COLLEGIO DI NAPOLI
COLLEGIO DI NAPOLI
composto dai signori:
(NA) MARINARI Presidente
(NA) XXXXXXXX Membro designato dalla Banca d'Italia
(NA) XXXXXXXX Membro designato dalla Banca d'Italia
(NA) XXXXXXXXXX Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari
(NA) CAMPOBASSO Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti
Relatore XXXXX XXXXXXXXXX
Nella seduta del 07/06/2016 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
La ricorrente, fideiussore della società beneficiaria in un contratto di mutuo ipotecario erogato dall’intermediario convenuto, riceveva da quest’ultimo, soltanto in data 17/06/2015, una missiva del 16/12/2014, a mezzo della quale veniva comunicata “la segnalazione dello status di sofferenza in centrale dei rischi (…) in relazione alle esposizioni di mutuo ipotecario per il quale la stessa risulta sottoscrittrice di fidejussione specifica”.
Di conseguenza, la ricorrente presentava all’intermediario una richiesta contenente un elenco di documenti e di informazioni da fornire in merito al debito principale.
Dichiara di aver allo stato ricevuto solo una parte dei documenti richiesti, fra cui copia del contratto di mutuo fondiario sottoscritto, documento di sintesi e condizioni economiche, la
garanzia presente nel contratto di mutuo e la lettera di revoca della linea di credito oggetto della garanzia. La ricorrente veniva altresì informata che la posizione in oggetto presentava una esposizione debitoria pari ad € 18.247,07 oltre interessi, spese ed oneri maturati e maturandi.
Per tale motivo, in data 12/01/2016 la ricorrente presentava ulteriore reclamo a mezzo del quale rappresentava che “gli atti trasmessi non risulta[vano] conformi alle richieste avanzate” e tornava a domandare tutta la documentazione contrattuale già richiesta nelle precedenti missive, ma non ancora ottenuta, ovverossia:
- copia del piano di ammortamento del mutuo da cui evincere le rate già pagate e la loro data, con espressa indicazione di quanto pagato a titolo di quota di capitale e quanto a titolo di quota di interesse, nonché di eventuale mora;
- copia delle perizie eseguite sull’immobile e/o fattura del tecnico che eseguì tale perizia;
- movimentazione bancaria a partire dalla data di sottoscrizione e fino alla data odierna;
- intera corrispondenza inoltrata alla ricorrente dall’inizio della prestazione di garanzia ad oggi.
In assenza, di nuovo, di riscontro, la ricorrente decideva di adire l’Arbitro Bancario Finanziario.
L’intermediario ha presentato controdeduzioni nelle quale, in via preliminare, chiede che il ricorso venga dichiarato irricevibile attesa l’incompetenza temporale dell’Organo adito. Ciò in quanto “il rapporto di mutuo ed il successivo accollo (rapporti per i quali la ricorrente interviene nella qualità di garante)” al centro dei fatti qui controversi “si sono instaurati antecedentemente al 1° gennaio 2009”.
Nel merito la resistente, pur ammettendo un ritardo nella comunicazione alla ricorrente della segnalazione dello status di sofferenza del debitore principale, dovuto ad un non meglio precisato “disguido tecnico”, ritiene le censure destituite di fondamento. In particolare, rileva che “la qualifica di fideiussore della ricorrente non le dà titolo per esercitare il diritto od ottenere copia della documentazione relativa ad un rapporto di cui non è parte; tale principio, oltre a discendere dalle regole generali, è ribadito anche dall’art. 4 del protocollo di intesa stipulato tra l’ABI e le Associazioni di Consumatori il 2/10/2002, come emendata da Provvedimento della Banca d’Italia n. 55 del 2/05/2005, che stabilisce che la banca è tenuta a comunicare al fideiussore, a richiesta di
quest’ultimo, solo l’entità dell’esposizione complessiva del debitore, quale ad essa risultante al momento della richiesta, ma non anche a dargli informazioni di dettaglio sull’andamento del rapporto, né meno che mai la relativa documentazione, ciò potendo avvenire unicamente previo ottenimento da parte del fideiussore del consenso scritto del debitore principale”. Ritiene infine sfornito di prova l’asserito danno patito dalla ricorrente. La resistente chiede che il ricorso venga dichiarato irricevibile ratione temporis, infondato nel merito e carente di prova.
DIRITTO
In via preliminare, occorre osservare che la ricorrente non formula precise domande all’Arbitro bensì, dopo aver rappresentato le vicende sopra descritte ed in particolare la sequenza dei reclami rimasti inevasi, conclude con un apodittico: “dal che la presente azione”. Tuttavia, secondo un orientamento ormai consolidato dell’ABF (Collegio di Roma, n. 656/2014, n. 1323 del 2013 e n. 2648 del 2011; Collegio di Napoli, n. 2140 del 2012), anche in mancanza di un’esplicita domanda formulata nel ricorso, la richiesta del ricorrente può essere individuata dal Collegio sulla base di un esame complessivo del ricorso stesso, esteso sia alla parte espositiva sia alle relative conclusioni. Tanto premesso, sulla base della documentazione disponibile il Collegio ritiene di dover individuare l’oggetto dell’istanza nella richiesta di documentazione, avanzata dalla ricorrente in qualità di garante, concernente il rapporto bancario facente capo al debitore principale. Per quanto riguarda un’eventuale richiesta di risarcimento del danno, essa non viene chiaramente formulata dalla ricorrente neppure in sede di reclamo (nella lettera del 13.11.2015, il legale rappresentante della ricorrente fa solo un generico riferimento all’esistenza di un “grave pregiudizio” per le ragioni della sua assistita) e la difesa della banca sul punto appare più che altro tuzioristica.
Così delimitato il perimetro della controversia, l’eccezione di incompetenza dell’Arbitro ratione temporis avanzata dall’intermediario non risulta fondata. È vero che dagli atti risulta come i contratti in questione (mutuo e fideiussione) siano stati stipulati nel 2005 e che in base alle regole di funzionamento dell’ABF non possono essere sottoposte all’Arbitro le
«controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009» (par. 4, sez. I, delle Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazione e servizi bancari e finanziari). Tuttavia nel caso di specie non si tratta di accertare la validità di un contratto anteriore al 2009, bensì di verificare il corretto
adempimento da parte della banca dei doveri nascenti dal contratto stesso e dalla legge in occasione della presentazione della richiesta di documentazione da parte della ricorrente. Tanto premesso, la pretesa della ricorrente va vagliata in relazione a quanto disposto dal
T.U.B. e dalle disposizioni di trasparenza emanate dalla Banca d’Italia.
L’art. 119, 4° comma, del Testo unico bancario (D.lgs. n. 385/1993) dispone al riguardo che: «Il cliente, colui che gli succede a qualunque titolo e colui che subentra nell’amministrazione dei suoi beni hanno diritto di ottenere, a proprie spese, entro un congruo termine e comunque non oltre novanta giorni, copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni. Al cliente possono essere addebitati solo i costi di produzione di tale documentazione».
A loro volta, le Disposizioni di trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e Finanziari del 29.7.2009, emanate dalla Banca d’Italia, stabiliscono (Sez. IV, par. 4 – Richiesta di documentazione su singole operazioni) che: «Il cliente, colui che gli succede a qualunque titolo e colui che subentra nell'amministrazione dei suoi beni hanno diritto di ottenere, a proprie spese, entro un congruo termine e comunque non oltre novanta giorni dalla richiesta, copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni. Gli intermediari indicano al cliente, al momento della richiesta, il presumibile importo delle relative spese».
Dal dato testuale delle norme richiamate risulta chiaramente che la legittimazione a chiedere copia della documentazione relativa ai rapporti bancari spetta al «cliente, colui che gli succede a qualunque titolo e colui che subentra nell’amministrazione dei suoi beni».
In alcuni precedenti l’ABF ha attribuito la legittimazione attiva alla proposizione dell’istanza ex art. 119, co. 4, T.U.B. anche al garante (Collegio di Milano, decisione n. 1037/2016; Collegio Roma, decisione 2306/14; nonché, ma con orientamento più restrittivo, Collegio Napoli, decisione 1447/2010) ritenendo che: «La costituzione della garanzia, ponendo il garante in relazione diretta con il creditore garantito, lo qualifica, a tutti gli effetti, come “cliente” dell’intermediario a beneficio del quale la garanzia è rilasciata (Disposizioni in tema di trasparenza, Sez. I, § 3, alinea 2). E lo legittima pertanto ad ottenere, ai sensi dell’art. 119, comma 4 T.U.B., “copia della documentazione” relativa al rapporto instaurato con l’intermediario».
Il Collegio osserva che il garante è qualificabile come “cliente” della banca con riferimento al rapporto di garanzia, ossia il rapporto direttamente intercorrente fra il garante e la banca. In relazione a questo rapporto, il garante è certamente legittimato ad esercitare il
diritto di documentazione ex art. 119, 4° comma, T.U.B. Lo stesso garante non è invece parte del rapporto contrattuale esistente tra la banca ed il debitore principale. Infatti, per quanto il contratto fra fideiussione si presenti normalmente come rapporto accessorio rispetto al debito garantito (nel senso che le vicende dell’obbligazione principale si riflettono sul rapporto di garanzia), è incontestabile che dal punto di vista delle parti contraenti la fideiussione si presenta come un contratto distinto (come rileva Corte di Giustizia UE, ord. 19-11-2015, Causa C-74/15, decisione “Tarčau”). II garante è perciò formalmente “terzo” rispetto al rapporto bancario del debitore principale ai fini dell’esercizio del diritto di documentazione previsto dall’art. 119, 4° comma, T.U.B.
Tuttavia, se da un lato le premesse considerazioni depongono contro il riconoscimento di un diritto illimitato di informazione del garante relativo al rapporto fra la banca ed il debitore garantito, neppure può trascurarsi in senso opposto la rilevanza del collegamento giuridico esistente fra la garanzia ed il debito principale. E in particolare la circostanza che l’andamento dell’obbligazione principale va a determinare in concreto il debito del garante; di conseguenza, nel momento in cui il garante chiede alla banca informazioni sull’esposizione debitoria del garantito, egli in realtà non fa che informarsi sull’ammontare del proprio debito in qualità di coobbligato.
Per tale motivo, può concludersi che esiste un diritto di informazione del garante sul debito principale, ma nel contempo occorre riconoscere che lo stesso è funzionalmente limitato rispetto all’esigenza di conoscere l’ammontare del proprio debito di garanzia; per contro non si può riconoscere al garante il diritto di richiedere genericamente tutta la documentazione riguardante i rapporti intercorsi tra la banca ed il debitore principale, senza il consenso di quest’ultimo, dovendosi contemperare il diritto del richiedente con la necessità di rispettare il segreto bancario del garantito (cfr. Collegio di Napoli, decisione n. 1447/10).
In questa logica di contemperamento di interessi si muove, in effetti, anche il Protocollo di intesa stipulato tra l’ABI e le Associazioni di Consumatori il 2/10/2002, come emendato da Provvedimento della Banca d’Italia n. 55 del 2/05/2005, richiamato dal resistente. L’accordo stabilisce (art. 4, 2° comma) che: « La banca è comunque tenuta, a richiesta del fideiussore, a comunicargli, entro i limiti dell’importo dallo stesso garantito, l’entità dell’esposizione complessiva del debitore, quale ad essa risultante al momento della richiesta, nonché, previo ottenimento da parte del fideiussore del consenso scritto del debitore principale, ulteriori informazioni concernenti l’esposizione stessa».
È opportuno osservare che il suddetto Protocollo non sembra applicabile direttamente al caso di specie, poiché disciplina lo schema contrattuale delle fideiussioni omnibus, ossia di un tipo diverso di garanzia rispetto a quella prestata dal ricorrente (fideiussione specifica). Ciò nonostante, la disciplina contrattuale individuata di concerto fra le associazioni rappresentative delle banche e dei clienti, in relazione ad una forma di fideiussione comunque prossima a quella della vicenda in esame, manifesta l’esistenza di una forma di “consenso sociale” verso una regola che non sacrifichi oltre il necessario il diritto di riservatezza del garantito.
Per questi motivi e conclusivamente, il Collegio ritiene che il garante abbia diritto di ricevere tutta la documentazione attinente al contratto di garanzia ed al relativo rapporto con la banca, in applicazione diretta dell’art. 119, 4° comma, T.U.B.; abbia altresì diritto di ricevere informazione dalla banca, entro i limiti dell’importo garantito, sull’entità dell’esposizione complessiva del debitore, quale ad essa risultante al momento della richiesta, nonché a ricevere (in linea con quanto stabilito dal precedente di Collegio di Napoli, decisione 1447/2010) i documenti comprovanti la costituzione del debito garantito o sue modifiche che ricadano sul rapporto di garanzia; infine, previo consenso del debitore garantito, abbia diritto a ricevere l’ulteriore documentazione relativa al rapporto fra la banca e lo stesso debitore garantito, verso corresponsione all’intermediario delle sole spese di produzione della documentazione in applicazione analogica dell’art. 119, 4° comma, T.U.B.
Poiché nel caso di specie risulta che l’intermediario abbia già fornito al ricorrente tutta la documentazione che poteva consegnare senza consenso del debitore garantito, né viene fornita l’attestazione dell’esistenza di un’autorizzazione da parte di quest’ultimo a superare il segreto bancario, il ricorso non può essere accolto.
P.Q.M.
Il Collegio non accoglie il ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1