LA RIFORMA FORNERO E I CONTRATTI A CONTENUTO FORMATIVO
LA RIFORMA FORNERO E I CONTRATTI A CONTENUTO FORMATIVO
(Dr.ssa Xxxxxxx Xxxxxxxx) PREMESSA
La riforma Xxxxxxx interviene anche sui contratti a contenuto formativo. Il riferimento è in particolare all’apprendistato ed al contratto di inserimento . Vedremo infine come la riforma ha poi inciso sui tirocini formativi. I contratti a contenuto formativo sono una particolare categoria di contratti di lavoro che permettono al soggetto coinvolto di essere inserito (o re-inserito) nel mercato del lavoro offrendogli una formazione che rappresenta un aspetto caratterizzante ed imprescindibile del contratto a contenuto formativo (che per questa ragione è definito anche “contratto a causa mista”).
UN PO’ DI STORIA
La cd. Xxxxx Xxxxx (Decreto Legislativo 276/2003) ha modificato i precedenti contratti a contenuto formativo introducendo significative novità. La riforma ha influito significativamente proprio su contenuto e forma della formazione, che variano a seconda della tipologia di contratto. Il tutto in linea con quanto rappresentato dalle Parti sociali nel cosiddetto Patto di Natale. La legge Xxxxx aveva differenziato le tipolo- gie negoziali tradizionalmente caratterizzate da una funzione formativa nei confronti del lavoratori; cioe l’apprendistato e il contratto di formazione e lavoro. All’epoca tali contratti di lavoro presentavano non poche problematiche di carattere pratico ed, inoltre, avevano finito in realtà con il sovrapporsi dal punto di vista della sfera applicativa.
Il contratto formazione lavoro
In particolare, il contratto di formazione e lavoro veniva ampiamente utilizzato dalle imprese in assenza di una reale osservanza degli obblighi formativi. Ne risultava fortemente penalizzata la funzione formativa del contratto effettiva solamente nei contratti di tipo A (art. 16 L. 451/1994). In concreto i CFL finivano con l’avere la finalità di inserimento occupazionale dei giovani piuttosto che formativa soprattutto in quelle Regioni in cui era alto il tasso di disoccupazione al punto che la stessa giurisprudenza applicava la sanzione della conversione del contratto di formazione e lavoro in un normale contratto di lavoro a tempo indeterminato (art. 9 L. 863/1984) solo allorchè l'inadempimento dell’obbligo di formazione fosse rilevante (Cass. 1745/1995,2009/1996, 1426/1998).
Il contratto di apprendistato
Per quanto concerne il contratto di apprendistato già individuato dagli artt. 2130/2134 del codice civile, esso in origine era definito come «uno speciale rapporto di lavoro in forza del quale l’imprenditore è obbligato ad impartire o far impartire, nella sua impresa, all’apprendista assunto alle sue dipendenze, l’insegnamento necessario perchè possa conseguire la capacità tecnica per diventare lavoratore qualificato, utilizzandone l’opera nell'impresa medesima»(ari. 2, co. 1, L. 25/1955). La normativa nata in un lontano passato era subito divenuta obsoleta rispetto all’evolvere del contesto produttivo che comportava l’applicazione delle moderne tecnologie alle attività professionali e non consentiva di estendere l’apprendistato a personale in possesso di titolo di studio superiore o di qualifica professionale. Il contratto era stato marginalizzato e veniva utilizzato più che altro per i mestieri tradizionali o comunque per attività con basso contenuto professionale. Si assisteva al declino dell’apprendistato a beneficio del contratto formazione lavoro che permetteva di assumere giovani con più elevati livelli di scolarità e di istruzione, L’apprendistato viene disciplinato per la prima volta nel nostro ordinamento nel 1955 con la legge
25/1955 che ne evidenzia subito il carattere di specialità. L’imprenditore non ha solo l’obbligo alla retribuzione ma deve anche impartire all’apprendista la formazione necessaria al raggiungimento di una qualifica. Quello che si instaura nel rapporto di apprendistato è quindi un contratto di lavoro subordinato a “causa mista”. Sono sopravvenute poi la l. n. 196/1997 (c.d. Legge Treu), la l. n. 144/1999 e soprattutto la l. n. 30/2003 (c.d. Xxxxx Xxxxx) con il d.lgs. n. 276/2003 che ha individuato le tre tipologie di apprendistato a noi oggi note, la l. 80/2005 (solo due anni dopo) attraverso l’introduzione del comma 5-bis all’art. 49, che rimetteva sostanzialmente la disciplina dell’apprendistato professionalizzante alla contrattazione collettiva, il
d.l. n. 112/2008 aggiunge un ulteriore comma, il 5-ter, che sostanzialmente istituisce un secondo canale di accesso all’apprendistato professionalizzante, affidato integralmente alla contrattazione collettiva e nel quale la formazione viene erogata esclusivamente dall’azienda. il d.l. n.112/2008 che aggiunge il comma 5-ter, che sostanzialmente istituisce un secondo canale di accesso all’apprendistato professionalizzante, affidato integralmente alla contrattazione collettiva e nel quale la formazione viene erogata esclusivamente dall’azienda. Dalla sentenza 176/2010 della Corte Costituzionale che definisce, unificandoli, i ricorsi delle 9 Regioni che sollevano questione di legittimità costituzionale di detto comma alla conversione in legge 133/2008 del decreto 112/2008, riparte il cammino della nuova legge sull’apprendistato . La l. n.247/2007 conteneva i criteri direttivi ed i principi a cui il legislatore delegato doveva attenersi per attuare la delega ricevuta vincolandone l’ esercizio ad una intesa preventiva con le Regioni e le parti sociali. II D.Lgs. 276/2003 ha rappresentato, quindi, l'occasione opportuna per intervenire sui menzionati contratti a contenuto formativo, operando una specializzazione del contratto di apprendistato nella funzione formativa ed introducendo una nuova iipologia negoziale, il contratto di inserimento, cui era demandata la funzione di inserimento o di reinserimento nel mercato del lavoro delle categorie socialmente deboli. Al contempo veniva stabilito che, ad esclusione dell’impiego presso le Pubbliche Amministrazioni a decorrere dal 24-10-2003, non potessero essere più stipulati contratti di formazione e lavoro. II successivo dispiegarsi di interventi correttivi sulle due nuove tipologie contrattuali, dimostra le difficoltà che sono emerse nella loro concreta attuazione, soprattutto per l’ apprendistato . Nel 2011 con il Testo Unico 167 sono state abrogate le disposizioni precedenti e scritti sette articoli, con rinvii alla contrattazione collettiva che nel disciplinare l’apprendistato potrà tener conto delle specificità dei vari assetti produttivi molto più di quanto in concreto non sia avvenuto sino ad oggi.. Xxxxx stesso va sottolineato il vantaggio per l’occupabilità, sulla base dell’integrazione tra apprendimento e lavoro. Il nuovo contratto di apprendistato ha tre articolazioni possibili:
1. per il conseguimento della «qualifica professionale», applicabile a chi ha già oltre 15 anni, con la durata massima di tre anni, che assolve anche l’obbligo dell’istruzione,
2. «professionalizzante», rivolto ai giovani dai 18 ai 29 anni, della durata massima di sei anni,
3. di «alta formazione» per i giovani della stessa età, che vogliono conseguire un titolo di studio superiore, universitario e di alta specializzazione, come il dottorato di ricerca.
Il Testo Unico afferma il principio per cui “l’apprendistato è un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e all’occupazione dei giovani”., rivolto anche ai lavoratori in mobilità. Le parti possono recedere dal contratto durante il periodo di svolgimento solo per giusta causa o giustificato motivo. Un datore di lavoro non può assumere con contratto di apprendistato maestranze specializzate e qualificate in servizio presso l’azienda dell’imprenditore stesso. Il finanziamento della formazione degli apprendisti può avvenire con il concorso delle Regioni per mezzo dei fondi paritetici interprofessionali. La nuova normativa prende atto della distribuzione anagrafica reale degli apprendisti e la istituzionalizza, parifica istruzione scolastica e formazione pratica in azienda, affronta il problema della disoccupazione giovanile e dell’impiego, dando ampio mandato al datore di lavoro, che si avvantaggia dei finanziamenti regionali e non è tenuto a dare garanzie sulla qualità dell’apprendimento e sulla qualificazione reale
dell’apprendista. Alcune norme sono applicabili a tutte e tre le tipologie di apprendistato come ad esempio il limite delle assunzioni, per cui il numero massimo di apprendisti assunti, è pari al 100% delle maestranze specializzate e qualificate in servizio.Per quanto riguarda le sanzioni, in caso di inadempimento nell’erogazione della formazione di cui è responsabile il datore di lavoro, questi è tenuto a versare la differenza tra la contribuzione versata e quella dovuta con riferimento al livello di inquadramento contrattuale superiore che sarebbe stato raggiunto dal lavoratore alla fine del periodo di apprendistato, maggiorata del 100%.Come si diceva è’ possibile l’assunzione con apprendistato dei lavoratori in mobilità. In questo caso si applica il regime contributivo proprio degli apprendisti per una durata di 18 mesi, e anche l’incentivo proprio delle assunzioni dei soggetti in mobilità, ossia il contributo mensile, pari al 50% dell’indennità di mobilità che sarebbe stata erogata al lavoratore per la durata di 12 mesi, che diventano 24 se il lavoratore ha più di 50 anni e 36 nelle aree del Mezzogiorno.
Il contratto di inserimento
Il contratto di inserimento era un contratto di lavoro diretto a realizzare, mediante un progetto individuale di adattamento delle competenze professionali del lavoratore a un determinato contesto lavorativo, l'inserimento ovvero il reinserimento nel mercato del lavoro di una serie di categorie c.d. svantaggiate:
a) soggetti di età compresa tra i diciotto e i ventinove anni;
b) disoccupati di lunga durata da ventinove fino a trentadue anni;
c) lavoratori con più di cinquanta anni di età che siano privi di un posto di lavoro;
d) lavoratori che desiderino riprendere una attività lavorativa e che non abbiano lavorato per almeno due anni;
e) donne di qualsiasi età prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi residenti in una area geografica in cui il tasso di occupazione femminile sia inferiore almeno di 20 punti percentuali a quello maschile o in cui il tasso di disoccupazione femminile superi di 10 punti percentuali quello maschile;
f) persone riconosciute affette, ai sensi della normativa vigente, da un grave handicap fisico, mentale o psichico.
I tirocini formativi
I tirocini sono finalizzati a realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro e ad agevolare le scelte professionali a favore de soggetti che hanno già assolto l'obbligo scolastico. I tirocini formativi e di orientamento sono stati introdotti dalla L. 196/1997 (art. 18) in sostituzione delle precedenti tipologie di stage variamente denominate (quali i periodi di formazione in azienda previsti dall’art. 3, co. 13, L. 863/1984 e i tirocini disciplinati dall’art. 9, co. 14,15, L. 236/1993). La finalità è di porre un altro tassello al «processo di avvicinamento fra mondo dell’istruzione e della formazione e mondo del lavoro che ha caratterizzato, nel settore privato, le politiche del lavoro degli anni più recenti ed è finalizzato ad aumentare le possibilità di concreto inserimento dei giovani nel mondo del lavoro» (direttiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri 1-8-2005,
n. 2).La definizione dei criteri e delle modalità di svolgimento dei tirocini è demandata alla competenza legislativa di ciascuna Regione..
Da ultimo, la manovra economica bis 2011 ha stabilito i livelli di tutela essenziali per l'attivazione dei tirocini (art. 11 D.L. 138/2011 conv. in L. 14-9-2011, n. 148). In base a tali nuove disposizioni:
— L’attivazione dei tirocini e riservata ai soggetti in possesso degli specifici requisiti fissati preventivamente dalle normative regionali;
tirocini formativi e di orientamento curriculari possono essere promossi unicamente a favore di neodiplomati o neolaureati entro un anno dal conseguimento del relativo titolo di studio. Essi inoltre non possono avere una durata superiore a 6 mesi, proroghe comprese (art. 11 D.L.
138/2011 xxxx.xx L. 148/2011). Fanno eccezione i disabili, gli invalidi fisici, psichici e sensoriali, i soggetti in trattamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti e i condannati ammessi a misure alternative di detenzione.
II rapporto di tirocinio non è qualificabile come rapporto di lavoro subordinato, con la conseguenza che nei confronti del tirocinante e dell’impresa che se ne avvale non trovano applicazione gli effetti tipici del rapporto di lavoro subordinato. I tirocini hanno valore di credito formativo. Sul piano giuridico, il tirocinio si risolve in un contratto il cui oggetto e rappresentato dall’inserimento dello stagista in un contesto aziendale preordinato alla sua formazione professionale rispetto alla quale la prestazione di attivita lavorative da parte del tirocinante è ammessa in quanto indispensabile per la formazione stessa, ma estranea all'oggetto del rapporto. Solo in assenza di specifiche regolamentazioni regionali trovano applicazione, per quanto compatibili, i requisiti previsti dalla normativa nazionale (art. 18 L 196/1997 e D.M. 142/1998).
Ricapitoliamo le regole fondamentali del 196/1997 (i riferimenti normativi sono costituiti dalla Legge n. 196/97 e dal D.M. 142 del 25.3.1998) :
Soggetti destinatari dei tirocini possono essere:
studenti e studentesse che frequentano la scuola superiore,
allievi ed allieve degli istituti professionali o dei corsi di formazione professionale,
giovani in cerca di prima occupazione e lavoratori disoccupati compresi quelli iscritti nelle liste di mobilità,
cittadini stranieri comunitari ed extra-comunitari, persone svantaggiate e portatrici di handicap, studenti universitari e neolaureati.
Le Aziende che hanno disponibilità ed interesse ad attivare un’esperienza di formazione ed orientamento mirato, a forte valenza professionale, a favore di persone che intendono inserirsi o reinserirsi nel mondo del lavoro possono fare richiesta di attivazione di un tirocinio formativo rivolgendosi agli Enti che, per legge, possono promuovere tali iniziative.
Gli Enti:
Università, Provveditorati agli studi,
scuole statali o non statali, agenzie per l’impiego, ecc ..
possono avviare, ai tirocini formativi e di orientamento, da effettuarsi presso i datori pubblici e privati, i soggetti che abbiano assolto l’obbligo scolastico, al fine di realizzare un’alternanza tra studio e lavoro nel primo caso e di agevolare le scelte professionali dei tirocinanti mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro nel secondo.
I tirocini formativi e di orientamento sono promossi, anche su proposta degli Enti bilaterali e delle associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori, dai seguenti soggetti, anche tra loro associati:
agenzie per l’impiego, sezioni circoscrizionali per l’impiego, ovvero strutture, aventi analoghi compiti e funzioni, individuate dalle leggi regionali;
università e istituti di istruzione universitaria statali e non statali abilitati al rilascio di titoli accademici;
istituzioni scolastiche statali e non statali che rilascino titoli di studio con valore legale, anche nell’ambito dei piani di studio previsti dal vigente ordinamento;
centri pubblici o a partecipazione pubblica di formazione professionale e/o orientamento nonché centri operanti in regime di convenzione con la regione o la provincia competente, ovvero accreditati;
comunità terapeutiche, enti ausiliari e cooperative sociali purché iscritti negli specifici albi regionali, ove esistenti;
servizi di inserimento lavorativo per disabili gestiti da enti pubblici delegati dalla regione.
Inoltre, i tirocini possono essere promossi anche da istituzioni formative private, non aventi scopo di lucro, diverse da quelle indicate in precedenza, sulla base di una specifica autorizzazione, fatta salva la possibilità di revoca, della Regione.
I soggetti promotori dei tirocini avviano i partecipanti ai tirocini sui luoghi di lavoro, stipulando apposite convenzioni con aziende e datori di lavoro pubblici e privati.
I rapporti che i datori di lavoro privati e pubblici intrattengono con i soggetti da essi ospitati ai fini suddetti, non costituiscono rapporti di lavoro.
Durata dei tirocini
non superiore a quattro mesi per studenti della scuola secondaria;
non superiore a sei mesi in caso di allievi di istituti professionali o di corsi di f.p.;
non superiore a sei mesi in caso di lavoratori disoccupati compresi quelli iscritti nelle liste di mobilità;
non superiore a dodici mesi per studenti universitari o allievi di corsi di perfezionamento o specializzazione post - secondaria, nei diciotto mesi successivi al termine degli studi;
non superiore a dodici mesi nel caso di persone svantaggiate;
non superiore a ventiquattro mesi nel caso di soggetti portatori di handicap.
Nel computo dei limiti temporali previsti non si tiene conto degli eventuali periodi dedicati al servizio militare o civile e dei periodi di astensione obbligatoria per maternità. Le eventuali proroghe del tirocinio sono ammesse entro i limiti massimi della durata indicati.
Limiti numerici previsti
I datori di lavoro possono ospitare tirocinanti in relazione all’attività dell’azienda nei limiti di seguito indicati:
aziende con non più di cinque dipendenti a tempo indeterminato: 1 tirocinante;
aziende con numero di dipendenti a tempo indeterminato compreso fra sei e diciannove: non più di 2 tirocinanti contemporaneamente;
aziende con più di venti dipendenti a tempo indeterminato: tirocinanti in misura non superiore al 10%.
Figure di riferimento
Le figure di riferimento sono:
il tutor individuato dal soggetto promotore come responsabile didattico-organizzativo delle attività;
il tutor designato dall’azienda ospitante come responsabile dell’inserimento del tirocinante, cui fare riferimento.
Art. 11 del decreto legge 13 agosto 2011, n. 138 concernente "ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo" (c.d. manovra bis)
La nuova disciplina in materia entra in vigore dal 13/08/2011, data di pubblicazione del Decreto in oggetto nella Gazzetta Ufficiale ed è finalizzata a contrastare abusi e utilizzo distorto dei tirocini formativi e di orientamento, mediante la previsione di appositi limiti. In particolare, i tirocini formativi possono essere promossi esclusivamente da soggetti in possesso dei requisiti previsti, preventivamente, dalla normativa regionale, essendo la competenza legislativa in materia di formazione riservata alle Regioni ed alle Province Autonome. Solo in assenza di norme regionali ed in quanto compatibili con il comma 1 dell'art. 11 del D.L. n. 138/2011, si applica l'art. 18 della Legge n.196/1997 ed il Decreto ministeriale 25 marzo 1998,
n.142 (G. U. n. 108 del 12 maggio 1998). Pertanto, a decorrere dal 13/08/2011, i tirocini formativi e di orientamento "non curriculari":
Sono destinati solo ai giovani neo-diplomati ed ai neo-laureati
Debbono essere promossi non oltre i dodici mesi dal conseguimento del titolo di studio (con riferimento al momento dell'attivazione)
Non possono avere una durata superiore a 6 mesi, comprese le proroghe.
Vi rientrano, quindi, soggetti con diploma della scuola dell'obbligo, con diploma di scuola superiore, con diploma professionale, con laurea breve e laurea normale. Tali limiti, tuttavia, non riguardano i tirocini promossi per i soggetti "ai margini" del mondo del lavoro ossia disabili, invalidi fisici, psichici e sensoriali, soggetti in trattamento psichiatrico, tossicodipendenti, alcolisti e condannati ammessi a misure alternative di detenzione. Restano esclusi dalla previsione normativa anche i tirocini formativi e di orientamento "curriculari" che sono i tirocini previsti all'interno di un "percorso formale di istruzione e formazione, la cui finalità non è direttamente quella di favorire l'inserimento lavorativo, bensì di affinare il processo di apprendimento e di formazione." Detti tirocini sono esclusi dall'obbligo di comunicazione anticipata al Centro per l'Impiego prevista dall'art. 1, comma 1180 della Legge n.296/20068.
I tirocini attivati prima di tale data continueranno, fino alla scadenza, ad essere sottoposti alla normativa previgente. Da ultimo, si osserva che il tirocinio formativo e di orientamento si distingue dai periodi di praticantato richiesti dagli ordini professionali e disciplinati da specifiche normative di settore. L'art.3, comma 5 del D.L. n.138/20119 fissa i principi che dovranno essere recepiti in sede di riforma degli ordinamenti professionali da effettuare entro 12 mesi dall'entrata in vigore del Decreto. LE NOVITA’ DELLA RIFORMA FORNERO
Come detto, la riforrna Fornero opera una nuova riforma dei contratti in questione, compiendo una scelta di fondo orientata verso la semplificazione e di segno completamente innovativo. Infatti, da un lato viene soppresso il contratto di inserimento,dall'altro si «individua un percorso privilegiato che vede nell'apprendistato — inteso nelle sue varie formulazioni e platee — il punto di partenza verso la progressiva instaurazione di rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato»
.L'apprendistato dovrebbe divenire il canale di ingresso nel mercato del lavoro preferenziale per i giovani, in quanto in grado di assicurare loro, nelle sue varie articolazioni, un'adeguata formazione e, almeno in linea teorica, prospettive di stabilizzazione. II contratto di inserimento invece, viene meno senza essere sostituito da un'altra tipologia funzionalmente destinata all’occupazione di categorie di lavoratori «svantaggiati» diverse dai giovani, come i disoccupati di lunga durata, i lavoratori con piu di 50 anni di eta e le donne residenti in Regioni ad elevata disoccupazione femminile. Per l’occupazione di tali categorie vengono previste apposite agevolazioni di all'assunzione (art. 1 comma 8/14), in parte corrispondenti a quelle previste dal contratto di inserimento. Gli sgravi potranno essere fruiti anche in caso di assunzione con contratto a termine o con regime di lavoro in somministrazione, oltre che in caso di assunzione a tempo indeterminato. Xxxx’apprendistato
La riforma Fornero (art. 1, co. 16-19) effettua minime modifiche alla disciplina del Testo Unico, il cui impianto è lasciato sostanzialmente inalterato. Viene raforzata la funzione formativa dell'apprendistato ed il suo ruolo di strumento contrattuale per l’accesso al lavoro dei giovani, vengono ncrementate le tutele connesse a questa tipologia contrattuale, a lungo esclusa dalle tradizionali coperture previdenziali per la disoccupazione.
—► estensione dell'ASpl
—► contingentamento dell'apprendistato
-—► durata minima di 6 mesi-del periodo di apprendistato
—► aumento del rapporto apprendisti/lavoratori qualif icati
Novita della legge di riforma
Periodo di preavviso
In caso di cessazione del rapporto di lavoro al termine del periodo di apprendistato per licenziamento o dimissione, il periodo di preavviso deve essere effettuato al termine del periodo formativo, così come previsto dall’articolo 2 del Testo Unico sull’apprendistato (decreto legislativo n. 167/2012).
La Riforma (articolo 1, comma 16) ha precisato che durante tale periodo si dovrà applicare la disciplina del contratto di apprendistato. In considerazione di ciò,l’azienda potrà continuare a ricevere le agevolazioni previste per il periodo formativo come, ad esempio, le agevolazioni contributive.
Numero massimo di apprendisti
Per le assunzioni di apprendisti dal 1° gennaio 2013, il numero di apprendisti da assumere (direttamente o indirettamente) non potrà superare il rapporto di 3 a 2 rispetto alle maestranze specializzate e qualificate in servizio. In pratica, si potranno assumere fino a 3 apprendisti per ogni
2 lavoratori qualificati o specializzati presenti in azienda (ad oggi il rapporto è 1 a 1: un apprendista ogni lavoratore qualificato o specializzato). Tale rapporto, comunque, non potrà superare il 100% per i datori di lavoro che occupano fino a 9 unità. Invece, le aziende che non hanno dipendenti o ne hanno in numero inferiore a 3, possono assumere, contemporaneamente, al massimo 3 apprendisti. La regola non si applica alle imprese artigiane, per le quali trovano applicazione le disposizioni di cui all'articolo 4 della legge 8 agosto 1985, n. 443. Per tal via viene elevato tra apprendisti e maestranze qualificate,che deve sussistere nelle aziende che ricorrono a tale tipologia contrattuale. II nuovo parametro di contingentamento si applica, comunque, anche quando il datore di xxxxxx fa ricorso ad apprendisti in regime di somministrazione, ovvero lavoratori assunti con contratto di apprendistato da un'agenzia e inviati in missione presso l’utilizzatore. A tal proposito la riforma Xxxxxxx esclude la possibilità di assumere in somministrazione apprendisti con contratto di sdmministrazione a tempo determinato.
Durata dell’apprendistato e artigianato
Con la modifica dell’articolo 4, comma 2, del Decreto legislativo n.167/2011, viene ampliata la platea delle aziende che possono assumere apprendisti per una durata massima di 5 anni. Prima della riforma, la norma prevedeva: “la durata, anche minima, del contratto che, per la sua componente formativa, non può comunque essere superiore a tre anni ovvero cinque per le figure professionali dell'artigianato individuate dalla contrattazione collettiva di riferimento.”Con la riforma: “la durata, anche minima, del contratto che, per la sua componente formativa, non può comunque essere superiore a tre anni ovvero cinque per i profili professionali caratterizzanti la figura dell’artigiano individuati dalla contrattazione collettiva di riferimento”.Il Testo Unico
sull’apprendistato ha previsto esclusivamente una durata massima del rapporto di apprendistato: 3 anni aumentabili a 5 per i profili professionali caratterizzanti la figura dell’artigiano individuati dalla contrattazione collettiva di riferimento (articolo 4, comma 2, Decreto legislativo n. 167/2011). La Riforma ha previsto, anche, una durata minima dell’apprendistato: 6 mesi,fatta salva la possibilità di durate inferiori per le attività stagionali, previste dall’articolo 4, comma 5, Decreto legislativo n. 167/2011. Questa previsione allo scopo di scongiurare eventuali abusi dello strumento contrattuale. In effetti, con 1'innovazione introdotta dalla legge di riforma, il rapporto di lavoro vero e proprio avrà una durata minima, la cui effettiva estensione (6 mesi o piu) sara fissata dai contratti collettivi nazionali che, progressivamente, andranno a disciplinare, secondo i dettami del TU., l’apprendistato per i vari settori economici. Lunica eccezione riguarda le assunzioni di apprendisti effettuate per lo svolgimento di attivita stagionali (il rapporto di lavoro potra durare anche meno di 6 mesi) (art. 4, co. 5, T.U..Le agenzie di somministrazione non potranno assumere apprendisti a tempo determinato. La disposizione ha ripreso ciò che è stato previsto dal comma 1, dell’articolo 1, del decreto legislativo 167/2011 che ha disciplinato l’apprendistato come un contratto a tempo indeterminato: “L'apprendistato è un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e alla occupazione dei giovani”.
Le percentuali di stabilizzazione
La novità di maggiore rilievo riguarda la possibilità di assumere apprendisti esclusivamente se si è in regola con le percentuali di stabilizzazione. In pratica, l’assunzione di apprendisti sarà subordinata alla prosecuzione del rapporto di lavoro al termine del periodo di apprendistato, nei 36 mesi precedenti la nuova assunzione, di almeno il 50% degli apprendisti dipendenti dallo stesso datore di lavoro. Per il primo triennio, dall’applicazione della Riforma, la percentuale di stabilizzazione scende al 30% (fino al 18 luglio 2015).Gli apprendisti assunti da datori di lavoro che non rispettano le percentuali di conversione, saranno considerati lavoratori subordinati a tempo indeterminato dalla data di assunzione ed al datore di lavoro non saranno applicate le agevolazioni previste. La norma non si applica alle aziende fino a 9 unità. Inoltre, sono esclusi dalla percentuale gli apprendisti dimessi, i licenziati per giusta causa o durante il periodo di prova. Qualora non sia rispettata la percentuale del 50% di stabilizzazioni, è consentita l’assunzione di un ulteriore apprendista rispetto a quelli già confermati, ovvero di un apprendista in caso di totale mancata conferma degli apprendisti pregressi. La riforma Fornero consente, comunque, nel caso di mancato rispetto della percentuale del 50%, di assumere un ulteriore ap-prendista rispetto a quelli gia cdnfermati: Anche nelcaso in cui vi sia una totale mancata confermadegli apprendisti pregressi, il datore di lavdro puo assumere un apprendista. Per fornire effettivita a tali disposizioni, la legge di riforma^ ha in-trodotto anche un'apposita sahzibhe, in virtu della quale g|i ap-prendisti assuntiin violaziohe del lirriite in questiohe sono consi-derati lavoratori subordinati a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto. I limiti, sia di contingentamento sia di stabilizzazione, introdotti dalla riforma Fornero non si applicano ai datori di lavoro che hanno alle proprie dipendenze un numero di lavoratori inferiore a 10. In tal caso, per quanto riguarda il contingentamento, il rapporto apprendisti/lavoratori qualificati resta quello del 100% (si possono assumere tutti apprendisti quanti sono i lavoratori qualificati in servizio). La circolare n.18 si sofferma, con alcune opportune puntualizzazioni, sulla disposizione che ha correlato la possibilità di stipulare nuovi contratti di apprendistato alla conferma di un certo numero di giovani assunti con tale tipologia contrattuale entro una determinata percentuale e che prende, quale parametro di riferimento, il triennio precedente.
I soggetti che rientrano nella base di calcolo ai fini della verifica se l’impresa è sotto o sopra la soglia di riferimento vengono computati in base alla nota ministetiale con rinvio alle enunciazioni contenute nella circolare INPS n.22/07: in ogni caso, sono esclusi dalla base di calcolo:
a) gli apprendisti (art.7, comma 3, del D.Lgs. n.167/11);
b) gli assunti con contratto di inserimento, tuttora in corso, in quanto, dopo il 31 dicembre 2012, non sarà più possibile assumere con tale tipologia;
c) gli assunti con contratto di reinserimento (art.20 della legge n.223/1991) che, in ogni caso, rappresentano un numero molto piccolo nel nostro panorama occupazionale;
d) i lavoratori assunti dopo un esperienza nei lavori socialmente utili o di pubblica utilità (art.7 del D.Lgs. n.81/00);
e) I lavoratori assunti a seguito di programmi di emersione.
I lavoratori a tempo parziale sono calcolati “pro – quota” in relazione all’orario svolto (art.6 del D.Lgs. n.61/00). Non si computano alcuni soggetti assunti con rapporto di apprendistato e cioè le risoluzioni intervenute durante il periodo di prova, le dimissioni del lavoratore durante il rapporto, i licenziamenti per giusta causa. La terza, cui fa cenno la nota ministeriale, concerne il momento della verifica della percentuale: i trentasei mesi precedenti alla nuova assunzione sono da considerarsi un periodo “mobile”. Da ciò ne consegue che è in quel momento, quello della instaurazione del rapporto, che il computo va effettuato su quanti, dopo aver terminato il periodo formativo, sono stati stabilizzati, attraverso il “consolidamento” del rapporto a tempo indeterminato. La quarta si riferisce alle conseguenze del mancato rispetto della percentuale “legale”: pur essendo prevista, in ogni caso, l’assunzione di un ulteriore apprendista sia rispetto a quelli già confermati che in caso di totale mancata conferma degli “apprendisti pregressi”,gli apprendisti assunti in violazione dei limiti sono considerati lavoratori subordinati a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto. Prevista specificatamente dalla disposizione, tale sanzione, alla quale, sotto un punto di vista prettamente operativo, sono correlate anche quelle concernenti la diversa comunicazione al centro per l’impiego, la lettera di assunzione, le scritturazioni sul LUL, oltreché le differenze sotto l’aspetto contributivo, è ribadita, a chiare note, dalla circolare n.18. La nota ministeriale ricorda che la “stabilizzazione legale”, con le percentuali di conferma ivi previste, riguarda soltanto le imprese con un organico superiore alle nove unità: nelle altre, se prevista, trova necessariamente applicazione quella di natura contrattuale prevista dall’accordo collettivo di settore, per cui il mancato rispetto della percentuale ivi prevista determina la trasformazione del rapporto di apprendistato in contratto a tempo indeterminato: tutto questo è ritenuto possibile in quanto l’individuazione del limite alle assunzioni, in questi casi, è stato demandato, attraverso la previsione dell’art.2, comma 1, lettera i), dal Legislatore alla pattuizione collettiva. Invece, laddove esistano,contemporaneamente (aziende con più di nove dipendenti), norma legale e norma contrattuale, trova, ovviamente, applicazione la prima, essendo essa “prevalente”.
Il contratto di inserimento
La riforma abroga gli articoli dal 54 al 59, del decreto legislativo n. 276/2003,relativi al contratto di inserimento. In pratica, con la vigenza della riforma del mercato del lavoro, il contratto di inserimento cessa di esistere. Saranno validi, fino a scadenza, unicamente i contratti in essere e quelli stipulati entro il 31 dicembre 2012. Tali categorie fruiranno di diversi canali di accesso al mercato del lavoro. Per quanto riguarda i gio- vani (ed anche i lavoratori in mobilità), essi potranno essere assunti con I'apprendistato, contratto canale privilegiato di accesso al mercato del lavoro per la sua funzione formativa e la possibilità di stabilizzazione. Solo per alcune delle categorie svantaggiate, rientranti nel campo di applicazione del contratto di inserimento, la riforma prevede, in via sostitutiva, appositi sgravi. In particolare, lo sgravio potra esse- re usufruito per l’assunzione di lavoratori di eta anagrafica pari o superiore a 50 anni disoccupati da oltre 12 mesi, per Tassunzione di donne (di qualsiasi eta) residenti nelle cd. aree svantaggiate, prive di impiego da almeno 6 mesi e per le donne (di qualsiasi eta), ovunque residenti, prive di impiego da almeno 24 mesi .Manca, tuttavia, anche per tali lavoratori uno strumento contrattuale specifico, quale il contratto di inserimento, che comunque offriva una prospettiva di riqualificazione, prevedendo un progetto individuale di adeguamento delle competenze professionali del lavoratore alle nuove mansioni da svolgere.
I tirocini formativi
Tenuto conto della competenza legislativa regionale in materia di tirocini for-mativi e di orientamento, la riforma Fornero prevede la conclusione di un accordo tra Governo e regioni in sede di Confefenza permanente per i rapporti tra lo Stato, ie regioni e le province autonome di Trenio e di Bolzano al fine di definire delle linee-guida che siano condivise in materia (art. 1, co. 34).In particolare, la legge di riforma definisce i criteri in base ai quali devono essere fissate le linee guida ovvero:
• revisione della disciplina dei tirocini formativi, anche in relazione alla valorizzazione di altre forme contrattuali a contenuto formativo;
• previsione di azioni e interventi volti a prevenire e contrastare un uso distorto dell’istituto, anche attraverso la puntuale individuazione delle modalità con cui il tirocinante presta la propria attività;
• individuazione degli elementi qualificanti del tirocinio e degli effetti conseguenti alla loro assenza;
• riconoscimento di una congrua indennità, anche in forma forfettaria, in relazione alla prestazione svolta;
• la mancata corresponsione dell’indennità comporta, a carico del trasgressore, l’irrogazione di una sanzione amministrativa il cui ammontare è proporzionato alla gravità dell’illecito commesso, in misura variabile da un minimo di 1.000 a un massimo di 6.000 euro.
E’ notorio che la competenza a legiferare in materia di formazione è delle Regioni. Purtuttavia ad oggi sono poche le Regioni che hanno provveduto a legiferare in materia di formazione per cui sono sopravvissuti nella materia i criteri della legge statale. Ora in base alla Riforma in sede di conferenza Stato Regioni vengono fissate delle linee guida cui le Regioni dovrebbero attenersi nell’esercizio della propria potestà legislativa sul punto. La Corte Costituzionale nella sentenza 6/2004 ha distinto tra intese deboli ascrivibili in sostanza a pareri e intese forti ascrivibili ad un vero e proprio accordo e che come tali si concretizzano in una paritaria decisione in merito al contenuto dell’atto da realizzare. E proprio l’introduzione dell’indennità che crea qualche perplessità perché mette sullo sfondo l’aspetto formativo e fa emergere quello della prestazione lavorativa ed in qualche modo vanifica tutte le buone intenzioni della Riforma perché rischia di trasporre in utilizzo di lavoro a buon mercato la specifica esperienza formativa.
Con contributo a parte ci occuperemo degli aspetti specificamente connessi al pagamento del premio Inail.