COLLEGIO DI NAPOLI
COLLEGIO DI NAPOLI
composto dai signori:
(NA) MARINARI Presidente
(NA) XXXXXXXX Membro designato dalla Banca d'Italia
(NA) CONTE Membro designato dalla Banca d'Italia
(NA) XXXXX DI TORREPADULA Membro designato da Associazione
rappresentativa degli intermediari
(NA) GUIZZI Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti
Relatore XXXXXX XXXXXXXX
Nella seduta del 14/07/2015 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
La controversia sottoposta alla cognizione del Collegio concerne il tema della nullità delle pattuizioni contrattuali riguardanti la definizione del tasso di interesse e della commissione di estinzione anticipata previste in relazione ad un mutuo. Questi, in sintesi, i fatti oggetto del procedimento.
Dopo aver presentato reclamo in data 24 febbraio 2014, ricevuto ma non riscontrato dall’intermediario, la società ricorrente, avvalendosi dell’assistenza di un difensore, si è rivolta all’Arbitro Bancario Finanziario, lamentando la nullità e comunque la non corretta applicazione di alcune delle condizioni contrattuali disciplinanti il rapporto corrente inter partes.
La ricorrente, società cooperativa costituita per la costruzione di unità immobiliari di edilizia popolare da assegnare ai soci, espone, in fatto, di avere stipulato con l’intermediario resistente in data 6 dicembre 2010 un contratto di mutuo edilizio per l’importo di € 2.500.000,00 da erogare in modo frazionato in relazione all’avanzamento dei lavori per i quali il finanziamento era richiesto. La società espone, altresì, che il contratto prevedeva,
fino all’erogazione finale dell’ultima tranche dell’importo concordato, una fase di preammortamento, nel corso della quale il debitore era tenuto al versamento, mese per mese, solo degli interessi maturati, al tasso nominale annuo del 3,83%. Con l’ultima erogazione, all’atto della sottoscrizione della quietanza finale, le parti avrebbero dovuto concordare il tasso di interesse da applicare in corso di ammortamento rateale, “in relazione all’andamento dei mercati finanziari, secondo i parametri stabiliti all’art. 6 del precontratto e all’art. 3 del capitolato”.
La società lamenta quindi che nell’atto di erogazione e quietanza, sottoscritto il 28 giugno 2012, con il quale si procedeva anche al “frazionamento delle quote del mutuo fra i soci pro quota … con relativo frazionamento dell’ipoteca sull’immobile a ciascuno assegnato”, veniva indicato un tasso di interesse in misura fissa di 6,39 punti percentuali, determinato tuttavia in maniera arbitraria e discostandosi dalle indicazioni contenute nel contratto di mutuo.
La società rileva ancora che scostamenti tra quanto disposto nel contratto e quanto previsto nell’atto di erogazione e quietanza si rinvengono pure in relazione alla penale di estinzione anticipata. Il contratto di mutuo, infatti, prevedeva una penale omnicomprensiva, pari all’1% del capitale; il successivo atto di erogazione, la misura della penale risulta, invece, incrementata fino al 3% del debito residuo.
Tanto premesso in punto di fatto, la società procede ad illustrare in diritto le proprie argomentazioni.
In primo luogo, con riferimento al tasso di interesse applicato in sede di ammortamento del finanziamento, osserva che il contratto di mutuo stipulato il 6 dicembre 2010 è l’unica valida fonte consensuale del rapporto; l’atto di erogazione e quietanza non dà origine ad una nuova obbligazione, ma “perfeziona (attraverso il frazionamento del mutuo e dell’ipoteca in quote) l’obbligazione già esistente”.
Tanto osservato, l’esponente sottolinea che non può ammettersi che la misura degli interessi corrispettivi sia fissata nell’atto di erogazione in maniera più onerosa e difforme rispetto ai criteri di determinazione indicati nell’originario contratto. Quest’ultimo espressamente statuiva che “la banca si riserva di fissare i termini e le modalità di definizione dell’operazione, … in relazione all’andamento del mercato finanziario e in ragione dell’acquisizione della provvista dei fondi”; specificava tuttavia che “con il suddetto atto di erogazione-quietanza finale potrà anche essere stabilito che il mutuo venga regolato per l’intera durata o per parte della stessa a tasso fisso, la cui misura sarà determinata con l’atto medesimo”. Aggiunge ancora la ricorrente che nell’allegato capitolato si indicava che, qualora le parti avessero concordato che l’ammortamento del mutuo dovesse essere regolato da tasso fisso, questo sarebbe stato determinato con riferimento al “parametro Interest Rate Swap lettera Euro (IRS) pari alla durata contrattuale risultante da il Sole24ore o da altro quotidiano equipollente rilevato il giorno antecedente la data di stipula dell’atto di erogazione finale con le eventuali maggiorazioni stabilite dall’atto medesimo“.
Rileva pertanto la ricorrente che il parametro IRS a 20 anni, alla data del 27 giugno 2012 era pari al 2,24%, quindi addirittura più basso del valore dello stesso parametro al momento della stipulazione del contratto di mutuo, 3,48%. Invero, i mercati finanziari hanno, nel periodo in considerazione, evidenziato una stabile riduzione dei tassi, che si traduce per le banche in un minore costo di approvvigionamento della liquidità. E’ pertanto assolutamente irragionevole che la resistente abbia applicato nel 2012 uno spread sul parametro di riferimento del 4,15%, rispetto ai contenuti valori applicati in sede di preammortamento. D’altra parte, evidenzia infine l’esponente, il TEGM per i mutui a tasso fisso, cioè il tasso medio praticato dal sistema, nel II trimestre del 2012, era pari al 4,75%.
In riferimento all’altro profilo, attinente alla penale per estinzione anticipata, la ricorrente sostiene che il frazionamento dell’ipoteca su ciascuno immobile, comporta che ciascuno dei soci assegnatari si obbliga singolarmente alla restituzione della rispettiva quota di finanziamento. Il contratto in capo alla cooperativa sarebbe una fictio iuris, esistendo di fatto 31 (uno per ciascuno dei 31 soci) rapporti di mutuo per l’acquisto della prima casa; di conseguenza, ad ogni singolo socio deve riconoscersi il diritto di estinguere anticipatamente il proprio debito, senza il pagamento di alcuna penale ai sensi del cd. decreto Bersani.
Rileva infine la ricorrente che l’originario contratto di mutuo prevedeva all’art. 9 che, in caso di versamento anticipato, fosse applicato al cliente una penale omnicomprensiva dell’1%; nell’atto di erogazione finale, la misura è incrementata fino al 3%. Peraltro, prima del frazionamento, un socio ha estinto anticipatamente la propria parte di finanziamento senza pagare alcuna penale; successivamente, invece, altri soci si sono visti richiedere e/o applicare la maggiorazione del 3% sul capitale residuo.
Sulla base di quanto esposto, la società conclude dunque chiedendo al Collegio di (i) dichiarare “in applicazione del disposto combinato dell’art. 1346 c.c. sull’indeterminatezza dell’oggetto contrattuale (…) e dell’art. 117, commi 4, 6 e 7, del D.Lgs. n. 385/1993” la nullità della clausola di pattuizione del tasso contenuta nell’atto di quietanza, e di dichiarare altresì (ii) la nullità della clausola che prevede la penale per estinzione anticipata.
L’intermediario ha resistito depositando controdeduzioni con cui ha chiesto di respingere il ricorso.
Il resistente precisa, innanzitutto, che il finanziamento è stato erogato in tre tranche: la prima di € 1.000.000,00 erogata il 24 dicembre 2010, poco dopo la stipula del contratto di mutuo; le altre due erogazioni, per complessivi € 1.500.000,00, sono avvenute rispettivamente in data 31 gennaio 2011 e 26 luglio 2011.
Tanto premesso, il resistente richiama, a sostegno della legittimità del proprio operato, la disposizione del contratto di mutuo ai sensi della quale il tasso di interesse da applicare per la durata dell’ammortamento sarebbe stato determinato nell’atto di erogazione e quietanza finale ,“in relazione all’andamento del mercato finanziario tenuto conto anche delle modalità di assunzione della provvista”. In seguito alla sottoscrizione del suddetto atto di erogazione, l’allora presidente della cooperativa rilasciava una lettera di accettazione delle nuove condizioni contrattuali.
Con riferimento al frazionamento, il resistente fa presente di avere già in passato precisato alla controparte che, alla luce di una convenzione intervenuta con il comune nel quale insistevano gli interventi edilizi, la società cooperativa non avrebbe potuto procedere al trasferimento degli alloggi in proprietà dei soci finché non fossero trascorsi otto anni dalla data di assegnazione in godimento e locazione; correlativamente, la posizione debitoria, benché frazionata, sarebbe rimasta in capo alla società fino almeno al trasferimento della proprietà delle unità abitative. Tant’è che, a tutt’oggi, per la regolarizzazione dei non episodici ritardi nei pagamenti, la banca interessa sempre e unicamente il presidente della cooperativa.
Soggiunge poi l’intermediario che la penale prevista nell’atto di erogazione finale è conforme alle indicazioni sul punto contenute nel foglio informativo, ai sensi del quale, in caso di estinzione anticipata, il compenso da applicare al capitale residuo è pari al 2% per i rapporti di durata non superiore a 5 e al 3% per quelli di durata fino a 10 anni. In ogni caso, in attesa del trasferimento delle unità immobiliari ai singoli soci, la resistente riferisce di aver rigettato la richiesta di estinzione anticipata avanzata da un socio, non potendosi dare corso al necessario preventivo accollo della relativa quota di finanziamento.
DIRITTO
Il ricorso appare meritevole di accoglimento riguardo alla domanda tesa all’accertamento della “nullità” della clausola determinativa del tasso di interessi, per la sua indeterminatezza, mentre deve essere respinto nella parte riguardante l’illeceità della clausola penale di estinzione anticipata.
Quanto alla domanda tendente alla declaratoria di nullità della clausola determinativa della misura degli interessi essa, come detto, appare fondata, sia pure nei limiti che seguono.
Nel caso di specie l’intermediario ha strutturato l’operazione secondo uno schema per vero un tempo in uso, e noto come “doppio contratto”, le cui origini risalgono al Testo Unico delle leggi sul credito fondiario del 1905, ove il rapporto tra il soggetto finanziatore ed il soggetto beneficiario del credito si realizzava in due tempi, scanditi dalla stipulazione di due distinti contratti (il preliminare ed il definitivo). Siffatto schema rispondeva, in allora, alle ben definite e rigide regole che presiedevano all’erogazione di siffatta tipologia di finanziamenti, connotata da rilevanti profili di specialità, a partire dalle stesse modalità e forme di raccolta della provvista. Esso è stato, tuttavia, nel tempo progressivamente superato, anche a seguito della c.d. despecializzazione di tale comparto, espressamente prevedendosi, invece, come modalità normale di perfezionamento dell’operazione quella caratterizzata dalla conclusione di un unico contratto.
Tanto rammentato, alla luce della disciplina oggi dettata dal Testo Unico Bancario e, soprattutto, dalle norme in materia di trasparenza delle operazioni bancarie, non pare dubbio che - se anche si volesse continuare a costruire l’operazione (il che, si ripete, è quanto sembra aver inteso fare il resistente) sulla base di una duplicità di atti di natura negoziale – è in ogni caso già il primo contratto che deve specificarne le condizioni economiche, almeno richiamando parametri puntuali che rendano se non esattamente determinato almeno determinabile il tasso di interessi al cui pagamento è obbligato il soggetto finanziato.
Orbene, ciò non può dirsi avvenuto nel caso di specie, dove il contratto prevede in maniera puntuale solo il tasso del periodo di preammortamento – pari al 3,48% - ma non contiene una determinazione del tasso da applicare all’operazione, né contiene un criterio che permetta di considerarlo determinabile, tale requisito non potendo certo considerarsi soddisfatto in presenza di una clausola che rimette alla assoluta discrezionalità dell’intermediario financo la scelta tra tasso fisso e tasso variabile, e poi, con riferimento alla prima delle due alternative, in presenza di una clausola che aggancia il valore del tasso ad un non meglio precisato parametro rappresentato dal costo della raccolta.
E tuttavia, una volta accertata la nullità della clausola per le ragioni sopra indicate, resta da verificare quale sia il tasso che, in ossequio al principio di conservazione del contratto, deve applicarsi all’operazione in essere tra le parti: se l’interesse legale ex art. 1284 c.c., ovvero il tasso nominale minimo dei titoli di stato emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto ai sensi dall’art. 117 TUB, o ancora se esso non possa identificarsi con il tasso comunque contrattualmente previsto, seppure in relazione al periodo di preammortamento.
Xxxxxx, ritiene il Collegio che tra le tre soluzioni, sia proprio l’ultima indicata a dover trovare applicazione nel caso di specie. Induce in tal senso la considerazione che il tasso del 3,48% è pur sempre un tasso di regolazione dell’interesse che la parte ricorrente ha espressamente accettato, sicché esso deve essere applicato al rapporto con preferenza rispetto agli altri criteri di sostituzione, pure astrattamente prospettabili, potendo ritenersi – anche ad instar di quanto stabilito dall’art. 1424 c.c. – che se le parti avessero avuto contezza della nullità della clausola che rinviava a un atto successivo la determinazione
dell’interesse, esse avrebbero presumibilmente confermato il tasso già puntualmente indicato per il preammortamento.
Non appare, invece, come detto, meritevole di accoglimento la seconda domanda formulata dalla ricorrente, vale a dire quella volta a denunciare la nullità della clausola di estinzione anticipata. In disparte la considerazione che, per com’è stata in concreto prospettata la questione, si può persino ragionevolmente dubitare che la società abbia legittimazione attiva sul punto - se, infatti, come sembra dedursi dal ricorso, quel che si intende far valere è il diritto dei soci della cooperativa a poter estinguere anticipatamente, senza pagamento di alcunché, la quota parte del mutuo ad essi accollata, è evidente che una simile domanda può essere articolata solo dai singoli soci, e non certo dalla società in loro vece – quel che appare dirimente è la considerazione che il mutuo è stato accordato per una finalità edilizia alla società, e che il finanziamento è tutt’ora intestato all’impresa, sicché la presente vicenda non è sussumibile nelle fattispecie rispetto alle quali la previsione di una penale di estinzione anticipata risulta contra legem.
P.Q.M.
In parziale accoglimento del ricorso, il Collegio accerta la nullità della clausola che rimette la determinazione del tasso all’atto di quietanza, nei sensi e per gli effetti di cui in motivazione.
Il Collegio dispone inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di € 200,00 quale contributo alle spese della procedura e al ricorrente la somma di € 20,00 quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1