Tribunale di Milano
Tribunale di Milano
Atto di citazione ex art. 140 bis D.lvo 206/2005
Il sig. Xxxxxxxx Xxxxxxx, nato a Gioia del Colle (BA) il 20/02/1953, residente in Firenze, via M. Gioia 10, C.F. DNVVCN53B20E038L, tramite Aduc, Associazione per i Diritti degli Utenti e dei Consumatori (ADUC), con sede in Xxxxxxx, Xxx Xxxxxx 00, madataria che promuove per suo conto la presente azione, come procura che si allega (All. 1), rappresentata e difesa dalle avvocatesse Xxxxxxx Xxxxxxx, Xxxxxxxxx Xxxxxxxx del Foro di Firenze, Xxxx Xxxxx Xxxxxx del Foro di Marsala e dall'avvocato Xxxxx Xxxxx del Foro di Milano, come da mandato in calce al presente atto, e domiciliato in Milano, presso lo studio dell'Avv. Xxxxx Xxxxx, sito in Xxxxxx Xxxxxxxx 00. Il quale Avv. Xxxxx Xxxxx dichiara di essere disposto a ricevere ogni comunicazione al proprio indirizzo di posta elettronica certificata xxxxx.xxxxx@xxx.xxxxx.xx o al proprio numero di fax 00 0000000.
In fatto
Il 28/01/2010 il sig. Donvito acquistava per uso domestico il Personal Computer Netbook Asus EeePC 1005P con preinstallato il sistema operativo Microsoft Windows 7 Starter, come da scontrino fiscale che si allega (All. 2), presso il centro Commerciale MEDIAWORLD di Ponte a Greve a Firenze.
Alla prima accensione del PC, il Sig. Donvito si trovava di fronte la schermata video contenente le condizioni del contratto del software Microsoft Windows, ossia la licenza d'uso EULA (End User Licence Agreement) (All. 3) del sistema operativo preinstallato appartenente a Microsoft Corporation, la cui consociata italiana è la odierna convenuta Microsoft Srl.
L'attore, non intendendo accettare le condizioni del suddetto contratto, rifiutava l'attivazione della licenza d'uso e non utilizzava in alcun modo il software in questione.
Questa opzione è prevista nella EULA che infatti così recita: "Utilizzando il software, il licenziatario accetta le presenti condizioni. Qualora il licenziatario non le accetti, non potrà utilizzare il software e dovrà contattare il produttore o l'installatore per conoscere le modalità di restituzione.".
Quindi, in ossequio alla EULA, in data 09/02/2010 procedeva all'invio di raccomandata (All. 4) ad Asustek Italy srl (consociata italiana di ASUS TECHNOLOGY PTE LTD produttore del PC acquistato), chiedendo che venissero indicate le modalità di restituzione del programma e che venisse corrisposto il rimborso dovuto.
Asus non ha evaso le richieste dell'attore e non ha mai risposto a questa lettera.
Non avendo ottenuto quanto dovuto dal produttore, pur avendo seguito scrupolosamente le indicazioni riportate nel contratto EULA, il sig. Xxxxxxx ha deciso di chiedere il rimborso direttamente al produttore del software Windows in questione ovvero a Microsoft srl (consociata italiana di Microsoft Corporation), inviandole una raccomandata in tal senso in data 21/04/2010 (All. 5).
Anche Microsoft non ha mai risposto alle richieste del sig. Donvito.
In diritto
La vicenda occorsa al sig. Donvito è di natura meramente contrattuale ed è capitata a numerosi utenti che si trovano nella medesima condizione. Molti altri hanno subito comportamenti vessatori da parte delle case produttrici dei PC acquistati, che ad oggi hanno avuto il medesimo esito: il diniego del rimborso.
Per individuare le regole che possano correttamente disciplinarlo ed i soggetti coinvolti, riteniamo utile, per chiarezza espositiva, premettere cenni sulla natura giuridica del contratto di licenza software, nella sua duplice veste di versioni Retail (venduta singolarmente da Microsoft) e di versione OEM (venduta da un produttore o da un installatore di PC abbinata al PC stesso).
La natura del contratto di licenza EULA del software Microsoft
Senza voler affrontare le numerose querelle di natura dottrinale cui la materia dà origine, è utile chiarire l'ambito contrattuale applicabile per trarne poi le dovute considerazioni in punto di responsabilità dell'odierna convenuta, anche per le ragioni che seguiranno.
Il contratto (All. 3), le cui condizioni generali di licenza sono apparse all'attore alla prima accensione del PC, è un contratto atipico che, secondo la tradizione dottrinale ormai consolidata, risponde alternativamente alla disciplina della "vendita" o alla disciplina della "locazione di software".
Date le particolari circostanze dell'acquisto e al fatto che il produttore del software richieda la manifestazione di consenso verso condizioni contrattuali che l'acquirente non è in grado di conoscere, fa sì che ci sia uno iato tra l'atto di “acquisto” in senso laico e l'accettazione delle condizioni relative al distinto prodotto software. Ciò significa che, benché il software sia immediatamente funzionante, la mancata accettazione delle
condizioni contrattuali ne bloccano l'uso. Si scopre che il prodotto “acquistato” non è funzionante se non dietro l'accettazione di ulteriori condizioni non conoscibili ex ante.
Anche per ragioni di trasmissione telematica del consenso dell'utente, le condizioni generali vengono proposte da Microsoft in versione informatica anziché cartacea al momento dell'acquisto. Alla stregua di una condizione sospensiva o risolutiva (sia detto in senso generale), e in piena logica di tutela del contraente debole (lo è senza dubbio chiunque si confronti con contratti per adesione), non vi può essere nemmeno consenso, se non è prima consentito all'acquirente leggere il contratto.
Laddove il contratto non si perfezioni per mancata accettazione delle clausole contenute nelle condizioni di licenza, le fasi preparatorie già occorse decadranno e si dovrà procedere con le opportune restituzioni dell'eventuale supporto contenente il software, se precedentemente fornito, e rimborso del prezzo già pagato e quantificato forfettariamente in un'unica soluzione. Infatti, al momento dell'acquisto del supporto ove è contenuta la licenza (sia nel caso delle licenze Retail sia in quelle OEM), il prezzo della licenza viene immediatamente corrisposto al soggetto rivenditore di Microsoft.
Laddove, a seguito di restituzione della licenza e di non utilizzo e attivazione del programma, non si procedesse al rimborso del prezzo, ciò comporterebbe un ingiusto arricchimento nei confronti del proprietario del software, che a fronte di nessun sacrificio patrimoniale e in assenza del contratto, dunque in assenza di una causa purchessia ne avrà comunque il beneficio economico corrisposto dall'utente. Infatti questo pagamento imposto viene comunemente chiamato "Tassa Microsoft" (All. 6 pag.
1) visto che rappresenta un pagamento obbligatorio con l'acquisto di un PC di un qualcosa che non viene poi utilizzato dall'utente.
Storia recente della EULA: Windows 7, Vista e XP
Ma così non dovrebbe essere ed infatti la licenza contiene, a giusta ragione, la previsione di restituzione del software versus il rimborso di quanto pagato, come ad esempio nella licenza di Windows 7 Retail (All. 8) ove si legge:
"Utilizzando il software, il licenziatario accetta le presenti condizioni. Qualora il licenziatario non le accetti, non potrà utilizzare il software e dovrà restituirlo prontamente al rivenditore per ottenere il rimborso.".
O almeno così si leggeva in tutte le licenza, ma Microsoft ha voluto oscurare e complicare ulteriormente la procedura di restituzione/rimborso omettendo la parola
"rimborso" nell'ultima versione, quella di Windows 7 OEM (All. 7), ove si legge: "Utilizzando il software, il licenziatario accetta le presenti condizioni. Qualora il licenziatario non le accetti, non potrà utilizzare il software e dovrà contattare il produttore o l'installatore per conoscere le modalità di restituzione.".
La licenza di Windows Vista OEM (All. 9) risulta la migliore per il consumatore di quelle che Microsoft abbia mai scritto in quanto si riferisce addirittura al prezzo pagato dall'utente, e dice:
"Utilizzando il software, il licenziatario accetta le presenti condizioni. Qualora il licenziatario non le accetti, non potrà utilizzare il software e dovrà contattare il produttore o l’installatore per conoscere le modalità di restituzione allo scopo di ottenere il rimborso del prezzo.";
e la versione di Windows Vista Retail (All. 10) recita:
"Utilizzando il software, il licenziatario accetta le presenti condizioni. Qualora il licenziatario non le accetti, non potrà utilizzare il software e dovrà restituirlo prontamente al rivenditore per ottenere il rimborso del prezzo.".
Infine, per completare il panorama delle licenze che si possono trovare ancora in commercio e che possono essere oggetto di adesione a questa azione collettiva, questo è il testo della licenza di Windows XP OEM (All. 11):
"Installando, duplicando o comunque utilizzando il software, l'utente accetta di essere vincolato dalle condizioni del presente contratto. Qualora l'utente non accetti le condizioni del presente contratto, non potrà utilizzare o duplicare il software e dovrà contattare prontamente il produttore per ottenere informazioni sulla restituzione del prodotto o dei prodotti e sulle condizioni di rimborso in conformità alle disposizioni stabilite dal produttore stesso.";
e questa è la licenza di Windows XP Retail (All. 12):
"Qualora l’utente non accetti le condizioni del presente contratto, allora non potrà installare, duplicare o utilizzare il software e, se applicabile, potrà restituirlo presso il luogo di acquisto. In tale ipotesi, qualora al momento dell’acquisto il rivenditore abbia emesso fattura, l’utente potrà ottenere il rimborso del prezzo. Diversamente l’utente potrà ottenere la sostituzione del software con altro prodotto di pari prezzo o un buono per il futuro acquisto di un altro prodotto di pari prezzo. ".
È molto interessante notare che nell'ultima versione della licenza di Windows 7 Retail, laddove si fa riferimento al fatto di restituire prontamente il software al rivenditore per
ottenerle il relativo rimborso, Microsoft abbia aggiunto questo paragrafo:
"Qualora non sia possibile ottenere il rimborso, il licenziatario può ricevere informazioni in merito alle diverse condizioni di rimborso stabilite da Microsoft contattando direttamente Microsoft oppure la consociata Microsoft del proprio paese o visitare la pagina xxx.xxxxxxxxx.xxx/xxxxxxxxx. In Italia il licenziatario deve contattare il numero x00 00 00000000 o visitare la pagina all'indirizzo xxx.xxxxxxxxx.xxx/xxxxx/xxxxxxx.xxxx.".
Quindi, laddove il "licenziatario" (ovvero il consumatore) non trovasse soddisfazione presso il terzo indicato dalla licenza (il rivenditore) potrà contattare direttamente Microsoft per ottenere quanto dovutogli. A nostro avviso, allo stesso modo, pur non essendo esplicitamente scritto, anche il "licenziatario" consumatore della licenza OEM deve potersi rivolgere direttamente a Microsoft nel caso in cui non riuscisse ad ottenere il rimborso dal terzo indicatogli nella licenza (il produttore), trattandosi comunque di un rivenditore e del soggetto licenziante, ovvero il soggetto con cui il consumatore ha l'unico rapporto contrattuale per quanto riguarda la licenza di software..
***
Il diritto al rimborso. L'An e il quantum.
Le licenze Retail e quelle OEM prevedono, sia pure con espressione ambigua e poco chiara il diritto alla restituzione ed al rimborso del prezzo pagato per il software.
Microsoft si è dovuta nel corso del tempo conformare alle norme generali sui contratti e in particolare in relazione alle norme che tutelano la debolezza del consumatore/contraente debole, ed è stata costretta al rispetto del principio generale secondo cui prima di acquistare bisogna conoscere. In un recente articolo apparso sul sito Microsoft (All. 13), vengono chiarite le condizioni indispensabili che devono essere contenute nei contratti a distanza del software per non essere ritenuti abusivi e quindi illegittimi: "Inoltre, come recentemente osservato da NIMMER1, 'Shrink-wrap are enforceable contract' [(All. 14)], è importante prendere atto che non si può ritenere sussistente un abuso contrattuale ai danni dell'acquirente solo quando ricorrano le seguenti condizioni e precisamente:
1) l'acquirente sia informato o comunque abbia ragione di ritenere, fin nella fase dell'accordo iniziale, che il licenziante proporrà delle condizioni aggiuntive dopo
1 Il prof. Nimmer è Relatore della Commissione per la redazione dell'articolo 2b dell'UCC (Uniform Commercial Code, il codice di commercio degli USA) al fine di incorporare la licenza d'uso del software e di altri contratti intangibili sulla tecnologia all'interno dello stesso UCC. Oltre alla sua esperienza nelle nuove tecnologie, il professor Xxxxxx è riconosciuto quale massimo esperto in materia di diritto commerciale. È stato recentemente eletto quale membro dell'American Institute of Law, della Texas Bar Foundation, dell'American College of Commercial Finance Attorneys e del comitato direttivo della Computer Law Association.
l'accordo iniziale stesso;
2) l'acquirente sia informato di quale comportamento verrà ritenuto sufficiente dall'altra parte per ritenere perfezionato il consenso;
3) l'acquirente abbia l'opportunità di conoscere le condizioni del contratto;
4) l'acquirente abbia l'opportunità di rinunciare all'accordo una volta conosciutene le condizioni".
Dunque è l'affermazione dei diritti del consumatore che ha prodotto la clausola che prevede il rimborso. Xxxxxxxx che ha tuttavia faticato ad imporsi per i tentativi scritti e comportamentali (in primis quelli appena citati di "mistificazione contrattuale") di eludere l'obbligo in questione. Da questo le imperfette versioni che via via si sono susseguite nel tempo (All. 7,8,9,10,11,12).
Sull'an
Invero è indubbio che il diritto al rimborso dell'odierno attore e degli appartenenti alla classe debba considerarsi cogente per Microsoft.
In primo luogo è ovvio e consegue al normale svolgimento dei rapporti di diritto privato che, laddove non si addivenga alla conclusione del contratto ovvero non si esaurisca la fase che lo perfeziona definitivamente, ciò che è stato corrisposto in vista del medesimo vada restituito.
Infatti, la previsione in merito alla restituzione del software contenuta nelle condizioni generali predisposte da Microsoft, seppur nei limiti dell'annullabilità parziale dovuta alle clausole vessatorie, rappresenta una duplicazione dei principi generali contenuti nella disciplina codicistica dei contratti in materia di conseguenze della risoluzione contrattuale. E se anche si volesse ravvisare un "contratto mancato", anziché un "contratto risolto" vale il medesimo principio: gli effetti precontrattuali e in vista della conclusione decadono retroattivamente (si leggano in proposito gli articoli 1375, 1456 e 1458 c.c.).
Dunque, è corretto da parte di Microsoft chiedere (e inserire nel contratto la relativa previsione) di "restituire il software", cosa che può avvenire mediante la riconsegna di ciò che ne certifica il legittimo possesso (dischetto e codice della licenza). Ma allora non è altrettanto legittimo escludere, in corrispondenza a detta restituzione, il corrispettivo anticipatamente pagato dall'utente per la licenza, come si potrebbe evincere da un'approfondita lettura della EULA che omette ogni riferimento al rimborso. A ben
vedere, se ciò fosse consentito, si verrebbe a creare una situazione squilibrata ai danni del consumatore, che a fronte dell'obbligo di restituire il software non avrebbe alcun ristoro, ciò per il solo fatto di non scegliere il sistema operativo propostogli da Microsoft. Tale squilibrio sinallagmatico rende vessatoria ogni eventuale clausola che così volesse esser interpretata, quindi in mancanza di riferimenti espliciti al rimborso non si può che sottintenderlo.
In secondo luogo, è ormai principio inderogabile (e nel nostro diritto codificato agli artt. 33 lettera l) e 36 lettera c) del codice al consumo D.lgs 206/2005), considerare vessatoria e annullabile a beneficio del consumatore la previsione che estende il consenso a clausole che non ha avuto, di fatto, la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto.
È evidente, dunque, che per la modalità di acquisto del software (sia nella versione Retail che OEM) così come sopra descritta, non può ritenersi valido il consenso prestato all'acquisto del PC anche per le condizioni generali di licenza. Del resto, non potrebbe non essere, trattandosi di contratti molto diversi (vendita e licenza di software) che coinvolgono parti diverse (venditore / consumatore da un lato; Microsoft / consumatore dall'altro).
A fortiori, detto principio trova applicazione nei contratti per adesione come nel caso di specie:
"Art. 1341 codice civile Condizioni generali di contratto.
Le condizioni generali di contratto predisposte da uno dei contraenti sono efficaci nei confronti dell'altro, se al momento della conclusione del contratto questi le ha conosciute o avrebbe dovuto conoscerle usando l'ordinaria diligenza. In ogni caso non hanno effetto, se non sono specificamente approvate per iscritto, le condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l'esecuzione, ovvero sanciscono a carico dell'altro contraente decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi, tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell'autorità giudiziaria." Tutto questo trova ulteriore conferma nella pronuncia del Garante della Concorrenza e del mercato (All. 15) il quale, in risposta ad un esposto effettuato nei confronti di Microsoft e delle case produttrici di hardware, nel negare l'esistenza di abuso di
posizione dominante ad opera delle stesse in merito alla vicenda in esame, ribadiva l'esistenza del rimborso a tutela dell'utenza ("...comunque i consumatori possono rifiutare l'installazione di Windows e ricevere un rimborso" – sempre in teoria!). Non si tratta dunque di un grazioso beneficio consentito da Microsoft anche per questa ragione.
Sul Quantum
Molti utenti credono che Windows sia gratuito dal momento che, acquistandolo insieme al PC di un produttore OEM, non risulta da nessuna parte il costo del software, né sullo scontrino né sulla fattura, né in altri documenti. La richiesta di una cifra precisa in queste condizioni risulta quindi impossibile ed è necessario ricorrere ad alcuni espedienti per risalire all'effettivo costo delle licenze. Questa procedura ci ha permesso di mettere in evidenza la politica dei prezzi messa in campo da Microsoft, che risulta essere molto aggressiva nei confronti dei consumatori che non volessero acquistare il loro software in abbinamento col PC nuovo. Il nostro sistema di analisi prevede di estrapolare il costo non dal listino dei produttori ma da quello degli installatori, dal momento che questi devono vendere la loro versione OEM all'utente finale che acquista il PC presso il loro negozio e quindi ne pubblicano i costi.
Secondo quanto riportato sul listino pubblicato su Internet da uno di essi (All.16) abbiamo questi prezzi per Windows:
Versione | 7 2010 OEM | 7 2010 Retail | Vista 2008 OEM | Vista 2008 Retail | XP 2006 OEM | XP 2006 Retail |
Home Premium | € 111,00 | € 188,00 | € 114,00 | € 277,00 | € 95,00 | € 267,00 |
Business / Pro | € 153,00 | € 294,00 | € 144,00 | € 421,00 | € 154,00 | € 403,00 |
Ultimate | € 217,00 | € 304,00 | € 195,00 | € 460,00 |
Ad esempio (cfr. All. 17), nel 2008 il produttore ACER proponeva, ai clienti che ne facevano richiesta, un rimborso per Windows Vista di € 30 per Home Basic, € 50 per Home Premium, € 70 per Business ed € 90 per Ultimate, ovvero meno della metà del prezzo applicato dall'installatore che a sua volta è circa un terzo di quello Retail (particolarmente evidente nella versione Business che è la più diffusa). La procedura di restituzione, però, impone all'utente di inviare, a proprie spese andata e ritorno, il PC a Milano presso l'unico laboratorio in Italia capace di cancellare il disco (formattandolo) e di staccare l'adesivo COA dal corpo macchina, risultando vessatoria e costosa quindi impraticabile.
Questa politica di prezzi messa in atto da Microsoft, che opera un considerevole contenimento nell’acquisto della licenza OEM rispetto all’acquisto di una Retail, ha l’evidente scopo di provocare artatamente la disincentivazione dell’acquisto di un PC senza Windows, poiché il ripensarci dopo costerebbe molto caro.
In assenza di indicazioni e del resto in assenza di alcuna difformità rispetto alle licenze Retail nei riguardi dell'utenza (ribadiamo che il contratto OEM è il medesimo delle licenze Retail) si potrebbe addirittura ipotizzare di equiparare il costo del software preinstallato con quello Retail.
Ogni altra determinazione del prezzo che ne vorrà fare l'odierno tribunale adito difficilmente potrà seguire altra logica. Ciò non di meno, qualsiasi risulti il quanto del rimborso, di certo dovrà avere un prezzo analogo e non puramente simbolico come a volte le case produttrici oppongono agli utenti che si attivano per ottenerlo.
***
Sul comportamento di Microsoft e delle case produttrici dei PC. La vessatorietà del contratto di licenza software.
Le licenze software Retail e OEM
In primo luogo occorre effettuare una breve premessa in merito alla duplice versione della licenza del software Microsoft oggi in commercio, ossia la licenza Retail e quella OEM, premessa che chiarisce le ragioni commerciali che sottendono le clausole viziate ivi contenute.
È bene chiarire che la natura giuridica e gli effetti del contratto su descritti non mutano a seconda della tipologia di licenza disponibile in commercio, sia essa licenza Retail ovvero OEM. Si tratta, invero, del medesimo contratto, diversamente commercializzato.
Entrambe le licenze richiamano infatti, la medesima disciplina contrattuale, quanto ad oggetto (licenza di software per l'utente finale), tipologia di software licenziato, titolarità dei diritti di sfruttamento commerciale dello stesso, diritti e doveri del licenziatario. Stesse parti, stesso oggetto, stessi diritti, stessi obblighi fra le parti. Il rapporto che mira a costituire è in entrambi i casi il diritto di utilizzare, a certe condizioni, il software Microsoft nel proprio computer.
A ben vedere, non sembrerebbe ragionevole né necessaria una diversa formulazione delle condizioni generali dello stesso, ossia una divisione in duplice versione (licenza
Retail e OEM), se non fosse intervenuta una ragione di natura prettamente commerciale da parte dell'odierna convenuta. La ragione è quella di presentare al mercato della grande distribuzione di massa la propria licenza software, in una forma che di fatto risulti non rifiutabile dall'utenza.
Come? Predisponendo una versione di licenza, quella OEM, nella quale, con artifici, sostituzioni, formule verbali oscure e clausole apertamente vessatorie (come vedremo nel prosieguo), si nega di fatto – e si tenta di negare persino in diritto – il rimborso in caso di mancata accettazione delle condizioni generali di licenza.
Le differenze fra le due versioni di licenza. Le clausole vessatorie.
La lettura della licenza OEM (All. 7) in oggetto evidenzia già di per sé notevoli punti di dubbia legalità. Ma è la lettura incrociata con la gemella licenza software Retail (All. 8) che chiarisce e guida all'interpretazione dei vizi e della vessatorietà della versione OEM. I soggetti contraenti
Dopo una medesima intestazione che chiarisce l'oggetto del contratto, Microsoft, contraente nella versione Retail sostituisce se stessa con altri e alternativi soggetti terzi: "il produttore del computer che distribuisce il software ovvero l'installatore del software che distribuisce il software con il computer".
A tale "sostituzione di persona" non corrisponde alcun effettivo cambiamento in merito alla tipologia di prestazioni e alla modalità di svolgimento del rapporto che avviene, al pari di ogni altro contratto di sua licenza software, ad opera di Microsoft. Ciò trova conferma espressa nelle clausole del contratto: le medesime condizioni generali si applicheranno anche ai prodotti che Microsoft appunto, fornirà nel prosieguo del rapporto: aggiornamenti, supplementi, ecc...
In altre parole, l'utente licenziatario OEM, a fronte del medesimo contratto si trova in una prima condizione di incertezza: chi è la sua "controparte" nel rapporto di licenza software? L'utente non sa chi fra produttore o installatore debba essere la sua controparte nel contratto. Non appare alcuna specificazione sul contratto su chi sia il soggetto, se sia un individuo oppure una società, né la sua ragione sociale, né la sua sede legale. Tutte informazioni in assenza delle quali è difficile e incerta l'individuazione esatta del soggetto contraente. Tant'è che su questo – e non solo - i produttori di hardware, come vedremo nel paragrafo successivo, “giocano” per opporre la propria terzietà al contratto dell'utente con Microsoft.
Tale incertezza sui soggetti contraenti (aggravata dalla congiunzione "oppure") rende nulla la clausola per contrarietà alle regole di chiarezza redazionale necessarie alla validità del contratto previste all'art. 35 del Codice al Consumo.
In realtà detto artificio non altera il rapporto fra Microsoft e il licenziatario, destinato ad avere una propria autonomia dopo l'accettazione delle condizioni generali in esame. Ha tuttavia lo scopo di depistare l'utente che intenda rivalersi sul contraente per qualsiasi motivo, come ad esempio per ottenere il rimborso e che per questo si attivi.
È, infatti, innegabile che, con l'artificio di sostituire un terzo (peraltro incerto) a se stesso, Microsoft tenti di auto-estrometteresi dalle necessarie conseguenze della mancata accettazione, delegando un terzo al compimento delle operazioni che essa stessa è tenuta a fare, come in effetti è stata costretta a fare.
Per questo nella versione Retail, a fronte della restituzione del software è previsto un rimborso, garantito da Microsoft. Nella versione OEM, invece, Microsoft ritenendosi esclusa dal contratto, delega in toto l'affare restituzione (omette persino la parola rimborso!) ai produttori e/o installatori che siano e non accenna alla propria responsabilità in garanzia, come nell'altra versione.
Ora, è appena il caso di evidenziare che l'odierna convenuta pare conoscer bene le difficoltà del consumatore nell'ottenere i rimborsi dovuti alla mancata accettazione delle condizioni generali di contratto, e non ne fa un segreto persino nelle clausole del contratto!
Nella versione Retail si legge, infatti:
"Qualora il licenziatario non le accetti [le condizioni, ndr], non potrà utilizzare il software e dovrà restituirlo prontamente al rivenditore per ottenere il rimborso. Qualora non sia possibile ottenere il rimborso, il licenziatario può ricevere informazioni in merito alle diverse condizioni di rimborso stabilite da Microsoft contattando direttamente Microsoft oppure la consociata Microsoft del proprio paese". Nonostante il tentativo di scaricare la patata bollente sul rivenditore, Microsoft non si sottrae all'obbligazione di rimborso (almeno sulla carta).
Nella versione OEM si legge, invece:
"Qualora il licenziatario non le accetti [le condizioni, ndr], non potrà utilizzare il software e dovrà contattare il produttore o l'installatore per conoscere la modalità di restituzione. Il licenziatario dovrà attenersi a tali modalità, che potrebbero limitare i suoi diritti oppure richiedergli la restituzione dell'intero sistema sul quale è installato
il software".
In altre parole: se il produttore e/o installatore vorrà, rispetterà il tuo diritto, altrimenti potrebbe limitarlo, oppure sottoporlo a pratiche dissuasive quali la restituzione del PC che hai appena comprato.
Siamo al paradosso! Un contratto che prevede la "limitazione del diritto del contraente", ovvero impone modalità "ritorsive" nel caso di mancata accettazione del contratto stesso! Non si spenderanno parole ulteriori per chiedere la radicale nullità della clausola vessatoria in questione. La stessa sua formulazione si commenta da sola.
Tuttavia, per mero scrupolo di completezza, sia la previsione in esame, così che la sostituzione di terzo a sé nelle obbligazioni de quo, risultano comunque vessatorie ai sensi dell'art. 33 comma 1 e 2 D.lgs 206/2005
In particolare violano il comma 2:
"Si presumono vessatorie fino a prova contraria le clausole che hanno per oggetto, o per effetto, di":
lettera b) "escludere o limitare le azioni o i diritti del consumatore nei confronti del professionista o di un'altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di inadempimento inesatto da parte del professionista";
e ancora,
lettera q) "limitare la responsabilità del professionista rispetto alle obbligazioni derivanti dai contratti stipulati in suo nome dai mandatari o subordinare l'adempimento delle suddette obbligazioni al rispetto di particolari formalità";
e poi ancora:
lettera s) "consentire al professionista di sostituire a sé un terzo nei rapporti derivanti dal contratto, anche in caso di preventivo consenso del consumatore, qualora risulti diminuita la tutela di quest'ultimo";
e infine:
lettera v) "prevedere l'alienazione di un diritto o l'assunzione di un obbligo come subordinati ad una condizione sospensiva dipendente dalla mera volontà del professionista a fronte di un'obbligazione immediatamente efficace del consumatore".
Quest'ultima previsione normativa che, a ben vedere, si aggiunge alle tutele previste dall'art. 1355 codice civile in merito alle clausole meramente potestative, rappresenta esattamente ciò che Microsoft traduce nella propria licenza OEM: il rimborso, se vi sarà, dipenderà dalle volontà del produttore o dell'installatore, a fronte dell'immediato
obbligo di restituzione del software da parte dell'utente licenziatario. Si tratta di previsioni vessatorie e pertanto nulle.
Nel caso in cui da tale nullità debba discendere una declaratoria di nullità totale, si dovrà procedere con la corresponsione del rimborso.
Ma anche a fronte di declaratoria di nullità parziale ciò deve poter avvenire, oltre che per le regole generali sui contratti già elencate, anche grazie all'integrazione del contratto in questione con la previsione (al pari di quella contenuta nella licenza software Retail) di imporre a Microsoft la -necessaria- corresponsione del rimborso del prezzo di licenza di cui l'attore e in generale l'appartenente alla classe, non ha inteso accettare le condizioni.
Anche ammettendo che l'OEM sia debitore delle stesse obbligazioni restitutorie e ripristinatorie qui azionate, ciò non toglie né sminuisce – stante anche l'operatività dell'art. 33 comma 2 del codice al consumo sopra riportato – che Microsoft risponda in toto laddove il terzo delegato non ossequi in tutto o in parte le obbligazioni a lui delegate.
Xxxxxx, il consumatore, nel corso degli anni, ha avuto molte difficoltà ad esercitare i propri diritti contrattuali ed in particolare ad ottenere il rimborso in modo effettivo e non vessatorio2. Nell'allegato 22 è possibile leggere alcune delle vicende più esemplificative che gli utenti hanno riportato ad Aduc.
In un caso, seguito legalmente da Aduc, il Giudice di Pace di Firenze prima (All. 18) e il Tribunale di Firenze in fase d'appello poi (All. 19), hanno condannato il produttore di hardware Hewlett Packard Italiana Srl (HP) a corrispondere il rimborso dovuto. Con articolata e chiara motivazione, i giudici fiorentini hanno riconosciuto il pieno diritto al rimborso in caso di mancata accettazione delle clausole del contratto di licenza software preinstallato nel PC acquistato dall'attore.
Riteniamo utile e pertinente allegare gli atti della casa produttrice (All. 20,21) per comprendere, ben oltre ogni nostro assunto, come gli artifici e le storture della licenza OEM di Microsoft, si riflettano in concreto in una deminutio (se non in una negazione totale) del diritto al rimborso. Il Produttore HP, infatti, fra le numerose eccezioni – anch'esse indicative della difficoltà che incontra l'utenza – ha addirittura ritenuto di non essere neppure una "parte contrattuale" del contratto di licenza software sebbene ivi nominato tale. Xxxxxxx, dice, che non ha scritto, né che ha partecipato a redigere (in
2 A tal proposito si rinvia all'esaustivo ricorso di Aduc alla Commissione Europea Antitrust, ove si riassumono le vicende del mercato delle licenze software e i comportamenti dei produttori di PC nei confronti degli acquirenti che decidono di rifiutare le condizioni generali della licenza software Windows (All. 30).
effetti indubbiamente è predisposta da Microsoft ma non appare credibile che non sia perfettamente conosciuta dal produttore del PC), licenza che non la riguarda, non la obbliga e che semmai disciplina esclusivamente il rapporto fra l'utenza e Microsoft3.
Insomma, in parole semplici, i consumatori sono soggetti al rimpallo delle responsabilità e dei ruoli, con la conseguenza della vanificazione della tutela che spetta loro.
Responsabilità da contatto o da trattative precontrattuali
A ben vedere, a prescindere dalle argomentazioni e dalla causa petendi sopra delineata, sussiste in capo a Microsoft un distinto e autonomo profilo di responsabilità, che trova il suo cardine nel generale principio di buona fede contrattuale già richiamato per altri versi sopra e pre-contrattuale.
La fattispecie contrattuale complessa che oggi ci occupa, con una struttura a più fasi, in cui un “pezzo” di contratto si perfeziona dopo il pagamento a un terzo mediante la conclusione di un contratto con il titolare dei diritti di sfruttamento commerciale del prodotto software (e produttore dello stesso), è frutto di una politica commerciale unilaterale di Microsoft.
Si tratta di uno schema contrattuale ubiquitario che Microsoft, grazie al quasi monopolio e all'effetto di rete conseguente, è riuscita a imporre a proprio piacimento, tra l'altro in più occasioni abusando del proprio potere di mercato4, senza lasciare al consumatore praticamente alcuna alternativa se non acquistare un computer con il sistema operativo di Microsoft pre-caricato – nonostante esistano varie alternative possibili.
È dunque Microsoft che ha strutturato un meccanismo, di cui in ultima analisi essa stessa si giova, nel quale è stato aggirato il divieto di imporre licenze OEM “per CPU” – che aveva visto autonomi procedimenti di infrazione delle norme antitrust nei confronti della stessa – facendo in modo che il meccanismo residuale di tutela della concorrenza, rappresentato dalla preinstallazione con facoltà di rimborso, venisse aggirato.
Tale meccanismo è, come abbiamo visto, caratterizzato da previsioni inutilmente cervellotiche. Affida a chi non è obiettivamente attrezzato e che ha margini di ricarico sul software – e in generale sull'intero computer venduto – minimi per l'estrema
3 Si leggano in proposito i seguenti frammenti dell'atto di appello della convenuta casa produttrice HP: "… il Contratto di Licenza non è stato predisposto da HP, ma da un terzo (Microsoft)." (All. 21 pag. 7-8)
"… [la clausola in merito alla restituzione e al rimborso del software ha] la funzione e il contenuto di mero avvertimento contenuto nella proposta contrattuale” (All. 21 pag. 7)
"… Dunque, il soggetto indicato come “produttore” nel Contratto di Licenza non può essere affatto identificato con l'odierna appellante." (All. 21 pag. 8);
E ancora "la clausola contenente l'Avvertimento risulterebbe nulla per il combinato disposto degli artt. 1325, 1346 e 1418 c.c." (All. 21 pag. 11);
4 Cfr. Sentenza T-201/04 del Tribunale di Prima istanza, che ha confermato la Decisione 2007/53/EC, incluso l'Art. 1 in cui è stato accertato l'abuso per due distinti comportamenti
concorrenzialità del mercato OEM, l'onere di amministrare il rimborso, con la segreta ambizione – ma neppure tanto segreta – di far trovare il consumatore di fronte al classico muro di gomma.
È pacifico che anche un terzo, qualora si ingerisca – come fa Microsoft – nella trattativa precontrattuale in essere formalmente tra terzi, contravvenendo al principio di buona fede e xxxxxxxxsi in ultima analisi del proprio comportamento mediante la conclusione del contratto o altro risultato a sé utile, risponda della propria condotta illecita a titolo di responsabilità precontrattuale, la quale altro non è che un'estrinsecazione del generale principio del neminem ledere in un ambito particolarmente caratterizzato dall'affidamento come le trattative precontrattuali.
In questo caso la trattativa non è nemmeno tra pari, è di un soggetto forte che entra in contatto con un soggetto debole, che non ha alcun potere contrattuale, ma che ha solo il potere “dei piedi” ovvero di decidere di non procedere all'acquisto. Pertanto ogni turbativa allo svolgimento dei giochi della trattativa è per definizione un atto ad alta pericolosità per il quale il soggetto forte, e chi influenza in modo determinante il soggetto forte, deve procedere con un alto grado di buona fede, troppo essendo evidente il rischio di abusare e il relativo conflitto di interessi.
Microsoft si ingerisce dettando norme contrattuali uniformi che dovranno essere proposte dai propri licenziatari OEM e da questi ribaltate sui licenziatari/utenti finali. Fa ciò nella coscienza e scientifica mala fede di aggirare un diritto che solo ostensibilmente sussiste in capo ai consumatori, quello di non accettare le condizioni e di ricevere una restituzione. Che di fatto i consumatori non ricevono. Se ne avvantaggia, perché così a ogni computer “licenziato” (ovvero dotato di un contrassegno di “autenticità” del software installato) corrisponde una licenza venduta, ovvero il 100% del costo affrontato per la stessa dall'utente finale (l'OEM ha margini minimi), affogato in un prezzo globale delle cui componenti il consumatore non viene posto a conoscenza.
È il delitto perfetto. Con una mano do, con l'altra tolgo quello che dico di dare. Con una mano faccio finta di promettere che se il consumatore non gradisce le condizioni può ottenere il rimborso. Con l'altra mano, e con un gioco di prestigio, rendo questa possibilità una mera illusione. Questa pratica ha un nome, l'abbiamo già visto, pratica commerciale scorretta. In questa pratica commerciale scorretta tutti gli attori sono parti, il produttore-predisponente ne è anzi parte essenziale, subita dai correi-OEM. Dal
punto di vista del consumatore tale condotta commerciale scorretta si chiama – appunto
– condotta precontrattuale contraria alla buona fede.
Il risultato è un danno. Il consumatore è costretto a pagare, viene per un momento illuso di poter ricevere un rimborso e tale illusione viene ostensa di fronte alle autorità antitrust che sono convinte sia un diritto veramente conferito, tale illusione viene radicalmente delusa nei fatti da un machiavellico marchingegno studiato a tavolino.
Il danno è da risarcirsi da parte di Microsoft, non importa se da sola o in corresponsabilità con altri, per questa o per altre fattispeci illecite o contrattuali.
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Questioni preliminari, di rito e di ammissibilità dell'azione di classe.
Ammissibilità.
Non v'è dubbio che l'azione promossa possa esser considerata ammissibile ai sensi e per gli effetti dell'art. 140 bis Codice al Consumo comma 2.
L'azione proposta, infatti, intende tutelare i diritti contrattuali di una pluralità di utenti e consumatori che si trovano nella medesima condizione dell'odierno proponente.
Diritti che a ben vedere rispecchiano il dettato del comma 2 citato, sia in quanto rientrano fra le ipotesi previste alla lettera a) (diritti contrattuali, inclusi quelli relativi ai contratti stipulati ai sensi degli artt. 1341 e 1342 c.c.), ma anche, nell'ipotesi in cui il Tribunale adito non volesse ravvisare un rapporto contrattuale diretto fra Microsoft e l'utente finale della licenza rifiutata, di certo si verte nel caso di cui al sub b), laddove si prevede l'azionabilità anche "a prescindere da un diretto rapporto contrattuale". Di certo, infine, quanto descritto e documentato con il presente atto, mette in luce il pregiudizio nei confronti della classe, derivante da pratica commerciale di dubbia correttezza e da comportamento anticoncorrenziale (ipotesi sub c).
Sull'identità ed omogeneità dei diritti individuali tutelabili.
Sempre in punto di ammissibilità è il caso di ribadire l'esatta identità delle situazioni che accomuna ogni acquirente del software preinstallato che intenda rifiutare le condizioni di licenza Microsoft ivi contenute:
stesso contratto di licenza software Windows rifiutato, medesimo comportamento e inadempimento in merito al rimborso da parte di Microsoft e dei produttori.
A tal proposito si allegano i numerosi casi che dal 2005 sono stati raccontati dai lettori
del sito di Aduc (All. 22).
A prescindere dalle versioni in commercio, il contratto EULA è nella sostanza il medesimo, addirittura identico in punto di restituzione/rimborso, così come medesima è la vicenda che accomuna i consumatori nel tentativo di ottenere quanto di diritto: OEM e Microsoft si rifiutano di rimborsare il costo della licenza software.
L'inadempimento, come visto, riguarda, infatti, molte case produttrici di hardware e i comportamenti vessatori inibiscono i diritti dell'utenza, tanto quanto Microsoft che neppure risponde alle richieste dei consumatori.
Pertanto, non solo chi, come l'odierno attore, ha rifiutato le condizioni di licenza software Windows di Microsoft potrà aderire alla presente azione di classe, e non solo gli altri acquirenti consumatori delle altre versioni del medesimo programma Windows disponibile in commercio, ma anche chi ha rifiutato altro software di Microsoft (All. 23) e non è riuscito ad ottenere il rimborso, o ad ottenerlo con modalità e a condizioni non vessatorie (ad esempio restituendo tutto l'hardware).
Xxxx'adeguatezza del proponente a curare l'interesse della classe.
Il Sig. Xxxxxxxx Xxxxxxx, sebbene nella presente azione agisca in nome e per conto proprio come proponente consumatore, è altresì il presidente dell'associazione ADUC, Associazione dei Diritti degli Utenti e Consumatori tramite cui svolge la presente azione di classe. Associazione che ha condotto, insieme a Xxxxx Xxxxxxxxxxx (consulente informatico dell'Associazione, attore della causa di fronte al Giudice di Xxxx e tribunale di Firenze su menzionata) la prima azione giudiziale importante proprio sulla questione del rimborso del sistema operativo preinstallato di cui non si intende accettare le condizioni. È infatti grazie all'Associazione, che ha messo a disposizione i propri legali e la propria capacità mediatica, che la vicenda ha avuto notevoli attenzioni sulla stampa nazionale (All. 24), sui siti specializzati di maggior visibilità (All. 25) e persino sulla stampa internazionale (All. 26).
L'Aduc dal 2007 è, indubbiamente, il luogo principale di discussione sull'argomento, tanto che sul web è riuscita ad attirare le attenzioni non solo dell'utenza, ma anche di personalità straniere (in particolare del Governo francese (All. 27) che ha mostrato interesse alla vicenda).
Non solo, Xxxx si è fatta promotrice di esposti nei confronti di Microsoft sia al Garante per la concorrenza e per il mercato italiano (All. 28,29) sia a quello Europeo (All. 30).
Ai soli fini di chiarire la piena adeguatezza del Sig. Donvito e dell'associazione che presiede cui dà mandato nella presente azione collettiva, si allegano in copia le pagine del sito web di Aduc dove emerge tutto il percorso giudiziario e mediatico di cui l'associazione si è fatta promotrice (All. 31). A scopo esemplificativo si producono, oltre al resto, la versione stampata delle lettere dei consumatori (All. 22) che sull'argomento hanno contattato l'Associazione nell'ultimo anno, ovvero da quando l'Aduc ha comunicato l'intenzione di promuovere la presente azione collettiva. Per praticità si rinvia, invece, alla versione on line delle lettere ricevute, sull'argomento de quo, dall'Associazione, pari a circa 300 dal 2005 ad oggi. Si fa presente, infine, che, proprio in merito alla proponenda azione di classe, Xxxx ha raccolto oltre un centinaio di adesioni per così dire "preventive", o "promesse di adesione".
Sarà agevole per il Tribunale confrontare quanto prodotto e dedotto con ciò che è attualmente visionabile all'indirizzo xxxx://xxxxxxxxxx.xxxx.xx/xxxxxxxxxxxxxxx/.
Il sito Internet dell'Aduc conta oltre 40 mila visite al giorno e sull'argomento ha costituito e costituisce il punto di riferimento dell'utenza del web, anche per le altre associazioni che operano online e non solo, quali, ad esempio, Free Software Foundation Europe (xxx.xxxx.xxx), Associazione per il Software Libero (xxx.xxxxxxxxxxxxxx.xx), Italian Linux Society (xxx.xxxxx.xx), Hacklab di Caserta (xxx.00000.xx.xxx), ed altre.
Tutto questo sgombrerà il campo da possibili dubbi di inadeguatezza dell'attore proponente, che meglio di ogni altro può, anche mediaticamente, tramite l'associazione che presiede, provvedere a pubblicizzare al meglio, secondo quanto sarà stabilito dal Tribunale ai sensi del comma 9 dell'art. 140 bis.
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Per questi motivi, Xxxxxxxx Xxxxxxx tramite Aduc (Associazione dei Diritti degli Utenti e Consumatori), come su individuato, rappresentato e difeso nonché domiciliato
CITA
Microsoft s.r.l, in persona del rappresentante legale pro tempore, con sede in Segrate (MI), iscritta al registro delle imprese numero REA MI-1207123, partita IVA e codice fiscale 08106710158, a comparire innanzi al tribunale Civile di Milano, in composizione collegiale, all'udienza del ......../......../2011, ore di rito, ed a costituirsi in cancelleria nel termine di venti giorni prima di detta udienza nelle forme di cui all'art. 166 c.p.c., con l'avvertenza che la costituzione oltre il suddetto termine comporterà le decadenze di cui agli artt. 167 e 38 c.p.c., e che non comparendo si procederà in sua declaranda
contumacia, per sentire accogliere le seguenti
CONCLUSIONI
Premessa ogni opportuna declaratoria, voglia l'Xxx.xx Tribunale adito, ogni contraria istanza disattesa, così giudicare:
In via preliminare
Accertare e dichiarare l'ammissibilità della domanda di classe ai sensi dell'art. 140 bis D.lgs 206/2005
Nel merito
a) accertare e dichiarare la natura vessatoria della clausola contenuta nel contratto di Licenza Software Windows OEM: “Qualora il licenziatario non le accetti, non potrà utilizzare il software e dovrà contattare il produttore o l'installatore per conoscere le modalità di restituzione." per tutti i motivi di cui in narrativa, e, per l'effetto, dichiarare la nullità parziale o totale della versione OEM delle licenze dei software Microsoft per le ragioni su esposte
b) previo, se del caso, l'accertamento dell'inadempimento contrattuale in ordine ai fatti di causa come esposti in narrativa e la risoluzione del contratto qualora ritenuto in essere, condannare la convenuta Microsoft a corrispondere al Sig. Xxxxxxxx Xxxxxxx euro 70 o la differente somma che dovesse risultare dovuta, per i fatti di cui in narrativa, a titolo cumulativamente e/o alternativamente di restituzione dell'indebito e/o di risarcimento del danno diretto.
In ogni caso, con vittoria di spese diritti e onorari di lite.
In via Istruttoria Si allega:
1) Procura notarile a promuovere l'azione di classe di Xxxxxxxx Xxxxxxx ad Aduc
2) Scontrino fiscale quale prova dell'acquisto
3) EULA Windows 7 Starter OEM
4) Raccomandata di messa in mora con richiesta di rimborso ad ASUS
5) Raccomandata di messa in mora con richiesta di rimborso a MICROSOFT
6) Pagina di Wikipedia che spiega il problema del rimborso Windows
7) EULA Windows 7 OEM
8) EULA Windows 7 Retail
9) EULA Windows Vista OEM
10)EULA Windows Vista Retail
11)EULA Windows XP OEM
12)EULA Windows XP Retail
13)Articolo avv. Lavagni pubblicato sul sito Microsoft
14)Articolo del prof. Nimmer pubblicato sul proprio sito
15)Pronuncia Garante antitrust italiano (AGCM)
16)Listino Windows del 2010
17)Risposta del produttore ACER ad un utente che chiedeva il rimborso
18)Sentenza GdP Pieraccioli/HP
19)Sentenza appello Pieraccioli/HP
20)Comparsa GdP di HP causa Pieraccioli/HP
21)Citazione in appello di HP causa Pieraccioli/HP
22)Casi esemplificativi raccolti dall'ADUC
23)EULA software applicativo Microsoft diverso da Windows
24)Articolo Corriere della Sera su causa rimborso
25)Articolo di Punto Informatico su causa rimborso
26)Articolo di Channel Register su causa rimborso
27)Lettera Ambasciata francese interessata al rimborso Windows
28)Esposto AGCM su abuso di posizione dominante di Microsoft
29)Integrazione esposto AGCM
30)Esposto Commissione Europea su abuso di posizione dominante di Microsoft
31)Sito ADUC sul rimborso Windows
Ai sensi dell'art. 9, comma 5, L. 488/99 e successive modificazioni, si dichiara che il valore della causa è di euro 70 pertanto è soggetta al contributo unificato di euro 30.
Informazione ai sensi dell'art. 4 comma 3 Dlgs n. 28/2010
Io sottoscritto Xxxxxxxx Xxxxxxx dichiaro di essere stato informato dagli Avv. Xxxxxxx Xxxxxxx ed Xxxxxxxxx Xxxxxxxx, dall'Avv. Xxxx Xxxxx Xxxxxx e dall'Avv. Xxxxx Xxxxx in ossequio a quanto previsto dall’art. 4, 3° comma del d.lgs, 4 marzo 2010, n. 28,
1. della facoltà di esperire il procedimento di mediazione previsto dal d.lgs. n. 28/2010 per tentare la risoluzione stragiudiziale della controversia insorta tra Delta Investimenti srl e Xxxxx Xxxxxxx in relazione alla controversia in materia di pagamento onorari professionali e di responsabilità professionale nonché dell’obbligo di utilizzare il
procedimento di mediazione previsto dal d.lgs. n. 28/2010 (ovvero per le materie ivi contemplate, i procedimenti previsti dal d.lgs n. 179/2007 o dall’art. 128-bis del d.lgs.
n. 385/1993 e successive modificazioni), in quanto condizione di procedibilità del giudizio, nel caso che la controversia sopra descritta sia relativa a diritti disponibili in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari.
2. della possibilità, qualora ne ricorrano le condizioni, di avvalersi del gratuito patrocinio a spese dello Stato per la gestione del procedimento;
3. dei benefici fiscali connessi all’utilizzo della procedura, ed in particolare:
a) della possibilità di giovarsi di un credito d’imposta commisurato all’indennità corrisposta all’Organismo di mediazione fino a concorrenza di 500 euro, in caso di successo; credito ridotto della metà in caso di insuccesso;
e delle circostanze che:
b) tutti gli atti, documenti e i provvedimenti relativi al procedimento di mediazione sono esenti dall’imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura;
c) che il verbale di accordo è esente dall’imposta di registro entro il limite di valore di
50.000 euro e che in caso di valore superiore l’imposta è dovuta solo per la parte eccedente.
Firenze, Xxxxxxxx Xxxxxxx
Avv. Xxxxxxx Xxxxxxx Avv. Xxxxxxxxx Xxxxxxxx
Avv. Xxxx Xxxxx Xxxxxx Xxx. Xxxxx Xxxxx
Mandato
Il sottoscritto Xxxxxxxx Xxxxxxx, nato a Gioia del Colle (BA) il 20/02/1953, residente in Firenze, via M. Gioia 10, C.F. DNVVCN53B20E038L, in qualità di presidente e rappresentante legale pro-tempore di Xxxx (Associazione per i Diritti degli Utenti e Consumatori) con sede in Xxxxxxx, Xxx Xxxxxx x. 00, C.F. 94031980488, informato ai sensi dell’art. 4, 3° comma, del d.lgs. n. 28/2010 della possibilità di ricorrere al procedimento di mediazione ivi previsto e dei benefici fiscali di cui agli artt. 17 e 20 del medesimo decreto, come da atto allegato, delego a rappresentare e difendere la predetta Aduc nella presente azione ci classe ex art. 140 bis D.lgs 205/2006 nonché nella fase esecutiva congiuntamente e disgiuntamente, gli Avv.ti Xxxxxxx Xxxxxxx ed Xxxxxxxxx Xxxxxxxx del foro di Firenze, l'Avv. Xxxx Xxxxx Xxxxxx del foro di Marsala, e l'Avv. Xxxxx Xxxxx del foro di Milano, delegando agli stessi ogni facoltà di legge, compresa quella di conciliare, transigere, quietanzare, rinunciare all'azione e farsi sostituire in udienza. Reso edotto che il trattamento dei dati avverrà solo ed esclusivamente in esecuzione del presente mandato, presto completo ed informato consenso, coerentemente con il disposto degli artt. 11 e 22 I° co. L. 675/96, successive modifiche e ai sensi e per gli effetti del Dlgs.n. 196/2003, all'utilizzo da parte degli Studi Legali (ossia da parte di tutti i soggetti, professionisti e/o collaboratori che li compongono), dei miei dati personali. Eleggo domicilio presso lo studio dell' Avv. Xxxxx Xxxxx, sito in Xxxxxx, Xxxxxx Xxxxxxxx 00.
Firenze,
Xxxxxxxx Xxxxxxx per Aduc (associazione per i Diritti degli Utenti e Consumatori)
È autentica
Avv. Xxxxxxx Xxxxxxx Avv. Xxxx xxxxx Xxxxxx Xxx. Emmnauela Xxxxxxxx