parte della legge arbitrale dell'88, e per aver affermato che l'idea dell'ammissibilità di tale fenomeno è ben concepibile, anche in virtù dei contributi della dottrina italiana. Per l'A. citato, se male non s'intende, l'arbitraje impropio consiste, peraltro, non già in un vero arbitrato ma in un arbitraggio nella transazione o nel negozio di fijacion juridica (accertamento). Ad ogni modo, non possono sfuggire i significativi punti di contatto con le riflessioni di una parte degl'interpreti italiani. Pur consapevole che la questione merita ben altro tipo di
Non pare fuori luogo accennare – salvo poi approfondire più avanti - anche al fatto che, nel nostro sistema, per una parte degl'interpreti e per la giurisprudenza la perizia contrattuale è strutturalmente riconducibile all'arbitrato libero, dal quale si differenzia in ragione dell'oggetto: l'arbitrato è finalizzato alla soluzione di una controversia giuridica; la perizia conduce alla soluzione di una questione tecnica, comunque rilevante nell'ambito di un rapporto preesistente196.
10.Riflessioni conclusive
Come si potrà apprezzare nel prossimo capitolo, chi, nel nostro sistema, ritiene che la perizia contrattuale sia un fenomeno arbitrale197, talora muove dall'osservazione secondo cui sovente, nell'ambito di un rapporto, il contrasto si può sviluppare solo con riferimento ad uno o più elementi di pregnanza tecnica. Sicché, una volta fissato in maniera vincolante il punto della originaria discordia, il rapporto può tornare a svolgersi lungo i binari di una fisiologica relazione sostanziale. Resta peraltro impregiudicata la possibilità di deferire, al giudice o all'arbitro, la soluzione definitiva della controversia, tanto nel caso in cui la controversia coinvolga l'intero rapporto ab origine, tanto nel caso in cui essa si estenda al rapporto nel suo complesso in un secondo momento.
Nel sistema spagnolo la tesi prevalente ricomprende la figura del perito in quella dell'arbitratore, benché si riconosca che spesso il ruolo assegnato dalla legge al perito consiste nella soluzione di un conflitto circa un elemento di fatto.
Se tuttavia si pone mente alle vicende storiche degl'istituti in questione, ci si accorge che forse il destino del perito è stato segnato, a sua volta, da quello dell'arbitro informal. Venuta meno, ad avviso dell'indirizzo
trattazione, sicuramente più approfondita, ci si limita ad osservare che XXXXXXXXX sembra, da un lato, non disdegnare la categoria dell'arbitrato libero e, dall'altro, ammettere la figura del negozio di accertamento (anche di fatti). Si tratta senza dubbio di elementi di notevole rilevanza nel quadro dei tentativi ricostruttivi della perizia contrattuale proposti nel sistema italiano. Su questi ultimi aspetti, cfr., se vuoi, CAMPIONE, La perizia, cit., 53 ss.
196 Cfr., se vuoi, la ricostruzione di CAMPIONE, La perizia, cit., 53 ss.
197 Senza specificare, in questa sede, se rituale o libero. In tal senso si vedano, per tutti, BOVE, La perizia, cit., passim; CECCHELLA, L'arbitrato, cit., 20 ss.; LUISO, L'oggetto del processo arbitrale, cit., 669 ss.
dominante, una figura preposta alla soluzione delle controversie giuridiche mediante un atto negoziale, non ha più avuto ragion d'essere il mezzo contemplato per superare i contrasti relativi ad un “pezzo” soltanto del rapporto preesistente. Esso è stato ricondotto all'area dell'arbitrio de tercero, non potendo essere spiegato secondo la logica dell'arbitrato processuale.
Peraltro, sotto il vigore della LA del 1988, una parte della dottrina italiana aveva per così dire stigmatizzato la tendenza a trarre, dall'art. 3 della legge, una conseguenza grave come l'inammissibilità dell'arbitrato libero nel sistema spagnolo. Si sosteneva, in particolare, che tale risultato si sarebbe dovuto raggiungere con una previsione ad hoc, onde per escludere l'arbitrato libero non era affatto sufficiente far leva sul fatto che la legge contemplasse esclusivamente l'arbitrato processuale198.
Forse il senso di tale spunto di riflessione appare oggi più significativo, alla luce soprattutto dell'espunzione di tale art. 3 dall'ordinamento iberico.
198 Così, se male non s'intende, XXXXXXXXX, La natura, cit., 63.
CAPITOLO IV
INQUADRAMENTO SISTEMATICO DELLA PERIZIA CONTRATTUALE
SOMMARIO: 1. Introduzione. - 2. La perizia contrattuale nella prassi. Uno sguardo più analitico. - 3. Perizia contrattuale e arbitraggio. - 4. Perizia e arbitrato: 4.1. Arbitrato rituale e irrituale; 4.1.1. Il contesto storico; 4.1.2. Il quadro giurisprudenziale al principio del nuovo millennio; 4.1.3. La riforma del 2006; 4.1.4. Arbitrato rituale e irrituale: autonoma proposta ricostruttiva.; 4.2. L'accertamento negoziale: breve introduzione; 4.2.1. Il negozio di accertamento: definizione e ammissibilità; 4.2.2. (segue) Il contenuto e l'oggetto; 4.2.3. (segue) Gli effetti; 4.2.4. Brevi considerazioni conclusive sull'accertamento negoziale; 4.3. Arbitrato e accertamento; 4.4. L'oggetto dell'arbitrato. - 5. Inquadramento definitivo del fenomeno peritale. - 6. Distinzione della perizia da altri istituti: brevi cenni.
1. Introduzione
Sin qui ciò che si è potuto apprendere circa il fenomeno oggetto di questo studio è che il quadro ricostruttivo appare tutt’altro che unitario. Lo si è visto brevemente muovendo lo sguardo verso il sistema italiano; lo si è apprezzato anche guardando oltre confine, in particolare concentrandoci sull'ordinamento spagnolo.
Sennonché la perizia come mezzo di composizione di “contrasti”, ancorché soltanto tecnici, esiste e persiste nei traffici giuridico-commerciali. Insomma, il fenomeno è atipico ma allo stesso tempo dotato di una non scarsa rilevanza “sociale”.
Volendo tornare a concentrarci sul sistema italiano, nel tentativo di razionalizzare il quadro e, pertanto, di trovare una collocazione concettuale (possibilmente) definitiva e, conseguentemente, una disciplina il più possibile unitaria dell’istituto, pare opportuno e utile ripartire, questa volta in maniera più analitica, da un approccio empirico al fenomeno. Si tratta cioè di studiarlo per come esso si sviluppa nella prassi delle relazioni giuridico-commerciali, cercando di capire quali sono le esigenze che spingono le parti a stipulare una clausola per perizia contrattuale e, quindi, qual è la ratio di fondo di questa figura.
Tale indagine a nostro avviso consentirà di presentare il confronto tra perizia contrattuale da un lato e arbitrato e arbitraggio dall'altro in termini più chiari.
Coniugando poi le conclusioni raggiunte per questa via con le idee espresse, in particolare, dalla giurisprudenza, si dovrà cercare di tracciare la
disciplina giuridica del fenomeno.
2. La perizia contrattuale nella prassi. Uno sguardo più analitico
Innanzitutto preme segnalare che gran parte dei regolamenti delle Camere Arbitrali presentano delle clausole-tipo, non solo compromissorie, ma anche per arbitraggio e per perizia contrattuale199. Confrontando tali clausole il dato rilevante che emerge è che, allorché la clausola contiene una pattuizione per un arbitrato (tanto rituale quanto libero), l’incarico affidato al terzo è finalizzato alla risoluzione di qualsiasi controversia giuridica derivante dal rapporto contrattuale (ivi comprese le liti circa la validità, esecuzione, risoluzione e interpretazione del contratto); se, invece, si tratta di una clausola per arbitraggio ex art. 1349 c.c. al terzo è richiesta la determinazione di un elemento di un certo contratto, con ciò denotandosi uno stato d’incompletezza del negozio. L’attività dell’arbitratore consente quindi di “ultimare” il regolamento di interessi; quando, poi, si ha a che fare con una pattuizione per perizia contrattuale, il terzo è chiamato ad effettuare un accertamento tecnico e/o la valutazione di determinati elementi di un contratto, o, più dettagliatamente, l’accertamento e/o la valutazione qualitativa e/o quantitativa dello stato dei luoghi, della consistenza, qualità, condizione di beni (o di cose) riguardanti un certo contratto200.
Sembra allora che – tenuta da parte per ora qualunque deduzione in punto di disciplina applicabile -, nell’ottica insita in tali regolamenti, la
199 Cfr. ad esempio i regolamenti delle Camere di Commercio di Bologna, Bolzano, Cesena, Verona, nonché dell'Istituto Arbitrale Immobiliare di Firenze.
200 Clausola per perizia contrattuale, peraltro definita “compromssoria”, contenuta nel regolamento della Camera Arbitrale di Bologna:
Le parti sottoscritte convengono di demandare a n.
....................................................................(1) l’accertamento e/o la valutazione
qualitativa e/o quantitativa dello stato dei luoghi, della consistenza, qualità, condizione di beni (o di cose) riguardanti il presente contratto (2).
Per quanto riguarda la designazione dei periti, le parti espressamente si obbligano ad attenersi al regolamento della Camera Arbitrale Immobiliare istituita presso la Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Bologna che dichiarano di conoscere e di accettare.
Le parti si impegnano sin da ora a riconoscere alla determinazione peritale gli stessi effetti di un contratto tra esse direttamente pattuito.
Precisare se si intende rimettere l’accertamento ad un solo perito o a più periti: in questa seconda ipotesi il numero dei periti deve essere dispari.
Specificare l’oggetto dell’accertamento e/o della valutazione.
perizia contrattuale rappresenti qualcosa di distinto sia dall’arbitrato sia dall’arbitraggio.
Invero, essa è prevista in funzione di un accertamento rigorosamente tecnico (valutazione qualitativa e/o quantitativa) di elementi di fatto (luoghi, beni o cose) oggetto di un determinato contratto; accertamento che non è determinazione (nel senso espresso dall'art. 1349 c.c.), giacché qua il contratto è completo, il rapporto giuridico è perfezionato (e preesistente), e occorre effettuare una valutazione, vincolante tra le parti, in fase (almeno) esecutiva. Si noti bene che il contrasto è solo sulla questione tecnica, ma allo stesso tempo essa rileva nell’ambito del rapporto giuridico contrattuale di riferimento, poiché incide sui diritti da esso derivanti.
Pare, peraltro, che le clausole-tipo appena analizzate concepiscano, come ipotesi per così dire standard di perizia contrattuale, i c.d. arbitrati sulle qualità201.
Proseguendo in questo iter empirico, è importante considerare la niente affatto scarsa diffusione di clausole per perizia contrattuale nell’ambito dei contratti di assicurazione (in particolare, polizze infortuni o polizze relative a danni cagionati da varie tipologia di sinistri, per es. incendio). E un punto di partenza fondamentale, in tale prospettiva, è dato dal rilievo che la quasi totalità delle pronunce giurisprudenziali (di merito e di legittimità) sono intervenute in casi di controversie relative all’applicazione di perizie derivanti da clausole contenute proprio in contratti di assicurazione.
Volendo prendere a modello esemplificativo le condizioni generali UNIPOL (contratto di assicurazione multirischi dell’abitazione)202, qui la perizia contrattuale è prevista nell’ambito della liquidazione dei sinistri per incendio, furto e rapina. All’art. 2.3, in particolare, è previsto che “l’ammontare del danno e la determinazione dell’indennizzo può essere concordato direttamente dalle Parti, oppure, di comune accordo tra di esse, mediante periti nominati uno dalla Società e uno dal Contraente con apposito atto unico. I periti ne eleggeranno un terzo nel caso in cui non trovassero l’accordo e le decisioni saranno prese a maggioranza. (…)”.
201 Cfr. LUISO, Diritto processuale, V, cit., 133.
202 Reperibile in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx
Successivamente viene specificato il contenuto del mandato conferito ai periti.
Essi, in particolare, devono: accertare causa, natura e modalità del sinistro; verificare l’esattezza delle indicazioni e delle dichiarazioni risultanti dalla polizza e stabilire se al momento del sinistro esistevano circostanze aggravanti il rischio non dichiarate nonché verificare se l’assicurato ha adempiuto agli obblighi di denuncia del sinistro; verificare separatamente, per ciascuna partita colpita da sinistro, l’esistenza, la qualità, la quantità delle cose assicurate, determinandone il valore al momento del sinistro secondo i criteri di valutazione previsti dalla forma di assicurazione e dal tipo di garanzia risultanti dalla scheda di polizza; procedere alla stima del danno secondo i criteri previsti dal tipo di garanzia prescelta.
È inoltre disposto che i risultati delle ultime due attività tecniche sopra elencate sono vincolanti tra le parti, salva l’impugnativa per violenza, dolo, errore e violazione di patti contrattuali, e impregiudicata in ogni caso ogni azione ed eccezione inerenti l’indennizzabilità del danno (ossia concernenti l’an del diritto risarcitorio).
Norme contrattuali come quelle appena analizzate, invero, si ritrovano anche in altre polizze, magari con piccole variazioni in ordine agli elementi di fatto ad alto tasso di tecnicità sui quali può estendersi l’attività peritale203
Ora, il caso della perizia in ambito assicurativo è emblematico: tra le parti è operante un contratto, perfezionato e completo in tutti suoi elementi; tale contratto costituisce un rapporto giuridico, consistente in reciproci diritti ed obblighi, i quali rappresentano i tipici effetti giuridici prodotti dal negozio; tra tali effetti tipici rientra l’obbligo per l’assicuratore di liquidare un danno coperto dalla garanzia ricompresa nella polizza; sicché, quando interviene un sinistro e s’invoca il diritto al risarcimento, si è nella fase esecutiva del contratto di assicurazione; in tale contesto, se le parti non addivengono ad un accordo e occorre accertare alcuni elementi, di particolare pregnanza tecnica, significa che rispetto ad essi, i quali – è bene ripeterlo – incidono sull’esistenza e/o modo di essere di situazioni giuridiche derivanti dal contratto, vi è una controversia.
000 Xxx. XXXX, Xx perizia arbitrale, cit., 4 e 5, il quale riporta le condizioni generali per le polizze infortuni, danni da incendio e furto del Xxxxx Xxxxxxx, le quali ripetono le condizioni ANIA.
Dunque pure qua, come nel caso degli arbitrati sulle qualità, l’accertamento tecnico serve a superare un contrasto, rispetto ad una questione o un elemento rilevante per l’esistenza o il modo di essere di un diritto, che interviene nella fase di esecuzione di un rapporto giuridico preesistente.
Dall'indagine condotta sembra emergere la compatibilità della perizia contrattuale con il fenomeno arbitrale, mentre pare potersi rigettare l'idea dell'accostamento all'arbitraggio.
Tale conclusione, che per ora abbiamo espresso in termini estremamente sintetici e perentori, necessita a questo ovviamente di un approfondimento, volto se possibile a dar conto della sua fondatezza.
3. Perizia contrattuale e arbitraggio
Nel corso della trattazione si è avuto modo, in diversi momenti, di portare alla luce la differenza funzionale tra arbitrato e fattispecie ex art. 1349 c.c. Se poi giungiamo a ritenere che il fenomeno peritale dia luogo ad un meccanismo in qualche modo riconducibile all'arbitrato, è evidente che la distinzione dall'arbitraggio arriva a riguardare pure la perizia contrattuale.
La distinzione tra arbitraggio e arbitrato è un dato ormai pacifico204, posto che il primo è uno strumento, tipicamente negoziale, di determinazione di un elemento mancante di un contratto205, mentre il secondo è mezzo di soluzione delle controversie, che interviene riguardo a rapporti completi e perfetti ma litigiosi. In particolare, ricorrendo all'arbitrato rituale si chiede al terzo di decidere la lite secondo una modalità
204 La Suprema Corte lo ha messo in evidenza già diversi anni or sono. Cfr., per tutte, Cass. 25 giugno 1983, n. 4364, già richiamata in esordio alla nota 3, che si esprime in questi termini: “solo in presenza di un arbitraggio - che ricorre quando le parti abbiano affidato al terzo arbitratore non già l'incarico di risolvere una controversia nascente da un rapporto giuridico preesistente e già perfetto (come nell'arbitrato rituale ed in quello libero) ma di determinare in un negozio giuridico in via di perfezionamento, un elemento che le parti non hanno voluto o potuto determinare, sicché l'arbitratore non dirime liti con poteri decisori, ma concorre con le parti nella formazione del contenuto del negozio - è possibile la impugnazione del lodo per manifesta iniquità”.
205 Controverso è in dottrina il profilo relativo al momento di perfezionamento del contratto con clausola di arbitraggio. Ovviamente il problema esula dal presente lavoro, tuttavia ci si può limitare a ricordare, in estrema sintesi che, secondo una parte della dottrina il contratto con rimessione al terzo della determinazione di un elemento è invero non ancora perfetto proprio perché incompleto, mentre per altri, invece, il negozio è da considerarsi perfetto ed efficace, ad onta della mancanza del responso dell'arbitratore, posto che comunque con la clausola di arbitraggio le parti hanno reso tale elemento determinabile (cfr. l'ampia analisi del dibattito in GABRIELLI, Il contratto di arbitraggio, cit. 1167 ss.)
processuale regolata dal codice di rito e mediante un atto equipollente alla sentenza del giudice.
Tale discrasia concerne anche l'arbitrato irrituale, e ciò è affermato ormai anche dalla dottrina che ha fornito gli studi più approfonditi in materia di arbitraggio206. Si riconosce, cioè, che benché l'arbitrato libero si concretizzi nell'emanazione di un atto inquadrabile nell'area della negozialità, la funzione è comunque quella di risolvere una controversia giuridica, mediante per l'appunto un atto che promana dall'arbitro, il quale con esso decide il conflitto.
Insomma, a nulla rileva il fatto che l'atto decisorio abbia natura negoziale, mentre la funzione di soluzione dei conflitti giustifica anche nell'arbitrato libero la struttura processuale, con la conseguenziale necessità di rispettare il principio del contraddittorio207.
Descritto in questa maniera, l'arbitrato irrituale si mostra in termini di evidente diversità rispetto alla fattispecie dell'arbitraggio nella transazione: è ben vero che in ambo i casi si vuole risolvere la lite, ma l'iter seguito a tal fine nelle due situazioni è totalmente diverso, giacché nel primo decide il terzo, nella seconda sono le parti a superare la lite, pur rimettendo all'arbitratore il completamento del contenuto della transazione208.
La dicotomia tra arbitrato e arbitraggio deve condurre necessariamente a distinguere quest'ultimo anche dalla perizia contrattuale.
In effetti, volendo tornare a proporre una riflessione basata su di un metodo casistico, pare utile rilevare che, nei (pochi) casi in cui la Cassazione ha individuato la perizia contrattuale come ipotesi di integrazione (del contenuto) di un contratto, invero la controversia muoveva da fattispecie negoziali ove al terzo veniva demandata una valutazione tecnica vincolante
206 ZUDDAS, L'arbitraggio, cit., 210 ss.; XXXXXXXXX, Arbitraggio, cit.; XXXXXXXXX, Il contratto di arbitraggio, cit., 1152 ss.
207 FAZZALARI, L'arbitrato, cit., il quale rileva che l'arbitrato, tanto rituale quanto irrituale, è processo, altrimenti non è arbitrato; XXXXXXXXX, Arbitraggio, cit., il quale propone anche una riflessione sull'utilità dell'arbitrato libero, soprattutto, storicamente, in seno ai corpi intermedi, ove la soluzione bensì eteronoma ma privata della controversia ha garantito una maggiore libertà dalla giurisdizione; sostanzialmente in linea con quanto da ultimo tracciato, CECCHELLA, L'arbitrato, cit., 13.
208 ZUDDAS, L'arbitraggio, cit., 210 ss., in linea con la prevalente dottrina processualistica; LUISO, Diritto processuale, V, cit., 101; nel senso della corrispondenza dell'arbitrato irrituale all'arbitraggio nella transazione v. per tutti BOVE, Sub art. 808 ter, cit., 65 ss.
che valesse come base per la determinazione della prestazione contrattuale. Sennonché, almeno dal tenore dei patti in questione, mancavano espressi riferimenti a perizie contrattuali. Si chiedeva una valutazione tecnica al fine di stabilire il contenuto della prestazione209.
In altre parole, in tali (non frequenti) situazioni era controversa pure l’individuazione della fattispecie. E la S.C. ha optato per la perizia contrattuale in luogo dell’arbitraggio, spiegando la differenza, come si è già segnalato, in ciò, che nel caso di responsi tecnici non si applica il 1349 c.c. in quanto quest’ultima norma opera laddove al terzo si chieda di determinare un elemento di un contratto con equo apprezzamento ovvero con mero arbitrio, criteri inconcepibili in sede di determinazione tecnica.
D’altro canto, come si è cercato in precedenza di dimostrare, la prassi delle relazioni giuridico-commerciali conosce la perizia contrattuale come strumento di composizione di contrasti, ancorché esclusivamente tecnici. Nei casi ove la Suprema Corte ha riscontrato l’operatività di una perizia in luogo di un arbitraggio, in realtà, ben si poteva immaginare la sussistenza della fattispecie di cui all’art. 1349 c.c., con la peculiarità che in tali casi l’accertamento richiesto, pur sempre finalizzato alla determinazione della prestazione da dedurre nel contratto per completarne il contenuto, si caratterizzava per un’elevata dose di tecnicità, sicché in sostanza si trattava di incidere sulla disciplina applicabile, adattando alle particolarità dell’attività peritale il meccanismo dell’arbitraggio con equo apprezzamento e la regolamentazione del regime del relativo responso. Anche la copiosa dottrina, la quale sostiene la tesi contraria all’autonomia della perizia (potendo questa integrare un arbitraggio ovvero un arbitrato), ritiene che nelle ipotesi di accertamento tecnico volto al completamento di un contratto non ci si trovi dinanzi ad una perizia contrattuale ma ad un arbitraggio tecnico210. Del resto, da più parti si è segnalato che il perito tecnico-
209 Si tratta dei casi decisi dalle già citate sentenze di cui a Xxxx. 30 giugno 2005, n. 13954, cit. e a Cass. 11 novembre 2008, n. 26946, cit.
210 Cfr. XXXXXXX, L'arbitraggio, cit., 216, ove si esprime in termini di “arbitraggio di precisione”, portando ad esempio il caso del contratto per la costruzione di un'opera (sommariamente descritta), la quale richiede le prestazioni di un esperto a cui viene dato l'incarico di redigere il progetto, considerato parte integrante dell'accordo; secondo BOVE, La perizia arbitrale, in Riv. arb. 1996, 307, “nella vita dei rapporti giuridici è possibile che si abbia bisogno di risolvere un problema tecnico sostanzialmente in due momenti diversi: o per far nascere un rapporto giuridico non ancora esistente o per risolvere una controversia sorta su un rapporto preesistente. In relazione al primo
arbitratore, pur dovendo attenersi a regole scientifiche, può mantenere un minimo di discrezionalità; e così l’arbitratore, per determinare l’elemento contrattuale, può dover far ricorso a cognizioni tecniche211. Non sembra, dunque, assurdo concepire l’esistenza di un arbitraggio altamente tecnico, ammettendo al più che tale conformazione si rifletta sul regime del responso, non potendo questo essere impugnato per iniquità ma per erroneità212.
Perizia contrattuale e arbitraggio integrano due fenomeni distinti, risolvendosi la prima in un’attività di accertamento (tecnico)213 e caratterizzandosi il secondo per la sua funzione integrativa/determinativa; la prima interviene al posto del giudice in sede di accertamento di una questione relativa ad una certa controversia giuridica, il secondo interviene in luogo dei contraenti stessi214.
Una casistica molto interessante e che, invero, può condurre a confondere perizia e arbitraggio, è quella delle c.d. clausole di adeguamento nei rapporti contrattuali di durata.
Se n’è accennato elencando gli esempi tradizionalmente ricondotti al fenomeno oggetto di questo scritto: il caso è quello di un contratto (normalmente) di durata nel quale le parti inseriscono una clausola in virtù della quale, in ragione di fattori sopravvenuti idonei ad alterare l’equilibrio tra le prestazioni reciproche, esse s’impegnano a rinegoziare le rispettive posizioni contrattuali, così da adattarle alle mutate condizioni. In caso di mancato accordo, è possibile che l’accertamento delle condizioni di rinegoziazione e/o la conseguente determinazione del contenuto contrattuale sia demandato ad un terzo.
La fattispecie è stata efficacemente spiegata nei seguenti termini: se il disaccordo concerne soltanto le modifiche oggetto del (nuovo) contenuto contrattuale, e si opta per l’incarico al terzo, si è in ipotesi di arbitraggio,
momento non sembra che vi sia spazio per una figura giuridicamente autonoma (…) Infatti, delle due l'una: o le parti s'impegnano ad accettare quello che sarà il responso del perito, e allora si avrà un arbitraggio, con la peculiarità, non certo giuridica, di avere scelto la persona dell'arbitratore in considerazione delle sue conoscenze tecniche (...)”.
211 V. ancora DIMUNDO, L'arbitraggio, cit., 215-216.
212 DIMUNDO, L'arbitraggio, cit., 216.
213 L'accertamento vincolante, come a breve si verà, può avere ad oggetto soltanto fatti.
214 BOVE, La perizia arbitrale, cit., 154-155.
giacché egli effettua attività negoziale in sostituzione delle parti215; se al terzo è rimesso l’accertamento delle condizioni di rinegoziazione, il di lui responso contiene una perizia contrattuale, sostitutiva di un accertamento giudiziale in sede di eventuale processo sulla risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta ex art. 1467 c.c.216; se le parti incaricano il terzo sia di accertare le condizioni per la modifica del contenuto contrattuale, sia di determinare il contenuto del negozio in base a tale accertamento, ci si trova di fronte a d un’ipotesi mista, ove si tratta semmai di coordinare discipline distinte217.
Si è affermato che, soprattutto in una dimensione pratica, il confine tra perizia e arbitraggio si fa molto sottile218.
Sorto contrasto in fase di esecuzione circa la corrispondenza della fornitura alla qualità promessa, si può ben pensare che l’intervento del terzo, dal momento che per tutto il resto il rapporto segue un andamento fisiologico, venga a determinare, con accertamento tecnico, un elemento nell’ambito di un contratto risolutivo di una controversia219 che, in tutti gli altri aspetti, è completo. Ma, xxxxxx, qui le parti vogliono solo un accertamento vincolante su una questione perché solo su questa esse sono in contrasto. Il resto fa parte di un naturale e pacifico svolgimento di un rapporto contrattuale.
Nel contratto di assicurazione, verificatosi il sinistro dedotto nel contratto, i periti nominati dalle parti quantificano il danno. Qui i contraenti non chiedono l’integrazione del contratto di risoluzione della (eventuale) controversia risarcitoria. Al momento della stipula, esse prevedono che, in
215 FAZZALARI, L'arbitrato, cit., 29, e nota 41; BOVE, La perizia arbitrale, cit., 160 e nota 51.
216 BOVE, La perizia arbitrale, cit., 155-160, e i richiami nelle note via via riportate; più in generale, coglie nella fattispecie dell'accertamento delle condizioni di rinegoziazione la configurazione di un fenomeno arbitrale LUISO, L'oggetto del processo, cit., 672, nota 7: “di particolare interesse si presentano le ipotesi inc ui le parti, soprattutto nei rapporti di durata, prevedano una modificazioni dei patti contrattuali, da valutarsi sulla base di determinati parametri e/o condizioni: nella fattispecie si deve vedere un fenomeno arbitrale, e non un arbitraggio”.
000 Xxx. XXXX, Xx perizia arbitrale, cit., 161-162.
218 Cfr. ad esempio BOVE, La perizia arbitrale, cit., 152.
219 Ad avviso di chi scrive, si può pensare solo a un contratto di tale tipo, perché l’alternativa sarebbe pensare al contratto base, che però è in esecuzione, snaturandosi del tutto l'istituto di cui all'art. 1349 c.c.
caso di disaccordo su di un elemento tecnico rilevante nell’economia del rapporto giuridico, la questione sia decisa da un terzo, in quanto dotato delle necessarie competenze, lasciando impregiudicati gli altri aspetti del rapporto, sui quali la lite sarà soltanto eventuale, e in tal caso essa dovrà essere risolta non già mediante perizia ma col ricorso alle vie tradizionali220.
4. Perizia e arbitrato
Descrivere la perizia contrattuale come un fenomeno arbitrale non basta. L'arbitrato, infatti, costituisce una realtà complessa e variegata e la testimonianza principale di quanto appena affermato è data dalla coesistenza, nel nostro ordinamento, di due arbitrati, o per meglio dire di due modalità arbitrali: l'arbitrato rituale e l'arbitrato irrituale (o libero).
Già non è semplice spiegare tale dicotomia. Xxxx, come si è accennato in altre fasi del presente studio, il tema della distinzione tra arbitrato rituale e arbitrato libero ha suscitato tra i dibattiti più vibranti e interessanti in seno, soprattutto, alla dottrina italiana; dibattito che, peraltro, a seguito del riconoscimento espresso dell'arbitrato irrituale con la riforma del 2006, non si è affatto sopito.
Inoltre, pur definendo nei giusti termini i tratti distintivi dei due istituti, s'incontra la difficoltà di rintracciare le norme - dettagliatamente contemplate dal codice di rito per l'arbitrato rituale - eventualmente applicabili all'arbitrato libero, a parte ovviamente lo stesso art. 808 ter c.p.c.
Se in tale quadro si va ad innestare un ulteriore fenomeno, evidentemente la faccenda si complica, poiché a quel punto si tratta di stabilire se entri in gioco una peculiare fattispecie di arbitrato rituale, una particolare tipologia di arbitrato irrituale, ovvero un istituto arbitrale declinabile nelle due modalità. E poi, ancora una volta, si pone il problema della disciplina applicabile.
Insomma, si vuole dire che per giustificare, oltre i rilievi già formulati, l'inclusione della perizia contrattuale nell'area dell'arbitrato, occorre partire
220 In senso analogo Cfr. XXXXXXXXX, L'arbitrato, cit., 158-159: “solo che l'interprete abbia un minimo di esperienza pratica della giustizia, non può non avvertire i benefici della diversa duttilità dell'arbitrato, quanto alla individuazione dell'oggetto del giudizio, poiché assai spesso la controversia non involge in senso ampio il diritto, ma solo una delle questioni di fatto o di diritto implicate e, con altrettanta frequenza, una volta risolta la questione veramente controversa, la lite si assopisce e il rapporto si riconduce ad una sua attuazione sul piano del diritto sostanziale”.
facendo un po' di ordine nell'ambito dell'arbitrato stesso.
Il punto di partenza di tale percorso di “riordino” è per forza di cose rappresentato dalla definizione dei caratteri distintivi dell'arbitrato rituale rispetto all'arbitrato libero; in questa sede tale indagine dovrà essere presentata in maniera meno approssimativa di quanto, a tal proposito, già è stato accennato in altre parti del presente lavoro. Peraltro non appare ancora il momento per affrontare una ricerca analitica anche in punto di norme applicabili; in altri termini, in questa fase del presente studio ciò che interessa è (provare a) delineare i tratti caratteristici e distintivi delle due modalità arbitrale per meglio comprendere il collocamento concettuale della perizia contrattuale, mentre il problema della disciplina applicabile verrà affrontato più avanti221
4.1. Arbitrato rituale e irrituale
La disciplina dell'arbitrato, per quanto rileva ai nostri fini, è stata significativamente ridisegnata dalla riforma del 2006 (D.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40). Il prodotto di tale intervento legislativo è ormai non più nuovo. Xxxxxx, i nove anni di vita del nuovo diritto dell'arbitrato, se da un lato possono rappresentare un valido motivo per illustrare il sistema ex artt. 806 ss. c.p.c. guardando esclusivamente alla disciplina attuale (con tutte le sue appendici dottrinali e giurisprudenziali), dall'altro lato, in ragione dell'inidoneità della riforma, ad onta del tempo trascorso, a sopire il dibattito circa le linee distintive dell'arbitrato codicistico rispetto all'arbitrato libero, inducono necessariamente a ripercorrere, in sintesi, la storia dei tormentati
rapporti tra le due modalità arbitrali.
4.1.1. Il contesto storico
Come si è accennato, ufficialmente tale storia comincia nel 1904222, allorché la Corte Suprema piemontese ebbe ad affermare la possibilità per le parti, desiderose di risolvere un conflitto tra loro insorto, di ricorrere, oltre che alla giurisdizione degli organi statali e all'arbitrato per così dire ufficiale
221 Nel cap. X.
000 Xxxxx xx Xxxxxxxxxx xx Xxxxxx, 00 dicembre 1904, cit.
(e cioè quello regolato dal codice processuale), anche alla via della soluzione amichevole, posto che “il patto di rimettere la risoluzione delle controversie ad un collegio di probiviri secondo le norme stabilite dal regolamento di una determinata associazione, con promessa di accettarne il responso e di considerarne il risultato come cosa previamente convenuta, non è patto illecito, né contrario ad alcuna disposizione di legge proibitiva”. Veniva così a imporsi definitivamente sulla scena dell'esperienza giuridica una forma di arbitrato che proponeva fondamentalmente, quale atto risolutivo della controversia tra le parti, un negozio giuridico; tale arbitrato si affiancava a quello regolata dal codice di rito, il quale esauriva la funzione decisoria con l'emanazione di una sentenza arbitrale, idonea ad assumere
tutti i connotati di una sentenza giudiziale (anche in punto di esecutività).
Negli anni a seguire si è dipanato in tutta la sua complessità il dibattito intorno alla c.d. natura dell'arbitrato, tuttora attuale ad onta del tempo trascorso.
Pur nell'impossibilità di descrivere e analizzare tutte le tesi propugnate sul punto - dunque nella consapevolezza di dover effettuare una certa forzatura nella ricostruzione di tale dibattito, posto che ricondurre una teoria all'una o all'altra parte della barricata non sempre è semplice e corretto, in considerazione della pluralità ed eterogeneità delle sfumature di ogni idea, senza dimenticare poi l'esistenza di posizioni intermedie -, risulta, in linea generale, sostenibile la formazione di due impostazioni, una derivante dalla
c.d. teoria unitaria dell'arbitrato, l'altra, all'opposto, figlia di una concezione a favore della netta contrapposizione tra le due figure di arbitrato223.
Quanto alle correnti accostabili a quest'ultima impostazione di fondo, sulla base di una prima chiave di lettura l'arbitrato libero consiste in un mandato conferito agli arbitri affinché risolvano la lite mediante la predisposizione di una transazione oppure di un negozio di accertamento224.
223 Per una più completa ricostruzione della “storia” di tale dibattito, cfr. BOVE, Note in tema di arbitrato libero, cit., 688 ss.
224 Cfr. in questo senso, in giurisprudenza, tra le altre, Cass. 31 ottobre 2013, n. 24552, in Mass. giust. civ. 2013; Cass. 9 luglio 1987, n. 5037, in Mass. giust. civ. 1987, fasc. 6; Cass. 8 febbraio 1985, n. 1028, in Mass. giust. civ., 1985, fasc. 2; Cass. 12 gennaio 1984,
n. 268, in Mass. giust. civ. 1984, fasc. 1; in dottrina cfr. BIAMONTI, voce
<<Arbitrato>>, cit., 946; RUBINO XXXXXXXXXX, Il diritto dell'arbitrato, Padova, 2002, 78; XXXXXXXXX, L'arbitrato, cit., 97; XXXXXX, Efficacia del lodo e impugnazioni dell'arbitrato rituale e irrituale, in Riv. dir. proc., 1987, I, 17; XXXXX E. F., Sull'impugnazione per errore del lodo arbitrale irrituale, in Riv. dir. proc., 1997, II, 445; SATTA, Contributo alla dottrina dell'arbitrato, Milano, 1931, 160.
Secondo un'altra tesi l'arbitrato irrituale altro non è che un arbitraggio applicato al contratto di transazione o al negozio di accertamento, onde in tale ottica l'arbitro libero è un arbitratore che integra un negozio risolutivo di una controversia già concluso tra le parti in lite ma, evidentemente, non completo225.
Il pensiero (di fondo) comune di tali impostazioni è che l'arbitrato libero è un fenomeno interamente sostanziale. La sua matrice e la sua struttura, così come il suo “esito”, individuano frammenti di una realtà sempre negoziale, a fronte della “giurisdizionalità” dell'arbitrato rituale, unico mezzo sostitutivo della giurisdizione statuale.
Di contro, ad avviso della teoria c.d. unitaria, arbitrato rituale e arbitrato libero hanno la stessa natura. Si tratta, in entrambi i casi, di fenomeni derivanti dall'autonomia negoziale dei privati, che attraverso un processo portano alla decisione della controversia mediante l'emissione di un atto, pure negoziale, che peraltro nel caso dell'arbitrato rituale, con il deposito ai fini dell'omologazione ex art. 825 c.p.c., può acquisire gli effetti della sentenza giudiziale. Ma ciò discenderebbe da scelta convenzionale, non da una distinzione, per così dire, ontologica tra le due modalità arbitrali. In quest'ordine di idee, la collocazione delle norme sull'arbitrato nel codice di rito – a loro volta tendenzialmente applicabili anche all'arbitrato irrituale - non muta la natura privatistica di tale complesso normativo226.
A corroborare siffatta impostazione starebbe anche la previsione dell'art. 619 del codice della navigazione. La norma citata, in ordine alle controversie relative all'avaria del natante, regola il c.d. chirografo d'avaria, stabilendo che gli interessati possono, mediante stipulazione di chirografo di avaria, far decidere da arbitri le cause relative alla formazione del regolamento contributorio. La previsione più significativa è contenuta al comma 2, laddove è disposto che al chirografo e al regolamento si applicano in tal caso le norme del codice di procedura civile riguardanti l'arbitrato, se gli interessati intendono che al regolamento venga dal tribunale competente
225 Cfr. BOVE, Art. 808 ter, cit., 68 ss. e specialmente pag. 69 e i numerosi richiami alla nota 10; XXXXXXXXX, La natura, cit., passim; SCHIZZEROTTO, Arbitrato improprio e arbitraggio, Milano, 1967, 250; PARENZO, Il problema dell'arbitrato improprio, in Riv. dir. proc. civ., 1929, I, 137.
226 Sulla comune natura privatistica delle due forme di arbitrato si veda, per tutti, FAZZALARI, L'arbitrato, cit., 22-24.
conferita efficacia di sentenza, e di ciò fanno espressa dichiarazione nel chirografo227.
Così, fondamentalmente, la norma consente alle parti di scegliere un arbitrato il cui lodo, a seguito di un provvedimento del tribunale nella cui cancelleria viene depositato, ha efficacia di sentenza, ovvero un arbitrato il cui prodotto finale non acquisisce tale efficacia, rimanendo confinato nella loro sfera privata228.
Le vicende normative dell'arbitrato, in particolare le riforme del 1983 (Legge 9 febbraio 1983, n. 28) e del 1994 (Legge 5 gennaio 1994, n. 25), hanno rappresentato l'occasione per i fautori della tesi unitaria per considerare, per così dire, avallata la loro posizione. In particolare, per quanto qui rileva, con il primo intervento il legislatore è giunto ad eliminare, nel corpo dell'art. 825 c.p.c., l'obbligo del deposito del lodo entro cinque giorni, facendolo divenire fondamentalmente un onere per le parti interessate alla prospettiva della tutela esecutiva, dopo aver consacrato all'art. 823 c.p.c. la regola che il lodo produce efficacia vincolante per le parti con la mera sottoscrizione da parte degli arbitri; con la seconda novella, intervenendo sull'art. 827 c.p.c., il legislatore ha stabilito che i mezzi d'impugnazione possono essere proposti indipendentemente dal deposito del lodo229.
4.1.2. Il quadro giurisprudenziale al principio del nuovo millennio
A corroborare le convinzioni della dottrina della tesi unitaria è intervenuta la Suprema Corte a metà del 2000230, con una storica sentenza che si è occupata, nell'ottica dei rapporti con la giurisdizione, proprio della natura dell'arbitrato.
227 Cfr. PUNZI, voce <<Arbitrato>>, in Enc. Giur., II, Roma, 1995, 4.
228 In questo senso cfr. XXXXX, Diritto processuale civile, cit., 100.
229 Cfr. la riflessione di PUNZI, <<Efficacia di sentenza>> del lodo, in La riforma della disciplina dell'arbitrato, a cura di FAZZALARI, Milano, 2006, 160 ss.
230 Cass., Sez. un., 3 agosto 2000, n. 527, in Riv. dir. proc., 2001, 254 ss., con nota di E.F. XXXXX, La “natura dell’arbitrato rituale e dele relativo lodo: parlano le Sezioni Unite; in Corr. giur., 2001, 51 ss., con note di CONSOLO, XXXXXXX E XXXXXXXXX, Le Sezioni Unite fanno davvero chiarezza sui rapporti fra arbitrato e giurisdizione?; in Il foro padano, 2002, 34 ss., con nota di RUBINO XXXXXXXXXX, Xxxxxxxx di tappa - Arbitrato irrituale come processo: un sogno impossibile?; in Riv. arb, 2000, 704 ss., con nota di FAZZALARI, Una svolta attesa in ordine alla natura dell'arbitrato
In sintonia con tale dottrina, le Sezioni Unite hanno affermato, peraltro confermando principi già espressi dalla stessa Corte, che le modifiche apportate dalla novella del 1994 sono sufficienti a cancellare ogni dubbio sulla natura del dictum arbitrale che è, e resta, un atto di autonomia privata, i cui effetti di accertamento conseguono ad un giudizio compiuto da un soggetto il cui potere ha fonte nell'investitura conferitagli dalle parti; di conseguenza, non si può far riferimento agli arbitri in termini di organi giurisdizionali dello Stato.
L'arbitrato, anche rituale, integrerebbe in sostanza una giustizia cognitiva privata che si estrinseca in un dictum di uno o più privati, al termine di un procedimento in cui gli arbitri risolvono la controversia mediante una regolamentazione negoziale degli interessi in conflitto. Il discrimine tra le due forme di arbitrato risiederebbe nell'exequatur.
Sicché “l'orientamento di questa Corte è nel senso - coincidente con quello accolto dalla prevalente dottrina - della natura privata dell'arbitrato rituale e del dictum che lo definisce”.
Tuttavia poco più di un anno dopo la Corte costituzionale231 ha sostenuto la legittimazione degli arbitri rituali a sollevare questioni di costituzionalità delle leggi, posto che il giudizio arbitrale – finalizzato, nella prospettiva della risoluzione di una controversia, all'applicazione obiettiva del diritto nel caso concreto, con le garanzie di contraddittorio e di imparzialità tipiche della giurisdizione civile ordinaria - non si differenzia da quello che si svolge davanti agli organi statali della giurisdizione, sia per ciò che attiene alla natura giuridica del procedimento, sia per quanto riguarda la ricerca e l'interpretazione delle norme applicabili.
Tale decisione è stata definita da autorevole dottrina “coraggiosa”, dal momento che ha affrontato direttamente il nocciolo del problema relativo alla funzione degli arbitri rituali e lo ha risolto con l'unica risposta concreta possibile. Infatti, anche in capo all'arbitro è possibile scorgere il potere di ius dicere, ossia di dettare tra le parti in ordine al rapporto controverso la volontà concreta della legge. Con la riforma del '94, essendo divenuta l'omologazione un'opzione a favore delle parti ai soli fini della tutela
231 Corte cost. 28 novembre 2001, n. 376, in Giust. civ. 2001, I, 2883, con nota di VACCARELLA; in Riv. arb. 2001, con nota di XXXXXXXXX
esecutiva (oppure della trascrizione), il lodo, anche non depositato e non più impugnabile, acquista un'autorità equiparabile a quella delle sentenza, talché l'accertamento in esso contenuto rimane incontestabile da parte di qualunque altro giudice o arbitro232.
Gli arbitri, pertanto, espletano una funzione oggettivamente giurisdizionale, mentre dal punto di vista soggettivo rimangono privi di qualunque potere autoritativo nell'ambito di un'attività non regolata dal diritto pubblico233.
Con tale decisione la Corte costituzionale ha mostrato di allinearsi oggettivamente alla tesi di chi ha sempre sostenuto la natura “giurisdizionale” dell'arbitrato rituale, in contrapposizione a quella negoziale dell'arbitrato libero234.
4.1.3. La riforma del 2006
Il D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, ai fini che qui interessano, ha introdotto nel titolo VIII (del libro IV) del codice di rito, dedicato all'arbitrato, due articoli: l'uno – l'art. 824 bis – riferito all'arbitrato rituale; l'altro – l'art. 808 ter – riferito all'arbitrato irrituale.
Il primo dato da evidenziare è tanto semplice quanto fondamentale: dopo oltre un secolo di “atipicità” la figura dell'arbitrato libero è stata espressamente presa in considerazione dal legislatore, non già con un mero richiamo o con regolamentazioni prive di una definizione organica dell'istituto (come ad esempio nel caso di arbitrato nelle controversie di lavoro ai sensi dell'art. 5 L. n. 533 del 1973 e degli artt. 000 xxx x xxxxxx x.x.x.000), xx proprio per rivestirla di una disciplina specifica. Circostanza che potrebbe anche mettere in discussione la stessa utilizzabilità del termine “irrituale”.
Accanto a tali interventi deve essere considerato anche quanto
232 Cfr. VACCARELLA, Il coraggio della concretezza in una storica decisione della Corte costituzionale, in Giust. civ., 2001, fasc. 12, 2887 ss.
233 LUISO, Diritto processuale, V, cit., 76; VACCARELLA, Il coraggio, cit.
234 Cfr. per un rilievo analogo BIAVATI, Sub art. 808 ter, in Arbitrato, a cura di CARPI, Bologna, 2008, 162.
235 Come introdotti del D.Lgs. n. 80 del 1998; la formulazione attuale è opera della loro sostituzione per mano della L. n. 183 del 2010.
disposto, sul punto, dalla legge delega (art. 1 L. n. 80 del 2005), secondo cui “le norme in materia di arbitrato” avrebbero dovuto trovare “sempre applicazione in presenza di patto compromissorio comunque denominato, salva la diversa ed espressa volontà delle parti di derogare alla disciplina legale, fermi in ogni caso il rispetto del principio del contraddittorio, la sindacabilità in via di azione o di eccezione della decisione per vizi del procedimento e la possibilità di fruire della tutela cautelare”.
Secondo quanto previsto dall'art. 824 bis c.p.c. il lodo, salvo quanto disposto dall'articolo 825 c.p.c., ha dalla data della sua ultima sottoscrizione gli effetti della sentenza pronunciata dall'autorità giudiziaria; ai sensi dell'art. 808 ter c.p.c. - limitandoci per il momento a quanto direttamente rileva in questa parte del presente studio - le parti possono stabilire, con disposizione espressa per iscritto, che, in deroga a quanto disposto dall'art. 824 bis, la controversia sia definita dagli arbitri mediante determinazione contrattuale, altrimenti si applicano le disposizioni del titolo VIII del libro IV del c.p.c. L'ultimo inciso della norma, dopo l'elencazione del regime e dei motivi d'impugnazione, sancisce l'inapplicabilità al lodo contrattuale dell'art. 825 c.p.c., dedicato al deposito del lodo nella prospettiva dell'esecuzione forzata (e dell'eventuale trascrizione).
Questo essendo il quadro normativo, va rilevato che, invero, la riforma non ha affatto attenuato il dibattito in ordine alla c.d. natura dell'arbitrato.
A dire il vero, gl'indirizzi espressi, soprattutto in ordine al nuovo art.
808 ter, sono molteplici.
Volendo cogliere solo i tratti essenziali di un panorama notevolmente eterogeneo, è possibile innanzitutto segnalare due chiavi di lettura che sembrano diametralmente opposte.
Così, secondo una prima ricostruzione, l'art. 808 ter segna un punto di svolta nella disciplina dell'arbitrato, nel senso che esso è provvisto di intenti fortemente correttivi dell'esperienza storica dell'arbitrato libero, considerata alquanto “ambigua”. Il fenomeno introdotto dalla riforma è un mezzo eteronomo di risoluzione delle controversia evidentemente processualizzato e teso alla decisione della lite. Il lodo contrattuale apparirebbe dunque come un atto decisorio. Esso, infatti, secondo l'opinione qui riportata, “non rileva come atto produttivo di effetti giuridici conformi alla volontà manifestata da chi lo compie (terzo), bensì quale atto conforme alla scopo istituzionalmente
affidatogli (xxxxx), alla sua funzione obiettiva di definire la controversia su posizioni giuridiche sostanziali tramite un negozio ricognitivo delle ragioni delle parti. Incolmabile è pertanto la distanza dalla vicenda generata dalla clausola di arbitraggio (...)”. Da tale conformazione dell'arbitrato irrituale, discenderebbe la tendenziale esaustività dei motivi d'impugnazione enucleati dal comma 2 dell'art. 808 ter.236.
Alle parti, dunque, basta esprimere per iscritto la volontà per un arbitrato che non sfoci in un lodo-sentenza (come tale inidoneo a passare per il deposito ex art. 825 c.p.c.) per optare validamente per un arbitrato ex art. 808 ter.
Secondo un'altra, (profondamente) diversa, impostazione, la formulazione dell'art. 824 bis e dell'art. 808 ter lascia intendere che l'obiettivo del legislatore della riforma fosse quello di superare qualunque contrasto in ordine alla c.d. natura dell'arbitrato, chiaramente riportando il lodo rituale nell'alveo della giurisdizione e mantenendo il lodo irrituale sul piano negoziale.
In tale prospettiva - pur lamentandosi, per così dire, una certa contraddittorietà tra primo e secondo comma dell'art. 808 ter, in ragione della processualità dell'arbitrato libero che emergerebbe dall'elencazione dei motivi d'impugnazione del lodo - è stata riproposta la riconducibilità strutturale dell'arbitrato libero, anche per come disegnato dalla riforma del 2006, alla fattispecie contemplata dall'art. 1349 c.c.237. Da questo punto di vista, fondamentalmente, con il patto compromissorio per arbitrato irrituale le parti dispongono del diritto o del rapporto controversi ponendo in essere un contratto di transazione ovvero un negozio di accertamento che l'arbitro è chiamato a completare. L'arbitrato libero consiste dunque nella cooperazione
236 Cfr. SASSANI, L'arbitrato a modalità irrituale, in Riv. arb., 2007, 25 ss., il quale peraltro fa salva la possibilità d'impugnare il lodo contrattuale per contrasto con l'ordine pubblico; Id., Sub art. 808 ter, in Commentario del codice di procedura civile, a cura di XXXXXXXX – CONSOLO – SASSANI – XXXXXXXXXX, XXX, Xxxxxx, 0000, 106 ss.
237 BOVE, Sub. art. 808 ter, cit., 68 ss.; CONSOLO, Le impugnazioni delle sentenze e dei lodi, Padova, 2012, 571 ss., secondo il quale, a quanto par di capire, il comma 1 dell'art. 808 ter riproduce l'idea della riconduzione dell'arbitrato libero alla fattispecie ex art. 1349 c.c., dunque allo schema del contratto per relationem, nell'ambito del quale la determinazione del terzo funge da referente. In tale logica si spiegherebbe anche l'ultimo inciso del comma 1, teso a stabilire l'inapplicabilità all'arbitrato contrattuale delle norme previste per l'arbitrato rituale. L'Autore peraltro rileva come il “disegno” tracciato dal comma 1 sia contraddetto dal comma successivo, il quale contempla motivi d'impugnazione del lodo contrattuale – da ritenersi tassativi - di matrice processuale, non già negoziale;
tra le parti e un terzo finalizzata, nell'ottica del superamento della controversia, alla formazione di un nuovo rapporto giuridico.
In punto d'impugnazione, peraltro, l'orientamento ora preso in considerazione non si presenta univoco: alcuni238 si domandano se l'elenco dei motivi enucleati dall'art. 808 ter sia tassativo, e comunque fanno salva la possibilità di agire in nullità contrattuale secondo le norme generali; altri239, invece, proprio rimarcando la contraddittorietà tra primo e secondo comma, sostengono la tassatività dei motivi d'impugnativa del lodo irrituale.
Tra i due estremi ermeneutici ricordati, si pongono altre tesi, di origine prevalentemente dottrinaria.
Così, in continuità con la teoria c.d. unitaria, una parte della dottrina240 ha letto l'art. 824 bis c.p.c. nel senso che per “effetti della sentenza pronunciata dall'autorità giudiziaria” deve intendersi solo il regime processuale del lodo, che ontologicamente rimane un atto di autonomia privata. La differenza con il lodo irrituale si esprimerebbe dunque sul piano del regime: la determinazione di cui all'art. 808 ter, infatti, non può acquisire effetti esecutivi (secondo il meccanismo ex art. 825 c.p.c) e non può essere soggetta all'impugnazione in unico grado dinanzi alla Corte d'appello per nullità, revocazione ed opposizione di terzo, mentre è annullabile, per i motivi di cui al comma 2, dinanzi al giudice ordinariamente competente secondo le disposizioni del libro I del c.p.c.
Da segnalare anche un'altra opinione, che pure ravvisa nell'art. 808 ter una svolta nella storia dell'istituto, secondo la quale l'arbitrato irrituale ora disciplinato è un modo di regolare un conflitto d'interessi raggiungendo una determinazione contrattuale – un lodo con effetti di contratto tra le parti - attraverso un processo241.
Si evidenziano dunque, quali tratti caratteristici del fenomeno, lo sbocco contrattuale e il percorso processuale, denunciando una certa
238 Cfr. la riflessione e i dubbi di BOVE, Sub art. 808 ter, cit,; v. anche BIAVATI, Sub art. 808 ter, cit., 164 ss. V., in quest'ultima opera, la nota 237.
239 CONSOLO, Le impugnazioni, cit., 575.
240 PUNZI, Efficacia di sentenza del lodo, in Riv. arb., 2005, 819 ss.
241 BIAVATI, Sub art. 808 ter, cit., 164 ss., il quale aggiunge che l'elenco dei motivi d'impugnazione del lodo libero deve ritenersi tassativo quanto all'azione di annullamento, mentre la natura contrattuale non può escludere il ricorso al rimedio della nullità secondo la disciplina ordinaria del codice civile.