CONTRATTO DI LEASING E INADEMPIMENTO Corte di Cassazione Civile, sez. III nr. 8101 del 23/05/2012 La massima
CONTRATTO DI LEASING E INADEMPIMENTO
Corte di Cassazione Civile, sez. III nr. 8101 del 23/05/2012
La massima
Nell'operazione di leasing finanziario, che non dà luogo ad un unico contratto plurilaterale, ma realizza una figura di collegamento negoziale tra contratto di leasing e contratto di fornitura, se il concedente imputa all'utilizzatore l'inadempimento costituito dalla sospensione del pagamento dei canoni, e su questa base chiede la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno nell'ammontare convenzionalmente predeterminato, e se l'utilizzatore eccepisce l'inadempimento del fornitore all'obbligazione di consegna e chiede perciò il rigetto della domanda, l'accoglimento dell'eccezione, che deve avvenire sulla base dell'art. 1463 del Codice Civile, non può trovare ostacolo nel fatto che il contratto di leasing contenga una clausola che riversi sull'utilizzatore il rischio della mancata consegna, dovendosi ritenere invalide siffatte xxxxxxxx. Peraltro, se l'utilizzatore accetta di sottoscrivere senza riserve il verbale di consegna, pure a fronte di una consegna incompleta da parte del fornitore (invece di rifiutare la prestazione e far constatare il rifiuto nel relativo verbale), egli pone il concedente nelle condizioni di dover adempiere la propria obbligazione verso il fornitore, ma non gli può essere allora consentito di opporre al concedente che la consegna non è stata completa né di fondare su ciò il diritto di sospendere il pagamento dei canoni.
Se il contratto di compravendita prevede che il fornitore consegni la cosa direttamente all’utilizzatore, ed il contratto di leasing prevede, a sua volta, che l’utilizzatore la riceva, il concedente che resta obbligato al pagamento del prezzo, nell’adempiere, deve far in modo di salvaguardare l’interesse dell’utilizzatore all’esatto adempimento, così come questi è, dal suo canto, gravato, nei confronti del concedente, dell’onere di comportarsi, rispetto al momento della consegna, in modo diligente, sì che non ne risulti sacrificato, per altro verso, l’interesse che anche il concedente ha all’esatto adempimento da parte del fornitore, secondo un modello comportamentale comune improntato alla reciproca cooperazione onde conseguire l’esatto adempimento da parte del fornitore (Rigetta, App. Firenze,08/04/2010).
Il caso
Successivamente alla stipula di un contratto di leasing finanziario con una società di leasing avente ad oggetto apparecchiature elettromedicali, l’utilizzatore, pur non avendo ancora ricevuto i beni oggetto del contratto, sottoscriveva la dichiarazione di accettazione dei macchinari, la quale, in forza di una clausola contenuta nelle condizioni generali di contratto, costituiva a tutti gli effetti benestare al pagamento da parte della concedente. La concedente, ritenendo avvenuta la consegna dei beni in questione, e dunque la loro individuazione, procedeva ad effettuare il pagamento della somma convenuta in favore del soggetto fornitore.
In prosieguo, l’utilizzatore, lamentando l’inadempimento del fornitore, il quale non aveva mai effettivamente consegnato le apparecchiature in questione, rifiutava di corrispondere i canoni dovuti.
La società di leasing proponeva quindi ricorso per decreto ingiuntivo nei confronti d’utilizzatore per il pagamento dei canoni insoluti. Avverso il provvedimento di ingiunzione l’utilizzatore formulava opposizione, fondata sull’inadempimento del fornitore, e osservava come non si fosse perfezionato il contratto di vendita, non essendosi verificato l’effetto traslativo a causa della mancata individuazione della res, comportando ciò la nullità del connesso e dipendente contratto di locazione finanziaria, in quanto, dunque, privo dell’oggetto.
La sentenza
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Xxxx. XXXXXXXX Xxxxxxx - Presidente
Xxxx. XXXXXXXX Xxxxxxxxx - rel. Consigliere
Xxxx. XXXXXXXXXX Xxxxxxx - Xxxxxxxxxxx
Xxxx. XXXXXX Xxxxxx - Consigliere
Xxxx. XXXXXXX Xxxxx Xxxxxxxxxx - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 22026/2010 proposto da:
V.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in XXXX, XXX XXXXXXXX XXXXX 00 SC D, presso lo studio dell'avvocato XXXXXXXX XX XXXXXXX, rappresentato e difeso dall'avvocato XXXXXXXXX Xxxxx giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
CENTRO LEASING BANCA SPA (OMISSIS), (già Centro Leasing SA.p.A. ed inizialmente Centro Leasing S.p.A.), in persona del suo Procuratore Dott. C.R., elettivamente domiciliato in ROMA, V.LE MARESCIALLO XXXXXXXXX 118, presso lo studio dell'avvocato XXXXXXXX Xxxxxxx, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato XXXXXXXXXXX XXX giusta delega in atti;
- controricorrente -
e contro
CURATELA DEL FALLIMENTO RWS SRL;
- intimati -
avverso la sentenza n. 527/2010 della CORTE D'APPELLO di FIRENZE, depositata il 08/04/2010; R.G.N. 820/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/04/2012 dal Consigliere Xxxx. XXXXXXXXX XXXXXXXX;
udito l'Avvocato XXXXX XXXXXXXXX;
udito l'Avvocato XXXXXXX XXXXXXXX;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Xxxx. XXXXXXXX Xxxxxxxxxx, che ha concluso per rigetto del ricorso.
Con sentenza n. 2649/2003, il Tribunale di Firenze accoglieva l'opposizione proposta da X.X. xxxxxxx il decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti ad istanza della s.p.a. Centro Leasing per il pagamento della somma di L. 132.714.179 oltre accessori, in relazione ad un contratto di locazione finanziaria avente ad oggetto un ecografo e altri apparecchi; senza provvedere, di conseguenza, sulla domanda di manleva proposta dal V. nei confronti dei chiamati in causa s.r.l. RWS e O.G., rispettivamente società che avrebbe dovuto fornire il macchinario e rappresentante della stessa società; compensava interamente le spese tra le parti.
A fondamento della decisione il Tribunale osservava che il V. - pur avendo sottoscritto la dichiarazione di accettazione dei macchinari, avente valore di benestare al pagamento da parte della Centro Leasing, indotto a ciò dall' O. che gli aveva promesso tempi di consegna più celeri - non aveva mai ricevuto le apparecchiature in questione, le quali erano determinate solo nel genere e non risultavano mai specificate, non essendo a tal fine sufficiente la dichiarazione indicata. Ne derivava - secondo il Tribunale - l'inefficacia del contratto di locazione finanziaria per mancanza dell'oggetto o, comunque, la sua risoluzione per impossibilità sopravvenuta della prestazione.
La decisione, gravata da impugnazione in via principale della s.p.a. Centro Leasing e in via incidentale dal V., era riformata dalla Corte di appello di Firenze, la quale con sentenza in data 8 aprile 2010, così provvedeva: accoglieva l'appello della s.p.a. Centro Leasing e confermava il decreto ingiuntivo opposto dal V., che condannava al pagamento delle spese processuali dei due gradi in favore dell'appellante.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione V. M. contro la s.p.a. Centro Leasing e nei confronti di O. G. e della Curatela del Fallimento RWS s.r.l., svolgendo sette motivi.
Ha resistito la s.p.a. Centro Leasing, depositando controricorso Nessuna attività difensiva è stata svolta dagli altri intimati.
1. La Corte di appello, discostandosi dalle argomentazioni del primo Giudice sul punto della mancanza dell'oggetto del contratto di locazione finanziaria, ha evidenziato come - alla luce della clausola n. 2 delle cond. gen. di contratto di locazione finanziaria ("ove i beni siano determinati solo nel genere, la loro individuazione, agli effetti dell'art. 1378 cod. civ., si intenderà avvenuta solo con la messa a disposizione dei beni a favore dell'utilizzatore... la sottoscrizione da parte dell'utilizzatore della dichiarazione di accettazione dei beni costituirà a tutti gli effetti benestare al pagamento") e in considerazione della "dichiarazione di accettazione del bene e benestare al pagamento" sottoscritta dal V., con la quale l'utilizzatore comunicava d'aver ricevuto i beni oggetto della locazione finanziaria (individuandoli come "ecografo Thoshiba modello SSA-140 SHG, completo di monitor e carrello, sonda Convex da 3,75 MHz, sonda endovaginale da 6 MHZ, stampante colore Polaroid modello TX1100, stampante Sony b/n modello UP 890 collocati nell'immobile in Via (OMISSIS)" di proprietà dello stesso V.) - non fosse lecito dubitare dell'avvenuta individuazione dei beni e del conseguente trasferimento della proprietà degli stessi alla s.p.a. Centro Leasing. La Corte territoriale ha, altresì, precisato che - anche ad ipotizzare, in conformità a quanto affermato dal Tribunale che, per la mancata consegna e la mancata indicazione del numero di matricola, ovvero di fatti ed elementi identificativi dei beni, mancasse l'oggetto del contratto di locazione finanziaria - non poteva con ciò negarsi che la suddetta dichiarazione fosse idonea a far ritenere alla Centro Leasing che era dovuto il pagamento della fornitura, con conseguente responsabilità del V., che, di conseguenza, era tenuto al risarcimento del danno, commisurato al controvalore dei beni, ovvero ai canoni insoluti, come richiesto con il decreto ingiuntivo. Ciò in quanto i raggiri dell' O., pur avendo determinato il V. a sottoscrivere la dichiarazione, non lo esoneravano dal comportarsi secondo buona fede ex art. 1375 c.c., nell'esecuzione del contratto con la Centro Leasing, imponendogli di non indirizzare alla concedente un documento non rispondente al vero e determinandola, in tal modo, ad eseguire il pagamento al fornitore, apparentemente dovuto.
1.1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 1418, 1346, 1378 cod. civ., anche con riferimento all'art. 1378 cod. civ. (art. 360 cod. proc. civ., n. 3).
Il ricorrente lamenta che la Corte di appello di Firenze non abbia rilevato che, nella fattispecie, mancava l'oggetto del contratto, la quale cosa avrebbe comportato la nullità del contratto di locazione finanziaria e, comunque, la sua inefficacia. In particolare deduce che nella copia della fattura n. (OMISSIS) che la fornitrice s.r.l. R.W.S. inviò alla s.p.a. Centro Leasing mancava l'indicazione dell'anno di costruzione, del numero di matricola dell'apparecchio, del numero del telaio; di conseguenza la Corte di appello avrebbe errato a far riferimento alla clausola n. 2 delle cond. gen. di contratto, sia per inferirne l'avvenuta specificazione dell'oggetto del contratto, sia per farne discendere la responsabilità di esso utilizzatore, per le conseguenze dell'avvenuto pagamento della fornitura.
1.2. Il motivo è infondato.
Invero la Corte di appello ha fatto corretta applicazione del principio acquisito nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, nella vendita di cose determinate solo nel genere, l'individuazione di esse, necessaria perchè all'effetto obbligatorio segua quello reale del trasferimento della proprietà dal venditore al compratore, deve essere fatta in presenza e con il concorso di entrambe le parti, salvo che i contraenti abbiano stabilito di comune accordo altre misure idonee a realizzare la separazione delle cose dal genus e ad assicurarne la non sostituibilità da parte del venditore (Cass. 28 aprile 2011, n. 9466). E poichè - come emerge dalla sentenza impugnata - nel caso di specie le parti avevano stabilito che l'individuazione delle cose, oggetto della locazione finanziaria (e del collegato contratto di fornitura) avvenisse con la messa a disposizione dei beni in favore dell'utilizzatore e con l'accettazione da parte dello stesso, risulta corretta l'affermazione, secondo cui i presupposti richiesti dall'art. 1378 cit. per il trasferimento della proprietà alla s.p.a. Centro Leasing si erano realizzati con la (almeno apparente) consegna dei beni, come individuati, nel c.d. benestare al pagamento, non solo con l'indicazione della quantità, del tipo e del modello delle apparecchiature di cui trattasi, ma anche con l'attestazione del loro deposito presso l'immobile di proprietà del V. e dell'intervenuta verifica dei beni stessi da parte dell'utilizzatore, unitamente alla documentazione di corredo.
Parte ricorrente insiste nel rimarcare che nella fattura di vendita non erano indicati matricola, telaio, anno di costruzione che sarebbero stati necessari per l'individuazione, omettendo di confrontarsi con il rilievo, chiaramente emergente dalla motivazione dell'impugnata sentenza, che la messa a disposizione dell'utilizzatore, con la consegna e il ricovero dei beni in immobile di proprietà dello stesso, comportandone la loro insostituibilità da parte della società tornitrice, fossero idonee (in forza delle pattuizioni inter partes) a realizzare la separazione delle cose dal genus o almeno idonee - una volta che dette circostanze fossero state comunicate alla concedente - a determinare "una apparenza" di tale separazione e individuazione, con conseguente insorgenza dell'obbligo di pagamento del prezzo da parte della s.p.a. Centro Leasing (di fatto pacificamente assolto) in favore della predetta fornitrice.
Il motivo va, dunque, rigettato.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia violazione degli artt. 1363, 1366 e 1370 cod. civ. (art. 360 cod. proc. civ., n. 3).
Il ricorrente lamenta che la Corte di appello abbia effettuato un'erronea lettura e interpretazione delle clausole contrattuali, per non avere ritenuto che la mancata identificazione dell'apparecchio oggetto del contratto di locazione finanziaria, determinando il mancato acquisto del bene, avrebbe dovuto comportare il rifiuto del pagamento. In particolare si duole che la Corte territoriale abbia ritenuto assorbente la clausola n. 2 del contratto e abbia, invece, omesso di considerare le altre clausole, concernenti la messa a disposizione del bene, la fatturazione e gli obblighi del fornitore, traendone l'erronea convinzione che le anomalie dello svolgimento del contratto dovessero ricadere sull'utilizzatore.
2.1. Va premesso che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, l'interpretazione del contratto, concretandosi nell'accertamento della volontà dei contraenti, si traduce in un'indagine di fatto affidata al giudice di merito e censurabile in sede di legittimità solo per il caso di insufficienza o contraddittorietà della motivazione, tale da non consentire la ricostruzione dell'iter logico seguito per giungere alla decisione, o per violazione delle regole ermeneutiche, con la conseguenza che deve essere ritenuta inammissibile ogni critica della ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca soltanto nella prospettazione di una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto vagliati dal predetto giudice di merito (cfr. ex plurimis Xxxx. 29 luglio 2003, n. 1679 e ancora: Cass. n. 9730 del 1998; Cass. n. 4032 del 1998; Cass. n. 4483 del 1996). Ne deriva che, per sottrarsi al sindacato di legittimità, l'interpretazione data dal giudice del merito a un contratto (o una clausola contrattuale) non deve essere l'unica possibile e neppure la migliore in astratto, ma una delle possibili interpretazioni.
Nel caso di specie parte ricorrente, pur formalmente prospettando l'erronea interpretazione dei contenuti del contratto, lungi dall'evidenziare la violazione delle regole ermeneutiche indicate in rubrica, profila, in termini peraltro assolutamente generici, una interpretazione immotivatamente riduttiva della portata della disposizione contrattuale che - prevedendo che "la sottoscrizione di accettazione dei beni costituirà a tutti gli effetti benestare al pagamento" (pag. 3 della sentenza) - è stata ritenuta determinante ai fini dell'affermazione dell'incolpevole affidamento della Centro Leasing in ordine all'effettività della consegna. Appare allora chiaro che l'oggetto della critica di parte ricorrente non è la violazione dei canoni di ermeneutica legali, bensì il convincimento espresso nella sentenza impugnata in modo difforme dalle proprie aspettative.
Il motivo va, dunque, rigettato.
3. Con il terzo motivo di ricorso si denuncia violazione dell'art. 1371 cod. civ. (art. 360 cod. proc. civ., n. 3) per avere la Corte di appello effettuato un'erronea lettura e interpretazione delle clausole contrattuali e, precisamente, per non avere ritenuto la concorrente, se non prevalente, responsabilità della concedente, il che, trattandosi di contratto a titolo oneroso, avrebbe dovuto comportare, nella realizzazione dell'equo contemperamento degli interessi delle parti, quantomeno un'equa ripartizione, tra concedente e utilizzatore, del danno causato da fatto illecito del fornitore. In particolare il ricorrente - ribadito di avere contravvenuto al disposto dell'art. 2 del contratto di leasing, in quanto indotto a ciò dal comportamento truffaldino dell' O. - lamenta che la Corte di appello non abbia considerato che, a sua volta, la s.p.a. Centro Leasing, pur senza essere stata indotta in errore da nessuno, non aveva osservato altre clausole contrattuali, le quali prevedevano, tra l'altro, la precisa identificazione dei beni.
3.1. Il motivo, pur formalmente (ri)proponendo la censura di erronea interpretazione dei contenuti del contratto, per inferirne una responsabilità concorrente della Centro Leasing s.p.a., si infrange, al pari del precedente, nel rilievo della surrettizietà del richiamo al vizio della violazione di legge, rivelandosi la doglianza esclusivamente funzionale ad un (non più ammissibile) riesame della vicenda.
Il motivo stesso è, altresì, manifestamente infondato, perchè muove da un presupposto contraddetto da una giurisprudenza più che consolidata di questa Corte che - a partire dalla sentenza 2 novembre 1998 n. 10926 - è costante nell'affermare che nel contratto di leasing, se il concedente imputa all'utilizzatore l'inadempimento costituito dalla sospensione del pagamento dei canoni e se l'utilizzatore eccepisce l'inadempimento del fornitore all'obbligazione di consegna, l'accoglimento dell'eccezione, che deve avvenire sulla base dell'art. 1463 c.c., non può trovare ostacolo nel fatto che il contratto di leasing contenga una clausola che riversi sull'utilizzatore il rischio della mancata consegna, dovendosi ritenere invalide siffatte clausole, ma se - come nella specie - l'utilizzatore accetta di sottoscrivere senza riserve il verbale di consegna, pure a fronte di una incompleta o a fortiori mancata consegna da parte del fornitore (invece di rifiutare la prestazione e far constatare il rifiuto nel relativo verbale), egli pone il concedente nelle condizioni di dover adempiere la propria obbligazione verso il fornitore; con la conseguenza che in tal caso non gli può essere consentito di opporre al concedente che la consegna non è stata completa o che non c'è stata, nè di fondare su ciò il diritto di sospendere il pagamento dei canoni.
In sostanza la scissione tra soggetto destinato a ricevere (dal fornitore) la prestazione di consegna e soggetto destinato ad adempiere (nei confronti del fornitore) l'obbligazione di pagamento del prezzo, non consente al concedente di pagare il prezzo indipendentemente dall'avvenuta consegna, ma giustifica, sulla base dell'art. 1375 cod. civ., che il concedente stesso possa fare affidamento sull'autoresponsabilità dell'utilizzatore nel ricevere la consegna dal fornitore, atteso che utilizzatore e concedente hanno, nei confronti del fornitore, un interesse comune (sicchè su entrambi grava un onere di collaborazione); pertanto, se il contratto di compravendita prevede che il fornitore consegni la cosa direttamente all'utilizzatore, ed il contratto di leasing prevede, a sua volta, che l'utilizzatore la riceva, il concedente che resta obbligato al pagamento del prezzo, nell'adempiere, deve far in modo di salvaguardare l'interesse dell'utilizzatore all'esatto adempimento, così come questi è, dal suo canto, gravato, nei confronti del concedente, dell'onere di comportarsi, rispetto al momento della consegna, in modo diligente, sì che non ne risulti sacrificato, per altro verso, l'interesse che anche il concedente ha all'esatto adempimento da parte del fornitore, secondo un modello comportamentale comune improntato alla reciproca cooperazione onde conseguire l'esatto adempimento da parte del fornitore (Cass. 6 giugno 2002, n. 8222).
Orbene, nel caso di specie, si evince dalle stesse allegazioni di parte ricorrente che la scelta dei beni intervenne tra l' O. (rappresentante del fornitore) e il V. (utilizzatore), risultando ad esso estranea la società Centro Leasing (concedente).
In particolare nell'impugnata sentenza si rimarca che dal contratto inter partes risultava che era stato il V. ad avere "scelto ed indicato" il fornitore; che, inoltre, lo stesso V. sottoscrisse la "dichiarazione di accettazione del bene e benestare al pagamento", inviandola alla Centro Leasing; di modo che - mentre la s.p.a. Centro Leasing, per effetto di tale dichiarazione, risultava gravata dall'obbligo di pagamento del prezzo del bene e, di fatto, assolveva a tale obbligo - il V. risultava vincolato alle conseguenze della situazione di apparenza creata. E se poi a ciò fu determinato dai raggiri dell' O. e/o del fornitore, non per questo poteva fondare sulla mancata consegna il diritto di sospendere il pagamento dei canoni dovuti al concedente. Xxxx è che il ricorrente - lamentando di essere stato vittima dei raggiri dell' O. e deducendo, nel contempo, una presunta negligenza della s.p.a. Centro Leasing nel provvedere al pagamento del corrispettivo - omette di confrontarsi con la parte della decisione che non solo gli ascrive la scelta del fornitore, ma soprattutto gli addebita la violazione dell'obbligo comportamentale di cui all'art. 1375 cod. civ., per avere inviato alla concedente la ridetta "dichiarazione di accettazione del bene e benestare al pagamento", in tal modo determinando il convincimento della concedente circa la corrispondenza della situazione apparente a quella reale. E alla luce di siffatta ricostruzione della vicenda, non più discutibile in questa sede, non è prospettabile il preteso concorso di responsabilità della concedente.
In definitiva il motivo va rigettato.
4. Con il quarto motivo di ricorso si denuncia violazione dell'art. 2043 cod. civ. (art. 360 cod. proc. civ., n. 3). Al riguardo parte ricorrente lamenta che la Corte di appello abbia disapplicato la norma indicata, per non avere riconosciuto l'esclusiva e assorbente responsabilità del fornitore (RWS s.r.l. e dell' O., anch'essi parti del giudizio) traendone le dovute conseguenze giuridiche in relazione al comportamento processuale della Centro Leasing s.p.a..
In particolare si duole della scelta processuale della Centro Leasing s.p.a., per non avere indirizzato le sue pretese risarcitorie nei confronti dei terzi chiamati in causa da esso V., con una domanda di rivalsa svolta per mera completezza difensiva, ben potendo la pronuncia di condanna essere emessa direttamente nei confronti della s.r.l. RWS e dell' O..
4.1. Il motivo - lamentando la disapplicazione dell'art. 2043 cod. civ., pur in difetto di specifica questione sul punto in sede di merito - si rivela, per un verso, privo di correlazione con la decisione impugnata, e, per altro verso, manifestamente infondato, profilando una sorta di abuso di diritto della Centro Leasing per aver fatto valere le proprie pretese verso l'utilizzatore: scelta, questa, che appare, invece, giustificata alla luce del principio qui suo iure utitur neminem laedit, non ravvisandosi alcuna deviazione di scopo o mero capriccio, tanto più che l'utilizzatore non risultava privo di tutela, avendo il diritto di agire per l'adempimento nei confronti del fornitore ovvero anche per il risarcimento del danno verso lo stesso fornitore o il suo rappresentante. E se il V., per quanto emerge in atti, non ha coltivato le domande inizialmente formulate nei confronti dei chiamati in garanzia, non può farne carico alla controparte.
Il motivo va, dunque, rigettato.
5. Con il quinto motivo di ricorso si denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia già prospettato da esso ricorrente (art. 360 cod. proc. civ., n. 5) e ciò in quanto la Corte di appello avrebbe fondato la sua decisione soltanto sull'applicazione di alcune clausole contrattuali, omettendo qualsiasi motivazione su altre clausole che imponevano alla Centro Leasing s.p.a. alcuni comportamenti e verifiche che se fossero stati effettuati avrebbero dovuto comportare il rifiuto del pagamento della forniture.
5.1. Il motivo è sostanzialmente ripetitivo dei primi tre, con la conseguenza che vanno qui riconfermate le considerazioni sopra svolte.
Invero la decisione impugnata è fondata su argomentazioni che si sottraggono al sindacato di legittimità essendo sufficienti (in realtà valutano esplicitamente od implicitamente tutte le problematiche predette sotto tutti i profili rilevanti), logiche, non contraddittorie e rispettose della normativa in materia.
Il motivo va, dunque, rigettato.
6. Con il sesto motivo di ricorso si denuncia violazione dell'art. 360 cod. proc. civ., n. 5, per carente motivazione in ordine alle spese legali. Al riguardo parte ricorrente lamenta di essere stato condannata, al pagamento delle spese dei due gradi, nonostante il Tribunale, allorchè aveva accolto l'opposizione, non avesse applicato il criterio di soccombenza, per la peculiarità della fattispecie.
6.1. Il motivo è inammissibile.
In tema di regolamento delle spese processuali, il sindacato della corte di cassazione è, infatti, limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa. Pertanto esula da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell'opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, e ciò sia nell'ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell'ipotesi di concorso con altri giusti motivi (ex multis Xxxx. 14 novembre 2002, n. 16012; Cass. 1 ottobre 2002, n. 14095).
7. Con il settimo motivo di ricorso si denuncia carente motivazione in ordine alla condanna agli interessi convenzionali, peraltro usurari e, quindi, illegittimi a seguito della L. n. 108 del 1996.
(art. 360 cod. proc. civ., n. 5).
7.1 Il motivo (a tacere dell'irretroattività della disposizioni in tema di tasso-soglia di cui alla L. n. 108 del 1996) è inammissibile, per l'assoluta genericità oltre che per la novità della censura.
Invero - precisato che la Corte di appello si è limitata a confermare il decreto ingiuntivo opposto e che non risultano sollevate in sede di merito specifiche censure sulla misura degli interessi ivi liquidati - si osserva che ove una determinata questione giuridica, che implichi un accertamento di fatto, non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga detta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l'onere non solo di allegare l'avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa (Xxxx. 12 settembre 2000, n. 12025; Cass. 9 aprile 2001, n. 5255 in motivazione); e tale duplice onere è rimasto nella specie assolutamente inevaso.
In conclusione il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 5.200,00 (di cui Euro 200,00 per spese) oltre rimborso spese generali e accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 17 aprile 2012.
Depositato in Cancelleria il 23 maggio 2012
Il leasing finanziario, qual è quello in casibus, è il contratto con il quale un
soggetto, denominato concedente, si obbliga a mettere a disposizione di un altro
soggetto, detto utilizzatore, per un dato tempo, un bene mobile o immobile verso un
corrispettivo a scadenze periodiche, determinato in relazione al valore del bene,
alla durata del contratto e ad altri elementi. Tale bene è generalmente acquistato o
fatto costruire dal concedente su scelta e indicazione dell’utilizzatore, con
facoltà per quest’ultimo di acquisirne la proprietà, alla scadenza del termine del
contratto, dietro versamento di un importo prestabilito.
Dal punto di vista strutturale, la locazione finanziaria si configura come
un’operazione complessa, a struttura trilaterale ma unitaria, nell’ambito della
quale il rapporto concedente-utilizzatore non può essere esaminato indipendentemente
dai rapporti utilizzatore-fornitore e fornitore-concedente, e che l’autonomia
privata scompone in più documenti negoziali per perseguire lo scopo secondario di
sollevare da responsabilità il concedente per l’eventuale inadempimento del
fornitore, il quale è stato scelto dall’utilizzatore.
Il nostro legislatore con Il termine “operazione” in riferimento alla locazione
finanziaria ha inteso non tanto definire il solo contratto di leasing finanziario,
quanto piuttosto l’intera operazione giuridico-economica che sfocia nel contratto di
leasing vero e proprio, ma che ha come antecedente logico-giuridico la stipulazione
di un altro contratto, normalmente di compravendita, talvolta l’appalto.
La natura dell’operazione di leasing, secondo l’ormai prevalente indirizzo
giurisprudenziale, sarebbe quella del collegamento giudiziale (Cass., 29 aprile
2004, n. 8218; Cass., 6 giugno 2002, n. 8222; Cass., 2 novembre 1998, n. 10926),
sine qua non per delineare la posizione giuridica dei soggetti del contratto e,
dunque, la disciplina applicabile.
Diversamente, secondo altre ricostruzioni adottate in pronunce meno recenti, si
paventava la configurazione di un unico rapporto trilaterale tra fornitore,
utilizzatore e concedente (Cass., 16 maggio 1997, n. 4367; Cass., 11 agosto 1995, n.
7595; Cass., 26 gennaio 2000, n. 854).
Inquadrando il contratto di leasing nell’ambito dei contratti plurilaterali,
discende che le parti concludono un unico contratto plurilaterale a formazione
progressiva, sì che gli accordi interessano, di volta in volta, due dei tre
contraenti, di modo tale che le pattuizioni inizialmente intercorse solo tra due
parti (solitamente utilizzatore e fornitore), si estendono successivamente anche al
concedente. Se ne inferisce che, in primo luogo, in caso di risoluzione del
contratto questo si scioglie nei confronti di tutte le parti, in virtù dell’art.
1459 del Codice Civile, e che, inoltre, la clausola di esonero del concedente dalla
responsabilità per la mancata consegna o per vizi, si qualifica come determinativa
dell’oggetto del contratto.
Il collegamento negoziale, nel caso di specie tra contratto di compravendita e di
locazione finanziaria strictu sensu, si configura allorquando due o più negozi,
aventi cause autonome, sono volontariamente coordinati dalle parti da un nesso
giuridicamente rilevante, per il conseguimento di un medesimo scopo economico.
È proprio nella comunione di destino tra i due contratti che si individua l’elemento
preminente del collegamento negoziale, in virtù dell’indirizzo unitario impresso
alle prestazioni oggetto dei negozi, difatti, esso è definito dalla Suprema Corte
come «un meccanismo attraverso il quale le parti perseguono un risultato economico
unitario e complesso, non per mezzo di un singolo contratto, ma attraverso una
pluralità coordinata di contratti, ciascuno dei quali, pur conservando la sua causa
autonoma, è finalizzato ad un unico regolamento di interessi» (Cass., 26 maggio
1999, n. 5122).
Nella fattispecie considerata il nexus esistente fra i due contratti individua il
proprio risultato economico nel perseguimento dell’interesse dell’lessee al
godimento del bene oggetto del contratto di leasing.
E’ però dinanzi agli eventi patologici che possono inficiare uno dei due contratti
che si saggia la portata del collegamento negoziale, laddove il vizio funzionale che
colpisce uno dei due, fa sì che anche l’altro contratto, parte del collegamento,
risulti inficiato dalla medesima vicenda, comportando ciò che, pur essendo autonomi
e distinti, essi siano legati giuridicamente, con l’effetto che dalla nullità o
risoluzione dell’uno consegua l’inefficacia dell’altro, applicandosi il principio
xxxxx xxxxxxx, xxxxx xxxxxx (Cass., 12 luglio 2005, n. 14611).
L’unitarietà della causa, declinata, secondo la più recente giurisprudenza, ai sensi
della c.d. teoria della funzione economico individuale o dello scopo pratico,
fuggendo dalle determinazioni aprioristiche dell’accezione oggettiva, costituisce il
fondamento di tale automatismo patologico (Cass., 8 maggio 2006, n. 10490; e sullo
specifico caso del contratto di leasing Cass., 27 luglio 2006, n. 17145).
I due contratti quindi, ancorché causalmente autonomi, vengono informati dalla causa
concreta unitaria, ravvisata nell’interesse dell’utilizzatore ad ottenere il
godimento della cosa, per il soddisfacimento della quale sono funzionalmente
collegati.
L’utilizzatore, nel caso oggetto della nostra disamina, sosteneva che non si fosse
realizzato l’effetto traslativo del contratto di vendita a causa della mancata
individuazione della res, comportando ciò la nullità radicale del contratto di
leasing finanziario, in quanto privo di oggetto.
Secondo tale pronuncia della Suprema Corte, però, la almeno apparente consegna dei
beni e l’attestazione del loro deposito presso l’immobile di proprietà
dell’utilizzatore, sono idonei a realizzare i presupposti richiesti dall’art. 1378
del Codice Civile per il trasferimento della proprietà alla società di leasing, «o
almeno idonee - una volta che dette circostanze fossero state comunicate alla
concedente - a determinare “una apparenza” di tale separazione e individuazione,
con conseguente insorgenza dell’obbligo di pagamento del prezzo da parte della
concedente in favore della fornitrice».
Da tanto consegue che l’obbligo di identificare previamente i beni, pur generalmente
gravando sulla concedente, è destinato a venir meno tutte le volte in cui
l’obbligato possa fare affidamento sull’autoresponsabilità dell’utilizzatore nel
ricevere la consegna dal fornitore e, dunque, allorquando, come nella fattispecie,
il primo abbia accettato di sottoscrivere senza riserva il verbale di consegna, pure
a fronte di una incompleta o mancata dazione materiale da parte del secondo.
L’ “apparenza” di una individuazione dei beni, determinata dall’invio
dall’utilizzatore alla concedente della dichiarazione di avvenuta accettazione dei
beni, produce, a detta della Cassazione, una situazione equiparabile alla effettiva
consegna, ponendo la concedente nelle condizioni di dover adempiere la propria
obbligazione verso il fornitore.
La dottrina ha sul punto manifestato elementi di perplessità, in quanto nella
vendita di cosa determinata solo nel genere, la consegna può costituire strumento
idoneo a realizzare la separazione dal genus, risultando chiaro, quindi, che una
consegna solo “apparente” non dovrebbe essere adeguata ad integrare il requisito
dell’individuazione.
Volendo esaminare il rapporto intercorrente fra concedente e utilizzatore, è
possibile sostenere che l’obbligo di cooperazione nei confronti del concedente
costituisce de plano uno degli obblighi gravanti in capo all’utilizzatore, dovendo
«la concedente […] salvaguardare l’interesse dell’utilizzatore all’esatto
adempimento da parte del fornitore, mentre l’utilizzatore […] comportarsi, nel
ricevere la consegna, in modo diligente, sì che non ne risulti per altro verso
sacrificato l’interesse che anche il concedente ha all’esatto adempimento da parte
del fornitore» (Cass., 6 giugno 2002, n. 8222).
Tale dovere di reciproca cooperazione si sostanzia in una pluralità di obblighi
finalizzati alla realizzazione in concreto degli effetti e dei risultati del
programma predisposto dalle parti, e trova il suo fondamento nel comune fine di
realizzare un determinato risultato economico, consistente nel soddisfacimento
dell’interesse all’esatto adempimento da parte del fornitore.
Nel caso di specie, il dovere di reciproca cooperazione era materiato dal dovere di
informazione o di avviso che l’utilizzatore avrebbe dovuto assolvere nell’interesse
della concedente, comunicandole la mancata consegna dei beni in questione, dovendo,
in altre parole, rifiutare di sottoscrivere il verbale, e far constatare la mancata
consegna dei beni, consentendo alla società concedente di evitare il pagamento del
prezzo al fornitore.
Unicamente a fronte di un tale diligente comportamento l’utilizzatore avrebbe quindi
potuto invocare il diritto alla sospensione del pagamento dei canoni alla
concedente, basandosi l’eccezione sul presupposto che l’acquisto del bene
rappresenta un atto giuridico strumentale rispetto alla sua concessione in
godimento, sicché l’inadempimento del fornitore costituisce rispetto al leasing una
causa di sopravvenuta impossibilità d’adempiere non dipendente da colpa del
concedente con conseguente sua liberazione (ex art. 1256 del Codice Civile), ed
esclusione, per l’utilizzatore, dell’obbligo di corrispondere quanto dovuto.
I Giudici del Palazzaccio sono costanti nell’affermare che nella locazione
finanziaria, se il concedente imputa all’utilizzatore l’inadempimento costituito
dalla sospensione del pagamento dei canoni e se l’utilizzatore, a sua volta,
eccepisce l’inadempimento del fornitore all’obbligo di consegna, l’eccezione ai
sensi dell’art. 1463 del Codice Civile, è certamente fondata, non potendo costituire
ostacolo neppure la previsione di una clausola che riversi sull’utilizzatore il
rischio della mancata consegna, in quanto clausola evidentemente vessatoria.
Tuttavia, è altresì orientamento consolidato dei giudici di legittimità, sulla cui
falsariga si pone tale pronuncia, quello che afferma che l’eccezione di mancata
consegna non può essere utilmente fatta valere da quell’utilizzatore che, avendo
previamente sottoscritto il verbale di consegna, abbia posto il concedente nelle
condizioni di dover adempiere la propria obbligazione nei confronti del fornitore.
xxxx. Xxxxx Xxxxx - info: xxxxx.xxxxx@xxxxxx.xx