Conferenza Nazionale sulla Contrattazione
Conferenza Nazionale sulla Contrattazione
Linee Guida
sulla concertazione locale e
sulla contrattazione decentrata
Roma, 15 – 16 luglio 2010
Indice
Introduzione 3
LINEE GUIDA PER LA CONTRATTAZIONE DECENTRATA 8
1. LE RELAZIONI INDUSTRIALI NELLA PROSPETTIVA ATTUALE 8
2. CONTENUTI DELLA CONTRATTAZIONE 9
3. CONDIZIONI PER UN EFFICACE DISPIEGAMENTO DELLA CONTRATTAZIONE DECENTRATA 18
LINEE GUIDA PER LA CONCERTAZIONE LOCALE 19
INTRODUZIONE METODOLOGICA 19
LE POLITICHE FISCALI E TARIFFARIE 20
1. LA CORNICE DI RIFERIMENTO E GLI ELEMENTI IN GIOCO 20
2. CONTENUTI (“COSA” CONCERTARE SUL TERRITORIO) 21
3. PROPOSTA (SOSTENIBILITÀ ED EFFETTI) 22
LE POLITICHE SOCIO-FAMILIARI 23
1. LA CORNICE DI RIFERIMENTO E GLI ELEMENTI IN GIOCO 23
2. CONTENUTI (“COSA” CONCERTARE SUL TERRITORIO) 24
3. STRUMENTI PER LA CONCERTAZIONE 28
LE POLITICHE ABITATIVE 29
LE POLITICHE PER IL LAVORO 31
1. LA CORNICE DI RIFERIMENTO E GLI ELEMENTI IN GIOCO 31
2. I CONTENUTI (COSA CONCERTARE NEL TERRITORIO) 31
Introduzione
La Crisi economica e le sue rilevanti conseguenze sociali soprattutto a carico dei giovani, di quanti perdono il lavoro, delle famiglie e degli anziani pongono la necessità di riprendere con maggiore vigore la discussione sullo sviluppo socio- economico, sulla crescita della produttività e sul recupero dei salari reali rispetto ai profitti.
Con le iniziative intraprese nei mesi scorsi la Cisl ha posto all’attenzione dei lavoratori, dei pensionati e dell’opinione pubblica la centralità del lavoro e della questione fiscale nella politica dei redditi e nello sviluppo del Paese.
Le riforme – auspicate – del fisco “centrale” e delle politiche sociali (con l’introduzione dei livelli essenziali dei diritti sociali), non possono prescindere da un’efficace azione locale, che parta dal territorio e che si sviluppi tramite i processi di concertazione locale con le Regioni e i Comuni e i processi di contrattazione aziendale o territoriale, nell’ottica del miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, trovando nel territorio le risposte più adeguate ai bisogni dei lavoratori, dei pensionati e delle loro famiglie in termini di sviluppo, di occupazione, di servizi, di controllo dei prezzi e delle tariffe e di una più equa distribuzione del carico fiscale complessivo.
E’ proprio in questa prospettiva che la Cisl ha rilanciato la sua azione nella concertazione delle politiche di welfare, fiscali e tariffarie, i bilanci locali, della fiscalità, dei servizi e delle tariffe sociali (a partire anche dalla stessa riforma dei servizi pubblici locali), nella convinzione che sono proprio le soluzioni territoriali quelle più efficaci in termini di risultati. La sommatoria di accordi territoriali conclusi, infatti, produce un deciso miglioramento delle condizioni di vita delle persone, non realizzabile con un unico intervento di carattere nazionale.
In caso contrario, il rischio è che i benefici eventualmente generati da una possibile riforma a livello centrale, vengano negativamente compensati a livello periferico. E’ quello, del resto, che è già accaduto in occasione degli interventi di riforma compiuti dai Governi precedenti.
In questo contesto le politiche contrattuali, sociali e fiscale diventano fattori rilevanti rispetto all’azione sindacale per migliorare le condizioni di vita e di lavoro.
Con la riforma degli assetti della contrattazione, le Parti sociali hanno aggiornato gli strumenti di tutela delle retribuzioni, prevedendo un nuovo indicatore previsionale triennale per l’adeguamento delle retribuzioni al costo della vita, l’IPCA (Indice Previsionale Armonizzato Europeo) al netto dell’inflazione da energia importata, più realistico e migliorativo rispetto al vecchio tasso di inflazione programmato deciso unilateralmente dal Governo.
Un’intesa che, nella situazione economica particolarmente difficile del Paese, intende favorire lo sviluppo di relazioni sindacali basate su regole condivise sulla negoziazione e la partecipazione dei lavoratori agli obiettivi di miglioramento
delle attività delle imprese, dei servizi, della pubblica amministrazione. Questo può essere realizzato anche attraverso il potenziamento della contrattazione di secondo livello, aziendale o territoriale, una maggiore armonizzazione con gli incrementi di qualità, redditività e produttività realizzati a livello aziendale e negli specifici contesti territoriali.
In questo quadro valutiamo positivamente la proroga per tutto il 2011 della defiscalizzazione e della decontribuzione del salario di 2° livello e le modifiche apportate alle precedenti normative in tema di limite di reddito (da 35.000 a
40.000 euro) per godere delle agevolazioni fiscali e la limitazione dei vantaggi fiscali e contributivi alle sole somme erogate in attuazione di quanto previsto da accordi o contratti collettivi territoriali o aziendali.
Per altro verso, emerge sempre più con evidenza l’esigenza di collegare la definizione delle modalità di esecuzione del rapporto di lavoro (orari di lavoro, flessibilità quantitative e qualitative, diritti sociali, gestione del tempo libero) alle politiche settoriali del contesto aziendale e locale, sulle quali incidono le politiche istituzionali, amministrative, economiche e sociali dei sistemi delle Autonomie regionali e locali, soprattutto a seguito delle modifiche degli assetti istituzionali determinate con la riforma del titolo V della Costituzione repubblicana.
La concertazione sociale sviluppata in questi anni, sia dalle strutture regionali che territoriali, trova così oggi, anche grazie al nuovo assetto contrattuale, una opportunità per svilupparsi attraverso un parallelo impegno delle strutture sindacali sia verticali che orizzontali che, pur mantenendo la specificità degli ambiti di azione, debbono porsi obiettivi condivisi e strumenti concordati per il benessere dei lavoratori, dei pensionati e delle loro famiglie nei luoghi di lavoro e nelle comunità sociali nelle quali vivono, favorendo lo sviluppo e la coesione sociale.
La stessa attuazione del federalismo fiscale determinerà un ruolo sempre maggiore del livello decentrato, con amministratori locali e organizzazioni sindacali che dovranno assumersi la responsabilità di adottare soluzioni capaci di portare a sintesi esigenze espresse da comunità sempre più diverse, nelle aspettative e nelle richieste. Sicuramente il decentramento e la maggiore autonomia tributaria locale esaltano il ruolo del sindacato territoriale che – contemporaneamente – è chiamato a svolgere un ruolo di primo piano a favore dell’intera comunità locale.
Sul piano dell’azione contrattuale, per rendere operativo il nuovo modello contrattuale, previsto dall’Accordo 22.1.09 e dagli accordi interconfederali, è necessario un ricorso esteso alla contrattazione decentrata. Ciò significa, con una visione rinnovata, far partire un progetto di lavoro, in grado di “riposizionare” l’organizzazione, estendere e legittimare la rappresentanza sindacale nelle aziende e nel territorio, attivare creatività, cultura, competenze, motivazioni, capacità negoziale, forti e credibili relazioni.
La contrattazione decentrata è, infatti, un processo sociale, guidato dagli attori delle relazioni industriali, e come tale va stimolato, dotato di contenuti forti e di strumenti operativi. Xxxxxxxx liberarla da schemi precostituiti ed ideologie, se vogliamo trasformarla in innovazione sociale ed economica. Un nuovo sistema contrattuale si potrà delineare solo in base agli esiti di questo processo.
Quello attuale, che parte dal 1993, ha ben funzionato in riferimento alle due grandi priorità di quella fase: il drastico contenimento dell’ inflazione e l’ ingresso del nostro paese in Europa; non ha dato, invece, gli esiti sperati per lo sviluppo, in quantità e qualità, della contrattazione di secondo livello.
Di qui la necessità di cogliere in pieno l’ obiettivo principale dell’ accordo sul nuovo modello contrattuale, utilizzando tutte le opportunità e gli strumenti offerti per la diffusione e la qualificazione della contrattazione decentrata.
Negli ultimi anni si è,inoltre, consolidato un atteggiamento di difesa dell’esistente, senza significative innovazioni nel sistema di relazioni industriali. La Cisl, che ha avuto il merito storico di perseguire per prima la via della contrattazione di secondo livello, ha oggi di nuovo il compito di apripista per tutto il sindacalismo italiano.
Ribadiamo l’importanza della contrattazione decentrata anche nel pubblico impiego, pur confermando l’assunzione di responsabilità rispetto alla gravità della situazione economica.
Essa va comunque salvaguardata su efficienza, produttività, economie di gestione delle pubbliche amministrazioni, processi di mobilità del personale specie alla luce della forte riduzione prevista nell’occupazione del settore. Confermiamo quindi l’impegno a modificare in merito il decreto legge 78.
E’ necessario superare una visione tradizionale della crescita esclusivamente quantitativa ed illimitata, a favore di una qualitativa e di condivisione dello sviluppo, di cui gli istituti di promozione e tutela sociale sono un cardine.
A livello territoriale si deve costruire un nuovo welfare locale, fattore essenziale di sviluppo per l’intero sistema sociale ed economico, con al centro le politiche per la famiglia, la strategia dell’integrazione socio sanitaria, le politiche del lavoro e del diritto allo studio. E’ necessario un welfare compartecipato in cui siano protagonisti i corpi intermedi della società civile e siano attivi i soggetti privati, compreso il complesso degli istituti sociali sostenuti dalla contrattazione e dalla bilateralità.
Il welfare in questo senso non deve rappresentare più un costo sociale, che può essere assunto soltanto laddove si è realizzata la crescita economica, ma un elemento dello sviluppo e quindi investimento produttivo, cui debbono partecipare in una corretta logica sussidiaria, tutti gli attori sociali ed economici del territorio.
Le determinanti di questo nuovo scenario sono molteplici:
- i processi di globalizzazione ed il diverso modo di produrre che, accanto al lavoro qualificato della società dei servizi, dell’economia finanziaria e le connesse esigenze di flessibilizzazione del mercato del lavoro, fa permanere e per certi aspetti anzi amplia lo spettro di “lavoro povero”;
- la crescita dell’occupazione femminile ed il mutamento dei profili familiari che incidono negativamente sulle disponibilità di cura intrafamiliare;
- il progressivo invecchiamento della popolazione e l’ampliamento delle persone con ridotta autonomia che, grazie anche ai progressi della scienza e della tecnologia medica, accrescono notevolmente le esigenze di assistenza; la presenza di nuovi soggetti -come le persone immigrate -.da portare all’interno del perimetro della cittadinanza; l’incremento del tasso di disoccupazione giovanile.
Questi fenomeni hanno prodotto domande sociali nuove che divengono frammentate, meno standardizzabili ed assumono sempre più connotati relazionali, richiedendo perciò interventi con più alti gradi di personalizzazione e caratteristiche pluridimensionali.
In questo quadro la famiglia, fondamentale soggetto su cui poggia e si sviluppa la nostra società, che ha svolto la funzione di ammortizzatore sociale, senza i necessari supporti, risulta oggi sovraccaricata di compiti. Per cui su di essa è necessario investire, sostenendone le naturali funzioni generative, educative, formative, di cura, attraverso una politica organica, di promozione e crescita che la ponga al centro delle politiche pubbliche.
Un processo riformatore del welfare quindi deve recuperare la centralità della persona e delle sue relazioni nella famiglia e nella comunità, il pieno esercizio dei diritti di libertà civile e politica, la valorizzazione del capitale sociale.
L’obiettivo in sostanza è quello dell’ affermazione dell’eguaglianza, della dignità sociale, della comune partecipazione alle risorse.
Il sistema deve mantenere in capo alle istituzioni la responsabilità di garantire promozione e protezione sociale in base ad un sistema di diritti riconosciuti e di opportunità per i cittadini, cui corrispondono simmetrici doveri di solidarietà, ma deve allargare la governance agli altri attori sociali, valorizzandone le specifiche missioni, attraverso una concezione della sussidiarietà correttamente definita nell’art.118 della Carta Costituzionale.
Un welfare universale - seppure con elementi di selettività che ne garantiscano l’equità - solidale e sussidiario.
Il futuro che ci attende, proprio per la sua complessità, richiede una particolare attenzione da parte del sindacato. Attenzione al merito dei provvedimenti e dei suoi effetti rispetto ai criteri di riferimento dell’equità e della solidarietà che tradotti in pratica significano, sinteticamente, sviluppare e mettere in pratica le misure necessarie per promuovere il benessere e favorire l’autonomia, prevenendo ed alleviando le situazioni di vulnerabilità e di disagio.
in un’ottica di rafforzamento del federalismo fiscale significa non lasciare nessun territorio indietro e quindi rifiutare l’idea di un Paese a due o tre velocità; ma equità significa anche equità fiscale e quindi garantire un’equa distribuzione del carico tributario rispetto alla capacità contributiva dei cittadini.
Se questo è il compito di insieme, di cornice, che ci aspetta, siamo, quindi, chiamati ad un lavoro capillare sul territorio per rilanciare i processi di concertazione locale e di contrattazione aziendale e territoriale. E’ a livello locale, infatti, che vengono individuate le soluzioni più appropriate per le aziende e per garantire il benessere dell’insieme dei lavoratori, dei pensionati e delle loro famiglie, rispetto alle specificità economiche, sociali, demografiche, e del lavoro.
Il minore trasferimento complessivo di risorse a Regioni, Comuni e Province nel prossimo biennio determinato dal decreto legge 78 non deve automaticamente mettere a rischio i servizi, né provocare aumenti di tariffe e partecipazione alla spesa per i cittadini, bensì sollecitare la responsabilizzazione di tutte le amministrazioni ed in particolare di quelle locali per reperire risorse che garantiscano i livelli essenziali delle prestazioni su tutto il territorio nazionale - premessa per l’attuazione del federalismo fiscale – attraverso:
• rigore ed efficienza della spesa pubblica, delle pubbliche amministrazioni e delle utilities locali,
• tagli ai costi istituzionali e agli sprechi della politica, anche rendendo pubblici per la
valutazione dei cittadini alcuni relativi indicatori di bilancio,
• compartecipazione alla lotta all’evasione con l’incasso di un terzo del ricavato.
Le Cisl territoriali dovranno impegnarsi in questa direzione contrattando misura su misura con le amministrazioni locali. Nelle aree del mezzogiorno si dovrà, inoltre, prestare particolare attenzione alla applicazione delle norme contenute nel decreto legge 78 in merito alla fiscalità di vantaggio con la possibilità di ridurre/eliminare l’Irap a livello regionale per le nuove imprese.
LINEE GUIDA PER LA CONTRATTAZIONE DECENTRATA
1. LE RELAZIONI INDUSTRIALI NELLA PROSPETTIVA ATTUALE
La fase di recessione dell’economia impone a tutte le parti di rinnovare il sistema di relazioni industriali. In linea di massima si può constatare che:
Il sistema industriale, con molte articolazioni, sta vivendo un processo intenso di ristrutturazione e riposizionamento competitivo nel mercato, con l’esigenza di accrescere i livelli di qualità del prodotto, la riduzione dei costi, l’efficienza gestionale, le applicazioni tecnologiche, la capacità di vendita.
Il sistema dei servizi, pur in evoluzione in alcune aree (telecomunicazioni, servizi commerciali, trasporti, servizi informatici, servizi alle imprese servizi alle persone) mostra vulnerabilità aziendali preoccupanti ed una struttura ancora non solida.
Il pubblico impiego è chiamato a garantire un maggiore orientamento alle esigenze di utenti ed attori economici attraverso la valorizzazione delle professionalità e l’innovazione dei modelli organizzativi.
Le aziende che negli anni scorsi sono riuscite a riorganizzarsi ed innovare, sono in condizione migliore di altre; in ogni caso, oggi la situazione è notevolmente articolata:
• Una quota di aziende, orientata da tempo all’innovazione ed allo sviluppo, ha retto bene alla crisi e continua a produrre utili.
• Una quota di aziende è in difficoltà, per problemi finanziari, di riduzione del fatturato e per ritardi nell’innovazione di prodotto e mercato.
• La maggiore parte delle aziende sta applicando una strategia difensiva, con riduzione dei costi e dei volumi produttivi, ma senza investire su fattori distintivi che ne consentano un riposizionamento competitivo.
In sintesi, quasi tutto il sistema Italia è sotto tensione e alla ricerca di soluzioni che migliorino le performance complessive. E’ importante coinvolgere nello sforzo di cambiamento il mondo del lavoro e gli attori sociali che lo rappresentano.
Agire in questa situazione richiede relazioni industriali coinvolgenti, partecipative e aperte, ispirate ad un patto per l’efficienza e la competitività, e molto mirate alle particolari situazioni aziendali e di territorio, con la capacità di “leggerle” sotto diversi aspetti, perché vi sia corrispondenza tra analisi e proposta contrattuale.
Lo stesso ragionamento in generale può essere fatto per la contrattazione territoriale e per alcuni settori, in aree produttivamente omogenee.
Il passaggio ad una contrattazione di tipo partecipativo richiede un salto di qualità in termini di avvicinamento del processo contrattuale al processo decisionale dell’impresa e delle pubbliche amministrazioni: con una contrattazione di progetto.
In questo senso è preferibile parlare di sistema di relazioni piuttosto che di sistema
contrattuale, in quanto le parti si relazionano con continuità e non solo in occasione di atti contrattuali. La relazione continua è finalizzata alla condivisione di una maggiore conoscenza e trasparenza ed alla possibilità di individuare obiettivi comuni e condivisi, al cui conseguimento finalizzare gli atti contrattuali. La contrattazione diventa quindi uno degli strumenti per attuare una strategia aziendale o di pubblica amministrazione condivisa.
Premessa indispensabile è, oltre al riconoscimento della legittimità di rappresentanza tra le parti, l’affermazione della pari dignità tra le esigenze dell’ azienda e quelle dei lavoratori. Si tratta di scegliere, nelle varie aree, le priorità e le situazioni in cui impegnare energie negoziali e risorse organizzative, tenendo fermo il denominatore comune delle relazioni partecipative.
Le relazioni industriali in cui entrambe le parti hanno un vantaggio, in un orizzonte triennale, non sono ancora una prassi diffusa. Sono più ampie le prassi negoziali a somma zero, in cui non c’è il massimo impegno comune a crescere, i ruoli sono ben distinti, la torta da dividere ha contorni incerti, a differenza dei periodi di vacche magre, in cui si distribuiscono chiaramente i sacrifici.
Relazioni industriali in cui entrambe le parti vincono, presuppongono una propensione delle parti stesse a condividere informazioni, poteri e responsabilità per il bene comune. Si basano su supporti strumentali agli obiettivi, come analisi della situazione e prospettive aziendali accettate da entrambi le parti, elaborazione condivise di dati, esercizi di simulazione degli effetti possibili di alcune scelte rispetto ad altre. In questa prospettiva l’azienda va considerata come entità che agisce in un contesto territoriale ed istituzionale, da cui ricava o offre vantaggi, nell’ottica della responsabilità sociale.
L’agire in modo unilaterale nel territorio può significare, per l’azienda, limiti allo sviluppo, per la qualità del sistema formativo, dei servizi o infrastrutturale. L’azione del livello orizzontale del sindacato, in particolare le UST e le USR, nel proporsi come consapevole agente di sviluppo, può invece rafforzare il sistema di relazioni sindacali e di Welfare, nel territorio e nelle aziende, attivando soluzioni di comune vantaggio, che l’iniziativa delle singole aziende non è in grado di determinare.
2. CONTENUTI DELLA CONTRATTAZIONE
Dal lato dei contenuti della contrattazione di secondo livello, si tratta, - con grande attenzione alla domanda di innovazione dei lavoratori, - di percorrere vie negoziali nuove e di integrare ed aggiornare quelle esistenti:
• Occupabilità
⮚ Una via nuova è l’ uso consapevole delle risorse negoziali in funzione dell’occupabilità, intesa come attitudine alla ricollocazione delle persone nel mercato del lavoro interno ed esterno all’azienda e al miglioramento delle competenze dei lavoratori. E’ questo un terreno di comune interesse fra azienda e lavoratori, particolarmente fertile, in quanto il consolidamento e l’estensione dei Fondi Interprofessionali rendono possibili accordi aziendali senza oneri particolari per le aziende. Non è una negoziazione semplice, ma può offrire risposte ed interessare tutti lavoratori, dalle fasce più professionalizzate alle persone con qualifiche non elevate e meno giovani, altrimenti destinate alle liste di cassa integrazione ed alla
mobilità. E’ una via che necessariamente s’intreccia con le politiche delle Regioni nella formazione e mercato del lavoro, ed offre ruolo e sinergie all’azione sindacale.
⮚ Nelle aziende in cui la contrattazione si misura con crisi di liquidità e di mercato, la contrattazione si dovrà concentrare su una gestione attiva e concordata dei progetti aziendali di superamento della crisi e degli strumenti per la salvaguardia dell’occupazione, come la formazione continua la flessibilità della prestazione e degli orari e l’uso oculato degli ammortizzatori sociali come strumento per la riduzione dei lavoratori in esubero. L’estensione del contratto di solidarietà appare come lo strumento più idoneo a fronteggiare crisi occupazionali non rapidamente risolvibili.
L’impegno deve riguardare anche il settore pubblico sempre più interessato da fenomeni di esternalizzazione e trasferimento di competenze che in molti casi possono rischiare di non garantire l’occupabilità del personale coinvolto.
In questo ambito va anche dato impulso ad un filone contrattuale dedicato all’ attrattività degli investimenti. Alla creazione, cioè, di condizioni di vantaggio per l’ allocazione di investimenti in una duplice direzione: nel mezzogiorno del paese come esigenza strutturale, nelle aree di crisi come esigenza contingente. Può essere un filone contrattuale che utilizza e finalizza la possibilità delle deroghe contrattuali previste dagli accordi interconfederali.
Un secondo filone dedicato può essere quello della ricollocazione in termini strutturati dei lavoratori nei casi di crisi. L’ attivazione cioè – per via contrattuale – di iniziative, strumenti e strutture destinate a gestire tutte le situazioni di ricollocazione al lavoro non gestibili soltanto col ricorso agli ammortizzatori sociali. Occorre inoltre:
a) coinvolgere le aziende che hanno prodotto esuberi di personale nella progettazione del reinserimento, sviluppando con le istituzioni locali tavoli di progettualità per lo creazione di nuova occupazione.
b) fornire come sindacato ai lavoratori anche supporti e strumenti utili per mettere a punto progetti di occupabilità e di ricollocazione. A partire dal bilancio di competenze, necessario per dare senso alla formazione e alla riqualificazione, che rappresentano alcune tra le grandi sfide che coinvolgono la bilateralità e il sindacato.
▪ Informazione, consultazione, responsabilità sociale d’impresa
Altra via è un nuovo sistema di informazione e consultazione, capace di prevedere il cambiamento nelle aziende e prevenire situazioni di crisi. Oltre al pieno utilizzo di quello che c’è, la contrattazione di secondo livello dovrebbe migliorare l’agibilità del diritto d’informazione, in particolare se ciò non è previsto in modo sufficiente dal contratto nazionale.
In particolare vanno affermati: la completezza delle informazioni (comprensive della situazione finanziaria e degli assetti societari); la tempestività delle informazioni, che comporta la possibilità d’intervenire quando una scelta, ad esempio un investimento, non è ancora formalmente decisa, in modo da poter “risalire” a monte del processo decisionale dell’impresa e tentare di influenzarne le strategie.
La consultazione, come parte attiva dei diritti di informazione e consultazione. dovrebbe metterci in condizioni di esprimere un parere sulle scelte d’impresa.
Informazione e consultazione non vanno intese come una fase distinta dalla contrattazione, ma come elemento propedeutico ad una contrattazione più evoluta, più attrezzata ad entrare nel merito delle strategie aziendali.
In questo contesto diventa possibile dare un ruolo attivo alla contrattazione in merito alle scelte di investimento (anche in riferimento a localizzazione e delocalizzazione), invertendo l’abituale processo che vede l’intervento contrattuale a valle di tali scelte ed in termini adattivi o di gestione delle conseguenze.
Ciò diventa ancora più evidente quando le scelte d’investimento non sono solo legate alla necessità di avvicinarsi a nuovi mercati (o a disponibilità di materie prime o di aree e servizi a buon mercato ecc.), ma alle condizioni del lavoro: costi, organizzazione del lavoro, flessibilità, utilizzo impianti.
In tale direzione va data attenzione alla questione ambientale che porta con sé scelte per l’uso sempre più efficiente delle risorse energetiche, delle materie prime impiegate e del rapporto azienda – territorio che rappresentano ormai le variabili decisive della competizione economica ed industriale del prossimo futuro.
Il tema della responsabilità d’impresa, importante anche per noi in quanto connesso con lo sviluppo sostenibile, non va lasciato all’unilateralità delle direzioni aziendali. Va prima recuperato tra le materie di informazione e consultazione preventiva, poi condiviso e verificato rispetto alla sua realizzazione effettiva.
Quello dello sviluppo sostenibile è l’asse intorno al quale coniugare sempre di più crescita economica, ambiente e lavoro. Esso va declinato attraverso l’efficienza ambientale dei processi produttivi e dei prodotti puntando alla diminuzione delle emissioni di Co2, all’efficienza energetica, all’ecoefficienza dei materiali e delle costruzioni, a nuove infrastrutture di servizi ambientali nella gestione di acqua e rifiuti e di reti energetiche rinnovate tecnologicamente .
Sono questi nuovi capitoli che possono implementare l’azione sindacale nelle relazioni aziendali e territoriali.
Lo stesso bilancio sociale, che rappresenta un documento fondamentale per rendere conto del comportamento delle aziende nei confronti dei diversi portatori di interessi, non può essere adottato in modo unilaterale ed autoreferenziale dall’azienda, ma i criteri e le modalità di redazione dovrebbero costituire oggetto di coinvolgimento preventivo delle XX.XX., tramite norme e procedure da definire a livello aziendale, all’interno di un quadro Nazionale condiviso.
▪ Inquadramenti professionali
Una via da sperimentare selettivamente, data la diffusa obsolescenza degli inquadramenti professionali, è la progettazione di sistemi di ri-definizione e classificazione delle figure professionali in azienda, che consenta di contrattare percorsi di carriera in base alle competenze e all’esperienza di lavoro.
L’ inquadramento è uno dei temi in cui con più evidenza si pone la necessità di un trasferimento di competenze dal primo al secondo livello di contrattazione.
La varietà di situazioni, unitamente alla velocità dell’ innovazione tecnologica ed
organizzativa, può essere meglio affrontata sulla base di schemi di inquadramento non rigidi definiti dai contratti nazionali e consegnando una maggiore titolarità di intervento contrattuale al secondo livello, dove la professionalità si forma e si gestisce.
▪ Salario e partecipazione economica ai risultati dell’azienda.
Per la Cisl la partecipazione agli utili e ai risultati dell’impresa è anche un modo per valorizzare e promuovere la persona nell’impresa, nella coesione sociale, nella responsabilità e nella condivisione di un’economia sociale e civile.
Dal lato salariale, va ridefinito un salario di partecipazione, collegato ai risultati dell’impresa e alle specifiche condizioni dei territori. In linea generale va ricordato che la decontribuzione e la defiscalizzazione possono essere applicate per tutte le componenti che contribuiscono ad elevare il grado di competitività dell’organizzazione in tutti i settori del mondo del lavoro.
Il punto nuovo della rivisitazione del principio del salario variabile è che le soluzioni devono scaturire dall’output dell’istruttoria preventiva e dalla disponibilità delle parti a dialogare con linguaggio comune e con lo spirito di concordare, fra le varie soluzioni, quelle di reciproco vantaggio.
Nel confronto in azienda, il sindacato può portare un contributo importante di conoscenza e di orientamento dell’opinione dei lavoratori. Se lo spirito c’è, occorre uno sforzo aggiuntivo di predisposizione di un set minimo di strumenti tecnici di supporto, per preparare un terreno trasparente e fertile alla scelta dei meccanismi premianti più utili per raggiungere un obiettivo condiviso fra le parti.
Andrebbero privilegiati premi legati a mix di parametri (economico-finanziari, di produttività, efficienza, efficacia, qualità, condizioni territoriali, ecc.), verificabili, monitorabili e modificabili in base alle priorità. Ciò premesso, si deve anche tener conto delle articolazioni:
• Nell’area delle aziende che mantengono margini di redditività è possibile configurare un tipo di contrattazione acquisitiva, in cui l’impegno attivo dei lavoratori e del sindacato è misurabile in base ad indicatori concordati.
• Nell’area delle aziende con una riduzione dei margini di redditività l’impegno attivo nel sostenere progetti di crescita può assumere la forma di accordi di salario variabile, centrati su risultati differiti nel tempo.
La contrattazione di secondo livello può anche prevedere, mediante appositi piani finanziari, l’accesso dei lavoratori dipendenti al capitale delle aziende: in via diretta, tramite il conferimento a titolo gratuito o oneroso di azioni o quote di capitale sociale; in via indiretta, attraverso la destinazione collettiva di quote volontarie della retribuzione accessoria all’acquisto di azioni o di quote del capitale sociale gestite collettivamente tramite la costituzione di fondazioni o di associazioni.
• Sul territorio si possono avviare sperimentazioni legate alle specificità territoriali ed ai fattori di successo comuni per le tipologie di aziende presenti. In questo ambito si può prevedere l’ utilizzo dell’ elemento retributivo di garanzia come base per la costruzione di un vero e proprio sistema di salario legato ad obiettivi.
▪ Orari: occupabilità, organizzazione del lavoro e conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro
L’ orario di lavoro costituisce un filone centrale delle politiche contrattuali in quanto interagisce con aspetti fondamentali della vita dell’azienda e della vita delle persone.
Lo stesso tema dell’ occupabilità – già affrontato in premessa – può trovare alcune risposte attraverso una modulazione contrattata degli orari e attraverso la diffusione dei contratti di solidarietà.
Le esigenze organizzative delle aziende possono trovare risposte efficaci attraverso un’ organizzazione del lavoro non costruita solo su modelli schematici e unilaterali, ma valorizzando anche il potenziale progettuale dei delegati che ben conoscono la propria realtà lavorativa.
Tra i contenuti della contrattazione di secondo livello un rilievo centrale dovrà avere il tema della conciliazione, per lavoratori e lavoratrici, tra tempi di lavoro e tempi di vita, che è diventata una vera e propria “emergenza” per le famiglie ed un ostacolo in particolare all’ingresso delle donne nel lavoro (il tasso di occupazione femminile in Italia è al penultimo posto nell’UE-27).
Il secondo livello di contrattazione è l’ambito più adeguato per affrontare il tema, in particolare per una progettazione condivisa degli orari in ordine alle esigenze delle aziende e a quelle delle persone.
Va realizzato un intreccio tra contrattazione aziendale (rivisitando tutta la materia degli orari flessibili, del tempo parziale, dei congedi parentali, per esplorarne le opportunità ed i vantaggi per le diverse categorie di lavoratori e delle aziende) e contrattazione sociale di territorio delle UST e USR (disponibilità di servizi pubblici e privati, costi, asili, scuole, trasporti, orari commerciali, ecc. ecc. ), anche tenendo conto della legge delega sull’occupazione femminile, contenuta nel “collegato lavoro”.
▪ Salute e sicurezza
C’è spesso un basso utilizzo delle opportunità offerte dalla legislazione vigente e dagli accordi bilaterali. Con il nuovo d.lgs.81/08 s.m., sdoganato il tema della tutela da un mero tecnicismo ad un cardine irrinunciabile dell’attività lavorativa, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, nuovi orizzonti contrattuali si aprono.
Occorre in questo senso tornare a svolgere un ruolo di protagonismo propositivo nell'ambito dell'organizzazione del lavoro portando la centralità della persona nel processo lavorativo e contribuendo fattivamente alla qualificazione delle imprese (sul modello della patente a punti).
La tutela della salute e sicurezza deve puntare all'eliminazione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali (fenomeno in drastica crescita), mirando a realizzare una dimensione di miglioramento continuo sul luogo di lavoro, armonizzando al meglio le risorse e le condizioni in essere dei diversi contesti lavorativi.
Occorre promuovere, sostenere e stimolare sul territorio e nelle realtà lavorative gli RLS/RLST, creando momenti di crescita culturale sul tema e favorendo l'attività di scambio e relazione continua tra loro, facendoli sentire parte integrante dell'agire sindacale.
Un protagonismo nuovo deve chiamare le strutture sindacali sul territorio ad avviare e stabilire rapporti costanti di confronto, dialogo e azione congiunta con le istituzioni
prioritariamente impegnate sul tema come l'Inail, le Asl, gli Ispettorati del lavoro e le Regioni.
Il modello partecipativo nelle relazioni, il protagonismo della rappresentanza e, non ultima, la formazione (non solo quale strumento di sviluppo di conoscenza, ma di competenza efficace e rafforzamento delle responsabilità a tutti i livelli, dall'alta direzione ai lavoratori/trici,) devono quindi ritrovare un’attenzione centrale e costante nelle priorità d’azione negoziale nei luoghi di lavoro e sul territorio. Una grande stagione deve aprirsi per lo sviluppo della pariteticità nel sostegno alle imprese e nella promozione della salute e sicurezza sul lavoro.
▪ Bilateralità
La bilateralità si è dimostrata, negli ultimi anni uno strumento molto innovativo per ampliare le tutele, sulla base della contrattazione di settore e di territorio e di riconoscimenti legislativi. Nata per affermare o rendere effettivi diritti retributivi e di welfare altrimenti non facilmente esigibili in settori ad alta frammentazione delle imprese e del lavoro e di difficile sindacalizzazione (edilizia, artigianato), si è poi diffusa anche a settori più ricchi e ad alta presenza sindacale, con funzioni integrative del welfare pubblico.
Le trasformazioni dell’economia e della società e le conseguenze sui sistemi di welfare e sul ruolo del pubblico fanno ora emergere una nuova domanda di tutela, salute, benessere, mettendo peraltro in rilievo il crescente divario tra costi dei sistemi di protezione sociale e risorse disponibili. Si tratta di esigenze sempre più avvertite dai lavoratori, del tutto consapevoli della necessità di ricorrere a nuovi strumenti di protezione sociale.
Oggi la bilateralità è potenzialmente matura per una gestione congiunta e sinergica, nell’interesse dei lavoratori, di temi a grande rilievo sociale, come la sicurezza sul lavoro, la previdenza integrativa, la sanità integrativa, il contrasto al lavoro sommerso, la formazione, gli ammortizzatori sociali, le politiche attive per donne e giovani, alfabetizzazione linguistica e civico culturale degli immigrati.
Si tratta di una assunzione di maggiore responsabilità, capitalizzando le preziose esperienze già realizzate, al fine di governare ed integrare tra loro le tutele nel mercato del lavoro nonché quelle di welfare integrativo, anche con la gestione bilaterale di risorse pubbliche (sul modello dei fondi interprofessionali).
In particolare la Cisl, anche sulla base di alcune positive esperienze realizzate nell’ultimo anno e mezzo, con il supporto della legislazione anti-crisi, attribuisce ad enti bilaterali e fondi interprofessionali un ruolo centrale come soggetti in grado di coniugare risorse pubbliche e risorse contrattuali al fine di dotare i settori oggi privi della cassa integrazione di uno strumento ad essa paragonabile, e come luogo in cui si coordinano le politiche attive e passive del lavoro.
Ma tutto ciò richiede un ulteriore salto di qualità nelle relazioni industriali ed un notevole impegno organizzativo da parte nostra per rendere la attuale panoramica della bilateralità, compresa quella, più avanzata ma ancora in fieri, espressa dai Fondi Interprofessionali, coerente con le proposte che avanziamo. Oltre la fase dell’emergenza, e a consolidamento delle buone pratiche realizzate, è necessario avviare una riflessione per un progetto di innovazione, credibile e di lungo periodo, del ruolo e del contributo degli enti bilaterali e dei fondi Interprofessionali con l’obiettivo di aprire una nuova stagione di confronto, sia a livello settoriale che territoriale che possa rafforzare ed estendere la bilateralità adeguandola ai nuovi compiti ed alle nuove prospettive socio-economiche, con i seguenti obiettivi:
▪ nei settori in cui sia assente o carente, l’avvio e/o lo sviluppo di un sistema di bilateralità;
▪ nei settori in cui sia già avanzato un sistema di bilateralità, la realizzazione di una maggiore articolazione territoriale, per dare applicazione, effettività ed estensione a prestazioni già previste dagli Enti bilaterali nazionali e/o regionali;
▪ l’estensione delle adesioni aziendali ai Fondi Interprofessionali;
▪ l’inclusione dei lavoratori con contratti non standard tra i beneficiari delle prestazioni a carico della bilateralità;
▪ la contrattualizzazione delle prestazioni a carico della bilateralità, in modo che il mancato versamento dei contributi agli enti bilaterali non si traduca in minori prestazioni per i lavoratori.
▪ Welfare contrattuale
Gli istituti di welfare contrattuale (in particolare previdenza complementare ed assistenza sanitaria integrativa) vedono nei contratti nazionali la loro fonte istitutiva naturale, ma possono ricevere dal secondo livello – sia aziendale che territoriale – un’ ulteriore spinta in termini di implementazione.
Con l’entrata in vigore del Decreto Legislativo 252/2005 si aprono nuovi spazi di iniziativa per la contrattazione a sostegno della previdenza complementare, tramite:
• la elevazione della misura del contributo a carico del datore di lavoro, definito dal contratto collettivo nazionale;
• specifiche modalità di intervento tramite la corresponsione di un contributo a carico del datore di lavoro, a fronte di determinati eventi della vita familiare o professionale (prima occupazione, maternità, utilizzo di un contratto di lavoro a tempo parziale, ecc.);
• la previsione delle modalità di adesione su base collettiva ad un fondo aperto, qualora i contratti o gli accordi collettivi stipulati a livello nazionale non prevedano una forma pensionistica cui destinare il TFR dei lavoratori.
▪ Contrattazione di Gruppo
La regola generale per rendere efficace un sistema di relazioni di tipo partecipativo è quella di avvicinare la sede della contrattazione alla sede della decisione. Per i gruppi di livello nazionale, che hanno più presenze produttive, operative, commerciale e di servizio sul territorio nazionale, occorre definire un sistema di relazioni di gruppo in cui affrontare la parte generale di quadro strategico, dei costi e delle regole comuni, prevedendo dei rinvii a livello di singola unità in merito alle specificità di ordine organizzativo e tecnologico.
In quest’ ambito va sviluppata una riflessione sulla necessità di sviluppare forme di contrattazione transnazionale. I processi decisionali delle imprese multinazionali - se gestiti in un’ottica esclusivamente nazionale – non sono raggiungibili in modo compiuto nemmeno sul piano dei diritti di informazione e consultazione.
Si rende qui necessario anche un approfondimento sul ruolo dei CAE e delle federazioni sindacali europee e del raccordo tra questi soggetti coi sindacati nazionali.
▪ Contrattazione Territoriale
La contrattazione territoriale va intesa anche in dimensioni più ampie e diversificate dei confini provinciali e regionali (a titolo esemplificativo: distretti, filiere, settori ecc). In questo
modo può diventare possibile coniugarla non solo in termini di tutela e di copertura nelle situazioni in cui non è possibile effettuare la contrattazione aziendale, ma costituisce un’opportunità per dare risposte originali a particolari contesti caratterizzati dalla diffusione di piccole e medie imprese.
La contrattazione territoriale va sviluppata oltre che per filoni settoriali e merceologici omogenei ed in riferimento a classi dimensionali d’azienda caratterizzate da problematiche ed esigenze analoghe e comparabili anche nei confronti delle aziende dei servizi pubblici locali.
Identificando l’ambito contrattuale in aggregati d’azienda caratterizzati da omogeneità produttiva, tecnologica, organizzativa e di mercato diventa più praticabile l’individuazione di parametri ed indicatori oggettivi su cui sviluppare la contrattazione salariale legata ad obiettivi. In questi contesti diviene, inoltre, possibile affrontare temi di politica industriale e settoriale in quanto fortemente ancorati a realtà ben connotate dal punto di vista dell’ identità e della vocazione produttiva.
Per ampliare l’esercizio della contrattazione occorre utilizzare al meglio gli strumenti esistenti: vantaggi fiscali e contributivi; elemento di garanzia retributiva; griglie e linee guida tracciate dai contratti nazionali.
▪ Pubblica Amministrazione
Anche per il settore pubblico l’intesa del 30 aprile 2009 è il punto da cui partire per rilanciare la contrattazione integrativa che deve, essere liberata come riaffermato dalla Cisl, dai vincoli posti dal decreto legge 78. Questa dovrà avere due scopi principali:
• La valorizzazione delle risorse umane nel lavoro pubblico e quindi anche il miglioramento delle condizioni retributive.
• L’accrescimento dell’efficienza e dell’efficacia dell’azione pubblica nell’erogazione dei servizi finalizzata al soddisfacimento dei bisogni di utenti e imprese.
I due punti sono strettamente collegati, in virtù anche delle recenti modifiche legislative introdotte alla disciplina del lavoro pubblico che rafforzano il rapporto già costruito con la contrattazione nazionale delle passate tornate tra la retribuzione accessoria e la valutazione delle prestazioni della Pubblica Amministrazione e dei lavoratori pubblici, in direzione di un costante incremento della produttività, qualità, efficacia, innovazione, processi di formazione continua del personale, flessibilità contrattata, soddisfazione degli utenti e risparmi di gestione.
Decisivo al riguardo sarà il ruolo delle organizzazioni sindacali soprattutto nella definizione del ciclo di gestione del trattamento accessorio.
E’ quindi essenziale che in uno scenario di forzata limitazione di risorse provenienti dalla contrattazione collettiva il trattamento accessorio, oltre che dai fondi allo scopo destinati, possa reperire risorse da una quota dei risparmi di gestione comunque intesi (minori spese, accentramento acquisti, efficientamento in genere ).
Sarà necessario anche per il settore pubblico avviare una capillare attività formativa per dotare i nostri quadri sindacali degli strumenti indispensabili all’attuazione e gestione del nuovo modello contrattuale, soprattutto per il secondo livello che dovrà, nei limiti delle risorse stanziate dal contratto nazionale e delle materie da questo delegato, declinare i principi generali della contrattazione nazionale nelle oltre 10.000 aziende pubbliche,
tenendo conto delle singole specificità.
▪ Contrattazione e interessi generali
Obiettivo della strategia riformatrice della CISL è il perseguimento degli interessi generali della società, ignorati e aggrediti, per molti aspetti e a diversi livelli dell’organizzazione sociale, dal degrado politico e civile di questa fase della situazione italiana.
Vanno in questa direzione le scelte strategiche della CISL: - sulla responsabilizzazione istituzionale e sociale attraverso le politiche di concertazione al centro e nei territori, con il rafforzamento della democrazia partecipata; - sul decentramento delle relazioni industriali con un nuovo baricentro nelle aziende e nei territori; - sulla valorizzazione della scelta partecipativa nelle relazioni sindacali, attraverso la rivendicazione di un pieno sviluppo della democrazia economica.
Una sfida difficile è quella della modernizzazione delle pubbliche amministrazioni, dei grandi servizi sociali, dalla sanità alla istruzione (scuola e università) all’assistenza, fino al funzionamento dei servizi pubblici essenziali. Settori questi dove i soggetti più deboli valutano, misurano le coerenze della confederalità dell’azione sindacale e su cui si confrontano le condizioni del lavoro e dei diritti di cittadini. Sono questioni che rappresentano oggi criticità strutturali per la qualità e l’equità della vita sociale e per la crescita e la competitività economica dell’Italia.
In questi settori, la confederalità si legittima - come valore e come politica rispetto ai corporativismi dominanti e alle derive populiste altrettanto distruttive della coesione sociale
- solo se l’azione sindacale, contrattuale e concertativa, non soggiace all’autoreferenzialità categoriale.
Il primato e il ruolo riformatore della contrattazione sono legittimati se vengono coniugati interessi dei cittadini e delle imprese, intercettando i bisogni delle persone nei processi di valutazione della efficacia organizzativa.
Le vertenze territoriali devono coinvolgere tutte le strutture Cisl con un ruolo attivo e fondamentale delle Unioni rispetto alle politiche generali e di bilancio Debbono essere l’occasione, secondo un modello sociale di rete, per l’implementazione e il coinvolgimento più ampio dell’associazionismo e del volontariato sociali, anch’essi protagonisti nel territorio dei bisogni e della coesione sociali.
Nell’iniziativa confederale delle Unioni, la FNP assume un ruolo fondamentale per la tutela degli anziani e per le politiche socio-assistenziali, come la FPS è chiamata a svolgere a livello locale un ruolo importante con la contrattazione di secondo livello, che quindi deve aprirsi alla concertazione confederale.
La qualità dei servizi dipende particolarmente dagli impegni dei dipendenti e dalla efficacia della contrattazione di secondo livello. Legare la contrattazione nei suoi vari aspetti alla qualità dei servizi e alla soddisfazione delle persone può sia migliorare la condizione dei cittadini sia offrire spunti importanti per la contrattazione.
I territori e le categorie saranno investiti sempre di più dal processo di riforma e dalla gestione dei processi di Liberalizzazione/privatizzazione dei servizi di pubblica utilità. Basti pensare alle ricadute sull’occupazione, sulle tariffe, sulle garanzie sociali, sulla qualità del servizio, sulla garanzia del servizio universale, sulla contrattazione territoriale
e/o Aziendale di Secondo livello – sulle Relazioni sindacali con le proprietà Pubbliche/Private o Miste e i demandi previsti dal CCNL Naz.le, ecc.
La governance dei Servizi Pubblici Locali, richiede un miglioramento professionale e maggiore coinvolgimento dei lavoratori. Il sindacato deve farsi interprete di questi processi attraverso una sua presenza attiva alle funzioni di vigilanza e controllo.
Per questo la ridefinizione della governance in chiave partecipativa impone un ridisegno delle relazioni industriali. Inoltre nel garantire universalità e qualità dei servizi essenziali a seguito dei processi di privatizzazione e liberalizzazione è necessario che le condizioni per le concessioni e le regole per le gare d’appalto siano materia di controllo e confronto al fine di evitare anche situazioni di dumping contrattuale. Pertanto devono essere previste le clausole sociali nei capitolati (garanzie dell’occupazione, l’applicazione dei contratti di settore, i contratti di servizio, le procedure tariffarie, i meccanismi e le sedi partecipate di controllo sulle prestazioni e la carta dei servizi).
In questo ambito la partecipazione dei lavoratori al governo delle imprese può assumere un ruolo importante.
3. CONDIZIONI PER UN EFFICACE DISPIEGAMENTO DELLA CONTRATTAZIONE DECENTRATA
Affrontare la sfida della contrattazione decentrata, fin dai prossimi mesi, implica che dobbiamo organizzare e motivare al meglio le nostre forze, lavorando allo stesso tempo per attrezzarci nel medio e lungo periodo. Avanzare, anche selettivamente, sul terreno della contrattazione articolata, richiede che si producano alcune condizioni, di tipo culturale, organizzativo e di predisposizione di strumenti.
L’accordo quadro del 22 gennaio 2009 l’insieme degli accordi attuativi del nuovo modello contrattuale costituiscono la piattaforma di lavoro per il lancio di azioni contrattuali concrete. Nei testi si prefigura un lavoro preventivo delle parti, per acquisire elementi di conoscenza comune per la definizione degli obiettivi della contrattazione aziendale, con l’esame delle condizioni produttive ed occupazionali e le relative prospettive, tenendo conto dell'andamento della competitività e delle condizioni essenziali di redditività dell'azienda.
Nelle scorse stagioni agli enunciati comuni è poi spesso corrisposta un’asimmetria tra le parti in azienda, nella disponibilità di competenze esperte e nella capacità di lettura delle condizioni delle aziende, delle sue strategie e politiche, che ha affievolito la spinta partecipativa. Questa asimmetria va ridotta e risolta, con un programma di rinforzo del bagaglio di competenze sindacali di negoziazione ed il coinvolgimento, nelle fasi di istruttoria, di esperti di fiducia del sindacato.
Xxxxxxx, quindi, a sostegno di questa impostazione:
• Coinvolgere attivamente, a livello nazionale e nelle sedi aziendali di analisi preventiva, le aree di lavoratori a forte competenza aziendale, rappresentate dai quadri ed alte professionalità, naturalmente vicine a relazioni di tipo partecipativo.
• Migliorare le risorse di comunicazione dalle categorie e territori ai lavoratori in azienda, tenendo conto che si tratta di avviare vere e proprie campagne negoziali, in
cui i messaggi d’impegno ed i vantaggi ottenibili devono essere chiari e convincenti, in modo da preparare il terreno alla contrattazione decentrata.
• Impegnare le risorse di conoscenza ed informazione presenti nei centri di ricerca della CISL e nella CISL, nella configurazione di un Osservatorio sulla contrattazione decentrata che si presenti anche come rete esperta di informazione ed assistenza per la negoziazione (normative, contenuti, lettura dei bilanci, casi esemplari), accessibile anche via Web.
• Organizzare, via Web, una comunità di pratiche fra i negoziatori, che raccolga le migliori pratiche contrattuali e socializzi un repertorio di conoscenze e soluzioni valide in situazioni simili.
• Lanciare un programma diffuso ed articolato di attività formativa secondo le linee qui descritte.
LINEE GUIDA PER LA CONCERTAZIONE LOCALE
INTRODUZIONE METODOLOGICA
Obiettivo – Rendere capillare sul territorio l’azione sindacale di concertazione locale per le politiche fiscali e tariffarie, socio-familiari, per la casa e per il lavoro.
Perché – Sul territorio vengono assunte decisioni sensibili per lavoratori e pensionati, tra le altre in materia di sanità, servizi socio – assistenziali, fiscalità locale, prezzi, tariffe, politiche del lavoro e della formazione: il confronto in sede di formazione di bilancio preventivo è determinante per orientare le (scarse) risorse dei bilanci comunali e regionali verso obiettivi socialmente rilevanti. Il consolidamento della prassi e la continuità dell’azione sindacale territoriale, sono decisivi per il raggiungimento dei risultati.
Percorso per l’implementazione – E’ necessario individuare un percorso suddiviso in tappe organiche e circolari che consentano di raggiungere gli obiettivi prefissati e monitorare costantemente i risultati.
1 Analisi iniziale - La ricostruzione della situazione iniziale è necessaria per quei territori che iniziano l’attività di concertazione o laddove questa sia stata svolta in modo frammentato sul territorio stesso. La conoscenza puntuale del territorio è il punto di partenza fondamentale per valutare le scelte contenute nel bilancio e per costruire una proposta.
2 Referenti – E’ indispensabile assumersi compiti e responsabilità definiti tra i diversi attori del sindacato, per poter agire in maniera sinergica e convergere su obiettivi comuni verificabili. E’ importante riconoscere chi sono nel territorio gli interlocutori istituzionali e gli altri attori sociali da coinvolgere nel processo.
3 Identificazione aree critiche e definizione degli obiettivi – Per capire dove focalizzare l’azione, dotandosi di indicatori.
4 Definizione delle disponibilità finanziarie necessarie – attraverso l’indagine delle risorse esistenti, dei canali di finanziamento accessibili e la valorizzazione delle risorse espresse dal territorio
5 Progettazione delle azioni
6 Verifica e monitoraggio dei risultati
7 Informazione – E’ necessario che ci sia una “pubblicità” dei dati, degli strumenti, dei risultati disponibili in modo che diventino patrimonio comune dell’organizzazione.
8 Banca dati degli Accordi – La raccolta degli Accordi siglati e dei Tavoli di concertazione aperti a livello nazionale può consentire un’analisi più raffinata delle azioni in atto, diffondere buone pratiche, proporre esempi da riproporre in altri territori.
LE POLITICHE FISCALI E TARIFFARIE
E’ sotto gli occhi di tutti che i bilanci comunali e regionali stanno implodendo: vivono una situazione di crisi strutturale, indipendentemente dalla capacità o incapacità di chi quel bilancio amministra. L’80% degli investimenti viene gestito a livello locale, ma contemporaneamente regioni e comuni non sono attrezzati per far fronte a queste spese: le regioni hanno un 60-70% del bilancio “immobilizzato” dalle spese per la sanità, e i comuni possono manovrare circa un 20% del loro bilancio perché il resto è costituito da spese fisse.
Con la Finanziaria 2007 è stata varata la riforma fiscale che ha modificato profondamente la struttura dell’imposta sui redditi e ha concesso una ulteriore autonomia di manovra a Comuni e Regioni in materia di fiscalità locale..
L’attuale struttura e composizione della spesa delle Regioni e dei Comuni e i numerosi vincoli di bilancio hanno finito per configurare la possibilità di manovra delle addizionali locali non come una opportunità di crescita dell’autonomia e dell’autodeterminazione locale ma come un ulteriore vincolo, un fardello che si aggiunge a quello nazionale, a carico dei contribuenti, senza visibili contropartite.
La Cisl manifestò tempestivamente i suoi rilievi critici alla riforma alla base delle simulazioni effettuate in base ai dati del Caaf sulle dichiarazioni dei redditi di lavoratori dipendenti e pensionati che evidenziavano come l’effetto dell’incremento delle addizionali regionali e locali avesse vanificato o quasi i benefici fiscali ottenuti a livello nazionale.
Con il Dl 93/08 si è realizzato il blocco dell’aumento dei tributi locali fino all’approvazione del federalismo fiscale, e ed è stato completato il percorso di eliminazione dell’Ici sulla prima casa. E’ invece confermato l’obbligo dell’aumento delle addizionali Irpef e Irap in caso di sforamento del deficit sanitario e, in base alla legge 133/08 della Tarsu.
Se il blocco evita un ulteriore aumento delle addizionali nel breve periodo, dall’altro evidenzia una dinamica che dovrà essere attentamente analizzata in sede di attuazione del federalismo fiscale.
1. LA CORNICE DI RIFERIMENTO E GLI ELEMENTI IN GIOCO
1.1. Contesto normativo (nazionale e locale): La legislazione fiscale è in rapida evoluzione e questo modifica sostanzialmente il merito delle proposte che possono essere avanzate. Se consideriamo solo gli ultimi tre anni, verifichiamo che la legislazioni ha subito cambiamenti profondi che cambiano conseguentemente la concertazione (per le modifiche della legislazione vedi Materiale di approfondimento 1).
1.1.1. Scenario economico Per ricostruire l’andamento del reddito dei lavoratori dipendenti e pensionati, delle imposte e delle addizionali, uno strumento è l’annuale Rapporto Caaf Cisl elaborato sulla banca dati delle dichiarazioni dei redditi.
1.1.2. Contesto sociale Per decidere quali siano le proposte fiscali più opportune (per la famiglia, per le persone anziane ecc), è strategico conoscere la composizione sociale del territorio (quanti uomini, donne, bambini, anziani; quanti coniugati o vedovi);
1.1.3. Piano di sviluppo comunale e regionale (è uno strumento di programmazione pluriennale dove vengono individuati gli obiettivi strategici del comune e della regione. La sua conoscenza integra e non sostituisce l’analisi del bilancio).
1.2. federalismo fiscale
Il futuro della concertazione dei bilanci locali è strettamente legato all’assetto che verrà stabilito nei decreti legislativi attuativi del federalismo fiscale.
Il sindacato dovrà confrontarsi con un “menù” di scelte più ampio:
o ai Comuni è stata data la possibilità di istituire tasse di scopo per la realizzazione di opere pubbliche, investimenti pluriennali in servizi sociali, mobilità urbana e flussi turistici;
o analoga facoltà è prevista per le Province che potranno stabilire “uno o più tributi propri” per particolari scopi istituzionali;
o Comuni e Province avranno la facoltà di “stabilirli ed applicarli” facendo supporre un’ampia libertà di manovra;
o la “manovrabilità” dell’addizionale comunale è stabilita tenendo conto della dimensione dei Comuni.
Infine, sulla base dell’insieme degli elementi considerati, si definiscono gli obiettivi.
2. CONTENUTI (“COSA” CONCERTARE SUL TERRITORIO)
2.1. Fiscalità locale e regionale:
L’analisi delle diverse imposte comunali e regionali è funzionale all’attività di concertazione (per una analisi dettagliata della fiscalità locale vedi Materiale di approfondimento 1).
2.2. Prezzi, tariffe, credito
L’obiettivo della salvaguardia dei redditi da lavoro dipendente e della tutela del potere d’acquisto delle pensioni rende necessario un governo efficace delle dinamiche dei prezzi e delle tariffe, al centro come nei territori ed un efficace monitoraggio del credito alle famiglie.
Sul piano del dei prezzi è necessario non solo dotarsi di metodologie e strumenti efficaci di monitoraggio delle dinamiche a livello locale, ma anche definire con le Amministrazioni regionali e locali e con le parti economiche interessate meccanismi di governo e di controllo che rendano più trasparenti gli effetti dei processi di formazione dei prezzi, dalla produzione alla vendita al dettaglio
Sul piano delle tariffe locali va, anche a livello regionale e locale, concordata una politica tariffaria antinflazionistica, evitando, in particolare, che le difficoltà di bilancio degli enti locali si trasferiscano sul costo o sulla fornitura dei servizi pubblici essenziali. Va generalizzata l’adozione della tariffa sociale nei servizi di carattere economico, con il riconoscimento della condizione di disagio attraverso lo strumento dell’Isee (indicatore della situazione economica equivalente), di cui vanno opportunamente valutati gli effetti, anche alla luce di un aggiornamento dello strumento.
La CISL in merito al credito a imprese e famiglie ha sostenuto in modo deciso l’importanza della funzione di monitoraggio assegnata agli Osservatori del Credito presso le Prefetture per l’accesso al credito.
E’ stato realizzato – in proposito – un osservatorio Cisl per verificare l’azione del credito a famiglie e a imprese, in base ai dati disaggregati per regioni in merito ai livelli e alle condizioni del credito, di variabili informative aggregate fornite dalle banche e dagli intermediari finanziari sul territorio, di informazioni provenienti dalle associazioni di categoria, nonché di altre informazioni che possono essere rilevate sul territorio.
Ora vanno attivati e vanno attentamente monitorati gli effetti del livello e del costo dell’accesso al credito dei lavoratori e dei pensionati, al fine di attivare tavoli di concertazione mirati con le Amministrazioni regionali e locali, finalizzati ad un’offerta di credito adeguata alle esigenze e alle caratteristiche sociali dei nuclei familiari, specie per quanto concerne i fenomeni del mutuo – casa, del credito al consumo e della cessione del quinto delle retribuzioni e delle pensioni, onde evitare un impatto negativo in termini di aumento e di eccessivo appesantimento della situazione debitoria delle famiglie.
3. PROPOSTA (SOSTENIBILITÀ ED EFFETTI)
3.1. Elaborazione della proposta sulla base della situazione
o No a richieste normativamente impossibili, fuori dal contesto, ma tarate sui bisogni del territorio);
o I margini di concertazione dipendono dal contesto normativo, perché è innanzitutto la legge a fissare l’ambito entro il quale possono essere formulate richieste; poi, la scelta viene fatta in base agli obiettivi. Punto di riferimento obbligato è il bilancio.
o Vanno valutati gli scostamenti rispetto al contesto economico generale, locale, sociale ecc.
o Vanno interpretati gli scostamenti (più spesa sociale? Più addizionali? Servizi.)
o Ogni variabile influenza altri elementi del contesto e il tutto produce un risultato finale (l’esempio è quello della riforma fiscale 2007: detrazioni e assegni davano un contenuto beneficio fiscale che venne “mangiato” dall’incremento delle imposte locali) ;
o è necessario individuare le variabili significative e selezionare non casualmente gli obiettivi;
o le imposte (addizionale comunale, Ici, Imposte di scopo) alimentano il bilancio e quelle risorse vengono impiegate in una serie di spese, tra le quali quelle sociali. Il bilancio, inoltre, è sottoposto al patto di stabilità le cui regole sono in continua evoluzione. In questo quadro si inserisce la concertazione sindacale, tenendo presente che ci sono una serie di elementi “esterni” alle imposte strettamente considerate ed al bilancio, che influenzano e determinano l’esito finale (contesto normativo, contesto sociale, scenario economico, il federalismo fiscale)
3.2. Valutazione del costo della proposta (sostenibilità, ovvero avere l’ordine di grandezza, per esempio, del costo della riduzione dell’aliquota dell’addizionale o dell’ampliamento della fascia esente)
3.3. Valutazione degli effetti su dipendenti e pensionati (modalità semplificate di calcolo, per esempio, per valutare gli effetti di: aumento/diminuzione aliquote addizionale; ampliamento fascia esente ecc.)
3.4. Valutazione del processo concertativo, monitoraggio e correzione tattica
3.5. Analisi dei risultati raggiunti
3.6. Valutazione dell’effettivo mantenimento degli impegni e della destinazione di spesa dell’Amministrazione comunale attraverso il monitoraggio delle relative voci di bilancio, a cadenza periodica prestabilita
3.7. preparazione della piattaforma per l’anno successivo
LE POLITICHE SOCIO-FAMILIARI
1. LA CORNICE DI RIFERIMENTO E GLI ELEMENTI IN GIOCO
Il processo di innovazione del welfare corre parallelo alla valorizzazione del ruolo svolto dalla famiglia ed alla centralità del sistema integrato dei servizi sociali. Nel nostro modello di welfare il settore socio-assistenziale e socio-sanitario, nonostante una evoluzione positiva dello scenario che ha investito soprattutto la dimensione territoriale a seguito dei processi di riforma avviati negli ultimi vent’anni, ha ancora carattere residuale e viene lasciato per lo più alle responsabilità di cura dei familiari ed a quote rilevanti di spesa privata.
L’onere che pesa sulle famiglie, compensato solo parzialmente dal tradizionale orientamento verso i trasferimenti monetari, si contrappone ad una richiesta crescente rivolta alla presenza ed alla qualità dei servizi, all’accesso unitario al sistema, alla presa in carico a garanzia della continuità assistenziale. Lo attesta, per un verso la quota ridotta di spesa per prestazioni di tipo socio-assistenziale sul complesso della spesa per il welfare (soltanto l’8,3% di quella complessiva peraltro ferma da anni al 2,21% del PIL) per l’altro la tipologia di interventi finanziati, che per ben il 76,2% è composta di prestazioni monetarie e solo per il 23,8% da servizi
Inoltre, confrontando la spesa sociale italiana con quella degli altri paesi UE, il nostro Paese appare caratterizzato da prestazioni sociali ancora troppo legate alla posizione lavorativa, da carenza di misure coerenti di contrasto alla povertà ed esclusione (in Italia il rischio di povertà diminuisce di soli 4 punti dopo i trasferimenti, mentre in Europa di 10), dal preponderante affidamento della cura alla rete intra-familiare e dall’assenza di investimenti e politiche mirate e di supporto alla natalità.
Il processo di riforma avviato con la Legge 328/2000 intendeva superare questi limiti, definendo un sistema nazionale di interventi e servizi sociali universalistico, da integrare con quello sanitario formativo e del lavoro e fortemente partecipato dai corpi intermedi.
Il Fondo Nazionale doveva rappresentare lo strumento intorno al quale costruire processi di programmazione, strutturazione amministrativa, innovazione degli interventi e
perequazione delle risorse.
Questi obiettivi sono stati raggiunti molto parzialmente, sia a causa delle modifiche costituzionali che hanno indebolito l’iniziativa politico amministrativa centrale e determinato difficili rapporti tra livelli istituzionali, sia per la ri-articolazione ed instabilità delle linee di finanziamento che non hanno determinato quello sviluppo armonico della governance del welfare socio sanitario tra Stato, Regioni e Comuni.
La spesa per servizi ed interventi sociali territoriali di pertinenza dei Comuni resta una quota minoritaria (secondo l’Istat ammontava nel 2006 a poco meno di 6 miliardi di euro) ed al suo interno fortemente sperequata tra nord e sud ma anche tra Comuni di grandi e piccole dimensioni, non si integra con le prestazioni nazionali, non sembra favorire processi di coordinamento tra questa e quella out of pocket delle famiglie.
Le diseguaglianze che ne derivano sono poi accentuate dalla diversa efficienza delle strutture istituzionali e dalla gestione del complesso delle politiche socio sanitarie effettuate dalle istituzioni regionali e locali.
In questo quadro diventa urgente e coerente con il processo di federalismo fiscale, rilanciare i principi ispiratori della Legge di riforma dei servizi sociali ed avviare con maggiore convinzione il percorso per una compiuta definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali,che non possono esaurirsi nel solo riconoscimento dei diritti sociali garantiti attualmente dal livello nazionale, e prevedere il loro adeguato finanziamento sulla base dei fabbisogni e dei costi standard.
Questo processo deve essere coordinato strettamente con quello relativo ai Lea sanitari, sia per riproporre la centralità della persona e dei suoi bisogni, la promozione dell’invecchiamento attivo e la considerazione dell’anziano come risorsa, ma anche per ridefinire un sistema meno frammentato dell’attuale tra i diversi attori che gestiscono quote di finanziamento in maniera spesso autoreferenziale e concentrare così la spesa su obiettivi condivisi, rendendola più efficiente ed efficace.
La concertazione locale è il livello di governance in cui il focus di azione può essere sulle politiche a favore della famiglia. E’ il livello in cui la dimensione di appartenenza relazionale ad una comunità e trasversale ad un territorio forniscono la chiave di lettura sia per l’accoglimento dei bisogni espressi che per la costruzione collettiva di risposte.
L’impegno sinergico nella contrattazione aziendale e nella concertazione locale, a partire dall’analisi dei bisogni rilevati nei luoghi di lavoro e nei luoghi di costruzione della cittadinanza, può offrire in questa direzione spazi di intervento realmente nuovi all’azione sindacale.
Particolare rilevanza per le famiglie oggi rivestono i temi legati al contrasto alla povertà e alla creazione di politiche organiche a supporto di non autosufficienti e infanzia per consentire la costruzione di un equilibrio dei tempi di vita e di lavoro.
2. CONTENUTI (“COSA” CONCERTARE SUL TERRITORIO)
E’ evidente che un ruolo centrale nei concreti processi di riforma avranno i livelli regionali, ai quali è demandato dal nuovo assetto costituzionale in via esclusiva un ruolo di programmazione e coordinamento delle politiche ed accompagnamento dei livelli locali, cui deve corrispondere da parte sindacale una analoga capacità di realizzazione di una “cabina di regia” promozionale anche delle politiche dei territori.
Le istituzioni locali dal canto loro hanno assunto un ruolo di programmazione (piani di zona e piani territoriali della salute), progettazione e gestione che risultano determinanti per la qualità dei servizi e degli interventi.
La concertazione sociale territoriale è strumento della governance, ovvero del raccordo tra attori istituzionali e sociali e della capacità di condividere obiettivi, definire accordi, cooperare per il loro raggiungimento. Si caratterizza per la pluralità di soggetti che entrano nel processo, è quindi indispensabile sviluppare azioni tese ad individuare i soggetti chiave nel cambiamento,a conoscerne gli obiettivi ed i vincoli, a promuovere le attività di dialogo che favoriscono la condivisione degli obiettivi, a realizzare iniziative di comunicazione /animazione del territorio e di raccolta/costruzione del consenso.
In particolare si segnalano come elementi rilevanti per la concertazione sociale territoriale i seguenti ambiti:
a. Livelli essenziali dei diritti sociali
Come previsto dal processo che condurrà verso un compiuto federalismo fiscale, dovranno essere ridefiniti i livelli essenziali dei diritti sociali, in connessione ad un sistema di finanziamento, fondato su costi standard, che dovrà colmare i divari territoriali e qualificare l’offerta. Fino al compimento di tale percorso, a livello regionale e territoriale è auspicabile l’intervento di governance volto ad implementare i livelli già previsti dalla legislazione nazionale, sia nella dimensione delle aree di bisogno, come degli interventi da garantire, che dei servizi da attivare, con particolare attenzione all’integrazione tra quelli sanitari e sociali in modo da assicurare adeguatezza e continuità nei percorsi assistenziali.
b. Criteri di accesso e compartecipazione per garantire l’equità
A livello territoriale è necessario che i criteri di accesso siano coerenti con i bisogni rilevati delle persone e delle famiglie e funzionali agli obiettivi del servizio, non dando eccessivo peso a quelli economici, laddove le prestazioni non hanno natura di trasferimenti per il contrasto alla povertà.
Sono inoltre da tenere presenti i seguenti elementi:
o La quota di compartecipazione non può essere determinata senza tenere conto delle seguenti variabili: le condizioni economiche delle famiglie destinatarie del servizio, il costo pieno di produzione dei servizi, la struttura e le dinamiche di mercato dei servizi di qualità sociale (ad esempio prezzi e modalità di offerta del medesimo servizio da parte di soggetti privati ), gli obiettivi del servizio.
o Va prevista la definizione di un valore Isee minimo e massimo, cui risulterà correlata rispettivamente l’esenzione dal pagamento della tariffa o la corresponsione della tariffa massima (pari o inferiore al costo pieno del servizio).
o Vanno sollecitate le amministrazioni locali ad una attenta verifica della veridicità delle dichiarazioni reddituali e patrimoniali ai fine Isee anche sulla base del Casellario dell'assistenza e norme sulle prestazioni collegate al reddito istituito dal Dl 78/10.
o Le soglie vanno definite non in astratto ma tenendo conto della condizione economica delle famiglie del territorio di riferimento e del servizio.
o Entro questo quadro, vanno individuati gli interventi da affrontare prioritariamente che riguardano le famiglie in condizioni di disagio economico, quelle con pesanti carichi di cura legati alla non autosufficienza, quelle infine con oneri di educazione e socializzazione di figli minori.
c. Rete dei servizi nel segno della qualità
Se la concertazione sociale ha come obiettivo quello di offrire risposte che accrescano la capacità di autonomia delle persone e delle famiglie nelle varie fasi della vita, anche per l’ambito della qualità del sistema dei servizi il baricentro deve essere collocato non soltanto sugli aspetti tariffari, ma sulla globale presa in carico della persona e della sua famiglia.
Contenuti di organizzazione e gestione che incidono sulla qualità e sono da considerare oggetto prioritario di concertazione sono:
- Definire il livello gestionale più adeguato per il singolo servizio, , applicando quanto previsto dal Dl 78/10 in merito alla obbligatorietà della gestione associata per i piccoli Comuni e promuovendo comunque forme di associazionismo funzionali all’efficienza ed efficacia degli interventi.
- Organizzare la rete dei servizi coerentemente con i bisogni della popolazione e l’operatività nella gestione a partire dagli standard di autorizzazione ed accreditamento, curando in particolar modo:
- gli strumenti di qualità (come la Carta dei servizi) che consentono un ruolo attivo del cittadino utente e della sua famiglia;
- la formazione del personale;
- la gestione degli spazi e la permeabilità con il territorio;
- il controllo comparato dei fattori che definiscono i costi della prestazioni.
L’insieme degli strumenti di qualità ,orientati alla garanzia del cittadino utente, debbono essere condivisi tra tutti gli attori nelle finalità e nelle modalità operative, pena la loro trasformazione in una congerie di procedure obbligatorie e di mero appesantimento burocratico, e non di qualificazione partecipata dei servizi.
Considerare gli strumenti di sostegno alla domanda (titoli per l’acquisto dei servizi, voucher, buoni) come un utile strumento a supporto delle scelte delle famiglie, se posti in un contesto di supporto alla capacità decisionale della famiglia e di un sistema di offerta diffuso e di qualità.
o Valorizzare le reti informali, di auto-organizzazione, dell’associazionismo e del volontariato di lavoratori e pensionati come espressioni autonome della cittadinanza attiva, che integrano la rete dei servizi intercettando nuovi bisogni e sperimentando soluzioni innovative.
d. Contrasto alla povertà economica e per l’inclusione sociale
Il presupposto per una efficace politica a sostegno delle persone e delle famiglie ad alta vulnerabilità sociale è l’individuazione della platea di riferimento e del tipo di obiettivi che ci si prefigge di raggiungere.
Gli strumenti attivabili con la concertazione locale sono molteplici, e possono avere direzioni e forza di incidenza molto differenziati:
o Trasferimenti economici, in termini strettamente monetari, in termini di titoli (buoni, voucher) per l’acquisto di servizi o di credito agevolato.
o Coerenti sistemi di esenzione dal pagamento della compartecipazione e di agevolazioni fiscali e tariffarie.
o Modifica dei criteri di selezione all’accesso dei servizi pubblici, aggiungendo all’Isee ulteriori elementi di tipo economico e non, purché non siano ridondanti, non
rappresentino un onere burocratico eccessivo e siano facilmente verificabili.
o Modalità efficaci di controllo incrociato, sia formali che sostanziali, sui beneficiari.
o Armonizzazione con le misure nazionali già in vigore (come la social card o l’insieme degli emolumenti relativi all’assistenza) ed integrazione delle politiche sociali, sanitarie e del lavoro territoriali rivolte ai componenti delle famiglie vulnerabili.
o Servizi di supporto, modalità di accompagnamento e programmi concordati a supporto dell’inclusione sociale per il nucleo familiare, attraverso patti con i beneficiari che condizionino le agevolazioni ad impegni (frequenza scolastica dei minori, percorsi formativi per gli adulti, trattamenti terapeutici per affetti da dipendenze, ecc.).
Non va dimenticato che l’occupabilità delle persone, di cui si è già trattato in ottica di contrattazione aziendale, viene fortemente influenzata dalle competenze acquisite in modalità formali e informali nelle attività di vita quotidiana, dalla possibilità di accedere a strumenti e servizi legati alla mobilità o al supporto nella cura, dalla costruzione di una rete territoriale inclusiva che fornisca opportunità e crei un ambiente favorevole alla crescita. Per ogni persona, a partire da quelle con handicap e in stato di vulnerabilità.
e. Politica organica per la non autosufficienza
Particolare rilievo assume la questione della non autosufficienza. Vi è un groviglio di questioni che si concentrano in questa area di bisogno, che a livello nazionale richiamano l’urgenza di una specifica Legge e la necessaria stabilizzazione del Fondo nazionale. Molte sono le Regioni che hanno legiferato sulla materia, vincolando le risorse a questa specifica area di bisogno ed integrandole con altre linee di finanziamento.
L’obiettivo deve essere quello di realizzare un sistema organico di assistenza socio- sanitaria, che si sviluppi all’interno di un percorso di prevenzione, cura e riabilitazione che pone al centro la persona disabile e anziana non autosufficiente e la sua famiglia, mette in rete tutti gli interventi qualificando la spesa. Vanno rafforzati in particolare gli aspetti sociali dell’integrazione socio-sanitaria e la domiciliarità degli interventi (in particolare il Sad).
A livello regionale si stanno sviluppando anche misure di sostegno al caregiver sia esso un familiare o persona esterna alla famiglia. Si tratta di attività tanto determinanti per il benessere e l’autonomia della persona assistita, quanto ancora poco riconosciute nel loro valore.
Pertanto questi interventi debbono essere promossi dentro una strategia culturale e politica di valorizzazione del lavoro di cura nel suo complesso, non soltanto in termini economici, ma che favorisca la mediazione, integri misure di agevolazione alla emersione delle attività sommerse, sostenga le motivazioni e qualificazione dei contenuti professionali, di armonizzazione dell’assistenza di tipo intensivo ad alta specializzazione e di tipo estensivo dedicati alla cura continuativa. Questi interventi debbono agevolare l’emersione del lavoro di cura sommerso e l’armonizzazione dell’assistenza di tipo intensivo ad alta specializzazione e di tipo estensivo dedicati alla cura continuativa.
f. Servizi socio-educativi alla prima infanzia (0-3 anni)
L’attenzione posta negli ultimi anni a livello nazionale al tema dei servizi alla prima infanzia nell’ottica della Strategia Europea di Lisbona (che prevedeva il raggiungimento della copertura del 33% della domanda potenziale dei servizi) ed i canali di finanziamento nazionale differenziati che si continuano ad aprire, ha generato in molti territori l’esigenza di misurarsi con il tema.
Se è noto il rapporto diretto che esiste in Europa e nei nostri territori regionali tra i tassi di occupazione femminile e la presenza di questi servizi, non è possibile tralasciare nella concertazione il loro ruolo di luoghi volti alla triplice direzione della promozione del benessere e dello sviluppo dei bambini, della conciliazione dei tempi di lavoro e di cura, e del sostegno al ruolo educativo dei genitori.
Nella concertazione locale sono da tenere in particolare considerazione:
o riconoscere il ruolo dei servizi per le famiglie vulnerabili dal punto di vista socio- economico, e inserire variabili ponderate nei criteri di accesso che preveda tale elemento;
o introdurre strumenti di flessibilità organizzativa che differenzino le tipologie e le caratteristiche dell’offerta (orari, periodi dell’anno o fasi di vita, libertà di ingresso e uscita nell’anno correlati all’età del bambino, offerta modulata e flessibile dei servizi di mensa-riposo-socialità, supporto educativo, integrazione con la rete familiare allargata), per venire incontro alle diverse domande delle famiglie;
o introdurre elementi di qualità, che rafforzino la fiducia delle famiglie e di conseguenza la domanda di servizi.
g. Equilibrio tra tempi di vita e di lavoro
La possibilità per ogni lavoratore di esprimere pienamente il proprio potenziale individuale e consentire così all’azienda di utilizzarlo come leva strategica per il raggiungimento degli obiettivi organizzativi, è strettamente legata con la creazione di un ambiente lavorativo inclusivo in cui le diversità siano valorizzate. In questo orizzonte, la definizione di sinergie tra la contrattazione aziendale e concertazione locale diviene necessaria per la creazione di una politica organica di gestione dei tempi della città, flessibilità orarie aziendali, innovazioni organizzative e sistema dei servizi che consenta ad ognuno di raggiungere un equilibrio tra tempi di vita e di lavoro.
Questo approccio “complesso” al tema consentirà la costruzione di risposte modulate al tema della conciliazione tra tempi di vita e di lavoro delle persone che hanno carichi di cura familiari verso bambini o non autosufficienti, o esigenze particolari di vita legate al proprio stato di salute o handicap, o anche ad esigenze di studio ed attività di volontariato, di solidarietà o personali.
Le numerose esperienze degli ultimi anni, spesso supportati da linee di finanziamento nazionali o regionali o attivati grazie all’implementazione del filone culturale legato alla lotta alle discriminazioni e alla responsabilità sociale di impresa, hanno più volte rilevato come non sia efficace prevedere una risposta standard a questo tipo di domanda personale e familiare (come ad esempio la creazione di un asilo nido aziendale), ma sia necessario misurarsi con un’analisi più approfondita della domanda e con l’attivazione di un ventaglio diversificato e innovativo di strumenti.
3. STRUMENTI PER LA CONCERTAZIONE
In questa sede sarà rilevante fare menzione di una ristretta rosa di strumenti di contesto, che possono fornire elementi utili per l’implementazione di una concertazione territoriale per la famiglia, con la consapevolezza che è necessario selezionare gli aspetti maggiormente rilevanti ed i dati più significativi,senza quindi assumere architetture troppo onerose ed informazioni sovrabbondanti ma inutilizzabili:
1. L’Osservatorio sociale
L’Osservatorio è funzionale all’ampliamento della concertazione, dal solo costo/livello di copertura dei servizi alla complessità dei sistemi locali di welfare. L’analisi sistematica può prendere in considerazione: la struttura demografica e socio economica del territorio, la domanda espressa e quella potenziale, le caratteristiche delle organizzazioni che gestiscono gli interventi (pubbliche,non profit e profit), il sistema e la tipologia delle prestazioni, le modalità di regolazione dei rapporti con i gestori dei servizi, ecc. Le informazioni raccolte tramite l’utilizzo di strumenti di selezione delle famiglie possono rappresentare un campo di analisi relativo alla domanda sociale. I seguenti punti possono anche rappresentare funzioni dell’Osservatorio sociale
• Costituzione di una banca dati sugli utenti dei servizi socio-sanitari
Conoscere il profilo dell’utenza è la prima tappa per avviare una concertazione generale o settoriale in quanto offre elementi per individuare chi accede al servizio e quali sono le sue caratteristiche e quanti invece ne vengono esclusi. Rappresenta quindi un indicatore fondamentale per valutare sia il sistema di selezione della popolazione e quindi il grado di universalismo nell’equità adottato, ma anche identificare specifiche aree di popolazione per verificare la garanzia dei diritti attraverso i percorsi personali di inclusione/esclusione, adeguatezza/inadeguatezza, ecc.
• Sistema permanente di valutazione della spesa socio-sanitaria e dell’impatto delle politiche di welfare
La valutazione è una delle funzioni essenziali, in quanto permette di verificare l’effettivo andamento del ciclo di programmazione. La conoscenza della entità della spesa, delle sue fonti, della allocazione per aree di bisogno e per servizi, degli esiti riguardo la copertura della domanda potenziale, ecc. permettono trasparenza sulle determinanti delle dinamiche economiche e sull’efficienza/efficacia delle politiche. Rispetto a questa funzione non vi è spesso la collaborazione né del livello politico preoccupato dei rischi comparativi, né da quello tecnico dal quale viene letto come ulteriore onere.
2. Accordo quadro per l’equilibrio tra tempi di vita e di lavoro
L’Accordo Quadro è lo strumento che la legge 53/00 definisce e finanzia per la costruzione di un contesto comune che armonizzi i tempi delle città, fornisca un riferimento comune alle flessibilità ed alle innovazioni organizzative aziendali e crei servizi e strumenti di supporto per l’equilibrio tra tempi di vita e di lavoro. Attivare un tavolo di concertazione locale in questa direzione rappresenta oggi un luogo di coordinamento e di regia a cui la contrattazione aziendale può fare riferimento, nell’ottica comune di promozione di benessere e azione di sviluppo del territorio.
LE POLITICHE ABITATIVE
Scenario
La recente crisi economico-finanziaria ha inciso sul mercato dell’immobile del nostro paese, ma in modo minore rispetto agli altri paesi. Infatti, se inizialmente i prezzi delle case sono rimasti invariati, successivamente hanno subito una lieve flessione dell’ordine del 4-5% solo nell’ultimo anno. In conseguenza della crescita dei prezzi delle case in vendita, il mercato degli affitti privati è aumentato sensibilmente, tra il 1999-2007 +148%.
Questa crescita ha portato dei prezzi altissimi, non sostenibili dalla maggioranza degli inquilini, che incide pesantemente sul reddito delle persone. Inoltre ha determinato da una parte l’impennata di richieste di sfratto (+26,5% nel 2008 rispetto al 2007), dall’altra la crescita delle domande sia dell’assegnazione di un alloggio pubblico sia della richiesta di contributo di sostegno per il pagamento dell’affitto.
Disposizioni legislative (nazionali e locali)
Il Governo ha varato due provvedimenti che pur in maniera molto diversa si intrecciano sulla materia abitativa. Si tratta dei due piani casa. Il primo, in ordine cronologico è quello emanato nell’estate del 2008, all’interno della manovra estiva con l’obiettivo prevalente di aumentare l’offerta di alloggi in locazione ai soggetti del disagio abitativo: famiglie con redditi bassi, anziani, immigrati e studenti.
Il secondo Piano, legato all’obiettivo di rilancio del settore edilizio, parte da una intesa Governo Regioni in cui si stabilisce l’impegno delle regioni per legiferare dei provvedimenti tesi a semplificare le procedure per ampliamenti e ricostruzioni di immobili, attraverso delle agevolazioni negli oneri concessori.
Allo stato attuale, il governo ha provveduto a:
• All’edilizia residenziale pubblica -Comuni ed ex Iacp- sono stati assegnati 200 milioni di euro per l’acquisto, affitto, recupero e nuova costruzione di unità immobiliari. Le regioni hanno già ottenuto il primo anticipo nel mese di dicembre, le successive erogazioni di fondi saranno assegnate tenendo conto dello stato di avanzamento dei lavori o alla conclusione dei contratti di acquisto e affitto.
• Ai fondi immobiliari nazionali saranno destinati circa 4 miliardi di euro divisi tra fondi nazionali e fondi locali. I primi 150 milioni di euro saranno assegnati al bando di gara per la selezione della società che si occuperà della gestione del fondo immobiliare.
• Agli accordi di programma con le Regioni finalizzati all’housing sociale saranno destinati 377,8 milioni di euro, a cui saranno aggiunti i fondi messi a disposizione dalle Regioni.
• Ai programmi per alloggi a canone sostenibile saranno assegnati 280 milioni di euro. Le procedure di selezione avviate dalle Regioni, con la collaborazione dei Provveditorati alle Opere Pubbliche, sono terminate. I fondi disponibili saranno materialmente trasferiti e i lavori potranno iniziare solo al completamento degli atti convenzionali.
Fisco e politiche sociali
Anche nel settore abitativo, analogamente a quello del lavoro, è presente un problema legato alla forte pressione fiscale per i proprietari/contribuenti che pagano le tasse. Infatti mettendo a confronto alcuni dati che emergono dalle dichiarazioni dei redditi, emerge che l’aliquota media della proprietà immobiliare è del 28%. Analisi effettuate da quotidiani economici segnalano oltre mezzo milione di contratti d’affitto in nero. Un insieme di dati per comprendere che la situazione italiana dell’affitto è particolarmente complicata dall’evasione e dalla elusione fiscale nel settore locativo. Non vi sono dubbi che sia presente una forte connessione tra le politiche abitative con quelle sociali (canoni di locazione adeguati al reddito), di welfare e quelle energetico/ambientali dell’ecoedilizia. Tant’é che una possibile sinergia di intervento rappresenta sicuramente la possibilità di incidere maggiormente nella riduzione del disagio. I temi dell’urbanistica e della pianificazione territoriale (PGT) nel futuro delle città devono rappresentare per tutta la
CISL la sfida su cui misurare lo strumento della contrattazione per la progettazione e la costruzione di comunità che non siano simboli della speculazione immobiliare ma sinonimi di vivibilità, qualità della vita, integrazione e coesione sociale e opportunità abitative per tutte le fasce della popolazione. Per cui a livello locale, sia regionale che degli enti locali, si dovrà operare come USR, UST e categorie direttamente interessate a partire dal SICET, dalla FILCA e dall’FNP in forma di coordinamento per fronteggiare le politiche abitative.
Per una analisi più dettagliata delle Politiche abitative vedi Materiale di approfondimento 2
LE POLITICHE PER IL LAVORO
1. LA CORNICE DI RIFERIMENTO E GLI ELEMENTI IN GIOCO
L’invarianza sostanziale del tasso di disoccupazione stimato a maggio dall’ISTAT (8,7%) e l’arretramento di quei pur timidi segnali di aumento dell’occupazione registrati invece nel mese precedente, confermano tutta l’instabilità che la crisi ha scaricato sulle dinamiche del mercato del lavoro nazionale, seppure in un quadro europeo che desta maggiori preoccupazioni, con un tasso medio di disoccupazione del 10,1%. La vera emergenza, però, è rappresentata dall’aggravarsi della disoccupazione giovanile (29,2%), e di quella femminile (10,1%), con una forte incidenza nella realtà del Sud.
In questo quadro, pertanto, occorre attuare rapidamente le misure e gli strumenti di politica attiva per la formazione ed il reimpiego individuati dall’Accordo sulla formazione dello scorso febbraio, attivando in tutte le regioni le sedi di concertazione tra istituzioni e parti sociali, per definire, nel quadro delle specificità locali, le priorità, le modalità di intervento, incluse le azioni di verifica e monitoraggio, nonché le necessarie risorse finanziarie e strumentali.
Un percorso concertativo che si rivelerà tanto più efficace quanto più solido e funzionale sarà il raccordo, strategico ed operativo, del livello nazionale con quello regionale e territoriale, che comunque rappresenta la sede decisiva per l’attivazione concreta, il monitoraggio e la valutazione delle politiche. Un ruolo esplicito, quello del territorio e, in esso, dei soggetti firmatari degli accordi sugli ammortizzatori sociali, che la Cisl ha fortemente rivendicato per rafforzare il valore complementare e integrato di queste iniziative rispetto a quelle derivanti dagli accordi tra Regioni e parti sociali attuativi dell’intesa nazionale del febbraio 2009.
La centratura territoriale, come sede di governance e ambito di attuazione, consentirà inoltre di attivare, con modalità realmente aderenti ai fabbisogni e alle potenzialità locali, le necessarie sinergie con la rete degli operatori, pubblici e privati accreditati, dei servizi per il lavoro e della formazione professionale, nonché delle strutture della bilateralità, cui concretamente potrà essere demandata l’attuazione degli interventi.
2. I CONTENUTI (COSA CONCERTARE NEL TERRITORIO)
• Attuazione Accordo Linee Guida Formazione 2010
Vanno assicurati, in particolare, un elevato livello di attenzione e una stringente iniziativa da parte delle strutture dell’organizzazione relativamente ai seguenti ambiti:
- ai fini della rilevazione dei fabbisogni, a livello regionale/provinciale, va avviata la sistematizzazione delle rilevazioni di fonte istituzionale e sindacale/categoriale, attivando uno specifico tavolo di coordinamento e monitoraggio politico che, in assenza di strutture istituzionali locali in grado di presidiare l’interezza del processo, potrebbe affidarne la gestione tecnico-operativa a soggetti attuatori “terzi” che presentino profili di competenza e garanzia gestionale certificabili. A questo fine, vanno impegnati prioritariamente gli organismi della bilateralità;
- la formazione nell’ambito dei percorsi di inserimento lavorativo, e nelle sue diverse modalità, deve essere inserita in un percorso personalizzato di placement, a cura del soggetto attuatore, che parta dal bilancio di competenze e termini con una valutazione/certificazione delle competenze. Anche nell’ambito delle esperienze regionali della “dote individuale”, il soggetto attuatore è chiamato ad orientare il percorso del lavoratore, in collaborazione con le parti sociali. In ogni caso l’accordo sindacale va considerato sede privilegiata per fornire indicazioni sulle caratteristiche della formazione, in termini di durata, contenuti, esiti attesi, la cui qualità riteniamo possa essere garantita solo da risorse progettuali e organizzative competenti attraverso la rete degli enti di formazione accreditati;
- la possibilità, per le imprese che hanno in atto sospensioni dal lavoro, di utilizzare per il 2009 e 2010 i lavoratori in cig in progetti di riqualificazione, che possono anche includere attività produttiva (art.1, co.3 L102/09 e relativo DM attuativo del dicembre 2009), va affidata ad accordi sindacali per la individuazione condivisa dei contenuti, durata e modalità di svolgimento della formazione, valorizzando il ruolo progettuale ed operativo degli enti di formazione accreditati a livello regionale;
- la promozione di “contratti di gestione” garantiti dalla provincia/regione va accompagnata da un accordo sindacale, che consenta da parte di una rete di enti di formazione la fruizione degli ambienti produttivi inattivi (per sospensione) ai fini dell’avvio di programmi di formazione / manutenzione competenze / aggiornamento per i lavoratori;
- per l’attuazione e la gestione operativa sul territorio di tutti percorsi e degli strumenti finalizzati al reimpiego, un ruolo centrale dovrà essere assegnato ai centri per l’impiego e alle Agenzie del lavoro accreditate (destinatarie di incentivi per il reimpiego dei lavoratori, ai sensi della finanziaria 2010), in un clima di positiva cooperazione tra pubblico e privato, superando la separatezza che ancora contraddistingue alcune situazioni regionali dove vige ancora, di fatto, un monopolio pubblico che, realisticamente, non è in grado di assicurare le funzioni richieste. Le Regioni a tal fine dovranno promuovere forme di coordinamento, di convenzionamento e di affidamento di progetti;
- per quanto riguarda i percorsi di istruzione e formazione tecnico superiore (IFTS), in considerazione della peculiarità di questa fase transitoria, data dalla coincidenza della gestione delle attività della programmazione 2007-2009 e l’entrata in vigore del nuovo modello ancorato alla costituzione degli ITS, occorre verificare, nell’ambito della programmazione 2007-2009 e in caso di bandi ancora in via di definizione, la possibilità di progettare interventi mirati per il target di lavoratori individuati dalle Linee Guida;
- al fine di cogliere tutte le opportunità derivanti dall’azione dei Fondi Interprofessionali, rimanendo necessario l’approfondimento delle condizioni per un loro maggiore radicamento nel territorio, occorre che le organizzazioni sindacali regionali e territoriali rafforzino la propria funzione di iniziativa e coordinamento, per migliorare e rendere sistematiche le sinergie con la formazione finanziata dalle risorse pubbliche, di competenza delle Regioni, anche sulla base delle “buone pratiche” finora realizzate in alcuni territori e per alcuni settori.
• Contrasto al lavoro sommerso
La strada per il contrasto al lavoro nero ed irregolare sta sempre più nel collegare le motivazioni sociali ed etiche con i motivi di opportunità economica legati al superamento della concorrenza sleale fra imprese e lavoratori, al dumping sociale e ai processi di emarginazione. In un quadro di progressivo, ma deciso rafforzamento delle azioni istituzionali ispettive e di controllo e delle forme contrattuali che si sono rivelate più adeguate a sostenere l’emersione, occorre portare a sistema e generalizzare alcuni strumenti offerti dalla legislazione ovvero generati da buone pratiche contrattuali settoriali, quali:
- l’effettiva operatività, a livello provinciale, dei “Comitati per il lavoro e l’emersione del
sommerso” (CLES);
- l’estensione dei c.d. “contratti-gradino” o “di gradualità” attraverso i quali, con fasi di contrattazione prima di livello provinciale poi di livello aziendale, si intraprende un percorso di regolarizzazione salariale e previdenziale e di applicazione di tutti i diritti previsti dai contratti nazionali di lavoro;
- l’allungamento del termine di sei mesi di permanenza in condizione di regolarità per i lavoratori immigrati che abbiano perso il posto di lavoro.
• Promozione dell’occupabilità giovanile
Ferma restando l’esigenza di sbloccare, con l’Accordo tra Governo, Regioni e Parti sociali l’agibilità e l’efficacia di tipologia di apprendistato, a legislazione vigente è comunque possibile e necessario, a livello regionale, mantenere alta l’attenzione su altre misure e strumenti per l’occupabilità e l’occupazione giovanile, tra cui:
- l’alternanza scuola – lavoro, attualmente disciplinata dal d.lgs 77/05 e già oggetto di numerosi protocolli di intesa regionali tra Regioni, Uffici Scolastici Regionali e parti sociali, da valorizzare e promuovere al fine di agevolare l’accostamento dei ragazzi al mondo del lavoro, per trarre conoscenze e competenze utili all’orientamento professionale o ad una successiva scelta lavorativa;
- tirocini formativi e di orientamento: innanzitutto verificando, per quanto di competenza, l’effettività e la trasparenza delle convenzioni e dei piani formativi, e sostenendo, nel confronto con le controparti e con gli interlocutori istituzionali (incluse le Università), le condizioni per una effettiva estensione di tali opportunità;
- apprendistato di alta formazione: sollecitando la prosecuzione ovvero l’avvio di sperimentazioni regionali, sulla base di specifiche intese tra le parti e con il sistema accademico locale, per l’attivazione di percorsi di alta formazione in Apprendistato finalizzati al conseguimento di titoli di livello universitario, di Master di I e II livello e di Dottorati di Ricerca.
Per una analisi più dettagliata delle Politiche per il lavoro abitative vedi Materiale di approfondimento 3.