La donazione modale
Capitolo Quinto
La donazione modale
di XXXX XXXXXXXXX
SOMMARIO: 1. Disciplina dell’onere tra Codice del 1865 e Codice del 1942. Nozione classi- ca di onere: «modalità» del negozio; prestazione obbligatoria non corrispettiva – 2. Posi- zione della dottrina maggioritaria e stato della giurisprudenza sulla natura giuridica della donazione modale – 3. Obbligazione modale; dovere morale; obbligo fiduciario. Struttura dell’onere – 4. Donazione modale e contratto a favore di terzi: analogie e differenze –
5. (Segue): il dibattito dottrinale sulla natura giuridica della donazione modale – 6. Le prin- cipali obiezioni dottrinali alle tesi che conducono la fattispecie modale fuori dal tipo dona- zione o fuori dall’unitario regolamento negoziale posto dalla donazione modale – 7. Dona- zione modale: causa e (sotto)tipo. Ipotesi di mancanza di causa o di assenza del (sot- to)tipo – 8. Donazione modale come negozio indiretto – 9. Adempimento dell’onere entro i limiti del valore della cosa donata. Stato della giurisprudenza. Azione per l’adempimento –
10. Inadempimento e impossibilità sopravvenuta della prestazione del donante o della pre- stazione modale: rimedi – 11. Risoluzione della donazione per inadempimento dell’onere. Stato della giurisprudenza. Risarcimento del danno da inadempimento dell’onere –
12. Spirito di liberalità; intento di solidarietà; fini di pubblica utilità e donazione modale –
13. (Segue): il paradigma dell’attività di volontariato – 14. Donazione modale; atto fonda- zionale in senso lato; negozio di fondazione – 15. (Segue): negozio gratuito interessato di- verso dalla liberalità. Classificazione – 16. La clausola o disposizione modale – 17. Onere; motivo della donazione; presupposizione. Stato della giurisprudenza – 18. Onere e condi- zione: indici di distinzione. Stato della giurisprudenza – 19. Donazione modale e xxxxxxx- ne condizionale: onere illecito o impossibile; condizione illecita o impossibile – 20. L’evi- zione dei beni donati. La ripetizione delle prestazioni «non dovute» per il venir meno della donazione
1. Disciplina dell’onere tra Codice del 1865 e Codice del 1942. Nozione classica di onere: «modalità» del negozio; prestazione obbligatoria non corrispettiva
Disciplina
Il codice civile riserva alla disciplina della donazione modale tre essen- ziali disposizioni, contenute nel Capo III del Titolo V, agli artt. 793, 7941 e 797, n. 3, e una quarta previsione inserita nella nozione riguardante il contratto di rendita perpetua di cui all’art. 1861.
La prima norma prevede la possibilità che la donazione sia gravata da un onere, e stabilisce che all’adempimento, che può essere richiesto da qualsiasi interessato oltre che dal donante, il donatario è tenuto entro i limiti di valore della cosa donata; sancisce infine la possibilità della ri- soluzione del contratto di donazione per inadempimento dell’onere,
1 Cfr. X. XXXXXX, Donazione modale, in A. PALAZZO (a cura di), I contratti di donazione, Torino, 2009, 287.
possibilità riservata al donante e ai suoi eredi, nel solo caso in cui tale rimedio sia stato espressamente preveduto nell’atto di donazione.
La seconda norma, che si compone di un comma, si limita a stabilire la nullità della donazione nel caso in cui l’onere ad essa apposto sia il- lecito o impossibile ed abbia costituito per il donante il solo motivo che lo abbia determinato a disporre.
La terza disposizione si preoccupa di stabilire che, in ordine alla do- nazione che impone un onere al donatario, vige un limite di operatività della garanzia che il donante è tenuto a prestare al donatario per l’evizio- ne che quest’ultimo potrebbe subire con riguardo alla cosa donata, pre- vedendo in particolare che la garanzia è dovuta fino «alla concorrenza dell’ammontare degli oneri o dell’entità delle prestazioni ricevute dal do- nante».
La quarta norma riconosce che la rendita perpetua può essere co- stituita anche sotto forma di onere gravante sul beneficiario dell’aliena- zione gratuita di un immobile o della cessione gratuita di un capitale (art. 1861, 2° co., c.c.)2.
Le norme citate discorrono di onere mentre la rubrica dell’art. 793 c.c., norma questa senz’altro centrale per la disciplina dell’istituto, ri- chiama l’aggettivo «modale» unito al sostantivo donazione.
Nella dottrina tradizionale l’onere è meglio identificato quale specie del genere modo, termine con il quale si intende il «modo degli effetti del negozio» ovvero la possibile «modalità» per mezzo della quale l’autono- mia privata, per dare rilievo ai motivi e agli interessi individuali e varia- bili, che altrimenti «non troverebbero soddisfazione con l’adozione pura e semplice del negozio tipico», potrà concretamente atteggiarne gli effet- ti tipici senza alterarne la causa3. L’onere dunque è un possibile elemen- to accidentale che fa del negozio – in particolare del negozio a titolo gratuito4 – altrimenti «puro» un negozio «modale», là dove aggiunge agli effetti tipici del negozio puro altri effetti, con ciò dando conto di una compresenza compatibile, all’interno del medesimo negozio, di una pos- sibile «volontà accessoria» in perfetta sintonia con la necessaria «vo- lontà liberale»5. L’incidenza dell’onere sul contenuto e, in ultima analisi,
2 Nel codice previgente non compare una disposizione dal tenore altrettanto chiaro quale quel- la adottata con il Codice del 1942, ma si incontra in particolare una norma che, però, pare delineare un quadro diverso da quello attuale: l’art. 1780 infatti, a proposito delle due specie di rendita perpe- tua previste ( la «rendita fondiaria» e la «rendita semplice o censo»), stabilisce che, fuori dei casi in cui il diritto alla prestazione periodica si costituisce in capo al vitaliziato quale «prezzo» corrispetti- vo di una alienazione (rendita «per prezzo d’alienazione») o quale «condizione» di una cessione «a titolo oneroso» da quest’ultimo eseguita a favore del vitaliziante, potrà anche essere pattuito in quanto dedotto «come condizione di cessione (…) a titolo gratuito».
3 Cfr. XXXXXXX XXXXXXXXXX, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 193.
4 Secondo una più ampia prospettiva, non solo della disposizione testamentaria e della dona- zione (in tal senso, XXXXXXX XXXXXXXXXX, op. cit., 196), ma del negozio gratuito in genere, X. XXXXXX, Donazione modale, in A. PALAZZO (a cura di), I contratti, cit., 286, nota 5.
5 XXXXXXX XXXXXXXXXX, op. cit., 207.
Nozione di onere
Codice del 1865
sugli effetti tipici del negozio al quale accede, non è però nel senso di mo- dificarli, com’è per la condizione e il termine, ma va piuttosto intesa nel diverso significato di una limitazione «in senso economico» di tali ef- fetti, di una «misura (modus) della liberalità»6, limitazione o misura che, sul piano della corrispondente figura di qualificazione giuridica, si ap- prezza sotto forma di obbligazione gravante sul soggetto beneficiato dal- la liberalità «di dare o fare o non fare qualche cosa a favore del dispo- nente o di terzi»7.
Da qui l’osservazione condivisa che, sul piano strutturale, l’onere in- dichi tanto la modalità del negozio quanto l’obbligazione che da essa deriva8 e, sul piano sistematico, la considerazione – questa invece meno pacificamente accettata in dottrina – che «il modus non diventa mai cor- rispettivo dell’attribuzione negoziale» e che pertanto «la causa del nego- zio attributivo rimane liberale»9.
Anche nella giurisprudenza di merito10 e di legittimità11 è netta la considerazio- ne in base alla quale l’art. 793 c.c. prevede espressamente la compatibilità del- lo spirito di liberalità con l’imposizione al beneficiato di un peso, in tutti i casi in cui un tale peso, però, non assuma carattere di corrispettivo, ma costituisca invece una mera limitazione del beneficio, mediante riduzione del valore attri- buito al destinatario della liberalità.
Il codice civile del 1865 dedicava alla fattispecie in esame l’art. 1051 che, in apertura di disciplina, s’incaricava di esplicitare l’annoverabilità tra le donazioni anche di quelle «per cui s’imponga qualche peso al donatario», nonché l’art. 1080 che, nel capo previsto per i casi di «rivocazione delle donazioni», introduceva tra di essi anche la «causa d’inadempimento dei pesi imposti al donatario», prevedendo in particolare che siffatto ina-
6 XXXXXXX XXXXXXXXXX, op. cit., 196 e 205.
7 XXXXXXX XXXXXXXXXX, op. cit., 206.
8 XXXXXXX XXXXXXXXXX, op. cit., 206.
9 XXXXXXX XXXXXXXXXX, op. cit., 206. Cfr., inoltre, CATAUDELLA, La donazione, in Tratt. Xxxxxxx, X, Xxxxxx, 0000, 53 ss., 119, secondo il quale la donazione modale è un contratto non a prestazioni cor- rispettive, anche se, di certo, non gratuito, poiché la presenza della prestazione a carico del donata- rio osta a tale qualificazione. Nello stesso senso, seppure attraverso un differente iter argomentati- vo, cfr. XXXXXXXXXX, Onerosità, corrispettività e qualificazione dei contratti, Napoli, 1984, 82 ss., se- condo il quale la donazione modale è fattispecie non corrispettiva ma onerosa; cfr., pure, CAREDDA, Le liberalità diverse dalla donazione, Torino, 1996, 60. Nel senso del testo, pertanto, la donazione modale dovrà evidentemente essere considerata anche ai fini della collazione e dell’imputazione del- la quota di riserva: cfr. Cass., 26 luglio 2005, n. 15586, in Guida dir., 2005, 41, 69; Cass., 27 novembre 1985, n. 5888, in Mass. Giust. civ., 1985, 1785. In particolare, soggetta a collazione è solo la diffe- renza tra il valore dei beni donati ed il valore dell’onere, dovendosi escludere il valore dei frutti già percepiti, ai quali il donatario aveva diritto, Trib. Brindisi, 12 maggio 2002, in Giur. merito, 2002, 978.
10 Cfr. App. Roma, 21 marzo 2006, n. 1396, in Giur. merito, 2007, 2, 323.
11 Cfr. Cass., 26 luglio 2005, n. 15586, cit.; Cass., 28 giugno 2005, n. 13876, in Foro it., 2006, I, 778;
Cass., 27 novembre 1985, n. 5888, in Mass. Giust. civ., 1985, 1785; Cass., 21 giugno 1985, n. 3735, in
Mass. Giust. civ., 1985, 1148 s.
Rendita perpetua
Xxxxxxx xxxxxxxxx
dempimento potesse essere dedotto dal donante quale «condizione riso- lutiva, espressa o tacita» il cui verificarsi avrebbe legittimato il donante a «proporre la domanda di rivocazione della donazione»12.
Il codice previgente, che collocava la donazione nel Libro Terzo dedi- cato ai modi di acquistare e di trasmettere la proprietà e gli altri diritti sulle cose, più in particolare considerava tale, pertanto, anche quella in cui si impone un peso al donatario, tanto da sistemare anche questa fat- tispecie nella norma che, in apertura del Titolo III, sinteticamente indica ciò che è «anche» donazione (art. 1051) in aggiunta a ciò che è tipica- mente donazione (art. 1050).
Del pari il Codice attuale, in piena continuità con il previgente, dopo avere inserito nel Titolo V del Libro Secondo riservato, appunto, alle do- nazioni, anche la fattispecie modale, sceglie di trattare questo particola- re negozio nell’ottica disegnata dal Capo III e dunque in un quadro dedi- cato alla regolamentazione della donazione sotto il particolare profilo, oltre che della forma, dei possibili effetti.
A conferma di ciò soccorre inoltre anche il citato art. 1861 c.c., là do- ve prevede due distinti sottotipi costitutivi della rendita perpetua: il pri- mo, nel quale il diritto di esigere la prestazione periodica nasce in cam- bio di un trasferimento immobiliare o della cessione di un capitale, e dunque «quale corrispettivo» di siffatta alienazione, e l’altro, nel quale il medesimo diritto di credito perpetuo di natura personale nasce sotto for- ma di pretesa all’adempimento di un onere che grava sul beneficiario di una alienazione immobiliare o di una cessione di capitale gratuita; con ciò venendosi a delineare molto chiaramente l’alternativa dualistica tra una prestazione eseguita quale corrispettivo o a titolo di scambio, e la differente prestazione eseguita in adempimento di un onere dell’attribu- zione gratuita.
Significativa è infine la disposizione di cui all’art. 1872 c.c., là dove so- no previste le modalità di costituzione della rendita vitalizia.
La Suprema Corte13, a questo proposito, afferma che, distinta dal vitalizio one- roso – contratto dal quale derivano obbligazioni reciproche contrapposte tra i contraenti e nel quale sussiste un nesso di interdipendenza fra le due presta- zioni –, per diversità della causa, della natura giuridica e degli effetti, è la do- nazione cui accede un onere che comporti l’obbligo, giuridicamente coercibile, del donatario di effettuare prestazioni periodiche in favore del donante o di un terzo per tutta la vita contemplata. In tal caso la disposizione modale costitui- sce un elemento accessorio dell’atto di liberalità in quanto con esso il dispo- nente mira ad attuare un fine che si aggiunge a quello principale del negozio a titolo gratuito, operando come ulteriore movente di questo, senza peraltro con-
12 X. XXXXXX, Donazione modale, in A. PALAZZO (a cura di), I contratti, cit., 287, 309 s.
13 Cfr. Cass., 18 dicembre 1986, n. 7679, in Mass. Giust. civ., 1986, 2201 s.
dizionarne l’attuazione e senza che, anche quando la disposizione modale pre- veda a carico del donatario la prestazione di una rendita vitalizia a favore del disponente, resti modificata la natura e la causa della donazione.
2. Posizione della dottrina maggioritaria e stato della giurisprudenza sulla natura giuridica della donazione modale
Natura giuridica
della fattispecie modale
Il dato storico-sistematico appena ricordato varrebbe, dunque, di per sé a togliere ogni dubbio in ordine alla natura giuridica della fattispecie mo- dale14, e tuttavia sotto la vigenza di entrambi i codici si sono confrontate, maggiormente in dottrina, tesi che, come si vedrà di qui appresso, hanno avanzato dubbi circa la possibilità di ravvisare nel negozio in questione i caratteri tipici della donazione.
La Suprema Corte15 ha avuto modo di precisare che, premessa la compatibilità dello spirito di liberalità con l’imposizione di un peso al beneficiato, questo co- stituisce in effetti una modalità del beneficio portato dalla attribuzione a titolo gratuito, senza snaturare l’essenza di atto di liberalità della donazione, quando non assume il carattere di corrispettivo; l’indagine volta a verificare ciò è una in- dagine di fatto incensurabile in sede di legittimità, e attiene all’interpretazione del negozio di donazione, avendo quale particolare compito quello di stabilire se l’onere imposto al donatario sia tale da porre in essere un modus oppure valga a imprimere al negozio il carattere della onerosità16. In questo quadro ha inoltre chiarito17 che un’attribuzione patrimoniale per speciale apprezzamento di servizi in precedenza ricevuti, che venga effettuata in base ad una sponta- nea determinazione del disponente, nella consapevolezza di non esservi tenu- to né per legge, né per obbligo naturale o costume sociale, esula dall’atto di pa- gamento correlato ad un negozio oneroso, o comunque inserito in un negozio
«mixtum cum donatione», difettando il presupposto della ricollegabilità dell’at-
tribuzione stessa, in tutto od in parte, all’adempimento di un obbligo del tipo in- dicato, e configura una donazione da qualificarsi come rimuneratoria alla stre- gua dell’indicato fine perseguito dal donante. Ciò anche nel caso dell’eventua-
14 Cfr. CATAUDELLA, La donazione, cit., 50.
15 Cfr. Cass., 28 giugno 2005, n. 13876, in Mass. Giust civ., 2005, 1424.
16 Il concetto di onerosità è usato dalla giurisprudenza citata in modo troppo generico, poiché la categoria dell’onerosità è solo una categoria generale nella quale rientra la species del contratto corrispettivo: è piuttosto a questo che la giurisprudenza citata avrebbe quindi dovuto fare riferi- mento. Infatti, seguendo il ragionamento della Corte, mentre il modus conferisce alla donazione, al- trimenti gratuita, la nota della onerosità, la stessa modalità, quando introduce un elemento di scam- bio, conferisce invece, al contratto cui accede, la nota della corrispettività. Su tale classificazione, CATAUDELLA, La donazione, cit., 52 ss., in cui si richiama la serie delle discordanti posizioni assunte dalla dottrina sul punto.
17 Cfr. Cass., 29 novembre 1983, n. 7170, in Mass. Giust. civ., 1983, 2438 s.
Donazione modale e donazione semplice
Caratteri tipici della donazione
le apposizione di un onere o modus a carico del donatario; questo non altera la natura del negozio cui accede, ove spieghi appunto una funzione di mero limi- te della liberalità, senza trasformarla in un corrispettivo di prestazione ricevuta.
Le tesi che si sono fronteggiate sono accomunate, quanto all’impostazio- ne dell’indagine, da un identico punto di partenza, che si concreta nella comparazione della struttura della particolare operazione denominata donazione, seppure modale, con i caratteri tipici della donazione sem- plice; divergono poi quasi subito però, in ragione del fatto che non ri- corre tra esse identità di veduta neppure su come debbano essere intesi quei tratti tipizzanti.
Prendendo le mosse dalla tesi tradizionale e dominante che individua nel modus una modalità o elemento accidentale della donazione, rileva in essa l’osservazione che la donazione modale sia un sottotipo del tipo contrattuale costituito dalla donazione18, poiché la connotazione ulterio- re che nella modale è rappresentata dall’apposto onere, non supera i li- miti di elasticità dello schema donativo, ovvero non introduce in tale schema alcun elemento incompatibile con la sua permanenza, ma si li- mita a specificare la fattispecie tipica con ciò richiamando, rispetto alla disciplina in generale dedicata a questa, una regolamentazione riservata e di ambito più ristretto19.
Per la dottrina citata le costanti che valgono a connotare la donazio- ne, ovvero in altri termini i caratteri tipici di questa, riposano essen- zialmente: sull’arricchimento in un senso soggettivo del donatario, che sussiste semplicemente quando vi è l’intento concorde e/o condiviso e/o comune delle parti di far sì che una di esse si avvantaggi per il solo fatto di ricevere un’attribuzione senza corrispettivo, anche se nel patri- monio di questa non si apprezzi il ricorrere di un incremento o aumento oggettivo; sullo spirito di liberalità che, lungi dal rilevare semplice- mente come spontaneità o mancanza di qualsiasi costrizione, coazione o vincolo in senso lato dell’agire, ricorre in particolare quando l’interesse perseguito spontaneamente dal donante con l’attribuzione patrimoniale, interesse vieppiù conosciuto e condiviso dall’altra parte, non è per il do- nante stesso neppure indirettamente patrimoniale e/o economico20. Il modus pertanto, se confrontato con il senso in cui vengono intesi entrambi i caratteri tipici premessi, richiama tanto i casi non normali né frequenti nei quali il soggetto destinatario dell’attribuzione potrà in con- creto non oggettivamente beneficiare di alcun incremento patrimoniale o
18 L’aggiunta del modus non snatura l’essenza della donazione, non potendo ad esso assegnarsi la funzione di un corrispettivo; pertanto la donazione, seppure limitata attraverso il modus, rispon- de pur sempre alla causa di liberalità.
19 CATAUDELLA, La donazione, cit., 47.
20 CATAUDELLA, La donazione, cit., 6, 20.
Motivo a donare
arricchimento economico, quanto i casi, invece tutt’altro che infrequenti, nei quali il soggetto disponente si predispone all’attribuzione patrimo- niale non solo per il puro intento di beneficare l’altro ma anche per una motivazione aggiuntiva; cosicché, nel saldarsi dei due cennati ele- menti, è senz’altro donazione anche quella operazione nella quale chi si dispone a dare, oltre a farlo per soddisfare un proprio generico interesse non economico che si concreta nell’attribuire ad altri un vantaggio patri- moniale, a ciò addiviene anche per uno specifico motivo aggiuntivo, sempre di natura non economica21, motivo che si potrà realizzare solo per il tramite dell’esecuzione di una prestazione da parte dell’onerato, potenzialmente idonea, nell’intento concorde delle parti, ad assorbire an- che per intero il valore dell’attribuzione patrimoniale22.
È alla realizzabilità di tale specifico motivo, aggiunto rispetto al nor- male intento di liberalità23, che la disciplina sul modus donativo tende, allorquando nel quadro più vasto della regolamentazione dettata per la donazione in generale, si incarica di dettare norme che, fermi restando i concorrenti capisaldi di tale regolamentazione generale, si rivolgono a stabilire i limiti entro i quali potrà rilevare un siffatto particolare atteg- giarsi del motivo a donare; il modus evidenzia dunque un particolare at- teggiarsi ed esplicitarsi, in seno al contratto, del motivo individuale e soggettivo che spinge un soggetto a donare, e riceve particolare discipli- na proprio in considerazione della posizione di prevalenza che, nella fis- sazione del concreto assetto di interessi rappresentato dalla donazione, deve essere riservata al donante24.
Con speciale riguardo al punto di vista di quest’ultimo dunque, non economico e/o patrimoniale sarà tanto l’interesse tipico a donare quanto il sottotipico e perciò giuridicamente rilevante «motivo o inte-
21 I motivi del dono servono a testimoniare e confermare l’assenza di un interesse patrimoniale del disponente, e dunque correlativamente servono anche a fare se del caso emergere, nell’opera- zione posta in essere dai privati, occulti interessi patrimoniali che, se non giungono al punto di indi- care la presenza di un vero e proprio interesse economico fondativo della volontà di disporre, rive- stono pur sempre il carattere di interesse economico concorrente alle ragioni essenziali dell’atto, fa- cendone così un atto non già liberale e/o donativo ma piuttosto gratuito ed economicamente inte- ressato, cfr. X. XXXXXXX DELLA ROCCA, Autonomia privata e prestazioni senza corrispettivo, Torino, 2004, 20 ss., 28.
22 Cfr. A. PALAZZO, Atti gratuiti e donazioni, in Tratt. Sacco, Torino, 2000, 148 ss., distingue co- me è noto tra donazioni pure e donazioni «motivate», nelle quali ultime il motivo non assume sem- plicemente la dimensione, tradizionalmente irrilevante sul piano giuridico, di colorazione dello spi- rito di liberalità ovvero motivo o motivazione del donare, intesi quali particolare atteggiarsi, nor- malmente presente e in concreto variabile, dell’intento puramente liberale, ma riveste una certa va- lenza caratterizzante tanto da richiamare una «disciplina particolare nell’ambito di quella generale dettata per la donazione» (così, XXXXXXXXXX, La donazione, cit., 48, nel richiamare la dottrina appe- na citata). L’Autore, al quale è riferibile l’indagine tesa a ricostruire l’ambito delle «donazioni moti- vate», annovera tra di esse anche le donazioni modali. Cfr., anche, X. XXXXXXX, voce «Donazione», in Digesto/civ., VII, Torino, 2004, 152.
23 Cfr. X. XXXXXXX, Contenuto e forma, in A. PALAZZO (a cura di), I contratti di donazione, cit., 47.
24 CATAUDELLA, La donazione, cit., 48.
Interesse non eco- nomico
Obbliga- zione mo-
dale
resse a donare»25, per cui la prestazione modale imposta al beneficiato non potrà costituire per il beneficiante né la causa sufficiente a giustifi- care la propria prestazione donativa, né potrà rappresentare per il bene- ficiato una prestazione corrispettiva alla quale egli dovrà adempiere per- ché si giustifichi (e dunque per ricevere e conservare) l’attribuzione pa- trimoniale da parte del donante26.
In altri termini, la previsione di una prestazione a carico del benefi- ciato non snatura l’essenza del tipo donazione poiché sottende un moti- vo personale del donante – conosciuto e/o anche condiviso a volte dal donatario – che penetra nel contenuto della donazione27, sotto forma di movente o interesse morale o non economico, mantenendo perciò inal- terato lo «schema della donazione, che dai motivi prescinde e, quindi, ap- pare atto a ricomprendere tutte le liberalità donative comunque motiva- te»28; pertanto, il bisogno non economico che il beneficiante (con la con- divisione del beneficiato) intende soddisfare, quale motivo aggiunto del- l’atto di liberalità, funge da conferma della non patrimonialità della causa dell’attribuzione eseguita e, dunque, da conferma della sussisten- za dello schema formale della donazione29.
3. Obbligazione modale; dovere morale; obbligo fiducia- rio. Struttura dell’onere
Si ritiene comunemente che l’onere possa avere ad oggetto l’adempi- mento di una prestazione a favore o, il che è lo stesso, a vantaggio del donante, di terzi e anche dello stesso donatario onerato30: in quest’ultimo caso il comportamento impostogli è rivolto a suo esclusivo vantaggio, ciò che ha fatto decisamente osservare ad una parte della dottrina che un tale comportamento non possa costituire per definizione il contenuto di un’obbligazione modale31, e che ha fatto argomentare altri nel senso che, in tal caso, occorrerà vedere in concreto se si sia inteso dare al donata-
25 A. PALAZZO, Atti gratuiti, cit., 47 s.
26 X. XXXXXX, Donazione modale, in A. PALAZZO (a cura di), I contratti, cit., 289 s.; A. PALAZZO, vo- ce «Donazione», cit., 153, il quale osserva che nella donazione modale, la prestazione imposta al do- xxxxxxx non attiene alla causa del negozio, ma configura una mera limitazione del beneficio volta «al perseguimento di ulteriori fini morali del donante» fini morali che, una volta comprovati, «servono quindi per escludere la sinallagmaticità».
27 X. XXXXXX, Donazione modale, in A. PALAZZO (a cura di), I contratti, cit., 293; X. XXXXXXX, voce
«Donazione», cit., 139.
28 CATAUDELLA, La donazione, cit., 49.
29 X. XXXXXX, Donazione modale, in A. PALAZZO (a cura di), I contratti, cit., 291.
30 CATAUDELLA, La donazione, cit., 118, nota 57, che richiama, in senso conforme, la prevalente dottrina.
31 Cfr. GRASSETTI, Donazione modale e donazione fiduciaria, Milano, 1941, 29 ss.; cfr. CARNEVA-
LI, La donazione modale, Milano, 1969, 179 ss.
Dovere morale
Donazione fiduciaria
rio soltanto un consiglio o una raccomandazione ovvero se lo si sia vo- luto vincolare ad un dato uso dei beni donati32.
Quando in particolare il peso è imposto nell’esclusivo interesse del- l’onerato, intendendosi con ciò alludere ad un peso imposto a suo esclu- sivo vantaggio, si dovrebbe opinare per taluno nel senso di ritenere la clausola modale quale nudum praeceptum33 ovvero quale dovere anno- verabile tra quelli che per il donatario si pongono su un piano esclusiva- mente morale34.
Il caso che vede beneficiario del modus il solo donatario onerato non può però essere aprioristicamente escluso dall’ambito applicativo della donazione modale, né dunque potrà essere altrettanto aprioristicamente ricompreso in una fattispecie in cui sorge a carico del donatario un do- vere esclusivamente morale. Occorrerà piuttosto, sulla base dei canoni di interpretazione del contratto, indagare quale sia stata la comune in- tenzione delle parti, onde verificare in particolare se il donante abbia ma- nifestato una volontà, condivisa anche dallo stesso donatario, tesa a re- legare il peso imposto su quest’ultimo nei termini del semplice consiglio o raccomandazione, o se abbia altrimenti voluto, sempre d’intesa con l’o- nerato, vincolare giuridicamente quest’ultimo all’adempimento della pre- stazione modale35.
Non è escluso neppure che tra donante e donatario si sia inteso dare luogo non già ad una donazione modale, quanto piuttosto ad una do- nazione fiduciaria. In tal caso il donante stipulerà con il donatario un pactum fiduciae, in base al quale il secondo si obbligherà ad avvalersi del diritto donato esclusivamente per la realizzazione di uno scopo al- truistico predeterminato dal primo, scopo rivolto a beneficio di un terzo, di una pluralità di beneficiari, o destinato a pubblica beneficenza o a fini di utilità generale. Ne deriverà allora che, avendo l’obbligo ad un dato uso dei beni donati assunto dal donatario nei confronti del donante, ca- rattere solo fiduciario, questo potrà essere anche non adempiuto dal pri- mo senza che il secondo abbia a pretendere nulla oltre al risarcimento del danno; né potrà, il donante, neppure in linea di principio, proporre una risoluzione della donazione per inadempimento del donatario, es- sendo l’attribuzione fiduciaria sostanzialmente irresolubile. Del pari, da- to il carattere puramente interno, giacché fiduciario, dell’obbligo ad un dato uso dei beni donati, non sorgerà per definizione in capo ai terzi, in-
32 Si veda al riguardo la risalente dottrina richiamata in CARNEVALI, Le donazioni, in Tratt. Re- scigno, 6, Torino, 1997, 558, nota 32.
33 In questi termini, una dottrina risalente, cfr. FILIPPON, Rapporti tra il legato e il modus, in
Giur. it., 1938, IV, 235, nota 10.
34 In tal caso, correttamente si osserva che la deduzione in donazione di un obbligo solo mora- le ne richiama una rilevanza giuridica in termini di mera obbligazione naturale, ciò agli effetti della soluti retenti, X. XXXXXX, Donazione modale, in A. PALAZZO (a cura di), I contratti, cit., 303, nota 77.
35 X. XXXXXX, Donazione modale, in A. PALAZZO (a cura di), I contratti, cit., 303.
Comporta-
mento valutabile economi- camente
teressati all’adempimento del pactum fiduciae, alcun diritto ad agire per l’adempimento dell’obbligo fiduciario, contrariamente a quanto disposto per la donazione modale ai sensi dell’art. 793, 3° co., c.c.36.
È certo che se dal modo dovrà scaturire immancabilmente una obbli- gazione in senso tecnico37 (obbligazione di erogare una parte del vantag- gio patrimoniale conseguito, per un dato scopo o a beneficio di taluno, oppure obbligazione di eseguire una determinata prestazione di dare, fa- re o non fare, non connessa con i beni ricevuti in donazione, a favore di taluno) anche consistente, per esempio, in un negozio di puro trasferi- mento38, potrà essere oggetto del modo solo un comportamento valuta- bile economicamente ex art. 1174 c.c.39 ovvero un «comportamento coer- cibile»40 nel senso di «assoggettabile alle tecniche di esecuzione»41: com- portamento o prestazione che, per giunta, in base a quanto già anticipato e da precisare qui appresso, dovrà corrispondere ad un interesse neces- sariamente non patrimoniale del creditore della prestazione modale42. Si è invece decisamente fuori dall’ambito di applicazione della donazione modale – ma si potrebbe essere prima ancora fuori dallo stesso ambito di
36 A. PALAZZO, Atti gratuti, cit., 295 ss. La donazione fiduciaria riveste, per i profili normativi ac- cennati nel testo, carattere intermedio tra la figura della semplice raccomandazione o consiglio e quella della donazione modale, X. XXXXXX, Donazione modale, in A. PALAZZO (a cura di), I contratti, cit., 303. XXXXXXXXX, La donazione modale, in BONILINI (diretto da), Trattato di diritto delle succes- sioni e donazioni, VI, Le donazioni, Milano, 2009, 855, osserva che si può parlare di donazione fi- duciaria anche quando il donante, anziché promuovere l’erezione di una fondazione, affida dei beni al donatario affinché li destini ad uno scopo di interesse collettivo.
37 Il modo, oltre alla clausola apposta alla donazione, designa infatti anche l’obbligazione che da tale clausola deriva in capo all’onerato, XXXXXXX XXXXXXXXXX op. cit., 202 s.; cfr. XXXXXXXXX, voce «Mo- do», in Enc. Dir., XXVI, Milano, 1976, 686; CARNEVALI, Le donazioni, cit., 553; X. XXXXXX, Donazione modale, in A. PALAZZO (a cura di), I contratti, cit., 306; X. XXXXXXX, Successioni e donazioni, 3ª ed., Milano, 2009, II, 1584.
38 XXXXXXXXX, La donazione modale, in BONILINI (diretto da), Trattato, cit., 845; X. XXXXXXX, op. cit., 3ª ed., 1584. Il modo cioè può consistere anche nel trasferire ad un terzo un bene determinato, facente o non facente parte dell’attribuzione del donante, cosicché il donatario dovrà porre in esse- re un negozio di puro trasferimento a favore del beneficiario del modo stesso: cfr. LUMINOSO, Ap- punti sui negozi traslativi atipici, Milano, 2007, 25 ss.
39 XXXXXXXXX, Le donazioni, cit., 553; cfr. inoltre, BONILINI, Manuale di diritto ereditario e delle donazioni, Torino, 2006, 399.
40 CARNEVALI, La donazione modale, cit., 121 ss., 128.
41 X. XXXXXXX, voce «Donazione», cit., 149.
42 Si è dunque pur sempre fuori dalla donazione modale anche quando una parte consegna al- l’altra un bene per «scambiarlo» con una prestazione non avente valore tipicamente economico, ciò perché, pur essendo anche in tal caso non patrimoniale l’interesse del creditore alla prestazione non avente valore tipicamente economico, non ricorre però in tal caso l’intenzione di arricchire la parte che tale prestazione si obbliga a compiere; in tal caso la datio di beni realizzata a fronte dell’impe- gno di adempiere ad una controprestazione non patrimoniale, dovrà essere dunque vista nella logi- ca dello scambio, cosicché «se per la realizzazione della prestazione non patrimoniale sia necessa- rio l’impiego di mezzi economici» e non solo «sacrifizi di ordine morale», l’assetto di interessi sarà soggetto «alle regole della risoluzione se lungo l’esecuzione si verifica l’impossibilità o il succedersi di eventi straordinari e imprevedibili» X. XXXXXXX, voce «Donazione», cit., 149, 151, nel richiamare GORLA, Causa, consideration e forma nell’atto di alienazione inter vivos, I, La civil law, in Riv. dir. civ., 1952, 174, 186.
Struttura dell’onere
vincolatività giuridica del patto43 – allorquando il comportamento richie- sto all’onerato non sia economicamente valutabile (come accade se lo si onera di assumere il nome del donante, di dedicarsi a certi studi o a cer- te occupazioni, di coabitare con il donante o con un terzo quale persona di compagnia)44, tanto che taluno, allo scopo di ricondurre al contratto di donazione una qualche conseguenza giuridicamente rilevante per il caso di mancata esecuzione di quel comportamento, argomenta nel senso di individuare nel negozio in questione una fattispecie sottosposta a condi- zione risolutiva45.
Se il modo è dunque un’obbligazione in senso tecnico, è necessaria- mente con riguardo ai requisiti fisionomici e strutturali di questa che do- vrà essere ricostruito il dualismo soggettivo tipico del rapporto obbli- gatorio, fondato sulla posizione del donante-creditore e del donatario- onerato-debitore. Un tale schema dualistico è infatti rispecchiato fedel- mente dal disposto di cui all’art. 793 c.c., sia nella parte in cui precisa che il soggetto passivo dell’obbligazione «tenuto all’adempimento dell’one- re» è il donatario mentre il soggetto attivo sul quale sorge la pretesa al- l’adempimento dell’onere è immancabilmente il donante, sia nella parte in cui riproduce una siffatta struttura dualistica obbligatoria secondo l’angolazione parimenti bilaterale propria della fonte dalla quale essa promana, ovvero avuto riguardo al rapporto contrattuale nel quale l’ob- bligazione e/o l’onere è dedotto: sarà infatti il creditore che, in qualità di contraente-donante, rivestirà il ruolo di legittimato attivo nella domanda di risoluzione del contratto di donazione per inadempimento, e all’oppo- sto il debitore, in qualità di contraente-donatario, a ivi rivestire il corri- spondente ruolo di legittimato passivo.
43 Per stabilire se il comportamento onerato insuscettibile di valutazione economica (e dunque inidoneo a formare oggetto di una vera e propria obbligazione) sia un semplice consiglio o una sem- plice raccomandazione, piuttosto che oggetto di un obbligo o dovere giuridico, giova verificare la presenza, all’interno del contratto di donazione, di una clausola penale per il caso di mancata ese- cuzione del modo; la clausola penale, in tale caso, costituirebbe l’indice di giuridicità dell’impegno assunto dal donatario, non già l’indice di patrimonialità dell’interesse del donante all’adempimento del suddetto impegno. Il donante pertanto, potendo avere per definizione solo un interesse mera- mente morale all’esecuzione del comportamento onerato, se non fosse presidiato da un clausola pe- nale resterebbe privo di risarcimento, non potendo per definizione allegare di avere sofferto alcun pregiudizio patrimoniale a seguito della inesecuzione del modo.
44 Si è al di fuori della donazione modale anche quando in relazione ad una prestazione non avente valore rapportabile al denaro sta una semplice promessa del donante di dare qualcosa aven- te un valore tipicamente economico (ad es. denaro); qui infatti non solo si è fuori dalla donazione modale, ma si è piuttosto fuori dalla stessa donazione, trattandosi di semplice promessa: X. XXXXXXX, voce «Donazione», cit., 149, 151.
45 Cfr. XXXXXXXXXX, Il «modus» testamentario, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1957, 899 ss.; anche da ultimo, XXXXXXXXX, La donazione modale, in BONILINI (diretto da), Trattato, cit., 846; X. XXXXXXX, voce «Donazione», cit., 149, 151. La donazione sottosposta a condizione, in tutti i casi in cui la con- dizione è limitativa della libertà personale per imporre al donatario di effettuare una scelta in ordi- ne alla propria condotta, pone però un problema di possibile illiceità della clausola condizionale; per una rassegna delle posizioni dottrinali e giurisprudenziali, cfr. XXXXXXX, La donazione sotto condi- zione, in BONILINI (diretto da), Trattato, cit., 832 ss.
Ma lo schema dualistico del rapporto obbligatorio e del rapporto contrattuale, quest’ultimo secondo la sua normale struttura relativa ex art. 1372 c.c., non è sufficiente a spiegare tutto il funzionamento del mec- canismo modale, poiché, sempre ai sensi della disposizione più sopra ci- tata, qualora il contraente-donatario-debitore non adempia spontanea- mente, «per l’adempimento dell’onere, può agire, oltre il donante, qual- siasi interessato, anche durante la vita del donante stesso».
Si è di fronte, con tutta evidenza, ad uno schema di allocazione dei di- ritti e delle azioni analogo, se non identico, a quello più in generale pre- visto e disciplinato dall’art. 1411 ss. c.c.46: premesso che il modo può es- sere posto anche a vantaggio o a beneficio esclusivo di un terzo deter- minato o determinabile con criteri automatici47, è certo che per l’a- dempimento del modo potrà agire, oltre al donante – nella sua duplice qualità di creditore e avente causa ex contractu dal donatario – anche il terzo, nella sua unica qualità di soggetto che, dal momento della conclu- sione del contratto di donazione, acquista un diritto di credito nei con- fronti del donatario (art. 1411, 2° co., c.c.)48, pur restando estraneo al rap- porto contrattuale di donazione dal quale deriva il suo diritto.
Il terzo cioè, ovvero l’interessato secondo il dettato dell’art. 793 c.c., è in posizione analoga a quella del terzo a favore del quale è fatta la sti- pulazione ex art. 1411 c.c., poiché trae un diritto di credito ad una pre- stazione sulla base di un contratto concluso tra un soggetto stipulante (il donante) e un soggetto promittente (il donatario), diritto di credito che egli potrà far valere, unitamente al donante-stipulante, nei confronti della parte contrattuale obbligata alla prestazione (il donatario-promit- tente)49.
46 X. XXXXXX, Donazione modale, in A. PALAZZO (a cura di), I contratti, cit., 305, che, nell’am- mettere la possibilità di qualificare la donazione modale con modus a vantaggio di un terzo quale contratto a favore di terzi e dunque la possibilità di applicare a tale ipotesi di donazione modale la disciplina di cui all’art. 1411 ss. c.c., ricorda come l’art. 1128 del codice previgente già ammettesse la possibilità di stipulare a vantaggio di un terzo nel caso in cui «ciò formi condizione di una stipula- zione che fa per sé stesso o di una donazione che fa ad altri», e che dunque la donazione con modus a vantaggio di un terzo costituisse già all’epoca una delle ipotesi eccezionali di contratto a favore di terzi, con applicazione ad essa della relativa disciplina. Nello stesso senso, CATAUDELLA, La donazio- ne, cit., 119; XXXXXXXXX, Le donazioni, cit., 557, ove ulteriori richiami di dottrina conforme.
47 CATAUDELLA, La donazione, cit., 119; XXXXXXXXX, Le donazioni, cit., 557.
48 Cfr. Trib. Asti, 14 gennaio 1985, in Foro it., 1985, I, 2422: tra il donatario modale e i terzi be- neficiari sorge un rapporto obbligatorio in forza del quale questi ultimi sono titolari di un diritto sog- gettivo azionabile in giudizio per ottenere l’adempimento del modus o il risarcimento del danno. 49 Individuato correttamente il ruolo che ciascun soggetto coinvolto in un’operazione di dona- zione modale dovrebbe rivestire secondo l’ottica ivi tendenzialmente praticabile disegnata dallo schema del contratto a favore di xxxxx, va accolta l’obiezione che anche di recente ha riproposto, contro chi voleva differenziare la donazione modale dal contratto a favore di terzi (in tal senso, TOR- RENTE, La donazione, in Tratt. Cicu-Messineo, Milano, 1956, 58), una parte della dottrina [X. XXXXXX, Donazione modale, in A. PALAZZO (a cura di), I contratti, cit., 306]; si osserva infatti che nella dona- zione modale, ad assumere il possibile ruolo di stipulante non è di certo il donatario, quanto piutto- sto il donante, pertanto, se si vuole individuare, secondo la terminologia propria del contratto a fa- vore di terzo, quel soggetto che nella donazione modale ricaverebbe da essa l’attribuzione principa-
4. Donazione modale e contratto a favore di terzi: xxx- xxxxx e differenze
Contratto a favore di
terzi
Analogia con dona-
zione modale
Il richiamo dello schema del contratto a favore di terzi, nel caso in cui il modo posto in donazione sia rivolto a vantaggio di un terzo50, può però valere nei limiti in cui evidenzi una pura e semplice analogia di strut- tura tra le due fattispecie, non già al fine di assoggettare in tal caso la do- nazione modale alla disciplina dettata dall’art. 1411 c.c.; poiché, se da un lato è vero che nel codice vigente il contratto a favore di terzi non ha più il carattere eccezionale che aveva sotto il vigore del codice del 1865, e dunque se è vero che una tale categoria ha oggi carattere generale51, è pure altrettanto vero però che, nella vigenza dell’attuale codice, la fatti- specie della donazione modale, quale sottotipo della donazione tout court, dispone di una propria compiuta ed esaustiva disciplina – specia- le, rispetto a quella più in generale prevista per la donazione – che non ha bisogno né di essere integrata con altre disposizioni regolate in ben altro contesto, né tanto meno di essere ingiustificatamente derogata là dove presenti, rispetto a tali altre disposizioni, elementi di incompatibilità e/o discordanza.
Di particolare momento è infatti la differenza di disciplina che ri- guarda le due fattispecie a confronto, una differenza che può essere col- ta pur a fronte di talune assonanze che innegabilmente, come si è in par- te già detto, caratterizzano le due fattispecie.
Va preliminarmente rilevato che una sensibile analogia di struttura tra i due schemi si nota semplicemente avendo riguardo al tipico effetto negoziale che scaturisce tanto dalla stipulazione a favore di terzo quanto dal modus con prestazione da eseguirsi a vantaggio di un terzo determinato.
Dal modus deriva, per colui che viene gratificato con una donazione, un’obbligazione, si è detto, avente ad oggetto un dare o fare o non fare qualche cosa a favore di terzi52, e così dal contratto a favore di terzo de- riva, per colui che assume il ruolo di promittente, un’obbligazione aven- te il medesimo oggetto variabile.
La nota costante è cioè rappresentata dal fatto che tanto la clausola modale quanto la clausola di deviazione degli effetti del contratto po- tranno produrre solo un effetto obbligatorio, che potrà se del caso con- sistere anche nella nascita di un’obbligazione avente ad oggetto una pre-
le, questo sarebbe di certo il promittente e non già lo stipulante, come erroneamente argomentato. Anche in tal caso dunque, lo stipulante – identificato nel donante – nulla riceverebbe per sé, ad ec- cezione del diritto a chiedere l’adempimento della prestazione posta carico del promittente-donata- rio, al pari dello schema previsto dal’art. 1411 c.c.
50 Per una sintetica disamina del punto si veda, X. XXXXXXX, op. cit., 3ª ed., 1586 ss.
51 In questo senso, X. XXXXXX, Donazione modale, in A. PALAZZO (a cura di), I contratti, cit., 305.
52 XXXXXXX XXXXXXXXXX, op. cit., 206; CATAUDELLA, La donazione, cit., 118.
Contratto traslativo a favore di
terzo
Differenze con dona-
zione modale
stazione traslativa, il cui contenuto consiste cioè in un dare in senso tec- nico.
Non sembra infatti accettata, da una parte autorevole della dottrina, la possibilità di un contratto traslativo a favore di terzo, preferendosi per varie ragioni l’impostazione che vuole limitato agli effetti obbligatori l’ambito di applicazione della stipulazione a favore di terzi53; peraltro, la stessa giurisprudenza, se da un lato è vero che interpreta il contenuto possibile della prestazione del promittente in un senso ampio, dall’altro non pare però essersi univocamente spinta sino al punto di ammettere che il contratto a favore di terzo possa produrre effetti autenticamente traslativi.
I casi trattati infatti, quando non riguardano semplicemente l’ipotesi in cui sorge in capo al promittente la particolare prestazione di facere che si realizza con la prestazione di un consenso alla stipulazione del fu- turo negozio traslativo della proprietà, in un’ottica tesa con ciò a ritene- re ammissibile il preliminare a favore di un terzo54 quale oggetto della sti- pulazione, altrimenti si riferiscono ad ipotesi del tutto particolari, nelle quali il contenuto della prestazione da rendersi al terzo consiste più pro- priamente nella costituzione di un diritto reale, come quando lo stipulan- te aliena un fondo al promittente con contestuale costituzione sul fondo alienato di una servitù a favore del fondo dominante appartenente ad un soggetto che, non avendo partecipato al contratto, abbia assunto la posi- zione di terzo favorito55: è evidente che, in quest’ultimo caso, la stipula- zione a favore di terzo non produce un effetto traslativo o meglio non si atteggia a negozio immediatamente dispositivo a vantaggio del terzo, ma genera piuttosto il ben diverso effetto derivativo costitutivo56, che si avrà in tanto in quanto sorge in capo ad un terzo un diritto reale che, seppure derivato dal diritto qual faceva capo allo stipulante, si costituisce però pur sempre per il tramite dell’intermediazione o cooperazione del pro- mittente, ovvero attraverso quella particolare forma di facere che si tra- duce nella prestazione di consenso alla stipulazione del futuro negozio costitutivo del diritto reale minore.
La premessa sugli identici limiti di contenuto della prestazione dedu- cibile nel modo e nella stipulazione a favore di terzo, non assorbe la se- rie delle notevoli differenze che intercorrono tra le due fattispecie.
Basti considerare che la stipulazione a favore di terzo è revocabile
fino a quando costui non dichiari di volerne profittare, mentre il modus
53 SACCO, Il contratto a favore di terzo, in Tratt. Xxxxxxxx, 10, Torino, 1997, 458, che richiama la dottrina favorevole all’ipotesi del contratto traslativo favore di terzo (nota 9); MAJELLO, voce «Con- tratto a favore di terzo», in Digesto/civ., IV, Torino, 2004, 246; .
54 Xxx. Xxxx., 0x xxxxxxxx 0000, x. 00000, xx Xxx. not., 2004, 1228.
55 Cfr. Cass., 13 febbraio 1993, n. 1842, in Mass. Giust. civ., 1993, 306; nella manualistica, cfr. GAZZONI, Manuale di diritto privato, Napoli-Roma, 2000, 929.
56 XXXXXXX XXXXXXXXXX, op. cit., 93 s.
è invece irrevocabile57: tale naturale effetto dell’irrevocabilità, per poter esser ammesso, non abbisogna infatti di essere espressamente statuito dalla disciplina specifica sul modus58, poiché costituisce in realtà una conseguenza normale del carattere contrattuale della clausola che l’one- re ha previsto59. Pertanto, sembra maggiormente compatibile con tale premessa una ricostruzione della disciplina del modus che, nel mentre consente al terzo a beneficio del quale la prestazione è posta di rifiutare un tale effetto incrementativo (ciò sulla base dei noti principi generali), al contrario non contempli, quale meccanismo che consenta al benefi- ciario di rendere irrevocabile la stipulazione a suo favore (e dunque per rendere irrevocabile il diritto di credito costituito a suo favore), la ne- cessità di una esplicita dichiarazione da parte di questo di volerne profit- tare; difatti, inserendo nella disciplina della donazione modale caratte- rizzata da un onere posto a beneficio di terzi un elemento ulteriore, qual è quello costituito da una possibile definitività dell’acquisto del diritto di credito da parte del beneficiato per effetto della irrevocabilità del modus recata dalla esplicita dichiarazione di accettazione del diritto medesimo, si verrebbe a creare una ingiustificata limitazione del diritto del donante a domandare la risoluzione del contratto in caso di inadempimento del modus: la risoluzione infatti, in questo caso, secondo una dottrina, non dovrebbe essere ammessa, poiché ammetterla significherebbe altrimenti introdurre una ipotesi di revoca implicita del beneficio, cosicché al do- nante resterebbe solo la domanda di adempimento del modo60.
Del resto, alla affermazione di un possibile identico trattamento nor- mativo tra donazione modale e contratto a favore di terzi si frappone un’altra rilevante divergenza di disciplina, che sorge quando il terzo ri- fiuti di voler profittare della prestazione posta a suo favore: mentre nello schema di cui all’art. 1411, 3° co., c.c. il rifiuto profitta normalmente al- lo stipulante, nella interpretazione che si è soliti dare alla fattispecie di ri- fiuto della prestazione da parte del terzo beneficiato nell’onere donativo, il beneficio dovrebbe invece restare in capo all’onerato, e cioè in capo a
57 GAZZONI, op. cit., 932.
58 In questo senso invece X. XXXXXX, Donazione modale, in A. PALAZZO (a cura di), I contratti, cit., 306, nella critica alla dottrina risalente che invece afferma l’irrevocabilità del modus.
59 La «motivazione» che sorregge causalmente la clausola modale è infatti condivisa, ovvero as- surge al livello di intento comune ad entrambi i contraenti, CATAUDELLA, La donazione, cit., 13, 48. 60 XXXXXXXXX, Le donazioni, cit., 557, nota 28. L’Autore – che tra l’altro sembra riferire la legitti- mazione all’azione di risoluzione e all’azione di adempimento al donatario piuttosto che al donante
– ammette così un’ipotesi di preclusione all’azione di risoluzione allorquando il diritto di credito che nasce dal modus sia stato accettato dal terzo. Nella interpretazione della disciplina del contratto a favore di terzo, taluno osserva che in caso di mancata soddisfazione della pretesa del terzo, lo sti- pulante possa chiedere al promittente il risarcimento del danno e la risoluzione per inadempimento del contratto, quest’ultima però nei limiti in cui il terzo non abbia più interesse all’adempimento tar- divo, MAJELLO, op. cit., 247.
colui il quale, nell’ottica dell’art. 1411 c.c., assolve alla funzione lì assolta dal promittente61.
Infatti, se si considera che nella stipulazione a favore di terzo chi di- spone a vantaggio di questo non è tanto il promittente, quanto piuttosto lo stipulante – il quale, proprio mediante la clausola a favore di terzo e la conseguente attribuzione patrimoniale al terzo consegue per sé una ben precisa utilità economica indicativa di quell’interesse che la norma ri- chiede ai fini della validità della stipulazione62 – si comprende il perché, in ipotesi di mancata realizzazione dell’effetto originariamente program- mato, la prestazione resti normalmente a beneficio di questi, che per ta- le via conseguirà quantomeno il valore di quella utilità economica rifiu- tata dal terzo63.
In senso diametralmente opposto invece, il caso del rifiuto della pre- stazione da parte del soggetto beneficiato nella donazione modale dà luogo ad una diversa conseguenza applicativa: qui infatti è innanzitutto la realizzazione dell’attribuzione donationis causa della situazione giuridi- ca patrimoniale a favore dell’onerato a giustificare la permanenza in ca- po ad esso del diritto trasferitogli dal donante.
Argomenti contrari alla identificazione tra le due figure pertanto sus- sistono, e sembrano peraltro avere carattere assorbente.
È innegabile che il contratto a favore di terzo presenti un meccani- smo in gran parte analogo a quello di altre fattispecie legali, tanto che non vi sarebbero ragioni logiche per negare che le varie figure assimila- bili possano essere concettualmente tutte stipulazioni a favore del ter- zo64, e tuttavia, come ricorda la stessa dottrina citata, «gli interpreti non hanno elevato questo regolamento a norma-quadro applicabile a tutti i negozi volti a costituire un diritto in capo ad un soggetto estraneo»65.
È altresì pacifica l’affermazione che il contratto a favore di terzo non sia un contratto tipico a sé stante, ma un modo di essere del contratto di volta in volta concluso66, modo di essere che si configura tale attraverso
61 In caso di rifiuto da parte del terzo della prestazione posta a suo vantaggio è plausibile infat- ti argomentare nel senso che talvolta la donazione da modale si potrà convertire in donazione pura, ciò dato il carattere accessorio del modo quale limite alla liberalità, Non sempre però potrà nel con- creto operare una siffatta conversione: in particolare, tale ritorno del sottotipo al tipo principale non potrà avvenire nel caso in cui l’onere, secondo la previsione posta dall’art. 794 c.c., ha costituito il solo motivo determinante della donazione. Del resto, come correttamente avvertito da una parte del- la dottrina, il modus è un elemento accidentale non sempre accessorio: talvolta riveste infatti un ca- rattere primario ed essenziale rispetto al negozio c.d. principale di donazione concretamente consi- derato, X. XXXXXX, Donazione modale, in A. PALAZZO (a cura di), I contratti, cit., 295.
62 MAJELLO, op. cit., 239.
63 Ibidem.
64 In tal senso, XXXXX, Il contratto a favore di terzo, cit., 457 s., che annovera nella medesima area concettuale della stipulazione a favore di terzi, l’accollo, la stipulazione del mandatario senza rappresentanza e l’atto di gestione di affari altrui.
65 SACCO, Il contratto a favore di terzo, cit., 457 s.
66 È corretto dire che «la disciplina del contratto a favore di terzo risulta dalla fusione della nor-
Altre diffe- renze con donazione modale
la c.d. xxxxxxxx di stipulazione a favore del terzo inserita nel regolamen- to contrattuale base, in virtù della quale gli effetti del negozio si produ- cono in via diretta ed immediata nel patrimonio di un terzo67.
Sembra allora di poter dire che la clausola di stipulazione a favo- re di terzo reagisce sull’efficacia del negozio cui è apposta nello stesso modo in cui opera la clausola condizionale e la clausola che prevede un termine di efficacia del contratto: si tratta infatti, in tutti questi casi, di modalità che, nell’attenere appunto all’efficacia del negozio, non inne- stano però, sui relativi effetti tipici, altri effetti accessori o secondari ri- spetto ai primi – come invece è ritenuto in riferimento al modo –68, ma si limita a deviarne (di tali effetti tipici, appunto) la portata verso il patri- monio di un terzo estraneo al contratto, o a renderli incerti in tutto o in parte (condizione) o infine a limitarli nel tempo (termine).
Sul piano dell’inquadramento generale dunque, mentre nel contratto con stipulazione a favore del terzo la volontà precettiva è unica, come è unica nel negozio condizionale e nel negozio a termine, nel negozio mo- dale «può distinguersi dalla volontà principale, diretta alla produzione de- gli effetti tipici, una volontà subordinata, quella istitutiva del modus»69.
Altro elemento che rileva profondamente ai fini della distinzione tra le due fattispecie studiate riposa sul requisito di cui all’art. 1411, 1° co., c.c.: la stipulazione è infatti valida solo se «lo stipulante vi abbia inte- resse»; di contro, la previsione di un onere posto a beneficio di un terzo è valida, quale modalità della donazione, anche a prescindere dalla esi- stenza effettiva di un interesse in capo al donante. Per meglio dire, in quest’ultimo caso, non è dalla previa indagine concreta sulla esistenza in capo al donante di una «motivazione» a donare che si desumerà la vali- dità della donazione modale, ma è piuttosto dalla mera stipulazione di quest’ultima, o meglio dal fatto che la donazione sia strutturalmente gra- vata da un onere, che si inferirà la circostanza che con tutta evidenza il donante è stato mosso in concreto alla apposizione della clausola moda- le in contemplazione di un certo specifico motivo o interesse oggettiva- to, ovvero emergente dal contratto, poiché tale da caratterizzarne in mo- do speciale la disciplina.
Inoltre, mentre lo schema di cui all’art. 1411 c.c. viene comunemente inteso nel senso di evidenziare la necessità, ai fini della validità della sti- pulazione, della presenza anche in capo al terzo di un interesse in termi- ni oggettivi all’attribuzione in proprio favore, interesse la cui mancanza altrimenti impedirebbe la stessa nascita del diritto in capo ad esso70, e
mativa di cui all’art. 1411 ss. con quella dettata per il singolo contratto concluso», XXXXXXX, op. cit., 928.
67 MAJELLO, op. cit., 235.
68 XXXXXXX XXXXXXXXXX, op. cit., 195.
69 Ibidem.
70 SACCO, Il contratto a favore di terzo, cit., 456, osserva che il terzo acquirente, in quanto cre-
più in particolare mentre lo schema della stipulazione a favore del terzo presuppone normalmente la preesistenza, rispetto alla stipulazione, di un dato rapporto di valuta tra stipulante e terzo71, rapporto peraltro dal con- tenuto limitatamente variabile72, tutto ciò non ricorre nella donazione modale con l’onere posto a beneficio di terzi, nella quale a rilevare è la sola motivazione a donare dello stipulante, al più condivisa dal donata- rio, ma non certo oggetto di alcuna conforme e programmatica condivi- sione da parte del terzo.
Per giunta, la motivazione a donare è, come si è più volte riferito, im- mancabilmente morale o non patrimoniale, e dunque è comparabile con l’interesse dello stipulante nel sol caso in cui quest’ultimo voglia operare una liberalità, ovvero desideri «procurare un dono al terzo»73; anche in tal caso però, pur se «l’interesse di chi vuol fare un dono al terzo» è «ca- pace di soddisfare l’art. 1411»74, ciò non basta per concludere nel senso dell’applicabilità diretta della normativa contenuta in tale norma alla fat- tispecie della donazione modale, normativa che, appunto, si presterebbe ad una valutazione di tendenziale sovrapponibilità a tale fattispecie tan- to più quando si consideri che sorretti da una causa donandi possono essere anche i rapporti tra promittente e stipulante75.
ditore, deve avere un interesse alla prestazione in conformità all’art. 1174; XXXXXXX, op. cit., 930, pre- cisa che interesse dello stipulante e interesse del terzo finiscono per coincidere sul piano funziona- le «nel senso che entrambi sono soddisfatti dalla prestazione eseguita dal promittente, tanto ciò ve- ro che così lo stipulante come il terzo possono agire contro il promittente per l’esecuzione della pre- stazione». Sul punto, parte della dottrina sostiene che il diritto all’adempimento della prestazione dovuta dal promittente al terzo, allorquando il terzo diventi titolare del diritto stesso in luogo dello stipulante, non compete più a quest’ultimo, il quale dunque non sarebbe così più legittimato a chie- dere l’adempimento della prestazione al terzo, MAJELLO, op. cit., 246. Questa ricostruzione dello schema dell’art. 1411 c.c., osteggiata da altra parte della dottrina, se accolta renderebbe ancor più ra- gione della diversità di tale schema rispetto alla ipotesi della richiesta di adempimento dell’obbliga- zione modale, invece aperta, per espresso dettato normativo (art. 793, 3° co., c.c.), oltre che alla le- gittimazione del terzo a vantaggio del quale l’onere è posto, nella qualità di interessato, a quella del donante.
71 Presuppone cioè che la stipulazione a favore del terzo sia programmaticamente preordinata ad assolvere ad una funzione inerente ad un rapporto (quello di valuta tra stipulante e terzo) la cui preesistenza, rispetto alla stipulazione, costituisce la stessa ragion d’essere di questa.
72 Lo stipulante infatti può, tramite il contratto a favore di terzo, mostrare di avere un interesse che coincide interamente con l’interesse del terzo (SACCO, Il contratto a favore di terzo, cit., 456, ipotizza il caso «associato che stipula per l’associazione, associazione che stipula per il socio»), estinguere una precedente obbligazione nei confronti di quest’ultimo, ovvero eseguire una contro- prestazione a fronte di una prestazione che il terzo compie nei suoi confronti sulla base di altro di- stinto rapporto, autonomo ed estraneo rispetto al contratto che lo stipulante conclude con il pro- mittente.
73 SACCO, Il contratto a favore di terzo, cit., 457.
74 Ibidem.
75 L’orientamento che ammette la sussumibilità della donazione modale con onere a vantaggio del terzo nello schema astratto del contratto a favore di terzi, argomenta ciò, infatti, anche sulla ba- se della considerazione che, in riferimento a questa seconda fattispecie, la giustificazione dei rap- porti tra promittente e stipulante può essere costituita anche da una causa donandi, cosicché alla prima fattispecie potrà ben essere applicata direttamente la normativa contenuta negli artt. 1411 ss. c.c., X. XXXXXX, Donazione modale, in X. XXXXXXX (a cura di), I contratti, cit., 306.
Del resto, una conferma della distinzione che corre tra una stipula- zione a favore di terzo, allorché sia sorretta da un interesse morale del- lo stipulante volto ad operare una liberalità nei confronti del terzo, e una donazione in cui l’onere è posto a beneficio del terzo, si ha proprio aven- do riguardo all’opinione generale che è invalsa a proposito della qualifi- cazione della natura giuridica del contratto a favore di terzo nel caso in cui il beneficiario riceva, appunto, non già solvendi causa ma a titolo di liberalità: si ritiene che qui il terzo risulti beneficiario di una donazione indiretta ex art. 809 c.c., e che dunque la stipulazione a suo favore deb- ba non già rivestire la forma della donazione, ma quella propria del con- tratto concluso76.
La prestazione ricevuta invece dal terzo in adempimento dell’onere modale, prestazione che per definizione partecipa sotto forma di oggetti- va «motivazione» a donare della medesima causa donandi attesa l’unita- rietà del regolamento contrattuale e dell’assetto di interessi che la dona- zione modale è preordinata a realizzare77, non potrà essere, per una con- traddizione in termini che non lo consente, mai assimilata ad una attri- buzione patrimoniale che avviene per tramite di una donazione indiretta, poiché essa più semplicemente avviene in virtù di una donazione diret- ta, in quanto parte integrante di quest’ultima regolamentazione negozia- le; cosicché, pare corretto infine chiedersi se non sia evidentemente im- proprio concludere nel senso che nel caso in cui il modo è volto a realiz- zare una liberalità nei confronti del terzo, esso dia luogo allora ad una donazione indiretta con conseguente assoggettamento della clausola mo- dale alla relativa disciplina78.
Il modo infatti, quando è posto a beneficio di un terzo determinato, è tipicamente e inderogabilmente volto a realizzare una liberalità dei con- fronti di quest’ultimo, a meno che le parti dell’operazione economica estrinsecata attraverso una donazione modale con prestazione da ese- guirsi a vantaggio di un terzo determinato non vogliano in realtà, con es- sa, perseguire uno scopo ulteriore, al di là dello scopo tipico e cioè della causa tipica ascrivibili alla donazione modale; in tal caso però, lo scopo ulteriore e indiretto al quale mira, al di là dello scopo tipico del negozio, il donante, non potrà mai essere quello di operare una liberalità, non avendo un tale scopo nulla di indiretto e ulteriore rispetto, appunto, allo scopo tipico del negozio cui il modo accede, ma potrà essere al più quel- lo, opposto, di attuare uno scambio attraverso il «procurare un acquisto (…) o una liberazione»79.
76 XXXXXXXXX, Le donazioni, cit., 557; XXXXXXX, op. cit., 930.
77 CATAUDELLA, La donazione, cit., 7, 52.
78 In tal senso invece, cfr. CARNEVALI, La donazione modale, in BONILINI (diretto da), Trattato, cit., 854.
79 SACCO, Il contratto a favore di terzo, cit., 456 s.
A supporto degli argomenti tesi a dimostrare che la modalità costi- tuita dalla stipulazione a favore del terzo non è tale da potere essere ap- plicata alla donazione modale con prestazione a favore di terzo determi- nato o determinabile, se ne evidenziano altri di particolare rilevanza.
Vi è senz’altro un indice di totale divergenza tra i due istituti che emerge se solo si considera che nella stipulazione a favore di terzi lo sti- pulante, ovvero il soggetto che nell’economia di questo particolare modo d’essere del contratto dispone a favore del terzo80, muove all’operazione de qua poiché intende esclusivamente attribuire un diritto e con esso l’u- tilità che ne deriva soltanto a favore del non contraente, mentre nella do- nazione modale il donante programma di erogare, sempre a favore del non contraente, solo una parte di ciò che, per così dire in via principale, vorrà donare al proprio avente causa.
Inoltre, nella stipulazione a favore di terzo il promittente deve pur avere un interesse che lo spinge a concludere il contratto con lo stipu- lante, interesse che si manifesta in ragione della esistenza del rapporto di provvista che lo lega appunto a quest’ultimo81. Al contrario, nella do- nazione modale il donatario non ha alcun interesse a costituirsi debito- re del terzo poiché non ha da onorare alcun rapporto di provvista che lo leghi al donante: il donatario infatti, che neppure sul piano della rico- struzione dello spirito di liberalità della donazione per vero assume un ruolo veramente decisivo82, non si vincola al donante per lo scopo di adempiere alla prestazione modale a favore del terzo, e dunque per lo scopo di eseguire, a fronte di un proprio preesistente o coevo interesse patrimoniale, un atto di disposizione nei confronti del donante (quell’at- to di disposizione che invece è il promittente a realizzare verso lo stipu- lante83), ma si trova ad assumere un obbligo di adempiere ad una presta- zione a vantaggio di un terzo in dipendenza e per il solo fatto che riveste la qualità di parte beneficiata in un contratto di donazione.
È ciò che si dice quando si precisa che il contratto a favore di terzi può anche essere a prestazioni corrispettive, oltre che con prestazioni a
80 MAJELLO, op. cit., 239.
81 Con la stipulazione il promittente soddisfa un proprio interesse per lo più patrimoniale, qual è quello a procurarsi la liberazione da un vincolo mediante la estinzione di una obbligazione che preesisteva nei confronti dello stipulante o l’altro a procurarsi un acquisto, come quando si costitui- sce verso lo stipulante debitore del terzo dietro corrispettivo, XXXXXXX, op. cit., 930.
82 Ad esso infatti si richiede che l’interesse o intento non patrimoniale perseguito dal donante di porre spontaneamente in essere un’attribuzione senza corrispettivo gli sia noto e sia da esso con- diviso: XXXXXXXXXX, La donazione, cit., 13, 19 specie nota 66, ove, riportando il pensiero di altra dot- trina, si precisa che per condivisione non si intende che l’intento o interesse non patrimoniale di- venti anche proprio del donatario, e quindi che diventi comune, bensì che entrambe le parti «si pro- spettano e vogliono, oppure accettano, che l’atto realizzi un interesse non patrimoniale del donan- te». L’Autore citato, sul punto, precisa che in ogni caso, pur se la posizione del donante è preminen- te, «la condivisione della motivazione da parte del donatario fa si comunque, da rendere l’intento co- mune alle parti» (XXXXXXXXXX, La donazione, cit., 13, nota 39).
83 MAJELLO, op. cit., 239 s.
carico del solo promittente84, con conseguente diversa disciplina della ri- soluzione per l’inadempimento della prestazione: a differenza del modus cioè, a fronte del cui inadempimento si dovrebbe poter sempre agire in risoluzione, nell’ipotesi del contratto ex art. 1411 c.c. con prestazioni a carico di una sola parte, il rimedio della risoluzione sarebbe infatti pre- cluso per espressa previsione dell’art. 1453 c.c.85.
5. (Segue): il dibattito dottrinale sulla natura giuridica della donazione modale
Quando il promittente, che assume verso lo stipulante l’obbligazione di eseguire la prestazione a vantaggio del terzo, a ciò addiviene senza es- servi obbligato ma con l’intento di compiere un atto di liberalità, si os- serva che allora l’atto di attribuzione patrimoniale, inserito nello schema della stipulazione a favore del terzo, realizzerà a vantaggio dello sti- pulante una donazione indiretta86.
L’esigenza di isolare comunque, nello schema della stipulazione a fa- vore del terzo, un rapporto di provvista, ovvero un rapporto che, per il fatto stesso di esistere fornisca in quanto tale un’idonea giustificazio- ne causale alla promessa (del promittente verso lo stipulante) di ese- guire una prestazione a favore del terzo, si spiega in ragione del fatto che il contratto a favore di terzi non dispone di una propria (sufficiente e uni- ca) causa tipica, cosicché occorrerà volta per volta reperire la concreta giustificazione causale che sorregge il rapporto tra stipulante e terzo (rapporto di valuta) e quella che sorregge il rapporto tra promittente e stipulante (rapporto di provvista).
Al contrario, nella donazione modale l’interprete non dovrà porsi il problema di ricostruire il contenuto in concreto del rapporto tra dona- tario e donante, ovvero la ragione che muove il primo ad adempiere al- la prestazione modale, poiché una tale ragione si rinviene nella causa ti- pica posta a base dell’unitario regolamento contrattuale al quale accede l’onere, e cioè nella unificante causa di donazione; così mai potrà por- si la possibilità di concepire, nella prestazione che l’onerato adempie nei
84 GAZZONI, op. cit., 930 s.
85 GAZZONI, op. cit., 932. La citata ulteriore differenza di disciplina conduce a rafforzare gli ar- gomenti contro la sussunzione della fattispecie modale alla disciplina della stipulazione a favore del terzo, anche si deve considerare che non sempre è possibile per il donante chiedere la risoluzione della donazione modale per inadempimento del modus (art. 793, 4° co., c.c.) e che, per una parte del- la dottrina, anche nel contratto a favore di terzi a prestazioni corrispettive non sempre lo stipulante può domandare la risoluzione per inadempimento da parte del promittente, soprattutto quando il terzo ha ancora interesse all’adempimento tardivo, XXXXXXX, op. cit., 247.
86 Al pari di quella che, sempre tramite lo schema dell’art. 1411 c.c., veda nella qualità di bene-
ficiario il terzo e nella veste di beneficiante lo stipulante.
Natura giuridica
della donazione modale
Autonomo tipo con- trattuale
confronti del terzo, la presenza di un atto di disposizione del donatario verso il donante, con conseguente necessità di affrontare il problema di ricostruirne la natura sostanziale e la funzione concreta.
Di contrario avviso è chi avverte nella prestazione dell’onerato nei confronti del terzo la natura e la funzione di un atto di disposizione del donatario nei confronti del donante, o sotto forma di controprestazio- ne modale in connessione funzionale con la prestazione donativa e dun- que parte di un contratto oneroso a prestazioni corrispettive; o sot- to forma di adempimento di un obbligo che reperisce titolo in un au- tonomo negozio funzionalmente collegato, per volontà delle parti, al- la donazione; o sotto forma di prestazione gestoria in esecuzione di un mandato ad erogare conferito dal donante al donatario, mandato pur sempre combinato con una donazione87.
La prima tesi, minoritaria ma autorevole, ricostruisce la donazione modale come un autonomo tipo contrattuale distinto rispetto alla dona- zione, nel quale sussiste appunto una connessione funzionale tra presta- zione del donante e prestazione modale tale da farne un contratto a pre- stazioni corrispettive88; tale tesi prende le mosse proprio da un presup- posto carattere tutt’altro che accessorio del modo e dunque della relati- va prestazione modale, e muove da un’asserita portata del medesimo quale elemento immancabilmente essenziale del negozio cui accede89, tanto da reputare esclusa dal novero della donazione modale l’ipotesi in cui l’onere è imposto nell’interesse dello stesso donatario: in tal caso in- fatti, posto che la prestazione del donatario non potrà essere apprezzata
87 Per una sintetica esposizione della disputa sulla natura giuridica della donazione con onere,
X. XXXXXXX, op. cit., 3ª ed., 1584 ss.
88 Cfr. XXXXXXXXX, op. cit., 9 ss., 40, 47. TORRENTE, La donazione, cit., 283. X. XXXXXX, Il modus co- me elemento accidentale del negozio gratuito, Milano, 1978, 263 s., osserva come la tesi della natu- ra di contratto a prestazioni corrispettive (o come allora si usava dire di contratto bilaterale) della donazione modale poteva vantare, sotto l’impero del codice abrogato, una indubbia rilevanza, posto che ai sensi dell’art. 1080, l’inadempimento del modo era ricompreso, assieme ad altre ipotesi di- sposte dall’art. 1078, tra i casi di «rivocazione delle donazioni» e più in generale veniva considerato espressione di quella fictio juris rappresentata dalla valenza di una condizione risolutiva tacita (in tal caso «per causa di inadempimento dei pesi imposti al donatario») quale espressione di un prin- cipio fissato per tutti i contratti bilaterali dall’art. 1165; in altri termini, dalla prevista risoluzione per inadempimento del modus veniva tratto il convincimento della natura di contrato a prestazioni cor- rispettive propria della donazione modale.
89 GRASSETTI, op. cit., 20. Si differenzia, dalla citata dottrina, la ricostruzione di altro Autore che distingue la donazione modale semplice, non dotata cioè di clausola risolutiva espressa, dalla dona- zione modale regolata dall’art. 793, 4° co., c.c., caratterizzata dal fatto che il modus rappresenta l’u- nica ragione giustificatrice della prestazione donativa: solo in quest’ultimo caso, in cui il modus ri- veste valore essenziale e determinante rispetto alla prestazione del donante, la fattispecie esce dal- l’ambito della donazione per entrare in un contesto a prestazioni corrispettive, in cui la prestazione modale diventa una vera e propria controprestazione, e la donazione modale una vicenda corrispet- tiva atipica, dal momento che ciò che consente di qualificare la donazione è l’assenza di corrispetti- vità: XXXXXXXXXX, op. cit., 138, 151 ss., 162. Nello stesso senso di quest’ultima dottrina, cfr. XXXXXXX, La donazione modale risolubile, in XXXXXXXXXX e XXXXXXX (a cura di), Le liberalità alle soglie del ter- zo millennio, Napoli-Roma, 2003, 131.
Carattere strumen- tale della prestazio- ne dona-
tiva
Donazione modale e corrispet-
tività
positivamente dalla sfera patrimoniale del donante o di terzi, e dunque non varrà a rilevare quale controprestazione correlata alla prestazione donativa, essa non sarebbe idonea a soddisfare un interesse (anche non patrimoniale) del donante ai sensi dell’art. 1174 c.c.90.
Questa tesi è stata, solo in parte, seguita da altra dottrina, là dove si è affermato che, nel sol caso in cui il modo è stato l’unico motivo determi- nante dell’attribuzione, la donazione modale potrà essere allora configu- rata come contratto bilaterale soggetto alle norme che tutelano l’esecu- zione della prestazione, o meglio ancora quale contratto corrispettivo nel quale il nesso funzionale è posto tra prestazione donativa e prestazione modale, tale per cui, nell’intento del donante, l’adempimento della prima svolgerebbe una funzione meramente strumentale all’adempimento della seconda91: in tal caso cioè le parti del contratto avrebbero inteso in con- creto dare luogo ad un assetto di interessi connotato da corrispettività, ovvero hanno voluto collegare le prestazioni da un nesso di scambio suf- ficiente ad alterare la causa tipica della donazione e a costituire un nuo- vo tipo legale.
La tesi in discorso muove peraltro dalla premessa che tra donazione modale e corrispettività non vi sarebbe incompatibilità assoluta, poiché si tratterebbe di figure giuridiche che operano su piani diversi e che at- tengono a diversi problemi: la donazione modale infatti opererebbe sul solo piano della giuridicità dell’accordo, mentre la corrispettività, sulla premessa di un accordo già giuridicamente riconosciuto, atterrebbe esclusivamente alla realizzazione dello scopo che i contraenti intendono perseguire con lo schema giuridicamente vincolante, e dunque condizio- nerebbe la scelta dei mezzi di tutela destinati a presidiare l’accordo; da ciò deriverà che sulla fattispecie modale potranno in concreto concorre- re entrambe le normative, quella a presidio del tipo donazione modale, e l’altra a presidio della causa di scambio, essenzialmente basata sui c.d. rimedi sinallagmatici, seppure applicabili in parte92.
La Suprema Corte93, a questo proposito, osserva invece che rientrano fra i con- tratti a titolo gratuito, e non fra quelli commutativi, sia le donazioni remunerato- rie, fatte per riconoscenza o in considerazione dei meriti del donatario, sia quel- le modali, in cui il modus, che è limitazione del beneficio mediante un’obbli- gazione accessoria posta a carico del donatario, non può equipararsi alla controprestazione propria dei contratti a titolo oneroso, e non è perciò idoneo a mutare la causa del contratto, che resta a titolo gratuito. Di conseguenza, per l’annullamento delle donazioni remuneratorie e modali, come di ogni altra do-
90 GRASSETTI, op. cit., 28 ss., 51.
91 XXXXXXXXX, La donazione modale, cit., 124 ss., 145 ss., 168 ss., 184 ss.
92 CARNEVALI, La donazione modale, cit., 152, 191 ss.
93 Cass., 6 dicembre 1984, n. 6414, in Mass. Giust. civ., cit., 1984, 2085.
nazione fatta da persona incapace di intendere e di volere, non sono richiesti, ai sensi dello specifico disposto dell’art. 775 x.x. xx xx xxxxxxxxxxx xxx xxxxxxx, xx xx xxxxxxxx xxx xxxxxxxxx trovando riferimento tali condizioni, previste dagli art. 428 e 1425 c.c., in rapporti di corrispettività e di equivalenza tra le presta- zioni che sono pertinenti ai soli contratti a titolo oneroso.
Combina-
zione negoziale variabile
Collega- mento negoziale
A fronte di queste tesi, tutte caratterizzate da una presupposta unitarietà dell’assetto di interessi che la fattispecie negoziale modale è destinata a realizzare, si pongono quelle proposte interpretative che invece osserva- no come nella situazione di cui all’art. 793 c.c. alla donazione pura si col- leghi un altro distinto contratto, idoneo a dotare di schema tipico e di causa la prestazione eseguita in adempimento del modus, o che osserva- no come la fattispecie cum onere si presti ad essere qualificata nei ter- mini di donazione mista.
Nell’ambito della prima impostazione si fronteggiano più varianti.
Per una dottrina sviluppatasi sotto la vigenza del codice del 1865 ma tutt’oggi emblematicamente richiamata spesso, quando il modus consi- ste nel ritrasferimento ad un terzo di una parte dell’attribuzione donati- va, si può profilare una situazione di combinazione94 tra negozi che può essere spiegata secondo la seguente alternativa: una prima ipotesi potrà essere quella in cui intercorre un contratto oneroso contrassegnato da una corrispettività tra la prestazione modale e una equivalente quota del- l’attribuzione eseguita dal donante al donatario, cui è collegato un vero e proprio contratto di donazione avente ad oggetto la restante quota del- l’attribuzione predetta; una seconda ipotesi che si rivela sotto forma di combinazione tra una donazione avente ad oggetto la parte della somma attribuita dal donante al donatario nella misura che supera l’entità della provvista richiesta per l’adempimento del modus e un mandato ad ero- gare la restante somma che il mandante ha consegnato a tale scopo95. Nota è la posizione assunta nell’orientamento che sostiene che dona- zione e modus sono negozi diversi, distinti e autonomi, e tuttavia colle-
gati al raggiungimento dello scopo perseguito dal donante96.
Tale tesi, che riserva alla disposizione modale un carattere autono- mo, trae da ciò ulteriori rilevanti corollari applicativi: in primo luogo, non sarebbe necessaria una contestualità tra donazione e modus, cosic- ché quest’ultimo potrebbe anche essere aggiunto alla donazione succes- sivamente; inoltre, in un senso teso a dare un rilievo ancora più deciso al
94 X. XXXXXX, Donazione modale, in A. PALAZZO (a cura di), I contratti, cit., 296, per il quale i ne- gozi che in tal modo si combinerebbero tra di loro sarebbero del tutto autonomi e indipendenti, poi- ché nella risalente prospettazione non sarebbe dato di intravedere «quel rapporto funzionale ricom- preso sotto il nomen juris di collegamento negoziale».
95 Cfr. ASCOLI, Trattato delle donazioni secondo il diritto civile italiano, Firenze, 1898, 218 ss.
96 Cfr. X. XXXXXXX, Successioni e donazioni, Milano, 1982, II, 826 ss. A. PALAZZO, Atti gratuiti, cit., 281.
Donazione
mista
Autonomo tipo con- trattuale:
critica
carattere autonomo della disposizione modale, si ammette che il sogget- to beneficiato da una donazione, in epoca posteriore alla donazione stes- sa, possa stipulare con il donante una autonoma convenzione con la qua- le si obblighi ad adempiere un onere a favore del donante in relazione a quanto ricevuto97.
Al di fuori della impostazione che ricollega alla fattispecie della do- nazione modale una duplicità di negozi distinti anche se combinati, si si- tua l’altra che evidenzia come l’onere costituisca l’innesto di un elemen- to di onerosità sulla gratuità del negozio donativo e come dunque la fat- tispecie che ne deriva risulti contemporaneamente ed integralmente sus- sumibile in due diversi tipi legali a schema ampio, quello basato sullo scambio tra le prestazioni e l’altro basato sulla donazione, in quanto ido- nea a realizzare contemporaneamente entrambe le funzioni: ne derive- rebbe allora che la donazione modale potrà essere qualificata come ne- gotium mixtum cum donatione98.
6. Le principali obiezioni dottrinali alle tesi che condu- cono la fattispecie modale fuori dal tipo donazione o fuori dall’unitario regolamento negoziale posto dalla donazione modale
Le varie tesi sinteticamente esposte, tutte accomunate dal dato della scomposizione dell’unitario regolamento negoziale posto dalla do- nazione modale, sono soggette a numerose considerazioni critiche, com- plessivamente condivisibili.
Contro la ricostruzione della prestazione modale nei termini di con- troprestazione idonea a configurare, sempre o anche solo talvolta, la do- nazione modale quale tipo legale distinto dalla donazione, giustificato da una causa di scambio, si è obiettato: che se le parti intendono realizzare uno scopo di scambio tra le prestazioni, ovvero se per l’una, scopo della propria prestazione è esclusivamente l’effettivo adempimento della con- troprestazione ad opera dell’altra, risulterà allora del tutto ingiustificato il ricorso allo schema donativo; che se il valore dell’onere supera talvolta quello della donazione, ciò rappresenta non già la normalità ma un’even- tualità eccezionale, la quale semmai potrà al più rendere improprio quali- ficare donazione quella fattispecie che in concreto una tale variante pre- senti; che se il modo ha costituito per il donante l’unico motivo che lo ha determinato a donare, ciò integra parimenti un caso eccezionale e tutt’al- tro che frequente, comunque inidoneo ad alterare il connotato minimo
97 A. PALAZZO, Atti gratuiti, cit., 274 ss., 277.
98 Sul punto, le osservazioni di X. XXXXXX, Donazione modale, in X. XXXXXXX (a cura di), I con- tratti, cit., 296 s.
Collega- mento negoziale:
critica
della donazione sorretto su una nozione di spirito di liberalità intesa come equivalente dell’assenza di una causa presente, futura o praeterita, suffi- sante, cioè sufficiente a giustificare l’attribuzione patrimoniale; che se al- l’inadempimento dell’onere consegue la possibilità di ottenere la risolu- zione della donazione, ciò è perché una tale possibilità è esplicitamen- te prevista nell’atto, ed è peraltro estesa anche alle disposizioni mortis causa per il caso di inadempimento della disposizione modale, mentre ri- leva il fatto che alla donazione modale è inapplicabile gran parte della normativa dettata proprio per i contratti a prestazioni corrispettive; che del pari, se la illiceità o impossibilità dell’onere rende nulla l’intera do- nazione, ciò è perché l’onere ha costituito per il donante il solo motivo che lo abbia spinto a donare, essendo altrimenti, l’invalidità dell’onere, inidonea di per sé a determinare l’inefficacia del contratto dovendosi l’o- nere viziato essere considerato come non apposto99.
Contro le tesi che individuano nella fattispecie sintetizzata nella do- nazione modale una operazione economica formata da una pluralità di negozi combinati o collegati, dei quali il modus, rispetto al tipo donativo, rivestirebbe un carattere autonomo, oppure un negozio con causa mista, si è obiettato: che sulla base della disciplina che lo prevede, il modo do- nativo, a differenza di quello testamentario che invece per parte della dottrina può costituire l’esclusivo contenuto del testamento ed essere imposto all’erede legittimo, non è strutturalmente concepibile alla stre- gua di una convenzione autonoma, poiché appare piuttosto legato in- scindibilmente alla donazione della quale riveste il carattere costante di una componente del suo contenuto; che è problematico ipotizzare un ne- gozio che abbia quale suo contenuto esclusivo l’imposizione di un obbli- go a carico di un altro soggetto, ciò a fronte del canone della intangibi- lità della sfera giuridica altrui, mentre è sempre possibile un negozio con il quale un soggetto assume un’obbligazione a favore di un altro sog- getto, ipotesi quest’ultima al di fuori del modus di cui all’art. 793 c.c., e piuttosto rientrante nello schema della donazione; che il modus è tradi- zionalmente destinato a confluire dentro un assetto di interessi inscindi- bilmente unitario, ricompreso com’è, nella sua portata di elemento ac- cidentale, nel contenuto di una donazione, e dunque neppure astratta- mente concepibile al di fuori di quell’assetto di interessi che le parti in- tendono innanzitutto porre in essere con il contratto di donazione; che pertanto non è possibile una scissione tra atto donativo e atto costi- tutivo del modus; che l’atto con il quale il donatario si obbliga, con au- tonoma convenzione successiva alla donazione, ad eseguire una presta- zione a favore del donante in relazione a quanto ricevuto, non è modus ma autonomo contratto di donazione obbligatoria; che se si qualifica
99 Cfr. OPPO, Adempimento e liberalità, Milano, 1947, 66; CATAUDELLA, La donazione, cit., 49 ss.;
X. XXXXXX, Donazione modale, in A. PALAZZO (a cura di), I contratti, cit., 289 ss.
l’obbligo dell’onerato ad erogare una parte dell’utilità conferitagli a tale scopo dal donante quale prestazione gestoria, dedotta in un contratto di mandato a donare collegato alla donazione, non si è in grado di spiega- re la ragione per la quale il diritto a richiedere l’adempimento del modus potrebbe essere esercitato anche dal terzo, con il quale invece il mandatario, che è legato da un rapporto giuridico nei confronti del solo mandante, non ha invece alcuna relazione; che se è vero che le parti in effetti potrebbero voler concludere talvolta una donazione e un mandato a donare, è altrettanto vero che non necessariamente una tale qualifica- zione dovrà imporsi quando si tratterà di attribuire ad un terzo una parte dell’oggetto della donazione; che la donazione modale ricava dal codice una disciplina esaustiva e «applicabile senza alcun concorso con la nor- mativa di altri tipi legali», poiché tale operazione è unitariamente volta a realizzare un assetto di interessi corrispondente ad una funzione unica, qual è quella della donazione100.
7. Donazione modale: causa e (sotto)tipo. Ipotesi di mancanza di causa o di assenza del (sotto)tipo
Causa della donazione modale
I contorni del sottotipo rappresentato dalla donazione modale, quali ri- sultano dal quadro appena tracciato, mostrano un negozio giuridico dal- la fisionomia ben precisa, e consentono dunque di isolare tutte quelle ipotesi nelle quali le parti di un contratto di donazione arricchito dalla particolare modalità costituita dall’onere, vogliono, attraverso di esso, perseguire in realtà uno scopo corrispondente ad una diversa causa e ad un diverso tipo negoziale.
Prima di affrontare questa indagine è utile riproporre una nozione di donazione modale, espressa per mezzo della causa e del (sotto)tipo corrispondenti.
Quanto alla causa è ormai chiarito che di essa potranno essere rive- lati gli esatti contorni solo avendo riguardo sia all’intento o scopo del do- nante di non volere meramente beneficare il donatario101, sia al motivo oggettivo che muove il donante a volere imporre a carico del donatario una prestazione: quanto al primo, va precisato che l’intento negativo divisato partecipa della stessa natura dello spirito di liberalità che, se proposto in chiave positiva, potrà essere inteso come quella particolare condizione verso la quale convergono entrambe le parti del contratto nel
100 CATAUDELLA, La donazione, cit., 52; X. XXXXXX, Donazione modale, in X. XXXXXXX (a cura di), I contratti, cit., 291 ss., 294 ss., 296, 297.
101 Il modus ha l’attitudine di modificare, ampliandolo, il singolo schema negoziale, consenten- do la realizzazione di singole e specifiche finalità estranee alla causa, tanto del tipico negozio di li- beralità quanto del negozio atipico di liberalità, Cass., 11 giugno 2004, n. 11096, in Foro it., 2005, I, 466.
Sottotipo donazione modale
Mancanza di causa o
tipo
momento in cui «si prospettano e vogliono, oppure accettano» che l’atto di attribuzione senza corrispettivo «realizzi un interesse non patrimonia- le del donante»102; per quanto riguarda il secondo, va definitivamente chiarito che anche l’interesse (del donante) al quale deve corrispondere la prestazione che forma oggetto dell’obbligazione modale dovrà essere in tal caso sempre di carattere non patrimoniale103.
Sul piano del (sotto)tipo va osservato che l’assetto di interessi vo- luto dal donante e condiviso dal donatario risulterà conforme allo spirito di liberalità (nei termini appena precisati) solo se non predeterminato in guisa tale che per adempiere all’onere il donatario dovrà svolgere un’at- tività o investire capitali il cui valore è già dalle parti, all’atto della con- clusione del contratto, programmato e voluto come uguale o addirittu- ra superiore al valore del bene ricevuto con la donazione; e va infine precisato che nella prestazione imposta al donatario si ravvisa un onere nei limiti in cui il donante voglia, attraverso di essa, determinare soltan- to una limitazione in senso economico della liberalità, ovvero stabilirne la misura.
Da tale premessa dovrebbe ormai risultare chiaro quando si verifichi- no casi in cui si assiste ad una forzatura della causa e del (sotto)tipo che connotano la donazione modale.
Una prima serie di casi si concentra attorno all’evenienza in cui le parti del contratto di donazione programmino un assetto negoziale in cui il valore dell’onere sia uguale o addirittura superiore al valore del bene ricevuto in donazione.
E lo scopo che in tal caso le parti vogliono in concreto perseguire di- penderà a sua volta dallo specifico atteggiarsi dei rapporti sottostanti la donazione modale, poiché è certo che in queste ipotesi potrà individuar- si, accanto alla prestazione del donante e alla prestazione imposta all’o- nerato, una causa presente, futura o praeterita che appaia sufficiente a giustificare, se non entrambe le prestazioni, almeno una delle due.
Ciò avverrà quando, per esempio, preesista un interesse che leghi il donante al terzo beneficiario della prestazione modale, tale per cui il pri- mo, mediante siffatta prestazione, si procuri una liberazione per mezzo dell’estinzione nei confronti del terzo di una preesistente obbligazione, ovvero esegua una controprestazione a fronte di una prestazione che il terzo compie nei suoi confronti sulla base di altro rapporto autonomo ed estraneo rispetto al contratto che il donante conclude con il donatario, oppure si procuri un acquisto (di un credito restitutorio), come quando imponga all’onerato di erogare una parte del denaro o delle cose fungibi- li donate al terzo, cui ha promesso una siffatta utilità a titolo di mutuo.
102 CATAUDELLA, La donazione, cit., 19.
103 CATAUDELLA, La donazione, cit., 118 s.
In tutti questi casi, oltre a mancare della donazione modale il tipo mancherà della stessa, prima ancora, la causa, poiché in essi ad essere patrimoniale è tanto l’interesse che muove il donante ad attribuire al do- xxxxxxx, quanto l’interesse che muove il donante a far sì che il donatario esegua l’onere nei confronti del terzo; della patrimonialità di quest’ulti- mo intento si è già appena riferito, mentre della patrimonialità del primo profilo è presto detto: il donante infatti, nel trasferire al donatario risor- se economiche, intende esclusivamente somministrargli i mezzi necessa- ri per l’esecuzione della prestazione oggetto dell’obbligazione modale, e dunque non mira semplicemente a porre una limitazione economica ad una liberalità della quale intende giovare il donatario.
Né a diversa conclusione è dato pervenire quando, in un’altra serie di casi, l’interesse che preesiste alla donazione modale si rinviene in capo al donatario che, allo stesso modo, con l’attribuzione al terzo assolva ad una esigenza di liberazione da un obbligo assunto verso il donante o ese- gua una prestazione a fronte di una controprestazione già eseguita dal donante o solamente promessa da quest’ultimo, oppure voglia più sem- plicemente compiere a favore del donante un atto di liberalità. Siamo ov- viamente al cospetto di situazioni nelle quali il donatario, oltre ad ese- guire la prestazione modale, fornisce anche i mezzi necessari per l’adem- pimento della stessa; ma a non diversa conclusione è dato giungere se l’utilità che il donatario presta al donante per corrispondere al rapporto che lo lega a quest’ultimo consista semplicemente nella prestazione di fa- re (adempiere all’obbligazione modale), di certo economicamente valu- tabile di per sé.
E a maggior ragione si sarà al di fuori del sottotipo rappresentato dal- la donazione modale allorquando la fattispecie sarà sorretta da una dop- pia causa, cioè da una causa che giustifica la prestazione del donante al terzo e di una causa che giustifica la prestazione del donatario nei con- fronti del donante.
Di diversa natura ma di identica portata è l’ipotesi in cui il modus co- stituisce il mezzo per realizzare lo scopo perseguito dal donante, che è quello di effettuare una liberalità non già a beneficio del donatario ma del terzo: la causa e il tipo di tale operazione integrerà dunque la fatti- specie del mandato a donare, e si incentrerà su un interesse non patri- moniale, qual è quello che sostanzia il rapporto tra donante e terzo.
8. Donazione modale come negozio indiretto
La serie dei casi ipotizzati mostra fattispecie che si pongono abbondan- temente al di fuori del (sotto)tipo donazione modale, e l’analisi invero evidenzia che, pur se la distanza dal (sotto)tipo di ogni singola fattispe- cie potrà essere più o meno accentuata, ciascuna di esse risponde però
Atto gra- tuito inte- ressato
ad un medesimo comune denominatore: essere, l’operazione economica, giammai volta a procurare, all’avente causa («donatario») del disponen- te («donante»), un vantaggio patrimoniale diretto e immediato, al punto che la «prestazione del donante» non potrebbe neppure essere intesa quale atto di attribuzione patrimoniale104.
Se invece è rinvenibile a favore del «donatario» una attribuzione, si tratterà allora di verificare se la limitazione in senso economico apposta al vantaggio patrimoniale ad esso procurato sia giustificata o meno da uno scopo di mero arricchimento del ricevente della prestazione esegui- ta in adempimento dell’onere (cioè del terzo a beneficio del quale è po- sto l’onere), oppure se, mediante ciò il donante voglia perseguire per sé un vantaggio che, per essere più o meno occultamente «economicamen- te interessato», escluda, con riguardo all’interesse-motivo alla prestazio- ne modale, il tratto liberale e indichi piuttosto l’emersione di un tratto di gratuità105; in altri termini, può essere che il donante, con la semplice condivisione del donatario o anche sulla base di un motivo-interesse co- mune106, voglia destinare una parte del valore della cosa donata al soddi- sfacimento di un proprio concorrente interesse economico107, al punto
104 XXXXXXX XXXXXXXXXX, op. cit., 220. È dubbia l’individuazione di un negozio di attribuzione pa- trimoniale tra «donante» e «donatario» proprio in quei casi nei quali emerge la situazione di un mo- do programmato nel senso di essere destinato ad assorbire l’intero arricchimento; è pertanto condi- visibile la riserva espressa dalla dottrina (CARNEVALI, Le donazioni, cit., 559, nota 38) a proposito del- la decisione che ha giudicato modo l’obbligo di destinare tutta la somma ricevuta allo scopo di libe- rare un ostaggio sequestrato dai banditi (cfr. Cass., 18 febbraio 1977, n. 377, in Giur. it., 1977, I, 1, 818).
105 Quando l’attribuzione gratuita risulta strettamente correlata ad un interesse patrimoniale di colui il quale la attua, ci si trova di fronte ad un atto gratuito che non integra una liberalità, cfr. P. MO- ROZZO DELLA ROCCA, Gratuità, liberalità e solidarietà. Contributo allo studio della prestazione non onerosa, Milano, 1998, 63, nota 59.
106 Nel primo caso, alla manifestazione dell’intento economicamente interessato propria del do- nante si unisce, nel senso di condividerla, l’adesione del donatario (CATAUDELLA, La donazione, cit., 12 s. specie nota 39, e a proposito più in generale dell’intento di beneficare, precisa che si tratta del- l’emersione di una modalità di espressione dell’«intento comune»); nel secondo caso l’interesse di natura economica o patrimoniale che fonda la particolare destinazione ad altri di una parte del va- lore della cosa donata è un interesse autenticamente comune. Rientrano, a titolo esemplificativo, in tali ipotesi, i casi del donante che, oltre a voler beneficare il donatario, desideri anche fare mecena- tismo o patrocinio per perseguire scopi di mercato e di ritorno pubblicitario, per promuovere la pro- pria attività, oppure per proteggere il buon nome commerciale della propria azienda, o più in gene- rale per guadagnare favori personali, dunque in generale per conseguire sia pure indirettamente e a lungo termine ritorni di carattere economico (sul punto, CATAUDELLA, La donazione, cit., 19 s.; P. MO- ROZZO DELLA ROCCA, Autonomia privata, cit., 26 ss.). La pianificazione di un ritorno economico sia pure indiretto, che rende appunto parzialmente interessata l’operazione gratuita complessivamente riconducibile alla donazione modale, potrà essere poi riconducibile congiuntamente al donante e al donatario, quando è anche quest’ultimo a trarre, dalla destinazione di una parte del valore della co- sa donata, un indiretto vantaggio economico.
107 Il ritorno di carattere economico che il donante trae dal favore che consegue per sé, nell’a- vere destinato al favorito una parte del valore della cosa donata, potrà essere in concreto individua- to anche nel caso in cui l’onere sia strutturato in guisa tale da imporre una prestazione che il dona- xxxxx dovrà eseguire non già a vantaggio di terzi ma a proprio diretto favore: la dottrina in generale osserva infatti che se il donante impone al donatario un certo comportamento, non limitandosi a da- re ad esso semplicemente un consiglio, con ciò manifesta un interesse che, a fronte di una presta-
Uso indiretto
della donazione modale
Interesse econo- mico del donante
Interesse econo- mico del
donatario
che il contratto di donazione modale, oltre ad essere normalmente e di- rettamente volto allo scopo tipico di liberalità, integri anche la natura so- stanziale e la funzione concreta di un atto gratuito economicamente interessato, costituendo il «mezzo tecnico» per la realizzazione dell’ul- teriore scopo di carattere economico.
Premessi i chiariti contorni del sottotipo donazione modale, si tratte- rebbe allora di isolare le ipotesi nelle quali le parti del contratto modale, vogliono in realtà, attraverso di esso, perseguire uno scopo ulteriore, che vada al di là di quello tipico ovvero della causa tipica alla quale la fat- tispecie disciplinata dall’art. 793 c.c. tende108, scopo che come è noto po- trà compiersi anche mediante più negozi collegati.
Deve essere in primo luogo precisato che i casi di uso indiretto del- la donazione modale all’esame, presuppongono che le parti del contratto di donazione abbiano programmato un assetto negoziale nel quale il va- lore dell’onere sia inferiore al valore del bene ricevuto in donazione.
Una prima ipotesi si potrà avere quando il donante intende, con la condivisione del donatario, destinare per motivi di interesse anche solo indirettamente economico, una parte del valore della cosa donata al sod- disfacimento di tali motivi: si tratta in tal caso, come si è cercato di spie- gare, di un uso della donazione modale quale «mezzo tecnico» che con- sente principalmente al donante, e talvolta unitamente ad esso anche al donatario, di compiere un atto gratuito economicamente interessato.
Una seconda ipotesi si potrà poi avere quando ad avere un più o me- no occulto interesse economico alla destinazione di una parte del valore della cosa donata è esclusivamente il donatario onerato, il quale se per un verso, attraverso il compimento dell’attività onerata, avrà modo di presidiare la realizzazione del suddetto interesse, per altro verso, su al- trettanta garanzia di soddisfacimento non potrà invece contare là dove l’onere sia apposto ad una donazione avente ad oggetto l’assunzione di un obbligo di dare. In tal caso infatti, la prestazione di dare potrebbe non essere (dal donante al donatario) adempiuta, cosicché quest’ultimo si troverà nella condizione di non poter eseguire, a sua volta, la prestazione modale nei confronti del soggetto a vantaggio del quale è posta, versan- do così nella condizione di non poter soddisfare il proprio indiretto inte- resse economico.
zione suscettibile di valutazione economica, rileva ex art. 1174 c.c., ovvero fa del comportamento im- posto l’oggetto di una vera e propria obbligazione prevista tanto nell’interesse del donante quanto nell’interesse del donatario (XXXXXXXXXX, La donazione, cit., 51, nota 206). Pertanto, potrà rientrare nel novero dell’uso indiretto della donazione modale anche il caso in cui la parte del valore della co- sa donata destinata a risorsa per l’adempimento dell’onere, sia rivolta a vantaggio dello stesso do- xxxxxxx, allorquando il donante voglia in parte semplicemente beneficarlo e in parte ottenere, me- diante una porzione del valore della donazione, un ritorno economico sia pure indiretto.
108 Sulla nozione di negozio indiretto, XXXXXXX XXXXXXXXXX, op. cit., 182 ss.
Interesse econo- mico di entrambi
La situazione descritta non offre al donatario alcun rimedio tipica- mente riconducibile all’alveo della disciplina prevista dalla donazione modale, poiché la risoluzione per inadempimento della donazione, anche se prevista nell’atto di donazione, è volta al solo soddisfacimento dell’in- teresse del donante e dei suoi eredi allo scioglimento del contratto dovu- to all’adempimento della prestazione modale; dunque si tratta di un ri- medio che non può essere in alcun modo esteso al donatario, per l’ina- dempimento della prestazione del donante.
Ciò non toglie che se il donatario rivela un indiretto interesse econo- mico all’adempimento della prestazione ad opera del donante, poiché ha interesse a dare al terzo a vantaggio del quale è posto l’onere una parte del valore della cosa donata, un tale risultato egli potrebbe di certo ve- dersi tutelato attraverso la previsione nell’atto di donazione modale di una clausola penale, con la quale venga stabilito che in caso di inadem- pimento della prestazione donativa il donante sarà tenuto ad una deter- minata prestazione consistente nel pagamento di una somma di denaro corrispondente ad un importo pari al costo dell’esecuzione della presta- zione modale individuato in riferimento al momento in cui il modo dovrà essere eseguito.
In aggiunta alle fattispecie di uso indiretto del contratto di donazione modale appena evidenziate, si pongono quei casi nei quali lo scopo ulte- riore che le parti perseguono potrà essere realizzato attraverso la fissa- zione, ad opera delle stesse, di un nesso di corrispettività o di connes- sione funzionale tra la prestazione del donante e la prestazione modale, tale per cui le parti hanno inteso fare del contratto di donazione modale un «mezzo tecnico» corrispondente ad un contratto a prestazioni corri- spettive.
Nell’apprezzamento dei contraenti cioè, ciascuna prestazione trova la sua ragion d’essere nell’altra, cosicché mentre la ragione della prestazio- ne del donante si rinviene nella prestazione modale da parte dell’onera- to, correlativamente siffatta prestazione trova la sua ragion d’essere nel- la prestazione del donante, in un quadro nel quale «le parti hanno com- posto interessi potenzialmente confliggenti, cercando di trovare, ciascu- na, la misura di scambio più vantaggiosa»109. E si tratterà di un conflitto di interessi tendenzialmente omogenei.
Il donatario potrà avere semplicemente quel diretto interesse econo- mico alla prestazione donativa che sarà tale da procurargli, seppure en- tro certi limiti, un incremento patrimoniale, mentre il donante potrà col- tivare, verso la prestazione che forma oggetto dell’obbligazione modale e nei termini più sopra precisati, anche un concorrente interesse indiretta- mente economico accanto a quello normalmente morale.
109 CATAUDELLA, La donazione, cit., 9.
Indici
Nell’apprezzamento delle parti quindi, la configurazione di questi due contrapposti interessi potrà avvenire proprio mediante quello strumento che, più di ogni altro, garantisce la realizzazione nel nesso di corrispetti- vità tra la prestazione del donante e la prestazione dell’onerato, e dunque non tanto attraverso lo strumento risolutivo di cui all’art. 793, 4° co.: la ri- soluzione del contratto cui dà luogo l’inadempimento dell’onere, infatti, non dipende da un difetto funzionale della causa, come nei contratti a prestazioni corrispettive appunto110, ma è posta esclusivamente a presi- dio della mancata realizzazione di quell’interesse esclusivamente non pa- trimoniale del donante che, come più volte è stato riferito, si oggettivizza in quello specifico motivo che ha mosso in concreto il donante a benefi- care il donatario.
L’indice che configura un uso indiretto della donazione modale si ri- vela dunque attraverso la previsione, nell’atto di donazione modale, di una clausola risolutiva espressa che consenta, cioè, di domandare la risoluzione secondo i termini generali di cui all’art. 1453 ss. c.c., dunque anche da parte del donatario, o che consenta di chiedere, a chi domanda la risoluzione, anche il risarcimento del danno111 mediante il paga- mento di una somma di denaro corrispondente, anche in tal caso, ad un importo pari al costo dell’esecuzione della prestazione modale indivi- duato in riferimento al momento in cui il modo dovrà essere eseguito; o che permetta di chiedere, anche una volta fatta istanza per la risoluzione, l’adempimento del modo da parte del donante112. Del pari ulteriore indi- ce agli effetti di cui sopra si riscontrerebbe nella clausola risolutiva espressa che stabilisce che il donatario, oltre a potersi avvalere degli ef- fetti della risoluzione di diritto del contratto nel caso in cui non venga adempiuta la prestazione del donante, avrà altresì titolo per chiedere a quest’ultimo il risarcimento negli stessi termini di cui sopra.
110 XXXXXXX XXXXXXXXXX, op. cit., 206.
111 Il risarcimento del danno da inadempimento dell’onere è ammesso in linea generale, allorché l’inadempimento dell’onere che porti alla risoluzione sia produttivo di danno risarcibile per il do- nante, da CATAUDELLA, La donazione, cit., 121. Contra, XXXXXXXXX, Le donazioni, cit., 560, nota 44, con richiami di dottrina conforme.
112 Mentre per parte della dottrina l’adempimento del modo può essere richiesto anche una vol- ta fatta istanza per la risoluzione (XXXXXXXXX, Le donazioni, cit., 559 s.), per altri ciò, in conformità ai principi generali, non è ammesso, A. PALAZZO, Atti gratuiti, cit., 302; X. XXXXXX, Donazione moda- le, in A. PALAZZO (a cura di), I contratti, cit., 311.
9. Adempimento dell’onere entro i limiti del valore del- la cosa donata. Stato della giurisprudenza. Azione per l’adempimento
La donazione modale dà origine ad un’obbligazione in capo all’onerato e quindi richiama le norme e i principi dettati per le obbligazioni in ge- nerale113.
Non si comprende pertanto sulla base di quale fondamento una corte di meri- to114 abbia potuto stabilire il principio che possa essere preso in considerazio- ne, come inadempimento della obbligazione modale, anche il comportamento non già del solo contraente-donatario-onerato, ma anche del soggetto avente causa da costui a titolo particolare; e che dunque la domanda di risoluzione della donazione per inadempimento del modo possa essere avanzata anche nei confronti di questo, sol che alla stessa il donante sia ammesso in quanto semplicemente sussistano le condizioni di cui all’art. 793, 4° co., c.c., ovvero che la risoluzione per l’inadempimento dell’onere sia stata preveduta nell’atto di donazione.
Il caso di specie riguardava in particolare un trasferimento a titolo gratuito di un immobile da destinare ad un determinato uso e a condizione che sulla sua facciata permanesse una data iscrizione. Al riguardo, invero, la domanda di risoluzione della donazione per inadempimento da parte del soggetto aven- te causa dal donatario a titolo particolare non avrebbe potuto essere accolta non già escludendo alla fattispecie il carattere della donazione modale, né os- servando che anche a volerne ammettere il carattere di donazione modale mancherebbe però l’espressa previsione di cui all’art. 793, 4° co., c.c., ma più radicalmente premettendo il carattere necessariamente relativo della pretesa all’adempimento dell’onere e dunque la conseguente azionabilità altrettanto re- lativa della risoluzione per inadempimento dell’obbligazione modale nei soli confronti del contraente-donatario, a meno che non si voglia ricostruire l’onere come una obbligazione reale o ambulatoria o passivamente propter o ob rem115, ciò che non trova alcun riferimento né dottrinale né giurisprudenziale. Del pari inappropriata, per le stesse ragioni, è la qualificazione di donazio-
ne modale, data dalla Suprema Corte116 alla fattispecie che obbliga il donatario primo onerato, al trasferimento del bene ad altri per realizzare le finalità stabili- te dal donante, tutto ciò secondo il seguente meccanismo: per il caso che per qualsiasi motivo il donatario non possa o non voglia continuare a prestare l’at- tività benefica stabilita dal donante a favore dell’infanzia di un certo luogo, il do-
113 XXXXXXXXX, Le donazioni, cit., 558.
114 Cfr. App. Firenze, 23 giugno 1998, in Foro it., 1999, I, 3634.
115 Per la definizione di tale particolare situazione giuridica soggettiva, in cui la posizione pas- siva di obbligato ad un dato comportamento dipende dal fatto che l’obbligato sia a sua volta anche soggetto attivo in un rapporto reale, XXXXXXX XXXXXXXXXX, op. cit., 81 s.
116 Cfr. Cass., 26 maggio 1999, n. 5122, in Foro it., 2000, I, 2289, e in Giur. it., 2000, 258.
Adempi- mento dell’onere
xxxxx impone al donatario l’obbligo di mettere a disposizione della Curia il com- plesso dei beni donati, per la continuazione, alle stesse condizioni, a mezzo di altro ente a scelta della Curia stessa, delle benefiche attività che il donante con la donazione si è proposto di perpetuare.
Una tale previsione contrattuale risultò infatti in concreto attuata nei se- guenti termini: il primo donatario-onerato, dopo avere adempiuto alla obbliga- zione modale per un certo tempo, trovandosi nella impossibilità di proseguire nell’opera benefica, rappresenta ciò alla Curia e quindi procede a donare, al- l’ente designato dalla Curia stessa, i beni originariamente ricevuti in donazione; del pari, il secondo donatario, versando nella medesima condizione del primo, segue la medesima procedura di quest’ultimo, finché i beni, ritornati nella di- sponibilità della Curia vengono da questa trattenuti in parte, pur dopo la richie- sta di restituzione dei medesimi.
In altri termini, il soggetto onerato, e cioè il soggetto tenuto all’adempimen- to dell’obbligazione modale, viene individuato in base alla circostanza che ri- sulti avere, in un certo momento, la proprietà di alcuni beni, e che dunque, in buona sostanza, risulti rivestire, in quel momento, la qualità di avente causa, immediato o mediato, a titolo particolare e per atto tra vivi, ovvero per donazio- ne, dell’originario contraente-donatario-onerato.
L’art. 793, 2° co., c.c., al pari dell’art. 671 x.x. xx xxxx xx xxxxxx xxxxxx000, xxxxxxxxxx che il donatario, nella sua qualità di debitore, è tenuto all’a- dempimento dell’onere solo «entro i limiti del valore della cosa donata» e non oltre: la disposizione dunque richiama la necessità di porre in raf- fronto l’ammontare dell’onere e l’ammontare della liberalità, ovve- ro di confrontare il costo dell’esecuzione della prestazione modale con l’entità dell’arricchimento118.
Per opinione unanime, la ratio della disposizione è quella di impedi- re che l’esecuzione dell’onere determini per il donatario un costo mag- giore rispetto al valore della liberalità ricevuta119, e dunque la compara-
117 In tema di onere apposto all’istituzione di erede non sussiste alcun limite al relativo adempi- mento, poiché vige il principio della responsabilità ultra vires dell’erede che non abbia accettato con beneficio d’inventario, X. XXXXXX, Donazione modale, in A. PALAZZO (a cura di), I contratti, cit., 307. 118 X. XXXXXX, Donazione modale, in A. PALAZZO (a cura di), I contratti, cit., 307, ricorda che sot-
to il vigore del codice abrogato non sussisteva una norma che stabiliva il limite entro cui l’onerato era tenuto ad adempiere, e aggiunge che la dottrina dell’epoca (Cfr. SCUTO, Il modus nel diritto ci- vile italiano, Palermo, 1909, 244 ss., 250 ss.) aveva individuato una soluzione differenziata a secon- da che si trattasse di onere donativo, onere apposto ad un legato o onere apposto all’istituzione di erede. Mentre per il legato e l’istituzione di erede, la dottrina citata ammetteva che il valore dell’o- nere potesse essere di entità pari o (limitatamente all’istituzione di erede) anche superiore all’attri- buzione patrimoniale principale, delineandosi in quest’ultimo caso l’ipotesi dell’eredità dannosa, per il modus donativo invece l’essenzialità dell’arricchimento in senso economico impediva all’onere di assorbire in toto l’arricchimento del donatario.
119 Ciò si verifica quando, tra il momento della conclusione del contratto e il momento dell’a- dempimento dell’onere, si sia verificato il caso di una diminuzione di valore del bene donato o dei frutti che il bene produce, o il caso di eventi che rendono, a parità di valore del bene donato, più co- stosa l’esecuzione del modo; in altri termini, debbono essersi verificati eventi idonei «ad alterare il
zione dei valori dovrà essere riferita non già al momento della conclusio- ne del contratto di donazione modale, ma all’atto dell’esecuzione del mo- do120, nel senso che è a tale momento che dovrà essere individuato e at- tualizzato, oltre alla spesa necessaria per l’adempimento dell’obbligazio- ne modale, anche il valore dei beni donati121; valore che, per rispondere appieno alla ratio dell’art. 793, 2° co., c.c., dovrà essere determinato (si ripete al momento dell’esecuzione del modo, e non già al momento ini- ziale della stipulazione dell’onere) in modo tale da ricomprendere ogni elemento attivo e passivo maturato al momento dell’esecuzione dell’one- re, come i frutti percepiti, le migliorie apportate e le spese incontrate per la conservazione della cosa122.
La Suprema Corte123 afferma che in caso di donazione gravata da un onere modale consistente nel compimento di un’opera di cui sia destinatario lo stes- so donatario, per stabilire se l’adempimento dell’onere si risolva in un pregiudi- zio economico per il donatario, a causa della sua eccedenza sul valore della cosa donata, occorre avere riguardo al risultato finale conseguibile con lo sfrut- tamento di tutte le potenziali caratteristiche e funzionalità del bene donato e del suo incremento patrimoniale ad opera compiuta.
In altra sede124 si osserva che se la donazione è gravata da un onere mo- dale che si concreti in una prestazione vitalizia di assistenza in favore del do- nante, spetta a costui, se agisce per l’adempimento dell’onere, provare la mi- sura complessiva della prestazione dovuta dal donatario, contenuta ai sensi dell’art. 793, 2° co., c.c. nei limiti del valore del bene donato, mentre il donata- rio può limitarsi a sostenere di avere già esattamente adempiuto l’onere, in quanto l’assistenza prestata superava il valore del bene ricevuto in donazione.
rapporto di valore tra arricchimento e modo» (CARNEVALI, Le donazioni, cit., 559), ma non in un sen- so che volge a beneficio dell’onerato (come quando la cosa ricevuta incrementa di valore a fronte di costi per l’adempimento dell’onere rimasti invariati), ma nel senso opposto che volga a svantaggio dello stesso: il danno derivato da tale svantaggio non può pertanto essere posto a danno esclusivo dell’onerato.
120 Quando l’onere apposto alla donazione consiste in una prestazione di assistenza in favore del donante, spetta a quest’ultimo provare la misura complessiva della prestazione dovuta dal dona- tario, Cass., 26 giugno 2000, n. 865, in Mass. Foro it., 2000.
121 Nel considerare, oltre agli eventi che incidono sul costo della prestazione modale, anche quelli che diminuiscono il valore dei beni donati, dovrà per esempio essere contemplata la svaluta- zione monetaria subita dai titoli obbligazionari donati, così come i vizi della cosa donata che incido- no sul valore di quest’ultima, per i quali non sia dovuta garanzia al donante salvo espressa previsio- ne, ex art. 797, n. 3, c.c., CARNEVALI, La donazione modale, in BONILINI (diretto da), Trattato, cit., 863. 122 A. MARINI, Il modus, cit., 248 s.; i frutti percepiti dovranno dunque essere destinati all’adem- pimento del modus, in analogia a quanto dispongono, in riguardo alla responsabilità intra vires hae- reditatis dell’erede che abbia accettato con beneficio d’inventario, gli artt. 490, n. 2, e 492 c.c., così come, in analogia al disposto di cui all’art. 748 c.c., dovranno essere computate, per evitare che la donazione si risolva in un impoverimento del donatario, le spese sostenute dal donatario per i mi-
glioramenti, oltre a quelle sostenute per la conservazione della cosa.
123 Cfr. Cass., 22 giugno 1994, n. 5983, in Mass. Giust. civ., 1994, 870.
124 Cfr. Cass., 26 gennaio 2000, n. 865, in Mass. Giust. civ., 2000, 151.
Rapporto di valore tra dona- zione e onere
La dottrina correttamente osserva che tra quegli eventi successivi alla stipulazione del contratto che devono assumere rilievo in quanto idonei ad alterare o eliminare il rapporto di valore tra donazione e onere, rientra anche la sopravvenuta impossibilità parziale e la sopravvenuta eccessiva onerosità della prestazione del donante: in quest’ultimo caso, in particolare, si ritiene che il donante, pur sempre partecipe di un con- tratto con obbligazione di una sola parte, potrà infatti ricorrere ai rimedi disposti dall’art. 1468 c.c., e non già a quello di cui all’art. 1467 c.c., pre- visto invece appositamente per il contratto a prestazioni corrispettive125, e dunque conseguire essenzialmente una riduzione della prestazione donativa.
Pertanto, in caso di sopravvenuta impossibilità parziale e di soprav- venuta eccessiva onerosità della prestazione donativa126, potrà essere fatto ricorso al meccanismo previsto dalla norma di cui all’art. 793, 2° co., c.c.; cosicché il modo potrà essere contenuto, anche in queste ipote- si, nei limiti del valore della prestazione donativa siccome ridotto a cau- sa della impossibilità sopravvenuta di una parte della prestazione dona- tiva stessa o nei limiti della prestazione donativa risultante dalla richiesta riduzione della misura originaria della medesima per eccessiva onerosità sopravvenuta127.
Il richiamo in via analogica all’art. 748, 1° e 2° co., c.c., in sede di de- terminazione del valore dei beni donati, potrebbe infine valere anche per il disposto di cui al 3° co. della norma citata, e dunque far ritenere che nel caso in cui la diminuzione di valore dei beni donati, apprezzabile al momento dell’esecuzione dell’onere, è scaturita da un deterioramento dovuto a colpa dell’onerato – dovendosi in tal caso imputare a debito dell’onerato stesso il relativo deterioramento –128, la ricostruzione del va- lore della cosa donata dovrà avvenire senza considerare la diminuzione dipesa dal deterioramento imputabile al donatario129; cosicché, in ipotesi di equilibrio tra valore dei beni donati (ricostruito nei termini anzidetti) e costo dell’onere (condizione questa che rende esigibile l’adempimento
125 CATAUDELLA, La donazione, cit., 147 s.
126 O in caso di perimento parziale del bene donato, per causa non imputabile al donatario, CAR-
NEVALI, La donazione modale, in BONILINI (diretto da), Trattato, cit., 863.
127 CATAUDELLA, La donazione, cit., 147 s.; X. XXXXXX, Il modus, cit., 294 ss.
128 Cfr. FORCHIELLI, sub art. 748, in Comm. c.c. Scialoja Branca, sub art. 713-768, Bologna-Ro- ma, 1970, 465; cfr. AZZARITI, La divisione, in Tratt. Xxxxxxxx, 6, Torino, 1982, 406.
129 Se i beni oggetto di donazione sono stati consumati, alienati o siano andati totalmente per- duti per una causa diversa dal fortuito, il donatario è ugualmente tenuto all’adempimento dell’one- re: entro i limiti del valore della cosa donata stabilito al momento della donazione, nel primo caso; ponendosi una scelta tra valore iniziale dei beni e corrispettivo conseguito dal donatario con l’alie- nazione di essi, nel secondo caso; nei limiti della somma ottenuta a titolo di risarcimento dal terzo responsabile della perdita del bene o nei limiti del valore iniziale dei beni, se la perdita è imputabile allo stesso donatario, nel terzo caso; sul punto, XXXXXXXXX, La donazione modale, in BONILINI (diret- to da), Trattato, cit., 863 s.
dell’obbligazione modale), alla differenza tra il primo e il secondo dovrà far fronte, al momento dell’esecuzione del modo, l’onerato stesso con il proprio personale patrimonio130.
Una situazione particolare è quella che si verifica quando la presta- zione dovuta dall’onerato è ab origine infrazionabile e la spesa che l’o- nerato dovrebbe sostenere per adempierla è, appunto ab origine, mag- giore del valore della liberalità ricevuta; la dottrina che si è occupata del caso, dopo aver escluso l’applicabilità ad esso della nullità del modus per impossibilità originaria della prestazione – in particolare osservando che una prestazione infrazionabile è di per sé senz’altro possibile e dunque tale da poter essere adempiuta dall’onerato –, conclude nel senso che sif- fatta ipotesi può essere equiparata a quella in cui la prestazione modale nella sua totalità ed entità sia superiore al valore della donazione, con la conseguenza che l’intera prestazione risulterà inesigibile e che il sogget- to onerato sarà liberato in toto dall’obbligazione a suo carico131.
Una situazione del tutto particolare si prospetta anche quando il va- lore del bene trasferito sia ab origine inferiore al sacrificio che com- porta l’onere, caso nel quale non ci si trova a ben vedere di fronte ad una pura e semplice limitazione del beneficio ricevuto, apprezzabile quale ri- duzione del valore attribuito al destinatario della liberalità, ma ad una fattispecie nella quale all’avente causa è sin da subito esclusa la stessa possibilità dell’arricchimento; in tal caso, quando cioè è programmato ab origine che il valore dell’onere non sia contenuto entro quello del bene trasferito, non si potrà fare ricorso alla donazione modale e, in particola- re, alla applicazione del rimedio di cui all’art. 793, 2° co., c.c., ma dovrà essere fatto ricorso «a congegni contrattuali diversi dalla donazione»132. Si è dunque al di fuori, in questi casi, dall’unitario schema donativo modale, a meno che non si voglia argomentare ricostruendo la donazio- ne modale nei termini del collegamento negoziale tra una clausola mo- dale, valevole quale disposizione autonoma e distinta, da un lato, e dona- zione o attribuzione donativa, dall’altro, collegamento volto a perseguire lo scopo del donante anche per mezzo di una combinazione di negozi
non contestuali133.
In base a tale ricostruzione infatti si spiega quella casistica paradig- maticamente operata dalla dottrina appena citata sulla base della pre- messa che, in tali casi, attraverso il «controllo sull’arricchimento a favo- re di una delle parti» il valore dell’onere risulterebbe comunque conte-
130 Del resto è stato affermato che il modo può essere validamente adempiuto anche con mezzi diversi dall’oggetto della donazione, a meno che non sia provata una diversa volontà del donante, Xxxx., 17 aprile 1993, n. 4560, in Foro it., 1994, I, 1114.
131 X. XXXXXX, Il modus, cit., 251 s.
132 In tal senso sembra porsi anche X. XXXXXXX, voce «Donazione», cit., 151.
133 È notoriamente la ricostruzione fatta propria principalmente da A. PALAZZO, Atti gratuiti, cit., 272 ss., e, anche da ultimo, da X. XXXXXXX, op. cit., 3ª ed., 1585 ss.
nuto entro quello rappresentato dal bene trasferito, stante che «a secon- da dell’arricchimento prevalente, la posizione di donatario è assunta dal trasferente o dall’obbligato principale e quella di donante dall’avente causa onerato»134.
L’osservazione deve essere ovviamente esplicata.
Il primo caso è infatti quello di un soggetto che, nel trasferire un im- mobile urbano di valore modesto, «si riserva l’area per una sopraeleva- zione a carico dell’avente causa secondo un progetto che prevede neces- sariamente lavori di rafforzamento dell’edificio», lavori che importino per l’avente causa medesimo un sacrificio superiore al valore del bene trasferito: qui, a beneficiare di un certo arricchimento e/o vantaggio è il trasferente, il quale quindi assumerà la posizione di donatario onerato (l’onere consiste appunto nel trasferimento dell’immobile urbano di va- lore modesto). Il secondo caso viceversa, concerne l’ipotesi in cui il tra- sferimento ha ad oggetto «un pregevole fabbricato del centro urbano» con l’onere da parte dell’avente causa di ristrutturare a favore del trasfe- rente il piano attico: qui, a beneficiare di un arricchimento è l’avente cau- sa del trasferente, il quale dunque assumerà la posizione di donatario con l’onere a vantaggio del trasferente135.
Conclude la dottrina citata che in entrambi i casi emblematici gli in- teressi in gioco «si possono comporre sia nella struttura e nella forma della donazione modale, sia nel collegamento negoziale tra vendita e pre- stazione d’opera che realizzano una donazione indiretta»136.
A diversa conclusione si dovrebbe invece pervenire là dove si osser- va che quando in un contratto un soggetto pone in essere un atto di di- sposizione attributivo a favore dell’altro e quest’ultimo pone in essere un corrispondente atto di obbligazione137, in base allo schema donati- vo tipico donante sia il primo e donatario sia il secondo; cosicché, in un quadro nel quale potrebbe apparire fuorviante «relativizzare» i ruoli di donante e donatario, si dovrà invece concludere che si superano i limiti di elasticità dello schema donativo ogni volta che il sacrificio economico che comporta l’adempimento della prestazione assunta con l’atto di ob- bligazione supera per volontà delle parti il valore del bene trasferito con l’atto di attribuzione. In tal caso pertanto, gli interessi in gioco richiede- ranno l’enucleazione di una differente causa dell’operazione economica, assolvibile necessariamente mediante una differente struttura negoziale che sia idonea a contenere quegli elementi di atipicità che non sono con- tenibili all’interno dello schema donativo modale (tra di essi, appunto, il valore dell’onere superiore al valore della cosa donata).
134 X. XXXXXXX, voce «Donazione», cit., 151.
135 Ibidem.
136 X. XXXXXXX, voce «Donazione», cit., 151.
137 XXXXXXX XXXXXXXXXX, op. cit., 220.
Legittima-
zione all’azione di adempi-
mento
Per stabilire il soggetto che, ai sensi dell’art. 793, 3° co., c.c., può agi- re per l’adempimento dell’onere, la norma richiamata sembra preve- dere una sorta di naturale indicazione, là dove in primo luogo contempla a tale scopo il donante, quale soggetto portatore dell’interesse ai sensi dell’art. 1174 c.c.; poi chiarisce però che «oltre il donante» potrà agire
«qualsiasi interessato», al quale l’azione compete in modo concorren- te e non residuale rispetto al donante, tanto è vero che l’interessato, ap- punto, potrà intraprendere l’azione per l’adempimento dell’obbligazione rimasta inadempiuta in ogni tempo, ovvero «anche durante la vita del do- nante».
Dunque, mentre l’istanza di risoluzione per l’inadempimento dell’one- re è, a condizione che sia prevista nell’atto di donazione, riservata solo al donante e ai suoi eredi, la domanda di adempimento del modo è aperta a
«qualsiasi interessato»138.
L’espressione «qualsiasi interessato» è intesa, da una risalente dottri- na e dalla giurisprudenza139, in un senso letterale, ovvero in guisa tale da doversi sempre riferire, in modo ampio e indeterminato, a chiunque rice- va un vantaggio anche soltanto riflesso dalla prestazione imposta all’o- nerata, o a chiunque abbia anche solo un puro interesse «morale» all’a- dempimento140; rispetto a un tale modo di intendere l’espressione legi- slativa, che mira sostanzialmente a non ammettere alcuna particolare li- mitazione o esclusione dal novero dei legittimati alla domanda di adem- pimento dell’onere, si è invece portati a ritenere che la formula, nel rife- rirsi all’interessato, tendenzialmente intenda considerare tale il soggetto che risulti tra i vari e possibili beneficiari diretti del modo: qualsiasi inte- ressato dunque, nel senso di qualsiasi, anche potenziale, beneficiario di- retto del modo141.
138 In giurisprudenza, il più ristretto ambito dei legittimati a chiedere la risoluzione della dona- zione per inadempimento del modo, rispetto all’ambito dei legittimati a chiedere l’adempimento del modo, viene spiegato con la considerazione che i terzi non potrebbero farsi interpreti della volontà del donante di far eseguire o meno all’inadempimento la risoluzione della donazione, cfr. Cass., 29 gennaio 2000, n. 1036, in Giust. civ., I, 1693. Sul punto, in posizione parzialmente critica, in dottrina: XXXXXXX, La donazione modale risolubile, in XXXXXXXXXX e XXXXXXX (a cura di), op. cit., 135 s. Si pre- cisa inoltre che dalla legittimazione ad esperire l’azione di risoluzione dovranno essere esclusi, in quanto non ricompresi nel novero ristretto sancito dalla norma, i legatari e gli eventuali creditori del donante che si sostituiscono ad esso in via surrogatoria, A. PALAZZO, Atti gratuiti, cit., 302.
139 In dottrina, cfr. XXXXX, Delle donazioni, in Comm. c.c. X’Xxxxxx, Firenze, 1941, 774. BIONDI,
Le donazioni, in Tratt. Vassalli, Torino, 1961, 688; TORRENTE, La donazione, cit., 491. In giurispru- denza, anche di recente, cfr. Xxxx., 29 gennaio 2000, n. 1036, cit., che osserva come l’azione di adem- pimento dell’onere imposto dalla donazione può essere proposta da chiunque vi abbia interesse in quanto è la volontà del donante che viene protetta e si chiede che venga realizzata.
140 Si è discusso in dottrina se tra gli interessati indiretti a pretendere l’esecuzione del modo po- tessero rientrare anche i creditori del donante o del terzo, i quali potrebbero perciò agire in via sur- rogatoria: NICOLÒ, sub art. 2900 in Comm. c.c. Scialoja Branca, sub art. 2900-2904, cit., 1953, 122. Contra, BIONDI, op. cit., 686.
141 Da ultimo, XXXXXXXXX, La donazione modale, in BONILINI (a cura di), Trattato, 856 s.
Pertanto, la questione della legittimazione alla richiesta di adempi- mento del modo deve essere risolta tenendo conto dei vari possibili de- stinatari della prestazione in esso dedotta; cosicché il novero dei legitti- mati risulterà ampio e indeterminato nei soli casi in cui beneficiario del- l’onere, quale destinatario della prestazione modale, sia un gruppo di persone indeterminate, ovvero una categoria indeterminata ed indeter- minabile di persone la cui individuazione (della categoria e dei suoi sin- goli componenti) sia collegata ad una scelta dell’onerato o di un terzo ap- positamente incaricato, che agiscono nella veste di arbitratori142: in tal caso pertanto, coloro che si reputano interessati hanno una ben precisa tutela, poiché potranno agire per costringere il donatario, o il soggetto al- l’uopo incaricato, a compiere la scelta143.
Di contro, se l’onere è posto a beneficio del donante o del donatario medesimo, non è dato immaginare altro legittimato all’istanza di adempi- mento che non sia il donante144; se l’onere è invece posto a vantaggio di un terzo determinato o determinabile con criteri automatici, legittimati invece saranno il donante, in quanto portatore dell’interesse all’adempi- mento ex art. 1174 c.c., e ovviamente il terzo145.
Concedere in questi casi un’azione per l’adempimento anche ai cc.dd. interessati indiretti, sarebbe come consentire una illegittima intromissione nella sfera del donante146.
Anche nel diverso caso in cui la prestazione è rivolta a beneficio di una collettività di persone indeterminate ab initio, come nella ipotesi della donazione della collezione d’arte soggetta al modo di consentirne la periodica fruizione da parte del pubblico del museo presso cui è deposi- tata, sussisterà una pluralità indeterminata di soggetti portatori non già
142 CARNEVALI, La donazione modale, cit., 77 ss.; XXXXXXXXXX, La donazione, cit., 120. Da ultimo, XXXXXXXXX, La donazione modale, in BONILINI (diretto da), Trattato, cit., 855, osserva che fin quando non interviene la determinazione del beneficiario la donazione resta inefficace per quanto riguarda il diritto attribuito al beneficiario stesso, e quest’ultimo acquista il diritto alla prestazione a suo fa- vore solo al momento della sua individuazione.
143 In questo senso, XXXXXXXXX, La donazione modale, cit., 74 ss. Contra, X. XXXXXX, Il modus, cit., 232 ss. Da ultimo, XXXXXXXXX, La donazione modale, in BONILINI (diretto da), Trattato, 858, pe- raltro osserva opportunamente che nei casi del modo che consiste nella erogazione ogni anno di un premio a chi si è distinto in un particolare settore della vita sociale, o che consiste nella erogazione di sovvenzioni a favore di iniziative benefiche o culturali, il donatario ha una certa discrezionalità circa la scelta del beneficiario; pertanto chi ritiene di trovarsi nella situazione prevista ha dunque una legittima aspettativa di ordine economico diretto, come possibile futuro creditore della presta- zione modale; egli è dunque un «interessato» titolare di una legittimazione attiva a tutela di un pro- prio interesse patrimoniale che non è ancora assurto al rango di diritto soggettivo.
144 MAROI, op. cit., 774; XXXXXXXXX, La donazione modale, in BONILINI (diretto da), Trattato, cit., 857; XXXXXXXXXX, La donazione, cit., 120: il quale, anche in caso di onere a favore del donatario, ri- corda esservi, oltre ad un interesse del donatario alla prestazione, un interesse del donante, ex art. 1174 c.c. (CATAUDELLA, La donazione, cit., 51, nota 206).
145 CARNEVALI, La donazione modale, cit., 885 ss.
146 XXXXXXXXX, Le donazioni, cit., 558. ID., La donazione modale, in BONILINI (diretto da), Trat- tato, cit., 857.
di un diritto soggettivo, quanto piuttosto di un «interesse», per il quale potranno dunque agire per imporre al donatario l’adempimento del mo- do (l’esposizione della collezione nei periodi prestabiliti dalla clausola modale), in quanto portatori di una «speciale legittimazione processuale scissa da una sottostante situazione di diritto soggettivo»147.
10. Inadempimento e impossibilità sopravvenuta della prestazione del donante o della prestazione modale: ri- medi
Inadempi- mento del- la presta- zione do-
nativa
La donazione modale è, come si è più volte precisato, un contratto dal quale nascono obbligazioni per entrambe le parti, dunque, se per un ver- so è soggetto, come si è detto alla disciplina generale dell’obbligazio- ne148, per altro verso, invece, non può essere sottoposto alla normativa dettata per i contratti con prestazioni corrispettive, categoria, quest’ulti- ma, non applicabile al sottotipo (della donazione) in questione149.
Ciò premesso, la dottrina ammette, a certe condizioni, la possibilità dell’applicazione analogica alla donazione modale di alcune norme previ- ste per i contratti a prestazioni corrispettive150, là dove ricorrano specifi- che patologie del rapporto che risultino tali da incidere su quel particola- re atteggiarsi della funzione gratuita nel contratto di donazione modale151. Si osserva innanzitutto che nella donazione modale a restare inadem-
piuta potrebbe anche essere la prestazione del donante152.
147 CARNEVALI, La donazione modale, in BONILINI (diretto da), Trattato, cit., 858. ID., La donazio- ne modale, cit., 198 ss., che osserva come, in assenza di una disciplina specifica della prestazione modale, la multiforme varietà e tipologia delle prestazioni che possono essere imposte al donatario potrà essere assoggettata alla applicazione diretta, talvolta, o analogica, nella gran parte dei casi, della serie di norme che, all’interno degli schemi contrattuali volta a volta corrispondenti, regolano le tipiche prestazioni in essi dedotte.
148 CARNEVALI, La donazione modale, in BONILINI (diretto da), Trattato, cit., 859.
149 In questo senso, invece, CARNEVALI, La donazione modale, cit., 149 ss., 275, nel preciso caso cui l’adempimento dell’onere ha costituito l’unico motivo determinante dell’attribuzione patrimo- niale.
150 CARNEVALI, La donazione modale, in BONILINI (diretto da), Trattato, cit., 865 ss.
151 In questo senso è orientata anche la giurisprudenza, la quale afferma che la natura patrimo- niale del modus comporta che tanto nel caso di inadempimento imputabile al donatario, quanto nel caso di impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile, devono essere appli- cate per analogia le norme sulla risoluzione del contratto: Cass., 2 ottobre 1974, n. 2561, in 1153 s.; Cass., 3 ottobre 1979, n. 5066, in 2253 s.; Cass., 30 marzo 1985, n. 2237, in Rep. Foro it., 1985, voce
«Donazione», n. 10.
152 Se la donazione è costitutiva di una obbligazione e il donante non ha ancora eseguito la sua prestazione, dovrebbero applicarsi i principi e le regole valevoli in generale per la tutela del diritto di credito nascente in virtù di un contratto diverso dalla donazione: il donatario dunque potrà as- soggettare all’azione esecutiva il patrimonio del donante, XXXXXXXX, La donazione costitutiva di ob- bligazione, in BONILINI (a cura di), Trattato, cit., 600 ss. Il donatario invece non può, in caso di ina- dempimento del donante, domandare la risoluzione del contratto di donazione, poiché un tale isti- tuto è finalizzato ai contratti a prestazioni corrispettive, e inoltre il donatario non avrebbe neppure alcun vantaggio ad ottenerla, XXXXXXXXXX, La donazione, cit., 145.
Impos- sibilità sopravve- nuta della prestazio- ne dona-
tiva
Inadempi-
mento della prestazione
modale
In tal caso, atteso il carattere accessorio dell’onere rispetto alla pre- stazione donativa, il donatario potrebbe essere legittimato al ricorso al rimedio di cui all’art. 1460 c.c., e dunque rifiutarsi di adempiere la sua ob- bligazione se il donante non adempie o non offre di adempiere la propria; così come dovrebbe essere autorizzato a sospendere l’esecuzione della prestazione modale se le condizioni patrimoniali del donante siano dive- nute tali da porre in evidente pericolo il ricevimento dell’attribuzione gratuita, ex art. 1461 c.c.153.
La prestazione del donante potrebbe inoltre essere divenuta impossi- bile, in tutto o in parte: nel primo caso, a fronte della liberazione del do- nante dal vincolo obbligatorio attesa l’irrealizzabilità della funzione con- creta del contratto, ex art. 1256, 1° co., c.c., corrisponde il diritto in capo all’onerato di rifiutarsi di adempiere al modo154; nel secondo caso, rite- nuto correttamente non applicabile il rimedio previsto dall’art. 1464 c.c. nella parte in cui prevede il recesso dal contratto per la parte che non ha un apprezzabile interesse alla prestazione parziale155, è invece invocabi- le, come si è già visto, lo strumento della riduzione della prestazione mo- dale che si traduce nella possibilità per l’onerato di contenere il costo della esecuzione della prestazione nei limiti del ridotto valore della pre- stazione donativa dovuto alla sopravvenuta parziale impossibilità della stessa156, fermo restando l’obbligo per il donante di adempiere la parte della prestazione rimasta possibile.
Se ad essere inadempiuta è invece la prestazione dell’onerato, va- le innanzitutto quanto dispone l’art. 793, 4° co., c.c., e dunque la risolu- zione del contratto di donazione potrà essere domandata dal donante o dai suoi eredi157 secondo una scelta che si confà ad una tipica azione con-
153 BIONDI, op. cit., 658 ss.; XXXXXXXXXX, La donazione, cit., 145; XXXXXXX, La donazione modale risolubile, in XXXXXXXXXX e XXXXXXX (a cura di), op. cit., 135.
154 CATAUDELLA, La donazione, cit., 145 ss. La dottrina precisa correttamente che se la presta- zione è divenuta solo temporaneamente impossibile per il donante, quest’ultimo è ovviamente solo esonerato da responsabilità per il ritardo.
155 Così come il donatario non trae alcun vantaggio ad ottenere una risoluzione del contratto per l’inadempimento del donante, del pari alcun interesse può avere a recedere dal contratto se è di- venuta impossibile una parte dell’attribuzione gratuita, ciò proprio per la mancanza di corrispettività tra questa e il modo, XXXXXXXXXX, La donazione, cit., 145, 147.
156 CATAUDELLA, La donazione, cit., 146 s.
157 Si è discusso se l’azione che spetta agli eredi debba essere loro riconosciuta iure proprio o iure haereditatis: chi sostiene il primo titolo precisa che gli eredi esperiscono l’azione di risoluzio- ne nel solo caso in cui abbiano un proprio interesse diretto (XXXXXXXXXXXX, Delle successioni: Divi- sione-Donazione, Torino, 1964, 298 ss.); chi sostiene il secondo titolo precisa che con la previsione di una legittimazione all’azione di risoluzione riconosciuta agli eredi il legislatore ha voluto garanti- re nel miglior modo quell’interesse normalmente morale che ha indotto il donante ad imporre il mo- dus (XXXXXXXXXX, La donazione, cit., 121, nota 72). In questo secondo senso è anche la Suprema Cor- te, che osserva che gli eredi hanno titolo a valutare l’opportunità di richiedere la risoluzione per l’i- nadempimento in quanto sono considerati continuatori della personalità del donante e, quindi, gli unici in grado di apprezzare le ragioni dell’inadempimento con riguardo allo spirito di liberalità da cui era animato il loro dante causa, Xxxx., 29 gennaio 2000, n. 1036, cit.
Impos- sibilità sopravve- nuta della prestazio- ne modale
trattuale, che vede il primo legittimato in quanto contraente, e i secondi titolati in quanto aventi causa dal contraente; la risoluzione, inoltre, può essere richiesta soltanto se è stata espressamente prevista nell’atto di do- nazione158 e non anche, pertanto, per il fatto che l’adempimento del mo- dus sia stato motivo determinante dell’attribuzione patrimoniale, come nel diverso caso della disposizione testamentaria ex art. 648 c.c.159.
In tal caso, posto che la previsione della risoluzione della donazione per l’inadempimento dell’onere indica che questo «dovrebbe considerar- si parte costitutiva dell’assetto di interessi programmato ed il mancato adempimento dello stesso inciderebbe sulla stessa ragion d’essere della prestazione del donante», ne deriva che il donante potrà ricorrere anche all’eccezione d’inadempimento ex art. 1460 c.c. oppure alla sospensione dell’esecuzione della prestazione da lui dovuta ex art. 1461 c.c. se, rispet- tivamente, l’onerato non adempie o si rifiuti di farlo, oppure se ne siano mutate le condizioni patrimoniali al punto da porre in evidente pericolo l’adempimento dell’onere160.
Evenienza particolare, non direttamente disciplinata dalle norme sul- la donazione modale, è quella che si verifica quando interviene il caso del- la impossibilità sopravvenuta di esecuzione della prestazione modale non imputabile all’onerato, dovuta per ipotesi anche alla eventualità in cui i beni donati siano periti totalmente o parzialmente per caso fortuito161. Le conseguenze di tale sopravvenuta impossibilità dell’onere potran-
no dunque essere apprezzate sia sul piano della estinguibilità della pre- stazione modale162, e su quello connesso della liberazione dell’onerato dall’obbligo di eseguire la prestazione, sia sul diverso livello degli effetti che dalla estinzione della obbligazione modale derivano sul contratto di donazione.
158 Diversamente da quanto stabilisce l’art. 1453 c.c. per i contratti a prestazioni corrispettive, la risoluzione per inadempimento del modus donativo può essere pronunciata solo se ed in quanto la risoluzione sia stata espressamente prevista nel contratto di donazione, TORRENTE, La donazione, cit., 494 ss., X. XXXXXX, Il modus., cit., 265. In giurisprudenza, cfr. Cass. 30 marzo 1985, n. 2237, cit. Contra, nel senso di un più largo ricorso alla risoluzione, GRASSETTI, op. cit., 75 ss., CARNEVALI, La do- nazione modale, cit., 273 ss., che giustifica il ricorso alla disciplina di cui all’art. 1453 c.c. se il mo- dus rappresenta l’unico motivo determinante dell’attribuzione. Da ultimo, in un senso teso ad am- mettere in via generalizzata il rimedio della risoluzione per inadempimento alla donazione modale in quanto tale, XXXXXXX, La donazione modale risolubile, in XXXXXXXXXX e XXXXXXX (a cura di), op. cit., 133 ss.
159 Cfr. Cass., 29 maggio 1982, n. 3329, in Mass. Giust. civ., 1982, 1256.
160 CATAUDELLA, La donazione, cit., 145.
161 In quest’ultimo caso, una parte della dottrina ha sostenuto che il donatario è tenuto ugual- mente all’adempimento del modo, adducendo il principio res perit domino, altra parte ha concluso nello stesso senso giustificandolo sulla base dell’argomento della inesistenza di un vincolo di carat- xxxx xxxxx sui beni donati: cfr., nel primo senso, GORLA, Del rischio e pericolo nelle obbligazioni, Pa- dova, 1934, 305; nel secondo senso, TORRENTE, sub art. 1861-1864, in TORRENTE e SALANDRA, Rendi- ta perpetua. Xxxxxxx xxxxxxxxx. Assicurazione, in Comm. c.c. Scialoja Branca, sub art. 1861-1932, Bologna-Roma, 1966, 26.
162 Che dunque si estingue anche quando i beni donati sono periti totalmente per causa non im- putabile al donatario, CARNEVALI, La donazione modale, in BONILINI (diretto da), Trattato, cit., 863.
In primo luogo va rilevato che se l’impossibilità della prestazione mo- dale è temporanea, l’onerato è esonerato dalla responsabilità da ritardo, mentre se è parziale, esso è tenuto ad adempiere a quella parte di pre- stazione che gli è ancora possibile163.
Se l’impossibilità è invece definitiva e totale, come nel caso fortuito, essa inevitabilmente libererà il donatario dall’obbligo di attuare l’onere164. Sul piano degli effetti che da ciò discendono sul contratto modale, la tesi prevalente osserva che la sopravvenuta impossibilità totale e defini- tiva della prestazione modale determina, con l’estinzione dell’obbligazio- ne modale, la conseguenza che la donazione resterà pienamente valida
come donazione pura, dato il carattere accidentale del modo165.
Le Corti superiori166, in linea con l’orientamento dottrinale appena citato, affer- mano che la sopravvenuta impossibilità della prestazione costituente oggetto del modus – diversamente da quella originaria che, ai sensi dell’art. 794 x.x., xxxxx xxxxx xx xxxxxxxxx xxxxxx ove dedotta in un onere che ne abbia costi- tuito l’unico motivo determinante – estingue l’obbligazione dell’onerato, e preci- sano167 che affinché l’onere possa essere ritenuto come non apposto, occorre che la causa dell’impossibilità della prestazione non sia imputabile al donatario obbligato (arg. ex art. 1256 c.c.), stante che se l’onere è divenuto impossibile per fatto e colpa del donatario e le parti abbiano previsto espressamente la ri- soluzione della donazione per inadempimento dell’onere, allora dovrà applicar- si l’art. 793, 4° co., c.c.
In altri termini xxxxxx000, nello stesso senso della dottrina più sopra citata, che l’impossibilità sopravvenuta del modo sia idonea di per sé a fondare la ri- soluzione della donazione.
A risultati che invece tengono conto di una valutazione in concreto volta ad indagare se il modo sia stato o meno l’unico motivo determinante del- la donazione, con conseguente inefficacia solo nel primo caso dell’intero contratto, perviene invece tanto chi ritiene applicabile all’ipotesi in esa-
163 CATAUDELLA, La donazione, cit., 146.
164 CATAUDELLA, La donazione, cit., 120. Per l’Autore citato analogo trattamento deve essere ri- servato all’onere che diventa illecito dopo la conclusione del contratto: mentre all’onere che si mo- stra illecito già al momento della stipulazione del contratto di donazione si applica la disciplina espressamente prevista dall’art. 794 c.c., a quello che illecito diventi in seguito, si applicheranno le norme che disciplinano l’adempimento dell’obbligazione, cosicché «l’illiceità sopravvenuta renderà giuridicamente impossibile l’adempimento del modo, liberando il donatario dall’obbligo».
165 Cfr. BALBI, La donazione, in Tratt. Grosso-Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, Milano, 1964, 73 nota 14; X. XXXXXX, Il modus, cit., 281 ss., 285.
166 Cfr. C. Stato, sez. II, 26 settembre 1984, n. 1327, in Cons. Stato, 1986, I, 1844; Cass., 17 aprile
1993, n. 4560, in Foro it., 1994, I, 1114.
167 Cfr. Cass., 22 giugno 1994, n. 5983, in Giur. it., 1995, I, 1, 1292; Cass., 17 aprile 1993, n. 4560,
cit.
168 Cfr. Cass., 2 ottobre 1974 n. 2561, in Rep. Xxxx xx., xxxx «Xxxxxxxxx», x. 00.
me l’art. 794 c.c.169 quanto chi osserva che, applicando in via analogica al contratto lo schema dell’art. 1419, 1° co., x.x., xx xxxxxxxxxxx xxxxx xxxx- xxxx xxxxxx in seguito all’impossibilità sopravvenuta della prestazione in essa prevista potrebbe estendersi all’intera donazione170.
L’interpretazione che la dottrina e la giurisprudenza prevalente pro- pongono per risolvere la questione in punto di impossibilità sopravvenu- ta della prestazione modale attutisce a ben vedere la portata di quella os- servazione che conclude per la non applicabilità al caso di specie dell’art. 794 c.c. per la ragione che tale norma si riferirebbe con tutta evidenza so- lo all’impossibilità originaria del modo.
Infatti, sia che si neghi l’applicazione analogica di tale norma, optan- do per una soluzione basata sulla interpretazione nei termini più sopra ri- feriti, sia che la si affermi, in entrambi i casi si perverrebbe allo stesso ri- sultato pratico disposto dall’art. 794 c.c., posto che l’onere impossibile si considererebbe come normalmente non apposto anche affermando che, per l’accidentalità della clausola che lo prevede, la donazione da modale diventerebbe pura e semplice.
D’altra parte, affermare una automatica conversione della donazione modale in donazione semplice, attesa l’inapplicabilità al caso di specie della disciplina prevista per l’onere ab origine impossibile, porta a tra- scurare la considerazione degli interessi coinvolti nell’atto di disposizio- ne: quello facente capo al donante171 e quello opposto facente capo al do- xxxxxxx, il quale peraltro potrebbe avere nel frattempo anche dato par- zialmente esecuzione per un certo tempo al modus, fin tanto che l’adem- pimento di questo si è mantenuto possibile172.
Una più attenta valutazione della ragione che ha costituito il motivo della donazione173 potrebbe allora consentire il confronto tra l’impossibi- lità sopravvenuta e l’impossibilità originaria della prestazione modale proprio nei termini di cui all’art. 793 c.c., oltre che alla luce del richiama- to art. 1419, 1° co., nel suo complesso, con la conseguente caducazione dell’intera fattispecie donativa se il motivo risulti determinante o se ri- sulti che i contraenti non avrebbero concluso la donazione senza quella parte del contenuto che è colpita dalla inefficacia.
Tanto è vero che rispetto alla tesi che opta per la conservazione au- tomatica della donazione, nella quale si convertirebbe la donazione mo- dale, e l’altra che, preferendo applicare l’indagine sul carattere determi-
169 BIONDI, op. cit., 702.
170 Cfr. XXXXXXXXXX, L’impossibilità sopravvenuta del modo nella donazione, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1979, 399 ss., che premette l’applicabilità dell’art. 1419, 1° co., c.c. anche all’inefficacia successiva del contratto.
171 In tal senso, CARNEVALI, La donazione modale, in BONILINI (diretto da), Trattato, cit., 899 ss.
172 Osserva in questi termini, X. XXXXXXX DELLA ROCCA, Autonomia privata, cit., 40.
173 I motivi sono infatti talvolta atti a «incidere sulla vita del contratto», XXXXXXXXXX, La dona- zione, cit., 20 s.
nante del motivo, ipotizza in tal caso la nullità o comunque l’inefficacia altrettanto automatica della donazione, si pone in posizione intermedia quell’orientamento dottrinale a favore della applicazione per identità di ratio dell’art. 793, 4° co., c.c., espressamente previsto per la risoluzione in caso di inadempimento dell’onere: si osserva in particolare che la mancata attuazione del modo, qualunque sia la causa che ciò provoca, ri- leva quale fattore che rende inefficace la donazione nel caso in cui una esplicita previsione nel contratto dia conto del fatto che il modo assume, nel programmato assetto di interessi, un rilievo primario; pertanto, quan- do il modo è divenuto impossibile174 può essere chiesta la risoluzione della donazione, se il modo è stato l’unico motivo determinante della do- nazione e le parti hanno previsto, nel contratto di donazione, la risolu- zione per l’impossibilità sopravvenuta dello stesso o anche solo, come normalmente accade, per l’inadempimento175.
11. Risoluzione della donazione per inadempimento dell’onere. Stato della giurisprudenza. Risarcimento del danno da inadempimento dell’onere
L’impossibilità sopravvenuta del modo non per caso fortuito, ma in quan- to provocata da un comportamento colposo dell’onerato, configura l’i- nadempimento di quest’ultimo: una siffatta vicenda opera dunque sul contratto di donazione nello stesso modo in cui operano le altre vicende più sopra descritte, nelle quali cioè il riflesso sull’intero contratto di do- nazione si apprezza se il modo ha costituito per il donante il motivo uni- co determinante della donazione176.
Più in generale, la mancata esecuzione dell’onere che dipende da col- pa dell’onerato determina un comune inadempimento, che dà luogo, si è visto, o ad una domanda di esecuzione in forma specifica della presta- zione da parte del beneficiario del modo, qualora possibile, o ad una do- manda di risoluzione177, che farà perdere all’onerato la donazione178.
174 O quando è divenuto illecito e dunque tale da rendere giuridicamente impossibile l’adempi- mento del modo, CATAUDELLA, La donazione, cit., 120.
175 CATAUDELLA, La donazione, cit., 146; XXXXXXXX, La donazione, cit., 496 ss. Per CARNEVALI, La donazione modale, cit., 213 ss., quando il modus è l’unico motivo determinante della donazione ciò è sufficiente per legittimare la domanda di risoluzione della medesima per impossibilità sopravve- nuta dell’onere.
176 CATAUDELLA, La donazione, cit., 120.
177 Cfr. Cass., 9 giugno 1986 n. 3819, in Giust. civ., 1987, I, 1221: in caso di morte del donatario cui siano succeduti figli minori, l’azione di risoluzione della donazione per inadempimento dell’one- re va proposta nei confronti di tutti questi ultimi, ma qualora gli stessi, tramite il loro rappresentan- te legale, non abbiano accettato l’eredità nelle forme di legge (accettazione beneficiata), è necessa- ria la preventiva nomina di un curatore speciale ai medesimi ex art. 321 c.c.
178 Per una parte della dottrina, in conformità ai principi generali dettati in materia di risoluzio-
Risoluzio-
ne per inadempi- mento del
modus
La risoluzione per l’inadempimento del modus, in quanto inerente un contratto oneroso ma non a prestazioni corrispettive179, può essere chie- sta solo «se preveduta nell’atto di donazione»180, ex art. 793, 4° co., c.c.181. Sorge contrasto sulla natura della clausola di risoluzione per inadempimento dell’onere modale, nel senso di stabilire se essa sia o meno paragonabile, quanto a natura e funzionamento, a quella che pre- vede la risoluzione ipso iure e che è definita «clausola risolutiva espres- sa» dall’art. 1456 c.c.: per taluno tra le due clausole risolutive v’è identità e dunque il giudice, nel pronunciare la risoluzione, non può valutare l’im- portanza dell’inadempimento ai sensi dell’art. 1455 c.c.182; per altri inve- ce, se la previsione della clausola di risoluzione per inadempimento del- l’onere modale è genericamente riferita all’inadempimento dell’onerato, essa non potrà essere paragonata ad una clausola risolutiva espressa, co- sicché compete al giudice di valutare se l’inadempimento dell’onere non
ne, mentre l’azione di adempimento non sarà più esperibile quando è stata domandata la risoluzio- ne, non vale invece il contrario, A. PALAZZO, Atti gratuiti, cit., 302; XXXXXXXXX, La donazione moda- le, cit., 280 ss. In senso opposto, altra parte della dottrina, per la quale invece l’adempimento del mo- do può essere richiesto anche una volta fatta istanza per la risoluzione, TORRENTE, La donazione, cit., 497 ss.
179 Cfr. Cass., 8 aprile 1986, n. 2432, in Mass. Giust. civ., 1986, 672: nella controversia promos- sa, a norma dell’art. 793, 4° co., c.c., per conseguire una pronuncia di risoluzione della donazione per inadempimento dell’onere da parte del donatario, deve escludersi che il giudice, qualificando il con- tratto come a prestazioni corrispettive, possa rilevarne lo scioglimento, ai sensi dell’art. 1456 c.c., in conseguenza di clausola risolutiva espressa, atteso che tale ultima pronuncia, di carattere dichiara- tivo e non costitutivo (come invece quella richiesta con la domanda), è riconducibile ad un’azione diversa, per presupposti, caratteri ed effetti.
180 La norma che limita la richiesta di risoluzione soltanto se essa è stata prevista nell’atto di do- nazione non è applicabile alle donazioni concluse prima dell’entrata in vigore dell’attuale codice ci- vile, poiché nei confronti di esse continua ad essere operante l’art. 1080 c.c. del 1865, che nel con- sentire la revocazione della donazione per inadempimento dell’onere dei pesi imposti al donatario, prescinde da siffatto limite, consentendo la revoca della donazione anche in mancanza di clausola ri- solutiva espressa: cfr. Cass., 3 ottobre 1979, n. 5066, in Mass. Giust. civ., 1979, 2253 s.. Contra, CAR- NEVALI, La donazione modale, cit., 276 ss., per il quale quando la donazione modale rientra nella ca- tegoria del contratto a prestazioni corrispettive, poiché il modus rappresenta l’unico motivo deter- minante dell’attribuzione, allora la fattispecie sarà soggetta alla disciplina generale di cui all’art. 1453 c.c., in punto di risoluzione; nello stesso senso, XXXXXXXXXX, op. cit., 92 ss. Anche da ultimo [MA- RUCCI, La donazione modale risolubile, in XXXXXXXXXX e XXXXXXX (a cura di), op. cit., 137], viene pro- posta una interpretazione «evolutiva e sistematica» dell’inciso di cui all’art. 793, 4° co., c.c. («se pre- veduta nell’atto di donazione»), secondo la quale, cioè, al momento dell’atto potrebbe al più essere espressamente prevista una limitazione della legittimazione attiva dei soggetti titolati all’esercizio dell’azione di risoluzione, con la conseguenza che se al momento della redazione dell’atto le parti non si sono preoccupate di apporre l’espressa previsione, ad agire per lo scioglimento della dona- zione modale inadempiuta potrà essere qualsiasi interessato, al pari di ciò che è previsto per l’a- dempimento dell’onere ai sensi dell’art. 793, 3° co., c.c.
181 La prescrizione dell’azione di risoluzione per inadempimento dell’onere comincia a decorre-
re dal momento in cui il diritto può essere fatto valere, ovvero dal momento in cui ha luogo l’ina- dempimento dell’onere, non già dalla data della conclusione del contratto di donazione modale, X. XXXXXX, Donazione modale, in A. PALAZZO (a cura di), I contratti, cit., 312, nota 109, ove riferimenti giurisprudenziali.
182 XXXXXXXX, La donazione, cit., 497 ss.; A. PALAZZO, Atti gratuiti, cit., 302; X. XXXXXX, Donazio- ne modale, in X. XXXXXXX (a cura di), I contratti, cit., 311.
Risarci- mento del
danno
assuma scarsa importanza al punto da legittimare la risoluzione della do- nazione183.
La giurisprudenza di merito è ugualmente discorde: una parte184 afferma che la disposizione contenuta nell’art. 793, 4° co., c.c. disciplina una clausola di riso- luzione per inadempimento dell’onere modale che si differenzia dalla risoluzio- ne ipso iure prevista in materia di contratti e definita «clausola risolutiva espres- sa» (art. 1456 c.c.), poiché al giudice chiamato a pronunciarsi sulla risoluzione della donazione modale spetta di valutare la gravità dell’inadempimento; altra parte185 ritiene che va dichiarata la risoluzione ai sensi dell’art. 793, 4° co., c.c. della donazione gravata dall’onere qualora risulti provato dal parte del donante l’inadempimento dell’onere stesso da parte del donatario e dei suoi eredi e sia espressamente previsto nell’atto di donazione l’effetto della risoluzione quale conseguenza dell’inadempimento dell’onere.
Inoltre, la giurisprudenza che distingue tra clausola ex art. 793, 4° co., c.c. e clausola risolutiva espressa, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1456 c.c.186, osserva che le parti non possono legittimamente sostituire la clausola prevista per la donazione modale con l’inserimento di una clausola c.d. risolutiva, espressa ex art. 1456 c.c., poiché il legislatore, avendo dedicato all’istituto del- la donazione una disciplina peculiare, ha regolato in modo completo ed esclu- sivo anche la sua risoluzione senza richiamare disposizioni che regolamentano la materia contrattuale, cosicché una eventuale clausola risolutiva espressa re- sterebbe priva di efficacia ed azionabilità.
L’inadempimento dell’onerato obbliga quest’ultimo a risarcire il danno patrimoniale subito dal donante187; si tratta cioè, per la dottrina che am- mette la risarcibilità del danno da inadempimento dell’onere188, di un pregiudizio evidentemente conseguente alla mancata attuazione del con- tratto cui l’obbligazione inadempiuta accede: legittimato a chiederne il ri-
183 CARNEVALI, La donazione modale, in BONILINI (diretto da), Trattato, cit., 904; CATAUDELLA, La donazione, cit., 119.
184 Cfr. App. Potenza, 22 gennaio 2004, n. 14, in Arch. civ., 2004, 751.
185 Cfr. Trib. Bari, 7 giugno 2004, citata in X. XXXXXX, Donazione modale, in X. XXXXXXX (a cura di), I contratti, cit., 312, nota 106.
186 App. Potenza, 22 gennaio 2004, n. 14, cit.
187 Se il donante aveva un interesse meramente morale all’adempimento, e dunque non soffre al- cun danno patrimoniale dalla inesecuzione del modo, non sorge alcun diritto al risarcimento: cfr. Trib. Bologna, 17 aprile 1975, in Giur. it., 1976, I, 2, 360. Deve essere risarcito anche il danno da ri- tardo, la cui domanda è dunque cumulabile con quella di adempimento del modo, CARNEVALI, La do- nazione modale, in BONILINI (diretto da), Trattato, cit., 860.
188 Contra, MAROI, op. cit., 775; BIONDI, op. cit., 698. Le cui obiezioni avverso la risarcibilità del danno da inadempimento del modus sono state, nuovamente di recente, criticate, sulla base della considerazione che quando all’inadempimento dell’onere consegue la risoluzione del contratto, con conseguente eliminazione del titolo e recupero al patrimonio del donante dell’attribuzione gratuita, ciò non toglie che accanto a ciò si ponga anche l’autonomo e distinto, dunque cumulabile, rimedio del risarcimento del concreto danno derivante dall’inadempimento, CARNEVALI, La donazione moda- le, in BONILINI (diretto da), Trattato, cit., 861.
Legittima-
zione
Spirito di liberalità
xxxxxxxxxx è dunque unanimemente ritenuto il donante, ovvero colui che è l’unico, in quanto contraente, a poter domandare la risoluzione del contratto189.
Inoltre, il carattere autonomo dell’azione di risarcimento del danno da inadempimento dell’onere rispetto all’azione di risoluzione del con- tratto di donazione modale, ammesso anche in astratto190, è affermato inoltre, in concreto, nei limiti in cui si ammette che il rigetto della secon- da domanda non preclude al giudice l’accertamento dei presupposti e, in- fine se del caso, l’accoglimento della prima, tutte le volte in cui esistano le condizioni oggettive e soggettive per il riconoscimento del diritto al ri- sarcimento, indipendentemente dalla risoluzione del contratto191.
Ci si potrebbe invece chiedere se, ma in tal caso di sicuro a diverso ti- tolo, possa essere configurabile un diritto al risarcimento del pregiudizio subito dal soggetto o dai soggetti a beneficio dei quali è posto l’adempi- mento dell’onere posto che ad essi la legge riconosce senz’altro, nella vi- cenda, una posizione giuridica soggettiva qualificata, allorquando attri- buisce loro l’azione autonoma per l’esecuzione in forma specifica della prestazione modale della quale sia mancato l’adempimento spontaneo da parte dell’onerato.
12. Spirito di liberalità; intento di solidarietà; fini di pubblica utilità e donazione modale
La donazione dunque, quale contratto destinato a regolare rapporti giuri- dici patrimoniali192, si connota per uno spirito di liberalità che viene fat- to univocamente e oggettivamente coincidere con l’«intento di porre spontaneamente in essere, per soddisfare un interesse non patrimoniale del donante, un’attribuzione patrimoniale senza corrispettivo a vantaggio del donatario»193; essa non si connota cioè, sufficientemente, con il c.d. intento di beneficare, intento quest’ultimo, considerato invece più
189 Nulla esclude pertanto che alla richiesta di risarcimento del danno da inadempimento del modo siano ammessi anche, visto l’art. 793, 4° co., c.c., gli eredi del donante.
190 In dottrina, tra gli altri, XXXXXXXXXX, op. cit., 92 ss., il quale puntualizza che nella donazione modale priva della clausola risolutiva, l’inadempimento dell’onere legittima il donatario soltanto al- la domanda di risarcimento del danno.
191 Ciò avviene quando per esempio la domanda di risoluzione del contratto per inadempimen- to dell’onere non è accolta poiché la risoluzione non è prevista nell’atto di donazione, Cass., 21 no- vembre 1971, n. 2966, in Mass. Giust. civ., 1971, … .
192 Non è dunque donazione in senso tecnico quella avente ad oggetto organi umani, rientrando questa nelle cc.dd. prestazioni superetiche che rilevano non già se inadempiute, per gli effetti di ripro- vazione sociale come avviene per quelle in adempimento dei doveri morali e/o sociali ex art. 2034 c.c., ma se attuate, per gli effetti di valutazione molto positiva che da ciò derivano, A. PALAZZO, Atti gratui- ti, cit., 16 ss.: cfr. XXXXX, Alla ricerca del contratto gratuito atipico, in Xxx. xxx. xxx., 0000, XX, 000.
193 CATAUDELLA, La donazione, cit., 22.
Intento di solidarietà
un’eccezione che la regola, visto che nel concreto «le motivazioni del do- nare possono essere le più varie»194.
Nell’ambito delle motivazioni del donare ben può rientrare, dunque, anche l’intento di solidarietà: esso cioè non rappresenta alcuna diffe- renza rilevabile sul piano del processo di tipizzazione delle fattispecie, in quanto espressione di quei motivi variabili che possono essere tutti indi- stintamente sussunti nello schema donativo.
Si è però disposti a riconoscere al motivo del donante una certa rile- vanza, maggiore se ad esso si riserva un rilievo in quanto tale195, minore se invece di esso potrà darsi conto solo in quanto idoneo a richiamare, in riferimento alla donazione cui accede, una particolare disciplina in ag- giunta a quella in generale prevista per il tipo196.
Nella prospettiva che esclude il motivo dal novero degli elementi atti a caratterizzare il particolare tipo di donazione o, più in generale, a con- figurare un tipo diverso dalla donazione, si sviluppa cioè una riflessione, che trova la propria ragion d’essere nella riscontrata, innegabile diffe- renza, psicologica e sociale, che talvolta passa tra un intento e l’altro: il donante infatti, può essere spinto a donare per soddisfare un interesse individuale e/o personale sia proprio sia del donatario, in tutti i casi in cui voglia puramente beneficare quest’ultimo; a volte invece, è mosso al- la donazione per «spirito di solidarietà» e cioè con l’intento, di più gene- rale portata dunque non già semplicemente personale e/o egoistico, di aiutare altri a far fronte ai loro bisogni197.
In altri termini, non ogni motivazione economicamente disinteressa- ta è tale da essere pacificamente ricompresa tra i motivi che compene- trano lo schema formale della donazione, poiché talvolta un atto non in- teressato economicamente, si differenzia dal negozio caratterizzato dal mero spirito di liberalità per essere più propriamente funzionale al per- seguimento di scopi di umana solidarietà civile o sociale ovvero per es- sere volto alla realizzazione di interessi superindividuali a causa di even- ti che richiamano, da parte della società civile, risposte di tipo solidari- stico, possibili anche attraverso liberi atti di autonomia privata198.
194 CATAUDELLA, La donazione, cit., 11, con ampi riferimenti dottrinali.
195 Per A. PALAZZO, Atti gratuiti, cit., 122 ss., 148 ss., rispetto alle donazioni pure si pongono, in quanto appartenenti ad un ambito piuttosto vasto, le cc.dd. donazioni motivate, che sono tutte quel- le donazioni nelle quali deve essere dato rilievo al motivo del donante, essendo stato questo sotto- posto ad un processo di oggettivizzazione poiché penetrato nell’atto e conosciuto, se non addirittu- ra condiviso, dal donatario.
196 Rientrano dunque nelle donazioni «motivate», e cioè nelle donazioni nelle quali il motivo as- sume una certa valenza caratterizzante solo perché (e nei limiti in cui) richiama una disciplina par- ticolare nel contesto di quella più generale fissata per la donazione, le donazioni remuneratorie, quelle fatte in riguardo di matrimonio, le donazioni modali, XXXXXXXXXX, La donazione, cit., 48.
197 CATAUDELLA, La donazione, cit., 21, ove ulteriori rinvii bibliografici.
198 Per una parte della dottrina le prestazioni di solidarietà che si realizzano attraverso attribu- zioni patrimoniali scaturenti da negozi a titolo gratuito risultano idonee ad identificare una specifica
Fini di pubblica
utilità
In tale quadro si pone la necessità di articolare un raffronto anche con l’istituto modale, ciò soprattutto quando sul soggetto gratificato con una donazione non grava semplicemente una obbligazione di dare o fare o non fare qualche cosa a favore del disponente o di terzi, secondo la struttura tipica dell’onere, e dunque non si crea puramente una accesso- ria limitazione in senso economico della liberalità o, il che è lo stesso, l’introduzione di una misura all’entità della liberalità, ma si istituisce un obbligo il cui contenuto consiste nella totale destinazione o dedicazione dell’oggetto della liberalità al perseguimento di uno scopo di pubblica beneficenza o di utilità generale.
È ciò che accade quando un soggetto dona ad un ente un edificio co- struito e ab origine destinato ad attività benefiche a favore della infanzia di un dato luogo, imponendo all’ente la perpetuazione delle stesse atti- vità199, o che accade quando un soggetto dona ad un ente un appezza- mento di terreno con sovrastante fabbricato, destinato a casa di riposo per anziani sacerdoti o loro parenti, imponendo al donatario che l’immo- bile conservi in perpetuo una tale destinazione200. In entrambe le ipotesi si tratta di un trasferimento di beni avvenuto non per la volontà del do- nante di beneficare l’istituto donatario mediante un’attribuzione gratuita del bene donato, ma al solo scopo di permettere al donatario di perse- guire ed attuare i fini di pubblica utilità voluti dal donante; in entrambi i casi cioè, il dante causa del trasferimento non ha avuto di mira pura- mente la realizzazione di una liberalità, quanto piuttosto la dotazione di un patrimonio strumentale per la realizzazione di propri fini di solida- rietà, e tuttavia la qualificazione che è stata riservata a tali operazioni è stata pur sempre quella di donazioni201.
13. (Segue): il paradigma dell’attività di volontariato
Le ammesse differenze che passano tra un motivo a donare e l’altro rile- verebbero dunque solo sul piano descrittivo, senza mai assurgere a indi- ci rivelatori di schemi contrattuali diversi dalla donazione, quali potreb-
figura causale: si tratterebbe di negozi a titolo gratuito con causa di solidarietà, diversi dai negozi ca- ratterizzati dallo spirito di liberalità, X. XXXXXXX DELLA ROCCA, Autonomia privata, cit., 28, nota 93.
199 Cfr. Cass., 26 maggio 1999, n. 5122, cit.
200 Cfr. Cass., 17 novembre 1999, n. 12769, in Riv. not., 2000, 369.
201 CARNEVALI, La donazione modale, in BONILINI (diretto da), Trattato, cit., 855, annovera la do- nazione all’ente pubblico di una collezione d’arte con il modo di consentirne l’esposizione al pubbli- co in determinate ricorrenze, oppure la donazione al Comune di un palazzo storico con parco con il modo di consentire che il pubblico acceda liberamente al parco in determinati orari, nella categoria dei casi in cui il modo è stabilito a vantaggio di una pluralità indeterminata di persone, tutte benefi- ciarie indistintamente del modo; al contempo però precisa che in tali ipotesi il donante, anziché pro- muovere l’erezione di una fondazione, affida i beni al donatario perché li destini ad uno scopo di in- teresse collettivo, dovendosi parlare così di «fondazione fiduciaria».
Prestazio- ne di vo- lontariato
Raffronto con pre- stazione modale
bero in denegata ipotesi essere quelli connotati dalla cennata funzione di solidarietà: il mero scopo di solidarietà è infatti inidoneo a configurare un tipo contrattuale a sé stante; e anche là dove fosse dotato di «suppor- ti normativi» che lo valorizzino, non potrebbe comunque contare su una disciplina completa e unitaria idonea ad individuarlo come causa tipica.
Il fine di solidarietà è al più soltanto «una funzione contrattuale che l’ordinamento giuridico riconosce meritevole di tutela»202.
Ciò premesso, alcuni indici di rilevanza normativa dello spirito di so- lidarietà possono valere, entro i ristretti limiti nei quali compaiono, ad escludere che in quei particolari casi l’atto gratuito sia riconducibile al- lo schema della donazione: si tratterà però, in queste ipotesi, di pre- stazioni di facere, e dunque ci si potrà riferire al più ai contratti che ta- li attività sono destinati a regolare, non potendo in essi essere ricompre- se invece fattispecie negoziali aventi ad oggetto la disposizione di diritti o dalle quali nascano obbligazioni di dare203.
Entro tali limiti pertanto, l’attività (o prestazione di fare) e il contrat- to che la regola potranno essere considerati come positivamente conno- tati da un fine di solidarietà sociale, diverso da quello donativo; e del re- sto, una tale diversità, oltre che sul piano direttamente funzionale, si ri- leva anche, sensibilmente, su quello del «modo» (o struttura) attraverso cui il rapporto si articola204.
Se l’osservazione viene allora sviluppata in confronto alla donazione modale, si dovrà in primo luogo riconoscere che in essa ricorre imman- cabilmente un atto di assunzione di una obbligazione o di attribuzione patrimoniale da parte del donante a vantaggio, se non altro in parte, del donatario-onerato; mentre nel «rapporto di volontariato» la promessa di rendere in maniera non retribuita la prestazione (di volontariato) è resa dal volontario nei confronti dell’organizzazione di volontariato, e dunque è assunta non nei confronti del soggetto a beneficio del quale il promittente renderà poi spontaneamente la prestazione; in secondo luo- go, la promessa dell’attività non retribuita non è in grado di assurgere al livello di obbligazione in senso tecnico, poiché né l’organizzazione né il terzo a beneficio del quale sarà rivolta l’attività, avranno titolo per chie- derne l’adempimento, che invece dovrà avvenire, appunto, in modo spontaneo, ovvero non in attuazione di obblighi205.
Se dunque, la mancanza di un vincolo giuridico alla prestazione im- pedisce l’applicazione alla promessa del volontario dello schema della donazione obbligatoria, d’altro lato il diverso atteggiarsi del rapporto
202 CATAUDELLA, La donazione, cit., 25.
203 Ci si riferisce alle attività prestate nelle organizzazioni di volontariato in modo personale, spontaneo e gratuito, senza alcun fine neppure indiretto di lucro, ed esclusivamente per fini di soli- darietà (art. 2, 1° co., l. 11 agosto 1991, n. 266), XXXXXXXXXX, La donazione, cit., 23.
204 Così, XXXXXXXXXX, La donazione, cit., 24.
205 Ibidem.
tra volontario e organizzazione di volontariato, preclude la possibilità di individuare in esso uno schema di regolazione del conflitto intersoggetti- vo paragonabile a quello che inerisce alla relazione tra donante e dona- tario: l’organizzazione di volontariato, in altri termini, non è mai un aven- te causa del volontario.
L’organizzazione è piuttosto un tramite, o canale o mezzo o strumen- to del quale il singolo si avvale per connotare di un oggettivo scopo so- lidaristico una prestazione di fare che altrimenti, pur se ispirata da un personale intento di solidarietà, rileverebbe solo per la sua neutrale gra- tuità206; il passaggio è invero fondamentale per quanto si dirà in seguito. L’attività di volontariato infatti diventa solidale, e dunque esce dal no- vero delle varianti attraverso le quali si manifesta lo spirito di liberalità, se svolta per l’organizzazione di volontariato: lo svolgersi nell’organizza- zione e per l’organizzazione consente che lo spirito e il fine primario di sostanziale gratuità che anima l’attività del prestatore venga a fondersi e dunque ad identificarsi nel fine o scopo istituzionale di solidarietà socia-
le che contraddistingue l’organizzazione medesima.
14. Donazione modale; atto fondazionale in senso lato; negozio di fondazione
Fine sog- gettivo di pubblica utilità e scopo isti- tuzionale
Atto di fondazio- ne e/o di dotazione
Nei casi concreti presi in esame dalla giurisprudenza di legittimità, i fini di pubblica utilità in funzione dei quali è stato disposto, ad opera del do- nante, il trasferimento immobiliare a favore del donatario, non coincido- no con quelli per i quali l’ente beneficiario (in entrambi i casi si trattava di un istituto religioso) era stato costituito; in altri termini, «nessuna del- le poche norme dettate in tema di fondazioni (artt. 28 e 32 c.c.) e di co- mitati per la raccolta di fondi (art. 42 c.c.) appariva applicabile», se non altro in una delle due fattispecie esaminate207, «trattandosi di una dona- zione rivolta ad un istituto religioso non perché perseguisse meglio i pro- pri fini, ma perché attuasse quelli voluti dal donante».
Appare decisivo cioè, per continuare ad annoverare il negozio di at- tribuzione patrimoniale nell’ambito della donazione modale, il fatto che tra l’organizzazione beneficiaria dell’attribuzione patrimoniale e il dispo- nente non intercorre alcuna identità di fini, nel senso che l’ente non do- vrà essere stato costituito per la realizzazione di quello scopo solidaristi- co che invece ha mosso il donante a donare.
Infatti, del tutto differente è il caso in cui l’atto a contenuto patrimo- niale miri propriamente a fornire al beneficiario i mezzi per il persegui-
206 CATAUDELLA, La donazione, cit., 24.
207 Cfr. Cass., 26 maggio 1999, n. 5122, cit.
Attribuzio- ne a titolo gratuito
mento dello scopo istituzionale-sociale, e dunque evidenzi una funzione analoga a quella dell’atto di fondazione o, nella diversa prospettiva che scansioni la costituzione della fondazione in una duplicità di atti208, del negozio di dotazione: qui infatti i mezzi patrimoniali oggetto dell’atto di attribuzione tra donante e donatario, più che essere a loro volta l’oggetto del dare quale contenuto di una prestazione modale da eseguirsi da par- te dell’onerato nei confronti dell’onorato, rilevano quale patrimonio de- stinato ad uno scopo e dotato perciò di tratti assimilabili a quelli della fi- gura del patrimonio della fondazione209, con la differenza che in tali casi il disponente non si assicurerebbe in via diretta il soddisfacimento del «motivo a donare» attraverso l’azione di adempimento dell’onere ai sensi dell’art. 793, 3° co., c.c., come normalmente accade in presenza di una donazione modale, quanto piuttosto in modo per così dire indiretto, cioè attraverso l’azione di responsabilità degli amministratori prevista dall’art. 18 c.c.
Come è noto, infatti, l’atto di dotazione produce quale unico effetto quello di destinare i beni all’ente sottraendoli alla disponibilità del fon- datore, salvo revoca, ex art. 15 c.c., ma non fa sorgere alcun obbligo di destinazione a carico del soggetto dotato (la fondazione), non essendo questo costretto ad utilizzare i beni ricevuti secondo il modo e lo scopo voluti dal fondatore210.
La specifica destinazione funzionale dell’attribuzione patrimoniale al- lo scopo istituzionale della fondazione rende ragione della concreta funzione che l’atto di liberalità è volto a perseguire in via propria ed esclusiva, cosicché esso, se non può essere assimilato, sotto il profilo della causa, ad un tipico atto costitutivo di una fondazione, non dovreb- be però neppure poter essere assimilato alle tradizionali figure delle li- beralità tra vivi, e quindi in particolare al tipo negoziale donazione: dovrà invece essere annoverato, per la caratteristica nota costante della gra- tuità, ad un particolare tipo sociale di attribuzione a titolo gratuito211.
208 Cfr. note 211 e 214.
209 Sul punto, MOROZZO DELLA ROCCA, Autonomia privata, cit., 38 s., che ricorda come nella dot- trina francese si assimila alla fondazione in senso stretto, che si realizza tramite la costituzione di un ente morale creato per la gestione di un patrimonio destinato allo scopo, la fondazione in senso la- to, che si ha per il tramite di un atto che, lungi dall’essere di donazione in senso stretto, è piuttosto atto fondazionale: donare o affidare ad un ente di scopo già operante uno o più beni al fine di xxxxx- xxxxx a quello stesso scopo.
210 Lo rileva la dottrina, la quale sottolinea che, invece, il gratificato dalla donazione modale as- sume un obbligo di comportamento, poiché è obbligato ad eseguire la prestazione dedotta nell’one- re: X. XXXXXX, Donazione modale, in A. PALAZZO (a cura di), I contratti, cit., 303 s.
211 Corrispondente al tipo legale che, a seconda della prospettiva prescelta, coincide con l’atto di dotazione collegato all’atto di fondazione, o con lo stesso atto di fondazione, di cui la dotazione sarebbe parte integrante e non scindibile: a prescindere, infatti, dalla premessa che si vuole acco- gliere, ciò che non muta è, in entrambi casi, la convinzione che la dotazione, anche se la si voglia di- stinta dall’atto di fondazione (in caso contrario è infatti direttamente al tipo legale rappresentato da quest’ultimo che si ricollega e si giustifica, sul piano causale, l’effetto traslativo), non può essere
Raffronto con atti- vità di vo- lontariato
Atto fon- dazionale in senso
lato
Questa fattispecie presenta pertanto evidenti caratteri simili a quella, più sopra descritta, dell’attività di volontariato, nella quale, al di là della ovvia differenza che qui si tratta di una prestazione di fare mentre nei ca- si descritti di atti di disposizione, la prestazione di volontariato conflui- sce in un ente specificatamente costituito per la realizzazione del mede- simo fine solidaristico che muove il volontario alla prestazione dell’atti- vità212.
Per poter affermare che tra le due diverse vicende giuridiche inter- corre una analogia è però necessario presupporre il verificarsi di una ipotesi nella quale il soggetto gratificato dall’attribuzione onerata è un ente di scopo costituendo o già costituito, e implica inoltre una coin- cidenza tra il tipo di interesse morale proprio dell’autore della liberalità e il tipo di finalità sociale propria dell’ente; per meglio dire, chi in tal ca- so effettua l’erogazione o la dotazione a favore dell’ente di scopo pone in essere un atto causalmente privo di quell’interesse tipico a donare o «vo- lontà liberale» necessari per configurare, alla base dell’attribuzione pa- trimoniale, la nota funzionale minima della donazione, e dà luogo piutto- sto ad una operazione nella quale ad emergere funzionalmente è soltan- to ciò che, in riguardo ad una ipotetica tipica donazione modale, rivesti- rebbe propriamente il ruolo di «volontà accessoria» o motivo a donare: realizzare, attraverso l’impiego delle utilità economiche devolute all’ente di scopo, quello stesso scopo per il quale l’ente deve essere costituito o è già operante.
In altri termini, se si accetta una tale ipotesi teorica, nell’erogazione ad un ente di scopo, quando il motivo a donare coincide con lo scopo isti- tuzionale del beneficiario dell’erogazione medesima, si sarebbe al di fuo- ri della donazione modale per essere invece al cospetto di un atto fon- dazionale in senso lato.
Tale fenomeno si avrà però a condizione che l’autore dell’attribuzio- ne patrimoniale motivata dallo stesso scopo sociale qual è quello perse- guito dall’ente, non coincida con l’autore o, in caso di pluralità di fonda- tori, con alcuno degli autori del negozio di fondazione213, e purché il ne-
adeguatamente rappresentata nella causa della donazione, rilevando piuttosto «come un particolare tipo di attribuzione a titolo gratuito». Cfr. DE GIORGI, Le persone giuridiche, in Tratt. Xxxxxxxx, 2, To- rino, 1999, 435.
212 CATAUDELLA, La donazione, cit., 24, nota 92, che ricorda tra gli altri la dottrina la quale assu- me che è proprio lo svolgimento dell’attività lavorativa per l’organizzazione istituita con la funzione di «mediazione necessaria» per la realizzazione del fine solidaristico, a far diventare solidale – e dun- que non già puramente liberale – un tale attività (cfr. XXXXXXXXXX, Persone e destinazioni solidari- stiche, in Riv. critica dir. priv., 1999, 503).
213 Per la dottrina più autorevole l’atto di fondazione tra vivi si realizza attraverso un negozio unilaterale non recettizio; caratteristica questa che non è destinata a venir meno neppure nel caso in cui alla costituzione partecipino più soggetti, poiché ivi, al’interno del medesimo atto pubblico si concentrano più manifestazioni di volontà; cfr. XXXXXXX, Delle persone giuridiche, in Comm. c.c. Scialoja Branca, sub art. 00-00, Xxxxxxx-Xxxx, 1969, 157, XXXXXXXX, voce «Fondazione (diritto ci- vile)», in Enc. Dir., XVII, Milano, 1968, 801; contra, ZOPPINI, Considerazione sulla fondazione di im-
xxxxx che trasferisce o destina mezzi patrimoniali alla fondazione avven- ga in un contesto giuridico-economico distinguibile rispetto a quello che si evidenzia con il momento costitutivo dell’ente rappresentato dalla sti- pulazione dell’atto di fondazione214, poiché altrimenti ci si troverebbe più semplicemente di fronte ad un atto tipico di dotazione di una fonda- zione, quest’ultimo, per quanto già detto, manifestamente diverso, sia sul piano strutturale che su quello funzionale, dalla donazione215.
15. (Segue): negozio gratuito interessato diverso dalla liberalità. Classificazione
Gratuità donativa e gratuità solidale
Sempre nell’ottica della ammissibilità della distinzione tra atto di libe- ralità modale e atto di solidarietà, è dunque in ordine ad un atto di apparente liberalità invece volto a perseguire scopi socialmente rilevan- ti, particolari indici per escluderne la «gratuità donativa» e affermarne di contro la «gratuità solidale»216 emergono in tanto in quanto nell’atto ricorrano certe qualità soggettive o della parte disponente o della par- te beneficiaria dell’attribuzione.
presa e sulla fondazione fiduciaria regolate da una recente legge francese, in Riv. dir. civ., 1991, I, 585, per il quale l’atto di costituzione posto in essere da più soggetti ha natura contrattuale.
214 Per i fautori dell’unitarietà o unicità dell’atto di fondazione, del quale parte integrante e non autonoma in senso negoziale sarebbe la stessa assegnazione del patrimonio allo scopo, l’effetto rea- le di destinazione dei mezzi patrimoniali necessari per provvedere alla realizzazione dello scopo del- l’ente deriverebbe direttamente dall’atto di fondazione (cfr. ZOPPINI, Note sulla costituzione della fondazione, in Xxx. xxx. xxxx., 0000, 000 xx.), x, xx xxxxxxxx di un unico negozio, la dotazione avreb- be quale causa quella tipica che si ritrova nella stessa fondazione dell’ente, non già un’autonoma causa, neppure donativa (cfr. A. PALAZZO, Le donazioni, cit., 569 ss., XXXXXXX, op. cit., 165 ss.). Per i fautori della tesi più diffusa, oltre che già imperante sotto l’abrogato codice, della duplicità e scindi- bilità dei due negozi – quello di fondazione e l’altro di dotazione, negozi che normalmente si eviden- ziano all’atto di dare vita ad una fondazione (si veda al proposito la dottrina citata in DE XXXXXX, op. cit., 434 note 36, 37 e 38) – è affermazione costante quella secondo la quale tra atto di fondazione e atto di dotazione intercorra un normale collegamento funzionale e teleologico, fermo restando che i due atti, seppure distinti, sono contenuti in un unico atto. L’ipotesi negoziale analizzata nel testo si riferisce invece ai casi nei quali l’attribuzione patrimoniale, per le singole e concrete modalità nelle quali è avvenuta, non possa essere considerata né «parte integrante» dell’atto di fondazione né col- legata funzionalmente ad esso; senz’altro, un primo indice rivelatore di tale supposta autonomia in- nanzitutto funzionale è il dato strutturale rappresentato dal fatto che il singolo negozio di attribu- zione patrimoniale della cui causa si discuta non sia contenuto, a differenza di altri di dotazione, al- l’interno dell’atto di fondazione.
215 Nel raffrontare la donazione modale e l’atto di dotazione di una fondazione, la dottrina ri-
corda che la prima è un contratto mentre il secondo è un atto unilaterale che, seppure a titolo gra- tuito, è essenzialmente diverso dalla donazione poiché funzionalmente destinato a dotare un ente di un patrimonio necessario al conseguimento del suo scopo, contrariamente alla donazione, diretta in- vece all’arricchimento del donatario, X. XXXXXX, Donazione modale, in A. PALAZZO (a cura di), I con- tratti, cit., 303 s. Inoltre, l’atto di dotazione non fa sorgere alcun obbligo di destinazione a carico del soggetto dotato (la fondazione), non essendo questo costretto ad utilizzare i beni ricevuti secondo il modo e lo scopo voluti dal fondatore; di contro, il gratificato dalla donazione modale assume un ob- bligo di comportamento, poiché è obbligato ad eseguire la prestazione dedotta nell’onere (ibidem.).
216 MOROZZO DELLA ROCCA, Autonomia privata, cit., 32.
Indici di differen- ziazione
Negozio gratuito interes-
xxxx
Ciò accade in particolare quando: nel primo caso, l’attribuzione è di- sposta non spontaneamente, ma per attuare un vincolo funzionale che
«lega il dare agli scopi statutari o istituzionali» del disponente217; nel se- condo caso, e più in generale come si è già visto, quando il soggetto gra- tificato rivesta formalmente una particolare soggettività218 deputata a da- re particolare rilievo oggettivo ai motivi sociali che accompagnano il do- nare: in quest’ultimo caso, si osserva correttamente che lo scopo di so- lidarietà dell’attribuzione non può non uscire «dalla palude dei motivi» e penetrare, sotto forma di causa, la ragione obbiettiva del negozio at- tributivo219.
In tali frangenti dunque, la fattispecie, in ragione dello scopo sociale al quale è preordinata (scopo che, si ribadisce, oggettivamente emergerà dato il particolare rilievo che nell’atto assumono le qualità soggettive di una o anche di entrambe le parti), non può non ricevere una diversa qua- lificazione rispetto a quella che tende semplicemente a ridurla allo sche- ma della donazione modale220; essa allora, più correttamente, può essere ascritta alla categoria ampia del negozio gratuito interessato diverso dalla liberalità221, del quale, in un senso teso a distinguerlo rispetto al- la liberalità tout court, è la stessa legislazione speciale222.
Si è invece al di fuori del fenomeno appena divisato quando le parti, sulle quali grava l’attribuzione patrimoniale gratuita e la correlata assun- zione dell’onere di destinazione dell’integrale valore della liberalità allo scopo sociale, siano semplici individui: qui, la particolarità dello scopo di solidarietà acquista un ridotto significato problematico, che non consen-
217 MOROZZO DELLA ROCCA, Autonomia privata, cit., 42, specie nota 146. L’autore, richiamando anche altra dottrina, individua in tali casi «forme di solidarietà obbligatoria» che però non cancelle- rebbero il carattere pur sempre gratuito e liberale delle erogazioni, poiché la mancanza di una co- strizione dall’esterno delle medesime non ne farebbe venire meno la spontaneità quale requisito vo- litivo dell’autore dell’atto, che è anche autore dello statuto.
218 Si tratti di associazioni, comitati o altre istituzioni costituite per perseguire scopi socialmen- te rilevanti o di utilità sociale.
219 MOROZZO DELLA ROCCA, Autonomia privata, cit., 42.
220 È importante far notare che l’atto motivato da uno scopo socialmente rilevante o superindi- viduale – atto che per la particolare qualità soggettiva delle parti del rapporto è destinato a ricevere una particolare connotazione di «gratuità solidale» diversa da quella donativa – può essere per ciò stesso sottratto alla forma solenne prevista per la donazione, e la promessa a titolo gratuito di som- me di denaro o di altri diritti su beni potrebbe pertanto risultare valida ed efficace pur se rivesta la struttura di un atto unilaterale a forma non solenne, X. XXXXXXX DELLA ROCCA, Autonomia privata, cit., 32.
221 SACCO, in SACCO e DE NOVA, Il contratto, in Tratt. Sacco, Torino, 1993, I, 652.
222 X. XXXXXXX DELLA ROCCA, Autonomia privata, cit., 41. L’Autore ricorda l’art. 64 della legge fal- limentare e l’art. 13 del d.lgs. 460/1997: il primo riserva all’atto compiuto per scopi di solidarietà una disciplina revocatoria meno severa rispetto a quella dedicata all’atto gratuito in genere; la seconda consente il recupero dell’imposta sul valore aggiunto in quanto attività svolte nell’ambito delle fina- lità di impresa, da parte dell’imprenditore disponente, solo alle attribuzioni compiute per scopi di so- lidarietà, restandone escluse le «liberalità non aggettivate».
Donazione
modale
te di distinguere tra donazione tout court223 e donazione diversamente caratterizzata da uno scopo sociale, come uno tra i tanti e variabili moti- vi che affiancano l’atto donativo senza connotarlo giuridicamente224.
Contrariamente all’orientamento giurisprudenziale sopra richiamato, si è tentati di ritenere che quando il donante obbliga il donatario ad uti- lizzare tutto il valore della cosa donata, per la destinazione dello stesso ad uno scopo sociale, posto che non sia dato ravvisare in ciò, se non al- tro in via diretta, un indice di differenziazione di tale fattispecie negozia- le rispetto alla classica donazione modale, è senz’altro ragionevole indi- viduarvi invece un caso in cui il «sottotipo» donazione modale viene pie- gato al raggiungimento di uno scopo ulteriore o indiretto.
In questo caso peraltro, il modo di manifestarsi dello scopo sociale quale concreto e individuale «motivo a donare» del disponente si avrà tendenzialmente quando, per esempio, grava sul donatario l’onere di de- stinare tutto il valore della cosa donata a beneficio di una fondazione, di una istituzione, di un’associazione o l’onere di promettere ed eseguire l’oblazione dell’intero valore della cosa donata a favore di un comitato.
Sulla base delle premesse effettuate si può tentare allora la seguente
classificazione.
Rientrano nella donazione modale le seguenti fattispecie, tutte carat- terizzate da «motivi a donare» superindividuali o di solidarietà sociale: 1) le liberalità effettuate da persona fisica a persona fisica, con l’onere gra- vante in capo a quest’ultima di eseguire una prestazione di fare o di dare per scopi sociali, nei limiti di valore della cosa donata; 2) le liberalità ef- fettuate da persona fisica a persona fisica, con l’onere gravante in capo a quest’ultima di fare una fondazione e di dare ad essa denaro o altri diritti su beni, o di dare (denaro o altri diritti su beni) ad una fondazione costi- tuenda o già costituita, in entrambi i casi nei limiti di valore della cosa do- nata; 2) le liberalità effettuate da ente morale a persona fisica, caratteriz- zate dal medesimo onere di dare e di fare gravante in capo al beneficiario, non eseguite dal disponente in adempimento degli scopi di legge o statu- tari per i quali l’ente è stato istituito; 3) le liberalità eseguite da persona fi- sica a favore di un ente morale, caratterizzate dal medesimo onere di fare e di dare gravante sull’ente gratificato, quando tra gli scopi istituzionali di esso non rientri la realizzazione del particolare scopo sociale per la cui at- tuazione è stata prevista la particolare prestazione modale.
223 Il motivo di solidarietà che induce il donante al contratto rileva in tal caso quale concreta motivazione del donare, ovvero quale interesse soggettivo, variabile ma tendenzialmente costante, che determina il donante a disporre, atteso che il «puro intento di beneficare» ovvero il puro spirito di liberalità, «costituisce, più che la regola, l’eccezione», CATAUDELLA, La donazione, cit., 11, note 33, 34, nella quale l’Autore richiama la dottrina che, sul punto, ha fatto proprio l’assunto secondo il qua- le l’intento puramente liberale può colorarsi in modi assai vari, tra i quali vi è senz’altro pure quello della solidarietà, della beneficenza e della filantropia.
224 MOROZZO DELLA ROCCA, Autonomia privata, cit., 41 s.
Negozi gratuiti interessati
Atto fon- dazionale in senso
lato
Non rientrano invece nella donazione modale, come si è in parte det- to, le seguenti fattispecie, anch’esse tutte caratterizzate da motivi supe- rindividuali o di solidarietà sociale: 4) le liberalità effettuate da ente mo- rale a persona fisica, caratterizzate dal medesimo onere di dare e di fare gravante in capo al beneficiario, se eseguite dal disponente in adempi- mento degli scopi di legge o statutari per i quali l’ente è stato istituito; 5) le liberalità eseguite da persona fisica a favore di un ente morale, carat- terizzate dal medesimo onere di fare e di dare gravante sull’ente gratifi- cato, quando tra gli scopi istituzionali di esso rientri la realizzazione del particolare scopo sociale per la cui attuazione è stata prevista la partico- lare prestazione modale.
Costituiscono invece negozi indiretti di dotazione di una fondazione:
6) quelle fattispecie donative caratterizzate nella forma particolare per la quale gravi in capo al beneficiario della liberalità il medesimo onere di dare e di fare come sopra specificato, con la previsione espressa, però, della totale destinazione all’ente costituendo o già costituito di tutto il va- lore della cosa donata.
In sintesi, se è diverso dall’interesse tipico a donare l’interesse che muove l’ente a devolvere ad un proprio avente causa per uno scopo di utilità sociale rientrante nelle finalità istituzionali o dell’uno o dell’altro, è del pari diverso dal «sottotipico» motivo a donare l’interesse che muo- ve il medesimo ente a far acquistare ad un terzo, sempre per uno scopo di utilità sociale che rientra nelle sue finalità istituzionali, il diritto di cre- dito alla prestazione da farsi valere nei confronti dell’avente causa one- rato.
16. La clausola o disposizione modale
Il divisato carattere accidentale del modus225, rispetto sia all’astratto ti- po negoziale costituito dalla donazione226, sia alla istituzione di erede e di legato (artt. 647 e 649 c.c.) e, secondo una più ampia prospettiva, pure ri-
225 CATAUDELLA, La donazione, cit., 118.
226 Accidentale rispetto al tipo negoziale astratto donazione, ma non necessariamente di rilievo accessorio o secondario rispetto al negozio concretamente considerato, stante che rispetto al con- tenuto concreto della singola donazione il modus potrebbe anche avere carattere o rilievo primario e/o essenziale, e dunque tutt’altro che accessorio e/o secondario, come del resto testimonia l’art. 794 c.c., allorquando il modus costituisca appunto l’unico motivo che ha determinato il donante a di- sporre, tanto che la nullità che inficia la singola modalità costituita dal modus è tale da estendersi o comunicarsi all’intero negozio gli interessi che in concreto le parti intendono, A. MARINI, Il modus, cit., 28 ss. In generale, cfr. XXXXXXXXXX, I contratti. Parte generale, Torino, 2000, 112. Non corretta è la qualificazione data al modus dalla giurisprudenza là dove esso viene qualificato con il termine
«accessorio», quale sinonimo di «accidentale»: Cass., 11 giugno 2004, n. 11096, cit. Ciò rileva anche
X. XXXXXX, Donazione modale, in A. PALAZZO (a cura di), I contratti, cit., 295, nota 36.
Forma del- la clausola
modale
spetto ad ogni negozio gratuito in genere227 anche atipico228, conferma il carattere tutt’altro che autonomo della disposizione modale rispetto al- l’attribuzione donativa229 e produce anche rilevanti conseguenze applica- tive.
In primo luogo, per la dottrina dominante che esclude l’autonomia del modus, sorge la necessità che lo stesso, pur se nella veste di elemen- to accidentale della donazione, sia contestualmente ricompreso nel con- tenuto della stessa, e dunque non sarà concepibile una scissione formale tra disposizione modale e attribuzione donativa230; sul piano opera- tivo dunque, non è ammissibile che il modus sia, rispetto alla donazione, aggiunto solo successivamente231 e dunque, negata la non contestualità tra modus e donazione, non è ammissibile che il modus venga previsto con una scrittura privata distinta dall’atto pubblico di donazione232.
La Suprema Corte233 invece ha ammesso la possibilità di imporre al donatario un onere successivamente alla donazione e anche mediante una stipulazione per scrittura privata, anziché per atto pubblico.
Risulta invece diffusamente ammessa la possibilità di apporre alla dispo- sizione modale, quale unità precettiva negoziale autonoma234, gli elemen- ti accidentali comunemente previsti per il negozio, in quanto diretti ad arricchirne il contenuto; dunque è ammessa la possibilità di stipulare un modus condizionale, sottoposto cioè ad una condizione sospensiva o risolutiva, oppure un modus soggetto a termine di efficacia, iniziale o finale235, o anche un modus cui è apposta una clausola penale in caso di inadempimento236.
227 X. XXXXXX, Il modus, cit., 178 ss.
228 Per l’apponibilità del modus al negozio atipico di liberalità, cfr. Cass., 11 giugno 2004, n. 11096, cit.
229 Contra, per l’autonomia del modus donativo, GRASSETTI, op. cit., 22 ss., XXXXXXXXX, La dona- zione modale, cit., 6 e 110 ss. A. PALAZZO, Atti gratuiti, cit., 262 ss.
230 X. XXXXXX, Il modus, cit., 176 ss.; XXXXXXXXXX, La donazione, cit., 118, specie nota 55.
231 In questo senso, però, attesa la diversa premessa teorica dalla quale muove, A. PALAZZO, Atti gratuiti, cit., 277.
232 X. XXXXXX, Donazione modale, in A. PALAZZO (a cura di), I contratti, cit., 293 s. CATAUDELLA,
La donazione, cit., 118, nota 55.
233 Cfr. Cass., 18 febbraio 1977, n. 739, in Giur. it., 1977, I, 1, 2163, con nota critica di XXXXXXXX,
Donazione con imposizione non contestuale di onere.
234 Si precisa che il modus, come tutti gli elementi accidentali del negozio, risulta dotato di una propria autonomia nel senso che è possibile considerarlo come clausola o disposizione negoziale a sé stante; sicché accidentalità e autonomia, nel senso appena detto, vanno di pari passo e non sono tra loro in contraddizione, X. XXXXXX, Donazione modale, in A. PALAZZO (a cura di), I contratti, cit., 294.
235 Diverso ovviamente dal termine di adempimento dell’obbligo modale, ovvero dal termine che attiene non già all’efficacia del negozio nel quale è dedotta la prestazione, quanto piuttosto al momento nel quale questa diviene esigibile, X. XXXXXX, Donazione modale, in A. PALAZZO (a cura di), I contratti, cit., 294.
236 X. XXXXXX, Donazione modale, in A. PALAZZO (a cura di), I contratti, cit., 294 s. Non dovrebbe invece essere ammessa la possibilità di apporre ad una disposizione modale la clausola risolutiva
Il modus quindi è un elemento accidentale, necessariamente conte- nuto in una clausola autonoma del contratto di donazione del quale rive- ste la forma solenne, soggetto se del caso a termine di efficacia o a con- dizione sospensiva o risolutiva, talvolta essenziale allorché costituisce l’unico intento del donante, ovvero l’unico motivo che ha mosso il do- nante a disporre.
17. Onere; motivo della donazione; presupposizione. Stato della giurisprudenza
Disciplina del motivo
nella donazione
Motivo e
onere
Il modus dunque, oltre a rilevare come modalità o modo d’essere o ele- mento accidentale della donazione, è anche quella particolare clausola del contenuto del contratto di donazione che traduce, sviluppa ed espri- me un motivo che può essere in concreto, di rilievo primario e/o essen- ziale, oppure di rilievo secondario e/o accessorio237.
Il motivo nel negozio gratuito ha, peraltro, come si è già rilevato un particolare valore, tanto da richiamare una composita disciplina, che non è solo quella evocata dall’art. 794 c.c., se si considerano, nel contesto del- la disciplina generale della donazione, anche le disposizioni di cui agli artt. 787 e 788 c.c.
La Suprema Corte238 osserva che in tema di donazione, stabilire se un ele- mento sia da qualificare come onere, ex art. 793 c.c., o come motivo, in parti- colare per gli effetti di cui all’art. 787 c.c., si risolve nella valutazione di circo- stanze di fatto relative alla ricerca della effettiva volontà dei contraenti, che potrà essere censurata in sede di legittimità solo se le ragioni poste a base del convincimento del giudice di merito siano viziate da errori logici e giuridici.
Entro i limiti della presente trattazione è pertinente allora rilevare quanto segue.
Nelle tre fattispecie astratte previste si è di fronte ad un atto di dona- zione nel quale risalta la presenza di un particolare motivo che ha ispira- to il donante a disporre; il motivo è inoltre, in tutte e tre i casi previsti, parte della struttura e del contenuto dell’atto di donazione, poiché dovrà quantomeno risultare dall’atto239. L’unica differenza che distingue le
espressa in caso di inadempimento della prestazione modale, ciò perché il meccanismo di cui all’art. 793, 4° co., c.c. riguarda la risoluzione dell’intera donazione in quanto tale, A. PALAZZO, Atti gratuiti, cit., 283.
237 Che il modus espliciti un motivo lo afferma espressamente l’art. 794 c.c., nel dire che l’one- re illecito o impossibile «si considera non apposto; rende tuttavia nulla la donazione se ne ha costi- tuito il solo motivo determinante».
238 Cfr. Cass., 19 ottobre 2005, n. 20189, in Giust. civ., 2006, 6, 1240. Cass., 7 maggio 1980, n.
3023, in Mass. Giust. civ., 1980, 1309 s.
239 Nella fattispecie di cui all’art. 794 c.c. un problema di apprezzabilità del motivo da parte del
prime due ipotesi dall’ultima, attiene al diverso atteggiarsi o esprimersi del motivo, visto che mentre per gli artt. 787 e 788 c.c. è sufficiente che esso si sia oggettivato nella dichiarazione negoziale del donante in guisa tale da essere stato a conoscenza del donatario sotto forma di semplice motivazione che ha spinto il primo a beneficare il secondo, nell’art. 794
c.c. è invece necessario che il motivo, da semplice motivazione, abbia as- sunta la più definita forma dell’obbligazione240.
La Suprema Corte241 osserva che, nei casi di cui agli artt. 788 e 789 c.c., per ri- sultanza dall’atto non deve intendersi necessariamente che il motivo sia inseri- to e/o indicato nell’atto, ma è sufficiente che esso risulti dalla dichiarazione ne- goziale del donante in modo tale da essere pervenuta a conoscenza del dona- xxxxx; il motivo pertanto dovrà desumersi interpretando la volontà del donante risultante dall’atto, potendo eventuali elementi interpretativi ricavabili aliunde soltanto confermare quanto già risulta dall’interpretazione dell’atto al fine di ri- costruire pienamente la volontà del donante nella sua formazione.
Per il resto, la disciplina acquisisce nuovamente unità all’atto di indivi- duare il presupposto al verificarsi del quale si produrrà l’invalidità della donazione: siffatta sanzione, nei termini dell’annullabilità (art. 787 c.c.) o della nullità (artt. 788 e 794 c.c.), si applicherà nel solo caso in cui il mo- tivo – ovviamente illecito242 – abbia avuto una particolare «efficienza volizionale»243, e di ciò possa esser data prova con ogni mezzo, ivi com- presa la prova testimoniale, trattandosi di provare un mero fatto storico;
xxxxxxxxx non si pone neppure, poiché esso ivi si esprime nella forma di un obbligo di comporta- mento per quest’ultimo. Negli altri casi invece, si richiede che il motivo risulti dall’atto, cioè che il donatario possa trarne conoscenza proprio dalla dichiarazione negoziale; in particolare, per risulta- re dall’atto il motivo dovrà emergere dalla dichiarazione del donante, anche se non è necessario che sia espresso, potendosi anche desumere attraverso l’interpretazione della volontà del donante così come risulta, appunto, dall’atto: cfr. XXXXXXXX, Le successioni e le donazioni, Napoli, 1990, 849; TAM- PONI, La nullità del contratto di donazione, in BONILINI (diretto da), La donazione, Torino, 2001, II, 1055 ss. In giurisprudenza, nello stesso senso: Cass., 6 marzo 1992, n. 2695, in Rass. dir. civ., 1994, 806; per la quale il motivo, non necessariamente indicato nell’atto, dovrà però potersi desumere dal- la interpretazione della volontà del donante.
240 Cfr. Cass., 19 ottobre 2005, n. 20189, in Giust. civ., 2006, 1240, per la quale la qualificazione
di un elemento quale onere o quale motivo, per ciò che poi ne consegue sul piano della applicazione delle relative discipline, si traduce in una valutazione di circostanze di fatto, relative alla ricerca del- la effettiva volontà dei contraenti.
241 Cfr. Cass., 6 marzo 1992, n. 2695, in Rass. dir. civ., 1994, 806.
242 Cioè contrario a norme imperative, all’ordine pubblico e al buon costume; per la casistica, si veda, BIONDI, op. cit., 591 ss.
243 Può avere «costituito il solo motivo determinante» (secondo l’espressione usata dall’art. 794 c.c.) o «è il solo che ha determinato il donante alla liberalità» (secondo l’espressione dell’art. 788 c.c.) o «a compiere la liberalità» (in base all’espressione dell’art. 787 c.c.). Si dovrebbe in concreto ravvisare un rapporto di causa ed effetto tra motivo e attribuzione, tanto che in presenza anche di al- tri motivi, quello illecito possa essere considerato come l’unico, esclusivo e decisivo che ha indotto il donante alla liberalità: cfr. IACOVINO, La forma della donazione, in IACOVINO, XXXXXXX, CASSANDRO, La donazione, Milano, 1996, 314; GARDANI XXXXXXXX XXXX, op. cit., 318.
Motivo e presuppo-
sizione
non occorrerà dunque che tale «efficienza volizionale» o, il che è lo stes- so, l’unicità del motivo risulti dalla dichiarazione del donante244.
Il motivo dunque, sia che abbia avuto «efficienza volizionale» sia che una tale efficienza non abbia invece rivestito, si caratterizza pur sempre per una sua idoneità a risultare, anche in via interpretativa, dall’atto di donazione; in altri termini, il motivo, che sia unico o meno, appare sem- pre esplicitato.
La Suprema Corte245, con particolare riferimento ad una ipotesi di annullabilità della donazione per errore sul motivo di fatto o di diritto, quando il motivo, oltre a risultare dall’atto, sia stato da solo idoneo a determinare il donante a com- piere la liberalità, osserva quanto segue: quando un disponente, in considera- zione delle affettuose cure ed attenzioni ricevute e delle altre cure ed attenzio- ni che è sicuro di ricevere in futuro, effettua la donazione, e chi la riceve, preso atto di quanto dichiarato dal donante, con animo riconoscente accetta quanto xxxxxx e ringrazia, si verifica una ipotesi in cui dette statuizioni non stanno a si- gnificare che il disponente si è indotto a donare nella certezza che il ricevente sarebbe stato giuridicamente obbligato ad assisterlo in futuro, stante che nel- l’atto di donazione non si parla affatto di obbligo giuridico di assistenza a cari- co del donatario, ma stanno piuttosto a significare che il donante mostra di vo- ler beneficiare il donatario per gratitudine, e per farsi ben volere da quest’ulti- mo in futuro. È inoltre irrilevante un errore che non riguarda una realtà di fatto, ma che inficia la valutazione che delle intenzioni e dei sentimenti altrui può ave- re fatto il donante: infatti, se il donante spera di ricevere ancora nel tempo cu- re ed attenzioni dal donatario, e colloca detta speranza tra i motivi anziché im- porla alla controparte come pretesa contrattuale (imponendo giuridicamente al donatario di assisterlo in futuro), e se detta speranza è poi andata delusa nel tempo, non potrà invocare un errore sul motivo poiché dimostra al più di esse- re incorso in un’erronea valutazione sulla generosità e capacità di riconoscen- za del donatario.
Il motivo dovrà poi essere tenuto distinto dalla presupposizione.
Rispetto alla presupposizione la linea di demarcazione, che non rile- va solo sul piano teorico poiché produce anche distinguibili conseguen- ze applicative, è di più immediata constatazione.
La presupposizione, fenomeno privo di dimensione positiva, viene comunemente intesa come motivo, modalità o condizione inespressi, im- pliciti o non sviluppati. Si tratterebbe cioè di un motivo che resta estra- neo alla struttura del contratto, non essendo ivi presente per mezzo di una clausola che neppure per via interpretativa si possa dire che lo pre-
244 Per una sintesi su tali profili, si veda CARNEVALI, Le donazioni, cit., 581 ss., dove compaiono numerosi richiami di dottrina.
245 Cfr. Cass., 19 ottobre 2005, n. 20189, in Giust. civ., 2006, 6, 1240.
xxxx, ma che ciò nonostante riveste una portata determinante rispetto al- la determinazione della volontà negoziale246 tanto che il suo mancato ve- rificarsi dovrebbe comportare l’inefficacia del contratto. Il modus inve- ce è un motivo espresso in una clausola che è parte integrante del con- tenuto del contratto, che non sempre riveste carattere determinante del- la volontà negoziale, e che infine produce, solo ove ricorrano specifiche condizioni, la risoluzione del negozio cui accede. Ma ciò che più rileva, sul piano della distinzione tra modus e presupposizione, è che soltanto il primo si traduce nella imposizione di un obbligo di comportamento a ca- rico del donatario247.
18. Onere e condizione: indici di distinzione. Stato del- la giurisprudenza
Onere e condizio- ne pote- stativa
Criteri di distin- zione
Per la ricostruzione dei caratteri fisionomici del modus donativo rileva, quale aspetto peraltro classico di ogni trattazione sull’argomento, la di- stinzione tra modus e condizione248, in tutti i casi nei quali sia in que- st’ultima dedotto un comportamento di dare, fare o non fare: l’alternati- va si pone dunque, in tali ipotesi, propriamente tra modus e condizione potestativa, sospensiva o risolutiva249.
È nota la tesi che individua la distinzione tra le due modalità del ne- gozio in differenze di carattere applicativo, che guardano cioè alla diffe- rente disciplina giuridica prevista per le due figure: mentre il modo ob- bliga i soggetti destinatari senza sospendere l’efficacia del negozio, la condizione sospensiva potestativa sospende ma non costringe; inoltre il modus si distingue, sul piano concettuale e normativo, dalla condizione risolutiva potestativa perché in caso di inadempimento non determina l’i- nefficacia del negozio retroattivamente, ma solo officio iudicis e, peral- tro, con retroattività meramente obbligatoria, poiché limitata dalla ne- cessità del rispetto dei diritti che i terzi abbiano acquistato sugli immobi- li prima della trascrizione della relativa domanda250.
246 XXXXXXX XXXXXXXXXX, op. cit., 191 s.
247 A. PALAZZO, Atti gratuiti, cit., 290 s. L’Autore molto correttamente sottolinea come il donare
«presupponendo che il donatario faccia qualcosa, non è a rigore lo stesso che donare imponendo un determinato obbligo».
248 Entrambi «congegni giuridici per realizzare la causa dell’attribuzione» o «per comporre un assetto di interessi del donante e/o del donatario retti dalla causa dell’attribuzione», X. XXXXXXX, vo- ce «Donazione», cit., 141.
249 X. XXXXXX, Il modus, cit., 300. Sull’argomento, XXXXXXXXX, La donazione modale, cit., 147 ss.;
X. XXXXXXX, voce «Donazione», cit., 141; cfr., inoltre, XXXXX, Donazione modale e donazione sogget- ta a condizione, in Rass. dir. civ., 2000, 916; MARTUCCELLI, Pregiudizio economico per il donatario e impossibilità dell’onere nella donazione modale, nota a Cass., 22 giugno 1994, n. 5983, in Giust. civ., 1995, I, 2806.
250 Cfr. XXXXXXXX, voce «Condizione (diritto vigente)», in Enc. Dir., VII, Milano, 1961, 764. Per altri riferimenti, si veda CARNEVALI, Le donazioni, cit., 250 ss., X. XXXXXX, Il modus, cit., 310, nota 6, 319 ss.
Per altra parte della dottrina i criteri di distinzione concettuale e nor- mativa sono meramente descrittivi e idonei ad indicare al più una regula iuris senz’altro esatta, anche se priva di valore pratico, poiché non sareb- bero utili per stabilire se in concreto ricorra un modo o una condizione251. Problemi di identificazione della natura giuridica del negozio, se con- dizionale o modale, non dovrebbero sorgere, rileva una dottrina, quando il comportamento richiesto al donatario non abbia contenuto patrimo- niale, ovvero quando il peso non è suscettibile di valutazione economica; in tal caso si dovrebbe comunque verificare, in primo luogo, se il donan- te non abbia voluto esclusivamente dare al donatario un mero consiglio ovvero non abbia voluto soltanto esprimere un desiderio252, per poi, ri- solto tale pregiudiziale quesito nel senso della natura condizionale del comportamento richiesto al beneficiario dell’attribuzione gratuita, inda- gare come il disponente abbia inteso far operare sull’efficacia del nego- zio l’alternativo atteggiarsi del comportamento richiesto, per accertare cioè se l’esecuzione del comportamento da parte del beneficiario valga a rendere efficace il negozio gratuito, oppure se sia invece l’inesecuzione
di esso a risolvere gli effetti già verificatisi253.
Una dottrina riconduce la distinzione in concreto tra modus e condizio- ne al piano interpretativo, facendo dunque ricorso ai criteri di interpreta- zione del contratto: pertanto, in primo luogo si porrà una quaestio volunta- tis, nella quale cioè occorrerà ricostruire quale sia stata l’effettiva intenzio- ne dei contraenti254, e poi, se ancora sussiste un dubbio interpretativo, si dovrà ricorrere all’interpretazione oggettiva, in particolare avendo riguardo al principio di conservazione del contratto, ex art. 1367 c.c., e alla disposi- zione finale per la quale nel dubbio il contratto deve essere inteso nel sen- so meno gravoso per l’obbligato, ai sensi dell’art. 1371 c.c. In particolare, in riferimento a quest’ultimo criterio, si osserva che se il comportamento ri- chiesto al beneficiario consiste in un dare o in un fare fungibili, il soggetto tenuto potrà essere costretto all’adempimento in forma specifica e dunque l’interesse del donante è maggiormente soddisfatto da una qualificazione del comportamento richiesto in termini di modo; mentre se il comporta- mento è infungibile, allora la qualificazione in termini di condizione risolu- tiva appare preferibile per il donante, poiché la risoluzione potrà esercitare una maggiore coazione all’adempimento che non il rischio di essere espo- sto solo al risarcimento del danno255.
251 XXXXXXXXX, Le donazioni, cit., 251; XXXXXXXXX, op. cit., 43; X. XXXXXX, Il modus, cit., 320.
252 XXXXXXXXX, La donazione modale, in BONILINI (diretto da), Trattato, cit., 850.
253 XXXXXXXXX, Le donazioni, cit., 556, nota 23. Per altra dottrina vi sarebbe condizione anche quando la prestazione è posta a vantaggio esclusivo dell’onerato, non potendo in tal caso configu- rarsi per definizione un onere, GRASSETTI, op. cit., 29 ss. Contra, si è già visto, XXXXXXXXXX, La dona- zione, cit., 51, nota 206.
254 Cfr. A. PALAZZO, Le donazioni, in Comm. Xxxxxxxxxxx, Milano, 2000, 405.
255 CARNEVALI, La donazione modale, cit., 257 ss. ID., La donazione modale, in BONILINI (diretto da), Trattato, cit., 850.
Anche tale tesi è però criticata, rilevandosi in particolare l’errore di impostazione metodologica di chi vuol ridurre la distinzione tra modus e condizione ad una quaestio facti ovvero ad un problema di interpreta- zione della singola fattispecie concreta, quando invece si tratterebbe di questione che attiene alla qualificazione della fattispecie, ovvero di un’a- nalisi che ha riguardo alla individuazione nella fattispecie concreta degli elementi costanti e tipici previsti per la fattispecie astratta256.
Per altra dottrina, la distinzione tra modo e condizione è pur sempre una questione di interpretazione, e la ricostruzione della natura della mo- dalità non è assolutamente agevole proprio quando il modo ha costituito per il donante l’unico motivo determinante della liberalità; ciò premesso, considerato che «è ben difficile ipotizzare che il donante abbia avuto a mente lo strumento giuridico da adottare (modo o condizione) per con- seguire il risultato pratico», si dovranno allora prediligere i criteri di in- terpretazione oggettiva257.
A revisione critica si è esposta anche l’osservazione che vorrebbe ve- dere l’esistenza di un modus in tutti i casi in cui per l’esecuzione del com- portamento richiesto risulti indispensabile l’attribuzione patrimoniale, nel senso che senza di essa un tale comportamento non sarebbe neppu- re concretamente eseguibile, cosicché l’attribuzione risulta essere mezzo indispensabile per il raggiungimento dello scopo258.
Una tale considerazione non appare decisiva ai fini della distinzione tra modo e condizione, poiché la funzione meramente strumentale del- l’attribuzione rispetto allo scopo che il donante vuole raggiungere per tramite della apposizione della modalità, potrebbe avere rilievo al più per l’assegnazione alla concreta donazione modale di una concreta causa di- versa rispetto a quella astratta tipicamente riconducibile alla donazio- ne259, oppure per far emergere un uso indiretto della fattispecie donativa modale, piuttosto che per individuare la natura della modalità adottata; se si vuole invece valorizzare un tale indice (la posizione meramente strumentale dell’attribuzione rispetto allo scopo perseguito dal donante) nell’ottica della distinzione modus-condizione si dovrebbe allora, per una parte della dottrina, pervenire ad una conclusione opposta, e rico- noscere che la modalità rilevi quale condizione e non già come modus260. Per la dottrina da ultimo citata261 un idoneo criterio distintivo tra mo- dus e condizione può essere concepito muovendo dall’insegnamento tra-
256 X. XXXXXX, Il modus, cit., 321.
257 CATAUDELLA, La donazione, cit., 119 nota 59.
258 In tal senso, GRASSETTI, op. cit., 47 s.
259 CARNEVALI, La donazione modale, cit., 132 ss., 145 ss., 148. Contra, CATAUDELLA, La donazio- ne, cit., 51.
260 X. XXXXXX, Il modus, cit., 322 s.
261 X. XXXXXX, Il modus, cit., 324.
dizionale262 che distingue i tre elementi accidentali – condizione, termine e modus – osservando che solo il modus è produttivo di effetti ulteriori ed aggiuntivi rispetto a quelli tipici che le parti intendono realizzare con il tipo negoziale prescelto, poiché nelle altre due modalità si determina solo una particolare configurazione degli stessi invariati effetti tipici del negozio programmato, al punto che è sorto per taluno il dubbio che, so- prattutto in riferimento alla condizione, si possa continuare ad affermare che, data l’intensità e inscindibilità del collegamento tra interesse nego- ziale tipico ed evento esterno (o, il che è lo stesso, data l’unità della vo- lontà precettiva espressa nel negozio condizionale), un tale elemento (ovvero la condizione) possa continuare ad essere considerato a sé stan- te, e dunque dotato di una propria autonomia precettiva negoziale, ri- spetto alla regolamentazione negoziale cui accede263.
Sulla base di queste considerazioni la dottrina osserva che la natura condizionale della modalità potrà essere affermata in tutti i casi in cui, per le parti, la realizzazione dell’evento rappresentato nella donazione sotto forma di comportamento di dare, fare o non fare, costituisce la ra- gione stessa che ha determinato le medesime a volere gli effetti tipici del negozio attributivo, nel senso che tra interesse tipico perseguito con il negozio e interesse specifico, perseguibile solo con la realizzazione del- l’evento rappresentato dall’attuazione del comportamento dell’onerato, sussiste un collegamento o nesso di subordinazione inscindibile, tale per cui alla realizzazione effettiva del secondo è addirittura subordinata la realizzabilità del primo264.
La dottrina citata afferma al riguardo che l’indagine sulla natura e sul grado di intensità del collegamento che sussiste tra interesse tipico del negozio e interesse ulteriore che le parti vogliono realizzare con la mo- dalità265, si sviluppa necessariamente in chiave interpretativa266, mo-
262 L’insegnamento è di XXXXXXX XXXXXXXXXX, op. cit., 192.
263 Cfr. CATAUDELLA, Sul contenuto del contratto, Milano, 1966, 215.
264 Da ultimo, X. XXXXXX, Donazione modale, in A. PALAZZO (a cura di), I contratti, cit., 301. È no- ta peraltro, in giurisprudenza, la ammessa deducibilità in condizione risolutiva dell’inadempimento di una prestazione, quale evento, appunto, condizionante in senso risolutivo l’efficacia del contratto: in particolare, avuto riguardo all’art. 1355 c.c. che rende nullo l’atto di autonomia nel solo caso in cui sia subordinato ad una condizione meramente potestativa, legittima risulta invece la pattuizione che fa dipendere dal comportamento adempiente o meno della parte l’effetto risolutivo del negozio; si aggiunga che, attesa la legittimità di una condizione meramente potestativa risolutiva, ben può es- sere il comportamento della parte rimesso al suo mero arbitrio, poiché, in quanto assunto a mero evento condizionante e non già ad obbligazione modale, non sarebbe neppure astrattamente assog- gettabile ad una valutazione della colpa dell’inadempimento; cfr. Cass., 15 novembre 2006, n. 24299, in Riv. not., 2007, 1206.
265 Che il collegamento tra i due interessi è meno intenso nella donazione modale, di quanto non lo sia nella donazione condizionale, è confermato, sempre secondo la dottrina citata, dal fatto che la riso- luzione della prima per inadempimento dell’onere può aversi solo se espressamente prevista nell’atto di donazione [X. XXXXXX, Donazione modale, in A. PALAZZO (a cura di), I contratti, cit., 302, nota 71].
266 X. XXXXXX, Donazione modale, in X. XXXXXXX (a cura di), I contratti, cit., 310.
Stato della giurispru-
denza
strando con ciò di aver superato l’obiezione dalla stessa a suo tempo mossa nei confronti di chi già in precedenza osservava, appunto, che la distinzione tra modus e condizione ponesse propriamente un problema di natura interpretativa.
Nella ricostruzione del regolamento negoziale bisognerà allora avere, innanzitutto, riguardo alla presenza o meno, nell’atto, della clausola di ri- soluzione della donazione per inadempimento dell’onere, ai sensi del- l’art. 793, 4° co., c.c.: la previsione della clausola di risoluzione, infatti, dovrebbe far escludere che le parti abbiano inteso introdurre nel con- tratto una condizione sospensiva267, e dovrebbe inoltre far propendere nel senso che le stesse abbiano voluto porre in essere una donazione mo- dale, posto che se le stesse avessero inteso sottoporre a condizione riso- lutiva l’atto donativo non avrebbero di certo introdotto la pattuizione ri- solutiva268, attraverso la quale si perviene infatti ad una caducazione del contratto officio iudicis e non già ope legis, come invece accade nel ca- so del verificarsi dell’avvenimento futuro e incerto dedotto in condizione risolutiva.
Il dubbio interpretativo dunque riguarda sostanzialmente i casi nei quali nella donazione non compare la clausola risolutiva per inadempi- mento dell’onere269.
Sulla elaborazione dei criteri per distinguere il modus rispetto alla condizione, accanto alla riflessione dottrinale270, si è sviluppato un certo confronto giurisprudenziale.
267 Il contratto non sorretto da una clausola di risoluzione, nel configurare un certo comporta- mento da porre in essere ad opera di una delle parti, potrebbe riflettere l’intenzione delle stesse di voler contemplare siffatto comportamento (o meglio l’adempimento dello stesso) quale evento dal cui verificarsi dipende la stessa efficacia del regolamento negoziale: l’interprete, allora, si trovereb- be di fronte ad una condizione sospensiva che potrebbe essere apposta nell’interesse di una sola del- le parti (il donante, appunto), condizione che, però, non renderebbe nullo il contratto (ai sensi del- l’art. 1355 c.c.) in tutti i casi in cui l’operatività della medesima non dipenda da una mera scelta ar- bitraria della parte, ma piuttosto da una valutazione ponderata dei propri interessi; la parte pertan- to, nel cui esclusivo interesse è posta la condizione sospensiva del contratto (rectius, l’evento rap- presentato dalla realizzazione della condotta ad opera del donatario), potrebbe anche rinunziarvi, sia prima che dopo il non avveramento di essa (xxxxxxx, sia prima che dopo il non adempimento del- la prestazione da parte del donatario): Xxxx., 15 novembre 2006, n. 24299, cit.
268 Anche se è valutazione di merito, insindacabile in sede di legittimità, la qualificazione della volontà delle parti quale clausola risolutiva espressa e non quale condizione risolutiva; si argomen- ta da Cass., 15 novembre 2006, n. 24299, cit.
269 Non compare cioè, nella previsione delle parti, una risoluzione dell’attribuzione liberale, ov- vero quel «patto commissorio espresso che importa in caso di inadempimento la risoluzione del con- tratto», X. XXXXXXX, voce «Donazione»; cit., 149.
270 Per distinguere tra donazione modale e donazione condizionale è di primario rilievo in pri- mo luogo accertare a quale delle due parti del contratto sia principalmente riconducibile il motivo oggettivato a donare, stante che lo stesso oltre che conosciuto potrebbe anche essere condiviso dal donatario, e, una volta risolto tale passaggio interpretativo, accertare se, avuto riguardo a tale og- gettivato motivo a donare, la parte o le parti alle quali sia riconducibile avrebbero voluto, in caso di mancata realizzazione dello stesso, conseguire semplicemente la risoluzione dell’attribuzione (ne- gozio condizionale) o piuttosto esercitare il diritto alla esecuzione (negozio modale); si argomenta da A. PALAZZO, voce «Donazione»; cit., 149.
La Suprema Corte271 osserva che mentre nella donazione sottoposta a condi- zione, l’avvenimento futuro e incerto, al cui verificarsi è subordinata l’efficacia o la risoluzione del contratto, non forma oggetto di obbligazione per l’obiettiva in- certezza della realizzazione dell’evento previsto come condizione, nella dona- zione modale l’onere imposto al donatario costituisce una vera e propria obbli- gazione, con la conseguenza che la mancata sua esecuzione, quando sia de- terminata da inadempimento imputabile al donatario, può essere causa di riso- luzione della donazione se in tale atto la risoluzione stessa sia preveduta (art. 793, 3° co., c.c.).
Altro indice che consente di distinguere il modo dalla condizione risiede, sempre secondo la Suprema Corte272, nella considerazione che, in riferimento alla fattispecie concreta sottoposta al giudizio di legittimità, se il donante aves- se inteso – nell’imporre al donatario una certa destinazione ad attività benefi- che dei beni donati – dedurre ciò quale condizione risolutiva della donazione, avrebbe previsto, sulla base di una presupposta sopravvenuta inefficacia della liberalità ricevuta ove le finalità non fossero state più realizzabili, un obbligo di restituzione dei beni stessi al donante o ai suoi aventi causa; ciò che invece – nel caso concreto – non risulta dall’atto donativo, atteso che invece, al verifi- carsi della condizione di impossibilità di adempiere al modus, ciascun donata- rio, ferma la permanenza della efficacia della donazione ricevuta, avrebbe do- vuto invece semplicemente ritrasferire i beni ricevuti nei modi e nei termini che consentissero ad altri la continuazione delle attività benefiche oggetto dell’one- re donativo. La Suprema Corte quindi stabilisce il principio di diritto secondo cui costituisce modus e non condizione risolutiva l’obbligo apposto ad una dona- zione che non diviene inefficace in caso di inadempimento (e la sopravvenuta inefficacia, nell’intento empirico delle parti, si apprezza sotto forma di previsio- ne di un obbligo di restituzione dei beni donati al donante o ai suoi aventi cau- sa), ma che obbliga piuttosto il donatario al trasferimento del bene ad altri per realizzare (o continuare a realizzare) le finalità del donante.
Da notare però che, nella fattispecie che ha dato luogo alla pronuncia di le-
gittimità appena richiamata, l’evento sul quale il donante aveva fondato l’obbli- go per il donatario di ritrasferire ad altri i beni donati, per consentire la conti- nuazione della realizzazione delle finalità del donante, era invero un evento co- stituito da evenienze assai diverse tra di loro, ovvero «per il caso, se pur im- prevedibile che, per qualsiasi motivo l’Istituto donatario non potesse o volesse continuare a prestare l’opera propria in favore dell’infanzia (…)». Dunque, il mancato perseguimento della finalità caratterizzante il motivo della donazione poteva dipendere tanto da un comportamento potestativo o scelta dell’onerato, che dunque avrebbe potuto sottrarsi volontariamente alla prestazione dell’atti- vità benefica alla quale si era impegnato, quanto – dipendere – anche da cau-
271 Cfr. Cass., 30 marzo 1985, n. 2237, in Riv. not. 1986, 1158.
272 Cass., 26 maggio 1999, n. 5122, cit.
se esterne, pure imprevedibili, e comunque tali da impedirgli, suo malgrado, la continuazione dell’opera onerata.
In altra sede allora, più coerentemente273, è stato osservato che se in un at- to di donazione è stata convenuta una clausola in virtù della quale il donante dona alla condizione che l’immobile donato conservi in perpetuo un certa de- stinazione, non si è di fronte ad una fattispecie modale, nella quale dunque non potrà chiedersi l’inadempimento della donazione in assenza di una espressa previsione, quanto piuttosto di fronte ad una vera e propria condizione risoluti- va del contratto di donazione, e ciò sia perché nell’atto pubblico rogato dal no- taio è stato usato il termine condizione (dato letterale questo che non può rite- nersi casuale e improprio) sia, soprattutto, perché ci si trova di fronte ad una condizione (e non già ad un modus) in tutti i casi in cui l’efficacia del negozio è subordinata ad un accadimento che, se non in tutto (potendo avere anche na- tura potestativa), quanto meno in parte è costituito da un fatto esterno al nego- zio medesimo, ovvero da un fatto che non coincide con una prestazione in sen- so tecnico, per essere invece autenticamente futuro e incerto. Infatti, posto che la donazione dell’immobile era avvenuta, nella fattispecie concreta, alla condi- zione che l’immobile conservasse in perpetuo la destinazione a casa di riposo, è certo che un eventuale mutamento di destinazione, oltre a poter dipendere da una scelta del donatario, ben potrebbe dipendere anche da cause esterne «co- me disposizioni dell’Autorità amministrativa o difficoltà di gestione che ne aves- sero reso impossibile la continuazione».
Peraltro, la pronuncia appena citata si segnala per un altro profilo proble-
xxxxxx, che potrebbe emergere in tutti i casi nei quali, al pari della fattispecie concreta sottoposta al giudizio di legittimità richiamato, sia imposto, al sogget- to beneficato dall’attribuzione patrimoniale gratuita, un dovere di conservare in perpetuo una certa destinazione d’uso delle cose donate. La Suprema Corte274 al proposito osserva che l’imposizione del dovere di conservazione in perpetuo della destinazione d’uso del bene donato, pur non essendo puntualmente ri- conducibile al paradigma del divieto di alienazione ex art. 1379 c.c., integra una pattuizione che, contenendo appunto un vincolo di destinazione, com- porta pur sempre e comunque una limitazione altrettanto incisiva del diritto di proprietà, per cui il contratto munito di una tale clausola è nullo, poiché ex art. 1354 c.c. contenente una condizione risolutiva illecita in quanto contraria al- la norma imperativa di cui all’art. 1379 c.c.
273 Cass., 17 novembre 1999, n. 12769, in Riv. not., 2000, 369.
274 Cass., 17 novembre 1999, n. 12769, cit.
19. Donazione modale e donazione condizionale: onere illecito o impossibile; condizione illecita o impossibile
Condizio- ne illecita o impos-
sibile
La trattazione che precede lascia evidentemente intendere che tracciare, all’atto pratico, una distinzione tra donazione modale e donazione condizionale è operazione tutt’altro che agevole, per la quale gli indici e i criteri che possono essere utilizzati in chiave di ricostruzione della rea- le e condivisa volontà delle parti costituiscono un sussidio non sempre decisivo.
Del resto, distinguere il modus dalla condizione risulta di particolare importanza soprattutto quando il comportamento di dare, fare o non fa- re imposto all’onerato sia impossibile o illecito, poiché se di esso emer- ge la natura condizionale dovrà applicarsi al contratto di donazione la di- sciplina dettata per i contratti in generale dall’art. 1354 c.c.275, mentre se ad esso viene riconosciuto carattere modale dovrà essere, di contro, ap- plicata la norma espressa prevista dall’art. 794 c.c.276.
Le conseguenze applicative sono infatti diametralmente opposte, poi- ché mentre ai sensi dell’art. 1354 c.c. il comportamento impossibile de- dotto quale condizione risolutiva è tamquam non esset (avendosi per non apposta la condizione risolutiva che esso deduce), cosicché la dona- zione resterà immancabilmente ferma quale donazione semplice, quello strutturato alla stregua di una condizione sospensiva conduce al risulta- to del tutto contrario della nullità della donazione, ciò a prescindere dal rilievo che per il donante possa avere avuto l’attuabilità o meno del com- portamento da parte del donatario; al pari della condizione impossibile sospensiva, infine, anche quella illecita, sia sospensiva che risolutiva, de- termina alle stesse condizioni la nullità della donazione277.
275 TORRENTE, La donazione, cit., 576 ss.; BIONDI, op. cit., 502; GARDANI XXXXXXXX XXXX, sub art. 794, in Comm. c.c. Scialoja Branca, sub art. 769-809, Bologna-Roma, 1976, 368 ss.; XXXXXXXXX, Le donazioni, cit., 489; XXXXXXXXXX, La donazione, cit., 116, nota 46. Cfr., da ultimo, X. XXXXXXX, op. cit., 3ª ed., 1577 s.
276 XXXXXXX, La donazione sotto condizione, in BONILINI (diretto da), Trattato, cit., 831, per la quale la particolare valenza dei motivi nel contratto di donazione, al pari che nel testamento, legitti- ma l’applicazione della disciplina prevista per la condizione testamentaria impossibile o illecita (art. 626 c.c.) anche alla analoga condizione donativa, e dunque richiama l’applicazione dell’art. 794 c.c., che oltre all’onere illecito o impossibile potrà pertanto essere applicato alla condizione illecita o im- possibile; ciò tanto più avuto riguardo alla «vicinanza» che intercorre tra onere e condizione. Nello stesso senso, si esprime in sede manualistica, una autorevole dottrina: cfr. RESCIGNO, Manuale di di- ritto privato, Napoli, 1982, 601.
277 La mancata riproduzione nel codice attuale dell’art. 1065 del codice previgente, che commi-
xxxx testualmente la nullità della donazione fatta sotto condizione impossibile o contraria alla legge o al buon costume, non impedisce l’applicabilità alla condizione donativa illecita o impossibile del- l’art. 1354 c.c., stante la certa qualificazione della donazione come contratto, XXXXXXXX, La donazio- ne, cit., 577, BALBI, op. cit., 54. Cfr. inoltre, sul punto, GARDANI XXXXXXXX XXXX, Delle donazioni, in Comm. c.c. Scialoja Branca, sub art. 769 809, Bologna-Roma, 1976, 368 ss.
Onere ille- cito o im- possibile
Quando invece si potrà dire che il comportamento viene dedotto sot- to forma di obbligazione, allora ex art. 794 c.c. vige in ogni caso la rego- la sabiniana, risalente al diritto romano, in applicazione della quale l’o- nere impossibile si ha per non apposto, vitiatur sed non vitiat, salvo che non abbia costituito il solo motivo determinante della donazione, nel qual caso la rende nulla.
Sul piano della nozione di illiceità o impossibilità del modus vale ciò che viene comunemente osservato in riferimento alla condizione.
Ad essere illecito278 è infatti tanto il modus che deduce un comporta- mento che, se considerato in sé e per sé, è oggettivamente illecito, quan- to quello che ha l’attitudine a incentivare la realizzazione di una condotta riprovata dalla legge o dalla morale279; illecito infine è anche il modus che obbliga ad un comportamento solo soggettivamente illecito, nel senso che illecito non è il comportamento in sé ma l’intento che il donante, me- diante l’attuazione del comportamento, vuole realizzare: si pensi ai casi in cui il comportamento richiesto all’onerato, di per sé lecito, si traduca in una coartazione della volontà di quest’ultimo, oppure in una limitazione di un suo diritto o di una sua libertà individuale e/o personale280.
L’indagine sulla possibile illiceità del modus, cioè, dovrà essere con- dotta in concreto, attraverso la ricostruzione della volontà del donante e del donatario, e comunque considerando quale sia l’oggettivo ruolo che assume, nell’economia del contratto di donazione, quel dato comporta-
278 Per la valutazione della illiceità del modus si possono utilizzare i parametri che la dottrina e la giurisprudenza hanno elaborato in sede di ricostruzione dei profili di illiceità della condizione in materia testamentaria, poiché in riferimento alla condizione apposta alla donazione tali parametri, e i risultati interpretativi raggiunti in ambito testamentario, possono essere utilizzati in modo tenden- zialmente analogo, BIONDI, op. cit., 508; da ultimo, XXXXXXX, La donazione sotto condizione, in BONI- LINI (diretto da), Trattato, cit., 832 ss.
279 Specificamente in tema di condizione, BIONDI, op. cit., 506; TORRENTE, La donazione, cit., 579, il quale osservava che è riprovevole tanto indurre il donatario ad un comportamento illecito, quanto indurlo ad astenersi da un comportamento vietato, poiché una attribuzione che tende a far astenere il donatario da una attività illecita, non può essere per ciò stesso considerata lecita, in quanto dovrà essere tenuta nella debita considerazione «l’esigenza che i doveri giuridici coattivamente posti dal- l’ordinamento non siano compiuti per motivi di lucro». Sul punto, altra parte della dottrina (CATAU- DELLA, La donazione, cit., 116) correttamente osserva che quando la condizione oggettivamente ille- cita deve essere ravvisata nell’attitudine della stessa ad indurre alla commissione dell’illecito, allora
«dovrà considerarsi illecita la condizione sospensiva che il donatario commetta l’illecito e la condi- zione risolutiva che sia il donante a commetterlo. Xxxxxx, invece, la condizione sospensiva che il do- nante commetta l’illecito e la condizione risolutiva che a commetterlo sia il donatario: qui, anzi, la condizione costituisce una controspinta alla commissione dell’illecito».
280 Sul punto diffusamente, da ultimo: XXXXXXX, La donazione sotto condizione, in XXXXXXXX (di- retto da), Trattato, cit., 832 ss.; XXXXXXXXXX, La donazione, cit., 116. Cfr., inoltre, DI XXXXX, Consi- derazioni sulle condizioni testamentarie illecite, in Rass. dir. civ., 1994, 1 ss., specie 4. In tema di condizione si discute se ogni limitazione, anche temporanea, della libertà del donatario sia illecita, o se lo sia solo quella assoluta e definitiva, considerando che anche una limitazione di minore gravità è tale da urtare la sensibilità sociale, XXXXXXXXXX, La donazione, cit., 117.
mento del tutto lecito anche se tale da incidere sulla libertà o su un dirit- to fondamentale della persona281.
Naturalmente, la questione di illiceità del modus che emerge sotto forma di coartazione o costrizione della volontà del donatario in ordine ad una propria scelta individuale di vita (tenere la condotta gradita ad al- tri per godere dell’attribuzione patrimoniale), rileva nei soli casi in cui il comportamento richiesto al donatario è idoneo ad essere comunque ri- compresso nel concetto tecnico di prestazione, per essere anche solo in- direttamente suscettibile di valutazione economica il sacrificio che il soggetto è costretto a subire per tenere la condotta personale gradita ad altri: si pensi, per esempio, all’abbandono di una certa attività artistica, sportiva di carattere professionistico, o professionale in senso lato282. Diversamente, quando cioè il comportamento richiesto non è tipica- mente valutabile, neppure indirettamente, in senso economico (scelta in ordine al proprio stato civile, alla propria fede religiosa, alle proprie idee politiche, e ad altri diritti di libertà)283, dovendosi «concepire la donazio- ne come condizionata»284, occorrerà di conseguenza applicare alla con- creta fattispecie illecita l’elaborazione tratta dalla dottrina dalla giuri-
sprudenza sulla condizione illecita.
Da aggiungere che lo stabilire se un certo modus debba considerarsi o meno illecito è indagine che non rileva solo sul piano della validità del- la singola clausola modale, ma che rileva anche su quello, ben più ampio, dell’intero contratto di donazione, che diventa nullo se il modus ritenuto illecito ha costituito il solo motivo determinante a donare.
Xxxxxx, vi potranno essere allora i casi eclatanti in cui è imposto al- l’onerato un comportamento illecito oppure una condotta in sé lecita an- che se limitativa della libertà personale, presidiati dalla previsione della risoluzione della donazione per inadempimento: qui, evidentemente, il meccanismo della risoluzione – e dunque la previsione di uno strumen- to che importa, in caso di mancata esecuzione della condotta gradita al donante, la risoluzione del contratto e dunque la perdita dei beni donati
– induce il donatario alla commissione dell’illecito, o comunque è indice di una volontà del donante di coartare realmente la volontà del xxxxxx- xxx, il quale è costretto a tenere la condotta gradita al primo per non per- dere l’attribuzione; pertanto, il modus dovrà essere considerato illecito, proprio perché l’attribuzione è teleologicamente orientata allo scopo di far commettere l’illecito o far tenere al donatario quella determinata con- dotta285. In aggiunta, anche se, tra meccanismo della risoluzione dell’atto
281 XXXXXXX, La donazione sotto condizione, in BONILINI (diretto da), Trattato, cit., 832 ss.
282 Per alcuni spunti, CARNEVALI, La donazione modale, cit., 132.
283 CARNEVALI, La donazione modale, in BONILINI (diretto da), Trattato, cit., 832.
284 Per tutti, CARNEVALI, La donazione modale, cit., 129.
285 TORRENTE, La donazione, cit., 580.
e carattere determinante dell’adempimento del modus rispetto all’attri- buzione patrimoniale, non corre alcuna relazione diretta286 (nel senso che il primo non attesta immediatamente la ricorrenza del secondo), è pur vero che la previsione di una clausola risolutiva potrebbe costituire, in concreto e unitamente ad altri fattori, un indice formale dal quale in- ferire che l’adempimento dell’onere sia la ragione principale dell’attribu- zione, e che nell’intento perseguito dal disponente l’adempimento dell’o- nere ilecito ha costituito il solo motivo determinante dell’attribuzione: se così è, infatti, ad essere nulla risulta, per espressa previsione (art. 794 c.c.), l’intera donazione.
Si pongono invece in chiave problematica le ipotesi che, a differenza dei casi precedenti, pur essendo comportamenti illeciti o condotte in sé lecite, pur se limitative della libertà personale, non siano però assistite dalla previsione della risoluzione; cosicché il donatario, pur non poten- dosi dire che beneficierà di una controspinta alla commissione dell’ille- cito o alla realizzazione della condotta non voluta, di certo può dirsi che neppure subirà alcuna efficiente induzione alla perpetrazione di tali com- portamenti
Al contrario, potrà essere illecito l’onere che preveda un comporta- mento lecito di non fare, in tutti i casi in cui l’altrimenti illecito fare (qua- le inadempimento dell’obbligazione modale) non sia presidiato da alcuna risoluzione della donazione ex art. 793, 4° co., c.c., e dunque il donatario resti libero anche di porre in essere, valutandolo conveniente, il compor- tamento illecito, non avendo alcuna controspinta alla commissione del- l’illecito stesso.
Impossibilità dell’onere si avrà, infine, quando ad essere impossibi- le in rerum natura, ovvero secondo l’ordine naturale delle cose, è ra- gionevolmente la stessa realizzabilità della prestazione oggetto dell’ob- bligazione modale287, poiché l’impossibilità giuridica dovrebbe essere fat- ta rientrare nell’illiceità288.
286 Tanto è vero che nel diverso caso della disposizione testamentaria (art. 648 c.c.), la risolu- zione della disposizione può essere disposta, alternativamente, «se l’adempimento dell’onere ha co- stituito il solo motivo determinante della disposizione» o se «la risoluzione è stata prevista dal te- statore» (cfr. Cass., 29 maggio 1982, n. 3329, in Foro it., 1983, I, 756). Sul punto, cfr. XXXXXXXX, L’o- nere nelle disposizioni testamentarie, in C.M. XXXXXX (a cura di), Le successioni testamentarie, To- rino, 1983, 171; CIARDINI, Testamento e sopravvenienza, Padova, 2003, 262 ss.
287 Sul punto, XXXXXXX, La donazione sotto condizione, in BONILINI (diretto da), Trattato, cit., 828 ss , nota 20.
288 Cfr., in questo senso, ANDRINI, La condizione nel testamento, in Riv. not., 1983, I, 326 ss., spe- cie 348.
20. L’evizione dei beni donati. La ripetizione delle pre- stazioni «non dovute» per il venir meno della donazione
Ipotesi di applicazio- ne analo- gica del- l’art. 797,
n. 3, c.c.
Nullità per
illiceità dell’onere ed effetti restitutori
Situazione del tutto particolare è quella che si viene a creare quando il donatario è tenuto ad eseguire una prestazione che non ha un valore ti- picamente economico, ipotesi in cui, come si è visto, non si vede ostaco- lo a concepire la donazione come condizionata, e tuttavia l’«onerato» (in senso atecnico) subisca l’evizione dei beni donati o questi siano affetti da vizi.
Una parte della dottrina osserva che non si vede come possa trovare applicazione analogica, in tal caso, l’art. 797, n. 3, c.c., in quanto, a fronte peraltro di un principio di irrisarcibilità dei danni non patrimoniali, non sussiste, in presenza di una «onere» che per non essere tipicamente su- scettibile di valutazione economica non potrà essere determinato nel suo ammontare, un parametro idoneo ad operare la proporzionalità richiesta in quella norma; la stessa dottrina però ammette che potrebbero essere in via analogica coperte dalla garanzia al più le spese eventualmente in- contrate dal donatario, fermo restando che se a quest’ultimo è derivato anche indirettamente un vero e proprio danno economico dall’aver adempiuto all’«onere», allora dovrebbe applicarsi in xxx xxxxxxx xx xxxxx- xxxxx xxxxx xxxxxxxx per evizione, poiché in tal caso di sarebbe di fronte ad una donazione modale vera e propria, come quando viene richiesto al- l’onerato di abbandonare una data attività di teatro, di cinema o un’atti- vità sportiva di carattere professionistico289.
Altra parte della dottrina invece è propensa a fare avere al donatario, per il quale l’adempimento dell’ «onere» rappresenti comunque un grave sacrificio di ordine morale (come l’assunzione del nome del donante o dell’ordine sacerdotale), un risarcimento commisurato all’equivalente della cosa donata ed evitta290.
Altra serie di situazioni è quella che si pone quando la donazione è stata dichiarata nulla per illiceità dell’onere che ha costituito il solo motivo determinante dell’attribuzione, ai sensi dell’art. 794 c.c.
La sopravvenuta mancanza di una causa giustificativa dei rispettivi atti di disposizione (da parte del donante) e di esecuzione dell’obbliga- zione (da parte dell’onerato) rende necessarie, nei limiti del possibile, le restituzioni, che come è noto sono soggette ad una disciplina che varia a seconda dell’oggetto della ripetizione e dello stato soggettivo dell’acci- piens291.
289 XXXXXXXXX, La donazione modale, cit., 131 s.
290 Cfr. GORLA, Il contratto, I, Milano, 1955, 187 ss. Sul punto, si veda anche X. XXXXXXX, voce
«Donazione», cit., 150.
291 Cfr. XXXXX, voce «Nullità e annullabilità», in Digesto/civ., XII, Torino, 2004, 309 s.; C.M. BIAN-
CA, Diritto civile, 5, La responsabilità, Milano, 1994, 795 ss.
Diritti restitutori
del donante
Diritti re- stitutori del dona-
tario
Quanto al primo aspetto va evidenziato che, da parte del donatario, l’oggetto della ripetizione può consistere nella restituzione al donante di una cosa determinata o del denaro, mentre più complessa è la que- stione dal lato del donante, il quale potrà anche non essere il soggetto a beneficio del quale è stata eseguita la prestazione modale poi priva di ti- tolo.
In ordine al secondo aspetto pare corretto premettere che la nullità della donazione per illiceità dell’onere che ha costituito il solo motivo de- terminante richiama una disciplina, quella più in generale posta all’art. 788 c.c., per la quale il motivo illecito non si struttura come comune, es- sendo determinante del solo donante, anche se per una parte della dot- trina la norma richiamata «non esclude, a fortiori, l’applicazione dell’art. 1345 cod. civ.»292. Del resto, ai fini pratici della valutazione dello stato soggettivo dell’accipiens, può di certo giovare la considerazione che il motivo a donare, come si è più volte ricordato, oltre a poter essere con- diviso dal donatario, talvolta può giungere sino al punto di essere addi- rittura fatto valere anche come proprio di questi, in quanto corrispon- dente ad un di lui concreto interesse.
Venendo ad esaminare dunque l’oggetto della ripetizione si può in- nanzitutto rilevare che se al donatario è stato alienato un bene deter- minato, egli dovrà, a seguito della eliminazione del negozio di donazio- ne, restituire la cosa facendone riacquistare la proprietà e il possesso al donante (mediante la consegna in caso di cosa mobile, e con atto scritto di ritrasferimento in caso di immobili, sostituibile dalla sentenza di ese- cuzione in forma specifica produttiva dell’effetto ritraslativo), che a tal fine potrà, per opinione prevalente, avvalersi alternativamente dell’azio- ne di indebito o dell’azione di rivendica293; se al donatario è stata trasfe- xxxx una certa quantità di cose generiche, egli dovrà invece restituirne una stessa quantità e qualità, mentre in caso di consegna di una somma di denaro, dovrà restituirla secondo il suo valore nominale, fatti salvi a rigore, nel caso in cui il motivo illecito sia comune, gli interessi legali e il risarcimento del danno da svalutazione294.
Particolarmente problematica è invece la vicenda restitutoria per quanto concerne il caso in cui titolare del diritto alla ripetizione sia il do- xxxxxxx, nella veste di adempiente della prestazione modale.
Qui pare di poter dire che il relativo diritto alla restituzione del donatario di quanto da questo eseguito in adempimento del modus vie- ne ad intrecciarsi, in parte, con il fenomeno della impossibilità totale o
292 CARNEVALI, La donazione modale, cit., 130 ss. Più in generale, la natura contrattuale della do- nazione, ferma restando la disciplina particolare per essa prevista, richiama quella sulla nullità del contratto di cui all’art. 1418 c.c., CATAUDELLA, La donazione, cit., 137 ss.
293 C.M. XXXXXX, Diritto civile, 5, cit., 796, 799.
294 C.M. XXXXXX, Diritto civile, 5, cit., 801.
Contenuto della pre- stazione modale e oggetto della ripe-
tizione
parziale295, da parte del donatario stesso, dell’obbligo di restituzione del- la prestazione ricevuta dal donante, a meno che il donatario non abbia adempiuto con mezzi propri; l’adempimento della obbligazione modale infatti può avvenire tramite l’erogazione di una parte del vantaggio patri- moniale conseguito, oppure tramite l’esecuzione di una determinata pre- stazione di dare, fare o non fare, non connessa con i beni ricevuti in do- nazione, oppure tramite un negozio di puro trasferimento, con il quale il donatario trasferisce al beneficiario del modo un bene determinato, fa- cente o non facente parte dell’attribuzione del donante.
Si possono pertanto distinguere tre serie di casi: quelli in cui la pre- stazione modale consiste nel trasferimento al donante di una cosa deter- minata non connessa con i beni ricevuti o nell’adempimento, sempre a favore del donante, di una prestazione di fare o non fare, parimenti non connessa con i beni ricevuti; quello in cui siffatte prestazioni siano ese- guite attraverso l’erogazione, a favore sempre del donante, di una parte delle risorse ricevute; quello in cui le prestazioni eseguite, tanto con mez- zi propri quanto con parte delle risorse ricevute, siano rivolte a vantaggio di terzi.
Nella prima serie di casi il donante è tenuto alla restituzione a favore del donatario della cosa determinata e, ove abbia ricevuto una prestazio- ne di fare, dovrà restituire al donatario un valore corrispondente all’am- montare che l’onere consistente nel facere aveva al momento dell’esecu- zione (tale valore altro non è se non il sacrificio economico rappresenta- to da tutti i costi che l’onerato ha dovuto sostenere per l’esecuzione del modus), ciò in analogia con quanto previsto dall’art. 797, n. 3, c.c., ricor- rendone la medesima ratio consistente nella necessità di evitare che la donazione si risolva in un impoverimento del donatario296. Se invece la prestazione modale rivolta a vantaggio del donante consiste in un non fa- re, in base al principio dell’arricchimento ingiustificato dovrà essere re- stituito al donatario il vantaggio patrimoniale ottenuto dal donante per effetto del comportamento omissivo posto in essere dall’onerato, sempre determinato al momento in cui l’onere doveva essere eseguito e sempre che ad un tale vantaggio abbia corrisposto un impoverimento o diminu- zione sofferti dal patrimonio del donatario, ciò in base al principio di cui all’art. 2041 c.c.297.
Nella seconda serie di casi, nella quale – sempre a favore del donan- te – le prestazioni siano state eseguite attraverso l’impiego di una parte
295 Su tali profili, in generale, C.M. XXXXXX, Diritto civile, 5, cit., 801.
296 Chiarisce la ratio dell’art. 797 n. 3 c.c., XXXXX, op. cit., 51.
297 Sembrano ricorrere nel caso in questione gli indici sui quali si fonda l’applicazione della re- gola di cui all’art. 2041 c.c., ovvero, a fronte del divieto di diritto positivo di arricchirsi a danno al- trui, l’arricchimento dell’accipiens e il correlato danno dell’impoverito: cfr. XXXXXXX, voce «Arricchi- mento (azione di) nel diritto civile», in Digesto/civ., I, Torino, 2004, 447 ss.
Azione di nullità e divieto di
venire contro il fatto pro-
prio
delle risorse ricevute (siano esse cose determinate o cose generiche), il donatario non avrà diritto alla ripetizione di alcunché, avendo tratto quanto prestato al donante direttamente dalle cose donate; egli pertanto, avrà al più, e in ogni caso, diritto al rimborso delle spese eventualmente incontrate per l’esecuzione del modus, e al danno economico eventual- mente subito sempre a causa dell’esecuzione del modus, nel caso in cui l’illiceità del motivo non sia bilaterale, in quanto ad essere illecito risulta essere propriamente e soltanto un motivo del donante.
Terza ed ultima serie di casi è quella in cui le prestazioni eseguite, tanto con mezzi propri quanto con parte delle risorse ricevute, siano ri- volte a vantaggio di terzi, e la prestazione modale a vantaggio di costoro sia già stata eseguita.
Qui, i soggetti che hanno ricevuto indebitamente la prestazione mo- dale sono terzi rispetto al contratto di donazione modale, e dunque rive- stono esclusivamente la qualifica di titolari di un diritto di credito alla prestazione modale. Se però la prestazione che è stata a loro vantaggio compiuta dall’onerato diviene «non dovuta», per il venir meno successi- vamente del titolo alla prestazione stessa costituito dal contratto di do- nazione eliminato a seguito della dichiarazione di nullità, ne deriva allo- ra che sarà innanzitutto l’adempiente, ovvero l’onerato al quale è impu- tato il pagamento, colui al quale spetterà di esercitare il diritto alla ripe- tizione della prestazione «non dovuta»; nulla esclude inoltre che alla fat- tispecie possa essere applicata la disciplina prevista per il mandato sen- za rappresentanza all’art. 1705, 2° co., c.c., e dunque che il donante, in tutti i casi nei quali abbia dotato il donatario dei mezzi per adempiere al- la prestazione modale, possa sostituirsi al donatario per esercitare verso i terzi il diritto di ripetizione, salvo ovviamente che l’esercizio della fa- coltà di surrogazione nei diritti del donatario possa pregiudicare i diritti di quest’ultimo secondo il dettato di cui all’art. 1721 c.c.298.
Un ultimo punto merita particolare considerazione: il tenore dell’art. 794 c.c., nel disciplinare le possibili modalità di estrinsecazione dell’one- re, richiama l’impostazione più in generale adottata per il motivo, secon- do il dettato degli artt. 787 e 788 c.c., nel senso che se per un verso l’o- nere, così come il motivo, potrà essere stato – essenzialmente per il do- nante – più o meno l’unico che lo ha indotto alla liberalità, ciò soprattut- to in presenza di una pluralità e concomitanza anche di altri motivi, per altro verso è tendenzialmente alla sfera soggettiva di questi – cioè del do- nante – che si guarda, particolarmente in tema di formazione della vo- lontà negoziale e di conseguente tutela.
Ne deriva che anche la nullità – ferma restando la tutela dell’affida- mento del donatario presidiata dal richiedere, tanto l’art. 787 c.c. quanto
298 In generale sui soggetti della ripetizione, C.M. XXXXXX, Diritto civile, 5, cit., 797 ss.
l’art. 788 c.c., che il motivo illecito emerga dall’atto di donazione299 – è posta essenzialmente a tutela del donante, che è però anche colui al qua- le è riferibile l’ideazione soggettiva e la contemplazione oggettiva del mo- tivo illecito che è causa dell’attribuzione.
Un tale contesto dunque richiama la necessità di interpretare la di- sciplina della nullità della donazione nel caso in cui l’onere illecito ha co- stituito il solo motivo determinante, in guisa tale da non pervenire a ri- sultati incompatibili con il principio generale dell’ordinamento in base al quale da un comportamento illecito non possono mai derivare effetti fa- vorevoli per l’autore dell’illecito, effetti che invece deriverebbero nel ca- so in cui al donante, che ha creato le condizioni sulla base delle quali po- ter fondare in astratto l’azione di nullità, sia consentito, in spregio al di- vieto di venire contro il fatto proprio300, di agire301 per farla dichia- rare anche al fine di ottenere la restituzione dal donatario di quanto da questo percepito302.
299 CARNEVALI, La donazione modale, cit., 130.
300 Su tale principio, cfr. l’interessante monografia di FESTI, Il divieto di «venire contro il fatto proprio», Milano, 2007, 84 ss., 141 ss.
301 Nell’ambito della teoria sull’abuso del diritto, tra le conseguenze dell’abuso si annovera, ac- canto a quelle di natura risarcitoria, la serie dei rimedi atti a precludere preventivamente l’esercizio del diritto, tra i quali la preclusione di una impugnativa altrimenti possibile, cfr. BRECCIA, L’abuso del diritto, in AA.VV., Diritto privato 1997, III, L’abuso del diritto, Padova, 1998, 30-31.
302 Quest’ultimo infatti si sottrae all’obbligo restitutorio nel solo caso in cui la prestazione del donante è stata eseguita per uno scopo contrario al buon costume, ai sensi dell’art. 2035 c.c.: qui il donante non può giovarsi della dichiarazione di nullità della donazione; sul punto, CARNEVALI, La do- nazione modale, cit., 131.