Contract
Audizione Confservizi su Proposte di legge C. 707 Polverini, recante norme in materia di rappresentanza sindacale nei luoghi di lavoro, di rappresentatività delle organizzazioni sindacali e di efficacia dei contratti collettivi di lavoro, nonché delega al Governo per l’introduzione di disposizioni sulla collaborazione dei lavoratori alla gestione delle aziende, in attuazione dell’articolo 46 della Costituzione, e C. 788 Xxxxxxxx, recante norme sull’accertamento della rappresentatività delle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro privati.
Roma 15 ottobre 2019
Il “sistema” sindacale italiano necessita da tempo di una sistematizzazione. Gli effetti degli accordi interconfederali sottoscritti da Confservizi hanno progressivamente definito le regole che si sono fatte via via sempre più complesse, riguardando aspetti fondamentali dei punti principali dell’“ordinamento sindacale”: dalla struttura della contrattazione collettiva, alla definizione dell’obbligo di rispettare i patti raggiunti, specie in materia di sciopero nei servizi pubblici essenziali, e, da ultimo, anche con riguardo ai criteri per definire la rappresentatività delle parti datoriali e sindacali (si veda al riguardo l’A.I. 27 luglio 2018 sottoscritto tra Confservizi, CGIL, CISL e UIL “Contenuti e indirizzi delle relazioni industriali e della contrattazione collettiva”).
Ciò a riprova della responsabilità di Confservizi e della sua volontà (assieme a quella delle altre parti sociali) di essere protagonista della regolazione delle relazioni industriali.
Tuttavia la stratificazione degli accordi confederali ha svolto solo un ruolo parziale nell’affinamento della disciplina delle relazioni sindacali, data la natura dell’accordo interconfederale, che in quanto contratto di diritto privato, resta soggetto al principio volontaristico. In sostanza, appare necessario un sostegno di natura legislativa per produrre pienamente, e nei confronti di tutti gli attori del sistema sindacale, una regolazione definitiva ed affidabile del sistema.
Su questo sfondo spiccano le problematiche, mai sopite, dei poteri e della struttura delle rappresentanze sindacali in azienda, dei rapporti fra queste e le organizzazioni di categoria e territoriali, dei presupposti per il perfezionamento dei contratti collettivi da parte delle stesse strutture sindacali e dell’obbligatorietà verso la generalità dei lavoratori. Di queste questioni, tra l’altro, tenta di farsi carico la PDL C. 707.
Prima di procedere ad una sintetica analisi dei contenuti delle due proposte di legge si segnala che la sistematizzazione del sistema sindacale dovrebbe iniziare dalla definizione dei perimetri della contrattazione collettiva nazionale.
Attualmente il più grande problema del “sistema” della contrattazione collettiva è dato dalla pluralità dei contratti collettivi nazionali di categoria, la cui recente moltiplicazione, che nell’ultimo decennio è aumentata esponenzialmente, deriva prevalentemente, anche se non esclusivamente, dalla frammentazione della struttura di rappresentanza datoriale,
fenomeno quest’ultimo estraneo all’area di rappresentanza di Confservizi, ma che comunque viene a incidere sull’aree contrattuali che costituiscono la naturale proiezione delle nostre associazioni di categoria.
Come noto questa moltiplicazione dei contratti di categoria ha prodotto due effetti, il primo, caratterizzato da un dumping contrattuale, che consente ad datore di lavoro di scegliere il CCNL sottoscritto con xx.xx. di dubbia rappresentatività.
Il secondo, meno indagato, in base al quale la sovrapposizione di ambiti di applicazione di CCNL afferenti a settori limitrofi, anche sottoscritti da organizzazioni sindacali e datoriali con maggiore rappresentatività comparativa, allo stato presunta e non misurata, consentono al datore di lavoro una selezione del CCNL applicabile.
Tale selezione risulta formalmente lecita, ma resta fortemente opportunistica, sfruttando le pieghe della scarsa regolazione del sistema sindacale, e si basa sull’inapplicabilità dell’art. 2070 c.c. ai contratti collettivi e sull’assenza di indici che consentono una misurazione della reale rappresentatività datoriale e sindacale.
Per mettere ordine al sistema, quindi, è fondamentale procedere alla determinazione dei criteri di individuazione della maggiore rappresentatività comparativa, e, in quest’ottica, è da apprezzare pienamente il tentativo delle due PDL, in questa sede analizzate, di farsene carico.
Entrambe le proposte però, non danno a nostro avviso il giusto peso ad un aspetto necessariamente preliminare alla misurazione della rappresentatività degli attori del sistema della contrattazione collettiva: ci si riferisce alla questione della predeterminazione dei perimetri.
Non è infatti possibile misurare la rappresentatività delle organizzazioni datoriali e sindacali senza prima definire l’ambito all’interno del quale procedere a questa duplice misurazione.
Una volta definita la perimetrazione della contrattazione collettiva nazionale di categoria sarà possibile estendere l’efficacia della contrattazione collettiva nazionale, eventualmente solo della sua parte economica, come in sedi istituzionali recentemente si sta prospettando, al di là del dato associativo.
Effettuato questo fondamentale passaggio sarà possibile regolare gli effetti della contrattazione di secondo livello, e i poteri della rappresentanza sindacale, nonché i suoi rapporti con la contrattazione nazionale.
Il pluralismo competitivo tra sistemi contrattuali confinanti ben avrebbe potuto essere regolato secondo il percorso delineato nell’Accordo sui “contenuti e indirizzi delle relazioni industriali e della contrattazione collettiva” del 27 luglio 2018, sottoscritto con CGIL, CISL e UIL, mutato dal c.d. Patto della Fabbrica sottoscritto da Confindustria – CGIL, CISL e UIL del 9 marzo 2018.
Come noto, ed in estrema sintesi, quel percorso prevedeva tre fasi, in cui il Cnel ha un ruolo importante e ben definito.
Peccato però che, il 17 luglio scorso, il CNEL e l’INPS abbiano dichiarato di voler scegliere ai fini dell’individuazione del c.d. CCNL “leader” una scorciatoia rispetto a quelle tre fasi, (fortunatamente con la specificazione che essa è stata individuata solo in via transitoria), che consentirebbe di individuare il CCNL più rappresentativo (o meglio quello sottoscritto dalle associazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative) sulla base del mero dato applicativo.
E’ evidente che non può essere quella la strada da seguire per la determinazione dei perimetri della contrattazione collettiva. Per inciso tale percorso invertirebbe il passaggio
metodologico già ricordato, per cui prima si individuano i perimetri, poi al loro interno si valuta la rappresentatività dei soggetti collettivi.
Come noto infatti un conto è applicare un CCNL in forza dell’associazione ad un organizzazione sindacale, cioè sulla base del vincolo associativo che impone alle aziende associate di applicare un CCNL, e un conto è applicare “di fatto” un determinato CCNL. A fronte di questa seconda ipotesi non è detto che ci sia necessariamente un rapporto di rappresentanza tra soggetto datoriale stipulante e azienda che applica quel CCNL, ben potendo l’applicazione diffusa di un CCNL fondarsi su valutazioni di tipo puramente economico. Non a caso la giurisprudenza correttamente distingue il grado di vincolatività del CCNL sui rapporti di lavoro a seconda dell’iscrizione o meno dell’azienda all’associazione sindacale stipulante quel CCNL.
Tornando alle due proposte di legge, il tema dell’individuazione dei perimetri non viene compiutamente affrontato.
La PDL C. 788 sembra dare per presupposto che il perimetro di applicazione sia il settore contrattuale (vale a dire l’ambito di applicazione del CCNL, solitamente contenuto nei primissimi articoli di ogni CCNL). Sotto questo profilo l’art. 4, comma 2 attribuisce al Ministero del lavoro e delle politiche sociali il compito di fissare “le categorie e le aree contrattuali”, e lo fa servendosi dell’archivio dei CCNL del CNEL. Allo stato l’archivio del CNEL può essere uno strumento utilissimo alla causa, ma di per sé non è idoneo a tracciare i confini tra contratti collettivi nazionali sovrapposti.
L’individuare settori ed il tracciare confini sono compiti delicatissimi che richiederebbero almeno la previa consultazione delle Confederazioni più rappresentative, e in ogni caso l’indicazione del criterio legislativo con cui il MLPS procederà alla delimitazione dei perimetri tra contratti collettivi nazionali di categoria.
L’art. 2 della PDL C 707, nel far riferimento alla misurazione della rappresentatività a livello nazionale, parla di “ambito di applicazione del CCNL di riferimento”, quindi alla categoria contrattuale, ma per le ragioni sopraesposte, dovute alla pluralità di CCNL anche comparativamente più rappresentativi astrattamente applicabili, “il CCNL di riferimento” potrà essere anche più d’uno.
Resta anche in questo caso il problema di come determinare il CCNL di riferimento o CCNL leader.
Al riguardo si ricorda che la nostra giurisprudenza, nei pochi casi in cui è intervenuta sulla materia della perimetrazione della contrattazione collettiva, ha precisato che l’art. 2070 Cod. Civ. non è riferibile alla contrattazione collettiva perché è incompatibile con la natura privatistica del contratto collettivo post corporativo.
Tuttavia l’applicazione surrettizia di tale disposizione è venuta comunque in soccorso della giurisprudenza, con delle inevitabili approssimazioni, quando si è trattato di individuare il campo di applicazione di norme di legge, ad esempio che stabiliscono le retribuzioni da considerare come base imponibile dei contributi previdenziali (art. 1 D.L. n. 389/1989) o, la disposizione sul trattamento economico da assicurare ai lavoratori delle cooperative (art. 3 legge 142/2001) e, ancora, l’art. 30, comma 4 del D. lgs n. 50/ 2016 (codice degli appalti pubblici) che impone alla stazione appaltante di indicare il contratto “leader” cui devono adeguarsi gli appaltatori nel trattamento economico da erogare ai dipendenti impiegati negli appalti.
I perimetri della contrattazione collettiva ben potrebbero essere individuati utilizzando lo statuto associativo delle associazioni datoriali e sindacali (categoria sindacale), unitamente alla categoria contrattuale (ambito di applicazione del CCNL) che quelle parti sindacali hanno individuato liberamente. Il tutto attraverso una riproposizione per legge
dell’art. 2070 c.c., non più riferito alla categoria ontologica che preesiste al sindacato, ma alla categoria sindacale/contrattuale che delle organizzazioni sindacali è manifestazione.
In ogni caso, una volta individuati i perimetri della contrattazione collettiva, ed a prescindere da quale sarà la modalità che verrà individuata, i criteri per la misurazione della rappresentatività delle organizzazioni datoriali non possono che essere multipli, e in ogni caso imperniati sull’associazione ad una organizzazione datoriale. Ragionando altrimenti non si misurerebbe la rappresentatività di un’organizzazione datoriale, ma la mera utilizzazione dei prodotti della contrattazione collettiva da essa stipulati, utilizzazione che, allo stato, ben può fondarsi su vantaggi di ordine economico e normativo.
Peraltro, e come già visto, solo uno stabile sistema associativo è in grado di fornire affidamenti di tenuta nel tempo di una determinata regolazione collettiva dei rapporti lavorativi di un certo settore contrattuale.
Sotto questo profilo, quello delineato dal comma 2 dell’art. 6 del PDL C n. 788, sembra essere un criterio idoneo a rivelare correttamente la reale capacità di rappresentanza di un’organizzazione datoriale, che tuttavia andrebbe meglio affinato. Xxxxxxxx graduato il criterio combinato delle imprese associate, del numero di personale impiegato dalle stesse, e della loro diffusione territoriale, attribuendo un peso preponderante al dato quantitativo riferito ai lavoratori dipendenti delle imprese associate, e un valore minore agli altri due criteri relativi alla platea associativa, vale a dire quello relativo al numero imprese associate e alla loro diffusione territoriale.
Sul punto si segnala invece che la PDL C 707 non contiene riferimenti alle modalità di misurazione della rappresentatività datoriale.
Solo una volta individuato il CCNL leader con riferimento a determinate attività lavorative e ad alcuni settori dell’economia, sarà possibile disciplinare gli altri aspetti di cui si occupa la PDL C 707.
Sul tema (cruciale per la tenuta del sistema contrattuale) dell’efficacia e dell’esigibilità della contrattazione di secondo livello, di cui si fa carico l’art. 5 della PDL C 707, andrebbero regolati per legge gli effetti generalizzati della parte obbligatoria del contratto collettivo aziendale sottoscritto sulla base di un criterio maggioritario. Specificare che la firma dell’accordo o del CCNL attribuisce effetti vincolanti (così il comma 3 del suo art. 5), non sembra dire nulla più di quanto già oggi la giurisprudenza afferma sull’efficacia relativa degli effetti del contratto di diritto comune, per cui il contratto vincola solo le parti che lo hanno voluto attraverso la manifestazione del consenso.
Anche le altre questioni regolate dalla PDL C 707 - relative ai rapporti tra contratti collettivi di diverso livello, ai rapporti obbligatori dei soggetti collettivi dei diversi livelli della contrattazione collettiva (confederazioni, associazioni sindacali e organismi di rappresentanza sindacale, tra organizzazioni datoriali e imprese, che attualmente assumono solo valenza endoassociativa) potrebbero necessitare di una maggiore vincolatività per legge, in modo da far assumere a quei rapporti efficacia al di là del vincolo associativo, e che quindi possano essere fatti valere giudizialmente anche da terzi.
Riguardo all’art. 6 della PDL C 707, si ribadisce che non appare possibile regolare la partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese senza una previa definizione di una disciplina organica della rappresentanza sindacale.
Del resto in assenza della definizione per via legale dei criteri per l’individuazione dei soggetti collettivi comparativamente più rappresentativi, come individuare quali soggetti avrebbero diritto a partecipare alla “gestione delle imprese” e realizzare la democrazia economica di cui all’art. 46 Cost.?