RAPPORTI TRA "MINUTA", "PUNTUAZIONE" E PRELIMINARE NELL’AMBITO DELLA FORMAZIONE PROGRESSIVA DEL CONTRATTO.
RAPPORTI TRA "MINUTA", "PUNTUAZIONE" E PRELIMINARE NELL’AMBITO DELLA FORMAZIONE PROGRESSIVA DEL CONTRATTO.
Di
Xxxxxxx Xxxxxxxx, avvocato, Specialista nelle professioni Legali (SSPL) e cultore della materia in diritto privato E
Xxxxxx Xxxxxxxxx, avvocato, Specialista nelle professioni Legali (SSPL).
1.Considerazioni generali sulla formazione progressiva dell’accordo.
Sin dall’epoca romanistica il principale strumento di circolazione dei beni e traffico giuridico è stato il contratto1.
Nell’attuale sistema di diritto civile, esso è definito dall’art 1321 del codice di merito come l’accordo tra due o più parti2 per costituire, modificare o estinguere rapporti giuridici aventi carattere patrimoniale.
L’accordo consiste nell’incontro delle manifestazioni di volontà delle parti contraenti: raggiunto l’accordo3 il contratto può dirsi perfezionato.
Quanto esposto trova conferma nella disciplina dettata dall’art. 1326 cc., che fa discendere la conclusione del contratto dal noto schema proposta- accettazione4.
1 Secondo l’orientamento dominante il contratto rappresenta la principale figura di negozio giuridico. Esso viene qualificato da un punto di vista strutturale come un atto consensuale caratterizzato dall’incontro delle dichiarazioni di volontà e, da un punto di vista funzionale come atto di esplicazione dell’autonomia negoziale, idoneo a generare effetti obbligatori e reali.
3 Sebbene secondo alcune voci isolate accodo e contratto possono essere ritenuti concetti equivalenti, appare opportuno concordare con quella dottrina (Xxxxxxx-Xxxxxxxxxx) secondo cui i due concetti dovrebbero rimanere distinti, definendo il contratto come il negozio, lo strumento giuridico per la risoluzione di un conflitto di interessi, mentre l’accordo come il negozio al cui raggiungimento è subordinata, per regola generale, la conclusione del contratto. Sul punto si veda Caringella-Buffoni, Manuale di diritto civile, 2011, Dike, 564
4 Lo schema proposta accettazione non è l’unica modalità possibile di conclusione del contratto prevista nel nostro sistema di diritto civile.
Tra gli altri schemi di formazione del contratto rilevano:
a)conclusione del contratto mediante inizio dell’esecuzione ex art 1327 cc. Si tratta di una particolare ipotesi di formazione del contratto che integra comunque gli estremi dell’accordo: l’esecuzione rileva quale tacita manifestazione di consenso.
Secondo tale generale modalità di formazione5 del contratto, il momento in cui si verifica la “conclusione del contratto” sarebbe da individuarsi in quello in cui la parte proponente ha conoscenza6 dell’accettazione dell’altra.
Nella pratica degli affari capita spesso che il suddetto incontro di volontà si verifichi in via istantanea, senza alcuna rilevante attività interlocutoria da parte dei contraenti. Ma capita anche di trovarsi di fronte ad operazioni negoziali di estrema complessità, nonché di rilevante entità economica.
In tali ipotesi, le parti di solito giungono all’accordo in via progressiva7, all’esito di una lunga e articolata attività negoziale, di carattere interlocutorio, durante la quale avviene lo scambio e la valutazione, delle reciproche proposte.
b)contratti reali, ove la consegna non è un mero momento esecutivo come nei contratti traslativi ad effetti reali; in tali ipotesi il perfezionamento avviene con consenso e consegna.
c) adesione al contratto aperto, ipotesi tipica circa i contratti plurilaterali con comunione di scopo, ove le parti cooperano per il raggiungimento di un fine comune. In tali casi, poichè il contratto prevede l’adesione successiva di nuove parti, esso si dice aperto.
d)Opzione
e) contratto con obbligazioni del solo proponente
5 L’autonoma rilevanza della proposta e dell’accettazione nell’ambito di tale generale modalità di formazione del contratto pone la quaestio iuris circa la natura giuridica delle stesse e, cioè se queste possano essere considerate negozi preparatori.
E’ stata prospettata in dottrina una nozione ampia di negozi preparatori, comprensiva di tutti gli atti finalizzati alla conclusione del contratto, comprensiva anche di quelli con cui le parti manifestano la volontà.
In realtà, secondo Xxxxxx, proposta ed accettazione sono manifestazioni di volontà costitutive del contratto finale: la loro rilevanza autonoma si esaurisce nel momento di formazione del contratto, dopo la conclusione esse fanno parte dell’accordo.
Sul piano sistematico, quindi, appare preferibile qualificare queste non come atti preparatori. Tale qualifica va riservata a quei negozi che rimangono distinti rispetto al contratto finale ma strumentali a questo; un esempio sarebbe il preliminare. Proposta ed accettazione sono invece atti formativi del contratto.
7 Bianca, Diritto civile. 3. Il contratto, Milano, 2000; Roppo, in Id., Trattato del contratto, I. Formazione, Milano, 2006; nonché Ravazzoni, Gradualità dei vincoli a carico dell'alienante e conclusione del contratto, in Riv. Notar., 1994, 35 ss.; Id., La formazione del contratto, I, Milano, 1966; Xxxxxxxxxxxxx, La formazione progressiva del contratto, in questa Rivista, 1993, 144 ss.
8 Un’applicazione di tale principio di buona fede nelle trattative si rinviene nell’art. 1338 cc. con cui il legislatore provvede a specificare la reale portata dell’obbligo di buona fede, nonché a delineare (seppure in via approssimativa) le conseguenze della sua violazione.
La norma ultima citata, in particolare, sanziona la mancata informazione da parte del contraente che sia a conoscenza di possibili cause di invalidità del contratto, obbligando lo stesso al risarcimento del danno patito dalla controparte, per aver incolpevolmente confidato nella validità del negozio.
Emerge che la violazione dell’obbligo di buona fede è fonte di responsabilità (cd. precontrattuale) e che il danno arrecato all’altro contraente consiste nella lesione del suo legittimo affidamento nella positiva conclusione del
Il contratto non potrà dirsi concluso fino a quando l’accordo non sia totale, cioè non concerna tutti i punti10, e, quindi, non vi sia perfetta coincidenza tra le manifestazioni di volontà delle parti.
Può accadere che il contratto si concluda nonostante le parti abbiano lasciato in sospeso la definizione di alcuni punti11: ciò si verifica ove le parti abbiano manifestato la volontà di concludere il contratto immediatamente e lasciare ad una determinazione successiva la decisione circa gli elementi in discussione.
Xxxx ritenersi che fino a quando le parti non abbiano raggiunto l’accordo su tutti gli elementi del contratto, questo non può dirsi concluso, sia che si dibatta su elementi essenziale sia che si discuta su elementi secondari, salvo abbiano inteso come già raggiunto l’accordo.
Ad ogni modo, fino a quando il contratto non è perfezionato i contraenti non sono vincolati in ordine agli eventuali punti definiti nel corso delle trattative, trattandosi di intese solo provvisorie: si deve riconoscere efficacia non vincolante alle intese parziali, essendo accordi provvisori suscettibili di ulteriori evoluzioni e sviluppi.
Alla fase de qua l’ordinamento attribuisce espressamente rilevanza giuridica, prescrivendo in capo alle parti un generale obbligo di buona fede nelle trattative (art. 1337 c.c.).
contratto. Muovendo da tali premesse, la giurisprudenza8 ha ricondotto sotto la sfera applicativa del principio generale di cui all’art. 1337 c.c. le frequenti ipotesi di brusca (e ingiustificata) interruzione delle trattative, ovvero quelle di inizio delle trattative in assenza di una reale intenzione di giungere ad un accordo.
Se, dunque, appare certo che la violazione dell’obbligo di buona fede nella fase delle trattative dà luogo a responsabilità della parte in mala fede, resta da stabilire la natura (contrattuale o extracontrattuale) di tale responsabilità.
Per contrapposta opinione, invece, non è dato ravvisare un tale rapporto tra le parti in quanto quello di buona fede è un principio che preesiste alla costituzione di qualsivoglia rapporto giuridico, e la cui violazione, pertanto, rileva ai soli fini del naeminem ledere (art. 2043).
È noto che, a seconda che si opti per l’uno o per l’altro regime di responsabilità, le conseguenze pratiche sono di non poco rilievo.
99 Xxxxxxxx, in I contratti, a cura di X. Xxxxxxxxx, I, 151, cit.;
11A riguardo si veda Xxxx. Civ., 7 gennaio 1993, n. 77, con nota di Xxxxxxxxxxxxx.
Nel corso delle trattative pre-contrattuali le parti sono solite compiere atti preparatori12 al futuro contratto, ai quali l’ordinamento attribuisce rilievo giuridico.
E’ utile individuare i contorni e la portata del rilievo che l’ordinamento attribuisce a tali atti, anche al fine di stabilire se gli stessi possano in qualche modo dar luogo alla già menzionata responsabilità (precontrattuale13) per la violazione del principio di buona fede di cui all’art. 1337 cc.
2. Minuta e puntuazione: siamo in presenza di vincoli precontrattuali?
A volte nel corso delle trattative si inseriscono i negozi preparatori, detti anche vincoli precontrattuali14, con cui le parti assumono impegni ed obblighi in relazione ad una futura contrattazione.
Tali negozi costituiscono veri e propri limiti convenzionali all’autonomia negoziale15. Normalmente vengono in rilievo tre tipologie di vincoli: in primis quelli volti a rendere irrevocabili le proposte, privando il proponente della possibilità di revocarle (proposta irrevocabile ex art 1329 c.c.), vi è poi il contratto preliminare, che incide sull’an della stipulazione, ed infine vi sono i vincoli che incidono sulla libertà di scelta del contraente, come il patto di prelazione.
Nell’ambito degli atti preparatori16, si discute se possano rientrare la cd. minuta contrattuale e le puntuazioni.
Per lungo tempo dottrina e giurisprudenza hanno fatto uso indistinto dei due termini: l’indirizzo prevalente, comunque, è ancora orientato in tal senso.
Con essi si suole tradizionalmente indicare la prima stesura dell’atto contrattuale, la bozza, avente carattere provvisorio, da integrare (ed eventualmente correggere) in sede di stipulazione del contratto definitivo.
12 Ricciuto, La formazione progressiva del contratto, in AA.VV., I contratti in generale, a cura di Xxxxxxxxx, I, Torino, 1999, 250.
Secondo l’orientamento dominante tali vincoli hanno efficacia inter partes, per cui il contratto stipulato con il terzo sarebbe valido ed efficace, salvo il risarcimento del danno in capo alla parte lesa. Si tratta quindi di vincoli non opponibili ai terzi.
15 Sul punto si veda Caringella-Buffoni, Manuale di diritto civile, Dike , 2011.
Secondo autorevole dottrina18 la minuta può consistere in un’intesa provvisoria destinata ad essere sostituita da un documento finale.
Circa la rilevanza giuridica della minuta si è verificata un’evoluzione dottrinale che, come diremo, sottopone a vaglio critico l’assimilazione con la puntazione.
Oggi la rilevanza della minuta dipende da ciò, se la provvisorietà concerne l’accordo ovvero la conclusione del contratto, o la forma di esso.
Quando la minuta contiene un testo ancora da integrare, correggere, non è vincolante perché esprime solo un accordo parziale.
Le parti possono poi creare una minuta che consiste in un progetto contrattuale: elaborano un testo completo ma si riservano di deciderne l’accettazione.
La minuta può inoltre consistere in un documento provvisorio: le parti considerano concluso l’accordo sottoscritto nella minuta, ma si riservano di trascriverlo in altro documento o in forma pubblica.
Secondo l’orientamento che assimila minuta e puntazione, esse giammai potranno assumere carattere in qualche modo vincolante per le parti in trattativa, con conseguente applicabilità delle norme sull’inadempimento contrattuale.
Potranno, esse, al massimo rilevare ai sensi dell’art. 1337 c.c.19 e, in particolare, assumere veste probatoria circa lo stato delle trattative, valutabili pertanto al fine di stabilire la responsabilità (precontrattuale) della parte che, ad esempio, le interrompa bruscamente, in un momento in cui l’altra parte aveva fondato motivo di confidare nel loro esito positivo.
Tuttavia, come detto, una corrente dottrinale piuttosto recente20 ha ritenuto di sottoporre a revisione critica l’assimilazione lessicale tra minuta e puntazione.
17Le tipologie di scritture in discorso non devono essere confuse con il cd. pactum de tractando, accordo con cui le parti si vincolano a trattare, ma non anche a concludere il contratto. In forza di questo accordo negoziale, quindi, le trattative che di norma sono estrinsecazione della libertà negoziale, divengono oggetto di un obbligo.
Diversamente dalla puntazione, tale accordo ha effetto vincolante tra le parti. Ancora, è palese la differenza con il contratto preliminare: dal factum de tractando, infatti non discende l’obbligo di concludere il futuro contratto. Secondo un orientamento l’inadempimento del pactum determinerebbe responsabilità precontrattuale; altro filone interpretativo argomenta per la natura puramente contrattuale della responsabilità. In particolare si veda: Sapone N., La responsabilità precontrattuale, in Trattati, a cura di Xxxxx Xxxxxx, xxxxxxx.
18Trabucchi, Il contratto. Silloge in onore di X. Xxxx, I, Padova, 1992, 43; Xxxxxx….
19 Xxxxxxxxx Xxxx, voce Buona fede nel diritto civile, in Dig. disc. priv., Sez. civ., II, 1988.
20 Roppo, Il contratto, in Trattato di diritto privato, a cura di Iudica-Zatti, Milano, 2001, spec. 139. Cfr. anche Xxxxxx, In tema di formazione progressiva del contratto (Nota a Cass., 15 marzo 1982, n. 1691), in Riv. dir. comm., 1985, II, 202.
E ciò prendendo spunto da altro autorevole indirizzo dottrinale21, che già in precedenza aveva avuto modo di distinguere (in ambito di atti preparatori) tra le ipotesi in cui le parti avessero chiaramente raggiunto un’intesa provvisoria e parziale, da quelle in cui le stesse (pur in assenza di qualsivoglia atto definitivo o comunque vincolante) avessero comunque manifestato il raggiungimento di un accordo complessivo.
In tale ultimo caso non si potrebbe, a ben vedere escludere l’applicabilità delle norme sull’inadempimento contrattuale (art. 1453 c.c.) e della relativa responsabilità (art. 1218 cc.).
Proprio su tali basi di partenza, la dottrina anzidetta ha rielaborato la nozione di puntuazione, distinguendola da quella di minuta.
Mentre quest’ultima, infatti, costituisce una dicitura che sta ad indicare la provvisorietà dell’intesa raggiunta, e che nella pratica degli affari viene utilizzata proprio al fine di impedire che tali intese assumano i connotati di una proposta, la puntazione (come il termine stesso lascia intendere) sta ad indicare l’intesa raggiunta su singoli punti del regolamento contrattuale e, in particolare, su singole clausole.
Le clausole, com’è noto, costituiscono (nell’ambito del complessivo regolamento contrattuale) parti connotate da un certo grado di autonomia (es. il prezzo, la clausola penale ecc.), e sulle quali pertanto risulta più agevole ipotizzare in astratto una intesa definitiva tra le parti.
Con ciò, ovviamente, non si vuole affermare il carattere vincolanti di tali accordi (pur sempre parziali).
Si sarebbe, altrimenti, in presenza di un vero e proprio contratto preliminare.
A differenza delle minute contrattuali, tuttavia, le puntuazioni possono arrivare a coinvolgere svariati punti del regolamento contrattuale, tali da esaurire l’oggetto del contratto e far ritenere, pertanto, di essere già in presenza di un sostanziale accordo. Si assume pertanto l'identità tra i concetti di formazione dell'accordo e formazione del contratto, che autorevole dottrina 22 aveva suggerito di tenere distinti.
Si può conclusivamente affermare, dunque, che le singole puntuazioni23 non sono di
per sé vincolanti: le parti possono ben giungere ad un accordo difforme dalle stesse o non giungere ad alcun accordo.
21 Xxxxxx, In tema di formazione progressiva del contratto (Nota a Cass., 15 marzo 1982, n. 1691), in Riv. dir. comm., 1985, II, 202.
22 Ferri, Considerazioni sul problema della formazione del contratto, in Riv. dir. comm., 1969, I, 201 ss.
Esse, tuttavia, possono assumere nel loro complesso i connotati di un accordo, e rilevare così (in caso di loro inadempimento) non più ai soli sensi dell’art. 1337cc., ma ai fini delle norme sull’inadempimento contrattuale e della responsabilità ex art. 1218 c.c.
3. Differenze strutturali con il contratto preliminare: le linee di confine.
Esso è il contratto mediante il quale una o entrambe le parti si obbligano alla stipulazione di un successivo contratto detto definitivo.
Il preliminare che vincola una sola parte è detto “unilaterale”, quello che vincola entrambe è definito “bilaterale”.
Il codice civile prende in considerazione l’istituto sotto un triplice aspetto.
In primo luogo ne prescrive, a pena di nullità, la forma, che deve essere la stessa che la legge prevede per il contratto definitivo (art. 1351 cc.).
La presenza di questa norma inerente la forma consente di considerare ormai superata la problematica, sorta in passato, circa la giuridica ammissibilità25 di un’obbligazione avente ad oggetto la futura stipulazione di un contratto.
La validità dell’impegno preliminare è esclusa solo rispetto a quei negozi che per la loro funzione esigono una libertà di decisione attuale, come quelli familiari, il testamento o la donazione.
In secondo luogo, l’articolato normativo presente nel codice svela la natura giuridica del preliminare, prevedendo all’art. 2932 cc, primo comma, un rimedio in caso di inadempimento dell’obbligazione di concludere il definitivo: la parte non inadempiente, qualora sia possibile e non sia escluso dal titolo, potrà ottenere una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso. Infine, con il D.L. 669/1996, è stato introdotto l’art. 2645 bis c.c., che prevede un’articolata disciplina di trascrizione del preliminare ai fini della sua opponibilità.
Dalla suddetta nozione di contratto preliminare, nonché dal quadro di riferimento sommariamente esposto, si evince che si tratta di un contratto ad effetti obbligatori, categoria contrapposta a quella dei contratti ad effetti reali di cui all’art. 1376 c.c.
Col preliminare, usato solitamente nelle vendite immobiliari, le parti costituiscono un vincolo obbligatorio in ordine alla stipula del contratto definitivo, e, quindi, in concreto, in ordine all’alienazione del bene, con effetti analoghi a quelli di una vendita obbligatoria, riservando ad un successivo atto la costituzione dell’effetto reale.
Le parti, in forza della stipulazione del preliminare, si impegnano effettivamente e provvisoriamente, riservando al futuro contratto definitivo la regolamentazione degli affari.
Quello in analisi, quindi, è un vero e proprio contratto26 il cui effetto è quello di obbligare le parti alla stipulazione del contratto definitivo che sarà la sede della regolamentazione dell’affare.
Lo stabilire se le parti abbiano inteso stipulare un preliminare o un definitivo è fondamentale per l’individuazione dell’esistenza o meno dell’effetto traslativo, rimesso al definitivo.
Tale accertamento è riservato al giudice di merito, è incensurabile28 in Cassazione se è sorretto da sufficiente motivazione ed esente da vizi logici e ciò perché attiene ad un’operazione ermeneutica condotta sulla base dell’art 1362 c.c.
Sono pertanto evidenti le differenze , sia di struttura che di disciplina, con gli istituti della puntazione e, soprattutto, della minuta contrattuale.
Infatti, mentre il preliminare dà luogo ad effetti obbligatori, vincolando le parti alla stipula del definitivo, le puntuazioni non assumono di per sé carattere vincolante. Esse possono, come si è già avvertito, coinvolgere l’intero oggetto contrattuale, assumendo in questo modo i connotati di un vero e proprio accordo.
26 Palese è, come visto sub nota n. 17, la differenza con il pactum de tractando, con cui le parti si obbligano semplicemente a trattare e non anche a concludere un contratto.
28 Si veda a riguardo Xxxx. Civ., Sez. II, 20 novembre 2007, n. 24140
Ma rileveranno, in tal caso, quale accordo definitivo e giammai quale contratto preliminare.
Contrariamente opinando, si finirebbe per ammettere la configurabilità del preliminare di preliminare, figura respinta dalla pressoché unanime dottrina e giurisprudenza29, in quanto ritenuta carente di meritevolezza di tutela ai sensi dell’art. 1322 c.c
Ancora più netta si presenta la differenza intercorrente tra minuta contrattuale e contratto preliminare.
Si è detto che la minuta costituisce un atto preparatorio indicativo di intese solo provvisorie, aventi fondamentalmente la funzione di documentare lo stato delle trattative ("funzione essenzialmente storica e probatoria della fase delle trattative"30), e possibilmente rilevanti ai soli fini della responsabilità precontrattuale ai sensi dell’art. 1337 c.c.
Invece, il già ricordato carattere vincolante del contratto preliminare implica in primo luogo una differenza di contenuto tra lo stesso preliminare e la minuta.
Mentre quest’ultima, infatti, può limitarsi a contenere solo parte dell’oggetto contrattuale, il premilitare deve, a detta dei più, contenere quantomeno i tratti essenziali dell’accordo definitivo.
Il che tuttavia non comporta che le parti siano vincolate al contenuto del contratto preliminare, potendo le stesse (in sede di stipula del definitivo) derogare al contenuto del preliminare, manifestando in tal modo la volontà di dar vita ad un nuovo contratto.
Ma la differenza più rilevante, connessa alla diversa natura giuridica dei due atti, è quella relativa alla disciplina applicabile.
In quanto contratto (ad effetti obbligatori), il preliminare si colloca ben al di fuori della fase delle trattative, nella quale è circoscritto il rilievo giuridico della minuta contrattuale.
29 In materia di preliminare del preliminare si veda Cass. Civ., Sez. II, 2 aprile 2009, n. 8038, secondo cui ”il contratto in virtù del quale le parti si obbligano a stipulare un successivo contratto ad effetti obbligatori (ovvero un contratto preliminare di preliminare) è nullo per difetto di causa, non essendo meritevole di tutela l’interesse di obbligarsi ad obbligarsi, in quanto produttivo di una inutile complicazione.”
30 La definizione è ricorrente: cfr., su tutte, Cass., Sez. Un., 27 novembre 1963, n. 3044, in Riv. dir. comm., 1964, II, 192 ss., spec. 196, con nota di Xxxxx, In tema di formazione progressiva del contratto e di negozio formale "per relationem" (ora anche in Saggi di diritto civile, Rimini, 1994, 292); nonché Cass., 27 agosto 1997, n. 7857, in questa Rivista, 1998, 113, con nota di Braccio, Minuta completa e volontà di obbligarsi; o, più di recente, Cass., 16 luglio 2002, n. 10276, in Giust. civ. mass., 2002, 1229.
In caso di inadempimento dell’obbligazione nascente dal preliminare non opererà, pertanto, l’art. 1337 cc, ma troveranno applicazione le norme sull’inadempimento contrattuale, segnatamente l’art. 1453 c.c., che consente all’attore di chiedere la risoluzione, fatta salva la possibilità di ottenere il risarcimento ai sensi dell’art. 1218 c.c.
In alternativa alla risoluzione, il legislatore prevede il già menzionato rimedio di cui all’art. 2932 cc.
In caso di inadempimento dell’obbligo di stipulare il definitivo, l’altra parte può adire il giudice e ottenere una sentenza (costitutiva) che produca gli stessi effetti del contratto non concluso.