Contract
2. La formazione per l’apprendistato in provincia di Milano
di Xxxxxxxxxx Xx Xxxxx
1. Le attività formative per l’apprendistato.
1.1 I contratti di apprendistato in Italia, in Lombardia e in provincia di Milano.
Le innovazioni apportate nel 1997 alla legge che regolava l’apprendistato hanno favorito una crescita accentuata degli avviamenti effettuati con questa tipologia di contratto dopo un lungo periodo di declino dell’istituto; solo nell’ultimo anno si è avvertito un rallentamento che potrebbe preludere ad un’autentica inversione di tendenza, come i dati relativi alla provincia di Milano sembrano far presagire.
Nella Tab. 1 sono riassunti i dati relativi al numero dei contratti di apprendistato avviati in Italia e in Lombardia nel biennio 1999 - 2000 e nel primo semestre 2001 e le relative variazioni percentuali. La Tab. 2 estende l’analisi per la sola provincia di Milano il periodo al quinquennio 1998 - 2002.
Tab. 1 – Avviamenti contratti di apprendistato in Italia e Lombardia, anni 1999-2000 (valori assoluti e variazioni percentuali )
I° semestre
1999 | 2000 | Var. % | 2001 | Var. % | |
Italia | 419.139 | 435.791 | + 4,0 | 452.209 | + 4,0 |
Lombardia | 78.784 | 83.273 | + 5,7 | 86.402 | + 4,0 |
Fonte: Elaborazioni su dati Rapporto ISFOL 2002
In Italia, tutte le regio ni hanno presentato dinamiche positive; la Lombardia, in particolare, ha registrato una variazione percentuale di più di un punto e mezzo superiore a quella nazionale nell’anno 2000 e valori in
linea con la media nazionale nel periodo successivo. La provincia di Milano presenta invece andamenti più erratici, con valori in qualche caso inferiori a quelli nazionali e lombardi, e con variazioni più accentuate da un anno all’altro (nell’ultimo anno, ad esempio, si registra una flessione degli avviamenti nell’ordine di circa 20 punti percentuali).
Tab. 2 – Avviamenti contratti di apprendistato in provincia di Milano, anni 1998-2002 (valori assoluti e variazioni percentuali rispetto all’anno precedente)
Anno | Valore assoluto | Variazione percentuale |
1998 | 10.591 | - |
1999 | 12.841 | + 21,2 |
2000 | 13.093 | + 2,0 |
2001 | 14.243 | + 8,7 |
2002 | 11.276 | - 20,8 |
Fonte: Elaborazioni su dati OML
Pur rimandando al capitolo 6 della parte seconda di questo volume l’interpretazione su questa inversione di tendenza, in questa sede va subito rimarcato come la normativa introdotta nel 1997 abbia avuto effetti rilevanti che vanno oltre l’aspetto quantitativo e che hanno impattato sulla composizione qualitativa degli apprendisti avviati.
Grazie a questa innovazione, infatti, l’apprendista non è più esclusivamente un soggetto in età scolare, drop-out della scuola media o che ha conseguito solo il titolo di scuola dell’obbligo, addetto a mansioni manuali nella produzione industriale o artigianale. La struttura delle qualifiche dei nuovi apprendisti è stata profondamente modificata dallo slittamento in avanti dell’età ammessa, e quindi del titolo di studio, e dalla sospensione del vincolo posti in essere dalla normativa precedente sulla possibilità di avviare apprendisti già in possesso di un dip loma coerente con la qualifica da acquisire al termine del contratto di apprendistato1.
1 Cfr. Xxxxxxx, X. (2002), “I nuovi apprendisti in provincia di Milano”, in Provincia di Milano (2002), Le trasformazioni del mercato del lavoro e le politiche per l’occupazione in provincia di Milano, FrancoAngeli, Milano, pp. 125-141.
Le caratteristiche del nuovo apprendistato sono pertanto tali da coinvolgere molteplici attori nel tentativo di comporre un nuovo sistema formativo ad esso dedicato.
1.2 L’andamento provinciale della formazione nell’ultimo triennio.
Nel periodo maggio 2000 - aprile 2003, la Provincia di Milano ha attivato complessivamente 654 corsi di formazione esterna per apprendisti. Le attività sono state realizzate attraverso diversi canali di finanziamento, come indicato nella Tab. 3. Prevalentemente si è trattato di attività di Piano, sia ordinario che straordinario, anche se non sono mancati alcuni progetti sperimentali.
Tab. 3 – Numero complessivo dei corsi per apprendisti attivati dalla Provincia di Milano negli anni 2000-2002
x. xxxxx
Piano ordinario 1999/2000 | 70 |
Piano straordinario 2000/2001 | 211 |
Piano ordinario 2000/2001 | 69 |
Progetti sperimentali | 30 |
Corsi in obbligo formativo – Piano 2001/2002 | 28 |
Piano straordinario 2001/2002 | 246 |
Totale | 654 |
Fonte: Ufficio Apprendistato della Provincia di Milano |
Per la realizzazione dei corsi sono stati coinvolti diversi soggetti attuatori, selezionati tra gli enti pubblici e convenzionati che erano all’epoca soggetti alla programmazione provinciale e alla programmazione diretta regionale, nonché tra gli Istituti Professionali di Stato e Istituti tecnici e tra le agenzie formative private in grado di rispondere alle esigenze di copertura territoriale dell’offerta formativa.
Per entrare nel dettaglio dell’attività di formazione per l’apprendistato, è possibile utilizzare i dati monitorati dall’Ufficio Apprendistato della Provincia di Milano relativi ai due Piani Straordinari, 2000/2001 e 2001/2002 e aggiornati ad aprile 2003, che rappresentano circa il 70% dell’offerta formativa provinciale realizzata nell’ultimo triennio.
Le attività di monitoraggio sono tuttora in corso e si concluderanno entro il 31 dicembre 2003, pertanto i dati al momento disponibili che utilizzeremo per una prima valutazione sono riferiti ad un campione di 130 corsi realizzati nella prima delle due annualità del Piano Straordinario per l’Apprendistato, il 2000/2001.
Tab. 4 – Numero corsi avviati e numero apprendisti coinvolti nelle attività di Piano Straordinario, anni 2000/2001-2001/2002
Piano 2000/2001 | Piano 2001/2002 | |
Corsi avviati | 211 | 246 |
Apprendisti coinvolti | 3.274 | 3.967 |
Fonte: Elaborazioni dati dell’Ufficio Apprendistato - Provincia di Milano
Secondo questa evidenza statistica dei dati della Provincia, emerge che solo il 66,5% degli apprendisti si iscrive al corso dopo aver ricevuto la convocazione per la composizione dei gruppi classe. Ciò significa che poco più di un terzo di coloro che pur hanno ricevuto una proposta di iscrizione non partecipa di fatto ai corsi per una serie di motivi tra i quali primeggia la cessazione del contratto di lavoro per licenziamento o dimissioni (63%), seguito dall’assunzione con la qualifica di riferimento (23%), dall’assolvimento degli obblighi di leva (2%) e da una serie di altri motivi (12%) tra i quali hanno un peso temporanee malattie e infortuni sul lavoro.
Gli apprendisti iscritti sono stati inseriti in percorsi formativi relativi ai settori indicati nella Tab. 5.
Tab. 5 – Distribuzione percentuale per settore degli apprendisti iscritti al campione di corsi attivato dalla Provincia di Milano nell’anno 2000-2001
Settore | % apprendisti iscritti |
Agricoltura | 0,8 |
Alberghiero – Alimentazione | 7,0 |
Meccanica – Metallurgia | 16,1 |
Elettricità – Elettronica | 8,1 |
Legno – Mobile – Arredamento | 1,7 |
Edilizia | 4,1 |
Poligrafia – Carta – Cartotecnica | 2,0 |
Turismo | 1,0 |
Commercio | 11,5 |
Amministrazione e Lavori d’ufficio | 41,0 |
Acconciatura – Estetica | 5,8 |
Informatica | 0,8 |
Totale | 100 |
Fonte: Elaborazioni dati dell’Ufficio Apprendistato - Provincia di Milano
Oltre il 40% degli apprendisti in formazione esterna ha dunque seguito nell’annualità in questione un corso relativo al settore amministrazione e lavori di ufficio; il settore meccanico, solitamente prevalente nelle sperimentazioni realizzate negli anni precedenti in quanto comparto produttivo più diffuso a livello regionale, è molto diffuso anche a livello provinciale e segue interessando un più modesto 16,1% di partecipanti ai corsi, e il settore commercio risulta terzo attestandosi su una percentuale dell’11,5%2. Gli altri settori singolarmente considerati non superano il 10% degli iscritti.
Una comparazione immediata tra domanda e offerta formativa non è fattibile a causa delle differenze di classificazione esistenti tra le due componenti. Sul fronte della domanda infatti si dispone dell’informazione sulla tipologia di contratto mentre sul versante dell’offerta si ha un inquadramento in termini di settori della Formazione Professionale. Per tentare comunque di interpretare l’apparente contraddizione sopra accennata, è possibile attingere ai dati degli avviamenti con contratto di apprendistato dell’anno 2002 classificate per gruppi professionali. Seguendo questo criterio, la somma delle professioni esecutive relative alla amministrazione e alla gestione, comprese le professioni intermedie di ufficio, ci restituisce una presenza di apprendisti pari al 29,6% del totale degli apprendisti avviati. Per il 18,2% sono apprendisti operai metalmeccanici dell’artigianato e dell’industria, mentre per l’11% si tratta di apprendisti occupati nelle professioni commerciali. Vista comunque la composizione settoriale e per qualifica degli apprendisti milanesi3 permane forte il dubbio di una persistente asimmetria tra l’offerta corsale e la domanda potenziale.
Delineata la distribuzione settoriale, è possibile aggiungere alcuni dati sintetici relativi ai livelli di scolarità e al genere del gruppo di apprendisti presi in esame. Il 54% degli apprendisti che hanno ricevuto la proposta di iscrizione a corsi di formazione esterna è costituito da donne; il 50% possiede il diploma di scuola media inferiore e quasi il 40% il diploma di scuola media superiore; quasi inesistente la presenza di diplomi universitari e di laurea; mentre il 9,3% ha una qualifica di formazione professionale. Entrambe queste serie di dati confermano una non coerenza tra il profilo dell’apprendista medio milanese e la proposta formativa avanzata.
2 Cfr.: Isfol (2000), Formazione per l’apprendistato. Progetto per l’industria metalmeccanica. I primi risultati. Gli strumenti attuativi. La normativa vigente, FrancoAngeli, Milano; Isfol (2003), Il nuovo apprendistato. I risultati di sei sperimentazioni, FrancoAngeli, Milano, in corso di stampa.
3 Xxxxxxx, X. (2002), “I nuovi apprendisti in provincia di Milano”, cit..
I gruppi classe così costituiti hanno preso parte ad iniziative formative didatticamente articolate secondo la suddivisione tra moduli relativi allo sviluppo delle competenze trasversali e di base (39% del monte ore complessivo) e competenze tecnico professionalizzanti (61%).
Del totale degli apprendisti iscritti ai corsi, il 77% è risultato formato, ha
cioè completato il suo percorso formativo partecipando ad almeno l’80% delle ore previste, il 23% si è ritirato, per i motivi analoghi a quelli che hanno spiegato la mancata iscrizione ai corsi.
Malgrado gli unici dati disponibili cui si è fatto riferimento riguardino le attività del Piano Straordinario 2000/2001, vale la pena di aggiungere che nell’annualità successiva, 2001/2002, sono stati introdotti i corsi di formazione destinati ai tutor aziendali (per le specificità del loro ruolo si rimanda ai paragrafi successivi) della durata di 8 ore; tali corsi hanno coinvolto circa 2.450 partecipanti.
2. Lo scenario
2.1 Le indicazioni normative in materia di apprendistato e di nuovo obbligo formativo.
Il contratto di apprendistato, così come si è configurato in questi ultimi anni, è regolato da una normativa che trova le sue fondamenta nel Patto per il lavoro del 24 settembre 1996.
In quell’accordo, la concertazione fra le parti sociali e il Governo individuava la necessità di avviare politiche attive del lavoro come strumento per combattere la disoccupazione e avviava un processo di modernizzazione per il rilancio dell’apprendistato che, nell’ambito di queste politiche, veniva ad assumere un ruolo importante fra le strategie rivolte a favorire l’occupazione giovanile 4.
L’apprendistato è venuto pertanto a rappresentare uno dei canali privilegiati di collegamento tra scuola e lavoro.
La legge 196 del 1997, più conosciuta come “Pacchetto Treu”, ha
costituito la base normativa per attuare queste politiche e strategie. La legge, da un lato, ha avviato una riforma del mercato del lavoro individuando nuove forme di flessibilità negli strumenti che ne favoriscono l’accesso (a partire dal lavoro interinale) e, dall’altro, ha rivisto il sistema dell’istruzione e de lla formazione professionale in un’ottica di integrazione 5.
4 Xxxx, X. (2002), Politiche del lavoro. Insegnamenti di un decennio , Il Mulino, Bologna.
5 Isfol (2000), Il nuovo apprendistato. Rapporto 1999, FrancoAngeli, Milano
Con l’art. 16, la legge ha adeguato il rapporto di apprendistato alla mutata situazione economica e sociale, mantenendo la finalità dell’apprendistato come contratto di lavoro a “causa mista”, e quindi come rapporto di lavoro in cui il datore di lavoro ha l’obbligo di impartire all’apprendista assunto la formazione necessaria a trasformarlo in un lavoratore qualificato, in cambio di considerevoli agevolazioni contributive.
Riassumiamo, qui di seguito, le modifiche principali introdotte dalla nuova normativa sull’apprendistato:
✓ la fascia di età nella quale si può essere assunti come apprendisti è stata portata da 16 ai 24 anni (29 anni per gli apprendisti artigiani addetti a mansioni elevate) e senza limitazioni all’assunzione di apprendisti con particolari titoli di studio;
✓ la disciplina contrattuale dell’apprendistato è stata estesa a tutti i settori;
✓ la durata del contratto di lavoro è stata fissata da un minimo di 18 mesi e un massimo di 48 mesi. Per le sole aziende artigiane è rimasta in vigore la Legge 25/55 che fissava la durata massima del contratto a 5 anni;
✓ il limite minimo di ore da destinarsi alla formazione esterna
all’azienda è stato fissato in 120 ore medie annue, e comunque in accordo a quanto definito dai contratti di categoria. Xxxx apprendisti in possesso di diploma post-obbligo o di qualifica professionale la legge consentiva di destinare un numero di ore inferiore;
✓ le agevolazioni contributive concesse alle imprese per i contratti di apprendistato sono subordinate all’effettiva partecipazione degli apprendisti alle attività di formazione esterna.
Queste modifiche non hanno intaccato il sistema di incentivazione economica dell’istituto incentrato sulla fiscalizzazione degli oneri contributivi a carico del datore di lavoro, ma hanno modificato il sistema della incentivazione normativa, grazie all’elevazione dei limiti massimi di età, alle nuove forme di incentivazione riservate all’assunzione di soggetti portatori di handicap e, seppur sia stato valido solo in via sperimentale, dell’introduzione di un incentivo consistente nella concessione di agevolazioni contributive per i lavoratori impegnati in qualità di tutor nelle iniziative di formazione esterna.
Tuttavia la testimonianza che il legislatore ha inteso restituire all’apprendistato l’originaria funzione formativa deriva dalla considerazione che gli sgravi contributivi non derivino solo dalla stipulazione di un contratto
di apprendistato bensì dalla effettiva frequenza degli apprendisti ai corsi per loro previsti.
Perché l’azienda sia in regola con quanto previsto dalla legge 196/97, è necessario che l’apprendista abbia partecipato almeno per l’80% delle ore annualmente previste ad attività formative. E’ infatti ormai appurato che durante i percorsi di formazione esterna si verificano spesso ore di assenza. La circolare ministeriale n. 78/2000 precisa che le assenze alle iniziative formative sono ammesse solo per cause contrattualmente previste e devono essere certificate. Nel caso siano previste iniziative di recupero, l’apprendista che si è assentato dalle attività formative è tenuto comunque a parteciparvi fino al raggiungimento dell’80% del monte ore complessivo.
Già dall’entrata in vigore della Legge 25/55 gli apprendisti potevano accedere ad una specifica formazione loro destinata, denominata “formazione complementare”, ma di fatto questa opportunità è stata progressivamente abbandonata a partire dai primi anni Settanta.
Nella nuova normativa è stata invece rafforzata la necessità di una formazione “esterna” all’azienda, in stretto collegamento con quella impartita direttamente sul lavoro. La somiglianza di disciplina tra le iniziative di formazione esterna e i corsi complementari non deve però trarre in inganno in un contesto profondamente cambiato e nel quale l’apprendistato non è più l’unico contratto a contenuto formativo.
L’istituto dell’apprendistato si è venuto in questi anni fondando sull’integrazione tra sistema scolastico, formazione professionale e mondo del lavoro, finalizzata ad assicurare una crescita professionale che prevedesse non solo l’acquisizione di competenze tecnico-professionali adeguate ai compiti assegnati, ma anche lo sviluppo delle potenzialità individuali. Sotto questo aspetto, la nuova legislazione si muoveva nella direzione di sostenere gli imprenditori nella valorizzazione delle risorse umane presenti in azienda e nella realizzazione di percorsi individuali basati sulle risorse, le competenze e il sapere presente nel contesto lavorativo.
Fin qui sono stati presentati gli aspetti distintivi della legge per l’apprendistato che ha acquistato un ulteriore slancio con l’approvazione della legge 144 del 17 maggio 1999, che ha reso obbligatoria per tutti i giovani la frequenza ad attività formative fino al compimento del diciottesimo anno di età. L’art. 68 della legge ha precisato le modalità per l’espletamento in materia di obbligo formativo, collocando l’apprendistato fra i tre canali formativi utili all’assolvimento dello stesso e attribuendogli in questo modo pari dignità sia rispetto alla scuola che agli altri percorsi formativi extra-scolatici. Per i giovani al di sotto dei 18 anni che non hanno
ancora assolto tale obbligo, la durata della formazione “esterna” è stata portata quindi da 120 ore a 240 ore annue6.
Emergono in maniera evidente due aspetti strettamente correlati alle disposizioni legislative; il primo riguarda la necessità di costruire un sistema di crediti formativi che consenta il passaggio dell’apprendista negli altri due canali, mentre il secondo è inerente alla necessità di un numero maggiore di ore di formazione per gli apprendisti che non hanno assolto l’obbligo formativo. A questo secondo aspetto è legata la problematica più ampia dell’onere formativo aggiuntivo rispetto a quello previsto dalla legge 196/97 che ricade sui datori di lavoro.
Per completare lo scenario prodotto dalla legislazione nel periodo 1997- 2000, l’apprendistato è stato in questi ultimi anni l’unico rapporto di lavoro ammesso per i giovani che non abbiano conseguito un diploma o una qualifica professionale, avvicinandosi così al modello adottato in molti paesi europei. 7 L’evoluzione dei contratti di apprendistato ha originato un effetto di sostituzione sui contratti di formazione-lavoro che hanno conosciuto un calo in corrispondenza dello slancio registrato nel ricorso all’apprendistato8.
I decreti di attuazione delle più recenti deleghe al Governo in materia di riforma del mercato del lavoro e del sistema di istruzione e formazione professionale confermano l’apprendistato come strumento di formazione in alternanza.
Infatti, il decreto legislativo attuativo della L. 30/03 sulla riforma mercato del lavoro riafferma il contratto di apprendistato come uno dei due strumenti privilegiati9 per perseguire una strategia di formazione in alternanza. Parimenti, anche la legge delega di riforma della scuola, più nota come Riforma Xxxxxxx, all’art. 2 prevede che “dal compimento del quindicesimo anno di età i diplomi e le qualifiche si possono conseguire in alternanza scuola -lavoro o attraverso l’apprendistato”.
6 Isfol (2001), Il nuovo apprendistato. Rapporto 2000, FrancoAngeli, Milano.
7 Xxxxxxxxxxx, S. (a cura di) (2000), Percorsi per l’apprendistato. Esperienze italiane ed europee, Guerini e Associati, Milano.
8 Il processo di sostituzione dei due istituti a causa mista è ascrivibile a due fattori: l’estensione del contratto di apprendistato a qualifiche professionali medio-alte e a fasce di età superiori ai 20 anni, e il freno comunitario all’uso non finalizzato di sgravi sui contratti di formazione-lavoro; cfr. Xxxxxxx, X. x Dini Ciacci, A. (2002), “Il contratto di formazione lavoro”, in Provincia di Milano (2002), Le trasformazioni del mercato del lavoro e le politiche per l’occupazione in provincia di Milano , FrancoAngeli, Milano, pp. 143-159.
9 L’altro strumento è costituito dal nuovo contratto di formazione-lavoro che si chiamerà contratto di inserimento.
E’ ancora prematuro riflettere sull’attuazione della nuova definizione normativa, anche se è prevedibile che essa aprirà nuove prospettive all’istituto dell’apprendistato.
Nelle pagine che seguiranno si traccerà un primo bilancio dell’esperienza compiuta nell’ultimo quinquennio in materia di formazione per apprendisti e più in generale di formazione in alternanza, anche se di fatto la nuova legislazione ha sostanzialmente mutato il campo d’azione. Riteniamo però che anche una riflessione su quanto è avvenuto in questi anni in questa particolare arena di politiche formative possa fornire utili indicazioni anche per l’attuazione della nuova normativa, che comunque dovrà misurarsi con alcuni temi di fondo che hanno condizionato l’esperienza di questi ultimi anni.
2.2 Le sperimentazioni e la messa a regime delle attività formative
La Legge 196/97 ha riaffermato il ruolo formativo del contratto di apprendistato, rendendo obbligatoria la frequenza a corsi di formazione esterna all’azienda. A seguito dell’emanazione della legge, il Ministero del Lavoro ha avviato una fase di sperimentazioni della formazione per l’apprendistato. Ne ricordiamo alcune a carattere nazionale (per l’industria meccanica) e altre a carattere regionale (per l’artigianato, per la PMI, per l’industria tessile)10.
La formazione esterna per apprendisti è pertanto decollata nel biennio 1999-2000 attraverso progetti sperimentali definiti dagli accordi collettivi stipulati tra le parti sociali, mirati all’individuazione di modelli formativi riproducibili poi nella fase di messa a regime delle attività formative. Per la realizzazione delle sperimentazioni di percorsi formativi per gli apprendisti ci si è avvalsi dei finanziamenti dell’Unione Europea.11
Le caratteristiche dei modelli formativi elaborati nel corso della sperimentazione sono trattati nel paragrafo seguente; la fase di sperimentazione ha previsto lo svolgimento di due annualità corsuali.
La gestione della fase sperimentale ha incontrato una serie di difficoltà, tra le quali è possibile citare:
✓ il disinteresse incontrato sia da parte degli imprenditori sia da parte
degli stessi apprendisti/allievi che hanno vissuto l’iniziativa più come un’imposizione che come un’opportunità;
10 Isfol (2001), Il nuovo apprendistato. Dalla sperimentazione alla costruzione del sistema, FrancoAngeli, Milano.
11 Isfol (2001), Il nuovo apprendistato. Rapporto 2000, FrancoAngeli, Milano.
✓ la sottovalutazione dell’esistenza di una diversità di esigenze formative a volte molto spiccata tra diversi gruppi di apprendisti;
✓ problemi connessi con il reperimento degli allievi da avviare ai corsi determinati da errori presenti negli archivi (di registrazione, di qualifica non coinc idente, di aggiornamento dei rapporti di apprendistato già conclusi, etc.).
In generale, è possibile affermare che la fase sperimentale ha sofferto ritardi perché perseguiva l’obiettivo di definire modalità di gestione nuove e adeguate a caratteristiche vecchie e nuove di questo istituto.
Dopo aver utilizzato risorse comunitarie, la formazione per l’apprendistato ha potuto contare sui finanziamenti della Legge 144/99, creando un’ampia offerta aggiuntiva e richiedendo alle Regioni uno sforzo progettuale per regolare tale offerta.
La fase tuttora in corso di realizzazione del canale formativo per l’apprendistato è quella dei Piani Provinciali, che ha contribuito ad apportare significativi miglioramenti agli elementi critici sopra citati ma ha lasciato ancora aperte alcune importanti questioni. La certificazione delle competenze degli apprendisti, ad esempio, deve ancora raggiungere gli standard adeguati al riconoscimento dei crediti formativi, sia agli apprendisti formati che a coloro che interrompono il rapporto prima della scadenza. E’ necessario inoltre garantire un canale di finanziamento stabile per una organizzazione ottimale e un ampliamento dell’offerta formativa, evitando che permangano fasce di domanda non coperte. Infine, il sistema di monitoraggio sulla qualità della formazione erogata e sul rapporto tra momenti di lavoro e formazione esterna non è tuttora esteso in modo adeguato per poter garantire le imprese e gli stessi apprendisti riguardo alla loro crescita personale e professionale.
Si può infine ricordare che le due direttrici della riforma dell’apprendistato (forma privilegiata di contratto per l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro e filiera formativa per l’assolvimento del nuovo obbligo) corrispondono a due finalità e logiche diverse rendendo difficile un’effettiva messa a regime della formazione per apprendisti in un sistema di modelli codificati. Infatti la “logica contrattuale” adotta un approccio teso all’investimento sulle risorse umane e quindi più vicino alla formazione continua per gli occupati; per contro, la “logica istituzionale” facendo dell’apprendistato il terzo canale per l’assolvimento dell’obbligo formativo, ha invece un approccio più simile alla formazione professionale di base.
2.3 Il ruolo della Provincia di Milano
La gestione della formazione per l’apprendistato ha rappresentato per la Provincia di Milano, così come per le altre province lombarde, uno dei più importanti appuntamenti nel processo di decentramento della programmazione della Formazione Professionale formalizzato a partire dal 1995.
La procedura per l’attivazione di corsi destinati agli apprendisti ha il suo punto di partenza nelle informazioni che pervengono direttamente dalle aziende. Infatti, al momento dell’assunzione, l’impresa è tenuta ad inviare alla Provincia un modulo contenente i dati anagrafici e la posizione lavorativa dell’apprendista. Questi dati risultano pertanto indispensabili alla programmazione delle attività formative previste dalla legge.
Sulla base di questi dati la Provincia opera una prima selezione degli apprendisti da avviare ai corsi di formazione esterna e compone dei gruppi classe tenendo conto prioritariamente:
✓ del settore di appartenenza e del titolo di studio posseduto dagli apprendisti,
✓ della loro dislocazione territoriale;
✓ della localizzazione delle agenzie formative;
✓ della specializzazione settoriale di queste ultime.
Oltre all’avvio di attività corsuali confacenti alle suddette indicazioni, si sono attivati anche dei percorsi formativi con un’offerta a catalogo per i settori meccanico, terziario e grafico. Si tratta in questo caso di iniziative realizzate con architettura modulare, che i singoli soggetti del mondo della formazione possono implementare con apporti diversi per ogni proposta formativa; per contro le aziende possono a loro volta scegliere specifici moduli formativi12.
La procedura di avvio dei corsi prevede che la Provincia di Milano, sulla base dei modelli pervenuti dalle aziende, componga il gruppo classe per la formazione esterna, tenendo conto di un inevitabile calo nel numero degli apprendisti determinato dalle continue variazioni che si verificano nei contratti di apprendistato. Contattata formalmente, l’azienda iscrive l’apprendista presso l’agenzia formativa indicata dalla Provincia o, in caso contrario, comunica la cessazione del rapporto di lavoro. Contestualmente la Provincia di Milano approva il preventivo presentato dalle agenzie formative incaricate all’erogazione dei corsi e procede alla stipula di una convenzione. E’ l’agenzia formativa che, ricevute le iscrizioni dalla
12 Xxxxxxxxx, C. e Xxxxxx, C. (2001), “Il nuovo apprendistato e il ruolo delle Province in Lombardia”, in Skill. Teorie ed esperienze sulla formazione, n. 20, Anno 2001
imprese, comunica alla Provincia la composizione definitiva del gruppo classe e i motivi delle mancate iscrizioni, procedendo quindi alla erogazione delle attività formative.
Al termine di ogni annualità la Provincia è tenuta a rilasciare agli apprendisti un apposito Certificato di Frequenza. Xxxx apprendisti che al termine del percorso formativo non hanno raggiunto il minimo di ore previsto per il rilascio della Certificazione, viene rilasciata una Dichiarazione che specifica il numero di ore frequentate per ciascuna unità formativa.
La Provincia di Milano cura inoltre un sistema di monitoraggio delle attività, avvalendosi anche di consulenze esterne, con l’obiettivo di attivare un osservatorio costante sul fenomeno apprendistato valorizzando i dati disponibili.
Infatti, la ricchezza dei dati esistenti presso la Provincia ha un limite, come spesso accade, nella scarsa possibilità di utilizzarli per le elaborazioni conoscitive del fenomeno. Malgrado questa opportunità non sia ancora adeguata alle effettive potenzialità, la Provincia continua a impegnarsi in questa direzione, com’è testimoniato dalla standardizzazione della modulistica progettuale ed amministrativa che gli attuatori dei corsi devono produrre, al fine di poter contare, sia nell’arco temporale di realizzazione dell’intervento che successivamente, su una raccolta sistematica di dati e informazioni, adatti al controllo delle attività.
La Provincia di Milano ha predisposto inoltre un programma di promozione sulla tematica della formazione per l’apprendistato che, parallelamente all’attivazione dei corsi per gli apprendisti, realizza in collaborazione con associazioni datoriali ed enti bilaterali.
3. Le caratteristiche della formazione per l’apprendistato
L’apprendistato è sempre stato considerato una modalità di inserimento nel mercato del lavoro per i giovani che non hanno un buon rapporto con i sistemi tradizionali di apprendimento; nello stesso tempo esso rappresenta oggi anche un primo approccio al mondo del lavoro per i giovani che hanno in atto un percorso di apprendimento nella scuola o nella Formazione Professionale, configurando così una situazione di apprendimento in alternanza13.
L’alternanza formativa può quindi definirsi come un percorso integrato di istruzione e formazione in cui vengono intercalate le attività didattiche realizzate in aule e laboratori con esperienze di lavoro pratico svolte nel
13 Isfol (2002), Federalismo e politiche del lavoro. Rapporto 2001 , FrancoAngeli, Milano.
contesto aziendale, nel riconoscimento di entrambe le attività come importanti fattori di apprendimento.
L’alternanza fra il lavoro e la formazione è tanto più importante quanto più giovani sono le persone da inserire in contesti produttivi, e tradizionali strumenti di alternanza formativa sono gli stage e i tirocini formativi regolamentati dalla legislazione vigente.
Il contratto di apprendistato si colloca proprio in questa alternanza tra formazione e lavoro, sottolineando la relazione tra il sapere e il fare. Ma affinché i collegamenti fra i diversi momenti dell’alternanza possano funzionare è indispensabile individuare un attore chiave che gestisca l’integrazione delle relazioni tra lavoro e formazione. Da questa esigenza deriva l’istituzione della figura e del ruolo del tutor aziendale 14.
Sebbene il riferimento dell’attività formativa sia costituito dal profilo
professionale di uscita, ovvero l’inquadramento che l’apprendista acquisisce al termine del suo contratto di apprendistato, la formazione esterna incide marginalmente sul monte ore di lavoro annuo svolto. Ciò significa che la formazione esterna può solo concorrere a formare le competenze richieste, ma in una logica di progettazione del percorso formativo complessivo, che congiunga le attività svolte all’interno e all’esterno dell’azienda, bisognerebbe impostare il lavoro con il concorso di tutti gli attori coinvolti (agenzia formativa, azienda, apprendista).
Due decreti del Ministero del Lavoro (8 aprile 1998 e 20 maggio 1999) hanno tracciato le prime caratteristiche della formazione per gli apprendisti, lasciandone poi la definizione più puntuale alla concertazione tra Ministero del Lavoro, Ministero della Pubblica Istruzione, Governo e Parti sociali. L’obiettivo prioritario fissato in tali decreti è lo sviluppo di competenze sia professionalizzanti che di tipo trasversale.
Le 120 ore annue previste per la formazione esterna si articolano pertanto nelle due tipologie di formazione trasversale e professionalizzante. Le competenze trasversali prescindono dal settore in cui opera il lavoratore e riguardano innanzitutto la capacità di comprendere l’organizzazione del lavoro nell’impresa, il processo produttivo, la legislazione sul lavoro, le caratteristiche del contratto di lavoro, la sicurezza nell’ambiente di lavoro e di sviluppare comportamenti relazionali propri dell’ambito aziendale. L’eventuale recupero delle competenze di base, cioè le abilità linguistiche e matematiche necessarie per muoversi in un ambito lavorativo, è previsto accanto ai contenuti trasversali ai quali deve essere riservato almeno il 35% del monte ore complessivo del corso erogato.
Ai contenuti a carattere professionale di tipo tecnico-scientifico ed operativo è pertanto riservato fino al 65% del monte ore e sono differenziati, in quanto propri della figura professionale in formazione, in funzione delle singole figure senza però tralasciare i temi della sicurezza sul lavoro e dei mezzi di protezione individuale.
Riguardo alle aree di contenuto dei moduli aggiuntivi nel percorso degli apprendisti in obbligo formativo, sono state individuate l’area linguistica, matematica e informatica e degli standard minimi di competenza.
Si è accennato poc’anzi (cfr. § 2.2.) ai differenti approcci dell’offerta formativa riguardo all’apprendistato. E’ utile qui ricordare come la nota contrapposizione tra approccio modulare e approccio corsale sia in effetti rispondente alle due diverse finalità che convivono nell’attività formativa predisposta per gli apprendisti. Mentre il primo è risulta infatti più idoneo alla personalizzazione dei percorsi formativi e quindi volto a favorire l’acquisizione delle competenze professionali funzionali al ruolo e al contesto specifico, il secondo tende invece a valorizzare il gruppo e a privilegiare le competenze relazionali e professionali funzionali alla crescita della persona15.
3.1 Alcuni modelli formativi
Dalle indicazioni sopra descritte sono scaturite le sperimentazioni, attuate sia a livello nazionale che locale, per verificare sul campo i percorsi formativi, le metodologie didattiche e le modalità organizzative più idonee ad un’utenza con caratteristiche particolari.
Di seguito vengono sinteticamente presentate le peculiarità di alcuni modelli che scaturiscono in parte dai risultati di queste esperienze che ne hanno guidato la definizione, in parte da studi e ricerche successive. Va tuttavia rimarcato come il dibattito sul sistema di formazione per l’apprendistato sia tuttora ben lungi dall’essere esaurita.
Gli elementi riportati danno spazio non tanto al disegno di possibili percorsi formativi quanto alle scelte metodologiche che stanno alla base dello sviluppo di ipotesi formative.
3.1.1 Formazione per gli apprendisti inseriti nell’industria meccanica
Sulla formazione esterna riservata agli apprendisti dell’industria meccanica, è stato elaborato un modello che prevede:
- un momento iniziale di aula destinato alla costituzione e conoscenza del gruppo, all’analisi delle aspettative e dei bisogni, alla creazione del “clima” ottimale per lo svolgimento delle attività formative, nonché alla taratura dei contenuti rispetto ai fabbisogni formativi;
- tre moduli formativi, di base, di competenze trasversali, tecnico
professionale 16.
Obiettivo del modulo base è fornire le conoscenze riconducibili alla cultura di impresa e del lavoro. Il modulo ha carattere propedeutico, presenta le logiche di funzionamento e di organizzazione delle imprese e informa sugli aspetti principali della legislazione relativa al rapporto di lavoro e alla sicurezza sul lavoro.
Il modulo competenze trasversali ha come obiettivo il trasferimento delle conoscenze e competenze che permettano all’apprendista di gestire la propria presenza in azienda rispetto al ruolo assegnatogli. Vengono pertanto forniti strumenti e chiavi di lettura dello specifico contesto aziendale ed organizzativo di inserimento degli apprendisti.
Infine, il modulo tecnico professionale si prefigge il trasferimento delle conoscenze e competenze che permettano all’apprendista di inserirsi in una struttura produttiva svolgendo in autonomia operativa le attività previste dal ruolo. I contenuti formativi sono pertanto strettamente correlati alle mansioni della figura professionale e alle altre conoscenze tecniche ritenute indispensabili per operare in azienda. Un recupero dei “saperi minimi” funzionali al ruolo professionale può rendersi necessario in base ai livelli di scolarità di partenza.
3.1.2 Fo rmazione per gli apprendisti inseriti nell’artigianato
Il modello sperimentato nel settore artigiano17 e implementato in itinere, si fonda su alcuni presupposti metodologici:
- le conoscenze, capacità e comportamenti oggetto della formazione sono ricostruite dal profilo professionale di riferimento;
- l’esperienza costituisce il centro dell’apprendimento e gli ambiti in cui
si realizza, aula o azienda, sono comunque idonei allo sviluppo di una strategia formativa;
- il formatore assume il ruolo di facilitatore dell’apprendimento del quale il soggetto in formazione è responsabile.
16 Cfr.: Isfol (2000), Formazione per l’apprendistato. Progetto per l’industria meccanica, cit..
17 CNA – ECIPA Lombardia (2001), Formazione per l’occupazione nell’artigianato. Percorsi di formazione per apprendisti: un modello di riferimento”, Milano.
La metodologia di gestione di un impianto costruito su questi presupposti comporta un’attività d’aula strutturata alternando teoria e pratica, l’esplicitazione costante di “che cosa si sta facendo e perché” e dei risultati raggiunti, l’assegnazione di compiti da svolgere nei momenti di formazione in azienda.
Il punto di partenza del modello è l’analisi del profilo professionale oggetto di formazione che guida la progettazione delle unità formative capitalizzabili finalizzate allo sviluppo delle competenze richieste. Le unità formative proposte sono di carattere trasversale e tecnico-professionale.
Un ruolo importante è assegnato alla formazione dei tutor formativi; viene pertanto proposto un percorso minimo per affrontare le tematiche proprie dell’ambito formativo specifico per l’apprendistato.
3.1.3 Formazione per gli apprendisti nel nuovo obbligo formativo
Sulla formazione per apprendisti interessati dal nuovo obbligo formativo, la Provincia di Milano ha finanziato un progetto di ricerca con l’obiettivo di definire un modello formativo18.
E’ stato già ricordato che la prima specificità dei percorsi di obbligo formativo per apprendisti è rappresentata dall’introduzione di moduli aggiuntivi per complessive 120 ore aggiuntive alle 120 previste per la formazione esterna. A questa si aggiunge la definizione delle aree di competenza e dei relativi livelli da sviluppare nei moduli aggiuntivi, di fatto riguardanti il rafforzamento e il recupero delle competenze di base e trasversali.
Il Decreto Ministeriale del 16 maggio 2001 indica inoltre la necessità di accertamento delle competenze di base acquisite attraverso i moduli aggiuntivi, attraverso prove di verifica che facciano riferimento agli indicatori di livello di alcune scale internazionali previste per le tre aree, linguistica, matematica e informatica.
Il modello proposto, pertanto, prevede un percorso integrato fra moduli riferiti alla formazione esterna e moduli aggiuntivi per l’obbligo, sottolineando così il contenuto professionale della formazione per l’apprendistato. Esso definisce, inoltre, una impostazione metodologica per la gestione delle attività formative e promuove costanti rapporti tra il tutor formativo e il tutor aziendale per la gestione dell’alternanza formativa.
18 Xxxxxx, X. e Xxxxx, A. (2001), “L’apprendistato nel nuovo obbligo formativo: studio per un modello sperimentale”, in Skill. Teorie ed esperienze sulla formazione, n. 21 Anno 2001.
In considerazione delle caratteristiche dell’utenza di tali percorsi, per la maggior parte costituita da soggetti deboli esclusi dal sistema scolastico, è stato individuato un approccio, sia progettuale che metodologico, chiamato “del compito reale”. L’apprendista viene quindi posto di fronte ad un compito reale in base alla sua esperienza lavorativa e nel risolverlo può attivare capacità legate a più aree contenutistiche. Per realizzare questa metodologia è necessario prevedere e progettare dei momenti formativi di lavoro di gruppo finalizzate alla realizzazione del compito.
Il modello propone in definitiva un approccio “globale” alla formazione per questa tipologia di utenti e individua tra le metodologie già sperimentate quelle funzionali al raggiungimento dell’obiettivo.
Il percorso proposto è modulare, con moduli della durata fissa di 30 ore, riferiti sia alla formazione in apprendistato che all’obbligo formativo.
3.1.4 Alcuni note di sintesi
Nei modelli formativi riportati e in altri che sono stati sperimentati, il punto comune è rappresentato dall’itinerario seguito nella progettazione. Infatti, il percorso progettuale della formazione per l’apprendistato ha ribaltato il tradizionale approccio scolastico e si è concentrato sul risultato finale da ottenere, consistente nella figura professionale che l’apprendista si prepara a diventare, per definire il percorso formativo più adeguato al raggiungimento dell’obiettivo.
Quest’ultimo è espresso in termini di “performance professionale minima” richiesta all’apprendista a percorso formativo concluso, che viene successivamente scomposta in prestazioni lavorative, o attività, o compiti, concretamente osservabili; infine, ogni attività viene osservata per individuare le competenze giocate, sia di tipo trasversale o di base che tecnico o professionale.
Sulle competenze vengono poi progettate le unità formative capitalizzabili con relativa prova finale che definisce il livello di autonomia dell’apprendista nell’esecuzione delle attività e costituisce una base per la certificazione dei crediti formativi intermedi o finali.
Nei diversi modelli elaborati, si sono registrate diverse articolazioni delle competenze, in alcuni casi è stato attribuito un maggior peso alle competenze trasversali e di base, in altri alle competenze tecnico professionali. Queste ultime sono state spesso declinate tenendo conto delle specificità delle figure professionali presenti nelle differenti realtà locali.
Nella gestione delle attività formative si è poi registrata una grande attenzione nella scelta delle metodologie utilizzate, privilegiando la metodologia interattiva che prevede un maggior coinvolgimento dei
partecipanti. Alle lezioni frontali sono state pertanto affiancate simulazioni, lavori di gruppo, discussioni guidate, role-playing e altre metodologie interattive tendenti a valorizzare l’esperienza dei partecipanti. Si sono registrate anche delle esperienze di utilizzo di materiale multimediale.
I tutor formativi hanno svolto un ruolo strategico, presidiando il
percorso formativo dalla progettazione operativa al monitoraggio continuo, dall’intervento sulla motivazione dei partecipanti e nelle situazioni problematiche alla segnalazione della necessità di ritarare le attività programmate.
3.2 Il ruolo e la formazione del tutor aziendale
Con il contratto di apprendistato, il giovane lavoratore deve acquisire le competenze necessarie a diventare un lavoratore qualificato. Per raggiungere tale obiettivo è necessario realizzare percorsi formativi che sappiano integrare l’apprendimento diretto nel contesto lavorativo con le attività formative esterne all’azienda. L’interazione fra i due sistemi di apprendimento può essere garantita attraverso il ruolo strategico assunto dal tutor aziendale, nodo centrale della collaborazione e dell’integrazione fra la formazione e il lavoro.
La figura del tutor aziendale trova esplicitazione e fondamento nel decreto ministeriale del 28 febbraio 2000 “Disposizioni relative alle esperienze professionali richieste per lo svolgimento delle funzioni di tutore aziendale ai sensi dell’art. 16 comma 3 della legge 196 del 24 giugno 1997 recante “Norme in materia di promozione dell’occupazione”. Nei primi due commi dell’articolo 1 di questo decreto, i compiti del tutor vengono così definiti:
“1. Il tutore aziendale per l’apprendistato ha il compito di
affiancare l’apprendista durante il periodo di apprendistato, di trasmettere le competenze necessarie all’esercizio delle attività lavorative e di favorire l’integrazione tra le iniziative formative esterne all’azienda e la formazione sul luogo di lavoro.
2. Il tutore collabora con la struttura di formazione esterna all’azienda allo scopo di valorizzare il percorso di apprendimento in alternanza”.
Alla luce del decreto sopra citato, le funzioni svolte dal tutore aziendale
possono essere sintetizzate in tre tipologie:
❑ informative, orientative e di guida. Il riferimento in questo primo caso è diretto ai momenti di accoglienza e di accompagnamento all’inserimento del giovane apprendista nel contesto organizzativo;
❑ formative e di sostegno. Si tratta di funzioni che tendono a facilitare i momenti di formazione e a sostenere l’apprendimento sul campo;
❑ valutative. La valutazione rappresenta sempre il momento conclusivo di un percorso formativo e, in questo caso, un ruolo importante può essere svolto dal tutor aziendale nella valutazione delle competenze acquisite dall’apprendista.
Per consentire ai tutor aziendali di svolgere efficacemente le loro funzioni, sono stati istituiti interventi formativi specifici per chi ricopre tale ruolo, realizzati dagli enti accreditati per la formazione degli apprendisti, della durata minima di 8 ore.
Il tutor aziendale, identificato e formato allo svolgimento del suo ruolo, rappresenta solo un primo tassello nei rapporti tra aziende e agenzie formative che vanno comunque implementati, per favorire la relazione tra i due ambiti e monitorare e valutare il percorso formativo dell’apprendista.
4. Fattori di successo e criticità: riflessione sui percorsi per l’apprendistato
Da quanto finora rilevato deriva che la formazione per apprendisti costituisce un’attività formativa “particolare”, difficilmente riconducibile ad altri sistemi formativi, che offre ancora ampi spazi di ricerca sia progettuale che organizzativa. L’impegno su questo fronte è stato finora elevato, sia da parte delle istituzioni locali che da parte delle agenzie formative e delle parti sociali. Ciò condurrebbe ad una dichiarazione positiva sui risultati raggiunti, anche se persistono limiti tra cui quelli riguardanti il grado di coinvolgimento dell’utenza complessiva degli apprendisti.
Una delle difficoltà maggiori emerse dai progetti realizzati in questi anni, è quella di formare gruppi classe omogenei, di individuare cioè sullo stesso territorio un adeguato numero di apprendisti in possesso della stessa qualifica. Fino ad oggi, non si è investito molto sull’attribuzione dell’esatta qualifica di ciascun individuo e la classificazione adottata dai Centri per l’Impiego per procedere in tale attività di codif ica era quella del Ministero del Lavoro, articolata in un numero molto elevato di voci, molte delle quali ormai prive di significato nell’attuale contesto produttivo. Ciò ha generato nei primi anni di sperimentazione la difficoltà di far emergere dalle informazioni codificate negli archivi esistenti indicazioni per supportare l’articolazione dell’offerta formativa.
A ciò si deve aggiungere che la qualifica di ciascun apprendista, raramente è indicata in modo specifico dall’impresa ed è quindi spesso lascia ta all’attribuzione soggettiva degli operatori dei Centri per l’Impiego
che di conseguenza premiano un numero limitato di figure professionali generiche, le più diffuse e note, riconducendo ad esse quasi tutte le altre. La rilevanza di questo limite sta ne ll’importanza prima riconosciuta all’informazione proveniente dalle imprese nella procedura di avvio dei corsi della Provincia di Milano.
In vista di un auspicato e possibile consolidamento delle esperienze prodotte in materia, che sono tuttora in divenire, procederemo qui di seguito ad individuare quattro punti che rappresentano altrettanti fattori di criticità nella formazione per gli apprendisti, dalla cui soluzione si potrà apportare significativi miglioramenti a questa specifica politica del lavoro; essi sono rappresentati:
❑ dalla gestione dei rapporti tra azienda e agenzia formativa;
❑ dalla programmazione territoriale e dalle modalità organizzative dell’offerta formativa;
❑ dalla valutazione della formazione e dalla certificazione dei crediti;
❑ dalle metodologie di personalizzazione dei percorsi
1. Per quanto attiene le strategie di gestione del collegamento formazione-impresa, l’informazione preliminare è indispensabile e decisiva per un positivo funzionamento delle iniziative formative. La formazione dell’apprendista non può essere subita dall’azienda come “pegno da pagare” per ottenere le agevolazioni contributive; una simile convinzione si ripercuote sull’apprendista che spesso, per le pregresse esperienze scolastiche, è poco incline alla formazione. L’esperienza ha dimostrato che laddove i rapporti tra azienda e agenzia formativa si sono instaurati in modo corretto, le attività formative hanno beneficiato del confronto e dello scambio di esperienze.
Vanno altresì realizzati interventi di sistema per supportare lo sviluppo di un corretto rapporto imprese-agenzie formative. Si può pensare ad iniziative di informazione e di sensibilizzazione rivolta alle imprese, per quanto riguarda le caratteristiche e il funzionamento della formazione per l’apprendistato, dagli elementi di fondo alle indicazioni operative.
Analoghi interventi possono essere ipotizzati con azioni mirate ai giovani, per migliorare la conoscenza delle opportunità che tale istituto offre.
In quest’ottica non vanno dimenticate:
- l’importanza della formazione dei formatori sulle metodologie didattiche più adeguate all’utenza degli apprendisti, sulla gestione dell’alternanza formativa e della formazione per i tutor aziendali;
- le differenti propensioni alla formazione delle imprese in relazione alla loro dimensione aziendale.
E’ inoltre importante che i docenti impegnati in questa tipologia di percorsi conoscano le realtà aziendali e i contesti lavorativi per migliorare l’attenzione nei confronti degli apprendisti.
2. Pur riconoscendo gli sforzi e l’ impegno di tutti i soggetti coinvolti in questa partita, l’attività di formazione esterna per apprendisti non si può ancora definire a regime. Le iniziative di formazione realizzate fino ad oggi hanno risposto solo in parte al fabbisogno. Permane il proble ma delle risorse, sia economiche che dell’offerta formativa.
Per migliorare l’attività di formazione per gli apprendisti, non basta studiare nuove modalità di approccio metodologico e porre maggior attenzione alla gestione del processo formativo; occorre invece affrontare il tema degli investimenti necessari, in termini di laboratori ed attrezzature e di materiali e strumenti didattici.
Le agenzie formative scese in campo per l’apprendistato necessitano di investimenti mirati e finalizzati e non si può prescindere dalla costruzione di rapporti di cooperazione sul territorio con associazioni di categoria, aziende e scuole. Tuttavia, l’incertezza dei finanziamenti destinati a questa tipologia formativa blocca le iniziative di investimento, sia nella direzione della ricerca (per le metodologie da utilizzare, per l’analisi dei fabbisogni formativi, per la registrazione dell’evoluzione delle figure professionali di riferimento), che delle strumentazioni necessarie 19.
Un contributo alle attività di programmazione potrebbe pervenire anche da una migliore gestione dei dati del monitoraggio. Infatti, quelli attualmente disponibili, sono sicuramente efficaci nel fornire un quadro quantitativo del fenomeno, ma lasciano ancora a desiderare per quant riguarda gli aspetti qualitativi. In tal modo, non si riesce ancora a delineare il quadro del rapporto domanda/offerta in riferimento ad importanti fattori quali il settore di appartenenza degli apprendisti e, poiché non siamo ancora in un sistema a regime, l’anzianità dell’apprendista in azienda rispetto all’annualità formativa cui è chiamato a iscriversi. Manca inoltre il dato riferito al livello di omogeneità/disomogeneità delle figure professionali presenti nelle classi già formate.
Le modalità organizzative devono infine tener conto di quanto emerge dalle esperienze realizzate. La modalità temporale di erogazione dei corsi più diffusa è la giornata intera di 8 ore una volta la settimana. Ciò significa una durata minima di ciascun intervento formativo di 15 settimane. Un dato strutturale da tener presente a tal proposito è l’elevato tasso di mortalità
19 Come si è visto, l’effetto di questa politica di finanziamento della formazione per l’apprendistato, si traduce, come abbiamo visto nelle pagine iniziali, in una offerta squilibrata e scarsamente coerente con la domanda potenziale.
lavorativa, e quindi formativa, degli apprendisti nella durata del contratto; i tassi di abbandono sono rilevanti ed è proprio l’interruzione del rapporto di lavoro la causa più frequente di interruzione del percorso formativo.
Le agenzie formative sono chiamate a sviluppare ulteriormente la cosiddetta alternanza formativa attraverso lo sviluppo del rapporto di interazione con le aziende per costruire un progetto formativo in cui integrare le attività di aula e laboratorio con il lavoro in azienda.
3. La certificazione delle competenze e dei crediti formativi è un problema aperto che non ha ancora trovato risposte adeguate. Possono esistere tre livelli di certificazione: della frequenza, del percorso formativo, delle competenze. Tutti concordano sull’esigenza di costruire un sistema di certificazione ma molteplici sono tuttora gli ostacoli incontrati nel tentativo di ricomporre i due percorsi di apprendimento, interno ed esterno all’azienda, nell’unità delle competenze. La difficoltà maggiore risiede nella definizione di chi e con quali strumenti è deputato ad assumere decisioni in merito.
4. La Provincia di Milano ha scelto di sostenere la sperimentazione di percorsi modulari per rispondere al meglio alle esigenze formative di un’utenza molto eterogenea, contraddistinta da differenze di età, titolo di studio, competenze in entrata, figura professionale e mansioni svolte. Infatti, più aumentano gli elementi di disomogeneità, maggiori risultano le difficoltà nella gestione del gruppo classe e nella definizione di percorsi adeguati.
La personalizzazione dei percorsi formativi, perseguibile attraverso l’articolazione delle attività in sottogruppi, può rendere più flessibile la composizione dei gruppi classe. Si possono cioè ricostruire i percorsi formativi in termini modulari, progettando un’offerta formativa a catalogo e proponendola all’utente/azienda. Un’altra strategia da mettere in campo in relazione alle diverse tipologie di utenti si rifà alla tematica dell’approccio modulare e dell’approccio corsuale, considerando l’approccio modulare più adatto ad un’utenza con scolarità più elevata e pertanto maggiormente riconducibile al modello della formazione continua, e l’approccio corsuale più favorevole alla dimensione del lavoro di gruppo adatto al recupero degli utenti delle fasce più deboli.
Per concludere, la formazione per l’apprendistato non ha ancora generato un “sistema” ma nella mappatura degli interventi realizzati si delineano delle direzioni ben precise. Per sviluppare la costruzione di un impianto solido ed efficace è necessario sostenere anche un sistema di supporto all’offerta formativa, fatto di interventi informativi, promozionali e di sensibilizzazione culturale, da un lato, e di sostegno all’accrescimento delle risorse presenti sul versante dell’offerta, dall’altro lato.
Sul quadro che abbiamo così delineato verranno ovviamente a impattare sia la recente riforma del mercato del lavoro e, probabilmente in misura maggiore, quella della nuova riforma in materia di istruzione e formazione professionale; gli effetti di tali provvedimenti ovviamente non sono attualmente misurabili, ed è per questo che è auspicabile che anche sul versante delle politiche del lavoro, e non solo su quello della Formazione Professionale, si presti nel prossimo futuro un’attenzione maggiore a questi problemi, per verificare l’efficacia della nuova legislazione su quello che probabilmente resterà una dei più importanti strumenti di inserimento lavorativo dei giovani.