Contratto di rete e network contract
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI MACERATA
DIPARTIMENTO DI GIURISPRUDENZA DOTTORATO DI RICERCA IN
DIRITTO PRIVATO COMPARATO ED EUROPEO CICLO XXIX
Contratto di rete e network contract
S.S.D. IUS/01, IUS/02, IUS/04, IUS/O14, IUS/19
Coordinatore: Xxxxx.xx Xxxx. Xxxxxxx Xxxxxxxxx Tutor: Xxxxx.xx Xxxx. Xxxxx Xxxx
Dottorando: Xxxx. Xxxxxxx Xxxxxxxxxx
ANNO ACCADEMICO 2015-2016
INDICE
Capitolo Primo
Il contratto di rete nel diritto della concorrenza nazionale ed europeo
1. Premessa. L’evoluzione del sistema produttivo italiano e la ratio del contratto di rete. Analisi economica del fenomeno reticolare p.6
2. Il contratto di rete nel diritto della concorrenza................................. p.19
3. Segue: Le agevolazioni fiscali a favore delle reti e la disciplina europea sugli aiuti di Stato................................................................. p.26
4. Segue: Gli aiuti regionali alle reti di imprese e i conflitti di competenza tra Stato e Regioni in materia di concorrenza................ p.29
5. Segue: Accordi di trasferimento di tecnologia. I contratti di “patent pooling”.............................................................................................. p.33
6. Segue: Accordi di specializzazione produttiva .................................. p.35 7. Segue: Accordi di ricerca e sviluppo ................................................. p.35 8. Segue: Lo scambio di informazioni ................................................... p.37
9. Segue: Contratto di rete e “contratti a valle”. Tra private enforcement e class action ................................................................. p.40
10. L’abuso di dipendenza economica..................................................... p.44
11. L’art. 2497 septies: gruppi, contratti di dominio e rete ..................... p.46
Capitolo Secondo Il contratto di rete
1. Premesse e finalità dell’istituto p.48
1.2 Le finalità dell’istituto........................................................................ p.51
2. Contratto plurilaterale di rete e soggettività ...................................... p.59
2.1. Segue: lo scopo, la causa e l’oggetto: gli obiettivi strategici e il programma comune............................................................................ p.63
2.2. Segue: il regime patrimoniale: autonomia patrimoniale e soggettività giuridica.......................................................................... p.67
2.3. Segue: essere o non essere? Questo è il problema............................. p.68
2.4. Segue: il fondo patrimoniale comune. Critica alla tesi della comunione del fondo.......................................................................... p.75
3. Le modalità di assunzione delle decisioni dei retisti: l’assemblea .... p.77
4. La forma e la pubblicità del contratto di rete..................................... p.79
5. Lo scioglimento del rapporto con la rete: recesso e esclusione......... p.83 6. La durata e lo scioglimento................................................................ p.84 7. Il fallimento........................................................................................ p.86 8. Le differenze tra rete, consorzio e a.t.i............................................... p.87
Capitolo Terzo
La cooperazione tra imprese nel Regno Unito.
Un’analisi comparata tra il contratto di rete e il network contract
1. La cooperazione tra imprese nel Regno Unito: a)
il network contract p.91
2. Segue: b) gli umbrella agreements..................................................... p.99
3. Un’analisi comparata tra il contratto di rete e il network contract .. p.103
4. Le differenze di struttura tra i contratti di rete e
il network contract ........................................................................... p.110
5. La soggettività giuridica del network contract ................................ p.117
6. La responsabilità del network contract. L’evoluzione della giurisprudenza inglese e nuovi cambiamenti:
Tre casi illustrativi ........................................................................... p.124
7. Segue: la responsabilità nei rapporti interni tra imprese e nei rapporti esterni verso i terzi ............................................................. p.128
Capitolo Quarto
La cooperazione tra imprese nei servizi portuali.
1. Il trasporto marittimo tra cooperazione e competizione .................. p.133
2. La politica comunitaria sul trasporto marittimo .............................. p.141
3. La relazione tra imprese nella Supply Chain Integration per la competività portuale......................................................................... p.146
Capitolo Quinto
Il contratto di rete: una prospettiva europea.
1. Premesse p.154
2. Le recenti tendenze nell’organizzazione della produzione internazionale ................................................................................... p.155
3. Il contratto di rete nel diritto privato dell’Unione Europea ............. p.157
Bibliografia............................................................................................... p.160
CAPITOLO PRIMO
Il contratto di rete nel diritto
della concorrenza nazionale ed europeo
SOMMARIO: 1. Premessa. L’evoluzione del sistema produttivo italiano e la ratio del contratto di rete. Analisi economica del fenomeno reticolare. 2. Il contratto di rete nel diritto della concorrenza. 3. Segue: Le agevolazioni fiscali a favore delle reti e la disciplina europea sugli aiuti di Stato. 4. Segue: Gli aiuti regionali alle reti di imprese e i conflitti di competenza tra Stato e Regioni in materia di concorrenza. 5. Segue: Accordi di trasferimento di tecnologia. I contratti di “patent pooling”. 6. Segue: Accordi di specializzazione produttiva.
7. Segue: Accordi di ricerca e sviluppo. 8. Segue: Lo scambio di informazioni.
9. Segue: Contratto di rete e “contratti a valle”. Tra private enforcement e class action. 10. L’abuso di dipendenza economica. 11. L’art. 2497septies: gruppi, contratti di dominio e rete.
1. Premessa. L’evoluzione del sistema produttivo italiano e la ratio del contratto di rete. Analisi economica del fenomeno reticolare.
Nelle scienze sociali il fenomeno della rete in senso ampio è oggetto di studio a partire dalla prima metà del secolo scorso, quando, attraverso la cd. network analysis si esaminano le forme di interazione che si realizzano tra le persone ed, in particolare, i diversi modi di agire che le persone assumono all’interno di una rete di relazioni sociali1.
1 Cfr X. Xxxxxxx, Structural analysis: from metaphor to theory and substance, in X.Xxxxxxx – S.D. Xxxxxxxxx (a cura di), Social structures: a network approach, Cambridge, Cambridge University Press, 1988, 20-73. Il network analysis interpreta il comportamento dell’uomo come condizionato dal contesto di relazioni sociali nel quale è inserito piuttosto che da libere scelte. Tale metodo ha origine nel pensiero di Xxxxxxxx il quale affronta il
Nell’attuale panorama economico si assiste a numerose forme di interazione tra le quali è necessario distinguere fra <reti di fatto> (distretti, associazioni temporanee di imprese, franchising, subcontratti, contratti collegati) e <reti giuridiche> così come disciplinate dalla legge n. 33 del 2009, più volte modificata. Tra le reti giuridiche si distinguono altresì le <reti-soggetto> dalle
<reti-contratto>, salva, a seconda della loro diversa organizzazione interna, la configurabilità di figure intermedie.
La possibilità di configurare in modo diverso il contratto di rete è una peculiarità della disciplina la quale fornisce agli operatori uno strumento flessibile e adattabile alle particolari esigenze del mercato.
Le strategie industriali attuali vedono oramai tramontato il sistema di produzione dirigistico c.d. fordista, caratterizzato dalla ricerca di un costante incremento delle dimensioni aziendali e della produttività e tendono, a fronte di un aumento del costo del lavoro e delle materie prime, ad una maggiore flessibilità organizzativa capace di fronteggiare le oscillazioni della domanda. Lo scenario economico presenta ora nuovi modelli organizzativi, caratterizzati dall’abbandono di un unico centro direzionale e produttivo i quali, pur richiedendo correlazione tra le varie fasi della produzione, permettono di generare beni in aree distanti tra loro e da parte di diversi operatori.
Il decentramento produttivo si fonda, in particolare, su un sistema di scambi tra grandi e medie imprese con imprese di piccole dimensioni alle quali viene affidata la realizzazione di parti del prodotto finale oppure lo svolgimento di una fase del processo produttivo. Tale modello organizzativo ha incentivato la specializzazione dell’attività di impresa al fine di immettere nel mercato prodotti di alta qualità fortemente competitivi anche nei mercati internazionali. Negli ultimi decenni, se le grandi imprese industriali hanno adottato importanti piani di de-localizzazione, d’altro lato, con un processo inverso, le piccole e medie imprese hanno provato a mantenere i propri standard qualitativi attraverso forme di collaborazione reticolari caratterizzate dal mantenimento dell’autonomia delle singole imprese, dalla stabilità del
tema della coesione sociale cogliendo le forze di attrazione coinvolte nell’organizzazione sociale sia nella società complessivamente considerata che all’interno dei differenti gruppi.
rapporto tra le stesse e dalla fiducia e interdipendenza tra loro. Il coordinamento in rete tra imprese è stato finora realizzato utilizzando una pluralità di strumenti tra in quali i distretti2, i consorzi, le società consortili, i contratti plurilaterali e i contratti bilaterali collegati.
In uno scenario economico caratterizzato da un mercato sempre più globalizzato e competitivo e da imprese gravemente sottocapitalizzate con notevoli deficit dimensionali e tecnologici, il contratto di rete rappresenta per le imprese italiane una concreta opportunità organizzativa e regolamentare per la pianificazione di attività e investimenti da condurre, senza alcuna compressione della propria autonomia e indipendenza, in collaborazione stabile con altre imprese e con l’obiettivo di incrementare la propria capacità innovativa e la propria competività sul mercato3.
2 Il distretto industriale è una delle forme attraverso la quale si è realizzata la collaborazione fra imprese nel sistema produttiva nazionale. Il distretto è un concetto empirico fondato su dati economici e sociali costituito da un insieme di imprese, prevalentemente di piccole e medie dimensioni, caratterizzate da una tendenza all’integrazione verticale e orizzontale e alla specializzazione produttiva, in genere concentrate in un determinato territorio e legate da una comune esperienza storica, sociale, economica e culturale. Le imprese possono costituire relazioni giuridiche tra loro coinvolgendo anche soggetti pubblici o comunque enti diversi dalle imprese, ma tale ipotesi è solo eventuale e questo è uno degli aspetti distintivi delle reti. Il distretto è disciplinato sia dalla legislazione statale che regionale. L’art. 36 della legge
n.317 del 5 ottobre 1991 lo definisce <<come un’area territoriale locale caratterizzata da un’elevata concentrazione di piccole imprese, dal peculiare rapporto tra la presenza delle stesse e la popolazione residente, nonché dalla specializzazione produttiva delle imprese>>.
Più di recente i commi 366-368 dell’art. 1della legge n. 266 del 23 dicembre 2005, hanno accordato ai distretti produttivi alcune agevolazioni di carattere tributario, amministrativo, finanziario ed in tema di ricerca e sviluppo. Parte di tali benefici sono stati estesi alle reti di imprese, in prima battuta in senso più ampio con l’art. 6 bis della legge n.112 del 6 agosto 2008, poi in modo più ridotto con la legge n.33 del 9 aprile 2009 nella formula mantenuta nell’attuale disciplina all’art. 4-quinquies di cui si riporta per comodità il contenuto: <Alle reti di imprese di cui al presente articolo si applicano le disposizioni dell’art. 1, comma 368, lettere b), c) e d), della legge 23 dicembre 2005, n. 266 e successive modificazioni, previa autorizzazione rilasciata con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze di concerto con il Ministero dello sviluppo economica, da adottare entro sei mesi dalla relativa richiesta>. In tale modo il legislatore sembra aver posto un margine netto tra il fenomeno dei distretti produttivi e quello delle reti legando l’applicazione della normativa sulle reti all’esistenza dell’accordo contrattuale consacrato nelle forme prescritte. Sul tema cfr. AA.VV. (a cura di AIP), Reti di impresa oltre i distretti, Il Sole 24 Ore, Milano, 2008; X.Xxxxxxxxx, Dal “settore” industriale al “distretto industriale”. Alcune considerazioni sull’unità dell’indagine dell’economia industriale, in Riv. ec. pol. ind., vol. 5, n. 1, 7, 1979; X.X. Xxxxxxxxxx, The economic Institution of Capitalism: Firms, Markets, Relational Contracts, Free Press, New York, 1985; A.Grandori, Il coordinamento organizzativo tra imprese, in Sviluppo e organizzazione, n. 171, 1999, pp.70-89; A.Grandori-G.Soda, Inter-firm Networks: Antecedents, Mechanism and Forms, in Orgaization Studies, vol. 16, 1995, pp. 183-215.
3 Già nel XVIII secolo, nella decisione della Rota fiorentina “Florentina Divisionis De Ginoris Super Praelatione” del 24 settembre 1779, richiesta a seguito della morte del Xxxxxxxx Xxxxx Xxxxxx, fondatore della fabbrica di porcellane, il giudice relatore Vernaccini
In ragione di tali premesse, un’ attenta politica del diritto delle imprese sia in Italia che in Europa, tende da anni a favorire forme di accentramento e concentrazione al fine di rendere le imprese maggiormente competitive e permettere loro di resistere in un mercato globalizzato4.
Le MPMI sono oggetto da tempo di attenzione da parte delle istituzioni europee e le nuove politiche economiche hanno promosso interventi legislativi volti ad introdurre strumenti duttili ed efficaci per le stesse.
Figura 1.1. - Numero di imprese (in migliaia)
In Europa le MPMI rappresentano il 99,8% delle imprese non finanziarie e tali imprese realizzano il 66% dell’occupazione totale
La grande maggioranza delle PMI sono microimprese che occupano meno di 10 persone e hanno un fatturato annuo e/o un valore di bilancio annuo non superiore a 2 milioni di euro.
Fonte: Commissione europea.
Figura 1.2. - Persone occupate (in milioni)
L’occupazione è uniformemente distribuita tra le imprese sebbene le PMI rappresentino i due terzi dei posti di lavoro nell’UE.
Fonte: Commissione europea.
osserva come <<in un paese povero di capitale e di maestranze specializzate occorre favorire la concentrazione tra imprese>, in Gorla, Diritto comparato e diritto comune europeo, Milano, 1980, pp. 806-822.
4 Il favor del legislatore italiano per le concentrazioni tra imprese si assiste fin dal decreto n. 35 del 2005 (Xxxxxxxxxx).
Figura 1.3. – Valore aggiunto
Le PMI rappresentano oltre la metà del valore creato nell’economia dell’UE. Fonte: Commissione europea.
Con la “Strategia di Lisbona” il Consiglio UE, consapevole della necessità di una profonda modernizzazione del sistema economico europeo, si è prefisso l’obiettivo di intervenire in numerosi settori al fine di incentivare una crescita economica sostenibile. In questa prospettiva si inserisce lo Small Business Act (SBA), adottato dalla Commissione il 25 giugno 2008, contenente un quadro strategico finalizzato a sfruttare al meglio il potenziale di crescita e di innovazione delle PMI 5 . L’attuazione dello SBA contribuisce, altresì, al raggiungimento degli obiettivi prefissati dalla strategia “Europa 2020”6.
In particolare, secondo l’VIII° principio dei dieci contenuti nello SBA è necessario stimolare ogni forma di innovazione e sviluppo tecnologico e, in
5 Nel marzo 2010 la Commissione europea ha adottato una comunicazione intitolata “Europa 2020 – Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva”. La comunicazione è stata approvata dal Consiglio europeo nel giugno 2010. La strategia “Europa 2020” risponde alla crisi economica ed è volta a creare un piano d’azione e promozione per l’Unione nel decennio in corso. Essa stabilisce cinque obiettivi in materia di clima, energia, occupazione, innovazione, istruzione e inclusione sociale da raggiungere entro il 2020 e le piccole e medie imprese svolgono un ruolo centrale nel raggiungimento di tali obiettivi.
6 La promozione della competività delle imprese si osserva anche nella istituzione del programma COSME (RE UE N. 1287/2013). Al fine di individuare l’ambito di applicazione del regolamento e i beneficiari della dotazione finanziaria per l’attuazione del programma COSME fissata in 2.298,243 milioni di Euro, il Reg. n. 1287/2013 rinvia alla definizione delle PMI delineata nella raccomandazione 2003/361/CE; tali definizioni a loro volta sono state recepite dal legislatore italiano nello Statuto delle imprese. Per MPMI deve intendersi:
- per media impresa, una impresa che occupa meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 43 milioni di Euro;
- per piccola impresa, un’impresa che occupa meno di 50 persone e realizza un fatturato annuo non superiore a 10 milioni di Euro;
- per micro impresa, un’impresa che occupa meno di 10 persone e realizza un fatturato annuo non superiore a 2 milioni di Euro.
particolare, l’UE e gli Stati membri «devono incoraggiare le PMI a investire nella ricerca, a partecipare ai programmi di aiuto alla R&S, alla ricerca transazionale, ai raggruppamenti di imprese e alla gestione attiva della proprietà intellettuale»7.
In linea con tale indirizzo il legislatore italiano ha adottato lo Statuto delle imprese 8 . Tra i principi generali ivi sanciti, si indica la promozione di
«politiche volte all’aggregazione tra imprese, anche attraverso il sostegno ai distretti e alle reti di imprese» (art.2, comma 1, lett. n).
Occorre riconoscere al legislatore italiano di essere stato il primo, in tale prospettiva ed in attuazione dello Small Business Act, ad introdurre nell’ordinamento italiano il contratto di rete la cui disciplina rappresenta un unicum nel panorama europeo9.
7 Cfr. la Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni. COM(2008) 394 definitivo, Bruxelles, 25.6.2008, recante <Una corsia preferenziale per la piccola impresa – Alla ricerca di un nuovo quadro fondamentale per la piccola impresa (uno Small Business Act per l’Europa)>.
8 Con il nuovo statuto delle imprese (Legge 11 novembre 2011, n. 180) il legislatore si
prefigge l’obiettivo di dare piena attuazione allo SBA. A tale fine la legge ha istituito presso il Ministero dello Sviluppo Economico il Garante per le micro, piccole e medie imprese, il quale ha, altresì, la funzione di monitorare l’applicazione dello Small Business Act.
9 Il successo dell’istituto è confermato dai dati forniti dall’”Osservatorio sui contratti di rete” di Unioncamere dal quale risulta che alla data del 3 novembre 2015 sono stati stipulati 2.475 contratti di rete, di cui 332 contratti con soggettività giuridica, per un numero complessivo di
12.419 imprese coinvolte, con diffusione su tutto il territorio nazionale. E’ opportuno segnalare che la Commissione europea COM (2011) 78 def. del 23 febbraio 2011, propone una revisione dello SBA, suggerendo l’adozione di uno strumento di diritto europeo dei contratti che risponda alle esigenze delle piccole e medie imprese che faciliti l’accesso ai nuovi mercati, anche sulla base del contratto di rete introdotto in Italia.
Figura 1.4 Distribuzione per macrosettore di attività economica delle imprese aderenti a contratti di rete.
Fonte: Unioncamere – Camere di Commercio d’Italia. Dati aggiornati al 31 dicembre 2014.
Tavola 1.1 Ripartizione dei soggetti aderenti e dimensione delle reti.
Fonte: Unioncamere – Camere di Commercio d’Italia. Dati aggiornati al 31 dicembre 2014 che riportano un numero complessivo di n.1884 reti, inferiore a quello attuale.
Tavola 1.2. Ripartizione settoriale dei soggetti aderenti a contratti di rete
Fonte: Unioncamere – Camere di Commercio d’Italia. Dati aggiornati al 31 dicembre 2014 che riportano un numero complessivo di n.1884 reti, inferiore a quello attuale.
Figura 1.5. – Contratti di rete sottoscritti
Fonte: Elaborazioni Ufficio Garante PMI su dati Infocamere
Con l’introduzione del contratto di rete il legislatore ha inteso favorire la crescita delle piccole e medie imprese, offrendo agli operatori un nuovo schema contrattuale flessibile capace di creare forme stabili di coordinamento e collaborazione tra imprese indipendenti, con il quale partecipare direttamente alla competizione internazionale, alle gare di appalti pubblici, effettuare acquisti e acquisire commesse.
Secondo la definizione fornita dal legislatore, “con il contratto di rete più imprenditori perseguono lo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competività sul mercato e a tal fine si obbligano, sulla base di un programma comune di rete, a collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle proprie imprese ovvero a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica ovvero ancora ad esercitare in comune una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa”.
L’obiettivo dichiarato dal legislatore è quello di accrescere l’efficienza e il livello di competività delle imprese specie in un panorama imprenditoriale nazionale caratterizzato dalla presenza prevalente di piccole e medie imprese10.
10 Per l’Italia dal “Rapporto sulla competività dei settori produttivi” (Istat - 2016), emerge che il 95,1% delle PMI attive sono microimprese (ossia con meno di dieci dipendenti) le quali impiegano oltre il 47,2% della occupazione totale; che la dimensione media delle imprese è di 3,7 addetti. I dati rilevati risultano invariati rispetto a quelli del precedente
Figura 1.6. – La dimensione media di imprese
Fonte: Elaborazioni Ufficio del Garante nazionale delle MPMI su dati Istat ed Eurostat.
Tavola 1.3. – Numero di imprese extra-agricole distribuite per classi di addetti per Paese nel 2012 (%)
Fonte: Elaborazioni Ufficio del Garante nazionale delle MPMI su dati Eurostat.
quinquennio. Cfr. altresì la Relazione al Presidente del Consiglio del Garante per le MPMI aggiornata al 31.01.2015.
Tavola 1.4. – Numero di imprese extra-agricole distribuite per classi di addetti per Paese nel 2012 (v.a.)
Fonte: Elaborazioni Ufficio del Garante nazionale delle MPMI su dati Eurostat.
Figura 1.7 – Addetti nell’area euro e in Italia per macrosettore – Anni 2008-2015
Fonte: Elaborazioni su dati Istat ed Eurostat – Short-Term Business Statistics. L’aggregazione delle imprese avviene intorno ad un progetto e ad obiettivi strategici comuni, aumentandone così la capacità di penetrazione nei mercati interni ed esteri e di attrazione dei finanziamenti pubblici e privati. Tale struttura stimola una finanza di progetto garantita, più che dalla solidità finanziaria di ogni singola impresa, dalla innovazione e competività del progetto comune.
Tavola 1.5. – Interscambio commerciale per tipologia di controllo e attività economica delle imprese nella manifattura e nel commercio – Anno 2011 (composizioni percentuali)
Fonte: Istat, Rilevazioni sulle imprese italiane a controllo estero e sulle affiliate estere delle imprese italiane.
Figura 1.8. – Posizione occupata, come fornitore dall’Italia in 181 Paesi del mondo (2013)
Fonte: Elaborazione Ufficio del Garante nazionale delle MPMI su dati FMI – DOTS.
La nuova forma di aggregazione tra imprese, pur rientrando nel genere dei contratti plurilaterali con comunione di scopo, come espressamente richiamati dal legislatore (comma 4-ter, n. 2, lett. d), sfugge ad una facile sussunzione tra le tradizionali tipologie contrattali configurandosi come compromesso tra gli schemi contrattuali di scambio e le forme associative con strutture organizzative stabili.
Schemi negoziali di cooperazione tra imprese sono utilizzati da tempo anche dagli operatori inglesi e la letteratura anglosassone sta affrontando le medesime difficoltà di qualificazione11.
11 X. Xxxxxxxxx, X. Xxxxxxx, X.Vettori, The Organizational Contract, 0000, Xxxxxxx, Xxxxxxx, Xxxxxxx; X. Xxxxxxx, Networks as Connected Contracts, Oxford and Xxxxxxxx, Xxxxxx, 0000;X.X. Xxxxxx, Neither market nor hierarchy: network form of organization, in Research in organizational behavior (a cura di X.X. Xxxxxxxx – X. Xxxx), Jai Press, Greenwich, 1990, XII, 295 ss; X. Xxxxxxx, Coincidentia oppositorum: hybrid network beyond contract and organization, in X. Xxxxxxx – X. Xxxxxxx, Networks. Legal Issues of Multilateral Xx-xxxxxxxxx, Xxxx, Xxxxxx, Xxxxxxxx, 0000, 3ss.; E.P.M. Xxxxxxxxx, The evolutionof legal Business Forms in Europe and The United States, Kluwer Law International, The Hague, Netherlands; R.J.Xxxxxx, X.X.Xxxxx, X.X.Xxxxx, Contracting for innovation: vertical disintegration and interfirm collaboration; X.X. Xxxxxxx, Is “Network” a Legal Concept?, in Journal Instit. Theor. Econ., 1993, 698 ss..
2. Il contratto di rete nel diritto della concorrenza.
Considerate le difficoltà per le imprese di affrontare le nuove sfide descritte nel paragrafo precedente, il legislatore europeo e nazionale hanno ritenuto di poter dare impulso alla crescita delle piccole e medie imprese attraverso misure fiscali e normative capaci di recepire le esigenze degli operatori e favorire la cooperazione tra imprese.
Anche se sul piano logico la cooperazione si contrappone alla competizione, questi accordi di cooperazione, tra i quali rientra il contratto di rete, sono in genere considerati compatibili con il diritto della concorrenza (d.d.c. - art. 101 TFUE)12.
Occorre precisare fin d’ora che si può parlare di intesa solo se si è di fronte e ad una “convergenza di volontà” la quale presuppone l’esistenza di almeno due centri decisionali autonomi. Non rientrano nella nozione di intesa gli eventuali programmi di coordinamento che si stabiliscono all’interno di un gruppo societario.
Come rileva anche la Commissione13, numerosi accordi di cooperazione non hanno per effetto la restrizione della concorrenza. Affinché si applichi il
12 L’art. 101 TFUE configura il divieto delle intese in due diverse disposizioni. Il § 1 definisce l’oggetto anticoncorrenziale con riguardo a tutte le intese che “possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato comune”. Il
§ 3 ne delimita la portata sostanziale sancendo l’inapplicabilità del divieto alle intese che rispondano alle condizioni ivi contemplate. Non tutte le intese tra imprese sono, quindi, vietate. In ambito nazionale l’art. 2, co. 2 della legge 287/1990 riproduce sostanzialmente l’art.101 TFUE citato e stabilisce il divieto per le intese che abbiano per oggetto di:< a) fissare direttamente o indirettamente i prezzi di acquisto o di vendita ovvero altre condizioni contrattuali; b) impedire o limitare la produzione, gli sbocchi e gli accessi al mercato, gli investimenti, lo sviluppo tecnico o il progresso tecnologico; c) ripartire i mercati e le fonti di approviggionamento; d) applicare, nei rapporti commerciali con altri contraenti, condizioni oggettivamente diverse per prestazioni equivalenti, così da determinare per essi ingiustificati svantaggi nella concorrenza; e) subordinare la conclusione di contratti all’accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun rapporto con l’oggetto dei contratti stessi>. Sono, pertanto, lecite le intese minori che, per la struttura del mercato considerato, non incidono sull’assetto concorrenziale del mercato.
Le intese vietate, al contrario, sono nulle e, pertanto, chiunque, indipendentemente dall’iniziativa dell’Autorità, può agire in giudizio per farne accertare la nullità anche prima che gli effetti distorsivi della concorrenza si siano prodotti.
13 Comunicazione della Commissione del 6.1.2001, Linee direttrici sull’applicabilità dell’articolo 81 del Trattato CE agli accordi di cooperazione orizzontale, GUCE, 6.1.2001, C3.
divieto espresso dall’art. 101 TFUE l’intesa deve essere suscettibile di incidere negativamente sulla concorrenza.
La conclusione di contratti di rete è incentivata dal legislatore nazionale nell’ambito di una politica industriale volta a favorire il rilancio dell’economia e la competività dell’industria nazionale.
Il legislatore nazionale dispone che più imprenditori possono contrarre una rete allo <<scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competività nel mercato>>. Tale finalità sembra ricalcare l’esenzione al divieto degli accordi restrittivi della concorrenza prevista nell’art 101, par. 3, TFUE a salvaguardia proprio degli accordi volti a promuovere il <progresso tecnico o economico> e al miglioramento qualitativo della produzione.
Nella cultura occidentale il mercato 14 è il luogo ove, attraverso il libero scambio di beni e servizi tra individui, si consente alla comunità di attribuirne il giusto prezzo alle cose traendone in tal modo beneficio.
In quest’ottica, la competizione è strutturale e funzionale al realizzarsi del benessere comune.
Ad una prima lettura della definizione legislativa sembrerebbe, per quanto sopra affermato, che il contratto di rete sia compatibile con le norme a tutela della concorrenza15.
14 Al fine del presente studio è necessario richiamare la nozione di “mercato rilevante” come criterio funzionale al quale deve farsi riferimento nelle indagini da svolgere. L’AGCOM, con Delib. 61/06/CONS del 9 febbraio 2006 afferma che <la definizione di mercato è quel processo il cui fine ultimo è di individuare un insieme di prodotti/servizi e loro fornitori (attuali o potenziali) che siano effettivamente alternativi per la soddisfazione di un determinato bisogno economico delimitandone al tempo stesso l’ambito geografico di riferimento>.
15 Con riferimento al diritto europeo vedi art. 3 T.U.E. <L’Unione…si adopera per uno sviluppo sostenibile dell’Europa.. basato su.. un’economia sociale di mercato altamente competitiva> e l’art. 120 T.F.U.E. <Gli Stati membri e l’Unione agiscono nel rispetto dei principi di un’economia di mercato aperte e in libera concorrenza>>. Nel diritto nazionale italiano il principio è sancito nella Carta Costituzionale all’art. 117, comma 2, lett e, che pone la materia della concorrenza tra le materie rientranti nella potestà legislativa esclusiva dello Stato. Il DDL S. 1429-B – XVII Leg. approvato da entrambe le camere mira a modificare l’articolo 117 della Carta Costituzionale. Dalla modifica proposta e demandata alla consultazione referendaria resterebbe identico il comma 2° sulle materie di competenze esclusiva dello Stato, mentre si prevede l’abrogazione della competenza concorrente tra Stato e regioni prevista nel comma 3° dello stesso art. 117. Vengono eliminate le competenze concorrenti in tema di sostegno all’innovazione per i settori produttivi, ricerca scientifica e tecnologica. La potestà legislativa residuale delle Regioni permane accanto alle
Ciononostante, la compatibilità con il diritto della concorrenza non può essere data dalla circostanza che le parti abbiano adottato lo schema negoziale, astrattamente previsto dal legislatore ma richiede una verifica che il concreto programma comune, contenente gli obblighi assunti dalle imprese, sia compatibile con la regola di esenzione dell’art.101, par.3, TFUE.
In tal senso, il giudizio sulla illiceità dell’intesa, dal quale può derivare la nullità dell’accordo, si svolge valutando il concreto scopo posto in essere dalle parti, ispirandosi al criterio della “causa in concreto”16.
materie espressamente indicate tra le quali rientra la promozione dello sviluppo economico locale e l’organizzazione in ambito regionale dei servizi alle imprese.
Il diritto antitrust comunitario prevede cinque gruppi di norme:
A) - il divieto di intese anticoncorrenziali fra imprese indipendenti. Tale divieto non ha carattere assoluto, ma la sua applicabilità dipende dalla verifica dei concreti effetti economici che l’intesa può produrre. Il divieto delle intese è strutturato, come detto sopra, come un divieto suscettibile di esenzione. Tale esenzione prima richiedeva un atto amministrativo della Commissione. Con l’introduzione del Reg. 1/2003/CE non vi è più la necessità di un provvedimento amministrativo della Commissione di esenzione, a carattere costitutivo, che esamina la singola intesa. L’eventuale dichiarazione di inapplicabilità del divieto, assume il carattere di atto meramente ricognitivo. Oggi, pertanto, l’esenzione ha carattere automatico, sicché l’applicabilità del divieto dipende dall’analisi degli effetti economici (attuali o potenziali) che in concreto l’intesa è in grado di produrre. La modernizzazione del diritto europeo della concorrenza realizzata con il regolamento 1/2003 segna, in tal modo, il superamento del sistema basato sulla notifica preventiva degli accordi alla Commissione. Il sistema di applicazione diretta dell’art. 101 TFUE, rappresenta un passaggio essenziale nell’ottica della stipula di un contratto di rete tra imprese da parte di coloro che sono chiamati a valutare autonomamente la liceità dell’accordo di cooperazione, senza la mediazione dei poteri autorizzatori da parte dell’autorità amministrativa. Assume, quindi, rilevanza centrale l’applicazione decentrata della disciplina da parte delle autorità nazionali, che possono svolgere un’indagine complessiva degli effetti di un’intesa, verificando la presenza dei requisiti previsti dall’art. 101, co 1 e 3, TFUE. L’argomento viene approfondito più avanti in questo paragrafo.
- B) - Il divieto di abuso di posizione dominante;
- C) - La necessità di autorizzazione preventiva per le operazioni di concentrazione. Il risultato economico delle concentrazioni è quello dell’ampliamento della quota di mercato detenuta da una impresa realizzato attraverso operazioni che comportano la stabile riduzione del numero delle imprese indipendenti operanti nel settore. Le operazioni di concentrazione sono considerate di per sé un fenomeno in genere positivo che necessita di un controllo e di un’autorizzazione solo qualora oltrepassi determinate soglie.
- D) - Il divieto, per gli Stati membri di istituire diritti speciali o esclusivi a favore di imprese (art 106 TFUE).
- E) - Il divieto, salvo esenzioni in deroga, delle misure pubbliche di aiuto alle imprese (art 107ss TFUE).
16 La nota dottrina della “causa in concreto” è recepita di recente da Trib. Torino, 17 gennaio 2014, (Allo scopo di valutare la validità di un contratto, non è sufficiente affidarsi ad uno dei tipi già previsti dalla legge o dalla consuetudine sociale secondo un’ottica di causa in astratto, sostanzialmente coincidente con la funzione tipica e sociale del modello contrattuale prescelto; è, infatti, necessario valutare se il contratto abbia determinato un apprezzabile mutamento nella sfera giuridica dei contraenti sotto il profilo della idoneità a perseguire il
In merito si è espressa l’Autorità garante della concorrenza e del mercato la quale osserva che, pur condividendo la ratio della legge e le finalità di interesse generale, <<l’istituto del contratto di rete non può costituire una deroga ai principi della libera concorrenza e del mercato>> 17 . Le reti di imprese risultano, pertanto, idonee ad essere qualificate come possibili intese illecite ai sensi dell’art. 2 della legge n.287/90 e dell’art. 101 TFUE18.
In virtù del regolamento n. 19/65/CEE la Commissione ha il potere di sottrarre, mediante regolamento, dall’applicazione del divieto ex art. 101.3 TFUE, categorie di accordi verticali19.
Legittimata dal Reg. n. 330/2010, la Commissione ha dichiarato inapplicabile l’art. 101 agli accordi verticali <<conclusi tra un’associazione di imprese e i suoi membri o tra una tale associazione e i suoi fornitori, a condizione che tutti i membri siano distributori al dettaglio di beni e che nessuno dei singoli
risultato economico voluto dalle parti, è necessario, in sostanza, testare la causa in concreto, pena la nullità del medesimo per difetto di causa>>. Cfr., altresì, Cons. St., sez VI, 25 marzo 2009, n.1796, in Urb. e app., 2009, 829, con nota adesiva di X.Xxxxxxxx.
17 In tal senso si è espressa l’AGCM, 16 maggio 2011, n. 22362, Comunicazione relativa all’istituto delle reti di imprese, così come disciplinate dall’art. 3, comma 4-ter, del decreto legge n. 5/2009, come convertito in legge n.33/2009 s.m.i. in Boll. N. 17/2011, nella quale emerge che l’Autorità ha precisato che le le reti di impresse risultano idonee ad essere qualificate come intese illecite.
18 In dottrina si distinguono gli accordi tra orizzontali e verticali:
- per intese orizzontali si intendono gli accordi conclusi fra produttori nello stesso mercato, cioè a dire fra imprese che operano allo stesso livello di mercato e condividono la sfera dei potenziali acquirenti dei beni e dei servizi prodotti;
- per intese verticali si intendono gli accordi conclusi tra imprese, operanti ciascuna ad un livello differente della filiera di produzione o di distribuzione e che si riferiscono alle condizioni in base alle quali le parti possono acquistare, vendere o rivendere determinati beni o servizi (questa la definizione contenuta nel RE UE n. 330/2010 della Commissione relativo all’applicazione dell’art 101, par.3, TFUE a categorie di accordi verticali e pratiche concordate).
La distinzione è fondamentale perché le intese orizzontali hanno un oggetto tipicamente restrittivo della libertà di concorrenza e sono considerate pericolose per il buon funzionamento del mercato. Le intese verticali, al contrario, non hanno un oggetto direttamente anticoncorrenziale, perché sono poste in essere fra imprese complementari e non concorrenti.
19 L’art. 29 del citato reg. n. 1/2003 non ha mutato la figura del “regolamento di esenzione” avente ad oggetto la dichiarazione di inapplicabilità dell’art.101.1 a categorie di intese, salva la possibilità della Commissione di agire ex post d’ufficio o in seguito a denuncia e di revocare il beneficio dell’esenzione quando constati che un accordo specifico sia in contrasto con la normativa antitrust.
membri dell’associazione, insieme alle imprese ad esso collegate, realizzi un fatturato annuo complessivo superiore a 50 milioni di Euro>>20.
Qualora la rete, dotata di soggettività giuridica21, venga identificata come «ente comune», potrebbe configurare, attraverso un’interpretazione estensiva della previsione contenuta nell’art 5, comma 1, lett. c, della legge n. 287/90, un’ipotesi di concentrazione tra imprese22.
Come sopra accennato (nota 17, lett. e), le operazioni di concentrazioni non sono di per sé vietate perché volte ad accrescere la competività delle imprese ma, per le imprese interessate, è previsto l’onere di chiedere all’Autorità garante un’autorizzazione preventiva al compimento di operazioni che diano luogo ad una maggiore concentrazione nel mercato di riferimento.
Le operazioni di concentrazione che superano determinate soglie di fattura23, a livello nazionale o comunitario24, devono essere preventivamente comunicate
20 Cfr. il Regolamento della Commissione n. 330/2010 del 20 aprile 2010, relativo all’applicazione dell’art.101, paragrafo 3, TFUE a categorie di accordi verticali e pratiche concordate, pubblicato in GUUE, 23.4.2010. Le categorie di intese verticali esentate sono secondo l’art. 3 del citato Regolamento quelle la cui <<quota di mercato detenuta dal fornitore non superi il 30% del mercato rilevante sul quale vende i beni o servizi oggetto del contratto e la quota di mercato detenuta dall’acquirente non superi il 30% del mercato rilevante sul quale acquista i beni o servizi oggetto del contratto>>; sono esentati, altresì, gli
<accordi fra un’associazione di imprese e i suoi membri o fornitori, nessuna delle imprese partecipanti abbia un fatturato annuo superiore a 50 milioni di Euro>. Al di sopra di tale soglia le intese verticali non sono vietate di per sé, ma devono essere valutate caso per caso. Oltre a queste soglie il Reg. n. 330/2010, nell’art.4, prevede anche una black list di clausole che rendono l’accordo verticale nullo. Tali sono: I) le clausole sui prezzi minimi; II) le
clausole che tendono a ripartire rigidamente il mercato fra i diversi distributori (c.d. esclusive rafforzate); III) le clausole di limitazione della produzione; IV) le clausole volte a delimitare una ripartizione del mercato e della clientela; V) le clausole di restrizione della facoltà dei produttori di pezzi di ricambio di vendere ad imprese concorrenti dell’utilizzatore principale tali prodotti.
Il Reg. citato prevede altresì, (art. 5) una “lista grigia” di clausole che, se inserite sono nulle, anche se non invalidano l’intero accordo. A titolo esemplificativo si cita la clausola che preveda obblighi di non concorrenza, qualora la durata sia indeterminata o superiore a cinque anni
21 Come previsto nel comma 4-quater, art. 3 della legge in commento e meglio approfondito
nel § 3, capitolo 2 del presente lavoro.
22Vedi gli artt. 5-7 della legge n. 287 del 1990 e il Reg. CE, 20.1.2004, n.139, art. 3, par.4 che si riferiscono ad un’<entità economica autonoma>. Il Trattato FUE non contiene disposizioni specifiche sulle concentrazioni e gli organi comunitari si sono sforzati in passato di sanzionare gli aspetti patologici applicando la normativa in tema di abuso di posizione dominante. Tale lacuna è stata colmata dal Regolamento Cee 30.6.1997, n. 1310, sostituito dal regolamento indicato nel testo.
23 Anche in tale caso è necessario effettuare delle stime preventive sull’impatto della rete sul
mercato di riferimento.
24 Le operazioni di concentrazione di dimensione comunitaria devono essere preventivamente comunicate all’Autorità qualora il fatturato totale realizzato a livello nazionale dall’insieme
rispettivamente all’Autorità italiana o alla Commissione Ce, al fine di valutare se esse comportino la costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante che elimina in modo sostanziale e durevole la concorrenza sul mercato nazionale o comunitario, le quali Autorità possono esprimersi nel senso di autorizzarle o di vietarle. Le concentrazioni possono così diventare illecite e vietate quando alterano in modo rilevante la concorrenza nel mercato di sbocco.
In entrambe le ipotesi considerate, sia che la rete configuri intesa che concentrazione, al fine di evitare la sanzione della nullità del contratto che si vuole porre in essere, sarà necessaria una preliminarmente indagine dell’impatto reale o potenziale dell’accordo su almeno uno dei parametri della concorrenza nel mercato rilevante per il settore considerato, quali i prezzi, la produzione e la qualità e varietà dei prodotti e l’innovazione25. La verifica ha per oggetto oltre alla sussistenza degli elementi essenziali propri del contratto di rete, in particolare, la compatibilità del programma comune delineato dalla parti con il d.d.c..26.
Tale indagine non può che ricadere sul notaio chiamato al rogito, ai sensi del combinato disposto degli art. 28, co.1, n.1 l.n.27 e dell’art. 101.1 TFUE, al fine di effettuare un controllo di legalità del negozio e, in tal modo, accertare se ricorra o meno l’ipotesi di un atto notarile nullo.
Tale indagine non può essere demandata all’organismo privato28 al quale è deferito il compito dell’asseverazione del programma di rete, la quale verifica
delle imprese interessate sia superiore ad Euro 258.228.449,54 (art.16 della legge n. 287/90). Cfr. gli art. 1 e 5 del Reg. n. 139/2004 relativi al campo di applicazione del regolamento stesso ed al calcolo del fatturato.
25 Cfr. le Linee direttrici sull’applicazione dell’art. 101 TFUE agli accordi di cooperazione orizzontale, Bruxelles, 14 gennaio 2011 (G.U. 2011/C 11/01) e gli Orientamenti sulle restrizioni verticali (2010/C 130/01).
26 I requisiti da verificare sono quelli indicati nell’art.101.3 TFUE: a) il miglioramento dell’offerta; b) il trasferimento agli utilizzatori di una congrua parte dell’utile derivante dall’accordo; c) l’indispensabilità delle restrizioni della concorrenza ai fini del raggiungimento degli obiettivi dell’accordo; d) la non eliminazione della concorrenza nel mercato rilevante.
27 E’ opportuno sottolineare che la norma non concerne soltanto i ricevimento di atti pubblici ma anche l’autenticazione delle firme su scritture private (art.12, n.1, lett a) della legge n. 246/05). La forma del contratto di rete verrà approfondita nel §8 del capitolo 2°
28 L’organismo certificatorio e il meccanismo di asseverazione utile al fine di usufruire delle agevolazioni fiscali sono approfonditi nel successivo paragrafo 3 di questo capitolo.
è eventuale, attivabile esclusivamente a richiesta della parte interessata ed esclusa per le reti dotate di soggettività giuridica.
Occorre soffermarsi però sul punto, considerata la sua criticità, che forse richiede un intervento correttivo da parte del legislatore. L’indagine necessaria per valutare la compatibilità del contratto di rete con le norme antitrust è svolta con criteri economici e non è un’ordinaria operazione esegetica del sistema normativo che il giurista è abituato a svolgere. E’ necessario, per tali motivi, che l’analisi sia svolta da consulenti tecnici delle imprese specializzati che forniscano una perizia da allegare all’atto ai fini della compatibilità suddetta.
La conclusione dei contratti di rete richiede che le imprese aderenti individuino in modo chiaro l’oggetto della collaborazione nel programma comune, in modo che emergano le ragioni delle adesioni ispirate a finalità pro- competitive.
Per concludere, affinché il contratto di rete sia ritenuto compatibile con i principi in materia di diritto della concorrenza, è necessario che l’accordo risulti effettivamente teso ad accrescere la capacità innovativa e la competività delle imprese aderenti e non costituisca, al contrario, uno strumento finalizzato a costituire indebite posizioni di vantaggio, in violazione della normativa antitrust e della stessa ratio dell’istituto.
Il programma comune diviene un elemento centrale oltre che essenziale del contratto e la sua indeterminatezza rende nullo il contratto ai sensi dell’art 1346 c.c.29.
Attraverso il programma di rete le imprese <<si obbligano…a collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle proprie imprese ovvero a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica ovvero ancora ad esercitare in comune una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa>>.
Secondo la definizione fornita dal legislatore il programma ammette più varianti così raggruppate: I) collaborare in forme e in ambiti predeterminati
29 Il programma comune è approfondito nel § 2 del capitolo 2°relativo all’oggetto del contratto di rete.
attinenti all’esercizio delle imprese; II) scambiarsi informazioni o prestazioni;
III) esercitare in comune una o più attività rientranti nell’oggetto delle proprie imprese.
Molte categorie di accordi di cooperazione hanno per oggetto contenuti che per diffusione e rilevanza sono oramai tipizzate, cioè disciplinate dal legislatore comunitario che le ha contemplate in regolamenti di esenzione per categoria.
Gli accordi più frequenti riguardano ricerca e sviluppo, scambio di informazioni, produzione, acquisto, commercializzazione, formazione tecnica, ognuno dei quali ha una specifica disciplina che andremo ad esaminare singolarmente nei paragrafi successivi.
3. Segue: Le agevolazioni fiscali a favore delle reti e la disciplina europea sugli aiuti di Stato.
La disciplina della concorrenza, sotto il profilo delle norme sugli aiuti, ha comportato un primo effetto limitativo sull’impiego dello strumento del contratto di rete e sulle scelte organizzative inerenti.
La rete ha goduto di un particolare sistema di agevolazione fiscale; ciò ha comportato la necessità di verificare la compatibilità del regime di agevolazioni a favore delle reti di impresa con le norme europee in materia di aiuti di Stato secondo le quali <sono incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza> (art. 107.1 TFUE).
Al fine di incentivare l’adozione del contratto di rete da parte delle imprese è stata prevista, per il periodo 2011-201330, una misura di sostegno finanziario,
30 Cfr. l’art.42, comma 2-quater, D.L. 31 maggio 2010, n. 78 (conv. Legge n. 122/2010), Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competività economica, secondo il quale <<fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2012, una quota degli utili dell’esercizio destinati dalle imprese che …aderiscono ad un contratto di rete…per realizzare
nella forma di differimento d’imposta, in favore delle imprese che intendono cooperare e accrescere la competività e il livello di innovazione.
La misura consisteva in una sospensione d’imposta. Una quota degli utili destinata dalle imprese partecipanti alla realizzazione dell’obiettivo del contratto ed accantonata in apposita riserva, veniva esclusa dal calcolo del reddito imponibile per la durata del contratto.
L’agevolazione fiscale prevista era temporanea poiché le somme accantonate per la partecipazione alla rete venivano incluse nella base imponibile alla fine del contratto. Ogni società poteva accantonare per la rete fino ad un importo massimo di un milione di euro31.
Sul punto è intervenuta la Commissione europea specificando che la misura di sostegno in esame non costituisce aiuto di stato perché è destinata a tutte le imprese, a prescindere dall’ambito di attività e dalle dimensioni aziendali32
entro l’esercizio successivo gli investimenti previsti dal programma comune di rete, preventivamente asseverato da organismi espressione dell’associazionismi imprenditoriale muniti dei requisiti previsti con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, ovvero, in via sussidiaria, da organismi pubblici individuati con il medesimo decreto, se accantonati ad apposita riserva, concorrono alla formazione del reddito nell’esercizio in cui la riserva è utilizzata per scopi diversi dalla copertura delle perdite di esercizio ovvero in cui viene meno l’adesione al contratto di rete>>. Vale a dire si prevede che una quota degli utili dell’esercizio (non superiore a Euro 1.000.000,00) destinati dalle imprese aderenti, non concorra alla formazione del reddito imponibile dell’impresa stessa se tale quota è destinata alla realizzazione (entro l’esercizio successivo) degli investimenti previsti dal programma comune di rete o alla copertura delle perdite. Tale agevolazione si è esaurita nel 2012 e non è attualmente fruibile.
31 Cfr. l’art 42, comma 2-quinquies, secondo il quale <<l’agevolazione ..può essere fruita, nel limite complessivo di 20 milioni di euro per l’anno 2011 e di 14 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012 e 2013, esclusivamente in sede di versamento del saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo di imposta relativo all’esercizio cui si riferiscono gli utili destinati al fondo patrimoniale comune…>> e potevano beneficiarne tutte le imprese che operano in Italia, senza limite di dimensione, di localizzazione territoriale, di settore di attività, purché l’obiettivo fosse accrescere la competività e il livello di innovazione.
32 I finanziamenti statali che soddisfano i criteri stabiliti nell’art 107.1. TFUE costituiscono
aiuti di Stato e sono soggetti a notifica alla Commissione a norma dell’art. 108.3 TFUE. La misura descritta nel testo non è stata considerata dalla Commissione come selettiva, nel senso che favorisce talune imprese o talune produzioni. La commissione ha considerato la misura fiscale di carattere generale in quanto a favore di tutti gli agenti economici che operano sul territorio di uno Stato membro e, pertanto ha dichiarato che tale agevolazione fiscale non costituisce aiuto di Stato ai sensi dell’art.107.1 TFUE (Decisione della Commissione UE C (2010)8939 definitivo, Bruxelles, 26.01.2011 – Aiuto di Stato N 343/2010 – Italia – Sostegno a favore della costituzione di reti di imprese.
Il Consiglio dei Ministri della Comunità con il Reg. del Consiglio n. 994/98/CE, al fine di ammettere le misure di aiuti di Stato c.d. orizzontali, cioè a carattere intersettoriale, ha stabilito i principi generali che devono ispirare la Commissione nell’adozione dei relativi regolamenti di esenzione e ha individuato cinque categorie di aiuti ammissibili:
- aiuti a favore delle PMI;
dichiarando, quindi, il regime come compatibile con il Trattato, in quanto costituente misura “generale” e non “selettiva”. La Commissione ha anche precisato che la valutazione si fondava sulla circostanza che le reti di impresa, per come erano state delineate dalla prima normativa erano prive di soggettività giuridica e di autonomia patrimoniale, sicché non potevano considerarsi come imprese beneficiarie dirette dell’aiuto. In linea con tale interpretazione, l’incentivo maggiore alla conclusione di contratti di rete finiva per essere rivolto solo alle reti prive di soggettività giuridica. In tal senso è stata interpretata dall’Agenzia delle Entrate33 la decisione della Commissione europea.
Tale scelta ha limitato la portata della misura incentivante a stipulare il contratto di rete. I più significativi accordi di cooperazione fra imprese non sono concepibili senza una struttura corporativa dotata di una organizzazione stabile e di soggettività giuridica.
Al fine di poter godere delle agevolazioni fiscali previste era necessaria una preventiva “asseverazione” del programma comune di rete da parte di organismi espressione dell’associazionismo imprenditoriale muniti dei requisiti previsti con decreto del Ministro dell’Economia e della Finanza, ovvero, in via sussidiaria, da organismi pubblici preindividuati.
L’asseverazione veniva rilasciata previa verifica della sussistenza degli elementi essenziali del contratto di rete e dei relativi requisiti di partecipazione
- aiuti a favore della ricerca e dello sviluppo;
- aiuti a tutela dell’ambiente;
- aiuti a favore dell’occupazione e della formazione;
- aiuti a finalità regionale. Ora sono regolati dal Reg. n. 733/2013/UE del 22 luglio 2013.
33 L’agevolazione in esame era destinata esclusivamente alle “reti contratto”. L’Agenzia delle Entrate, con la circolare 20/E del 18 giugno 2013, ha stabilito che la rete dotata di soggettività giuridica è obbligata agli adempimenti fiscali tipici di una società ordinaria e non beneficia degli sgravi fiscali ai sensi del Decreto Legge 31 maggio 2010, n. 78. La legge di stabilità 2015 introduce nuovi incentivi per le reti di imprese, in particolare per le aziende dei settori manifatturieri e di artigianato che si uniscono in rete, in base ai commi 56 e 57 della legge n.147/2013 (Legge di stabilità 2014). Tra le novità dei nuovi fondi spicca il vincolo per l’ammissibilità, che impone alle aggregazioni di essere composte da almeno 15 individui, oltre all’ampliamento dei beneficiari comprendendovi anche le “reti soggetto”. La dotazione finanziaria per il 2015 viene innalzata a 10 milioni di euro rispetto ai 5 milioni del 2014.
in capo alle imprese che lo hanno sottoscritto. Tale asseverazione non assicurava né le fruizione, né la stabilità della misura agevolativa34.
All’Agenzia delle Entrate è stato attribuito il potere di vigilare sulla fruizione dell’agevolazione concessa e sulla realizzazione degli investimenti, potendo provvedere, altresì, alla revoca dei benefici indebitamente ottenuti35.
Tale controllo tende ad assicurare non il raggiungimento degli obiettivi ed il risultato che l’investimento si prefigge, quanto l’effettiva esecuzione dell’attività prevista nel programma. E’ preclusa una valutazione nel merito delle scelte imprenditoriali compiute dagli operatori ed il rischio del risultato dell’investimento deve ricadere esclusivamente sugli imprenditori. Lo scrutinio selettivo del merito porterebbe a qualificare l’agevolazione in termini di aiuto di Stato in quanto selettivo e non generico.
Lo scrutinio del programma comune deve perciò essere impostato come valutazione di ragionevolezza, sulla compatibilità tra il programma e la funzione del contratto di rete concretizzata negli obiettivi strategici alla realizzazione dei quali mira il programma di rete.
Lo scrutinio deve, inoltre, verificare la compatibilità dell’intero assetto contrattuale con la fattibilità dello stesso anche avuto riguardo alla congruità del quantum destinato alla realizzazione delle attività previste.
4. Segue: Gli aiuti regionali alle reti di imprese e i conflitti di competenza tra Stato e Regioni in materia di concorrenza.
Nell’ottica del corretto funzionamento del mercato, è opportuno affrontare il tema delle politiche di sostegno alle imprese realizzate in Italia dalle Regioni al fine di evidenziare le possibili distorsioni della concorrenza che potrebbero derivare da un regime differenziato di sovvenzioni alle imprese.
34 L’art.42, comma 2-quater, secondo periodo prevede che <<l’asseverazione è rilasciata previo riscontro della sussistenza nel caso specifico degli elementi propri del contratto di rete e dei relativi requisiti di partecipazione in capo alle imprese che lo hanno sottoscritto. L’Agenzia delle Entrate,…, vigila sui contratti di rete e sulla realizzazione degli investimenti che hanno dato accesso alla agevolazione, revocando i benefici indebitamente fruiti>>.
35 La disciplina è stata integrata con le circolari dell’Agenzia delle Entrate n.4/E del 15 febbraio 2011 e n.15/E del 14 aprile 2011 che hanno precisato le modalità dell’agevolazione.
Una politica di sostegno alle imprese, anche qualora comporti una distorsione dei meccanismi concorrenziali, non deve essere valutata in ogni caso negativamente. Ogni distorsione indotta nel mercato deve essere valutata in relazione agli obiettivi di interesse generale che l’intervento pubblico ha inteso perseguire.
In seguito alla maggiore autonomia conferita alle Regioni dalla riforma costituzionale del Titolo V della Costituzione, le Regioni hanno intensificato l’attività legislativa in tema di innovazione, considerato elemento principale nelle politiche di sviluppo economico36.
L’esame della compatibilità con il d.d.c. degli aiuti erogati dalle Regioni è in genere condotta nell’ambito delle deroghe di cui alle lettere a) e c) dell’art.107.3 TFUE, a seconda che gli stessi siano destinati a favorire lo sviluppo economico di determinate zone svantaggiate (c.d. aiuti di Stato a finalità regionale) 37 , oppure ad agevolare lo sviluppo di talune attività economiche ritenute di interesse comunitario (c.d. aiuti di Stato a finalità settoriale od orizzontale).
Le leggi destinano in proporzioni diverse da regione a regione risorse finanziarie verso i settori della ricerca, dell’innovazione e del trasferimento tecnologico.
Nell’ambito della ricerca, gli interventi, in genere, non finanziano la ricerca pura, che trova il suo ambiente di elezione nell’accademia e nei centri di ricerca, mentre si concentrano sulle attività più direttamente connesse con il mondo imprenditoriale.
36 Si rinvia ai riferimenti riportati nella nota 17, § 2, in merito al testo di modifica della Carta Costituzionale adottato dalle Camere dell’attuale XVII legislatura.
37 Per le esenzioni rientranti in questa categoria il riferimento è il Reg. n. 651/2014 della Commissione, Bruxelles C(2014) 3292/3, che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno in applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato, oltre agli Orientamenti della Commissione in materia di aiuti di Stato a finalità regionale 2014-2020 (2013/C 209/01, pubblicati nella G.U.U.E. del 23.7.213 e, per la individuazioni delle zone ammissibili a fruire delle deroghe ex art. 107.3. lett a) e c) vedi la “Carta degli aiuti di Stato a finalità regionale 2014-2020” approvata con decisione della Commissione C(2014) 6424 final, Aiuto di Stato SA.38930 (2014/N – Italia), la quale costituisce parte integrante degli orientamenti.
In tutte le regioni, in particolare, è presente il finanziamento a favore della ricerca industriale, volta all’ottenimento di applicazioni sperimentali con l’obiettivo di produrre conoscenze utili allo sviluppo di nuovi prodotti.
La forma di incentivo prescelta nella maggior parte dei casi è il contributo a fondo perduto; meno diffuso è il contributo in conto interessi, mentre in pochi casi sono previste forme di partecipazione al capitale di rischio dell’impresa.
Con riguardo alle fonti dei finanziamenti possono distinguersi in fondi propri delle Regioni, fondi nazionali (attraverso gli interventi delegati alle Regioni) e fondi europei38.
Le leggi regionali prevedono categorie molto ampie di beneficiari che, oltre alle imprese, ricomprendono anche Università e centri di ricerca. Tra le imprese sono privilegiate le PMI, data la configurazione dimensionale del sistema produttivo italiano. In vari casi le leggi mirano a favorire l’aggregazione tra imprese anche nella forma delle reti. Le imprese di grandi dimensioni sono in genere escluse dai bandi, o previste solo in forme di aggregazione con PMI.
38 Con un bilancio di 454 miliardi di euro per il periodo 2014-2020, i fondi strutturali e di investimento europei sono lo strumento principale della politica degli investimenti dell’Unione Europea. I fondi strutturali impegnano circa un terzo del bilancio complessivo dell’Unione europea ed hanno come obiettivi principali la riduzione delle disparità tra le regioni, l’aumento della competività e dell’occupazione e il sostegno della cooperazione trasnfrontaliera. All’interno di ogni obiettivo si sviluppano i programmi operativi, che si dividono in programmi operativi nazionali (PON) e programmi operativi regionali (POR) che delineano gli obiettivi specifici all’interno degli assi.
Il periodo di programmazione 2014-2020 utilizza come strumenti finanziari della politica di coesione economica e sociale i seguenti fondi strutturali:
- Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR);
- Fondo sociale europeo (FSE);
- Fondo di coesione (FC);
- Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR);
- Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca FEAMP).
Il Regolamento UE n.1303/2013 reca una normativa generale per i cinque fondi strutturali, mentre altri regolamenti definiscono le norme specifiche di ciascun fondo: Reg. n. 1301/2013 per il fondo FESR; Reg n. 1304/2013 per il fondo FSE; Reg. n.1300/2013 per il fondo FC; Reg. n. 1305/2013 per il fondo FEASR).
Tali obiettivi sono collegati alla strategia “Europa 2020” in COM (2010) 2020 def, Comunicazione della Commissione – Europa 2020 – Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva.
Per le Regioni del Sud, ad eccezione della Sardegna, tutti gli interventi si inseriscono nell’ambito della programmazione della spesa dei fondi strutturali europei.
La modalità di erogazione dell’incentivo più diffusa è quella del bando. In particolare questa è la modalità prevista nel caso di interventi che si inquadrano nei POR, FESR e FSE.
Le iniziative analizzate si inseriscono nell’ambito della programmazione regionale in materia di sviluppo economico, con la quale le Regioni indicano le modalità con cui concorrono al raggiungimento delle priorità e degli obiettivi del Piano strategico nazionale, raccordandosi con i piani operativi regionali (POR) relativi ai fondi strutturali europei. L’uso dei fondi strutturali è complementare alle risorse regionali, anche se per volumi rappresenta ormai la principale fonte degli investimenti.
Nel contesto dell’attività legislativa regionale occorre considerare il rapporto tra competenze delineato nell’ art. 117 della Carta Costituzionale in via di riforma e, così, procedere ed analizzare il rapporto tra la competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza e la competenza esclusiva della Regioni in materia di promozione dello sviluppo economico locale, considerata la proposta di abrogazione della competenza concorrente Stato- Regioni39.
E’ opportuno richiamare in merito la sentenza della Corte Costituzionale n. 217 del 13.09.2012 avente ad oggetto la legge della Regione autonoma Friuli- Venezia Giulia 11.08.2011, n.11.
Da tale sentenza è possibile dedurre alcuni principi. Qualora i finanziamenti regionali siano destinati ad operare in regime di aiuti “de minimis” (art. 1par. 1 e 2, Reg. n. 1998/2006 ora è il Reg. n. 1407/2013 del 18 dicembre 2013) tale aiuto viene sottratto all’obbligo di comunicazione alla Commissione, con la conseguenza, che la misura si presenta, in tale prospettiva, non già macroeconomica, ma suscettibile di essere ascritta alla competenza esclusiva regionale in quanto correlata alla realtà produttiva del territorio locale.
E’ d’uso, anche al fine di non invadere la competenza statale esclusiva in materia di tutela della concorrenza inserire una “clausola di salvezza” nel testo di legge regionale che prevede la concessione di contributi “nell’osservanza delle condizione e dei limiti della normativa comunitaria”.
39 Si rinvia alla nota 17, §2 di questo capitolo.
5. Segue: Accordi di trasferimento di tecnologia. I contratti di “patent pooling”.
Gli accordi di trasferimento di tecnologia sono contratti conclusi tra imprese in forza dei quali il licenziante consente al licenziatario di sfruttare la tecnologia sotto licenza per la produzione o la fornitura di beni o servizi.
Tali accordi favoriscono di norma un più efficiente uso delle risorse e promuovono la concorrenza, in quanto possono ridurre la duplicazione delle attività di ricerca e sviluppo. Tali accordi, tuttavia, possono anche produrre effetti distorsivi della concorrenza40.
Al fine di pervenire ad un giusto equilibrio tra la tutela della concorrenza e la tutela dei diritti di proprietà intellettuale, l’Unione Europea ha adottato il Regolamento n. 316/2014 che ha definito gli ambiti di esenzione degli accordi di trasferimento di tecnologia dall’art. 101 TFUE41.
La disciplina comunitaria non copre soltanto le licenze di brevetto e di know- how, ma si applica anche ai diritti relativi ai disegni e ai modelli e alle licenze di diritti di autore sul software.
Tra le forme di trasferimento di tecnologia sono diffusi gli accordi di cooperazione tra più imprese per la vendita di brevetti chiamati patent pool. Tali accordi riescono a contemperare le esigenze dei titolari dei diritti di proprietà intellettuale che vogliono introdursi in un nuovo mercato, con le norme del diritto antitrust.
La funzione del patent pool è quella di riunire i brevetti essenziali per una determinata tecnologia, al fine di offrirli sul mercato con un solo accordo (one stop shop), riducendo in tal modo i costi di transazione. I licenziatari affidano ad un soggetto terzo c.d. licensing administrator i brevetti di cui sono titolari,
40 Vedi la Comunicazione della Commissione (2014/C 89/03) recante Linee direttrici sull’applicazione dell’art. 101 TFUE agli accordi di trasferimento di tecnologia.
41 Il Regolamento (UE) n. 316/2014 della Commissione del 21 marzo 2014 relativo all’applicazione dell’art. 101.3., TFUE, a categorie di accordi di trasferimento di tecnologia, pubblicato in GUUE 93 del 28.3.2014, sostituisce il precedente Reg. n. 772/2004 della Commissione del 27 aprile 2004. Tale Regolamento non si applica alle clausole in materia di licenze che rientrano nel campo di applicazione del Reg. n. 1217/2010 o agli accordi di specializzazione che rientrano nel campo di applicazione del Reg. n. 1218/2010. Il Reg. n. 316/2014 è applicabile esclusivamente agli accordi mediante i quali il licenziante autorizza il licenziatiario e/o uno o più dei suoi subfornitori a sfruttare i diritti tecnologici sotto licenza per la finalità di produzione di beni e servizi.
affinché questi possa offrire sul mercato la tecnologia e trasferirla attraverso una licenza comune42 . L’accordo di cooperazione può configurarsi, altresì, come impegno di messa in comune di brevetti, accompagnato dalla creazione di un’organizzazione comune, a cui viene affidato il compito di offrire licenze dell’insieme di brevetti nel mercato.
Il considerando n. 7 del citato regolamento esclude espressamente, però dal suo ambito di esenzione dal divieto ex art 101 TFUE <gli accordi finalizzati alla costituzione di pool tecnologici, vale a dire gli accordi volti a mettere in comune le tecnologie al fine di concederle in licenza a terzi>.
Ciononostante, l’autore ritiene che gli accordi di patent pool possano agevolmente rientrare nello schema delle reti previsto dal legislatore risolvendo i contrasti emersi in dottrina circa la loro qualificazione43. Sarà, pertanto, necessaria un’adeguata valutazione in merito alla liceità dell’accordo in merito alla compatibilità con l’art. 101.1 TFUE.
42 Per un approfondimento del tema cfr. X.Xxxxxxx, Navigating the Patent Thicket: Cross Licenses, Patent Pools, and Standard Setting, MIT Press, 2001, 119-150; X.Xxxxxxxxx, Mercato e cooperazione tecnologica. I contratti di patent pooling, Milano, 2008; D. Mastreila, Gli accordi di trasferimento di tecnologia, Torino, 2010.
43 Per i profili attinenti alla qualificazione dei patent pooling si veda X. Xxxxxxxxx, Xxxxxxx e cooperazione, cit., pp. 121-177.
6. Segue: Accordi di specializzazione produttiva.
Gli accordi di specializzazione produttiva sono disciplinati da un altro regolamento di esenzione 44 che presume la conformità al d.d.c. di alcuni accordi la cui quota di mercato aggregato dalle parti sia al di sotto di una determinata soglia.
Detti accordi contribuiscono in generale a migliorare la produzione o la distribuzione dei prodotti o servizi in quanto le imprese, concentrando le loro attività di fabbricazione su determinati prodotti, possono operare in modo più razionale ed offrire i prodotti ad un prezzo ridotto.
In materia è necessario dedicare un’attenzione particolare alle eventuali clausole di esclusiva contenute in tali accordi, le quali possano impedire alle imprese di ricorrere a fonti alternative
Nel rispetto della normativa citata, la distribuzione sia orizzontale che verticale della produzione dei singoli elementi tra le imprese partecipanti all’accordo, non è guardata con sfavore ma come strumento efficace per la promozione della produzione e della concorrenza.
7. Segue: Accordi di ricerca e sviluppo.
L’attività di ricerca e sviluppo (“R&D”, “research and development”) è considerata una componente essenziale dell’efficienza dei mercati ed è terreno di elezione per gli accordi di cooperazione tra imprese45.
44 Vedi il Regolamento n. 1218/2010 della Commissione, del 14 dicembre 2010. L’art. 1 distingue in base alla specializzazione nella fabbricazione dei prodotti:
- Gli accordi di specializzazione unilaterale, in forza dei quali una impresa cessa la produzione di un determinato prodotto in favore di un’altra impresa concorrente verso la quale si obbliga ad acquistarli secondo una commessa concordata.
- Gli accordi di specializzazione reciproca, in forza dei quali le imprese aderenti cessano la produzione di determinati prodotti ma non di altri, ed allo stesso tempo si obbligano ad acquistare tali prodotti dalla impresa controparte nelle quantità prestabilite.
- Gli accordi di produzione in comune in forza dei quali le imprese convengono di fabbricare in comune determinati prodotti. La loro funzione positiva è quella di distribuire i costi di produzione tra le imprese partecipanti, così realizzando economie di scala.
45 Gli aiuti in favore di tale settore (cfr. anche nota 34, § 3, cap.1) hanno un’importanza notevole nel quadro della politica europea. L’obiettivo primario espresso nelle Linee guida
La cooperazione in materia di ricerca e sviluppo contribuisce, in genere, a promuovere lo scambio del know-how e delle tecnologie, a promuovere il progresso tecnico ed economico e a razionalizzare la fabbricazione dei prodotti o l’utilizzo dei processi proprio a vantaggio dei consumatori.
L’attuale regolamento in materia46 si propone primariamente di assicurare la tutela della concorrenza. Al di sotto di una certa quota di mercato si può presumere che gli effetti positivi degli accordi in materia R&S prevalgano sugli eventuali effetti negativi per la concorrenza. Il regolamento prescrive, altresì, ai fine dell’esenzione, un contenuto necessario dell’accordo e un contenuto <<negativo>>47.
Il citato regolamento non esonera unicamente gli accordi aventi per oggetto principale la ricerca e lo sviluppo ma anche qualsiasi accordo direttamente connesso e necessario per la realizzazione di una cooperazione di ricerca e sviluppo, a condizione che la quota di mercato aggregata delle parti non superi il 25% del mercato interessato.
Affinché l’esenzione sia giustificata, i risultati dell’attività da svolgere devono presumersi determinanti per lo sviluppo del settore di riferimento. Nell’accordo è necessario assicurare ad ogni parte l’accesso ai risultati finali dell’attività comune. Fanno eccezione a tale diposizione le ipotesi nelle quali partecipano all’accordo organismi accademici, i quali si astengono in linea di massima dallo sfruttamento dei risultati a titolo commerciale e possono convenire di utilizzare detti risultati soltanto per effettuare ulteriori ricerche.
della Commissione UE, (Communication of the Commission – Framework for state aid for reasearch and development and innovation, Brussels, 21 maggio 2014, C(2014) 3282) è la promozione della ricerca, dello sviluppo e dell’innovazione come espressamente sancito tra gli obiettivi del Trattato nell’art 179 TFUE.
Anche la “Strategia Europa 2020” individua nell’attività di R&S l’elemento determinante per conseguire gli obiettivi di una crescita sostenibile e si propone l’obiettivo di un aumento degli investimenti in R&S al 3% del PIL dell’UE.
46 La disciplina degli accordi in materia di ricerca e sviluppo è ora contenuta nel Reg. n. 1217/2010 del 14 dicembre 2010.
47 Gli art. 5 e 6 del regolamento citato indicano le clausole che, se contenute nell’accordo, escludono l’operare della esenzione. In particolare, a titolo esemplificativo, si sottolinea l’obbligo di non contestare la validità dei diritti di proprietà immateriali detenuti dalle parti; l’obbligo di non concedere a terzi licenze; l’obbligo di non limitare la libertà delle parti di svolgere indipendentemente o in cooperazione con i terzi, attività di ricerca e sviluppo.
La Commissione e l’Autorità nazionale possono revocare il beneficio del presente regolamento qualora constatino che, nel caso specifico, si producano effetti incompatibili con l’art 101 TFUE.
8. Segue: Lo scambio di informazioni.
Il valore dell’informazione svolge un ruolo determinante nel processo produttivo.
Nell’economia reale, caratterizzata da mercati oligopolistici l’informazione aziendale riservata è divenuta una risorsa essenziale dell’attività di impresa e del processo concorrenziale. La condivisione delle informazioni rilevanti per il funzionamento del mercato costituisce un elemento fondamentale del modello di concorrenza 48 . La cooperazione informativa fra imprese apparirebbe addirittura filo concorrenziale.
Lo scambio di informazioni può, da un lato, costituire un elemento accessorio di più ampi accordi e, dall’altro, configurarsi come un’autonoma pratica concordata.
Il legislatore ampliando l’oggetto del contratto di rete originariamente previsto, ha previsto ora la possibilità per le imprese di raggiungere lo scopo anche mediante lo scambio di informazioni.
Gli accordi in tema di scambio di informazioni sono un tema controverso nell’ambito del d.d.c. che si lega fortemente alle finalità delle politiche che sono alla base della tutela della concorrenza.
Si è affermata anche l’idea che gli scambi di informazioni costituiscono segnali che suggeriscono l’allineamento dei prezzi e comportamenti di mercato.
Occorre distinguere in proposito fra gli scambi di informazioni fra imprese che avvengono in modo informale e riservato tra imprese concorrenti che sono considerati dalla normativa antitrust, come forte indizio dell’esistenza di una
00 Xxx. Xxxxxx, Xx the meaning of horizontal agreements in competition law, in xxxx://xxxx.xx/xxxxxxxxx0000000.
pratica di cartello segreta, e gli scambi di informazioni che avvengono sulla base di uno specifico accordo avente tale oggetto49.
L’accumulo di conoscenza attraverso la creazione di banche di dati è una caratteristica diffusa nelle recenti esperienze imprenditoriali, le cui decisioni vengono condizionate dai dati a disposizione.
La tutela delle banche di dati è garantita oltre che dalle norme italiane, che sono dettate nell’ambito della disciplina del diritto di autore, anche attraverso trattati e convenzioni internazionali tesi ad assicurare una tutela a livello internazionale50.
49 Sulla applicabilità della disciplina della concorrenza sleale alle banche di dati, cfr. X.Xxxxxxxxx, in Raccolte di dati e concorrenza sleale, in AIDA, 1997, pag. 210; A.Xxxxxxx, Itinerari americani ed europei nella tutela delle compilazioni: dagli annuari alle banche dati, in Dir. Inf., 1992/1, pag.139.
50 La direttiva 96/9/CE del Consiglio europeo relativa alla tutela giuridica delle banche dati,
pubblicata in GUCE 27 marzo 1996 N.L. 77/20 offre una definizione di quanto è oggetto di protezione. L’art. 1 della normativa comunitaria recita: <1. 1) La presente direttiva riguarda la tutela giuridica delle banche dati, qualunque sia la loro forma. 2. Ai fini della presente direttiva per “banca dati” si intende una raccolta di opere, dati o altri elementi indipendenti, sistematicamente o organicamente disposti ed individualmente accessibili grazie a mezzi elettronici o in altro modo>. Tale previsione consente di ricomprendere anche quelle raccolte che, prive dei necessari requisiti di creatività non rientrano nella tutela del diritto d’autore ma fruiscono unicamente di protezione in base al diritto sui generis di spettanza del costitutore. Nella normativa nazionale il Codice in materia di protezione dei dati personali, all’art.4, lett.p) definisce la banca dati come il <complesso organizzato di dati personali>. È adottata la condizione di reciprocità, cioè a dire che lo stato di origine della banca dati deve tutelare questa tipologia di opere in modo equivalente a quello assicurato in Italia, perché alle opere originarie di quello stato sia riconosciuta la tutela della legge sul diritto di autore italiana. C’è da aggiungere che nel caso di banche di dati di nazionalità extraeuropea, oltre alla protezione assicurata dalle norme interne e internazionali in materia, soccorre la ulteriore protezione garantita dalle norme di diritto internazionale privato ex art. 54 della legge n. 218/95 che prevede che <i diritti sui beni immateriali sono regolati dalla legge dello Stato di utilizzazione>. Più ampia, relativamente all’oggetto, la tutela dei TRIPs, non solo rispetto alla convenzione di Berna, ma anche alla direttiva CE. Nel nuovo accordo GATT (General Agreement of Tariffs and Trade) del 1994 è contenuta una particolare regolamentazione relativa al commercio dei beni immateriali. Considerata la natura del trattato, che è quella di assicurare una protezione sufficiente ed efficace al commercio internazionale, evitando che eccessive disparità di trattamento nella tutela delle opere dell’ingegno possano divenire fonti di distorsione della concorrenza ovvero possano ostacolare i legittimi scambi, con gli accordi TRIPs si sono fissate regole, alle quali devono attenersi gli Stati firmatari, volte alla tutela degli aspetti che possono avere rilievo ai fini commerciali. L’art.10, comma 2, dell’allegato 1c) degli accordi dispone che <le compilazioni di dati o altro materiale, in forma leggibile da una macchina o in altra forma, che a causa di selezione o della disposizione del loro contenuto costituiscono creazioni intellettuali sono protette come tali. La protezione, che non copre i dati o il materiale stesso, non pregiudica i diritti di autore eventualmente esistenti sui dati o sul materiale>. Viene in tal modo stabilito il principio che l’attività di scelta ed organizzazione di un determinato contenuto, inteso come la sommatoria di più elementi, quali dati, opere o altri materiali, realizza una creazione intellettuale che deve essere tutelata dal diritto di autore. Anche l’OMPI (Organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale)
In argomento emerge un contrasto tra approccio “strutturale” oppure “economico” degli obiettivi prefissati dal legislatore.
In altra prospettiva si distingue tra restrizioni per l’oggetto51 o per l’effetto: le prime sono divieti assoluti, basati sulle caratteristiche formali di talune condotte, considerate per sé stesse restrittive; le seconde riguardano le condotte la cui antigiuridicità richiede un’analisi concreta caso per caso.
I temi sono collegati.
L’approccio strutturale privilegia il criterio per l’oggetto; l’approccio economico preferisce invece quello per l’effetto, che favorisce una valutazione di ragionevolezza volta a bilanciare gli effetti positivi e negativi dell’asserito illecito52.
introduce, nel dicembre 1996 nel Trattato OMPI, l’art. 5 per la protezione delle banche di dati o raccolte di dati.
51 In tema si segnala la sentenza C-2863/13 Dole. Il caso riguarda un’intesa orizzontale tra
imprese produttrici di frutta, nella forma di una pratica concordata per coordinare il prezzo delle banane secondo il seguente meccanismo: i produttori fissano settimanalmente il “prezzo di riferimento” delle banane raccolte. Tale prezzo di riferimento influenza il prezzo reale delle banane che verranno immesse sul mercato, che però dipenderà anche da ulteriori fattori, come la distribuzione. Le imprese, in tal modo, comunicando la pre-tariffazione, prevedono le tendenze del mercato e i futuri prezzi, rafforzando le previsioni ed il coordinamento.
52 Cfr. Le Linee direttrici, cit. in nota 41, §§ 72-74. La giurisprudenza comunitaria afferma che l’ordinamento dell’Unione si fonda sull’approccio strutturale (T-286/09, Intel; C-501/06, Glaxo; C-8/08, T-Mobile). Anche l’AGCM, nel provvedimento IAMA (Provv. N. 13622, I- 575, Ras-Generali/Iama Consulting) qualifica lo scambio di informazioni come violazione per sé rendendone superflua la valutazione degli effetti economici. Il prospettato accordo tra imprese assicurative per l’acquisto sistematico di una banca dati relativa alle caratteristiche e ai prezzi dei prodotti assicurativi del ramo vita commercializzati dalle imprese partecipanti all’intesa era stato giudicato distorsivo del mercato, e perciò vietato, dall’AGCM, con provvedimento poi ribaltato dal TAR Lazio (sez.I, 4.8.2005, n. 6088) e, infine riconfermato dal Consiglio di Stato (sez. VI, 29.12.2010, n. 9565). Recentemente l’AGCM ha avviato un’istruttoria su otto società di autonoleggio (tra le quali Europcar Italia, Hertz Italiana, Maggiore Rent e Win Ren; per un valore complessivo di mercato di circa 5 miliardi di euro) al fine di verificare se le imprese abbiano attuato un coordinamento delle rispettive strategie commerciali, attraverso uno scambio di informazioni sensibili. Si ipotizza anche un ruolo di coordinamento da parte dell’associazione di categoria di appartenenza ANIASA. (Comunicato stampa del 29 luglio 2015 - 1791). In merito è opportuno riportare il § 65 delle Linee direttrici cit. <Aumentando artificialmente la trasparenza nel mercato, lo scambio di informazioni cosiddette <sensibli> può facilitare il coordinamento (ossia l’allineamento) del comportamento concorrenziale delle imprese determinando effetti restrittivi sulla concorrenza>.
9. Segue: Contratto di rete e “contratti a valle”. Tra private enforcement e
class action.
Ulteriore aspetto da considerare sono i riflessi che una rete anticoncorrenziale e quindi illecita produce sui contratti stipulati con i terzi in esecuzione del programma di rete da parte delle imprese aderenti.
Sulla annosa questione in tema della validità dei contratti a valle di un’intesa illecita, si osserva una rapida evoluzione dovuta anche all’adozione della Direttiva UE 2014.10453.
E’ indubbio che il contratto posto in essere con i terzi da parte di una singola impresa, in esecuzione del programma di rete, può riflettere, nel contenuto, un regolamento non autonomamente determinato tra le parti ma le regole di azione comune stabilite nel contratto di rete.
Nella circostanza che la rete sia nulla perché anticoncorrenziale occorre distinguere tra gli effetti economici, che non sono scontati, considerato che ben può esserci un’intesa dichiarata potenzialmente restrittiva che non abbia prodotto distorsioni nel mercato, e gli effetti giuridici della declaratoria di illiceità dell’intesa sui contratti attraverso i quali si realizza il disegno anticompetitivo.
L’esigenza di non vanificare gli effetti della violazione antitrust che si realizza attraverso uno strumento distinto e successivo alla intesa a monte dichiarata illecita, deve realizzarsi con strumenti capaci di rimediare alla distorsione del mercato senza forzare gli istituti.
Parte della dottrina ha inizialmente tentato di colmare tale lacuna con diverse argomentazioni simili nel senso di comunicare la nullità sancita per l’intesa al contratto che ne realizza gli effetti. Per alcuni autori, la nullità dei contratti a valle per alcuni autori si estende in via derivata attraverso un collegamento funzionale tra l’intesa e i contratti esecutivi 54 . La critica riposa sulla
53 Sul tema la letteratura è ampia: X. Xxxxxxxxxx, Violazioni di norme antitrust e disciplina dei rimedi nella contrattazione a valle, Napoli, 2009; E. Xxxxxxxxx, Contratti a valle, rimedi civilistici e disciplina della concorrenza, Napoli, 2008; G. Guizzi, Il mercato concorrenziale: problemi e conflitti, Milano, 2010.
54Tale tesi, ripresa ma non accolta espressamente da Xxxx.S.U. n. 2207/2005 trova tra i suoi sostenitori Salanitro, Disciplina antitrust e contratti bancari, Banca borsa, 1995, II, 420 ss; C.
circostanza che il collegamento negoziale prevede la condivisione degli scopi perseguiti nella complessiva operazione anche da parte del terzo contraente che, in tale ipotesi, non solo è estraneo all’intesa a monte ma non condivide neanche la funzione unitaria dell’operazione55.
Altri autori sostengono la nullità del contratto stipulato a valle per illiceità della causa56 , altri per illiceità dell’oggetto57 . Oggetto e causa del negozio secondario sono, in genere, tuttavia perfettamente leciti e l’intento di uniformarsi ad un’intesa illecita a monte attiene semmai alla sfera dei motivi. Un altro orientamento ne afferma la invalidità in termini di nullità virtuale per violazione dell’art.2 della legge antitrust58. Tale tesi presta il fianco alla critica secondo cui il contratto secondario, per sé considerato, non risulta contrastare con nessuna norma imperativa59. Tutte queste ricostruzioni sono state criticate di fronte alla necessaria distinzione tra i due negozi.
Alla tesi della nullità dei contratti a valle sembra, in un primo momento, aderire la giurisprudenza di legittimità la quale cambia, tuttavia, in seguito orientamento affermando che i contratti, scaturiti in dipendenza di un’intesa dichiarata nulla, <mantegono la loro validità e possono dar luogo solo ad un’azione di risarcimento del danno>60, in linea con la tutela civilistica prevista ex art 33, comma 2 della legge nazionale antitrust che prevede l’obbligo di
Osti, Contratto e concorrenza, in Trattato del Contratto, diretto da X. Xxxxx, XX, Xxxxxx, 0000; Xxxxxxxxxx, Illegittimità delle norme bancarie uniformi per contrasto con le regole antitrust ed effetti sui contratti a valle: un’ipotesi di soluzione ad un problema dibattuto, in Giur. It, 1997, 351ss;
55 Cfr. Xxxxxxxxx, op.cit., pp. 96-102; Cass. 97/11932 la quale pretende l’identità dei soggetti; contra Xxxx. civ., sez. III, 19.07.2012, n.12454 che prescinde dall’identità soggettiva salva la condivisione dell’operazione ecomonica complessiva da parte di tutti.; Cfr., altresì, Cass- 2001/8333; Cass. 1997/827 e Cass., sez II, 16.09.2004, n. 18670, nella quale, al fine di ricostruire il carattere e il contenuto di una servitù temporanea che correva attraverso vari fondi oggetto di separati contratti, si è ritenuto di dover esaminare e interpretare unitariamente i vari atti, anche se conclusi da parti diverse.
56 Salanitro, Disciplina antitrust e contratti bancari, Banca borsa, 1995, II, 420 ss; La china,
sub. art. 33, in Concorrenza e mercato, a cura di Alpa-Afferni, Padova, 1994, 647;
57 Xxxxxxxxxx, Antitrust e abuso di responsabilità civile, in Danno e Resp., 2004, 469 ss.; Id., Sezioni più unite che antitrust, in Europa dir. priv., 2005, 444; Albanese, Contratto, mercato e responsabilità, Milano, 2008, 259,ss..
58 Bastianon, Nullità <a cascata>? Divieti antitrust e tutela del consumatore, in Danno e Resp., 2003, 1075;
59 Per la critica a tale tesi cfr. Xxxxxxxxx, cit., pp 102-106; G. Xxxxxx, Il mercato concorrenziale, cit., pp. 210-244.
60 Cass., 11.06.2003, n. 9384, in Danno e Resp., 2003, 11.
risarcimento del danno come tutela civilistica autonoma e concorrente rispetto alle funzioni esercitate dall’AGCM.
Si crea pertanto un doppio binario secondo cui l’eventuale precedente provvedimento amministrativo dell’AGCM non si pone come presupposto ma serve d’ausilio all’attore nella prova del nesso di casualità tra l’intesa illecita e il danno provocato, ferma l’autonomia dei due giudizi civile ed amministrativo anche nel merito.
Critica è la giustificazione dell’obbligo a risarcire il danno la quale non deriva certo dal titolo, di per sé valido.
Autorevole dottrina ascrive la fonte di tale obbligo nella violazione di regole di correttezza nel procedimento che ha condotto alla formazione del contratto, da sussumere, pertanto, nella sfera della responsabilità precontrattuale, pur con qualche forzatura. Il contratto, infatti, non è negoziato nei suoi elementi essenziali, bensì unilateralmente imposto. La correttezza precontrattuale non può, quindi, essere richiesta a livello di trattative, ma può configurarsi secondo un modello similare al dolo incidentale ex art. 144061.
In ambito europeo la recente Direttiva 2014.10462 affronta il tema e, dopo aver affermato il rilievo di ordine pubblico del divieto sancito negli art. 101 e 102 TFUE, ribadisce espressamente il principio che le disposizioni contenute nel Trattato producono effetti diretti nella sfera dei singoli operatori attribuendo diritti soggettivi azionabili dinanzi alle autorità giudiziarie nazionali.
La direttiva citata tende a garantire a qualsiasi soggetto che abbia subito un danno causato da una violazione del diritto della concorrenza di ottenerne il
61 L’orientamento secondo cui il risarcimento del danno causato dalla violazione antitrust si configura come fatto illecito ex art. 2043 è oramai prevalente in dottrina. Cfr. in merito Xxxx Xxxxxxxx, Il risarcimento del danno da illecito concorrenziale, Napoli, 2005; X.Xxxxxxxxx, Autonomia privata e concorrenza nel diritto italiano, in Riv.dir. comm., 2002, I, 433 ss; Id. Ancora sui rimedi civili conseguenti a violazione di norme antitrust, in Danno e Resp., 2004, 935; Xxxxx, Diritto antitrust e contratti esecutivi dell’intesa vietata (contributo allo studio dei Folgevertrage), in Contratti, 2005, 181 ss; Cfr. Cass. civ., sez III, 2 febbraio 2007, n. 2305 in Danno e Resp. N. 7/2007 pp755- 763; X. Xxxxxxx, Il risarcimento del danno per la violazione del diritto antitrust italiano: nesso di causalità e prova del danno, in Danno e Resp.n. 7/2007, pp. 764-769.
62 Direttiva 2014/104/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 novembre 2014, relativa a determinare le norme che regolano le azioni per il risarcimento del danno ai sensi del diritto nazionale per violazioni delle disposizioni del diritto della concorrenza degli Stati membri e dell’Unione europea, che dovrà essere recepita dagli Stati membri entro il 27 dicembre 2016.
pieno risarcimento e, pertanto, obbliga gli Stati membri ad eliminare i possibili ostacoli procedurali che possano rendere in concreto difficoltoso o impossibile l’esercizio del diritto dinanzi le autorità giudiziarie nazionali.
Il danno consiste nel <sovraprezzo>, vale a dire nella differenza tra il prezzo effettivamente pagato dal terzo contraente ed il prezzo che avrebbe altrimenti prevalso in assenza di una violazione del diritto della concorrenza63 attraverso un’espressione di libera scelta da parte del consumatore.
La direttiva mira ad evitare che l’onere della prova richiesto per la quantificazione del danno renda eccessivamente difficile l’effettivo ristoro. A tal fine <gli stati membri provvedono affinché i giudici nazionali abbiano il potere di stimare l’ammontare del danno se è accertato che l’attore abbia subito un danno> (art.17). A ciò si aggiunga che la dimostrazione e la quantificazione del danno richiede l’applicazione di complessi criteri scientifici e tecnici in genere molto costosi difficilmente sopportabili dal singolo consumatore64.
La direttiva prevede, a tal proposito, che nell’ipotesi in cui l’illiceità dell’intesa sia stata già acclarata, il terzo contraente non deve dimostrare l’esistenza del nesso di causalità tra il danno di cui chiede il risarcimento e l’intesa restrittiva. L’esistenza del nesso di causalità si presume nell’ipotesi in cui l’intesa restrittiva sia diretta proprio a concordare i prezzi o comunque la formazione di un cartello, salva la possibilità per l’impresa convenuta di fornire la prova contraria (art.17, par. 2)65.
Gli elementi critici del rimedio si concentrano nella prova effettiva del danno, che anche se presunta nell’an debeatur, deve esserne comunque fornita in concreto.
63 Cfr. C. Fratea, Il private enforcement del diritto della concorrenza dell’Unione europea, Napoli, 2015.
64 Cfr. X. Xxxxxxx, Il risarcimento del danno per violazione del diritto antitrust italiano: nesso di causalità e prova del danno, in Danno e Resp., 7/2007, pp. 764-769; X.Xxxxxxxxxxx, Porcospini affettuosi:alcuni problemi di prova e misura del danno antitrust tra economia e diritto.
65 Per le azioni c.d. follow-on che seguono il provvedimento di condanna dell’Autorità
amministrativa competente (AGCM o Commissione europea) basta rinviare alla pronuncia per presumere il nesso di causalità e l’attore dovrà solo allegare il contratto e il provvedimento di condanna. Per le azioni c.d. stand-alone dove manca un provvedimento di condanna dell’Autorità amministrativa, l’attore avrà anche l’onere di provare l’illiceità della condotta anticoncorrenziale.
Considerate le difficoltà e i costi legati alla prova del danno è possibile prevedere che questo diventi settore di elezione per l’esercizio dell’azione collettiva risarcitoria per le pratiche commerciali scorrette e dei comportamenti anticoncorrenziali ex art.140bis, co. 2. Lett. c, cod.cons..
Xxxxxxx, infine, soffermare l’attenzione sulla portata innovativa affermata dalla Corte66 di poter ricondurre ad equità il corrispettivo pattuito attraverso un’operazione integrativa da parte del xxxxxxx00, alternativa al risarcimento del danno.
10. L’abuso di dipendenza economica.
Si è rilevato che anche nei rapporti tra imprenditori spesso sussiste una differente forza contrattuale tra le parti e che l’abuso del potere contrattuale da parte di un contraente ai danni dell’altro, anche se avviene tra imprenditori, danneggia il mercato e i consumatori stessi.
Anche nei rapporti tra le imprese in rete si genera l’esigenza di tutela di un’impresa più debole rispetto alle altre imprese.
Occorre considerare in merito il divieto di abuso di dipendenza economica (a.d.e.) sancito dall’art. 9 della legge n.192 del 18 giugno 1998 e il rapporto tra tale norma e la disciplina del contratto di rete68.
Prevale in dottrina l’opinione secondo la quale l’ambito di applicazione oggettivo del divieto previsto nella normativa citata 69 , nonostante la sua
66 Cass. civ., sez. III, 18.08.2011, n. 17351.
67 Sul tema cfr. T. Febbrajo, Contratti “a valle” dell’intesa antitrust e riconduzione ad equità del corrispettivo, in Xxxx.Xx., 2012, 7.; e G. Xxxxxx, Mercato concorrenziale, cit., pp110ss..
68 La norma richiamata definisce la dipendenza economica come <la situazione in cui una impresa sia in grado di determinare, nei rapporti commerciali con un’altra impresa, un eccessivo squilibrio di diritti e di obblighi> (art.9, co.1).
69 Occorre precisare al riguardo che nonostante l’utilizzo del suffisso sub, non si ricade in una ipotesi di subcontratto, trattandosi invece di un’autonoma fattispecie contrattuale. La disciplina della subfornitura, pur non rappresentando l’attuazione di disposizioni comunitarie, è stata comunque sollecitata dagli organismi comunitari che da tempo promuovevano l’adozione di una disciplina giuridica del fenomeno, anche con il sacrificio, in parte, dell’autonomia patrimoniale delle parti per tutelare le piccole e medie aziende subfornitrici. Cfr. la Comunicazione della Commissione Ce del 17.01.92 e la Raccomandazione 95/198/CE del 12.05.95. Prima ancora la Commissione aveva affrontato la materia nella Comunicazione del 30.08.89 “Sviluppo della fornitura nella comunità”, seguita da una
collocazione in una disciplina di settore, si estende a tutti i rapporti verticali tra imprese70.
Tale legge ha introdotto una disciplina trasversale da considerarsi a carattere generale che andrebbe a sovrapporsi alla disciplina prevista dal legislatore per il contratto di rete.
Nel caso di formazione di un’intesa, la dipendenza può manifestarsi anche nei confronti di più imprese e configurare una posizione dominante collettiva.
Considerata la sanzione della nullità comminata dal legislatore al patto attraverso il quale si realizza l’a.d.e., è necessario considerare gli effetti di tale declaratoria sul contratto di rete.
La struttura di un contratto plurilaterale con comunione di scopo prevede l’applicazione dell’art 1420 secondo cui la nullità che colpisce il vincolo di una sola delle parti non importa nullità del contratto, salvo che la partecipazione di essa debba, secondo le circostanze, considerarsi essenziale.
Si deve concludere, quindi, nel senso che la violazione del divieto dell’a.d.e. comporta la nullità del singolo rapporto tra imprese ove si è configurato l’illecito e dell’intero contratto se tale partecipazione debba considerarsi essenziale.
“Guida pratica sugli aspetti giuridici della subfornitura nelle Comunità” composta in due volumi: Il Contratto di subfornitura, Lussemburgo, 1990 e Il quadro giuridico della subfornitura nei dodici Stati membri, Lussemburgo, 1992. Tramite il contratto ivi disciplinato, una parte si impegna a effettuare, per conto di un’impresa committente, lavorazioni su prodotti semilavorati o su materie prime forniti dalla committente medesima, o si impegna a fornire all’impresa prodotti o servizi destinati ad essere incorporati o comunque utilizzati nell’ambito dell’attività economica del committente o nella produzione di un bene complesso, in conformità a progetti esecutivi, conoscenze tecniche e tecnologiche, modelli e prototipi forniti dall’impresa committente. Tale introduzione normativa si impose anche per la constatazione che, nella realtà italiana, i fenomeni di subfornitura erano molto diffusi. A partire dagli anni ’80, le grandi imprese iniziano ad affidare sempre più spesso singole fasi o interi processi produttivi e distributivi ad altre imprese, utilizzando un sistema organizzativo ispirato al massimo decentramento della produzione, al fine di favorire la flessibilità del processo produttivo, oltre che la specializzazione e la qualificazione della piccola impresa. In questa ottica, con sempre maggior frequenza si ricorre al contratto di subfornitura al fine di intrecciare relazioni negoziali fra grandi e piccole imprese.
70 La tesi è stata recepita e affermata dalla Cassazione nell’ordinanza del 25.11.2011, n. 24906, in Nuova giur. civ. comm., I, 2012, 298ss..
11. L’art 2497septies: gruppi, contratti di dominio e rete.
Il profilo dell’autonomia delle imprese in rete segna la differenza sostanziale rispetto alla struttura del gruppo, il quale presuppone un’attività di direzione e coordinamento della holding sulle società controllate e collegate. Il contratto di rete punta, al contrario, a governare l’interdipendenza, preservando l’indipendenza delle imprese aggregate71.
Anche i gruppi orizzontali, basati su accordi paritetici fra più società, sono diretti a creare una direzione unitaria delle imprese, pur senza creare vincoli di subordinazione di una società rispetto all’altra e devono essere per tali motivi distinti dalle reti.
Nelle ipotesi richiamate, la società, essendo etero-diretta, cessa di essere portatrice di un proprio interesse nei confronti dell’ente dirigente, e degrada a mera articolazione organizzativa dell’impresa di gruppo72, in antitesi di quanto avviene nella relazione tra imprese in rete le quali, come detto, conservano autonomia gestionale e indipendenza.
Si esclude, dunque, l’estensione dell’applicabilità non solo del controllo contrattuale previsto nell’art. 2359, co. 1, n. 3 ma, altresì, dell’art. 2497 septies
x.x. xxxx xxxxxxxxxx xxx xxxxxxxxx xx xxxx.
Xx xxxxxxx xx xxxxxxxxxxxxx xxx società di tipo negoziale prevedono comunque la sottoposizione dell’impresa ad un vincolo contrattuale volto ad eseguire le direttive della società cui è stato conferito il potere di direzione con il risultato che gli amministratori delle società coordinate si trasformano in esecutori delle
71 Non deve escludersi che la rete possa trasformarsi in gruppo contrattuale ex art. 2359, co.3,
c.c. qualora l’influenza di un’impresa sulle altre imprese sia da considerare dominante per gli effetti equivalenti ai poteri di gestione. Per un approfondimento del tema cfr. X. Xxxxx, Controllo contrattuale esterno, direzione unitaria, e abuso di dipendenza economica, in Contr. e Impr. 4-5/2015, pp.815-831;X. Xxxxxxxxxxxx, Autonomia e coordinamento nella disciplina dei gruppi di società, Torino, 1996; Ph. Fabbio, Abuso di dipendenza economica e attività di direzione e coordinamento di società, in Ph.Fabbio, L’abuso di dipendenza economica, Milano, 1996; X.Xxxxxxx, Diritto dei gruppi di imprese, Milano, 2010; X. Xxxxxxxxx, I gruppi di imprese fra diritto comune e diritto speciale, Milano, 1999, pp. 254-263 e 461-465; X.Xxxxxxx-X.Xxxxx, Comm. al Codice Civile Scialoja–Xxxxxx-Xxxxxxx (a cura di) X.Xx Xxxx, Libro Quinto-Del Lavoro, Direzione e coordinamento di società. Art. 2497-2497 septies, 2°ed., Bologna, 2014, pp. 359-372.
72 Sul tema X. Xxxxx, Controllo contrattuale esterno, direzione unitaria e abuso di dipendenza economica, in Contr. e impr. 4-5, 2015.
direttive della capogruppo73. Tale caratteristica essenziale non si riscontra nella disciplina del contratto di rete.
73 Cfr. art.26, co. 2, lett. a), d.lgs. 9 aprile 1991, n. 127; l’art. 23, co. 1, T.u.b.; l’art. 93, co. 1,
let. a), T.u.f.; e l’art. 72, co. 1, d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209.
CAPITOLO SECONDO
Il contratto di rete
Sommario: 1. Premesse e finalità dell’istituto. 1.2 Segue: Le finalità dell’istituto. 2. Contratto plurilaterale di rete e soggettività. 2.1. Segue: lo scopo, la causa e l’oggetto: gli obiettivi strategici e il programma comune. 2.2. Segue: il regime patrimoniale: autonomia patrimoniale e soggettività giuridica.
2.3. Segue: essere o non essere? Questo è il problema. 2.4. Segue: il fondo patrimoniale comune. Critica alla tesi della comunione del fondo. 3. Le modalità di assunzione delle decisioni dei retisti: l’assemblea. 4. La forma e la pubblicità del contratto di rete. 5. Lo scioglimento del rapporto con la rete: recesso e esclusione. 6. La durata e lo scioglimento. 7. Il fallimento. 8. Le differenze tra rete, consorzio e a.t.i..
1. Premesse e finalità dell’istituto.
La disciplina introdotta dal legislatore sul contratto di rete è stata modificata più volte nel tentativo di accogliere e risolvere le criticità sollevate dalla dottrina e dagli operatori. Il risultato è una normativa ambigua e confusa che pone numerose perplessità soprattutto in caso di lacune per individuare la disciplina applicabile.
Il compito del giurista di fronte alle incertezze poste dalle fonti è quella di elaborare una soluzione logica e coerente, fondata sui principi dedotti dal sistema, attribuendo a tali principi un carattere normativo superiore capace di risolvere le antinomie.
Al fine di offrire una interpretazione coerente e idonea a superare le incertezze, è necessario considerare la prassi contrattuale acquisita, i principi fondamentali dell’ordinamento, la ratio dell’istituto e l’intento del legislatore.
L’intenzione primaria del legislatore può sintetizzarsi nell’intento di fornire agli imprenditori un nuovo strumento per regolare i rapporti di collaborazione e di coordinamento con altre imprese, dotato di particolare flessibilità ma al tempo stesso stabile e utile ad adattarsi alle esigenze del caso concreto.
La prima proposta legislativa volta all’introduzione dell’istituto conteneva una disciplina più lineare. Il d.d.l. Bersani74 prevedeva la costituzione di un nuovo ente al quale attribuire la personalità giuridica. La citata proposta era altresì attenta a non sovrapporre la disciplina del nuovo contratto con altri istituti. Nel
d.d.l. era, infatti, dedicata una posizione indipendente al nuovo contratto prevedendo il “regime giuridico della rete, eventualmente coordinando o modificando le norme vigenti in materia di gruppi e consorzi di imprese”.
Il nuovo contratto era proiettato verso una prospettiva internazionale. Si consideravano, infatti, “le modalità per il riconoscimento internazionale delle reti di imprese e per l’utilizzo, da parte delle medesime, degli strumenti di promozione e di tutela internazionali dei prodotti italiani”.
Per analizzare le criticità presenti nella normativa, soprattutto legate al riconoscimento alla rete della soggettività giuridica, è necessario considerare preliminarmente alcuni dati emersi nella travagliata gestazione dell’istituto.
Primo fra tutti, ad incidere negativamente sulla disciplina dell’istituto, è stata la decisione del 26 gennaio 2011 della Commissione Europea75, in merito alla compatibilità della misura di sostegno finanziario previsto per le imprese partecipanti alla rete con la disciplina dell’art.107, paragrafo 1, TFUE in ordine agli aiuti di Stato.
A tal proposito, la Commissione ha evidenziato (§29) l’eventuale incompatibilità della misura agevolativa con la normativa europea qualora “il contratto tra queste società dia vita ad un’impresa distinta…E’ questo il caso che potrebbe verificarsi in particolare se le imprese interessate istituissero un fondo, con responsabilità separata, all’atto della costituzione della rete di imprese”.
74 Vedi “Misure per il cittadino consumatore e per agevolare le attività produttive e commerciali, nonché interventi in settori di rilevanza nazionale” (Atto Senato S. 1664, Atto Camera C. 2272 bis).
75 Cfr. C (2010)8939 definitivo, Bruxelles, 26.01.2011, Aiuti di Stato N 343/2010 – Italia. Sostegno a favore della costituzione di reti di imprese.
Al fine di poter concedere il sostegno finanziario ed evitare rilievi da parte della Commissione, le autorità italiane si sono affrettate a chiarire e rassicurare che “la rete di imprese non avrà personalità giuridica autonoma…e…le reti non possono essere considerate entità distinte” (§30)76.
In risposta agli interventi citati, tramite la legge n.221/2012 viene modificata la disciplina del contratto di rete prevedendo una anomalia nel panorama normativo del nostro ordinamento nell’inciso secondo cui “il contratto di rete che prevede l’organo comune e il fondo patrimoniale non è dotato di soggettività giuridica, salva la facoltà di acquisto della stessa ai sensi del comma 4-quater ultima parte”.
Il riconoscimento della soggettività giuridica è sempre avvenuto tramite l’esegesi della dottrina e della giurisprudenza, per descrivere, caso per caso, situazioni nelle quali la legge attribuisce, con specifiche disposizioni, un’autonomia patrimoniale, derogando al principio della responsabilità patrimoniale ex art. 2740.
E’ necessaria una previsione normativa per attribuire ad un nuovo soggetto la diversa qualità di persona giuridica, come per le società di capitali, per le fondazioni, per le associazioni riconosciute, ma non è dato rilevare un intervento volto al riconoscimento oppure alla esclusione della soggettività giuridica.
Nel quadro delineato, per le reti che optano per l’acquisto della soggettività giuridica si verificano conseguenze negative con riguardo al trattamento tributario. La rete-soggetto non può fruire dell’agevolazione fiscale, oggi non rinnovata, di cui all’art.42, comma 2-quater, d.l. 78/2010, dal momento che tale agevolazione, per rispettare quanto concesso dalle istituzioni comunitarie, spettava solo ai partecipanti ai contratti di rete senza soggettività giuridica77.
76 Nel quadro della politica finanziaria delle istituzioni nazionali ed europee tesa al raggiungimento degli scopi istituzionali è difficile intravedervi una attenta analisi sulla natura dell’istituto come, al contrario, ne riconoscono la qualità di formante M.Xxxxxxxxxxx, Xxxxx note in tema di soggettività giuridica delle reti di impresa, in AA.VV. Il contratto di rete. Uno strumento di sviluppo per le imprese, Xxx, Xxxxxx, 0000.
77 Cfr. la Circolare n.20/E del 18.06.20 con la quale l’Agenzia delle Entrate, a seguito degli
interventi legislativi del 2012, definisce il regime fiscale del contratto di rete nelle diverse imposte.
L’Agenzia delle Entrate distingue le “reti-contratto” dalle “reti-soggetto”.
La soluzione del legislatore a tale inconveniente è stata nel senso di lasciare ai privati la scelta dell’acquisto o meno della soggettività nella costituzione della rete, risolvendo in tal modo il problema dell’eventuale violazione della normativa comunitaria sul divieto degli aiuti di Stato78.
Per passare all’analisi del testo, la norma deve essere letta con una diversa struttura per distinguere logicamente le varie parti dell’istituto. Si individua, in tal modo, una prima parte nel comma 1 (art.3, comma 4-ter) ad eccezione dell’ultimo periodo che, anziché seguire il punto, va a formare il “comma” successivo unitamente ai numeri 1 (abrogato) e 2. Al termine del punto 2 occorre separare la parte relativa agli adempimenti pubblicitari che riguardano il “comma” successivo che inizia dal periodo “Ai fini degli adempimenti pubblicitari…” dedicato al contenuto del contratto nelle lettere da a) a f). Si distinguono, pertanto, altri tre “commi” oltre quelli del 4-ter, 4-ter.1, 4-ter.2, 4-quater, 4-quinquies dell’art.3 della legge n.33/2009.
La definizione delle ambiguità legate al riconoscimento della soggettività giuridica è centrale per colmare le lacune della disciplina e individuare il soggetto cui imputare diritti e obblighi nascenti dall’esercizio dell’attività della rete e le conseguenti responsabilità patrimoniali.
1.2 Segue: Le finalità dell’istituto.
Il favore del legislatore per le aggregazioni di imprese in rete emerge dall’attuale disciplina volta ad incentivare specifiche attività strumentali all’aumento della competività delle imprese sul mercato.
La rete-soggetto, diversamente dai contratti privi di soggettività, è fiscalmente trattata come soggetto autonomo di imposta, alla stessa stregua dei consorzi con attività esterna.
Nel modello della rete-soggetto, con organo e fondo comuni, si crea un nuovo soggetto giuridico e l’effetto della soggettivazione” è ricondotto alla volontà delle parti, attraverso la iscrizione del contratto nella sezione ordinaria del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede. Nel modello della rete-contratto, invece non si crea un nuovo soggetto giuridico, l’eventuale organo comune agendo non in forza di una rappresentanza organica, bensì di un mandato (normalmente con rappresentanza).
78 Dalle risultanze della Camera di Commercio i contratti di rete che hanno optato per la
soggettività sono meno del 5%.
Il legislatore individua espressamente alcuni dei possibili settori strategici dove la rete potrebbe avere interesse ad agire, settori strumentali al successo degli obiettivi posti dall’aggregazione. La norma, infatti, attribuisce espressamente all’organo comune il potere di rappresentanza “nelle procedure di programmazione negoziata con le pubbliche amministrazioni, nelle procedure inerenti ad interventi di garanzia per l’accesso al credito e in quelle inerenti allo sviluppo del sistema imprenditoriale nei processi di internazionalizzazione e di innovazione previsti dall’ordinamento, nonché all’utilizzazione di strumenti di promozione e tutela dei prodotti e marchi di qualità o di cui sia adeguatamente garantita la genuinità della provenienza” (art. 3, comma 4-ter, lett.e).
Collegato a tali previsioni è, altresì, il richiamo contenuto nel comma 4- quinquies alla disciplina sui distretti produttivi di cui all’art. 1, comma 368, lettere b), c) e d), della legge 23 dicembre 2005, n. 266, volto a semplificare e favorire i rapporti tra le reti e la pubblica amministrazione.
Le procedure negoziate con le pubbliche amministrazioni, tra le quali, la partecipazione delle reti alle procedure di affidamento dei contratti pubblici e i rapporti con gli enti creditizi per l’accesso al credito, sono attività fortemente condizionate dalla struttura del vincolo reticolare.
A) La partecipazione alle procedure di affidamento dei contratti pubblici.
Nello Statuto delle Imprese è previsto che la pubblica amministrazione e le autorità competenti provvedano ad agevolare le modalità di accesso alle gare di appalti pubblici per le micro, piccole e medie imprese, con preferenza per le aggregazione in rete, per le peculiarità connesse alla caratteristiche di snellezza e flessibilità, in grado di garantire una collaborazione stabile e duratura, senza tuttavia compromettere l’autonomia e l’indipendenza delle imprese partecipanti (art.13, comma 2°, lett.b).
In tale direzione, il Nuovo Codice Appalti79 ammette ora espressamente a partecipare alle procedure di affidamento dei contratti pubblici “le aggregazioni tra le imprese aderenti al contratto di rete” (art.45, lett. f) 80.
Anche il successivo art. 48, comma 14 del citato codice è stato modificato con la previsione espressa dell’estensione alle reti di imprese della disciplina prevista per i raggruppamenti temporanei di imprese e per i consorzi. L’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici sottolinea che, al fine di consentire alle imprese in rete una proficua partecipazione alle gare di appalti pubblici, il programma comune della rete deve prevedere espressamente la possibilità di partecipare congiuntamente alle gare e la rete deve avere una durata minima commisurata ai tempi di realizzazione dell’appalto.
Occorre anticipare alcune conclusioni. Secondo la ricostruzione dell’autore, gli imprenditori possono scegliere tra un modello di cooperazione tra imprese con esclusiva attività interna e un diverso modello con attività esterna, che interagisce con i terzi, il quale opera come soggetto distinto, indipendentemente dall’adempimento degli oneri pubblicitari previsti.
In linea con tale ricostruzione è la determinazione dell’Autorità di vigilanza richiamata, che applica la medesima disciplina, per le modalità di partecipazione alle gare e tutte le reti dotate di un organo comune dotato del potere di rappresentanza verso i terzi, indipendentemente dalla opzione prevista dal legislatore volta al riconoscimento della soggettività.
Non è ipotizzabile il coinvolgimento nelle procedure di gara di una rete con esclusiva attività interna che non preveda attività con i terzi e di conseguenza non dotata di organo comune e fondo comune.
Nell’ipotesi, contemplata dall’Autorità di vigilanza (Avcp), in cui l’organo comune risulti sprovvisto dei poteri di rappresentanza o non sia prevista
79 Cfr. D.Lgs.18 aprile 2016, n. 50, “Attuazione delle direttive 2014/23/UE e 2014/25/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture”.
80 Il testo è stato modificato in seguito dell’intervento dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici (Avcp) Cfr. la Segnalazione dell’AVCP del 23.4.2013, n. 3 tramite la quale l’Autorità richiede espressamente al Governo una modifica del Codice degli appalti per precisare le modalità di partecipazione delle reti di imprese alle procedure ad evidenza pubblica.
l’istituzione di tale organo, ciononostante sarebbe possibile per la rete partecipare alla gara affidando un particolare mandato collettivo con rappresentanza ad una delle imprese in rete, per la stipula del relativo contratto. In tal caso, l’aggregazione delle imprese retiste partecipa nella forma di una vera e propria ATI. La conformazione della aggregazione tra le imprese dovrà essere riqualificata proprio in tal senso e, di conseguenza, si applicherà la disciplina prevista dall’art.48 per le ATI. Secondo il disposto dell’art. 48, comma 5, “l’offerta degli operatori economici raggruppati…determina la loro responsabilità solidale nei confronti della stazione appaltante, nonché nei confronti del subappaltatore e dei fornitori. Per gli assuntori di lavori scorporabili e, nel caso di servizi e forniture, per gli assuntori di prestazioni secondarie, la responsabilità è limitata all’esecuzione delle prestazioni di rispettiva competenza, ferma restando la responsabilità solidale del mandatario”.
La disciplina del Codice Appalti richiede una corrispondenza sostanziale tra le quote di qualificazione del lavoro da svolgere, le quote di partecipazione delle imprese nella rete e le quote assegnate a ciascuna impresa per l’esecuzione dei lavori. Ne consegue che, al fine di permettere alla stazione appaltante di verificare il possesso dei requisiti di qualificazione, devono essere specificate nell’offerta, a pena di esclusione, le rispettive quote di partecipazione nella rete, le quali devono corrispondere alle quote di qualificazione e di esecuzione dei lavori.
B) L’accesso al credito.
Un aspetto che merita particolare attenzione riguarda i rapporti tra la rete e il sistema creditizio nella prospettiva, per la rete, della possibilità di accedere ai finanziamenti e, per l’ente creditizio, della determinazione di un sistema di rating che le permetta di valutare la qualità dell’investimento. Considerato indubbio che le imprese aderenti possano singolarmente accedere ad una linea di finanziamento per investimenti relativi al contratto di rete stesso, occorre ora riflettere, in particolare, sulla finanziabilità della rete come nuovo soggetto
distinto dalle imprese aderenti e della sua idoneità ad essere oggetto di valutazione da parte del sistema creditizio.
Il rating, come noto, rappresenta una valutazione, effettuata sulla base delle informazioni accessibili, espressa mediante una classificazione, della capacità di un soggetto di onorare le obbligazioni contrattuali81. Attraverso il rating la banca attribuisce al debitore il grado di merito creditizio sulla base di una stima delle componenti di rischio82.
Al fine di poter valutare il merito di credito si riconosce rilevanza a dati quali il settore di appartenenza, il posizionamento competitivo dell’impresa nel mercato, le sue prospettive di crescita, le strategie aziendali e la qualità del management. Pur rappresentando, in genere, l’aggregazione un valore aggiunto, l’attribuzione di un valore specifico alla rete dipende dalle specifiche caratteristiche del contratto stipulato che necessita di una concreta valutazione del suo contenuto.
E’ necessario, pertanto, definire in modo dettagliato il programma di rete al fine di metterne in evidenza le caratteristiche valutabili per la determinazione del rating e, di conseguenza, delle possibilità di accesso al credito.
Assume, quindi, particolare rilevanza il ruolo dell’autonomia privata nel definire il programma di rete contenuto nel contratto, indicando gli obiettivi strategici di innovazione e di innalzamento della capacità competitiva dei partecipanti e le modalità di misurazione dell’avanzamento verso tali obiettivi. Diventa di primaria importanza, per le banche, la valutazione del programma di rete volto alla realizzazione dello scopo comune, contenente l’enunciazione analitica dei diritti e degli obblighi assunti da ciascun partecipante. Connesso al programma è la valutazione degli obiettivi strategici concretamente perseguibili dalle imprese, oltre che i criteri di misurazione dell’avanzamento
81 Cfr. par.3.1, sez.I, parte II, cap.1, Titolo II, Nuove disposizioni di vigilanza prudenziali per le banche. Circolare della Banca d’Italia n. 263 del 27 dicembre 2006.
82 Le componenti che esprimono il rischio connesso con un’esposizione sono quattro: probabilità default (PD), che attiene al debitore; tasso di perdita in caso di default (LGD), esposizione al momento del default (EAD) e scadenza effettiva (M), che attengono alla singola operazione. Cfr. par.3.1, sez. I, parte II, cap. 1, Titolo II, Circolare Banca d’Italia n. 263/2006. Nel calcolo del rischio di credito, in base ai criteri contemplati dall’Accordo di Basilea 2, l’analisi prevede l’adozione del metodo IRB (internal Ratings-Based), il quale consente alle banche, subordinatamente all’esplicita approvazione dell’autorità di vigilanza, l’impiego di propri sistemi interni di rating.
verso il raggiungimento degli obiettivi stessi. Questi elementi, unitariamente considerati, dovrebbero offrire una visione complessiva del contratto che si deve rivelare adeguato, per la struttura prescelta, la durata convenuta e i mezzi conferiti, al raggiungimento degli obiettivi prefissati dalle parti.
La previsione del deposito, entro due mesi dalla chiusura dell’esercizio annuale, della situazione patrimoniale della rete, da redigere secondo le disposizioni relative al bilancio di esercizio delle società per azioni, aiuta una migliore valutazione della qualità dell’aggregazione. È da considerare opportuno che, qualora la rete non dovesse assumere i connotati di struttura da cui deriva l’obbligo del deposito della situazione patrimoniale, il contratto preveda comunque specifiche modalità di rendicontazione dell’attività svolta, al fine di misurare il valore generato dalla rete.
L’ente creditizio, per concedere il finanziamento del progetto, dovrà considerare se potrà rivalersi oltre che sul fondo comune, anche sul patrimonio dei singoli partecipanti. E’ importante delineare, pertanto, la disciplina applicabile qualora la rete non abbia adottato le formalità necessarie previste dal legislatore per l’acquisto della soggettività e del connesso regime di autonomia patrimoniale perfetta, oltre le conseguenze per l’ipotesi di fallimento della rete.
C) Le procedure di programmazione negoziata con le pubbliche amministrazioni. Il rinvio alla normativa dei distretti.
Il rinvio contenuto nel comma 4-quinques alla legge n. 266/05 in materia di distretti produttivi prevede l’applicazione di varie disposizioni rilevanti in materia di partecipazione a procedimenti amministrativi da parte delle reti.
La finalizzazione della rete all’aumento della competività delle imprese sul mercato si collega alla possibilità di utilizzare la rete nel mercato delle commesse pubbliche e, quindi, di partecipare alle procedure di aggiudicazione di appalti di lavori, di forniture e di servizi.
Nel punto b), n.1 della normativa richiamata è prevista espressamente la possibilità per “le imprese aderenti alla rete di intrattenere rapporti con le
pubbliche amministrazioni e con gli enti pubblici anche economici, ovvero dare avvio presso gli stessi a procedimenti amministrativi per il tramite della rete di cui esse fanno parte”. E ancora, al fine di una proficua relazione tra rete e p.a. “la rete può accedere, sulla base di apposita convenzione, alle banche dati formate e detenute dalle pubbliche amministrazioni e dagli enti pubblici”. La seconda parte della normativa richiamata tende a favorire il finanziamento delle reti. In questa direzione è prevista l’emanazione di un regolamento da parte del Mef, di concerto con il Ministero delle attività produttive e la Consob, al fine di individuare le semplificazioni applicabili alle operazioni di cartolarizzazione aventi ad oggetto crediti concessi da una pluralità di banche o intermediari finanziari, alle imprese facenti parte della rete e ceduti ad un’unica società cessionaria. Si prevede la possibilità, a fronte delle garanzie e condizioni da individuarsi nel regolamento citato, che il ricavato dell’emissione dei titoli possa essere destinato al finanziamento delle iniziative delle reti e delle singole imprese in rete beneficiarie dei crediti oggetto di cessione83.
Al fine di favorire l’accesso al credito e il finanziamento delle reti e delle imprese che ne fanno parte, con particolare riferimento ai progetti di sviluppo e innovazione, una terza parte della normativa richiamata prevede che il Mef adotti misure occorrenti per: “assicurare il riconoscimento della garanzia prestata dai confidi quale strumento di attenuazione del rischio di credito ai fini del calcolo dei requisiti patrimoniali degli enti creditizi, in vista del recepimento del Nuovo accordo di Basilea;…agevolare la costituzione di idonee garanzie esterne di valutazione del merito di credito delle reti e delle imprese aderenti, ai fini del calcolo dei requisiti patrimoniali delle banche nell’ambito del metodo standardizzato di calcolo dei requisiti patrimoniali
83 “Al fine di facilitare l’accesso ai contributi erogati a qualunque titolo sulla base di leggi regionali, nazionali o di disposizioni comunitarie, le imprese aderenti alla rete possono presentare le relative istanze ed avviare i relativi procedimenti amministrativi, anche mediante un unico procedimento collettivo, per il tramite della rete medesima”. “le reti possono altresì provvedere a stipulare apposite convenzioni, anche di tipo collettivo con istituti di credito ed intermediari finanziari…volte alla prestazione di una garanzia per l’ammontare della quota dei contributi soggetti a rimborso” (art.1, comma 368, lettera b) n.2. della legge 23.12.2005, n. 266).
degli enti creditizi, in vista del recepimento del Nuovo accordo di Basilea” (art.1, comma 368, lett c).
D) Lo sviluppo del sistema imprenditoriale nei processi di internazionalizzazione. La rete come volano del “Made in Italy”.
Le reti di impresa possono essere uno strumento utile per consentire ad aziende, anche di minore dimensione, di puntare sui mercati esteri superando le inefficienze legate alla dimensione.
Un approccio ai mercati internazionali richiede una elaborata strategia aziendale, competenze mirate e risorse che spesso sono appannaggio solo delle grandi imprese le quali adottano una strategia di investimenti a medio-lungo termine senza la preoccupazione di un ricavo immediato.
La prassi ha registrato una notevole propensione delle reti all’internalizzazione come strategia per difendere la qualità e la competività dei prodotti nazionali e creare ricchezza in Italia.
La fama e il prestigio delle produzioni nazionali, riconosciute a livello mondiale, gioca un ruolo importante nella concorrenza internazionale.
La flessibilità offerta dal contratto di rete consente ai piccoli imprenditori di mantenere il proprio mercato, senza perdere i propri clienti e permette, allo stesso tempo di organizzare e gestire, in accordo con gli altri imprenditori aderenti, l’attuazione di un programma ulteriore per il raggiungimento di obiettivi irrealizzabili dalla singola impresa.
E’ importante un’analisi del mercato straniero ove le imprese italiane vogliono operare e dei settori merceologici di interesse specifico. In questa prospettiva non può non passare inosservata una forte domanda da parte dei Paesi del Golfo dove le prospettive di uno sbocco dei prodotti italiani non sono misurabili.
In questa direzione si pongono anche le esigenze di tutela del marchio “Made in Italy” per la quale è prevista l’applicazione della disciplina contenuta nella legge 25 settembre 2009, n. 135 con le sanzioni ivi considerate in caso di
violazioni per l’introduzione nel mercato di prodotti che pur riportando la dicitura “Made in Italy” non sono realizzati interamente nel nostro paese.
La tutela del marchio “Made in Italy” è una risorsa fondamentale per il recupero dell’economia in stagnazione. Già nel citato Statuto delle Imprese, al capo III, art. 16, si mette in rilievo l’importanza del “Made in Italy”, come strumento di competività delle piccole e medie imprese, ribadendo la necessità di creare le condizioni più favorevoli alla sua promozione.
2. Contratto plurilaterale di rete e soggettività.
La natura del contratto di rete risulta alquanto controversa e le tesi interpretative si sono dovute aggiornare con le modifiche della disciplina che si sono susseguite, spesso però confermando le originarie argomentazioni.
Una prima lettura identifica la rete come un “particolare tipo di consorzio”84. Tale corrente di pensiero sostiene una sostanziale coincidenza fra il contratto di rete e il consorzio, caratterizzato dall’esercizio in comune di fasi delle imprese partecipanti.
Tale suggestione è rafforzata dal richiamo del legislatore alla disciplina della responsabilità verso i terzi del consorzio con attività esterna, qualora venga istituito il fondo e l’organo comune per la realizzazione dello scopo comune.
Un diverso orientamento non riconosce alla disciplina lo status di nuovo tipo contrattuale ma bensì “lo schema di un contratto transtipico destinato ad essere impiegato con funzioni diverse, singole o combinate” secondo la natura delle prestazioni dedotte nell’oggetto del contratto. Seguendo tale ricostruzione il contratto di rete “potrebbe essere impiegato per dar veste ad operazioni economiche riconducibili a una pluralità di figure tipiche o atipiche (meglio social-tipiche) già previste dall’ordinamento o conosciute nella prassi:
84 X.Xxxxxx, Dal consorzio al contratto di rete, in Le reti di imprese e i contratti di rete, a cura di P.Iamiceli, Torino, 2009, 170; Id., Dal consorzio al contratto di rete: spunti di riflessione, in Riv. Dir. Comm., 2010, 795ss.
dall’a.t.i. al consorzio (nella duplice forma del consorzio con attività interna o esterna), dalla joint venture alle reti di produzione o di distribuzione” 85.
Secondo un terzo orientamento, in contrasto con le tesi interpretative sopra descritte, “la rete non crea un nuovo gruppo, non costituisce un ente autonomo, ma piuttosto una forma di rapporto associativo, intermedia tra il mero contratto di collaborazione e l’organizzazione societaria. In tale senso si individuerebbe un contratto plurilaterale a sola rilevanza interna”86.
Un’ulteriore lettura non considera il contratto di rete un nuovo tipo contrattuale ma attribuisce ad esso rilievo esclusivamente pubblicistico, cioè a dire funzionale alla sola fissazione delle condizioni per la fruizione degli incentivi fiscali, amministrativi e finanziari87.
Non si può, però, negare valore giuridico ad una disciplina che persiste nonostante la cessazione degli incentivi.
Una ulteriore posizione, la cui critica sarà approfondita in seguito, non riconosce al contratto di rete la possibilità di costituire un nuovo soggetto giuridico, fondando tale assunto sulla natura del patrimonio comune, patrimonio separato e non autonomo, ancora di titolarità delle parti conferenti in regime di comunione tra loro88.
Infine, una ulteriore e preferibile corrente in dottrina individua nel contratto di rete un nuovo tipo contrattuale e riconosce fin dalle prime stesure della disciplina la possibilità per i contraenti di costituire un nuovo soggetto giuridico distinto dagli aderenti89.
85 Cfr. P.Xxxxxxxx, Dalle reti di imprese al contratto di rete: un percorso (in)compiuto, in Le reti di imprese (cit.), p.27
86 E.Briganti, La nuova legge sui “contratti di rete” tra imprese: osservazioni e spunti, in
Notariato, 2010, 195.
87 Altresì da respingere la ricostruzione secondo la quale il contratto previsto costituisca un semplice contenitore di contratti sottostanti scelti dalle parti e costituisca il solo fine di ottenere le agevolazioni fiscali (Maltoni-Spada).
88 Xxxxxx Xxxxxx, Il regime patrimoniale della rete, in Il contratto di rete (a cura di) X.Xxxxxxxx, X.Xxxxxx, X.Xxxxxxx, Xxx, Xxxxxx, 0000, p.25-46; Cfr.M.Xxxxxx, Il regime patrimoniale della rete, in Il contratto di rete. Un nuovo strumento di sviluppo per le imprese, (cit.) pp.25- 46; M.Xxxxxx, Il modello normativo del contratto di rete. Nuovi spunti di riflessione del rapporto tra soggettività giuridica e autonomia patrimoniale, in Il contratto di rete per la crescita delle imprese, a cura di X.Xxxxxxx, P.Iamiceli, G.D.Xxxxx, Milano, 2012, pp. 41-64. 89 X.Xxxxxxxxxx, Note sulla disciplina dei “contratti di rete”, in Vita Notarile, 2, 2010, pp. 1038; G.Villa, Reti di impresa e contratto plurilaterale, in Giur.Comm., I, 2010, p. 947, ; X.Xxxxx, Frammenti ricostruttivi sul contratto di rete, in Giur. Comm., I, 2010, p. 862 per il quale il contratto di rete “è un contratto tipico rientrante nella categoria dei contratti
Il rapido excursus dei vari orientamenti è sintomo della ambiguità della disciplina attuale. Per offrire una ricostruzione coerente del nuovo istituto è necessario, quindi, procedere per gradi.
La necessaria partecipazione al contratto di più imprenditori, l’indicazione di uno scopo da parte del legislatore, la funzione collaborativa tra le parti e l’espresso richiamo da parte del legislatore in tema di scioglimento del rapporto reticolare, propendono per affermare che la rete è un contratto plurilaterale con comunione di scopo.
Con l’espressione contratto plurilaterale90 si individua una categoria giuridica di contratti, contrapposta a quella dei contratti di scambio e caratterizzata dall’interesse comune delle parti volto al raggiungimento di uno scopo comune.
Lo scopo assume importanza strutturale e funzionale del contratto perché unisce le parti le quali, attraverso la loro collaborazione e la predisposizione di un’organizzazione, tendono al raggiungimento degli obiettivi comuni.
Come noto, ciò che caratterizza tale figura ed emerge dalla sua disciplina è l’indifferenza del contratto alla venuta meno di una partecipazione, salvo che essa debba considerarsi essenziale al raggiungimento dello scopo. Tale caratteristica è impossibile nei contratti di scambio nei quali le prestazioni sono in necessaria correlazione l’una con l’altra. Nel contratto plurilaterale
plurilaterali con scopo comune”. X.Xxxxxxxxx, Il “contratto di rete” fra (comunione di) impresa e società (consortile), in Riv.Dir.Civ.,2011, pp. 323-359; A.Xxxxxx Xxxxxxxxxxxx, Profili civilistici del contratto di rete, in Riv.Dir. Priv., 3, 2012, pp. 353-407. Centra la discussione senza però darne una sua lettura C.Ibba, Contratto di rete e pubblicità delle imprese (con qualche divagazione in tema di soggettività), in Orizzonti del diritto commerciale, Riv, telematica, 2014.
90 Per una panoramica sul tema del contratto plurilaterale si suggerisce: Xxxxxxxx Xxxxx, Contratto Plurilaterale <voce>, in Noviss. Dig.Italiano, IV, Torino, 3°ed., 1957; Xxxxxxxxx Xxxxxxxx, Contratto plurilaterale e contratto associativo in Enc. Dir.,X, 1962, pp.139-165; Xxxxx Xxxxxxxx, Riflessioni sul contratto preliminare, in Riv. Trim. Dir. e Proc. Civ., 1973, pp. 476-529; Xxxxxx Xxxxxxx, Contratto plurilaterale, in Enc. Giur., IX, Roma, 1988; Xxxxxx Xxxxxxxxx, La categoria contrattuale di cui agli artt. 1420, 1446, 1459, 1466 c.c., in Riv. Trim. Dir. e Proc. Civ., 1971, pp. 660-695; Xxxxxx Xxxxxxxxx, Contratto plurilaterale e negozio plurilaterale, in Foro della Lombardia, 1932, pp.440-443, con Postilla di X.Xxxxxxxx; ID., Il negozio giuridico plurilaterale (Annuario dell’Università Cattolica di Milano, 1926-27, pp.
53 e ss); nell’ottica che ricostruisce la figura come contratti bilaterali collegati funzionalmente, vedi Carnelutti, Occhio ai concetti, in Riv. Dir. Comm., 1950, I, 450. X.Xxxxx-Xxxxx, I contratti associativi, Milano, 1971.
l’interesse individuale di ogni singolo contraente c’è ma resta sullo sfondo rispetto all’interesse comune.
L’interesse individuale che singolarmente le parti perseguono (scopo di lucro, scopo egoistico, scopo mutualistico) si evidenzia anche nella possibile diversità di oggetto delle prestazioni alle quali ciascuna parte può obbligarsi, senza che ciò modifichi il tipo contrattuale (in contrapposizione alla tipicità delle prestazioni dei contratti di scambio).
Per tale caratteristica occorre prendere le distanze da coloro i quali non attribuiscono rilevanza al contratto per sé considerato mettendo in risalto la natura delle prestazioni dedotte nell’oggetto del contratto. Le prestazioni alle quali sono obbligate le singole imprese sono volte al raggiungimento di uno scopo comune che assurge a causa concreta del negozio, da tutelarsi in via prevalente rispetto agli interessi particolari delle singole imprese. Le singole imprese, se previsto, potrebbero in astratto uscire liberamente dalla rete qualora la loro partecipazione non sia determinante al raggiungimento dello scopo.
Sul presupposto che l’interesse al raggiungimento dello scopo comune impone la collaborazione delle imprese retiste, non può non evidenziarsi il carattere associativo del contratto plurilaterale di rete.
L’eventuale presenza nell’oggetto del contratto di prestazioni in rapporto sinallagmatico tra i contraenti è sempre considerata per il raggiungimento di uno scopo ulteriore e comune e l’interesse dei singoli retisti ad eseguire la prestazione non è visto in contrapposizione all’interesse degli altri alla controprestazione, bensì con riferimento all’interesse comune al raggiungimento dello scopo.
***
Corollario di quanto appena affermato è il carattere naturalmente aperto del contratto e cioè la possibilità di entrata di nuove parti e di uscita volontaria (recesso) o forzosa (esclusione) dei partecipanti stessi.
L’adesione successiva al contratto di rete già concluso segue il disposto dell’art 1332 cc. L’ingresso di un nuovo soggetto non comporterà alcuna alterazione dei tratto originari dell’accordo, salvo che il contratto preveda
specifiche requisiti per l’adesione ovvero la chiusura verso l’ingresso di altre parti (comma 4-ter, lett.d).
Tali clausole di adesione sono tipiche dei contratti plurilaterali con comunione di scopo.
I soggetti ammessi a concludere il contratto di rete sono tutti gli imprenditori, siano essi individuali o collettivi che posseggano il requisito sostanziale della qualità di imprenditore e quello formale dell’avvenuta iscrizione al registro delle imprese al fine di permettere i successivi adempimenti pubblicitari.
Ne sono esclusi non solo i professionisti ma anche gli enti pubblici. Questi ultimi potranno intrattenere relazioni con la rete attraverso la stipula di convenzioni autonome e distinte rispetto al contratto di rete.
L’inadempimento di uno dei partecipanti non comporta la risoluzione dell’intero contratto, salvo che la partecipazione mancata debba secondo le circostanze, considerarsi essenziale (art. 1459 c.c.).
2.1. Segue: lo scopo, la causa e l’oggetto: gli obiettivi strategici e il programma comune.
Un profilo innovativo della nuova disciplina si individua negli interessi che la figura è destinata a realizzare. E’ necessario dunque definire il profilo causale del contratto.
Con riguardo alla funzione del contratto e, quindi, alla causa del negozio, la dottrina più risalente91 ha evidenziato come, in termini generali, la stessa sia identificabile in quell’elemento che, pur essendo dotato di propria autonomia e peculiarità, consente di analizzare i singoli requisiti del contratto, ma ancor più la sua unitarietà, fungendo essa da anello congiungente tra i c.d. elementi oggettivi e quelli soggettivi.
Da tale posizione è, per tradizione, derivata la ricostruzione della causa quale
funzione economico-sociale del contratto, nonché sintesi dei suoi elementi
91 E.Xxxxx, Teoria generale del negozio giuridico, Milano, 1951; E.Betti, Causa del negozio giuridico, in Noviss. Dig. It., Torino, 1957, III, 32.
essenziali. Per funzione economico sociale si intendeva che un fatto, per assumere giuridica rilevanza doveva essere già rilevante sotto il profilo sociale ed economico. Sintesi degli elementi essenziali, invece, perché la causa consentiva di analizzare il negozio nella sua unitarietà.
Ne conseguiva che gli elementi necessari per l’esistenza del negozio fossero nello stesso tempo considerati elementi indispensabili della sua funzione tipica o della sua propria causa.
La teoria della funzione economico-sociale appare, però, superata e la dottrina più moderna92 definisce la causa in termini di funzione economico-individuale e, ancor più, di causa concreta93.
Lo “scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competività nel mercato” espresso dalla norma in esame, assume un connotato generico incapace di assurgere ad elemento caratterizzante del contratto e, pertanto, non può considerarsi elemento costitutivo della causa del contratto dovendo necessariamente essere relegato tra i motivi i quali, in quanto tali, non rilevano rispetto alla struttura ed alla funzione del negozio.
Ciò che sembra caratterizzare la funzione o causa del contratto di rete è il risultato che che i partecipanti si prefiggono, più che l’oggetto delle prestazioni che le imprese si impegnano ad eseguire al fine del raggiungimento del risultato finale medesimo.
La causa del contratto di rete, osservando la sua funzione sia in una prospettiva economico e sociale generale e collettiva rilevata dall’analisi della prassi contrattuale, sia con riguardo alla causa intesa come funzione economia relativa al singolo e, perciò, rappresentativa degli interessi individuali delle parti, consiste nella collaborazione e nel coordinamento tra le imprese che vi partecipano, al fine di conseguire un comune interesse94.
92 X.X. Xxxxx, Causa e tipo nella teoria del negozio giuridico, Milano, 1966; X.X.Xxxxx, Tradizione e novità nella disciplina della causa del negozio giuridico (dal cod.civ. 1865 al cod. civ. 1942) in Riv. Dir. Comm., 1986, I, 127.
93 C.M. Xxxxxx, Diritto Civile, Il contratto, Milano, 2000, III, 364.
94 in questa direzione conviene anche X. Xxxxxxx, Il contratto di rete, Bologna, 2009, 29.
Tale definizione appare coerente con la struttura del contratto plurilaterale con comunione di scopo che si è attribuita alla rete, in cui la causa assolve alla funzione di realizzare l’interesse collettivo delle parti.
Richiamando quanto approfondito nel primo capitolo le imprese attraverso la rete possono:
a) Collaborare in forme e ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle proprie imprese;
b) Scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica;
c) Esercitare in comune una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa.
Non si hanno, pertanto, più tipologie di rete secondo l’oggetto della prestazione dedotta nel programma di rete come diversamente da altri affermato ma le prestazioni, qualunque sia la loro natura, sono rivolte al raggiungimento degli obiettivi strategici.
La definizione del programma di rete, contenente l’enunciazione dei diritti e degli obblighi assunti da ciascun partecipante deve tendere alla realizzazione dello scopo comune, riportandone anche le modalità di realizzazione.
Lo scopo comune del contratto di rete deve essere posto in stretta connessione con “l’indicazione degli obiettivi strategici di innovazione e di innalzamento della capacità competitiva dei partecipanti” previsti come contenuto essenziale del contratto di rete (art. 3, comma 4-ter, lett. b).
Lo scopo comune o obiettivo strategico non deve essere confuso, però, con l’oggetto del contratto determinato nel programma comune di rete contenente l’enunciazione dei diritti e degli obblighi assunti da ciascun partecipante che è da considerarsi come l’oggetto del contratto.
Non deve trarre in inganno la formulazione astratta del legislatore con riguardo allo scopo “istituzionale” del contratto volto ad “accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competività sul mercato”. La genericità delle formule “capacità innovativa” e “competività sul mercato” perde di vaghezza nel momento che in concreto vengono determinati gli obiettivi strategici del contratto di rete, essendo tali
obiettivi misurabili, esattamente come un mutuo erogabile in tranches a stato di avanzamento dei lavori.
L’individuazione degli obiettivi strategici non può avere carattere di genericità essendo necessaria una loro concreta determinazione al fine di poter misurare il progressivo avanzamento verso gli obiettivi stessi. Il legislatore impone, infatti, alle parti di indicare nel contratto, altresì, le modalità e i criteri “per misurare l’avanzamento verso tali obiettivi” (lett. b).
Ne deriva che gli obiettivi strategici devono essere delineati e potenzialmente idonei al miglioramento della capacità innovativa e della competività sul mercato.
La causa assume, in tal modo, la sua funzione tipica di controllo sull’effettiva utilità economica dell’operazione negoziale realizzata con il contratto di rete che possa giustificare eventuali trasferimenti patrimoniali. In tale prospettiva si pone la questione del modo in cui la capacità innovativa e la competività sul mercato devono essere valutate, e delle eventuali conseguenze di un giudizio negativo che valuti il programma di rete in considerazione degli obiettivi strategici come inidonei al loro perseguimento.
Considerato che la mancanza dei requisiti indicati dalla norma è idonea a sanzionare l’invalidità del contratto di rete, è opportuno spostare l’attenzione sul soggetto deputato a svolgere il controllo in sede di stipula, con i connessi profili di responsabilità in capo al notaio rogante il quale, però, deve astenersi dal giudicare nel merito lo scopo perseguito dalle parti.
A tale riguardo, occorre sottolineare l’impossibilità di una verifica ex ante, circa la presenza nell’accordo dei requisiti essenziali di “innovazione di innalzamento della capacità competitiva “ sul mercato, con riguardo agli obiettivi strategici, in quanto, al momento della stipula del contratto, tali elementi non possono essere osservati come dati statici e attuali, bensì sono elementi dinamici che si pongono come progetto di attività destinata a proiettarsi nel tempo e valutabili solo ex post.
Si pone allora il problema di come considerare l’eventuale mancato raggiungimento degli obiettivi nei termini previsti, circostanza che potrebbe rientrare nella caratteristica del rischio d’impresa, quale inadempimento
oppure quale mancanza di causa. Sarebbe più ragionevole valutare gli obiettivi come ipoteticamente realizzabili sicchè il giudizio sulla causa del contratto di rete si dovrà risolvere nel senso di una verifica di un livello minimo di razionalità dell’affare. Solo un contratto di rete che prevede un programma manifestamente irrealizzabile o indeterminato può essere sanzionato di invalidità per mancanza di causa.
Emerge, in tal modo, una figura contrattuale caratterizzata per struttura e funzioni da due distinte prospettive funzionali:
A) Le singole prestazioni dei partecipanti che possono assumere la più svariata natura considerata l’ampiezza dell’oggetto previsto dal legislatore;
B) La collaborazione tra i retisti diretta al raggiungimento “degli obiettivi strategici di innovazione e di innalzamento della capacità competitiva dei partecipanti” il cui avanzamento deve essere misurato secondo le modalità concordate (art. 3, comma 4-ter, terzo capoverso, lett.b).
Nel quadro delineato potrebbe, quindi, distinguersi fra lo scopo-fine imposto dal legislatore nel raggiungimento degli obiettivi strategici e lo scopo-mezzo, definito dall’autonomia contrattuale nelle prestazioni dei singoli partecipanti, quest’ultimo in posizione di subalternità rispetto al primo. Il dialogo tra questi due profili di interesse realizza il contratto di rete che è volto al raggiungimento degli scopi suddetti sia individuali che collettivi.
2.2 Segue: il regime patrimoniale: autonomia patrimoniale e soggettività giuridica.
Il legislatore attribuisce ai contraenti la facoltà discrezionale di poter acquisire la soggettività giuridica tramite l’adempimento dell’onere pubblicitario indicato.
L’autore sostiene, in merito, l’assoluta incongruenza di un diverso trattamento del medesimo contratto con i medesimi elementi strutturali al quale può essergli negata o riconosciuta la soggettività giuridica secondo la scriminante dell’avvenuta pubblicità presso il registro delle imprese.
La flessibilità dell’istituto, voluta dal legislatore, richiede comunque una necessaria distinzione tra le forme di rete interne, con rapporti esclusivamente interni tra i soli partecipanti e le reti esterne, la cui attività è rivolta verso i terzi.
Nelle pagine che seguono verranno analizzate le possibili configurazioni della rete che non ricadono nelle due opposte figure, la cui disciplina è chiara e non fa sorgere dubbi interpretativi, cioè a dire della rete con efficacia meramente interna e della rete dotata di soggettività regolarmente iscritta al registro delle imprese, che segue la nuova disciplina legislativa.
2.3 Segue: essere o non essere? Questo è il problema.
Secondo il legislatore “il contratto di rete che prevede l’organo comune e il fondo patrimoniale non è dotato di soggettività giuridica, salva la facoltà di acquisto della stessa ai sensi del comma 4-quater ultima parte”(art.3, comma 4-ter, primo capoverso, ultimo periodo).
E’ necessario, in via preliminare, distinguere tra i concetti di personalità e di soggettività giuridica al fine di affrontare l’argomento.
Secondo l’impostazione attuale solo l’ordinamento giuridico può attribuire la personalità giuridica con una espressa previsione legislativa, in tal modo creando un autonomo soggetto di diritto sia per l’aspetto patrimoniale, sia per il profilo della responsabilità nei rapporti verso i terzi.
La persona giuridica rappresenta un’entità assolutamente autonoma, distinta dai membri che ne fanno parte in modo che questi si relazionano verso l’ente come terzi.
L’ente dotato di personalità giuridica si distingue dall’ente collettivo. La sua volontà non si identifica nella proiezione della volontà dei membri singolarmente considerati che la compongono perché vi è una completa distinzione tra i membri e l’azione dell’ente.
La soggettività giuridica, al contrario, è una nozione elaborata dalla dottrina e dalla giurisprudenza per descrivere, caso per caso, situazioni nelle quali la
legge consente espressamente all’autonomia contrattuale di derogare espressamente all’art. 2740 permettendo la costituzione di patrimoni separati. Diversamente dalle società di capitali in cui la persona giuridica, essendo prevista ed espressamente disciplinata, ha un valore prescrittivo delle conseguenze derivanti dal riconoscimento, la soggettività ha un valore descrittivo, spettando all’interprete, volta per volta, stabilire se nel caso concreto sia configurabile un soggetto distinto. Tra i caratteri distintivi della soggettività giuridica vi è, in particolare, l’autonomia patrimoniale.
La tesi che riconosce una soggettività alle società personali ha origine nell’art. 77 dell’abrogato codice di commercio secondo cui: “le società… costituiscono, rispetto ai terzi, enti collettivi distinti dalle persone dei soci”. Dal termine “distinto” parte della dottrina ha considerato le società personali come soggetti autonomi rispetto ai soci con la conseguenza che la società è in grado di divenire titolare di diritti e obblighi derivanti dall’attività sociale.
Tale concezione dottrinale è il risultato dell’evoluzione del commercio che ha portato alla diffusione di società commerciali che non avevano un’espressa configurazione contrattuale e alle quali si applicava al disciplina residuale delle società di persone le quali, seppur non riconosciute formalmente dall’ordinamento come persone giuridiche, viene attribuito un profilo di soggettività dovuto all’esteriorizzazione del vincolo nel rapporto con i terzi. L’esteriorizzazione del vincolo verso i terzi comporta l’imputazione dell’attività alla società e l’autonomia patrimoniale tra società e soci, in modo che i creditori personali dei singoli soci non hanno azione sul patrimonio sociale, sul quale, al contrario, agiscono i creditori sociali. La responsabilità dei singoli soci rileva sussidiariamente in seguito alla preventiva escussione del patrimonio sociale.
Diverso è il caso della società semplice la quale, non svolgendo attività commerciale, si esaurisce in un contratto tra i soci tale per cui non si ha una vera autonomia patrimoniale e non è configurabile un soggetto di diritto distinto dalle persone dei cosi al quale imputare l’attività.
Si distinguono, per quanto affermato, persone giuridiche e società commerciali dotate di soggettività giuridica.
Su riconoscimento della soggettività giuridica alle società di persone non vi è mai stata una univocità di vedute in dottrina.
La dottrina favorevole al riconoscimento della soggettività giuridica individua quale criterio determinante l’autonomia patrimoniale prevista dal legislatore, intesa come separazione tra il patrimonio personale dei soci e il patrimonio sociale.
Seguendo tale orientamento il criterio utile e sufficiente ad affermare la soggettività è l’autonomia patrimoniale, dalla quale deriva la sostanziale separazione delle responsabilità, a prescindere dal riconoscimento formale da parte dell’ordinamento.
L’orientamento dottrinale contrario nega il riconoscimento della soggettività giuridica alle società personali pur riconoscendo la presenza di elementi di autonomia tra il patrimonio dei singoli socie e quello destinato all’attività sociale.
Secondo tale dottrina95la parziale autonomia patrimoniale, che si rinviene in diversa misura secondo il tipo sociale, risponde unicamente all’esigenza commerciale di tutela dei creditori sociali, accordata dal legislatore attraverso un privilegio rispetto ai creditori particolari dei soci.
La dottrina favorevole al riconoscimento trae argomenti dagli artt. 2267, 2268, 2270, in base ai quali è possibile individuare due entità patrimoniali distinte. A conferma di tale orientamento si registra anche l’art 2257 che dispone l’uso del principio maggioritario in tema di opposizione agli atti di amministrazione, e l’art. 2266 c.c. in base al quale la società sta in giudizio nella persona dei soci aventi la rappresentanza.
In coerenza con l’impostazione codicistica secondo cui solo il legislatore può creare soggetti di diritto, la dottrina citata nega alle società personali una forma di soggettività, limitandosi al riconoscimento di una mera autonomia patrimoniale nei limiti delle specifiche disposizioni legislative, con la conseguenza che solo i singoli soci possono considerarsi imprenditori.
95 Cfr. X. Xxxxxxx, Società personali, Padova, 1972, pp.55-107.
Per concludere, le società di persone sono l’esempio del fenomeno oggi diffuso di libertà di associazione e di creazione di un centro di imputazione di rapporti attivi e passivi.
La diffusione del fenomeno ha posto la dottrina e la giurisprudenza di fronte alla questione dell’inquadramento giuridico, creando, in tal modo, l’istituto della soggettività volto a dare una giustificazione all’esteriorizzazione del vincolo pur in assenza del formale riconoscimento della personalità giuridica da parte del legislatore.
A) Rete strutturata ma non iscritta alla sezione ordinaria.
Una volta considerata la nozione di soggettività giuridica, l’autore ritiene, quindi, opportuno concentrare l’attenzione sulla figura di rete considerata dal legislatore che più sfugge alla sua qualificazione e cioè la rete con attività esterna priva di soggettività, per poterne affermare, al contrario, la sua soggettività.
In tale ipotesi i contraenti configurano un rapporto che ha rilievi non meramente interni, ma costituiscono un’organizzazione, con proprio patrimonio, destinata ad operare con i terzi tramite un organo comune, nonché provvista di una denominazione e di una sede, pur essendo priva dell’opzione per il modello dotato di soggettività.
Al fondo patrimoniale sono applicate le disposizioni di cui agli articoli 2614 e 2615, secondo comma, del codice civile, in modo che ai creditori personali dei partecipanti è inibita l’azione nei confronti del fondo comune e, “in ogni caso, per le obbligazioni contratte dall’organo comune in relazione al programma di rete, i terzi possono far valere i loro diritti esclusivamente sul fondo comune”. Si riconosce, pertanto, al fondo comune autonomia patrimoniale perfetta.
A completare la figura in esame vi è l’obbligo per l’organo comune di redigere, secondo le disposizioni relative al bilancio di esercizio delle società per azioni, una situazione patrimoniale della rete, da depositarsi, entro due mesi dalla chiusura dell’esercizio annuale, presso l’ufficio del registro delle imprese del luogo ove ha sede la rete.
Considerata l’identità di disciplina con la rete iscritta alla sezione ordinaria, che opta per la soggettività giuridica, la presenza di una denominazione e di una sede della rete, obbligatoria anche ai fini del deposito della situazione patrimoniale e comunque la creazione di un’organizzazione dotata di un patrimonio proprio distinto da quello delle imprese aderenti, non può che delinearsi, anche in questa ipotesi, la presenza di un soggetto distinto dai partecipanti.
In linea con tale distinzione è anche la previsione normativa di cui al comma 2, lett.e), secondo periodo, secondo cui “l’organo comune agisce in rappresentanza della rete, quando essa acquista soggettività giuridica e, in assenza della soggettività, degli imprenditori, anche individuali, partecipanti al contratto…”.
L’organo comune agisce con rappresentanza organica nell’ipotesi di soggettività giuridica e come rappresentante volontario secondo la normativa del mandato collettivo nell’ipotesi di rete priva di soggettività. Nell’ipotesi delineata si rispetta tale assunto visto che si sta riconoscendo comunque la soggettività giuridica e l’organo agisce in rappresentanza della rete.
Vi è una figura residuale considerata dal legislatore, per la quale occorre riprendere le conclusioni trattate con riguardo alle modalità di partecipazione della rete alle gare di appalto. Qualora l’organo comune, ovvero l’impresa mandataria, visto che il legislatore prevede l’indicazione del soggetto prescelto per svolgere l’ufficio di organo comune (lett. e), dovesse agire in rappresentanza dei singoli imprenditori secondo la figura del mandato collettivo, ci troveremo di fronte ad un diverso istituto, cioè all’associazione temporanea di imprese.
L’esteriorizzazione del vincolo nel rapporto con i terzi determina l’attribuzione di un profilo di soggettività. Dall’esteriorizzazione del vincolo ne consegue l’imputazione dell’attività alla rete e l’autonomia patrimoniale tra la rete e i retisti, tale per cui i creditori personali dei retisti non hanno azione sul fondo comune su cui invece concorrono i creditori “sociali”.
A differenza delle società di capitali per le quali la persona giuridica è prevista e disciplinata in modo prescrittivo, la soggettività ha un valore descrittivo,
spettando all’interprete, caso per caso, stabilire se nella fattispecie concreta sia configurabile un ente autonomo distinto dai retisti.
Oltre alla inedita possibilità che il riconoscimento della soggettività dipenda da una facoltà di scelta dei contraenti, nei successivi paragrafi sarà criticata la previsione normativa che attribuisce all’iscrizione nella sezione ordinaria carattere costitutivo della soggettività giuridica. Fino ad ora, nel registro delle imprese la pubblicità costitutiva ha riguardato solo l’acquisto della personalità giuridica.
A ciò si aggiunga che tale previsione opzionale dell’acquisto della soggettività consente la facoltà discrezionale per i retisti di esonerarsi dal fallimento pur adottando lo stesso schema contrattuale che altrimenti ne deriverebbe per la rete dotata di soggettività.
Per concludere, non può non riconoscersi soggettività giuridica anche in assenza dell’iscrizione nella sezione ordinaria del registro delle imprese al contratto che presenta una struttura competa di organo e fondo comune.
B) Rete non strutturata con rilevanza esterna.
Qualora la rete abbia rilevanza esterna verso i terzi ma non sia dotata degli ulteriori elementi strutturali del fondo e dell’organo, entrambi necessari per l’applicazione della disciplina sopra descritta che accorda alla rete autonomia patrimoniale perfetta, occorre domandarsi quale sia la disciplina applicabile e la struttura di tale figura che può assumere varie conformazioni.
Nell’ipotesi che l’attività contenuta nel programma di rete contempli la possibilità che sorgano rapporti e, quindi, obbligazioni, verso terzi, occorre individuare il soggetto in capo al quale si imputano i relativi diritti e obblighi nonché il regime di responsabilità.
Escluso che possa applicarsi anche a tale figura intermedia il regime di autonomia patrimoniale perfetta prevista per l’ipotesi precedente, è necessario analizzarne gradualmente la conformazione.
Nell’ipotesi di assenza dell’organo comune si deve riconosce a ciascun retista, salvo convenzione contraria, la possibilità di agire per il raggiungimento dello
scopo convenuto, mutuando la disciplina della società in nome collettivo irregolare (2297) e della società semplice (2266 e 2267).
Secondo tale ricostruzione, in mancanza di diversa previsione nel contratto, la rappresentanza spetta a ciascun retista e si estende a tutti gli atti che rientrano nell’oggetto della rete (2266, comma secondo).
Per le obbligazioni contratte rispondono, oltre l’eventuale patrimonio comune, personalmente e solidalmente i retisti che hanno agito in nome e per conto della rete e, salvo patto contrario, gli altri partecipanti (2267).
Anche in tale ipotesi l’attività posta in essere deve essere imputata alla rete e i creditori personali dei retisti non possono aggredire il patrimonio comune sul quale invece concorrono i creditori della rete e, in seguito alla preventiva escussione del patrimonio comune, questa volta solidalmente e sussidiariamente anche gli altri retisti e non solo chi ha posto in essere il rapporto.
Tale disciplina si applica in virtù del principio di apparenza del diritto, secondo il quale coloro che si sono comportati come appartenenti ad un ente, rispondono in solido in qualità di associati dei debiti conseguenti, configurandosi un’ipotesi di società di fatto, cioè di società perfezionata con atti concludenti96. Tale società di fatto sarà regolata dalle norme della società semplice se l’attività non è commerciale. E’ invece regolata dalle norme della collettiva irregolare se l’attività è commerciale, con la conseguenza che tutti i retisti risponderanno personalmente e illimitatamente per le obbligazioni sociali.
Per concludere, nonostante non possa riconoscersi il regime di autonomia patrimoniale perfetta che caratterizza la figura precedente, non può
96 Nella prassi commerciale la società di fatto è il modo di essere più diffuso delle società personali. La teorizzazione delle società di fatto prende le mosse dal precetto formale ex art 2251 secondo cui il contratto sociale non è soggetto a forme speciali, salvo quelle richieste dalla natura dei beni conferiti. Essa ricorre qualora due o più persone esercitano in comune un’attività economica, comportandosi, per l’appunto di fatto come soci, senza che le stesse abbiano stipulato un accordo tra loro. Affinchè ricorra una società di fatto è necessario che ricorrano tutti i requisiti tipici del contratto di società, ossia essenzialmente il fondo comune, formato tramite il conferimento di beni da parte di ciascun contraente, l’alea di conseguire utili o perdite e l’elemento soggettivo dell’affectio societatis. In tal senso Cass. 22.02.2000, n.1961, in Dir. prat. Soc., 2000, p.12.
nascondersi il connotato soggettivo che anche tale figura possiede distinto da quello dei partecipanti.
Una società di fatto che esercita attività commerciale è esposta al fallimento al pari di ogni imprenditore commerciale. Ed il fallimento della società determina automaticamente il fallimento di tutti i soci.
2.4. Segue: il fondo patrimoniale comune. Critica alla tesi della comunione del fondo.
Un orientamento afferma di non riconoscere soggettività alla rete, fondando tale affermazione sulla natura del fondo comune, considerato patrimonio separato, anziché autonomo, in regime di contitolarità tra le orginiarie imprese conferenti97.
Secondo tale ricostruzione non si riconosce di per sé alla rete la soggettività giuridica, e si ritiene che “il patrimonio autonomo della rete non è altro che la somma dei patrimoni separati facenti capo ai singoli partecipanti alla rete e la cui separazione è subordinata alla realizzazione della destinazione all’accrescimento e all’innovatività del contratto di rete”.
L’orientamento si basa sull’analisi del patrimonio destinato ad uno specifico affare, il quale ha natura di patrimonio separato e non autonomo, pur ricevendo dall’ordinamento il regime di responsabilità limitata in eccezione all’art.2740.
Secondo l’autore di questa tesi, la possibilità di costituire il fondo comune tramite patrimoni destinati all’affare ex art 2447-bis, determina l’applicazione della disciplina dei patrimoni destinati anche al fondo comune della rete, mutuandone anche la natura.
Come noto, i patrimoni destinati godono del regime di limitazione della responsabilità solo per le obbligazioni contratte per lo specifico affare, non
97 La tesi è affermata, tra gli altri, da Xxxxxx Bianca. Cfr.M.Xxxxxx, Il regime patrimoniale della rete, in Il contratto di rete. Un nuovo strumento di sviluppo per le imprese, (cit.) pp.25- 46; M.Xxxxxx, Il modello normativo del contratto di rete. Nuovi spunti di riflessione del rapporto tra soggettività giuridica e autonomia patrimoniale, in Il contratto di rete per la crescita delle imprese, a cura di X.Xxxxxxx, P.Iamiceli, G.D.Xxxxx, Milano, 2012, pp. 41-64.
determinando il sorgere di un distinto centro autonomo di interessi e restando i beni destinati imputati alla società che ha costituito il patrimonio destinato all’affare, di regola una spa.
A parere di chi scrive si ritiene che l’ipotesi della costituzione del fondo comune tramite il conferimento di patrimoni destinati all’affare, sia una ipotesi residuale rispetto al normale conferimento, perché si rivolge solo alle società per azioni, unica tipologia abilitata a tale strumento di separazione patrimoniale, in contrasto con la finalità della normativa, dedicata alle piccole e medie imprese.
Da questa considerazione muove la critica alla tesi che fa derivare la natura del fondo e dell’intera rete dalla natura di patrimonio separato e non autonomo sulla base della possibilità ammessa dalla norma di poter eseguire il conferimento anche mediante apporto di un patrimonio destinato costituito ai sensi dell’art 2447-bis, primo comma, lett. a) del codice civile.
Al fine di individuare la natura del patrimonio comune della rete è opportuno considerare le differenze di disciplina che ne deriverebbero sulla base di tale scelta di campo e confrontare tali differenze di disciplina con la funzione che il contratto di rete è chiamato a svolgere.
Si ritiene che la previsione di due distinte norme negli articoli 2247 e 2248 sia stata voluta dal legislatore per distinguere due fattispecie: la comunione a mero scopo di godimento da una parte e la società dall’altra, allo scopo di applicare due differenti sistemi di regole.
Occorre, pertanto, prendere le mosse dalle indiscusse differenze sul piano disciplinare implicate dalla proprietà in comune tra più persone e, dall’altro, dal conferimento da parte di due o più persone di beni per l’esercizio in comune dell’attività economica.
In primo piano vanno contrapposti, da una parte, la possibilità per il comproprietario di servirsi liberamente della cosa comune, seppur nei limiti dell’art. 1102, dall’altra, il divieto del socio di servirsi, senza il consenso degli altri soci, delle cose appartenenti al patrimonio sociale per fini estranei a quelli della società ex art 2256.
A ciò deve aggiungersi la profonda diversità tra lo scioglimento della comunione a richiesta del comproprietario ex art. 1111 e l’impossibilità del retista di richiedere discrezionalmente lo scioglimento della rete, né di poter richiedere prima del decorso del termine di durata, la liquidazione della sua partecipazione, come è dato ricavare dall’art. 2614 c.c. rubricato “Fondo Consortile” il quale dispone espressamente che “per la durata del consorzio i consorziati non possono chiedere la divisione del fondo”.
Volgendo l’attenzione alla posizione dei creditori personali dei comproprietari e retisti, non potrà farsi a meno di notare che, mentre i creditori personali dei comproprietari possono liberamente aggredire la cosa comune per soddisfare il proprio credito, i creditori personali dei retisti non possono far valere i loro diritti sul fondo comune ex art. 2614.
Appare inconfutabile l’intenzione del legislatore di porre le cose conferite in rete al riparo dalle possibili pretese sia dei retisti sia dei loro creditori.
Altresì la scriminante tra le due fattispecie poggerebbe sulla eventuale presenza di un’attività lucrativa esclusivamente in capo alla rete e non alla comunione.
A far da spartiacque fra le due figure sarebbe la prevalenza dell’elemento statico nella comunione e per converso la centralità dell’elemento dinamico nell’attività della rete, dove i beni che formano il patrimonio sociale sono strumentali allo svolgimento di un’ulteriore attività.
Dalle osservazioni svolte si conclude per l’attribuzione al fondo comune della natura di patrimonio autonomo al quale non può applicarsi la disciplina della comunione ma bensì quella espressamente prevista dal legislatore.
3. Le modalità di assunzione delle decisioni dei retisti: l’assemblea.
A dare conferma al quadro ricostruttivo sopra delineato è la disposizione contenuta nella lett. f) del comma 4-ter secondo la quale, pur riconoscendo ampio margine all’autonomia negoziale, il contratto di rete deve contenere “le
regole per l’assunzione delle decisioni dei partecipanti su ogni materia o aspetto che non rientri, quando è stato istituito un organo comune, nei poteri di gestione conferiti a tale organo, nonché, se il contratto prevede la modificabilità a maggioranza del programma di rete, le regole relative alle modalità di assunzione delle decisioni di modifica del programma medesimo”. Occorre primariamente distinguere due profili della norma, il primo riferibile all’assunzione delle decisioni esecutive del programma convenuto e, il secondo, alla possibilità di prevedere la modificabilità a maggioranza dell’oggetto del contratto, cioè a dire il programma comune di rete.
Nel caso di istituzione dell’organo comune si verifica una distinzione tra le competenze riservate all’organo comune e le materie di competenza dei retisti. L’organo comune ex lege è “incaricato di gestire l’esecuzione del contratto” salva la possibilità per i retisti di definire i “poteri di gestione e di rappresentanza conferiti a tale soggetto”(comma 4-ter, secondo periodo e lett.e).
Tale distinzione riconduce la rete alla struttura corporativa propria degli enti societari nei quali si prevede una bipartizione di attribuzioni tra organo assembleare, rappresentativo di tutti i partecipanti, e l’organo amministrativo al quale è demandata, in esclusiva, la gestione della società.
Nel quadro ricostruttivo sopra delineato, nell’ipotesi in cui l’organo comune non fosse previsto, tutte le materie rientreranno per legge nella competenza dei retisti.
Nel caso di assenza di regolamentazione delle modalità di assunzione delle decisioni, ai fini di tutelare il diritto di ciascun partecipante alla gestione della rete, qualora non sia non previsto il necessario consenso congiunto, ognuno dei retisti si dovrà considerare legittimato a porre in essere l’attività concordata e, di conseguenza, solidalmente e illimitatamente responsabile per le obbligazioni assunte in nome della rete, salva la necessaria unanimità dei consensi per la modifica del contratto (2297-2252).
Solo in presenza di una clausola espressa è possibile prevedere la modificabilità a maggioranza del contratto con una regola simile all’art.2252 previsto per le società di persone.
Qualora i retisti inseriscano una clausola in tal senso essi potranno liberamente adottare decisioni fondate sul principio della maggioranza assoluta o, in alternativa, della maggioranza qualificata o semplice, anche prevedendo un sistema di maggioranze misto o voto plurimo, in funzione della materia da trattare.
La modificabilità a maggioranza del contratto può prevedere l’applicazione del metodo assembleare. Si delinea così la possibilità di dotare la rete di una dicotomia tra organi esecutivi e decisionali con una struttura che può assimilarsi ad un ente.
Nelle ipotesi di rete dotata di soggettività sembra verosimile predisporre un sistema decisionale fondato su principi di collegialità mutuando, per i molteplici aspetti delle procedure assembleari, la disciplina prevista in materia di società di capitali, a cominciare dalla convocazione che dovrà essere specificamente dettagliata e tempestiva in modo di permettere ai retisti una sufficiente informazione sugli argomenti da trattare.
Anche il metodo di calcolo della maggioranza in assemblea è demandato all’autonomia negoziale, ammettendosi la possibilità di prevedere una diversa incidenza del peso decisionale in capo ai retisti, ad esempio, parametrato al valore dell’apporto conferito in rete, mutuando i principi del diritto societario. In mancanza di una previsione in senso contrario, è necessario concludere nel senso della uguaglianza del voto in assemblea per ogni singolo partecipante, con un sistema capitario, indipendentemente dal valore dell’apporto.
In ogni caso, per la valida assunzione delle modifiche al contratto occorrerà rispettare anche la forma e gli oneri pubblicitari prescritti per il contratto originario i quali saranno approfonditi nel paragrafo seguente.
4. La forma e la pubblicità del contratto di rete.
L’attuale disciplina del contratto di rete prevede due forme di pubblicità. Una prima forma di pubblicità è richiesta per ogni impresa aderente, alla stregua di una vicenda interna alla impresa stessa. Il legislatore al comma 4-quater
prevede che “il contratto di rete è soggetto a iscrizione nella sezione del registro delle imprese presso cui è iscritto ciascun partecipante e l’efficacia del contratto inizia a decorrere da quando è stata eseguita l’ultima delle iscrizioni prescritte a carico di tutti coloro che ne sono stati sottoscrittori originari”.
Anche se apparentemente sembra emergere la volontà di attribuire natura costitutiva alla formalità, si sono registrate una varietà di vedute tra gli interpreti.
In primo luogo, la norma deroga i principi generali in tema di pubblicità. La pubblicità, secondo i principi generali, produce effetti diversi a seconda che venga effettuata nella sezione ordinaria o in quella speciale; in quest’ultimo caso gli effetti dell’iscrizione sono di mera pubblicità notizia salvo quanto previsto per le imprese agricole, per le quali la pubblicità nella sezione speciale produce gli effetti dell’opponibilità ex art 2193 c.c.. Ciò considerato, è necessario escludere l’operatività di tale principio in quanto, nell’ipotesi in cui i retisti fossero iscritti in sezioni diverse del registro delle imprese, la pubblicità del contratto produrrebbe effetti diversi per ciascuno di essi.
In secondo luogo, non può nondimeno condividersi la natura costitutiva della pubblicità in esame, considerato che la rete potrebbe avere solamente effetti interni tra le parti e ciò creerebbe disparità di trattamento rispetto agli altri contratti di cooperazione interaziendale per i quali non è prescritta la pubblicità.
Seguendo la distinzione che orienta il presente studio secondo la quale si distingue tra reti interne ed esterne si ritiene che la pubblicità prevista dal legislatore abbia natura dichiarativa in guisa da produrre l’effetto di rendere opponibile il contratto nei confronti dei terzi ex art .2193.
In tale prospettiva l’efficacia tra le parti dell’accordo di cooperazione interaziendale non dipenderebbe dall’esecuzione della formalità pubblicitaria. Si può concludere sul punto aderendo alla posizione affermata dal Consiglio Nazionale del Notariato secondo la quale “l’efficacia cui tale norma fa riferimento deve essere intesa non già come idoneità del contratto interaziendale stipulato a produrre effetti fra le parti ex art.1372 c.c., bensì come rilevanza del medesimo quale atto costitutivo di una rete di imprese
finalizzato al riconoscimento degli effetti normativamente ricollegati a tale qualificazione. Si può, dunque, ipotizzare che l’iscrizione nel Registro delle Imprese abbia una rilevanza esterna verso i terzi e non, invece, un’efficacia costitutiva del rapporto giuridico” 98.
La seconda forma di pubblicità è prevista per la rete dotata di soggettività. Secondo la lettera del legislatore, qualora sia “prevista la costituzione del fondo comune, la rete può iscriversi nella sezione ordinaria del registro delle imprese”. “Con l’iscrizione nella sezione ordinaria del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sua sede la rete acquista soggettività giuridica”.
In linea con l’anomalia di un riconoscimento ex lege della soggettività giuridica appare da criticare la natura costitutiva della pubblicità ai fini dell’attribuzione della soggettività stessa.
Nel quadro delle osservazioni svolte, sia nell’ipotesi delineata sub A) che in quella sub B), non può non riconoscersi la soggettività giuridica, indipendentemente dalla avvenuta iscrizione del contratto nel registro delle imprese.
L’avvenuta iscrizione nella sezione ordinaria servirà, pertanto, a rendere conoscibile ai terzi la venuta ad esistenza del nuovo soggetto secondo gli effetti già delineati per la prima forma di pubblicità.
Connesso al tema della pubblicità è quello della forma.
Secondo la lettera della legge la forma scritta è richiesta solo “ai fini degli adempimenti pubblicitari di cui al comma 4-quater, il contratto deve essere redatto per atto pubblico o per scrittura privata autenticata, ovvero per atto firmato digitalmente…”.
Una prima lettura della norma porterebbe ad intendere, seguendo il principio della libertà delle forme, accolto dal nostro ordinamento, che il contratto di rete non abbia forma vincolata ai fini della sua validità ed efficacia.
Gli oneri pubblicitari non rientrano nel concetto di forma in senso tecnico perché essi hanno solo lo scopo di rendere conoscibile ai terzi i mutamenti
98 Xxxxxxx M., Spada P., Il “contratto di rete”: dialogo tra un notaio e un professore su una leggina recente, in Riv. Dir. Priv., 2011, 4, pp. 499-516.
giuridici prodotti dal contratto. Se la pubblicità è dichiarativa, il contratto non reso pubblico è valido ed efficace, ma non è opponibile ai terzi.
La pubblicità, anche quando è costitutiva, non riguarda la forma dell’atto perché questo ha già la sua rilevanza giuridica. Essa presuppone un atto già formalmente valido e si esegue al fine di produrre alcuni effetti dell’atto stesso. Dalle considerazioni ora svolte si potrebbe concludere per la mancanza di una forma vincolata per la validità del contratto di rete. Senonchè nell’ultima modifica al testo, è espressamente previsto che “per acquistare la soggettività giuridica il contratto deve essere stipulato per atto pubblico o per scrittura privata autenticata, ovvero per atto firmato digitalmente…”.
Secondo i principi generali previsti dall’art. 1325, n 4, la forma vincolata è un elemento essenziale solamente quando è prevista dalla legge a pena di nullità. Ciò che è previsto per i contratti indicati nell’art. 1350 e per il consorzio, sia interno che esterno, ex art. 2603 c.c.. Accolto dal legislatore il principio della libertà della forma, ne consegue che i limiti alla forma previsti dal legislatore sono considerati di natura eccezionale da interpretarsi, pertanto, in maniera restrittiva.
Pur mancando l’espressa indicazione della sanzione della nullità, deve considerarsi la norma richiamata sancita ai fini della validità dell’atto, quindi come elemento essenziale, la cui mancanza determina la nullità ex art. 1418, comma 2, c.c. del contratto, con il medesimo effetto dell’atto costitutivo delle
s.p.a. e s.r.l. (2328 e 2463).
Deve, pertanto, concludersi, in linea con la ricostruzione proposta che, qualora il contratto di rete abbia effetti meramente interni, il contratto è a forma libera. Nell’ipotesi contraria, la rete, acquistando soggettività giuridica, deve essere costituita in forma scritta a pena di nullità dell’atto.
La pubblicità delle modifiche del contratto adotta un regime semplificato caratterizzato da un obbligo di comunicazione fra registri delle imprese, da quello dell’impresa delegata alla pubblicità a quelli presso cui sono iscritte le altre partecipanti. Per le modifiche del contratto si autorizza ad effettuare una sola iscrizione da parte della impresa indicata nell’atto di modifica; sarà poi il Registro delle Imprese presso cui è avvenuta l’iscrizione di tale modifica a
comunicarla agli uffici presso cui sono iscritte le altre imprese partecipanti affinchè provvedano alle annotazioni d’ufficio della modifica. Le stesse problematiche di visibilità, per le reti a rilevanza interna, si ritrovano anche per le modifiche ma tramite l’annotazione d’ufficio diminuiscono i costi relativi alla pluralità delle domande.
Per le reti a rilevanza esterna iscritte nella sezione ordinaria basterà effettuare una sola pubblicità.
5. Lo scioglimento del rapporto con la rete: recesso e esclusione.
L’istituto del recesso è di fondamentale importanza nei rapporti di durata a carattere collaborativo. Anche ai contratti di rete sembra possano applicarsi i principi generali relativi ai contratti di durata, prima fra tutti il principio secondo cui non si può rimanere vincolati in perpetuo e, qualora la durata della rete sia indeterminata, ciascun partecipante deve potersi sciogliere dal vincolo contrattuale con un congruo preavviso.
Nell’ipotesi in cui sia determinata la durata del contratto, il diritto di recesso deve nondimeno riconoscersi qualora ricorra una giusta causa ovvero situazioni imputabili alle controparti che impediscano il raggiungimento del comune interesse.
Va comunque, in ogni caso, riconosciuto all’autonomia negoziale la possibilità di prevedere, anche in presenza di una durata determinata, il diritto di recesso ad nutum, esercitando il diritto di exit, l’esercizio del quale, peraltro sarebbe da ritenere, anche secondo recente giurisprudenza, subordinato al rispetto dei principi di correttezza e di buona fede contrattuale, altrimenti sconfinando in un’ipotesi di abuso del diritto.
Con riguardo agli effetti del recesso si sottolinea che nei contratti di durata esso non ha effetto per le prestazioni già eseguite o in corso di esecuzione ex art 1373, comma 2. La disposizione è però dispositiva.
In merito alle cause di scioglimento del rapporto contrattuale limitatamente al singolo partecipante al contratto di rete si ammette la possibilità di prevedere clausole di esclusione.
Nella prassi si assiste alla presenza di molte clausole di esclusione che mutuano la disciplina dal libro quinto e dal libro primo considerando la rete secondo i principi e le norme proprie degli enti.
Il legislatore, al contrario, riconduce il venir meno della partecipazione del rapporto contrattuale di un retista al fenomeno della risoluzione contrattuale disciplinato per i contratti plurilaterali con comunione di scopo. Tali regole generali sono contenute negli articoli 1420, 1446, 1459 e 1466 riferiti alla nullità e annullabilità del vincolo e alla risoluzione per inadempimento e alla impossibilità sopravvenuta della prestazione. Le norme richiamate sono tutte ispirate al principio secondo il quale l’evento che colpisce il singolo rapporto di un contratto con più di due parti non incide sul rapporto nel suo complesso, salvo che la partecipazione della parte interessata debba, secondo le circostanze, considerarsi essenziale.
Si riconosce, altresì, l’esigenza tra gli operatori di definire le clausole di esclusione prevedendo specifiche ipotesi di scioglimento del singolo rapporto contrattuale, ed il relativo procedimento, in modo da evitare il ricorso all’autorità giudiziaria volto all’accertamento del verificarsi delle cause di legge.
6. La durata e lo scioglimento.
La rete è per sua natura un contratto di durata e il legislatore ne impone l’indicazione nel contenuto essenziale del contratto.
La durata della rete ha una funzione fondamentale perché connessa al raggiungimento degli obiettivi da perseguire e alla valutazione di fattibilità del progetto.
Nei capitoli che precedono si sono indicati le occasioni nella quali assume rilievo l’indicazione del termine. Non solo in sede di stipula essa avrà un
controllo per valutare la ipotetica realizzabilità del progetto, ma tale esame sarà più approfondito in sede di valutazione della qualità degli impegni da parte di un ente creditizio dal quale si vuole ottenere un finanziamento e ancora più stringente è la valutazione nelle procedure delle gare di appalto, nella quale è previsto che la durata non può certo essere inferiore alla tempistica del lavoro da svolgere.
Oltre il termine finale, nel contratto andranno indicate anche le date nella quali misurare l’avanzamento dei lavori verso il raggiungimento degli obiettivi prefissati.
La durata non potrà essere certo oggetto di valutazione nel merito da parte del notaio chiamato al rogito, implicando specifiche competenze tecniche e conoscenze della struttura delle imprese partecipanti che non si possono richiedere ad un giurista. Fermo è però l’obbligo di astenersi dalla stipula quando la realizzabilità dell’opera risulta manifestamente irrealizzabile o indeterminata.
La previsione di un termine eccessivamente lungo potrebbe, però, determinare l’applicazione analogica dell’art. 2285 c.c. e attribuire il diritto di recesso quando la rete è contratta a tempo indeterminato o stabilita in riferimento alla vita o durata di un retista.
Non sembra consentito adottare un tempo indeterminato ma si potrebbe comunque ricadere nella medesima disciplina quando il termine indicato sia da considerarsi eccessivamente prolungato in relazione alla durata media della vita dell’uomo.
Per tutte la ipotesi di scioglimento totale o parziale della rete, visto il richiamo espresso del legislatore, deve applicarsi la disciplina dei contratti plurilaterali con comunione di scopo.
In base alla lettera della norma deve perciò ritenersi che tali regole saranno applicabili ad ogni profilo contrattuale come la durata, l’adesione successiva di una parte, l’esclusione, il recesso, lo scioglimento volontario e per decorrenza del termine di durata.
Per il caso in cui, per l’effetto del venire meno degli altri partecipanti, rimanga un solo partecipante è necessario distinguere l’ipotesi di rete con soggettività giuridica dalla rete con effetti esclusivamente interni.
Nella prima ipotesi, qualora un solo imprenditore resti in rete, potrebbe applicarsi per analogia la disciplina contenuta nell’art. 2272, n.4) che stabilisce che la rete si scioglie “quando viene a mancare la pluralità dei retisti, se nel termine di sei mesi questa non è ricostituita”.
Nella seconda ipotesi, considerata la fattispecie meramente negoziale, si determinerà lo scioglimento immediato del contratto a causa della sopravvenuta mancanza della pluralità delle parti.
Per concludere, occorre considerare le conseguenze dello scioglimento sui rapporti in corso e sul fondo patrimoniale. Se la rete ha efficacia meramente interna, potrà procedersi con la divisione del fondo ora concessa dall’art. 2614, per la scadenza del termine o scioglimento dell’intera rete.
Se, al contrario, vi è il coinvolgimento di terzi, la necessità di tutelare i creditori renderà necessaria la liquidazione del patrimonio della rete in loro favore, da compiersi secondo le norme in materia di liquidazione del patrimonio delle società di capitali, disciplina di riferimento per gli enti a struttura collettiva.
7. Il fallimento.
L’applicabilità della disciplina del fallimento alla rete muove dal riconoscimento o meno al contratto di rete della soggettività giuridica.
Considerati gli incerti confini tra le possibili configurazioni che la rete può assumere, si propone di seguire la ricostruzione elaborata per ricavarne la compatibilità.
Nell’ipotesi di rete meramente interna si esclude l’applicazione della disciplina del fallimento perché non si rinviene un soggetto distinto da quello dei singoli partecipanti e non vi sono terzi da tutelare attivando una procedura concorsuale.
L’autore ritiene che la rete con efficacia esterna sia comunque soggetta al fallimento sia che assuma il regime di autonomia patrimoniale perfetta che, nell’ipotesi contraria, per la mancanza di qualche elemento come il fondo o l’organo comune, sia soggetta al regime di autonomia patrimoniale imperfetta con responsabilità solidale e sussidiaria dei retisti.
La rete in regime di autonomia patrimoniale perfetta è soggetta alla disciplina del fallimento, a parere di chi scrive, sia nell’ipotesi di iscrizione nella sezione ordinaria che di mancata pubblicità, per le osservazioni espresse.
Una rete, con autonomia patrimoniale imperfetta, che esercita attività commerciale è esposta al fallimento al pari di ogni imprenditore commerciale. A differenza della rete con autonomia patrimoniale perfetta, il fallimento della rete determina automaticamente il fallimento di tutti i retisti (art.147 l.fall.).
La sottoposizione alle procedure concorsuali è ancorato alla figura soggettiva di cui si richiede il fallimento il quale determina però i suoi effetti solo sul soggetto, in caso di autonomia patrimoniale perfetta, indipendentemente dall’iscrizione pubblicitaria, e automaticamente anche per tutti i retisti, nel caso che la rete abbia autonomia patrimoniale imperfetta.
8. La differenza tra rete, consorzio e ati.
Le considerazioni svolte hanno sviluppato una ricostruzione di un nuovo istituto per il quale, oltre alla disciplina introdotta dal legislatore, per colmare le lacune incontrate, è sembrato opportuno ispirarsi alla disciplina della società in nome collettivo irregolare.
Il rinvio letterale alla disciplina del consorzio appare limitato a disciplinare esclusivamente il regime di responsabilità patrimoniale che segue il nuovo istituto. Il richiamo alla disciplina degli artt. 2614 e 2615 è infatti limitato dal giudizio sulla compatibilità di tali norme con il nuovo istituto.
Sembra coerente ed evidente, seguendo la lettera della legge, che tali norme troveranno efficacia solo nella misura in cui la rete sia predisposta a svolgere attività con i terzi.
Si è, altresì, riconosciuto il caso in cui l’istituto possa assimilarsi esattamente alla struttura dell’associazione temporanea di imprese. Qualora, infatti, la rete non si doti di un proprio fondo e organo, ma costruisca il rapporto sulla base di un mandato collettivo ad una sola impresa destinata a svolgere attività con i terzi, tale conformazione sarà disciplinata, per i profili di responsabilità patrimoniale, dalle norme regolatrici dell’a.t.i.
Alla medesima conclusione giunge anche l’Avcp che, nella determinazione citata, rinvia, per l’ipotesi in esame, alla disciplina contenuta nel codice appalti per i raggruppamenti temporanei di imprese con previsione della responsabilità solidale dei retisti verso i terzi.
Escludendo dal presente esame l’ipotesi testè presa in considerazione che effettivamente ricalca per struttura e responsabilità patrimoniale la figura dell’ati è necessario individuare le differenze che si registrano tra questi due istituti.
Possiamo con certezza escludere che, a differenza della rete, all’ati possa essere riconosciuta la soggettività giuridica. La società mandataria agisce nei confronti dei terzi in rappresentanza di ciascun associato e mai in nome e per conto di un centro di interessi autonomo e distinto dagli associati stessi.
L’incarico oggetto del mandato ha un contenuto specifico in quanto l’associazione è costituita temporaneamente per l’esecuzione di un solo e determinato e specifico incarico.
Nella rete è prevista l’indicazione degli obiettivi e del programma che descriva le modalità di esecuzione dell’attività volta al raggiungimento di tali obiettivi. Anche se è richiesta una determinazione analitica delle prestazioni dedotte nel programma alle quali le singole imprese sono obbligate, non è previsto e non sembra in linea con le finalità del legislatore che tali obiettivi devono riferirsi ad un unico affare. Xxxx, al contrario, il legislatore incentiva la stabilità del contratto di rete, considerato come elemento di forza dell’aggregazione di imprese, imponendone l’indicazione della durata, anziché prevederne la temporaneità.
La configurazione del contratto di rete è, anche per il contenuto essenziale imposto dal legislatore, più complessa della struttura di un mandato collettivo
su cui si basa l’ati. E’, infatti, prevista l’indicazione del programma comune di rete, dei criteri per valutare l’esecuzione durante lo svolgimento, l’indicazione degli obiettivi a cui tende il programma. Tutti elementi non presenti nella struttura dell’ati.
Con riguardo al consorzio appare palese che la rete possa assumere un oggetto più ampio di quello che caratterizza la funzione del consorzio dedicato allo svolgimento di singole fasi delle rispettive imprese.
L’esercizio in comune di un’attività economica ricalca più la nozione di società ex art 2247 e non sembra limitarsi alla esecuzione di determinate specifiche fasi delle singole imprese. Si aggiunga che l’esercizio in comune di un’attività economica è solo una parte delle altre attività espressamente previste dal legislatore attorno alle quali creare l’aggregazione di imprese.
Si aggiunga che lo scopo mutualistico che caratterizza il consorzio non è la caratteristica del contratto di rete99 che può avere tale funzione, ma non si esaurisce in essa, potendo anche assumere scopo di lucro.
Nello spirito del legislatore, che detta la disciplina del contratto di rete all’interno di un testo dedicato a “misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi” (L. n. 33/09) oppure a “disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese” (L. n.99/09) oppure a “misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competività economica” (L.n.122/2010) oppure a “misure urgenti per la crescita del Paese” (D.l. n.83/2012) più che lo scopo mutualistico, sembra incoraggiare e sperare la possibilità di offrire alle imprese un nuovo strumento utile per l’incremento del reddito.
Dal punto di vista formale deve segnalarsi una differente disciplina tra il consorzio che prevede la forma scritta per entrambe le forme consortili e la rete che prevede la forma vincolata soltanto per la rete dotata di soggettività.
Per tute le tipologie di consorzio è, infatti, richiesta ad substantiam la forma scritta espressamente a pena di nullità dell’atto ex art 2603. Per la rete, al
99 di contrario avviso è X. Xxxxxx, Dal consorzio al contratto di rete: spunti di riflessione, in
Le reti di imprese (cit.)pp.167- 176.
contrario, la forma vincolata riguarda solo le reti esterne che svolgono attività verso i terzi, mentre per le reti interne vige il principio della libertà delle forme.
CAPITOLO TERZO
La cooperazione tra imprese nel Regno Unito.
Un’ analisi comparata tra il contratto di rete e il network contract.
Sommario. 1. La cooperazione tra imprese nel Regno Unito: a) il network contract. 2. Segue: b) gli umbrella agreements. 3. Un’analisi comparata tra il contratto di rete e il network contract. 4. Le differenze di struttura tra il contratto di rete e il network contract. 5. La soggettività giuridica del network contract. 6. La responsabilità del network contract. L’evoluzione della giurisprudenza inglese e nuovi cambiamenti: Tre casi illustrativi. 7. Segue: la responsabilità nei rapporti interni tra le imprese in network e nei rapporti esterni verso i terzi.
1. La cooperazione tra imprese nel Regno Unito: a) il network contract.
In un sistema produttivo mondiale caratterizzato da relazioni di scambio è importante capire la forma e la natura degli accordi di cooperazione tra imprese.
Nella prassi delle relazioni tra imprese possono incontrarsi varie forme contrattuali con differenti strutture e modelli di governance come le alleanze, le cooperazioni e le collaborazioni strategiche.
Tra le forme di cooperazione emerse nella prassi dei sistemi di common law si diffondono da tempo, in misura sempre maggiore e non solo nel territorio del Regno Unito, i network contracts (anche n.c.).
Con il termine network contract100 si considerano reti di contratti bilaterali collegati. In prima battuta può definirsi il n.c. come una forma ibrida di organizzazione che presenta elementi del contratto di scambio combinati con elementi dei contratti associativi e permette alle imprese in network di mantenere la loro autonomia e indipendenza, anche se, per via del collegamento contrattuale, sono economicamente dipendenti tra loro.
Le principali caratteristiche dei n.c. sono la cooperazione delle imprese aggregate, l’indipendenza delle imprese partecipanti e la stabilità della relazione costituita tramite il contratto.
Anche per il sistema inglese il n.c. è di difficile sussunzione tra i settori del contract e del company law perché la conformazione del n.c. presenta modelli di governance che oltrepassano i confini dei contratti bilaterali senza creare un nuovo soggetto.
I network contracts hanno ricevuto una notevole attenzione da parte degli studiosi. Resta però difficile esaminare un fenomeno il cui ordinamento non ne riconosce l’esistenza. Il sistema di diritto inglese e gli avvocati inglesi non identificano il n.c. né ne offrono una disciplina specifica. In mancanza di una disciplina di riferimento molti studiosi sono alla ricerca da tempo di una definizione del fenomeno, basandosi soprattutto sull’evidenza empirica dove il fenomeno si manifesta nella realtà concreta.
Nei principi di common law non emerge nessuna regolamentazione del fenomeno del network contract come unità economica e, di conseguenza, si
100 Sul tema cfr. X.Xxxxxxx, Contractual Networks, Inter-Firm Cooperation and Economic Growth, Xxxxxx Xxxxx, Cheltenham, Uk, (2011); S. Xxxxxxxx, X.Xxxxxxx, X. Vettori, “The Organizational Contract, From Exchange to Long-Term Network Cooperation in European Contract Law”, Ashgate, Dorchester, Uk, (2013); X. Xxxxxxx, “Network as Connetcted Contracts”, Oxford, UK, Xxxx Publishing, 2011; Xxxx Xxxxxxx, Xxxxxxx Xxxxxxx, “Legal Issues of Multilateral Co-operation”, Oxford , Xxxx Publishing, (2009); X. Xxxxxxx, P.Xxxxxxxx, Inter-Firm Networks in the European wine industry, in EUI Working Papers LAW 2010/19, Department of Law; X. Xxxxxxx, Contractual Networks and the small business act: Towards European Principles?, EUI Working Papers, LAW 2008/15, Department of Law; X. Xxxxxxx, P. Xxxxxxxx, Private regulation and industrial organization: the network approach, EUI Working Papers, LAW 2012/21, Department of Law; Xxxxx X. Xxxxxxx Xxxxxxxx, Contractual networks and the acess of small and medium enterprises to global value chains, MWP 2012/28, EUI, Xxx Xxxxx Programme; X.X. Xxxxxxx, X.Xxxxx, “Cotracts, relationships and innovation in business-to-business exchanges”, in Journal of Business and Industrial Marketing, 30 (3/4), University of Glasgow, (2015) 405-413; Xxxxxxx Xxxxxxx, “Contracting Worlds: The many autonomies of private law”, SAGE, London, (2000).
presentano difficoltà nella individuazione della disciplina applicabile alla risoluzione dei conflitti.
Per un operatore del diritto inglese, formato sulle tradizioni del sistema di
common law, il fenomeno presenta almeno tre aspetti inusuali e innovativi.
Il primo aspetto è rappresentato dal concetto stesso di network contract. Più in particolare, il fenomeno dell’aggregazione di imprese indipendenti è riconosciuto e studiato in sociologia ed economia da almeno due decadi101, ma una approfondita analisi sugli aspetti giuridici del tema si sta affrontando solo di recente102.
Il secondo profilo innovativo è rappresentato dal metodo di analisi del sistema legale che si sforza di comprendere un fenomeno attraverso le scienze sociali ed economiche. Questo è il punto di partenza della visione di X. Xxxxxxx conosciuta come “systems teory”.
Il terzo aspetto rappresenta le indubitabili differenze tra il sistema di common
law e i sistemi di diritto codificato e i differenti approcci che tali sistemi hanno nel procedimento logico volto, per entrambi, alla individuazione della disciplina applicabile.
A tale proposito vedremo che i due sistemi, di fronte alle medesime criticità, seppur con percorsi diversi, arrivano comunque a proporre le medesime soluzioni.
101 Cfr. XX Xxxxxx, “Neither Friends nor Strangers: Informal Networks of Subcontracting in French Industry” in X. Xxxxxxxx (ed), Trust: Making and Breaking Co-operative Relations (Oxford, Xxxxxxxxx, 1988), 194; XX Xxxxxx, “Neither Market nor Hierarchy: Network Forms of Organisation” (1990) 12 Research in Organisational Behaviour 295; X Xxxxxxxx, X Xxxxxxx, X Xxxxxxx and X Xxxxxxxx, Market, Ierarchy & Networks: The Coordination of Social Life (London, Sage, 1991); A Xxxxxxxx and X Xxxx, “Inter-Firm Networks: Antecedents, Mechanism and Forms” (1995) 16(2) Organization Studies 183.
102 Ci sono alcune eccezioni nelle quali il concetto di network contract è affrontato in connessione con il sistema di common law in relazione alla collaborazione tra imprese. Cfr.
XX Xxxxx and X Xxxxxxxxxx, “Privity and the concept of a Network Contract” (1990) 10 Legal Studies 12; X Xxxxxxx, “Ascription of Legal Responsability to Groups in Complex Patters of economic Integration” (1990) 53 MLR 731; X Xxxx, “Costumers, Chains and Networks”, in X Xxxxxx (ed), Aspect of Fairness in Contract (London, Blackstone, 1996) 137; X Xxxxxxxx, X Xxxxxxx and X Xxxxxxx (eds), Implicit Dimensions of Contract: Discrete, relational and Network Contract (Oxford, Xxxx Publishing, 2003); X Xxxxxxxxxx, “Network Contract Revisited” in X Xxxxxxx and X Xxxxxxx (eds), Network: Legal Issues of Multilateral Co-operation (Oxford: Xxxx Publishing, 2009) 31; X Xxxxxxx, “The Weakest Link: Legal Implications of the Network Architecture of Supply Chains” in X Xxxxxxx and X Xxxxxxx (eds), Networks: Legal Issues of Multilateral Co-operation (Oxford, Xxxx Publishing, 2009) 187.
La ragione per la quale gli operatori del diritto inglese non sono attratti dal fornire definizioni di un fenomeno complesso come quello che si andrà ad esaminare, sono legate soprattutto alla regola del privity of contract che sancisce il limite degli effetti del contratto alle sole parti contrattuali.
Punto di partenza riguarda, infatti, gli effetti del contratto nella sfera giuridica del terzo che nell’ordinamento italiano è limitato ai casi previsti espressamente dalla legge ai sensi dell’art. 1372 c.c.. L’estensione degli effetti del contratto alla sfera giuridica di un terzo, nel sistema inglese, fino alla riforma del 1999, non era permessa alle parti. Tra le principali ragioni a giustificare tale limite per il sistema inglese è il principio che ogni obbligazione deve essere sopportata da una consideration che manca nel rapporto con il terzo che è estraneo al contratto e non sopporta alcun peso. Tale prospettiva cambia con il Contracts (Rights for third Parties) Act del 1999 che riconosce espressamente la possibilità per le parti di creare diritti a favore di un terzo e a quest’ultimo offre la facoltà di agire in giudizio in caso di inadempimento della prestazione in suo favore. Tale legge, permettendo alle parti di creare diritti a favore del terzo, implicitamente restringe la valenza della dottrina della consideration.
La possibilità di beneficiare il terzo non contraente si inserisce all’interno del
fenomeno del network che si configura attraverso un sistema di contratti bilaterali collegati. Di ogni prestazione ne beneficia l’intero gruppo composto dalle singole imprese le quali, tramite la riforma, godono ora di un’azione specifica in caso di inadempimento.
In questa direzione, le Corti estendono al terzo la tutela per l’inadempimento concedendo i rimedi che normalmente si possono utilizzare nei contratti bilaterali.
L’analisi del fenomeno è stata oggetto di studio da parte di molti autori, appartenenti a varie discipline accademiche giuridiche ed economiche, i quali hanno analizzato la natura e la forma di contratti tra imprese sotto profili differenti basandosi sempre sulla teoria del contratto relazionale.
La teoria del contratto relazionale sviluppata da Xxxxxxx 103 considera ogni circostanza contrattuale come fonte di relazione tra le parti. Partendo dalla funzione di alcune norme che regolano gli scambi commerciali, tale teoria introduce il concetto che ogni rapporto contrattuale realizza una relazione tra le parti.
Può considerarsi per contratto relazionale un accordo bilaterale che non si limita a considerare il mero scambio delle prestazioni ma considera come necessaria anche una relazione tra le parti contraenti.
Xxxxxxx evidenzia vari aspetti che possono rendere il contratto di scambio bilaterale inadatto per le imprese che si trovano a fronteggiare la competizione globale attraverso nuove forme di produzione che richiedono la formazione di rapporti stabili tra una gamma differente di imprese.
Partendo da tale teoria si sono sviluppati due diverse correnti dottrinali. Una prima xxxxxx000 pone in risalto i principi normativi che giustificano il vincolo giuridico tra le imprese, mentre una seconda teoria105, seguita dagli economisti,
103 Pr un approfondimento della teoria del contratto relazionale vedi Xxxxxxx, I.R. (1978). “Contracts – Exchange transactions and relations”, New York, The foundation press; Macneil I.R. (1980). “The new social contract” New Haven: Yale University Press; Xxxxxx X. Xxxxxx, Xxxxxxx X. Xxxxx, Xxxxxx E. Xxxxx, “Contracting for innovation: vertical disintegration and interfirm collaboration”, in Columbia L. Rev. Vol. 109, n.3(2009), 431 – 502; Xxxxxxx X. Xxxxx, Xxxxxx E. Xxxxx, “Principles of relational contracts”, in Virginia L. Rev. Vol. 67, n. 6 (1981), pp.1089-1150; Xxxxxx X. Xxxx, “The space between markets and hierarchies”, in Virginia L. Rev., Vol.95, n. 99, (2009), pp. 99-153; Xxxxxx X. Xxxxxxxxx, “Innovation and the organizational contract: lessons from income trusts”, in N.Y. Univ. L. Rev. Vol.88, n.
216 (2013), pp.216-239; Xxxxx Xxxxxxxx, Xxxxxx Xxxxxxxx, “The essential role of Organizational Law”, in Yale Law Journal, Vol. 110, n. 387, (2000), pp. 387-440; X. Xxxxxxx,
X. Xxxxxxx, X. Suedekum, “Relational Contract and Supplier Turnover in the Global Economy”, CEP Discussion Paper n. 1375 – London School of Economics, London, Uk, (2015); Xxxxxx X. Xxxxxxxxx, Xxxxxx X. Xxxxxxxx, “Economic and legal boundaries of firms”, in Virginia L. Rev. Vol. 93, n. 3, (2007), pp. 515-570; Xxxxx Xxxxxxxx, “The relational Theory of contract: selected works of Xxx Xxxxxxx”, Xxxxx & Xxxxxxx, London, 2001; Xxxxx
X. Xxxxxxxxx, “Relational incentive contracts”, Discussion paper series n. 000, 0000, Xxxxxxxxxx xx Xxxxxx, Xx; Xxx Xxxxxxx, “Relational Contract: what we do and do not Know”, in Wisconsin L.Rev. Vol. 483, (1985) pp. 483-525.
104Esponente maggiore della teoria è Xxxxxxx, I.R. (1974) “A primer of contract Planning”, Southern California Law Review Vol 48, pp. 627-704; id., (1987) “Barriers to the idea of relational contracts” in Xxxxxxxxx, X. (Ed.), The complex Long-Term Contract, CF Xxxxxxx Juristisher Verlag: Heidelberg, pp. 31-46; id, (2000) “Relational contract theory: Challenges and Queries” Northwestern University Law Review, 94, 877-907; Xxxxxxxxx, D. (2004) “Contract and collaboration”, The Yale Law Journal, Vol 113, pp. 1417-1518.
105 Seguono tale teoria Klein, B. (1980) “Transaction Cost Determinants of unfair Contractual Arrangements”, American Economic Review, Vol 70, N. 2, pp. 356-362; Xxxxxxx, X. (2005)”For formal(izable) theories of the firm?” Journal of economic Behavior and
sostiene che, nelle relazioni tra imprese, si configuri sempre un “contratto incompleto”.
La teoria organizzativa del contratto incompleto sottolinea che, in assenza di un’integrazione verticale tra imprese, ogni tipo di contratto si conclude tra un produttore e un consumatore. Secondo tale teoria ogni contratto sarà quasi sempre incompleto perché contiene qualche elemento azionabile da un terzo.
I contratti relazionali analizzati dagli economisti non rientrano esattamente nel concetto di relationship come descritto da Xxxxxxx ma essi hanno un punto di vista comune con la teoria di Xxxxxxx in quanto riconoscono che ogni contratto contiene elementi relazionali.
Entrambe le teorie arrivano comunque ai medesimi risultati. L’obiettivo primario delle imprese è quello di accrescere la qualità delle prestazioni cooperando tra loro attraverso una relazione di lungo termine, usando il contratto relazionale come un ammortizzatore contro l’incertezza della domanda, la complessità dei processi produttivi e la competizione del mercato. Un contratto relazionale si attaglia alle situazioni nelle quali il processo produttivo da svolgere richiede la necessaria cooperazione tra imprese ed è preferibile una maggiore flessibilità al fine di superare i prevedibili ostacoli e le oscillazioni della domanda del mercato.
Vi è stata, con una certa ambiguità, una tendenza ad assimilare, anche terminologicamente, il relational contract con il long-term contract, ovvero il contratto di durata. La durata del contratto, però, per sé stessa considerata, non contraddistingue il relational contract e può considerarsi come una variabile indipendente nel diritto privato inglese.
Si possono offrire alcuni esempi. Una locazione di immobile può comportare una limitata relazione tra locatore e locatario, come un finanziamento a lungo termine può essere restituito senza che le parti entrino mai in contatto tra loro. Al contrario, una ristrutturazione di un appartamento della durata complessiva di un mese comporta un’alta cooperazione tra i soggetti coinvolti, come un giorno di pose per il fotografo e la modella incaricati da una rivista di moda.
Organization, Vol 58, pp. 200-245; Xxxxx, M., Xxxx, A. and Xxxx, X. (2004) “Relational Contracts and the nature of market transactions” Econometria, Vol 72, N. 3, pp.747-780.
Si esclude, pertanto, la durata come elemento utile per riconoscere un relational contract e si ritiene, d’altro verso, di riconoscere il contratto relazionale nell’ipotesi in cui le parti siano incapaci di ridurre un complesso regolamento contrattuale in una singola obbligazione ben definita106.
Il contratto relazionale tra imprese è, quindi, teso alla realizzazione di un obiettivo comune che va oltre l’interesse dei singoli partecipanti attraverso una cooperazione nell’esecuzione dei lavori ed una condivisione delle conoscenze, con evidenti ripercussioni sul benessere dell’intera comunità interessata ad uno sviluppo sostenibile.
I partecipanti al n.c. hanno, in genere, interessi omogenei o parzialmente divergenti riuniti da un interesse comune. Attraverso l’adozione di tale forma contrattuale emerge, pertanto, un interesse collettivo del network sovraordinato e distinto da quello dei singoli partecipanti.
Nel legame tra le imprese partecipanti al progetto comune viene in risalto altresì la fiducia tra gli operatori potendo far rilevare l’intuitu personae nella scelta dell’impresa in network.
Le caratteristiche del contratto relazionale sono, pertanto, la cooperazione, una eventuale struttura organizzativa che si realizza attraverso modelli di governance idonei, la condivisione del rischio, la fiducia e la flessibilità.
Come sopra accennato il n.c. è una forma ibrida di organizzazione tra la figura del contratto di scambio e il contratto associativo, che realizza una forma di coordinamento delle attività tra imprese che restano giuridicamente indipendenti e che cooperano al fine di raggiungere obiettivi comuni.
Il network contract, a differenza della rete, si distingue altresì dalle società perché non prevede la costituzione di un nuovo soggetto giuridico.
Nonostante esso possa realizzarsi con varie modalità è comunque possibile offrirne una nozione più pregnante. Per n.c. può intendersi una forma di collaborazione tra imprese che può configurarsi attraverso una serie di contratti bilaterali collegati, nel quale due o più imprese partecipano mantenendo la propria indipendenza.
106 C.J. Xxxxx & R.E. Xxxxx. (1981) Principles of Relational Contracts, 67, Va. L. Rev. 1089, 1091.
Attraverso il n.c. le imprese, che possono anche essere competitors nello stesso mercato, perseguono un comune obiettivo con lo scopo di realizzare progetti di comune interesse.
Il n.c. si configura con una sequenza di contratti bilaterali funzionalmente collegati al fine di contribuire nella filiera produttiva, ciascuno per la propria parte, allo sviluppo di un processo produttivo comune.
Tale forma si caratterizza per la presenza di almeno tre parti, dal perseguimento di un comune obiettivo, dalla stabilità della relazione e dalla stretta interdipendenza tra le imprese partecipanti che restano giuridicamente indipendenti. Tale modello contrattuale implica che alcune decisioni riguardanti gli investimenti o la gestione delle risorse comuni, vengano prese congiuntamente dalle imprese aderenti.
Il n.c. si distingue significativamente dai contratti bilaterali di durata perché la complessità dell’interdipendenza tra le imprese è molto elevata e esige, spesso un sistema organizzativo. Tale struttura organizzativa richiede regole che disciplinino la cooperazione, l’adesione delle imprese, l’uscita e i rimedi in caso di inadempimento.
Anche il n.c. come il contratto di rete può essere impiegato al fine di raggiungere obiettivi di diversa natura. Può essere convenuto un n.c. per regolare la fase produttiva, oppure la fase distributiva oppure coordinare verticalmente tutta la filiera.
In concreto, il contratto di network rappresenta un importante strumento che permette alle imprese di coordinare le loro attività al fine di inserirsi nei mercati internazionali o di raggiungere una posizione maggiormente competitiva nella filiera produttiva nazionale. Unendo le energie delle singole imprese è possibile produrre un prodotto comune e più competitivo, annettendo più input complementari.
Per la forte interdipendenza e la fiducia che è alla base del fenomeno contrattuale deve considerarsi come rilevante l’intuitu personae riferito alla singola impresa contraente.
Le ricerche empiriche all’interno del settore manufatturiero dimostrano che le imprese tendono ora a semplificare il complesso processo della filiera
produttiva adottando una nuova forma contrattuale conosciuta come contratto umbrella che per la sua natura e la sua forma configura un nuovo paradigma assimilabile al nostro contratto normativo.
2. Segue: b) gli umbrella agreements.
La prassi contrattuale inglese ha rivelato, negli ultimi anni, rapidi cambiamenti e i confini tra le differenti forme contrattuali sono in continua evoluzione nelle forme e nelle strutture.
Per la realizzazione di operazioni complesse spesso si è rivelata necessaria una fase preliminare di negoziazione dalla quale scaturiscono solamente effetti obbligatori, per poi riscontrare, con il decorso di un lungo periodo di tempo, la fase vera e propria di conclusione del contratto.
Nelle comuni trattazioni di affari gli operatori osservano usi e consuetudini generalmente da loro accettate. Tali norme creano una struttura dei rapporti tra imprese e guidano la conclusione degli scambi.
La teoria sviluppata da Xxxxxxx può offrire in questo quadro un aiuto per comprendere la natura di tali contratti. Al contrario, la teoria del contratto incompleto porta a risultati contrastanti.
Al fine di formalizzare la fase delle trattative e dare certezza alle modalità operative la prassi sta adottando, in modo sempre crescente, contratti denominati “umbrella agreements” (anche u.a.)107.
Gli umbrella agreements sono contratti che recepiscono gli usi e le consuetudini consolidate e osservate da tempo dagli operatori nel settore e
107 Sul tema cfr. Xxxxxx, X. & Blois, B. (2008). Relational contract theory: confirmations and ontraddictions. In the proceedings of 24th IMP Conference, Uppsala University; Mouzas, S. & Ford D. (2006) Managing Relationships in showery Wealther: The role of Umbrella Agreements, Journal of Business Research, 59, 1248-1256; Mouzas, S. & Ford D. (2007). Contracting in Asymetric Relationships: The role of Framework Contracts, The IMP journal, 1(3), 42-63; Xxxxxx, S & Ford D. (2009) The Constitution of networks. Industrial marketing Management, 38, 495-503; Mouzas, S. & Ford D. (2010). Networking under uncertainty: Concepts and research agenda. Industrial Marketing Management, 39, 956-962; Mouzas, S. (2006). Efficiency versus effectiveness in business networks. Journal of Business Research, 67(1, 37-50; Xxxxxx, X. Xxxxxxxxxx & Xxxxx, X. (2007). Trust and reliance in business relationships. European Journal of Marketing, 41, 9/10, 1016-1032;