Contract
“Protocollo d'Intesa per la costruzione di un Patto per il Sociale dell'area Ovest di Torino".
Premesso che: da molti mesi è in corso un proficuo processo di concertazione tra tutti i soggetti istituzionali, economici e sociali dell'area finalizzato alla completa realizzazione del Patto Territoriale della Zona Ovest di Torino;
considerato che: questo livello di concertazione si sta orientando alla comune definizione di un programma di azioni a favore della occupazione e dello sviluppo qualificato ed integrato del territorio, così come definito nel Protocollo d'Intesa sottoscritto dai componenti del Tavolo Largo della Concertazione ad Alpignano nel gennaio 1999;
concordato che: la realizzazione dei progetti ammessi dopo la valutazione, prevista nelle forme e nelle modalità stabilite dalle leggi vigenti, favorirà la crescita economica e sociale dell'area perimetrata dal Patto Territoriale;
avendo preso atto che: il Protocollo d'Intesa firmato ad Alpignano contiene uno specifico "Asse di Sviluppo" (il 4°, riportato in allegato) denominato "Servizi alla Persona" in cui vengono delineate una serie di azioni finalizzate al miglioramento quantitativo e qualitativo del sistema di welfare locale;
ritenuto che: un coerente sviluppo economico territoriale non possa prescindere da una adeguata attenzione verso le politiche ed i servizi sociali e, in generale, verso la qualità della vita dell'area, e che, proprio per questo motivo, è stata realizzata nel giugno del 1999 una specifica indagine territoriale condotta tra gli Assessorati sociali, culturali e all'Istruzione e i Direttori dei Consorzi Socio-Assistenziali dell'area (di cui si riporta una sintesi in allegato). Gli obiettivi emersi da questa ricerca sono:
OBIETTIVO 1. (Politiche di partenariato Pubblico-Privato).
Avvio di una azione di riforma complessiva del partenariato pubblico/privato attraverso il graduale superamento dell’attuale assetto di erogazione dei servizi sociali e di rapporto con i partner del privato-sociale, al fine di giungere alla realizzazione di un sistema di welfare mix compiuto. Gli aspetti qualificanti di questa operazione appaiono sostanzialmente i seguenti.
(a) Apertura di un Tavolo di confronto e di concertazione tra gli Attori pubblici e quelli privati per l'integrazione territoriale delle politiche pubbliche sulle tematiche del sociale (individuazione di ambiti di intervento comune, di tavoli di coordinamento degli interventi, di distribuzione concertata delle risorse e delle strutture, di strumenti “normativi” locali che regolino, anche dal punto di vista contrattuale, i rapporti fra Pubblico e Privato).
(b) Integrazione fra diversi settori della Pubblica Amministrazione finalizzata all’orientamento coerente delle azioni destinate alle politiche sul sociale (promozione di una sinergia operativa ed un collegamento fra Settori delle pubbliche amministrazioni - in particolare quelli delle politiche sociali, dei giovani, dell’istruzione e del lavoro - al fine di potenziare gli strumenti di avviamento ed inserimento lavorativo rivolti alle fasce deboli del mercato ed ai soggetti svantaggiati - utenti dei servizi di salute mentale, disabili fisici e mentali, tossicodipendenti, ex detenuti -).
(c) Sistema di accreditamento: costituzione di un albo certificato di fornitori di servizi alla persona che si rapporti direttamente all’utenza. In quest'ottica, il Comune seleziona le imprese accreditabili, eroga dei voucher nominativi spendibili dai cittadini e sovrintende alla qualità del servizio.
(d) Coinvolgimento delle cooperative: superamento della formula della “esternalizzazione semplice” (talvolta secondo la formula del "massimo ribasso") attraverso il graduale coinvolgimento diretto delle cooperative sociali e dell’associazionismo nella progettazione dei servizi e dei capitolati e nell’elaborazione di criteri di valutazione della qualità dei medesimi, con l'obiettivo di sperimentare, nel futuro, l'avvio di società miste pubblico-private.
(e) Formazione integrata pubblico-privato: avvio di un sistema di formazione permanente per gli operatori pubblici e privati. Questa operazione permetterebbe di superare alcuni problemi operativi/organizzativi, su tutti quelli connessi all’attuale scarsa integrazione tra uffici pubblici, nonché all’incapacità degli operatori del sociale di “lavorare per progetti”.
(f) Formazione personale della Pubblica Amministrazione: azioni formative finalizzate alla riqualificazione di figure professionali interne alla Pubblica Amministrazione. Nell'ambito di un sistema inedito di partenariato Pubblico/Privato/Privato sociale l'erogatore del servizio (Ente Pubblico) necessita di competenze e professionalità innovative, in grado di progettare servizi con i partner, di assicurarne il monitoraggio "in itinere" e di valutarne gli standard qualitativi. La creazione di nuove professionalità implica lo "sblocco" delle carriere interne alla P.A., con l'adeguamento verso l'alto dei relativi inquadramenti contrattuali.
(g) Formazione di figure intermedie nell'ambito dei servizi alla persona: avvio di un sistema di formazione, in sinergia operativa con la Regione Piemonte, finalizzato alla creazione,
attraverso "tappe intermedie" e crediti formativi (l'acquisizione di una qualifica costituisce la base di partenza per eventuali percorsi successivi) di figure professionali inedite e sussidiarie a quelle già operanti nei servizi alla persona (Adest, Educatore Professionale, ecc.). Gli sbocchi occupazionali sono previsti all'interno di "pacchetti di risposte" alla domanda di servizi che superino la rigidità dell'alternativa assistenza/vendita degli stessi. I risultati attesi consistono nell'ingresso nel mercato del lavoro di persone prive di "qualifiche alte" e la transizione nel sistema dei servizi di prestazioni attualmente erogate "in nero", al di fuori di ogni controllo sugli standard qualitativi. Dalla ricerca effettuata emerge una domanda di accompagnamento, di compagnia, di servizi domiciliari non specialistici.
OBIETTIVO 2. (Politiche per l’agio).
Formazione e valorizzazione di nuove figure professionali (quali quelle dell’Agente di Sviluppo del Territorio e l’Operatore di Comunità, ossia profili professionali che sappiano promuovere reti, intercettare risorse a livello di comunità, valorizzare il “locale”).
Potenziamento delle politiche del lavoro rivolte alle fasce deboli del mercato ed ai soggetti in situazione di svantaggio sociale finalizzate a combattere il problema della disoccupazione (soprattutto giovanile) e quelle orientate all’inserimento lavorativo delle fasce deboli, con particolare attenzione al:
a) superamento della figura dell’LSU ed utilizzo di Politiche Attive del Lavoro finalizzate all’assunzione o alla creazione di impresa nell'ambito dei beni culturali, della tutela dei beni ambientali e della riqualificazione di aree urbane e di aree verdi (come la Collina Morenica ed il Parco della Dora);
b) potenziamento dell’inserimento lavorativo e delle borse-lavoro nelle cooperative sociali di tipo B e nelle imprese for profit sensibili al tema;
c) emersione del lavoro sommerso, soprattutto nel settore dei servizi alla persona, anche attraverso gli strumenti di politiche attive del lavoro attingibili dal repertorio normativo in materia.
Potenziamento dell’educativa territoriale (con particolare riferimento ai c.d. “educatori di strada” che intervengano a livello di prevenzione del disagio giovanile).
Potenziamento delle politiche partecipate a livello giovanile (coinvolgimento diretto dell’associazionismo nell’attivare iniziative volte a favorire il benessere, la prevenzione, l’agio ed il recupero; valorizzazione dei centri sociali, promozione di eventi culturali e ricreativi, sviluppo di occasioni lavorative nei relativi giacimenti occupazionali locali - Pellerossa Festival, Ad Ovest di Paperino, il progetto Le Serre, la Reggia di Venaria, il Parco della Mandria, i centri storici, il Castello di Rivoli e così via -).
Sostegno alla creazione di centri culturali polivalenti (ad esempio, nel settore multimediale e del loisir).
OBIETTIVO 3. (Politiche dei servizi)
Sostegno all’assistenza domiciliare integrata (con particolare riguardo al potenziamento degli organici in essere).
Diversificazione delle figure professionali nel settore dell’assistenza domiciliare (riqualificazione delle figure “alte” del settore; creazione di figure intermedie - assistenti di base, animatori - che possano rispondere in modo flessibile ad una domanda di servizi a domicilio estremamente diversificata).
Promozione della mutualità (in particolare, servizi all’infanzia e agli anziani, parzialmente erogabili da forme mutualistiche quali la “baby sitter di condominio”, le Banche del Tempo ed i progetti di “buon vicinato”).
Migliore distribuzione territoriale dei servizi esistenti (in particolare, potenziamento delle strutture degli asili-nido, miglioramento delle politiche dei trasporti e della mobilità, avvio di politiche dei tempi e degli orari).
I Soggetti firmatari del presente Protocollo d'Intesa, ognuno nell'ambito delle proprie aree di competenza, parallelamente all'attuazione del Patto Territoriale per l'occupazione concordano e ritengono opportuno avviare le seguenti linee di azione orientate all'implementazione di un Patto per il Sociale dell'Area Ovest di Torino finalizzato alla costruzione e/o ridefinizione di un welfare municipale adeguato, innovativo e coerente con i bisogni sociali e le specificità locali.
Modalità operative: preso atto del carattere sperimentale e innovativo dell’iniziativa oggetto del presente Protocollo, i Xxxxxxxx Firmatari si impegnano a promuovere forme “concertate” di progettazione e avvio delle azioni sopra citate. A tale scopo ritengono di aprire una fase operativa orientata alla formalizzazione di un Piano di Azione con le seguenti caratteristiche:
Inventario delle risorse e dei bisogni del territorio. Estensione della ricerca relativa alle forme di economia solidale agli Operatori economici dell’area, Organizzazioni del settore no profit, Organizzazioni Sindacali, Associazioni di cittadini e Autonomie Funzionali presenti sul territorio. Finalità di questa azione è l’acquisizione degli elementi conoscitivi e progettuali che consentono di selezionare un repertorio dei bisogni e delle progettualità, pubbliche e private, orientate all’incremento della qualità della vita del territorio della Zona Ovest.
Organizzazione di momenti di microconcertazione fra le parti coinvolte. Finalità di questa azione è la socializzazione delle informazioni in possesso di singoli soggetti o settori economici o istituzioni e la condivisione delle esperienze maturate tra più attori locali. Gli strumenti utilizzati (focus group e incontri tematici) hanno l’ulteriore
scopo di individuare gli obiettivi progettuali condivisi fra i soggetti coinvolti e coerenti con le finalità sottoscritte attraverso il presente Protocollo di Intesa.
Istituzione di uno specifico Tavolo di Concertazione sulle tematiche dell’economia sociale e solidale. Il Tavolo, o altra struttura ritenuta idonea, ha la funzione di individuare in maniera “concertata” e condivisa (anche attraverso opportuni momenti di raccolta di idee imprenditoriali), le singole iniziative che consentano di realizzare gli obiettivi sottoscritti con il presente Protocollo. Il Tavolo ha l’ulteriore scopo di promuovere il Patto per il Sociale e di accompagnare le progettualità emerse verso forme di sostegno economico mediante l’utilizzo di fondi esistenti o attivabili ad hoc. Un’altra funzione del Tavolo consiste nell’attivazione di strumenti operativi, con carattere di continuità, che abbiano lo scopo di sostenere le iniziative nell’ambito dell’economia sociale in armonia con lo sviluppo territoriale generale.
Elaborazione di un Piano di Azione. Sistematizzazione delle iniziative proposte e condivise dagli attori coinvolti, all’interno di un Piano Operativo comprensivo di elaborazioni e ricerche sulle tematiche del sociale, idee imprenditoriali private e progettualità pubbliche, studi di fattibilità e business plan formalizzati. Il Piano di Azione costituisce lo strumento operativo della coalizione che alimenta il Patto per il Sociale.
Quanto previsto dal presente Protocollo d'Intesa può formare oggetto di ridefinizione o di armonizzazione in relazione ad evoluzioni legislative o di contesto che possono intervenire in corso d'opera. Inoltre, le parti concordano di definire o risolvere amichevolmente qualsiasi vertenza che possa nascere dall'attuazione del presente Protocollo d'Intesa. Resta inteso che le risorse umane, tecniche e finanziarie necessarie alla realizzazione delle azioni qui previste saranno ricercate e reperite sia su scala locale (normative regionali, provinciali, comunali, Fondazioni bancarie, risorse private), sia sovralocale (normativa nazionale ed europea).
Allegati del Protocollo d'Intesa per la costruzione di un "Patto per il Sociale"
L’esame dei problemi e delle potenzialità dei servizi sociali dell’area vasta e gli obiettivi di sviluppo individuati con il Patto Territoriale della Zona Ovest di Torino.1
Il carattere maturo del regime demografico (crescita assai contenuta della popolazione, frantumazione e rimpicciolimento dei nuclei familiari, invecchiamento accentuato e progressivo) e la dinamica di popolamento (concentrazione della popolazione e delle attività nei comuni di maggiori dimensioni, ma anche tenuta dei centri minori) cambiano i parametri di valutazione della disponibilità e dell’efficienza dei servizi sociali in generale, e di quelli sanitari e scolastici in particolare.2
L’aspetto strettamente quantitativo di valutazione del servizio (posti letto per abitanti nel settore sanitario, per esempio) appare ormai secondario rispetto all’importanza crescente assunta dalle caratteristiche prestazionali e, più in generale, dalle capacità di interazione minuta tra caratteristiche dei servizi e domanda reale della popolazione. La qualità delle attrezzature è divenuta allora il problema principale: l’adeguatezza nei confronti della composizione demografica, della struttura per età e, soprattutto, nei confronti delle caratteristiche sociali ed umane della popolazione insediata.
Si impone, inoltre, al di là della necessità di razionalizzare i servizi, di considerare i singoli settori come sistemi unitari, organizzati su base intercomunale, e di attivare, all’interno dell’area intercomunale, un processo di distribuzione equilibrata delle attrezzature, incentivando forme relative di specializzazione delle prestazioni e di complementarità funzionale e spaziale (evitando sia la tendenza ad una dispersione spaziale di unità sottodimensionate ed inefficienti, sia la concentrazione di tutti i servizi all’interno di un singolo centro o di un numero troppo ristretto di centri).3
La soglia quantitativa della popolazione impone, inoltre, di considerare l’offerta di servizi che richiedono un bacino di utenza più elevato, collocati esternamente al territorio dell’area vasta del Patto, attivando meccanismi di confronto su scala provinciale, regionale ed interregionale. Per alcune attività rare e di ordine superiore l’integrazione delle prestazioni è possibile soltanto ad una scala superiore di organizzazione territoriale. E’ importante acquisire questa consapevolezza, in modo da garantire comunque, in un quadro decisionale concordato con le altre amministrazioni, la disponibilità, l’efficienza e la facile accessibilità delle attrezzature non presenti nel territorio del Patto della Zona Ovest.
Il quadro della situazione ospedaliera mostrano una situazione teoricamente soddisfacente, da un punto di vista strettamente quantitativo, dell’offerta di servizi sanitari intesi in senso tradizionale. Restano in realtà da raggiungere appunto alcuni obiettivi prestazionali e di efficienza delle strutture esistenti. Rimane, in particolare, aperta la necessità di articolare l’assistenza sanitaria nel suo complesso rispetto ai problemi specifici delle varie zone del territorio, in particolare relativamente al problema degli anziani.
L’invecchiamento della popolazione costituisce un problema abbastanza rilevante nell’area vasta del Patto. La popolazione anziana (maggiore di 65 anni) residente rappresenta al momento oltre il 10% della popolazione complessiva, ma è destinata ad aumentare rapidamente nei prossimi anni. L’innalzamento dell’età media della popolazione residente nei Comuni dell’area del Patto comporta una domanda di servizi sociali e sanitari sempre più gravosa per i Comuni stessi. Da sottolineare che i casi di anziani che vivono da soli sono in crescita. I servizi che attualmente i Comuni possono offrire sono pochissimi e limitati ai Centri Diurni che accolgono gli anziani la cui famiglia non è in grado di assistere durante il giorno. Nell’assistenza domiciliare intervengono alcune cooperative sociali private.
1 L’analisi del settore dei servizi sociali e le linee progettuali di area vasta qui riportati sono tratti dal Primo Protocollo d’Intesa del Patto Territoriale firmato ad Alpignano il 16 gennaio 1999 e trasmesso formalmente alla Regione Piemonte ed al Ministero del Tesoro, Bilancio e Programmazione Economica.
2 Cfr. Settore Programmazione, Verifica e Interventi Socio Assistenziali, Piemonte sociale. Primo rapporto sull’assistenza, Quaderni della Regione Piemonte, n.24, 1997.
3 A decorrere dal 1 gennaio 1997 i servizi socio-assistenziali precedentemente gestiti dall’Azienda USL 6 di Ciriè sono stati assunti dal Consorzio Intercomunale dei Servizi Socio Assistenziali costituitosi tra i Comuni di Alpignano, Druento, Givoletto, La Cassa, Pianezza, San Gillo, Valdellatorre, Venaria, con sede ad Alpignano. Anche nei restanti comuni dell’area vasta del Patto i servizi socio-assistenziali sono gestiti da consorzi intercomunali: il CISA (che serve Rivoli, Rosta e Villarbasse) e il CISAP (che serve Collegno e Grugliasco). Tra i diversi consorzi esiste un coordinamento sui temi di interesse comune, caratterizzato da un buon livello di comunicazione e di scambio. Ad ogni modo, dalle interviste con gli amministratori locali emerge la necessità impellente di riorganizzare l’attuale sistema troppo frammentato dei consorzi intercomunali. Questi ultimi si sono costituiti nell’area partire dagli anni ‘70 per erogare i diversi servizi di pubblica utilità (smaltimento dei rifiuti urbani ed industriali, depurazione delle acque, trasporti, servizi socio-assistenziali e sanitari).
Quello di provvedere ad una adeguata assistenza agli anziani è forse il problema sanitario e sociale più tipico e rilevante, sul quale è necessario attivare un sistema di misure integrate di prevenzione, assistenza e cura.4 Il problema degli anziani è tipicamente un problema complesso, intrecciato con i fenomeni economici e sociali più generali. Esso può, quindi, essere affrontato solo attraverso una pluralità di interventi: strutture specializzate per anziani, residenze assistite, residenze protette, centri diurni, assistenza domiciliare integrata, centri di riabilitazione, accompagnamenti e così via. Questi settori di attività sono naturalmente già operanti sul territorio, ma richiedono tutti di essere potenziati, diffusi e resi più efficienti. E’ probabilmente necessario, su questo settore critico, la messa in cantiere di un progetto finalizzato del Patto: una sorta di “progetto anziani” capaci di fornire un quadro di coordinamento operativo dei diversi tipi di intervento necessari.
Ma, nel territorio del Patto andrebbero potenziati e sviluppati anche i settori dell’assistenza e della prevenzione sugli altri aspetti del disagio sociale (maternità e condizione femminile, infanzia, portatori di handicap, tossicodipendenza, AIDS, etc.). In un territorio formato da grandi quartieri urbani ad alta intensità abitativa l’attenzione deve concentrarsi soprattutto su questi temi: occorre cercare di costruire una dimensione comunitaria che possa consentire un controllo distribuito e capillare della condizione sociosanitaria e l’attuazione di prevenzione e di assistenza.
Problemi analoghi, legati ad un regime demografico maturo e alla implementazione di politiche di “razionalizzazione” dei servizi, si segnalano nel campo dei servizi scolastici, sia di grado inferiore che superiore.5 Nel complesso, a livello di area vasta del Patto si deve notare che la dotazione scolastica di base appare soddisfacente, da un punto di vista quantitativo. Diventa, quindi, centrale il miglioramento delle prestazioni (anche dal punto di vista dell’adeguamento degli standard edilizi, della manutenzione e della dotazione dei servizi parascolastici) e in generale dell’efficienza del servizio. E diventano anche in questo caso territori di frontiera per un miglioramento radicale del rapporto popolazione/istruzione alcune attività innovative (per la primissima infanzia, per l’educazione permanente, per la formazione e riqualificazione professionale legata alla riorganizzazione del mercato del lavoro, per l’educazione ambientale, etc.). Appare particolarmente necessario un adeguamento dei mezzi strumentali e della didattica del sistema locale di formazione professionale. Occorrerebbe un’azione decisa avente per obiettivo una riorganizzazione delle strutture operative del sistema della formazione professionale secondo i nuovi assi di sviluppo tecnologico-settoriali, riducendo strutturalmente i tempi di reazione alle innovazioni almeno dal punto di vista dell’adeguamento dei programmi e delle metodologie didattiche.6 E’ su questi terreni più sperimentali che dovrebbe, quindi, orientarsi l’intervento del Patto Territoriale, tenendo particolarmente presente che l’incrocio tra dinamiche demografiche e politiche di “razionalizzazione” dei servizi pubblici sfavorisce in modo particolare i piccoli comuni.
Va evidenziato il contributo in termini di conoscenza del territorio, delle sue problematiche e dei livelli di coesione sociale che può provenire tanto dall’associazionismo e dal volontariato (ARCI e ACLI) quanto dalla cooperazione (Confcooperative e Lega Cooperative): tutti gli interlocutori sono parsi competenti e portatori di idee innovative e dinamiche nell’ottica di uno sviluppo locale armonizzabile con esigenze di tutela ed espressione dei cittadini.
Tutte le associazioni di volontariato intervistate nel corso della ricerca-azione dispongono di un significativo radicamento territoriale e di reti di collaborazioni importanti sotto il profilo della promozione di cittadinanza attiva. L’ARCI, la cui capillare rete associativa che si articola attraverso Circoli e Associazioni Culturali, ha nella responsabile del Comitato Valle Susa un referente dinamico e ben inserito nel contesto locale, con rapporti stretti con le Pubbliche Amministrazioni e col tessuto della cooperazione sociale. Le ACLI dispongono di una rete associativa consistente e connessa al più complessivo sistema del volontariato di area cattolica; fra le attività dell’associazione nell’area sono da
4 Cfr. Settore Programmazione, Verifica e Interventi Socio Assistenziali, ibid; Xxxxx E., Xxxxxxx e famiglie: un tema da ripensare, in Relazione sulla situazione economica, sociale e territoriale del Piemonte 1995/Ires, Xxxxxxxxx & Xxxxxxx, Xxxxxx, 0000; Xxxxx I. e X. Xxxxxxx, The future of family care for older people, HMSO, London, 1995; Motta
M. e X. Xxxxxxx, Progettare l’assistenza, NIS, Xxxx, 0000.
5 Oggi, le difficoltà dettate dal trasferimento di fondi dallo Stato ai comuni, ha messo in crisi proprio i servizi di base. La scuola, ad esempio, con le ultime Finanziarie, ha visto la necessità di ulteriori razionalizzazioni e il Provveditorato agli studi della Provincia di Torino ha emesso diverse circolari a tal proposito. Per cui a Xxxxxxxx, ad esempio, i Circoli didattici vengono diminuiti da 5 a 3 con una conseguente ripercussione sull’assetto dei plessi scolastici. La città, che ancora nel recente passato ha faticosamente lottato per costruire dei presidi sul territorio, deve ripensare l’intero sistema delle infrastrutture collettive, alla gestione degli spazi e delle funzioni.
6 Non vi è dubbio che sia possibile per i comuni del Patto agire secondo una logica di distretto a livello sovracomunale come interfaccia tra il mondo della formazione e quello della produzione. Dovrebbe essere possibile favorire una maggiore collaborazione tra gli istituti scolastici e le imprese presenti nell’area, onde rendere evidente su quali contenuti formativi sia necessario operare approfondimenti ed aggiornamenti finalizzati ad adeguare i programmi proposti agli studenti alle effettive esigenze delle imprese. In tale direzione andrebbe anche un’azione volta a favorire esperienze quali il “tirocinio estivo” dei giovani, durante le vacanze scolastiche, che dovrebbe essere trascorso dai giovani all’interno delle imprese dell’area, per apprendere gli aspetti concreti del lavoro che potranno essere chiamati a svolgere, una volta terminati gli studi.
segnalare, inoltre, la gestione di due centri ENAIP di formazione professionale, l’esistenza di un consorzio edilizio (Acli-Casa) e la struttura di servizi alla cittadinanza dei patronati. Una presenza consistente e capace di operare a più livelli sul versante del potenziamento delle reti comunitarie. Nel complesso, nell’area vasta del Patto esistono diverse centinaia di associazioni di volontariato che coprono molti aspetti della vita: socio-assistenziale, socio-educativo, culturale, sportivo e religioso, sovente operando a lato e d’intesa con programmi e iniziative comunali.
Le associazioni del movimento cooperativo rappresentano imprese che, per numero e per dimensioni, sono qualcosa di più che realtà subordinate. Lega delle Cooperative è presente sul territorio con cooperative di consumo, di servizio, di trasporti e di ristorazione (in crescita). Ma il comparto più dinamico è rappresentato dalle cooperative sociali che attraverso lo svolgimento di attività diverse (agricole, industriali, commerciali e di servizi) inseriscono al lavoro in percentuale non inferiore al 30% lavoratori e persone svantaggiate (cooperative di tipo B) e che operano nell’ambito dei servizi socio-sanitari ed educativi (cooperative di tipo A). Grazie alla politica di esternalizzazione dei servizi operata dalle Pubbliche Amministrazioni l’insieme di queste cooperative ha triplicato, negli ultimi anni, fatturato e numero di soci. Lo sviluppo ha trasformato queste imprese da realtà poco strutturate e semi-improvvisate in aziende a metà del guado, che avanzano una crescente domanda di servizi, di consulenza, formazione ed accompagnamento all’attività. Analogo il discorso per le cooperative sociali aderenti a Confcooperative, attive negli stessi settori (servizi alla persona, servizi di pulizia, manutenzione delle aree verdi, tutela dell’ambiente) delle associate alla Lega delle Cooperative, anche se, mediamente, di minori dimensioni. Cooperative sociali aderenti a Confcooperative operano nel campo dell’avviamento al lavoro di fasce deboli del mercato e gestiscono il CILO (Consorzio di Iniziativa Locale per l’Occupazione) intercomunale di Rivoli che opera con un organico di 4 persone ed è stato istituito dall’Amministrazione Comunale nel 1988 per promuovere la politica locale a favore dell’occupazione, unificando le attività specifiche dell’Assessorato al Lavoro e Formazione Professionale del Comune con la sperimentazione di un Centro di politiche attive e di interventi specifici in materia di occupazione e formazione. Il CILO ha organizzato il proprio servizio sul territorio strutturandolo in tre settori di intervento: sportello, orientamento e consulenza, progettazione.7
Nel complesso, si può affermare che sta emergendo una nuova e ampia offerta di servizi alle persone legato allo sviluppo del settore “no profit”, al terzo settore, con la nascita di imprese e cooperative sociali che sempre più potranno offrire opportunità di lavoro retribuito, generare occasioni di lavoro e flessibilità ed essere efficace strumento per inserire nel mondo del lavoro anche i più deboli. Spingendo le imprese sociali ad occuparsi anche di problemi ambientali, di tutela del territorio, di valorizzazione del patrimonio artistico e non ultimo di formazione sul lavoro, unendo perciò imprenditorialità e solidarietà si può contribuire anche a migliorare la qualità della vita dell’area vasta del Patto.8 (...)
In generale, i maggiori elementi di debolezza e di criticità del settore possono essere riepilogati con una articolazione per tipologie:
c’è una tendenza verso un invecchiamento della popolazione come conseguenza di un andamento demografico pressoché stazionario;
c’è una disoccupazione elevata e, soprattutto, ci sono ampie fasce di capitale umano non sufficientemente qualificato, con livelli di istruzione complessivamente bassi e un sistema formativo che, nonostante alcuni recenti sforzi di adeguamento e modernizzazione appare in modo persistente ancorato a un’offerta di figure professionali di tipo tradizionale. Dovrebbe essere possibile favorire una maggiore collaborazione tra gli istituti scolastici e le imprese presenti nell’area, onde rendere evidente su quali contenuti formativi sia necessario operare approfondimenti ed aggiornamenti finalizzati ad adeguare i programmi proposti agli studenti alle effettive esigenze delle imprese;
c’è una diffusione della microcriminalità (borseggi, piccoli furti, spaccio di droga, prostituzione) che incide assai negativamente sul livello di “vivibilità” dell’area vasta del Patto;
c’è il consolidarsi di diverse emergenze sociali (droga, immigrazione, problema abitativo, assistenza agli anziani, etc.) rispetto a cui i servizi pubblici appaiono inadeguati. C’è una progressiva erosione delle strutture e dei servizi
7 Il servizio di sportello, con un’utenza di circa 60 persone al giorno, si pone come riferimento per la raccolta, elaborazione e divulgazione di informazioni inerenti: legislazione, curriculum e colloqui di lavoro, concorsi e borse di studio, lavori stagionali, opportunità formative regionali e comunitarie. Il servizio di orientamento e consulenza offre supporto alle aziende su: quadro normativo, sistema creditizio, problemi infrastrutturali ed urbanistici; ai giovani con percorsi di orientamento scolastico-professionale individualizzati. Il servizio di progettazione cerca di fornire risposta ai bisogni del territorio, con particolare riguardo a: corsi di formazione professionale regionali, FSE e progetti comunitari, cantieri di lavoro e progetti per le fasce deboli del mercato del lavoro, studi per la rilocalizzazione d’impresa.
8 Già oggi l’ambito cooperativistico sta ampliando la gamma dei servizi: manutenzione delle aree verdi, riciclaggio
rifiuti, gestione di maneggi e attività ricreative e culturali.
del welfare. In molti esprimono un giudizio negativo sia in termini di qualità che quantità nei settori della sanità e dei servizi sociali. (...)
Per contro, gli elementi di forza del settore dei servizi sociali vengono individuati nella qualità delle competenze professionali presenti nell'area, anche se molti degli imprenditori individuano uno scollamento fra i moderni sistemi di produzione e la preparazione che le risorse professionali ricevono dalle scuole professionali, che pure sono sempre state considerate il serbatoio cui attingere professionalità già avanzate. A tale proposito, si potrebbe pensare a stabilire vere e proprie partnership tra la scuole, gli imprenditori e le loro associazioni con l’obiettivo di individuare delle soluzioni concrete (e delle risorse umane, economiche e tecnologiche) che possano consentire di ristabilire quel rapporto sinergico tra scuola e lavoro che ha senz’altro contribuito a determinare il successo dei distretti produttivi esistenti nell’area vasta del Patto. (...)
Le linee di sviluppo individuate con il Patto Territoriale (ex Asse 4 - Servizi alla persona - del Primo Protocollo d’Intesa)
Le politiche dello sviluppo produttivo e dell’occupazione nell’area interessata dal Patto Territoriale dovranno comprendere necessariamente le c.d. “economie sociali” e, quindi, prevedere risposte mirate al fine di perseguire una più alta qualità della vita della popolazione locale. Pertanto, l’obiettivo prioritario perseguito con questo Asse sarà quello di porre in essere tutta una serie di interventi (meglio se all’interno di una logica di partnership tra Enti Locali ed i soggetti che già operano nel settore) volti ad aumentare e migliorare il sistema dei servizi socio-assistenziali esistente (da più parti ritenuto quantitativamente e qualitativamente insufficiente), con particolare riguardo ai servizi offerti alle categorie sociali più deboli (le c.d. “fasce deboli”: persone anziane, portatori di handicap, bambini, famiglie monoparentali, persone a rischio di esclusione sociale - ex detenuti, tossicodipendenti, alcolisti - , giovani in condizioni di disagio e di difficoltà di inserimento sociale).9
Le azioni si orienteranno, inoltre, verso l’incentivazione di studi e progetti (anche sperimentali e “pilota”) nel campo dell’assistenza domiciliare integrata ed il sostegno alla nascita di imprese no profit rivolte al sociale che operino in un’ottica di nuovo welfare territoriale. Ad integrazione delle suddette azioni sono previsti interventi di formazione professionale rivolti agli operatori del settore orientati a migliorare la preparazione personale e le competenze acquisiste.
Infine, (...) le azioni qui previste dovranno essere interpretate all’interno di una politica sperimentale di razionalizzazione dei servizi socio-assistenziali esistenti: quindi, anche in questo Asse si auspicano interventi che vadano verso un accorpamento delle attività svolte in dai diversi Consorzi intercomunali che erogano servizi alla persona al fine di arrivare alla creazione di un organismo “unico” che permetta di servire in modo integrato tutti i Comuni facenti parte del Patto Territoriale.
9 Va evidenziato che i servizi alla persona, insieme allo sviluppo dei settori del turismo, dell’ambiente, della cultura e delle telecomunicazioni sono considerati dall’Unione Europea come “nuovi bacini occupazionali” (cfr. al “Libro Bianco” di Xxxxxx).
Xxxxxxxxx XXXXXX Srl - Milano
Politiche, servizi e bisogni sociali nel Patto Territoriale della Zona Ovest di Torino Analisi e proposte per la costruzione di un “Patto per il Sociale”
Giugno 1999
Nota introduttiva.
In questo rapporto vengono descritti i risultati emersi da una ricerca di approfondimento10 sullo “stato” delle politiche socio-assistenziali che ha interessato gli Assessorati alle politiche sociali dei nove Comuni compresi nel Patto Territoriale per lo sviluppo della Zona Ovest di Torino (Alpignano, Collegno, Druento, Grugliasco, Pianezza, Rivoli, Rosta, Venaria, Villarbasse) ed i Referenti dei tre Consorzi intercomunali che erogano servizi socio-assistenziali (il CISAP, che raggruppa Collegno e Grugliasco; il CISSA, che interessa Alpignano, Druento, Pianezza e Venaria; il CISA, che comprende Rivoli, Rosta e Villarbasse).
Attraverso la realizzazione di una serie di incontri-interviste in profondità e la raccolta di materiale documentale (relazioni previsionali programmatiche dei Consorzi intercomunali, compilazione di schede per la rilevazione della presenza del settore no-profit nell’area), si è mirato a far emergere:
a) le principali problematiche dell’area in tema di servizi sociali (dimensione dei bisogni territoriali);
b) le risposte date dalle Amministrazioni (dimensione dell’offerta);
c) le relazioni tra i protagonisti delle politiche sociali (dimensione della qualità del partenariato);
d) le eventuali iniziative da intraprendere (dimensione della progettualità pubblica).
Come già anticipato in un precedente documento preliminare del marzo ‘99 (Il Patto Territoriale della Zona Ovest di Torino: la firma di un Protocollo d’Intesa per un “Patto per il sociale”), sulla base di queste informazioni rilevate direttamente “sul campo” (che vanno ad integrare e confermano in buona misura quelle già in possesso dei Promotori del Patto e contenute nel Primo Protocollo d’Intesa firmato il 16 gennaio scorso11), l’intento è quello di giungere alla formalizzazione ed avvio di un progetto assolutamente innovativo nell’area (nonché nel contesto nazionale), ossia, come accennato, la costruzione di un “Patto per il Sociale”. Questo progetto si va ad inserire, sostanziandolo e qualificandolo, nel Patto per lo sviluppo (attualmente nella fase di raccolta e selezione progettuale) e, attraverso esso, verranno acquisite (e finanziate) iniziative “per il sociale” che nascono dalle effettive esigenze del territorio e che, nel medio-lungo periodo, andranno a comporre un nuovo sistema di welfare locale o municipale.
In concreto, l’obiettivo fondamentale è quello di sostenere più alti livelli di socialità attraverso il pieno coinvolgimento del Tavolo Largo della Concertazione del Patto Territoriale della Zona Ovest di Torino (ossia, dell’insieme degli attori pubblici e privati partecipanti all’iniziativa) avviando una serie di azioni di economia solidale (di welfare mix) che sappiano riconciliare i valori dell’imprenditorialità e della solidarietà. In altri termini, un “progetto per il sociale” all’interno di un Patto “classico”, non finalizzato a raccogliere le “vittime della competitività” ma, al contrario, orientato a ridurre le barriere tra risorse (finanziarie ed umane) per la progettualità sociale, la formazione e la creazione di posti di lavoro, il tutto a vantaggio di iniziative volute dagli attori stessi dell’area, siano essi disoccupati, imprese for profit o no profit, istituzioni pubbliche, rappresentanze, giovani o pensionati.
10 La ricerca è stata compiuta nei mesi di aprile e maggio 1999.
11 Si veda a questo proposito, in chiave comparativa, quanto riportato più sopra.
1. Le principali problematiche socio-assistenziali dell’area.
La “fotografia” della “Zona Ovest” emersa dagli incontri-intervista con i Referenti alle politiche sociali corrisponde ad alcune “ipotesi di partenza” formulate successivamente all’attività di indagine ed animazione territoriale che ha preceduto l’avvio effettivo del Patto Territoriale per lo sviluppo: si tratta di un’area con caratteristiche e contraddizioni tipiche di un sistema a “capitalismo maturo”.
Il sistema produttivo locale, che ruota attorno ai centri di eccellenza dell’indotto dell’auto, è stato investito negli anni passati da grandi ristrutturazioni tecnologiche ed organizzative. Oggi ci troviamo di fronte ad un impresa dalla vocazione “globale”, che fa della mobilità territoriale e della flessibilità dei suoi addetti i punti di forza per poter competere nello scenario internazionale. Si tratta di un sistema fortemente selettivo che ha già lasciato alle proprie spalle i primi “espulsi”: quella parte di manodopera “priva di qualità” non in grado di ricollocarsi all’interno del nuovo contesto. Alla medesima pressione selettiva è sottoposto quel tipo di lavoro direttamente o indirettamente legato alla grande impresa nel ciclo lungo della (sub)fornitura di beni e di servizi.
Gli elevati tassi di disoccupazione riscontrabili nella maggioranza dei Comuni dell’area trovano una prima motivazione nell’incapacità del sistema manifatturiero “storico” di assorbire la domanda di occupazione proveniente dal locale mercato del lavoro. Accanto agli espulsi dal ciclo produttivo i più colpiti sono i giovani a bassa scolarità: il fenomeno della dispersione scolastica, almeno nei grandi Comuni, non riguarda più solo le scuole secondarie superiori ma coinvolge anche la scuola dell’obbligo. A questo proposito, occorre evidenziare lo scollamento fra domanda e offerta di lavoro riscontrabile, in particolare, nel settore manifatturiero (va sottolineato che quasi tutti gli interlocutori segnalano come particolarmente allarmanti i dati relativi all’occupazione femminile) e, a tutt’oggi, non paiono sufficienti gli sbocchi occupazionali offerti da settori “alternativi”, quali quelli legati alle c.d. “nuove tecnologie” (su tutti, il consolidamento e sviluppo dei sistemi multimediali ed il commercio elettronico).
Seppure in maniera differenziata fra i nove Comuni, a livello di valori assoluti la popolazione residente è interessata da fenomeni di progressivo invecchiamento e, al di là dei valori odierni, la preoccupazione unanime riguarda le proiezioni future, in quanto il fenomeno dell’invecchiamento è sempre più intrecciato a quello dell’allentamento dei legami familiari e dello sfilacciamento del tessuto comunitario. Anche su questo specifico tema c’è da registrare una sostanziale differenza fra i piccoli comuni (in cui la situazione è nettamente migliore) e l’hinterland submetropolitano propriamente detto. In questo senso, il mutamento della struttura familiare, da taluni percepito come vera e propria “crisi della famiglia”, si concretizza nella composizione di nuclei altamente differenziati: famiglie monoparentali, famiglie di anziani soli, famiglie mononucleari affiancano in percentuale crescente la famiglia tradizionale.
La sovrapposizione di questi fattori ha come conseguenza naturale l’emergere di una “zona grigia” costituita da fasce di popolazione in bilico tra l’autosufficienza e la condizione di assistiti. Si tratta di fenomeni tipici delle aree urbane investiti da processi di trasformazione radicale che si traducono in nuovi comportamenti anomici e in una diffusa sensazione di “spaesamento”. Ad essere in crisi sono soprattutto i livelli di coesione sociale: al loro ripristino appare orientata la sensibilità di molti dei Referenti delle politiche sociali comunali.
Un dato di fondo è costituito dal progressivo impoverimento della popolazione adulta. Non ci si riferisce in questo caso alle fasce deboli del mercato del lavoro, ai soggetti tradizionalmente a rischio di esclusione sociale o alle famiglie ufficialmente al di sotto della soglia di povertà. La “nuova povertà” si presenta nella forma di un disagio diffuso tra la popolazione dovuto al gap tra costo della vita e redditi da lavoro che sempre meno riescono a garantire standard esistenziali dignitosi e possibilità di accesso a consumi “normali”. Di conseguenza, si assiste all’emergere di domande inedite (ad esempio, assistenza economica per situazioni di bisogno specifico e temporaneo) da parte di ampi segmenti della cittadinanza in possesso di livelli di reddito diversificati e spesso non collocabili tra quelli destinatari di misure assistenziali pubbliche. Questa dimensione generalizzata si ripercuote sulla “domanda sociale” di inclusione modificandola radicalmente. Il “disagio” non si presenta più con un solo volto, ma, in misura crescente, è la risultante di più fattori che includono forme patologiche, esclusione dal lavoro, comportamenti autodistruttivi, crisi di socialità, evaporare delle opportunità. Sempre più spesso gli stessi soggetti “a rischio” sviluppano patologie e comportamenti “devianti”.
Le domande inevase provenienti da soggetti eterogenei (anziani, famiglie, famiglie monoparentali, lavoratori in cassa integrazione o in mobilità lunga, giovani disoccupati o inoccupati) evidenziano un limite dell’attuale sistema di welfare, dai più considerato eccessivamente “rigido” e, comunque, inadeguato alla pluralità di richieste emergenti dal
territorio. In sintesi, l’esigenza di fondo emersa nel corso della ricerca è, da un lato, quella di un incremento quantitativo dei servizi e delle iniziative sociali di sostegno e, dall’altro (e soprattutto), della loro diversificazione modulata sulla base delle “nuove domande” che provengono dal territorio.
Le principali problematiche focalizzate dagli interlocutori incontrati possono essere così riassunte.
Disoccupazione. L’elevato tasso di disoccupazione (attestato intorno al 12-13% e superiore alla media regionale), colpisce principalmente i giovani sotto i 30 anni, in particolare quelli a bassa scolarità o con titolo di studio debole, le donne, i lavoratori espulsi dal ciclo produttivo, oltre ai soggetti deboli in senso stretto (portatori di handicap, tossicodipendenti, ex detenuti). Il dato è comune all’intera area del Patto, con punte fino al 27% per quanto riguarda la disoccupazione giovanile in alcuni quartieri dei Comuni maggiori, quali Xxxxxxx Xxxxxxxx, Xxxxxxx Xxxxxxxxxxxx x Xxxxxxx Xxxxx x Xxxxxxxxxx; l’area Gescal a Venaria; Borgo Nuovo e Cascine Vica a Rivoli; i quartieri Oltredora e Paradiso a Collegno; l’area ad edilizia pubblica di Alpignano. Una eccezione è costituita dai Comuni di Rosta e Villarbasse (piccoli centri localizzati immediatamente fuori della cintura metropolitana), caratterizzati da una struttura sociale disomogenea rispetto agli altri comuni del Patto e da un elevato reddito pro-capite. Accanto alle figure più tipiche della nuova disoccupazione, occorre sottolineare la crescita dei casi di adulti 35/40enni che non hanno mai lavorato e vivono ancora in famiglia (va sottolineato che una parte di loro si rivolge ai servizi di salute mentale).
Abitazione. Il problema della casa è fortemente sentito e può essere letto alla luce delle considerazioni sopra esposte. Gli elevati canoni d’affitto (700-800 mila lire mensili) di molti Comuni non sono sostenibili per una fascia estesa della popolazione, in particolare per le famiglie monoreddito. L’offerta di case di edilizia popolare è insufficiente in pressoché tutti i Comuni e le liste di attesa costituite da persone a “reddito zero” è consistente, per cui altri possibili assegnatari ne restano esclusi. Inoltre, sono esclusi tutti coloro che non hanno le caratteristiche di reddito necessarie per poter accedere all'assegnazione ma che, spesso, non sono in grado di sostenere i canoni regolati dai c.d. “patti in deroga”. Inediti bisogni di residenzialità “straordinaria” (accoglienza temporanea, alloggi per ragazze-madri) vengono segnalati da più Comuni.
Invecchiamento della popolazione. La vera emergenza dell’area è costituita da un aumento, destinato a crescere nei prossimi anni, degli anziani, autosufficienti e non. Questo implica una domanda di servizi domiciliari e residenziali a cui i Consorzi non riescono a far fronte. Incide anche la mutata struttura delle famiglie, che per tempi di vita e lavoro non sono generalmente in grado di prendersi cura delle persone anziane. Gli stessi assetti delle comunità, nonché l’insufficienza di alcuni esperimenti mutualistici (ad esempio, le “Banche del Tempo”), mostrano l’incapacità delle stesse di rispondere efficacemente al problema degli anziani ed implicano la necessità di un maggiore intervento esterno. Accanto alla domanda di servizi viene segnalata la necessità di migliorare l’offerta di occasioni di socialità qualificate, adeguando il contenuto delle iniziative culturali e ricreative proposte alle esigenze di una fascia anagrafica che spesso ne resta esclusa.
Area dell’handicap. Il numero di soggetti disabili negli ultimi anni si è ampliato ed ha posto problemi quantitativamente e qualitativamente nuovi. Un problema rilevante è costituito dai portatori di handicap ultraquattordicenni, i quali al termine della scuola dell’obbligo non possono disporre di sostegno adeguato a causa della scarsità di strutture residenziali e diurne. Inoltre, i portatori di handicap adulti costituiscono un problema per la famiglia, soprattutto nel caso di genitori anziani che possono a loro volta essere bisognosi di assistenza.
Giovani. Il disagio giovanile, spesso legato a specifiche situazioni familiari e strettamente correlato al problema dell’occupazione, è fenomeno ampio e diffuso. Le forme che assume vanno dall’abbandono precoce del percorso di studi (dato preoccupante nella città di Rivoli), a forme di microcriminalità, devianza e tossicodipendenza (con fenomeni nuovi, quali l’uso di sostanze stupefacenti sintetiche, come l’ecstasy, che hanno ripercussioni a livello psichiatrico), con particolare intensità in alcune zone degradate di Venaria, Grugliasco, Collegno, Rivoli. Da più parti (ad esempio, nei Comuni di Pianezza e Druento) viene espressa la necessità di incentivare il legame dei giovani con il territorio, promuovendo occasioni di accesso locale a “consumi” di tipo culturale e forme di autogestione di attività e spazi in ambito ludico-ricreativo.
Immigrazione. Il fenomeno dell’immigrazione extracomunitaria appare limitato quantitativamente e non pone particolari problemi di marginalità, esclusione o criminalità. Una eccezione in tal senso è costituita dal Comune di Collegno, dove la presenza extracomunitaria è superiore alla media dell’area, anche per la presenza di un campo nomadi ai confini con il Comune di Torino. In questo senso è avvertita la necessità di potenziare gli strumenti di integrazione interetnica, in particolare all’interno delle scuole.
Accessibilità dei servizi. Da alcuni Comuni viene lamentato un sistema di distribuzione dei servizi non omogeneo e non sempre capillare sul territorio. Il Comune di Druento, accanto alla cronica difficoltà dei collegamenti legata all’insufficienza della rete di trasporti pubblici, segnala la penuria di presidi sanitari sul proprio territorio (l’ASL di riferimento è ubicata a Ciriè). Lo stesso problema coinvolge la città di Venaria. Più in generale, il sistema di collegamento intercomunale è giudicato carente nel territorio di competenza del Consorzio
C.I.S.S.A. (Alpignano, Pianezza, Druento e Venaria, oltre a Givoletto, La Cassa, Valdellatorre e San Gillio, Comuni, per ora non compresi nel Patto), con relativo disagio soprattutto della popolazione anziana. Inoltre, negli stessi Comuni si registra una penuria di strutture residenziali per anziani e disabili, che, pertanto, vengono in questo modo sottratti alla rete di relazioni comunitarie e trasferiti in altre aree comunali.
Accanto alle problematiche “sociali” in senso stretto, vanno sottolineati alcuni aspetti più generali che interessano la qualità della vita e delle relazioni sociali nell’area del Patto.
Nonostante una presenza capillare ed attiva dell’associazionismo e del volontariato sociale, culturale e sportivo-ricreativo (considerata da tutti gli intervistati come risorsa del territorio da valorizzare), nonché di alcuni eventi spettacolari di grande richiamo (la rassegna di cabaret “Ad Ovest di Paperino” ed il festival musicale “Pellerossa”, entrambi organizzati nel Comune di Collegno), le occasioni ricreative e l’offerta culturale dell’area appaiono scarse. Il problema riguarda essenzialmente i giovani, che tendono a soddisfare le proprie esigenze di socialità e divertimento a Torino. I centri di aggregazione ed i luoghi in cui sperimentare ed incrementare la capacità di autogestire le proprie iniziative o non esistono (è il caso di Comuni come Rosta e Druento) o, se ci sono, mancano di operatori adeguati ad esigenze che la sola presenza del luogo fisico non è in grado di soddisfare. I Comuni più piccoli spesso vengono vissuti come “quartieri dormitorio”, seppure in alcuni casi di estremo lusso. In quest’ultima accezione possono essere sicuramente collocati i Comuni di Rosta e Villarbasse, i quali non presentano situazioni di emarginazione o disagio diffusi ma soffrono della mancanza di una precisa identità comunitaria.
2. Gli attori delle politiche socio-assistenziali: network e dinamiche locali.
2.1. Gli attori pubblici.
Nell’area del Patto Territoriale operano tre Consorzi intercomunali 12 a cui sono sostanzialmente delegate le competenze in materia socio-assistenziale: il CISAP (Consorzio Intercomunale Servizi Alla Persona, che serve i Comuni di Grugliasco e Collegno); il CISA (Consorzio Intercomunale Socio Assistenziale, Comuni di Rivoli, Rosta e Villarbasse); il CISSA (Consorzio Intercomunale Servizi Socio Assistenziali, Comuni di Alpignano, Pianezza, Druento e Venaria). I Consorzi, che redigono periodicamente una relazione previsionale e programmatica contenente la mappatura dei bisogni sociali ed i piani operativi, operano nei rispettivi territori secondo modalità fra loro differenti.
Tutti i Consorzi Intercomunali della Provincia di Torino aderiscono ad un “coordinamento provinciale” (con funzioni più politiche che tecniche) formalizzato all’interno di un “Accordo di programma” (che ha lo scopo prioritario di negoziare risorse nei confronti della Provincia e della Regione) e si rapportano direttamente con gli Enti in qualità di autonomie locali riconosciute in qualità di soggetti contrattuali. Nonostante l’esistenza di questa struttura, l’integrazione operativa fra i tre soggetti dell’area del Patto non appare pienamente dispiegata: il primo step progettuale, in una logica di coalizione territoriale, dovrebbe essere proprio l’individuazione di orientamenti comuni e l’attivazione di linee di intervento programmatiche a livello di area vasta. Non a caso, l’obiettivo della razionalizzazione delle risorse e della pianificazione logistica dei servizi (nonché della loro ubicazione) è praticabile solamente a fronte della disponibilità ad individuare comuni denominatori metodologici. In particolare, nel corso dei colloqui avuti con i Referenti dei tre Consorzi sono emerse le seguenti eterogeneità.
La differente quota pro-capite versata dai Comuni ai Consorzi. A fronte di una media regionale di 38mila lire per abitante, i Comuni aderenti al CISSA ne versano 34.500, quelli aderenti al CISAP 43.000, quelli aderenti al CISA 34.000. Va sottolineata, comunque, la volontà espressa dai Comuni con la quota più bassa di equipararsi alla media regionale.
Il diverso rapporto di collaborazione tenuto con i soggetti terzi (in particolare con il privato-sociale) in relazione alla gestione dei servizi.
a) Il CISSA13 mantiene un numero minimo di dipendenti, affidando a terzi, mediante gara d’appalto, la gestione di gran parte dei servizi. I partner privilegiati sono cooperative sociali di tipo A che vengono
12 Un passo decisivo verso l’autonomia degli Enti locali in materia di servizi socio-assistenziali si compie con la legge n. 142/90. Da quel momento il Comune diventa organo centrale per quanto concerne la programmazione e la gestione degli stessi, mentre le politiche sanitarie si spostano nella sfera di competenza regionale (pur restando ai Comuni il diritto-dovere di esprimere il bisogno socio-sanitario della comunità, le ex USL divengono enti strumentali della Regione). Con la legge 142/90 viene conferita ai Comuni l’autonomia operativa, ossia l’autonomia statutaria, finanziaria e gestionale; quest’ultima, ha fatto si che ogni Comune si desse proprie specifiche regole di funzionamento, spesso assai diverse anche nell’ambito di realtà limitrofe. Inoltre, spetta al Comune la valutazione delle dimensioni ottimali per l’esercizio delle funzioni socio-assistenziali, nonché l’attuazione delle forme di decentramento e di cooperazione con altri Comuni e con la Provincia (che ha assunto il ruolo di Ente intermedio fra Regione e Comune). In ultimo, vengono previste (all’art. 24) alcune forme associative e di collaborazione finalizzate all’espletamento ottimale dei servizi e delle funzioni: convenzioni; consorzi; unioni di Comuni; accordi di programma. In sostanza, oltre la gestione diretta dei servizi, la normativa contempla anche aggregazioni di tipo intercomunale (quali, come accennato, le fusioni, i consorzi e le convenzioni tra più Comuni) che permettono di gestire gli stessi in forma associata.
13 Secondo quanto riportato nella “Relazione previsionale e programmatica” per gli anni 1999-2001, nel 1998 il Consorzio ha conseguito i seguenti risultati suddivisibili per capitoli d’intervento. a) Rapporti con l’Autorità giudiziaria: sono stati seguiti 133 nuclei famigliari di minori soggetti a provvedimenti giudiziari (pari a 182 minori) e sono stati seguiti 8 affidamenti preadottivi o a rischio giuridico; b) Ufficio tutele: si occupa di pratiche relative a tutele giudiziarie, legali e curatele; complessivamente, il servizio ha seguito 44 posizioni individuali. c) Affidamenti familiari: sono stati seguiti 34 affidamenti di minori/disabili (presso famiglie, persone singole, comunità di tipo famigliare) e la spesa complessiva è stata di circa 195milioni. d) Servizio socio-educativo territoriale: sono stati attivati o mantenuti progetti individuali che hanno interessato 106 utenti tra disabili e minori e sono stati erogati circa 128milioni per borse-lavoro pro-inserimento lavorativo. e) Assistenza economica: sono stati erogati circa 470milioni per contributi destinati ad interventi di sostegno a nuclei famigliari. f) Assistenza
orientate al lavoro di équipe con il personale del Consorzio nell’ambito della definizione dei progetti relativi alle persone prese in carico. La stessa formazione degli operatori interni è affidata a terzi, in particolare a Centri di Formazione Professionale dell’area.
b) Il CISAP14 è passato progressivamente da una gestione diretta al ricorso all’affidamento mediante gare d’appalto. Anche in questo caso i partner privilegiati sono cooperative sociali ed associazioni di volontariato. La differenza, rispetto al CISSA, consiste nell’emergere di una riflessione volta alla radicale ridefinizione delle modalità di questa partnership: la volontà è quella di superare la formula della gara d’appalto per andare nella direzione di sistemi di accreditamento delle cooperative. In breve, queste ultime si troverebbero nella situazione di dover progettare la propria offerta affiancando l’attività svolta con azioni di marketing, animazione e diversificazione/differenziazione del servizio.
c) Il CISA15 ha un’impostazione operativa differente, se si pensa che taluni servizi, in precedenza affidati a cooperative, sono stati internalizzati. Il ruolo del “pubblico” è interpretato in modo più forte, anche dal punto di vista gestionale. Ma non si tratta di una posizione di principio, quanto dell’esigenza di definire ambiti di competenza ed indicatori qualitativi per l’erogazione del servizio. La flessibilità del personale, se da un lato è considerata un valore, rischia, se spinta all’eccesso, di produrre demotivazione ed elevato turn-over (è il caso della figura professionale dell’Assistente Xxxxxxxxxxx - ADEST -). Il CISA, in realtà, si avvale anche di partner del privato sociale (cooperative sociali e associazioni di volontariato) ed i suoi Referenti ritengono necessario, anche per ragioni di crescita della domanda sociale in relazione all’organico disponibile, un potenziamento a breve di questo rapporto.
In sostanza, in merito al problema dell’outsourcing nel settore dei servizi, appare auspicabile l'acquisizione di un atteggiamento pragmatico che sappia valutare le specificità ed i singoli casi, sfuggendo da petizioni di principio. E’ questa, inevitabilmente, la grande questione all’ordine del giorno.
La differente analisi dei bisogni formativi. Da un lato (CISAP), viene segnalata l’esigenza di differenziare i percorsi andando verso la creazione di opportunità lavorative accessibili ai soggetti meno
domiciliare: sono state seguite 104 persone o nuclei famigliari (per l’appalto del servizio sono stati stanziati circa 171milioni). g) Interventi in presidi residenziali di minori: i minori inseriti in comunità residenziali o semiresidenziali sono stati 24 per una spesa complessiva di circa 683milioni. h) Gestione diretta di presidi semiresidenziali per disabili psichici: l’attività dei due centri di Pianezza e Venaria ha interessato 38 persone. i) Gestione diretta del presidio residenziale per non autosufficienti: il centro “Casa Protetta” di Venaria accoglie annualmente (in media) circa 50-55 persone. l) Gestione della convenzione con soggetto esterno per il ricovero di anziani non autosufficienti: il centro “Casa dell’Immacolata” di San Gillio ospita annualmente (in media) dalle 70 alle 85 persone. m) Gestione delle convenzioni con soggetti esterni per il ricovero dei disabili: gli inserimenti effettuati in diverse comunità hanno interessato 17 persone per una spesa complessiva pari a circa 596milioni. n) Gestione interventi residenziali rivolti ad anziani autosufficienti: gli anziani assistiti nel corso del ‘98 (inseriti in due case di riposo) sono stati 17 per una spesa complessiva di circa 189milioni.
14 Secondo quanto riportato nella “Relazione previsionale e programmatica” per gli anni 1999-2001, nel 1998 il
Xxxxxxxxx ha conseguito i seguenti risultati suddivisibili per capitoli d’intervento. a) Assistenza sociale: sono state interessate, a diverso titolo, 1178 situazioni di nuclei famigliari (3,51% delle famiglie residenti. b) Assistenza economica: sono stati erogati (in diversi progetti) circa 440milioni di lire a 222 cittadini. c) Assistenza domiciliare: sono state assistite 140 persone (contro le 112 del ‘97). d) Assistenza socio-educativa territoriale: su vari progetti sono stati impegnati (conto assestato 1998) circa 110milioni. e) Assistenza alla persona disabile (ex art. 9, l. n° 104/92): si sono gestiti cinque interventi finalizzati all’inserimento sociale. f) Affidamenti c/o famiglie, persone singole, comunità familiari: sono state interessate da affidamento 39 persone (45 nel ‘97) per una spesa complessiva pari a circa 113milioni di lire - dato ottobre ‘98 - (102milioni nel ‘97). g) Interventi per minori/incapaci in rapporto con l’autorità giudiziaria: i minori in carico sono stati complessivamente 250 (ottobre ‘98) e gli affidi pre-adottivi sono stati pari a 20. h) Inserimenti in centri diurni socio-assistenziali: gli inseriti (ottobre ‘98) sono stati 52 (47 nel ‘97) e la spesa assestata è stata di circa 598milioni. i) Inserimenti in presidi residenziali socio-assistenziali: complessivamente, sono stati presi in carico 20 anziani non autosufficienti (14 inseriti); 5 anziani autosufficienti (di cui 4 inseriti); 38 disabili (34 inseriti e 4 dimessi).
15 Ai sensi delle leggi n° 142/90 e 104/92 (Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle
persone handicappate”) è stato firmato il 29 giugno ‘98 un Accordo di programma con il Consorzio (tra i firmatari, oltre i tre Comuni di Rivoli, Rosta e Villarbasse, si annoverano Collegno, Grugliasco, la Provincia di Torino, il Provveditorato agli Studi di Torino, l’ASL n° 5 ed i presidenti dei Distretti scolastici n° 24 e 25) che prevede tutta una serie di azioni finalizzate a garantire agli alunni in situazione di handicap servizi adeguati alle potenzialità di crescita ed alle esigenze specifiche di ciascun soggetto.
qualificati e spendibili in offerta di servizi diversificata, con particolare riferimento a figure intermedie fra l’ADEST e la COLF, all’assistente di base all’infanzia e all’assistente ospedaliero di supporto (CISA); dall’altro, alcuni ritengono che la moltiplicazione delle figure abbia come unico effetto la “parcellizzazione dell’intervento” (CISSA). Se per i Referenti del CISA e del CISAP le figure del “mediatore sociale”, dell’animatore territoriale, dell’agente di sviluppo di comunità sono determinanti in un’ottica di prevenzione del disagio e incremento della qualità della vita, per il referente del CISSA questo bisogno non appare particolarmente sentito.
La differente composizione territoriale e sociale dell’ambito consortile. Il CISAP fa riferimento ad un territorio omogeneo (due grossi Comuni dalle caratteristiche simili come Grugliasco e Collegno). Diversa la situazione del CISA (un grande Comune, Rivoli, e due piccoli centri dalle caratteristiche extra-urbane come Rosta e Villarbasse) e soprattutto quella del CISSA, in cui il disagio sociale è segnalato in particolare dal Comune di Venaria, che mette in rilievo la disomogeneità di lettura dei problemi sociali da parte dei diversi Comuni aderenti al Consorzio (con il rischio di penalizzare chi vive con maggiore virulenza una situazione di emergenza sociale, come il caso degli anziani bisognosi di assistenza domiciliare).
Come già accennato, i Comuni delegano, in buona parte, le attività socio-assistenziali e di servizio alla persona ai propri Consorzi, anche se il dato non è omogeneo: Comuni di grande dimensioni, come Collegno, Venaria e Rivoli, gestiscono direttamente specifiche attività in ambito assistenziale. 16 Anche al livello delle Pubbliche Amministrazioni va evidenziato il dato dell’inconsistenza dell’integrazione sovracomunale. In particolare, è da segnalare il problema legato all’esistenza di territori di competenza a diverse ASL. Ad esempio, i Comuni che fanno riferimento all’ASL 6, ubicata a Ciriè (Druento e Venaria) sono ulteriormente penalizzati dalla distanza dalla sede centrale, dove è necessario recarsi per numerosi servizi e pratiche burocratiche non decentrate.
In compenso, appare decisamente elevato il grado di partenariato locale, al livello del singolo Comune o dei Comuni aderenti al medesimo Consorzio. In quasi tutti, soprattutto in quelli di maggiori dimensioni, appare consolidata la pratica di promuovere tavoli tematici interistituzionali che coinvolgono ASL, Consorzi, Comuni e, spesso, soggetti del privato sociale (soprattutto associazioni di volontariato). Una forte spinta verso questa “strategia delle connessioni” è costituita dall’opportunità di accedere a finanziamenti legati alla legge 104/92 sui diritti dei disabili, alla legge 285/97 sui giovani, al D.P.R. 309 sulla lotta alle tossicodipendenze.
Tuttavia, una maggiore integrazione territoriale permetterebbe anche ai Comuni più piccoli di realizzare interventi o accedere a servizi da cui sono attualmente esclusi. A titolo esemplificativo si citano i casi del Comune di Rosta che non possiede un asilo nido e dei Comune di Druento e di Villarbasse che non possiedono i numeri per gestire in proprio politiche di avviamento al lavoro di soggetti svantaggiati o provenienti dalle fasce deboli del mercato. Lo stesso Comune di Collegno individua nell’ambito sovracomunale la dimensione territoriale in cui sviluppare l’offerta di servizi abitativi rivolti a specifiche categorie, come le donne/madri, gli sfrattati e gli immigrati.
Va segnalato che non è stato possibile incontrare esponenti delle due Aziende Sanitarie Locali. Comunque, dalla fotografia di insieme delineata dagli interlocutori, emerge l’immagine di un ASL 5 che partecipa e aderisce ai tavoli tematici attivando risorse e sviluppando esperienze innovative di partenariato locale. Tuttavia (in particolare dal Comune di Grugliasco) provengono lamentele sull’effettiva efficienza di alcuni servizi, quale quello di salute mentale. Da rilevare, in ultimo, l’esistenza di un regime convenzionale che connette l’attività dei Consorzi con quella delle ASL anche su attività di rilievo sanitario, quali l’assistenza domiciliare integrata ed il sostegno all’handicap.
16 Come si può rilevare dalla lettura degli argomenti descritti nel capitolo precedente, si sottolinea che l’indagine con i Referenti degli Assessorati competenti ha teso a focalizzare soprattutto le tematiche della casa, dell’occupazione delle fasce deboli del mercato del lavoro, delle strutture residenziali, le attività educative e le politiche dell’agio e della prevenzione.
2.2. Gli attori privati.
Dalle interviste e dalle schede di rilevamento del settore no-profit (vedi Allegato n° 1) è confermata la rilevanza quantitativa e qualitativa delle organizzazioni appartenenti al terzo settore. In particolare, le cooperative sociali di tipo A e di tipo B svolgono un ruolo determinante di partner esecutivi e gestionali per molte amministrazioni dell’area.
Negli ultimi anni, molte cooperative hanno acquisito commesse significative nell’ambito dei servizi alla persona (assistenza domiciliare, educativa territoriale, gestione di comunità-alloggio e centri diurni, attività integrative alla didattica, attività di affiancamento e sostituzione delle puericultrici negli asili nido) e degli inserimenti lavorativi (attività di pulizia e sorveglianza nei plessi scolastici, manutenzione delle aree verdi, gestione di progetti di LPU, personale nelle biblioteche). Per contro, appare meno significativa la capacità di sviluppare occupazione nel settore privato.
Secondo i Referenti delle Amministrazioni e dei Consorzi, alcune cooperative sociali sono dotate di buone capacità imprenditoriali e gestionali. Tuttavia, dal punto di vista di alcuni Assessori (in specie quelli di Grugliasco e Collegno) e di alcuni Consorzi (CISAP), si tratta di una partnership incompleta: le cooperative dovrebbero trasformarsi da meri destinatari di processi di esternalizzazione dei servizi in soggetti proponenti che affiancano attivamente l’Ente Pubblico, a partire dalle specifiche competenze, nella stessa fase di progettazione dei servizi e di valutazione della qualità erogata. La proposta di un sistema di accreditamento dovrebbe potenziare quegli elementi di imprenditorialità che appaiono poco diffusi. Inoltre, altri Consorzi (CISA) segnalano la possibilità (ed il “pericolo”) di creare, attraverso la fornitura in esterno di servizi pubblici, sacche di lavoro “assistito”.
Dal lato delle cooperative, viene segnalata una duplice difficoltà (da indagare ulteriormente attraverso specifici incontri): la disinvoltura di certe gare d’appalto della Pubblica Amministrazione (quasi tutte caratterizzate dalla logica del “massimo ribasso”) e la necessità di interfacciare adeguatamente la propria progettualità con quella del settore pubblico. Inoltre, l’esiguità dei capitali (il settore annovera numerose imprese sottocapitalizzate) e l’indisponibilità di grandi beni patrimoniali spesso rappresentano vincoli insormontabili per l’elaborazione di piani di impresa efficaci. In questo senso, il problema potrebbe essere superato a fronte di impegni precisi da parte degli Enti locali.
In generale, l’associazionismo sta vivendo una stagione di fermento e di attività, anche se i punti di contatto con le progettualità pubbliche di lungo periodo sembrano limitati. Non tutti i Comuni mostrano di cercare un più stretto rapporto con le attività associative, anche se la maggior parte di loro (con la sola eccezione di Rosta) segnalano l’esistenza di azioni di volontariato significative. Nel complesso, nonostante i segnali di allentamento del legame sociale, l’area del Patto conta un numero cospicuo di realtà di volontariato e di associazionismo culturale e sportivo. Il loro coinvolgimento nell’attuazione di politiche di prevenzione sociale e miglioramento della qualità della vita inizia ad essere preso in seria considerazione da alcuni Assessori e, in questo senso, si segnalano iniziative già avviate a Rivoli, a Grugliasco, a Collegno, a Druento, Alpignano e Villarbasse.
Infine, raramente sono state richiamate esperienze di collaborazione con il privato “non sociale”: l’interesse dei Referenti pubblici e consortili appare limitato alla possibilità di implementare azioni di collocamento lavorativo che interessino esclusivamente le c.d. “categorie protette”. Tuttavia, l’ipotesi di riforma del collocamento obbligatorio dovrebbe schiudere le porte del partenariato con l’impresa for profit anche nell’ottica di individuare regole generali di applicazione delle possibilità contenute nel disegno di legge di riferimento.
3. Questioni aperte e la progettualità di area vasta per il sociale.
A tutt’oggi, parlare di “progettualità d’area” appare prematuro. Pur essendo state raccolte e censite dichiarazioni di intenti, qualche progetto operativo, ipotesi “forti” di riforma del sistema di welfare locale, esigenze e domande di varia natura, il quadro è tuttavia ancora da definire. A monte dell’individuazione di “assi progettuali” condivisi ed espressione effettiva di obiettivi integrati di area, appare necessario esprimere prioritariamente un denominatore comune. In questo senso, la prima ipotesi progettuale sarà necessariamente interna agli Enti ed alle Autonomie funzionali locali: in concreto, dovrebbero essere perseguite le seguenti due linee di azione.
Integrazione territoriale delle politiche pubbliche sulle tematiche del sociale. Individuazione, cioè, di ambiti di intervento comune, di tavoli di coordinamento degli interventi, di distribuzione concertata delle risorse e delle strutture, di strumenti “normativi” locali che regolino, anche dal punto di vista contrattuale, i rapporti fra Pubblico e Privato.
Integrazione fra diversi settori della Pubblica Amministrazione. Ai fini dell’orientamento coerente delle azioni destinate alle politiche sul sociale, appare utile promuovere una sinergia operativa fra Settori delle pubbliche amministrazioni. Nel territorio sono operativi tavoli interistituzionali (ASL, Comuni, Consorzi, ecc.) sulle tematiche giovanili, degli anziani e del disagio; ciò che appare carente, soprattutto nei maggiori Comuni (e in qualche caso ciò è stato dichiarato) è il collegamento fra i Settori delle politiche sociali, dei giovani, dell’istruzione e del lavoro. Questa considerazione è da mettere in relazione alla necessità, richiamata da quasi tutti gli interlocutori, di potenziare gli strumenti di avviamento ed inserimento lavorativo rivolti alle fasce deboli del mercato ed ai soggetti svantaggiati (utenti dei servizi di salute mentale, disabili fisici e mentali, tossicodipendenti, ex detenuti). L’integrazione progettuale e la sinergia operativa fra questi settori appare quanto mai determinante.
Il conseguimento di obiettivi condivisi a livello di territorio e di comparto potrà indirizzare quella che oggi appare come una progettualità “in nuce” ricca e diversificata. Le indicazioni relative agli intenti progettuali, di seguito esposte, sono state suddivise in: “politiche per l’agio” (prevenzione, incremento della qualità della vita); “politiche dei servizi” (intervento sul disagio); “ipotesi di riforma del partenariato” (misure amministrative, norme contrattuali, e così via).
Politiche per l’agio.
a) Formazione e valorizzazione di nuove figure professionali.
Investire su figure quali l’Agente di Sviluppo del Territorio e l’Operatore di Comunità, ossia profili professionali che sappiano promuovere reti, intercettare risorse a livello di comunità, valorizzare il “locale”. E’ un’esigenza sentita, inevitabilmente, dai Comuni più grandi (Rivoli, Grugliasco, Collegno), in quanto l’accompagnamento e la promozione di centri di aggregazione sociale per anziani e per giovani necessita di figure professionali specifiche. In particolare, dall’Assessore del Comune di Grugliasco giunge la proposta di una “scuola” per Operatori Culturali da realizzarsi all’interno del progetto di centro culturale polivalente “Le Serre”.
b) Potenziamento delle politiche del lavoro rivolte alle fasce deboli del mercato ed ai soggetti in situazione di svantaggio sociale.
Le iniziative volte a combattere il problema della disoccupazione (soprattutto giovanile) e quelle orientate all’inserimento lavorativo delle fasce deboli vengono individuate nel:
superamento della figura dell’LSU ed utilizzo di quella dei Lavori di Pubblica Utilità finalizzati all’assunzione o alla creazione di impresa. Il Referente del Comune di Rivoli individua nel settore dei beni culturali una concreta possibilità di creazione di opportunità lavorative. Più in generale, la tutela dei beni ambientali e la riqualificazione di aree urbane e di aree verdi (come la Collina Morenica ed il Parco della Dora) possono rappresentare ulteriori occasioni di lavoro qualificato;
potenziamento dell’inserimento lavorativo e delle borse-lavoro nelle cooperative sociali di tipo B e nelle imprese for profit sensibili al tema. Pensare le politiche attive per l’occupazione a livello di Patto permetterebbe a Comuni di piccole dimensioni, come Villarbasse, di attivare inserimenti lavorativi;
far emergere il lavoro nero, soprattutto nel settore dei servizi alla persona.
c) Potenziamento dell’educativa territoriale.
Il fabbisogno di un maggior numero di “educatori di strada” che intervengano a livello di prevenzione del disagio giovanile è particolarmente sentito nei Comuni che fanno riferimento al Consorzio CISSA (Alpignano, Pianezza, Druento e Venaria), dal Consorzio stesso e dal Comune di Rivoli.
d) Politiche partecipate a livello giovanile.
Coinvolgimento diretto dell’associazionismo nell’attivare iniziative volte a favorire il benessere, la prevenzione, l’agio ed il recupero. Valorizzazione dei centri sociali, promozione di eventi culturali e ricreativi, sviluppo di occasioni lavorative nei relativi giacimenti occupazionali locali (Pellerossa Festival, Ad Ovest di Paperino, Le Serre, la Reggia di Venaria, il Parco della Mandria, i centri storici, il Castello di Rivoli, e così via). A questo proposito va sottolineato che, in collegamento con la Provincia di Torino, i Consorzi socio-assistenziali, l’ASL 5 e le Comunità Montane Alta e Bassa Valle di Susa, i Comuni del Patto Territoriale hanno promosso un “Piano Territoriale per la promozione delle politiche giovanili” ed un Tavolo interistituzionale sulle medesime tematiche è operativo a Rivoli con il coinvolgimento di alcune associazioni locali.
e)Creazione di centri culturali polivalenti.
Il progetto Le Serre della Città di Grugliasco rappresenta il tentativo più ambizioso di creazione di possibilità imprenditoriali nel settore multimediale e del loisir.
Politiche dei servizi
a) Potenziamento dell’assistenza domiciliare.
Non appare una richiesta omogenea sul territorio in quanto proviene soprattutto dai Comuni del consorzio CISSA e dalla città di Rivoli: alle prese con carenze di organico, nel primo caso; di fronte ad un rapido incremento della domanda nel, secondo.
b) Diversificazione delle figure professionali nel settore dell’assistenza domiciliare.
E’ un’esigenza sentita dai Comuni del consorzio CISAP (Collegno e Grugliasco). Da un lato, c’è la richiesta di riqualificare le figure “alte” del settore; dall’altro, la creazione di figure intermedie (assistenti di base, animatori) che possano rispondere in modo flessibile ad una domanda di servizi a domicilio estremamente diversificata. La diversificazione delle figure potrebbe rispondere all’esigenza di regolarizzare il sommerso nei settori dell’assistenza domiciliare e ospedaliera, istanza, quest’ultima, espressa in modo particolare dai Referenti del consorzio CISA.
c) Promozione della mutualità.
I servizi, all’infanzia e agli anziani in particolare, possono essere parzialmente erogati da forme mutualistiche quali la “baby sitter di condominio”, le Banche del Tempo ed i progetti di “buon vicinato”, come quello sperimentato a Rivoli dal CISA.
d) Migliore distribuzione territoriale dei servizi.
Alcuni comuni (Rosta e Druento, in particolare) richiedono soluzioni per l’assenza di asili-nido. I Comuni dell’ASL 6 (Venaria e Druento) soffrono dell’eccessiva distanza dalla sede centrale dell’Azienda (che si trova a Ciriè). Le carenze del sistema pubblico dei trasporti potrebbero incentivare un’offerta aggiuntiva di trasporti sovracomunali congrui alla domanda di mobilità. Non a caso, il Comune di Collegno intende agevolare l’accesso ai servizi della città intervenendo sulla politica dei tempi e degli orari.
Ipotesi di riforma del partenariato pubblico/privato.
Nell’ottica di una graduale riforma del sistema di partenariato pubblico-privato, una ipotesi progettuale forte appare quella espressa dal Comune di Collegno e dal Consorzio CISAP. In sintesi, questa consiste nel superamento dell’attuale assetto di erogazione dei servizi sociali e di rapporto con i partner del privato-sociale al fine di giungere alla realizzazione di un sistema di welfare mix compiuto. Gli aspetti qualificanti del progetto sono sostanzialmente tre.
Sistema di accreditamento: costituzione di un albo certificato di fornitori di servizi alla persona che si rapporta direttamente all’utenza. Il Comune seleziona le imprese accreditabili, eroga dei voucher nominativi spendibili dai cittadini e sovrintende alla qualità del servizio.
Coinvolgimento delle cooperative: superamento della formula della “esternalizzazione semplice”. Le cooperative sociali e l’associazionismo vengono coinvolte direttamente nella progettazione dei servizi e dei capitolati e nell’elaborazione di criteri di valutazione della qualità dei medesimi. Ciò potrebbe tradursi, in futuro, nella sperimentazione di società miste pubblico-private.
Formazione integrata pubblico-privato: avvio di un sistema di formazione permanente per gli operatori pubblici e privati. Questa operazione permetterebbe di superare alcuni problemi operativi/organizzativi, su tutti quelli connessi all’attuale scarsa integrazione tra uffici pubblici (che continuano a lavorare secondo la nota modalità “dei comparti stagni”), nonché all’incapacità degli operatori del sociale di “lavorare per progetti”.
In generale, l’interconnessione tra settore pubblico e privato-sociale nella gestione ed erogazione dei servizi sociali viene letta dai più come un vero e proprio valore aggiunto. In altri termini, il miglioramento ed il rafforzamento della rete globale dei servizi offerti dai Comuni attraverso un nuovo ed articolato mix di pubblico e privato-sociale (in cui al primo spetti la funzione di controllo e monitoraggio qualitativo e, al secondo, l’erogazione del servizio), permetterebbe “una maggiore flessibilità, non consentita dalla gestione esclusivamente pubblica. Il mix pubblico/privato ci consente di essere più capillari nella presenza sul territorio, intercettando meglio la domanda sociale”.
APPENDICE
Alcuni dati statistici di sintesi (nazionali e locali).
Tab. 1 - Ripartizione geografica della spesa dei Comuni per assistenza. Composizione %, anno 199417
Assistenz
Assistenza
Altri interve
Assistenza
Altri servizi inerenti
Totale % (ed i
all’infanzi
beneficenz socio-assiste
ali
scolastica
l’istruzione
milioni di lire
Nord-Ovest | 9.6 | 30.9 | 27.0 | 24.4 | 8.1 | 100.0 (2.590.67 |
Nord-Est | 6.7 | 40.2 | 28.0 | 18.0 | 7.1 | 100.0 (1.968.30 |
Centro | 6.3 | 32.3 | 22.5 | 34.3 | 4.6 | 100.0 (1.599.84 |
Sud | 7.8 | 21.5 | 27.1 | 36.7 | 6.8 | 100.0 (1.095.90 |
Isole | 4.8 | 34.6 | 26.6 | 28.9 | 5.1 | 100.0 (1.248.73 |
Media nazion | 7.4 | 32.7 | 26.3 | 27.1 | 6.6 | 100.0 (8.503.46 |
Fonte: rilevazione su conto consuntivo; dati tratti da X.X.Xxxxxxxx, Lineamenti di politica sociale, Milano, X.Xxxxxx, 1998.
Tab. 2 - L’incidenza sul bilancio comunale degli impegni di spesa per assistenza sul totale delle uscite nel settore sociale (valori assoluti in miliardi e valori % di incidenza)
1993 | 33.8 = 7.021 mld |
1994 | 30.8 = 6.754 mld |
1995 | 30.6 = 6.884 mld |
Fonte: banca dati ANCITEL “I bilanci dei Comuni”; dati tratti da X.X.Xxxxxxxx, cit.
17 Si evidenzia che la spesa nazionale per la “protezione sociale” (voce comprensiva delle spese per sanità, assistenza e pensioni/rendite) è passata da un massimo storico pari al 5.8% (in rapporto al PIL) del 1991/92, a circa il 4.7-4.8% del 1998 (valore, quest’ultimo, che appare confermato nelle proiezioni tendenziali per il 1999 ed il 2000).
Tab. 3 - La spesa sociale per classe demografica dei Comuni (totale degli interventi nel settore sociale)
1994 milioni di lire | Variazione % 1995/94 | |
Fino a 5.000 ab. | 2.391.979 | -0.8 |
5.000-10.000 | 1.800.273 | 1.8 |
10.000-20.000 | 1.648.352 | -0.6 |
20.000-60.000 | 2.427.649 | 0.9 |
Oltre 60.000 | 5.928.551 | 0.5 |
Totale | 13.996.804 | 0.4 |
Fonte: rilevazione su conto consuntivo, Ufficio Studi Lega Autonomie Locali, anno 1995; dati tratti da M.T. Bordogna, cit.
Tab. 4 - Il riparto degli interventi. Composizione % per il 1995 sul totale della spesa sociale dei Comuni
Assistenza e beneficenza | 19.2 |
Assistenza scolastica | 18.5 |
Impianti sportivi | 18.1 |
Altri interventi socio-assistenziali | 15.1 |
Musei e biblioteche | 7.7 |
Servizi culturali diversi | 7.0 |
Giardini | 6.9 |
Assistenza all’infanzia | 4.1 |
Altri servizi per l’istruzione | 3.4. |
Totale | 100.0 |
Fonte: Ufficio Studi Lega Autonomie Locali; dati tratti da X.X.Xxxxxxxx, cit.
Tab. 5 - Il peso nei Comuni. Composizione % per il 1995 della spesa sociale per classi demografiche
Fino a 5.000 ab | 5.000-10.000 | 10.000 20.000 | 20.000 60.000 | Oltre 60.000 |
Assistenza e 1.2 beneficenza | 3.8 | 4.6 | 5.5 | 5.4 |
Assistenza scolast 17.8 | 20.0 | 18.0 | 18.2 | 22.1 |
Impianti sportiv 15.7 | 14.0 | 13.4 | 14.0 | 18.2 |
Altri interventi 19.2 | 20.9 | 21.3 | 19.8 | 11.3 |
socio-assistenzia | ||||
Musei e bibliotec 2.1 | 2.5 | 3.0 | 4.0 | 5.5 |
Servizi culturali 7.3 | 6.8 | 7.5 | 7.6 | 9.1 |
diversi | ||||
Giardini 6.0 | 6.0 | 7.7 | 6.8 | 7.9 |
Assistenza 4.6 | 6.6 | 6.6 | 7.7 | 9.6 |
all’infanzia Altri servizi per 26.1 | 19.4 | 17.9 | 16.4 | 10.9 |
l’istruzione | ||||
Totale 100.0 | 100.0 | 100.0 | 100.0 | 100.0 |
Fonte: rilevazione su conto consuntivo, Ufficio Studi Lega Autonomie Locali, anno 1995; dati tratti da M.T. Bordogna, cit.
Tab. 6 - Movimento anagrafico della Zona Ovest nel 1996 (Fonte: elaborazione A.A.STER su dati ISTAT)
Comune | Popolazi reside | di cui mas | Nati | M | Saldo natu | Isc | Cancel | Saldo migrat | Fami | Componenti fami |
Alpignano | 17 | 8 | 6 | 2 | ||||||
Collegno | 47 | 23 | 1 | 1 | 18 | 2 | ||||
Druento | 8 | 3 | 3 | 2 | ||||||
Grugliasco | 40 | 20 | 1 | 1 | - | 14 | 2 | |||
Pianezza | 11 | 5 | 4 | 2 | ||||||
Rivoli | 52 | 25 | 1 | 1 | - | 20 | 2 | |||
Rosta | 3 | 1 | 1 | 2 | ||||||
Venaria Reale | 34 | 17 | 2 | 1 | 12 | 2 | ||||
Villarbasse | 2 | 1 | 1 | 2 | ||||||
Totale area | 218 | 107 | 1 | 1 | 8 | 7 | 1 | 83 | 2 | |
Provincia di Torino | 2222 | 1078 | 17 | 21 | -4 | 71 | 65 | 5 | 934 | 2 |
Piemonte | 4294 | 2081 | 33 | 48 | -15 | 139 | 000 | 00 | 0000 | 2 |
P.I. per il Patto per il Sociale Torino Zona Ovest -
Tab. 7 - Indici di struttura della Zona Ovest per età della popolazione (1991, Fonte: elaborazione A.A.STER su dati ISTAT)
Comune | Indice di vecchiaia (x1 | Indice di dipendenza (x1 | Indice di dipendenza -anzi Indice di struttura della pop. at Indice di ricam (x1 |
Alpignano Collegno Druento Grugliasco Xxxxxxxx Xxxxxx Xxxxx Xxxxxxx Xxxxx Xxxxxxxxxxx | |||
Xxxxxx xxxx | |||
Xxxxxxxxx xx Xxxxxx Xxxxxxxx |
27
P.I. per il Patto per il Sociale Torino Zona Ovest -
Tab. 8 - Numero di strutture sanitarie e scolastiche nella Zona Ovest (Fonte: Elaborazione A.A.STER su dati ISTAT)
Comune Istituti di cura pubblici (19 Posti letto in ist. di cura pubb Totale aule scolastiche (19
(19
Alpignano Collegno Druento Grugliasco Pianezza Rivoli Rosta Venaria Reale Villarbasse | ||
Totale area | 1 | |
Provincia di Torino | 9 | 15 |
Piemonte | 19 | 31 |
28
P.I. per il Patto per il Sociale Torino Zona Ovest -
LA PRESENZA DEL SETTORE NO-PROFIT NELLA ZONA OVEST (Fonte: elaborazione AASTER su dati forniti dagli Assessorati ai servizi sociali, 1999)18
Tab. 9)
COMUNI VOLONTA ASSOCIAZ ASSOCIAZ ISTITUTI
COMITAT COMITAT CENTRI
COOPERA COOPERA EDUCATI
ASSISTEN PRESENZ
POLITICH
ATO
ONISMO
ONISMO
RELIGIOS INQUILIN DI
SOCIALI
VE SOCIA VE SOCIA TERRITOR A
IMMIGRA ATTIVE D
SOCIALE
CULTURA SPORTIVO LUOGHI D
QUARTIE
DI TIPO A DI TIPO B ALE (N°
DOMICILI EXTRA-U
LAVORO
(N°
E (N°
RICREATI CULTO
ASSOCIAZ RE (N°
(N°
(SOMMA
ASSOCIAZ ASSOCIAZ O
ONI)
ASSOCIAZ REGOLAR DEL N° DE
ONI) | ONI) | (N° | ONI) | SERVIZI | |||||||||
ASSOCIAZ | D’INSERI | ||||||||||||
ONI) | NTO ED AVVIAME | ||||||||||||
TO | |||||||||||||
LAVORAT | |||||||||||||
O) | |||||||||||||
Alpignano | 15 | 11 | 12 | 3 | 3 | 1 | 1 | 102 | 2 | ||||
Collegno | |||||||||||||
Druento | 6 | 6 | 3 | 4 | 1 | 1 | 47 | 1 | |||||
Grugliasco | 9 | 27 | 27 | 11 | 4 | 4 | 5 | 6 | 1 | 1 | 175 | 3 | |
Pianezza | 6 | 8 | 29 | 2 | 1 | ||||||||
Rivoli | 11 | 21 | 33 | 12 | 12 | 2 | 1 | 1 | 1 | 138 | 2 | ||
Rosta | 4 | 3 | 9 | 1 | 1 | 25 | 2 | ||||||
Venaria | 11 | 11 | 14 | 4 | 5 | 4 | 2 | 5 | 4 | 1 | 1 | 148 | 3 |
Reale | |||||||||||||
Villarbasse | 2 | 3 | 9 | 1 | 6 |
18 Alla data di chiusura del presente rapporto (30.6.99) non sono state consegnate le informazioni relative al Comune di Collegno.
29
Tab. 10 - Salute mentale | |||
Comuni | Centri territoriali | Comunità alloggio | Centri diurni |
Alpignano | |||
Collegno Druento | |||
Grugliasco | |||
Xxxxxxxx | |||
Xxxxxx | 0 | ||
Xxxxx | |||
Xxxxxxx Xxxxx Villarbasse | 1 |
Tab. 11 - Tossicodipendenze
Comuni | Centri territoriali | Comunità alloggio | Centri diurni |
Alpignano | |||
Collegno | |||
Druento | 1 | 1 | |
Grugliasco | 1 | 1 | |
Xxxxxxxx | |||
Xxxxxx Xxxxx | 0 | 1 | |
Venaria Reale | 1 | 1 | |
Villarbasse |
Tab. 12 - Servizio handicap
Comuni | Centri territoriali | Comunità alloggio | Centri diurni |
Alpignano | 1 | ||
Collegno | |||
Druento | 1 | 1 | 1 |
Grugliasco | 2 | 2 | |
Xxxxxxxx | 0 | 0 | |
Xxxxxx | 0 | 0 | |
Xxxxx | |||
Xxxxxxx Xxxxx | 1 | ||
Villarbasse |
Tab. 13 - Minori | ||
Comuni | Centri territoriali | Comunità alloggio |
Xxxxxxxxx | ||
Xxxxxxxx Xxxxxxx | ||
Xxxxxxxxxx | 0 | |
Xxxxxxxx | 0 | |
Xxxxxx | 0 | |
Xxxxx | ||
Xxxxxxx Xxxxx Villarbasse | 1 |
Tab. 14 - Anziani | ||
Comuni | Case di riposo | Centri residenziali |
Alpignano | 1 | |
Collegno | ||
Druento | 1 | 1 |
Grugliasco | 2 | 2 |
Xxxxxxxx | 0 | |
Xxxxxx Xxxxx | 0 | 1 |
Xxxxxxx Xxxxx | 0 | |
Xxxxxxxxxxx |
00