CONSENSO VS DISSENSO. ITINERARI SULLO SCIOGLIMENTO UNILATERALE DEL CONTRATTO IN ETÀ MODERNA E CONTEMPORANEA∗
Xxxxxxx Xxxxx
CONSENSO VS DISSENSO.
ITINERARI SULLO SCIOGLIMENTO UNILATERALE DEL CONTRATTO IN ETÀ MODERNA E CONTEMPORANEA∗
SOMMARIO: 1. Figure rimaste fuori dai radar: riflessioni storico-giuridiche di fronte alle ambiguità dello scioglimento unilaterale del contratto – 2. Basi antiche per un problema moderno (e contemporaneo) – 3. La lunga fase di marginalizzazione del recesso penitenziale e impugnatorio: XVI-XIX secolo – 3.1. «neutri contrahentium est locus poenitentiae»: giustizia, affari e l’esaltazione del consenso – 3.2. Il contributo della prassi forense al ‘rigetto’ della facultas poenitendi – 3.3. Consenso e volontà comune al tramonto dell’antico regime – 3.4. Xxxxxxxx e dissenso nei codici: un chiasmo tra parte generale e parte speciale –
4. L’ammissibilità del recesso unilaterale (al di la del patto e del tipo): XIX-XX secolo – 4.1. Il primato della volontà individuale: un problema teorico … – 4.2. … e soprattutto pratico. Ovvero il recesso come fenomeno generalizzato – 5. Riflessioni conclusive: sul fondamento, il luogo e i problemi irrisolti del recesso unilaterale.
1. Figure rimaste fuori dai radar: riflessioni storico-giuridiche di fronte alle ambiguità dello scioglimento unilaterale del contratto.
Queste pagine tracciano gli itinerari storici di un istituto che, travolgendo l’irrevocabilità del vincolo contrattuale attraverso il potere, concesso a una parte, di pentirsi del consenso già dato, evoca paradossi, genera incomprensioni e si accompagna a grandi domande: il recesso.
Il paradosso del recesso è in re ipsa. La manifestazione unilaterale di volontà in grado di vincere il carattere vincolante del regolamento negoziale scompagina le regole di una cultura giuridica portata a individuare nel contratto la manifestazione della necessaria reciprocità di impegni nascenti dal rapporto giuridico, a sua volta espressione dell’autonomia dell’uomo libero, capace di assumere un impegno e di mantenere nel tempo la parola data. Eppure della necessità di tale facoltà non si può dubitare, se solo si riflette sulla circostanza per cui la dichiarazione estintiva con la quale una parte decide di ‘tornare sui propri passi’ può fornire il termine finale a un contratto che ne è privo, permettere di rimediare a disfunzioni del sinallagma, consentire il ‘ripensamento’, proteggere la parte debole del rapporto. A queste diverse situazioni, tutte lato sensu riconducibili a un pentimento (cioè alla facoltà di pentirsi, per le ragioni più varie, di aver stipulato il contratto, a cui corrisponde l’azione dell’uscita unilaterale dal rapporto), la scienza giuridica ha riservato categorie concettuali e dinamiche operative.
Sennonché dai nomi a cui si ricorre per riferirsi a tali categorie e dinamiche scaturiscono alcune ambiguità – in particolare tra i termini ius poenitendi (o pentimento) e recesso – che possono generare incomprensioni. Così, per chiarirne significato e sostanza, è bene precisare che il lemma ius poenitendi rimanda a un’ipotesi precisa: esso rappresenta una specie all’interno del genere recesso (entro il quale il pentimento risulta oggi veicolato). Una specie che in tempi recenti ha conosciuto progressiva espansione per tutelare diritti e posizioni giuridiche ‘sotto assedio’, con riferimento ai quali il pentimento ha ormai assunto valenza di rimedio xxxxxxxx0. Con recesso – inteso come manifestazione unilaterale recettizia attraverso la quale ci si libera del vincolo contrattuale – si
∗ In questo studio si prospettano i primi risultati di una ricerca sullo scioglimento unilaterale del contratto in età moderna e contemporanea, i cui esiti confluiranno in una monografia di prossima pubblicazione.
1 «Dalle differenze che presenta il recesso nel Codice civile rispetto al Codice del Consumo, deduciamo che non possiamo più parlare di recesso nel Codice civile negli stessi termini in cui ne parliamo nel Codice del consumo; in quest’ultimo caso occorre ragionare in termini di diritto di ripensamento, o ius poenitendi» (X. XXXXX, Il diritto di recesso nei contratti del consumatore, Milano, Xxxxxxx, 2011, p. 130, ma cfr. anche A.M. XXXXXXXXX, Recesso del consumatore, in Enciclopedia del diritto (d’ora in poi ED). Xxxxxx, vol. IV, Milano, Xxxxxxx, 2011, pp. 953-982, in particolare pp. 957- 958.
rimanda invece allo strumento, previsto dalla legge o dal regolamento negoziale, che realizza l’azione, a prima vista paradossale, con cui una parte travolge, per la sola sua volontà, un accordo stretto concordemente con una o più altre parti2.
Superate le insidie lessicali, le domande che il recesso porta con sé, in ogni caso, restano e non sono certamente di poco conto. Che la si chiami recesso, ritiro unilaterale, o ius poenitendi in ‘senso largo’3 (a cui si contrappone uno ius poenitendi, in ‘senso stretto’, che allora sarebbe meglio chiamare ius se poenitendi)4, tale facoltà estintiva unilaterale, permettendo al dissenso di uno di prevalere sul consenso di tutti, presuppone l’esercizio di una prerogativa soggettiva – quella di ‘pentirsi’ di aver stretto l’accordo5 – contrastante la concezione per cui il contratto obbliga al reciproco rispetto dei patti, all’aspettativa nelle controprestazioni e al legittimo affidamento sulla loro continuazione, la quale può interrompersi solamente qualora entrambe le parti decidano, di comune accordo, di porvi fine. A prescindere dal nome che può assumere, dunque, lo scioglimento del vincolo per iniziativa unilaterale evoca un potere a prima vista eccezionalissimo, per la sua attitudine ad aprire una ‘crepa’ sulla capacità dell’accordo di vincolare le parti, e tale potere conduce inevitabilmente a interrogarsi sulla legittimità, l’operatività e le modalità attuative del dissenso unilaterale che il recesso realizza. È lecito consentire a un solo contraente di disvolere (cioè di non volere più), ciò che aveva concordato di volere? Quali effetti produce, sul rapporto, tale facoltà? Fino a che punto conviene ‘pentirsi’ e non, invece, mantenere in vita il contratto? E, soprattutto, per ‘ritirarsi’ dal contratto è necessario oppure no l’intervento del giudice?
Si tratta di questioni aperte e di grande rilievo per il giurista, e non solamente per il giurista di oggi, alle quali lo storico del diritto può fornire chiavi di lettura utili a offrire una visione di insieme. Non bisogna del resto possedere particolari inclinazioni da storici dei fenomeni giuridici per avvedersi della portata trascendente di ogni domanda relativa al perché e al come del recesso: riflettendo sul senso e sui limiti della determinazione estintiva unilaterale nel suo complesso rapporto
2 Al di là delle connotazioni giuridiche, il lemma recesso (derivato dal latino récedere, dalla radice ced, andarsene) richiama, anche in senso a-tecnico, l’idea del ritiro, dell’abbandono di una decisione presa: «il ritirarsi, il tornare indietro» (cfr. X. XXXXXXXX, Vocabolario etimologico italiano, Città di Castello, X. Xxxx – Tipografo-Editore, 1889, sub. Cédere, col. 271, lett. a).
3 Cfr., per esempio A. TORRENTE-X. XXXXXXXXXXX, Manuale di diritto privato, Milano, Xxxxxxx, 199916 (I ed. X. XXXXXXXX Manuale di diritto privato, Milano, Xxxxxxx, 1952), cap. XXXIV, § 312, p. 497, ove «il recesso unilaterale (ossia ius poenitendi)» è qualificato alla stregua del «diritto di liberarsi unilateralmente dagli obblighi assunti con il contratto». Analoga impostazione in M.C. XXXXXXXXX, Sul c.d. diritto di ripensamento, in «Rivista di diritto civile», 45.6 (1999), pp. 695-714.
4 Cfr. X. XXXXXXXXX, X. XXXXXXXX, Recesso (diritto privato), in ED, vol. XXXIX, Milano, Xxxxxxx, 1988, pp. 27-45, in particolare pp. 36-41.
5 Per sgombrare il campo da ulteriori incomprensioni lessicali, vale la pena osservare che, da un punto di vista giuridico, l’azione poenitere (originata dalla facoltà, poenitentia, da cui discende il diritto, ius poenitendi, da essa derivante) sottende una resipiscenza, vale a dire il comportamento necessario a eliminare le conseguenze di un’azione o effetto giuridico del quale ci si è pentiti. Risalenti sforzi definitori di pentimento in senso tecnico si rinvengono nei dizionari giuridici cinque-secenteschi, fra tutti quelli di Xxxxx Xxxxxx (1535-1573) e di Xxxxxx Xxxx (1550-1641): cfr. X. XXXXXX, Lexicon iuridicum sive verborum ad iuris rom. civilis simul et pontifici theoriam et xxxxxx pertinentium, Basileae, Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx, 1582, voce poenitere, col. 1739 («Poenitere dicimur, cum quae ipsi fecimus, ea nobis post displicere incipiunt, et molesta esse. Inde recte sumitur poenitentia, pro resipiscentia»); X. XXXX, Lexicon iuridicum iuris romani, simul et canonici Francofurti, apud haeredes Xxxxxxx Xxxxxxx, Xxxxx. Marnium et Xxxx. Aubrium, 1600, coll. 1457-1458 (sulla fortuna dei dizionari di Xxxxxx e Xxxx, ristampati fino a metà del XVIII secolo, cfr. X. XXXXXXXX, Intorno alle parole del diritto, Milano, Xxxxxxx, 2008, p. 356). Sui due elementi del pentimento, cioè la «cognitio disconvenientiae» (che induce a non voler più ciò che si era voluto), e la retractatio (vale a dire l’atto formale attraverso il quale la disconvenientia si estrinseca) insistono moltissime dissertationes dedicate all’argomento, tra cui la Disputatio iuridica de poenitentia di Xxxxxx Xxxxxxx Xxxxxxx (1649-1727): «ad poenitentiam requiri antecendenter cognitionem disconvenientiae cum appetitu, sive vere sive apparenter talis, et iudicium intellectus, quo iudicatur hoc obiectum non esse amplius appetendum, hunc actum non esse amplius ratum habendum» (I. PH. SLEVOGT, Disputatio Inauguralis Iuridica de Poenitentia, Janeae, Viduae S.A. Xxxxxxx, 1694, cap. I, de poenitentia in contractibus, § 4, p. 4. Xxxxx centinaia di dissertationes pubblicate, soprattutto in Germania, tra XVI e XVII secolo, cfr. i due volumi delle Juristische Dissertationen deutscher Universitäten. 17.-18. Jahrhundert, herausgegeben von X. XXXXXXX, Frankfurt am Main, Xxxxxxxxxxx, 1986).
con quella dimensione costitutiva di rapporti per mezzo dell’incontro delle volontà che è l’accordo, è evidente che tali interrogativi travalichino i confini del diritto vigente, perché toccano le corde dei rapporti negoziali nelle loro costanti, e tali costanti sono rintracciabili anche in epoche lontane. Né vi è dubbio che una riflessione a tutto tondo sull’uscita ex uno latere dal contratto comporti la necessità di isolare principi distintivi e tratti evolutivi, comunanze e continuità. La conoscenza e la comprensione passano infatti attraverso un processo induttivo di astrazione (cioè di ‘estrazione’ di ciò che è comune a un insieme di oggetti di studio). Astrazione è certezza. Certezza è ordine.
E tuttavia generalizzare, quando si ragiona sui recessi (scrivo recessi al plurale, intenzionalmente, per ragioni che fra poco saranno più chiare), cercando di rintracciare, con il sussidio della storia, una fonte comune ai molteplici rivoli dai quali oggi fluiscono le dinamiche estintive unilaterali del contratto, può rivelarsi pericoloso e fuorviante. Lo è innanzitutto perché il contratto come categoria generale non è una costante dell’esperienza giuridica, bensì il risultato di un processo che conosce precipuo svolgimento dall’età moderna6. Alla mancanza del concetto di contratto, che accompagna la storia delle relazioni negoziali in un tornante plurisecolare caratterizzato dalla compresenza di schemi differenti per regolare situazioni differenti, corrisponde poi la pluralità dei fenomeni estintivi di tali relazioni, rendendo anche in questo caso azzardato generalizzarne le dinamiche entro uno schema concettuale elaborato a posteriori: un fenomeno univocamente riconducibile allo scioglimento unilaterale manca infatti nel diritto romano, da cui l’esperienza giuridica delle fasi successive eredita lo strumentario, né si ritrova nel diritto vigente, che pure sulle teorie generali del contratto ha fondato le proprie costruzioni7.
Riconducendo il recesso (e dunque il dissenso unilaterale) a un modello di inquadramento generale, insomma, si finisce per deformarne la storia, quasi che il potere – o meglio, i poteri – oggi accordati a una sola parte per ‘abbandonare’ il contratto costituiscano il precipitato di un moto espansivo del quale sarebbe possibile rintracciare un primitivo stato di iniziale isotropia, una fase nella quale le attuali declinazioni di recesso si sarebbero trovate sovrapposte: uno stadio di densità poi deflagrato in un ‘big-bang’ di risoluzioni unilaterali distanziatesi sempre più l’una dall’altra, ma tutte ancorate a un originario nucleo comune.
Certamente suggestivo, tale racconto si rivela fuorviante per il semplice fatto che, vagheggiando un modello unico di scioglimento unilaterale, appiattisce in un passato nebuloso processi evolutivi relativi a figure distinte, le quali, al contrario, conobbero proprie storie e destini, e i cui attuali snodi costituiscono il precipitato di percorsi – alcuni risalenti, altri assi più recenti – che sarebbe riduttivo semplificare ricorrendo allo strumento, rassicurante ma scorretto, della reductio ad unitatem8. Non si dice nulla di dirompente, infatti, quando si osserva che la ragione principale per cui il recesso non
6 Sul tema, sostanzialmente trascurato sino agli anni Ottanta del secolo scorso, si rinvia a I. XXXXXXXX, Saggi sulla formazione storica della categoria generale del contratto, Cagliari, CUEC Editore, 1988, e in particolare, per l’impostazione del problema e la relativa bibliografia, Introduzione, pp. 9-29, nonché ID., Causa e categoria generale del contratto. Un problema dogmatico nella cultura privatistica dell’età moderna. I. Il Cinquecento, Torino, Giappichelli, 1997, in particolare pp. 154-155.
7 Cfr. X. XXXXXXXXXX, Sulla formazione del moderno concetto di ‘dottrina generale del diritto’ (a proposito di Xxxxxx Xxxx, Die Bedeutung des Naturrechts für die Ausbildung der Allgemeinen Lehren des deutschen Privatrechts), in
«Quaderni Fiorentini», 10 (1981), pp. 336-346; X. XXXXXX XXXXX, Para la historia de la formació de la teoría general del acto o negocio jurídico y del contrato. III: los orígenes históricos de la teoría general del contrato, in «Estudios Hístoricos-Jurídicos», 22 (2000), pp. 47-60; nonché, di recente, C. DE CORES, X. XXXXXX, La teoria generale del contratto. Una prospettiva storica, Torino, Giappichelli, 2020.
8 La ‘fuga’ dall’unità della fattispecie è, del resto, una delle costanti del diritto vivente, la cui insofferenza verso le categorie (peraltro minacciate dallo straripare di sempre nuovi strumenti rimediali concessi dal legislatore, italiano, comunitario e sovranazionale) pare un fenomeno con il quale i giuristi di oggi debbono inevitabilmente misurarsi. Sotto questo punto di vista, le dinamiche risolutorie delle relazioni contrattuali – dichiarazione unilaterale estintiva compresa – intessono una formidabile continuità tra passato e presente, poiché la mancanza di unità rappresenta davvero la cifra del dissenso nella nostra tradizione giuridica, dal diritto romano al terzo millennio. Sul tema si consiglia la suggestiva lettura di X. XXXXXXXX, Diritto senza identità. La crisi delle categorie giuridiche tradizionali, Roma-Bari, Laterza, 2014, pp. 145-166, in particolare le riflessioni sull’«ordine giuridico appannato», che dispiega conseguenze profonde sui dogmi del diritto privato, tra cui l’obbligazione, la causa e il contratto: «proprietà senza dominium», «obbligazioni senza consensus»,
«inadempimento senza antigiuridicità» (p. 153). Sul tema vedi infra, § 5, note 168, 169, 177 e testo corrispondente.
conosce una disciplina unitaria va ricercata nella pluralità di situazioni all’interno delle quali è chiamato a operare9. Se dunque il recesso non è stato e non è un monolite, è meglio mettere da parte il criterio del ‘minimo comune denominatore’, nel tracciarne la storia.
Le molte sfaccettature del problema spiegano perché la storia dell’estinzione unilaterale del contratto sia in gran parte rimasta nell’ombra, contribuendo ad acuire le incertezze, teoriche e pratiche, ancora oggi gravitanti intorno ai recessi: a prescindere dalle specificità di ciascuna, si tratta infatti di figure rimaste ‘fuori dei radar’ della storiografia giuridica, complice la complessità della loro vicenda. Da quando, nel XII secolo, i glossatori cominciarono a cimentarsi con una teoria della risoluzione (ma anche prima di allora, quando il diritto romano, seppur avulso da tensione sistematizzante, nondimeno percepiva la portata della questione e vi accordava rimedi ad hoc), quello della volontà unilaterale che scioglie il vincolo bilaterale costituisce infatti uno dei ‘nodi’ più complessi del diritto privato. Un nodo che non si dipana, ma che anzi si aggroviglia ancor di più man mano che ci si avvicina e si supera la modernità, per rivelarsi quanto mai ingarbugliato durante l’età della codificazione, e che non cessa di mettere alla prova i giuristi agli inizi del terzo millennio, durante la cosiddetta ‘decodificazione’, con la nascita di «micro-sistemi», nel solco di «un itinerario storico, che si svolge e consuma sotto il nostro sguardo»10.
Insomma, se le date di nascita possono fissarsi solo ove e quando una specifica categoria, principio o istituto sorge per dar risposta a quell’intreccio di variabili politiche, sociali, economiche e culturali di cui il diritto rappresenta il precipitato, ecco che per attribuire un ‘anno zero’ al recesso bisogna evitare di spingersi troppo in là nel passato, superando i confini di un percorso che lo presenta sulla scena dell’ordinamento durante una stagione codificatoria ormai avviata. Come si vedrà, è solamente nella contemporaneità che il ritiro unilaterale fa ingresso nel sistema come strumento generale – non più come eccezione relegata entro precisi confini – a cui si collegano differenti declinazioni operative, corrispondenti alle attuali categorie di dissenso unilaterale (tra cui il recente ius poenitendi).
Naturalmente ribaltare la prospettiva, sostenendo che nascano prima le declinazioni operative e poi la categorizzazione di tale strumento, non significa affatto sostenere che la storia della dichiarazione unilaterale estintiva debba ignorare le vicende che anticipano, preconizzandola, l’emersione vera e propria del recesso: gli sviluppi precedenti al tornante tardo-ottocentesco sono al contrario fondamentali per ‘leggerne’ con maggior consapevolezza l’itinerario e i rivolgimenti attuali entro il più ampio cammino del contratto, la cui rappresentazione tradizionale, fin troppo incentrata sull’esaltazione del consenso, rende ancora più pressante una ricognizione sullo spazio e il ruolo riservato al dissenso unilaterale. Nelle pagine che seguono si cercherà, pertanto, di isolare le tappe evolutive e le strutture operative attribuite al potere di una sola parte di abbandonare il contratto, distinguendo lo ius poenitendi in senso proprio dalle altre ramificazioni del dissenso sulla base delle funzioni di volta in volta dispiegate, delle tipologie contrattuali a cui il recesso accede, nonché della natura, convenzionale o legale, della dichiarazione unilaterale estintiva. Tale impostazione, che porta con sé l’inconveniente di sfrangiare il discorso, risponde tuttavia alla finalità di rintracciare dei termini a quo e delle linee di sviluppo realmente plausibili e storicamente verificabili.
2. Basi antiche per un problema moderno (e contemporaneo): i ‘binari separati’ delle dinamiche estintive unilaterali.
Impostando il discorso sul recesso entro la polarizzazione tra consenso (dato come regola) e dissenso (presentato come eccezione), sulla quale si appunta la ‘grammatica’ delle relazioni negoziali sino alla fase contemporanea, si rischia di condizionare l’indagine, inducendo a rintracciare già nelle
9 La questione è efficacemente riassunta da G. DE NOVA, Recesso e risoluzione nei contratti. Appunti da una ricerca, in Recesso e risoluzione nei contratti, a cura di G. DE NOVA, Milano, Xxxxxxx, 1994, p. 9: «Il discorso sul recesso non può essere unitario». Sul tema si tornerà nelle conclusioni di queste pagine: infra, § 5, nota 177 e testo corrispondente.
10 Così X. XXXX, L’età della decodificazione, Milano, Xxxxxxx, 19893 (I ed. Milano, Xxxxxxx, 1979), in particolare pp.
33-39 e pp. 65-66 (p. 36 per la citazione nel testo).
fonti latine una generale facoltà di sciogliere unilateralmente il contratto laddove, per contro, di unità e astrattezza è davvero impossibile parlare. L’assenza di un impianto unitario è del resto facilmente spiegabile con il fatto che il diritto romano si rivela estraneo all’elaborazione di un sistema, ma procede per rimedi, o azioni, da accordare caso per caso, in rapporto a singole categorie contrattuali, o ancora allo scopo di rispondere a specifiche esigenze oppure per far fronte a patologie sopraggiunte11.
L’approccio casistico è particolarmente evidente quando si passi a esaminare l’abbandono del contratto, complice una pressoché assente ricognizione sui modi e sui mezzi di estinzione unilaterale dei vincoli obbligatori. Certo, è pur vero che, appoggiandosi ad alcune espressioni linguistiche evocative di strumenti diretti a produrre effettivi estintivi di un precedente accordo (quali resolvere, dissolvere, discedere a e recedere a), si potrebbe isolare il nucleo di ciò che, con il passare dei secoli, assumerà i connotati dei recessi12. Tale nucleo riposa su alcuni pacta adiecta risolutivi dei contratti bilaterali consensuali, come la locazione di cose, la società, il mandato e soprattutto la vendita, nei confronti dei quali era ammissibile ricorrere a negozi accessori per abbandonare il rapporto principale con finalità penitenziali, rescissorie ovvero impugnative (rispettivamente, la in diem addictio, il pactum displicentiae, la lex commissoria)13. Forme pattizie di ius poenitendi impugnativo e penitenziale erano contemplate anche nei contratti innominati, soprattutto di dare, con riferimento ai quali il sistema processual-formulare romano tutelava la parte virtuosa riconoscendole un’azione per ripetere quanto dato, nel caso in cui la causa obligationis fosse frustrata dalla mancata esecuzione di quella altrui: si tratta della condictio causa data causa non secuta. A tale rimedio, che in sostanza atteneva all’arricchimento ingiustificato, se ne accostava uno ulteriore, di epoca giustinianea, pensato espressamente per il pentimento: era la condictio ex poenitentia, con cui ritirarsi dal rapporto negoziale indipendentemente dall’inadempimento e ottenere la restituzione del quantum prestato, purché prima della controprestazione, quando il contratto innominato non poteva ancora dirsi perfetto14.
E tuttavia tali negozi e xxxxxx aggiuntivi – tra l’altro operanti esclusivamente sul piano della neutralizzazione degli effetti pro futuro dell’obbligazione e non del contratto – rappresentano ipotesi eccezionali, contrapposte allo schema privilegiato della risoluzione dei negozi bilaterali: il contrarius consensus15. Quest’ultimo, infatti, presupponeva la volontà concorde delle parti nel tornare sui propri
11 Ci si limita, qui, a una bibliografia di massima: X. XXXXX, Synallagma e conventio nel contratto, ricerca degli archetipi della categoria contrattuale e spunti per la revisione di impostazioni moderne. Corso di Diritto romano, vol. I, Torino, Xxxxxxxxxxxx, 1992 (e ID., Ai primordi del passaggio della sinallagmaticità dal piano delle obbligazioni a quello delle prestazioni, in Causa e contratto nella prospettiva storico-comparatistica. II Congresso Internazionale ARISTEC: Palermo-Trapani, 7-8 giugno 1995, a cura di X. XXXXX, Torino, Giappichelli, 1997, pp. 63-83); X. XXXXX, Risoluzione e sinallagma contrattuale nella giurisprudenza romana d’età classica, in Il contratto inadempiuto. III Congresso internazionale ARISTEC: Ginevra, 24-27 settembre 1997, a cura di X. XXXXX, Torino, Giappichelli, 1999, pp. 21-59; X. XXXXX, Corrispettività e adempimento nel sistema contrattuale romano, Padova, Cedam, 2011.
12 Una carrellata in X. XXXXXX, Contrarius consensus, Padova, Xxxxx, 2017, pp. 8-10 e p. 52.
13 Cfr. X. XXXXXX, Risoluzione del contratto (diritto romano), in ED, vol. XL, 1989, pp. 1277-1292, in particolare § 9, pp. 1287-1288, X. XXXXXXXXX, Vendita (diritto romano), in ED, vol. XXXX, 1993, pp. 303-475, in particolare § 17, pp. 389-395, nonché XXXXXX XXXXX, Contratti innominati nel diritto romano. Impostazioni di Xxxxxxx e Aristone, Milano, Xxxxxxx, 2007, in particolare pp. 41-42 e XXXXXX, Contrarius consensus, cit., pp. 134-138.
14 X. XXXXXX, Contratto (diritto romano), in ED, vol. IX, 1961, pp. 750-759, in particolare § 15, pp. 757-758, nonché
X. XXXXXXXXXX, The Law of Obligations. Roman Foundations of the Civilian Tradition, Cape Town, Juta, 1990, pp. 843-844.
15 X. XXXXXX, Contrarius consensus. Studien zur Vertragsanfhebung im romischen Recht, in «Studia et Documenta Historiae et Iuris», 34 (1968), pp. 403-410; X. XXXXXXX, Per la storia del contrarius consensus, in «Labeo», 14 (1968), pp. 271-280; X. XXXXXXXX, Il mutuo dissenso, Milano, Xxxxxxx, 1980, in particolare p. 259 per gli effetti; X. XXXXXXXX, Consensus: problemi di origine, tutela processuale, prospettive sistematiche, Napoli, Edizione scientifica, 2003; C.A. CHINCHILLA IMBETT, ‘Contrarius consensus’: terminación del contrato por mutuo acuerdo en la experiencia jurídica romana, in «Revista de Derecho Privado”, 28 (2015), pp. 79-126, nonché MARINI, Contrarius consensus, cit., pp. 1-2.
passi, ossia di ritrattare il consenso originario, rimuovendo la causa del contratto non ancora eseguito attraverso un secondo negozio, uguale e contrario all’assetto precedentemente concordato16.
Pur con i debiti distinguo, le linee portanti del diritto giustinianeo tessono un filo di continuità con il diritto comune, se si tiene conto del fatto che la ‘riscoperta’ bolognese del Corpus iuris civilis era passata attraverso la conferma del suo antico ordine di cause e figure, riproposto nella contrapposizione tra contratti adprobati dall’ordinamento (quelli dotati di nome, o nominati), perché originati da un accordo che lega le parti e nel complesso insuscettibili di ritiro unilaterale, il quale era invece ammissibile nei pacta nuda (i contratti innominati), che contratti non sono, e che giungevano a perfezione non con l’incontro delle volontà, bensì con l’adempimento delle controprestazioni, prima del quale ciascuna parte poteva ritirarsi dal rapporto17.
Come è stato osservato, «il retaggio delle elaborazioni medievali in tema contrattuale si trasferisce alla giurisprudenza di età moderna»18. E in effetti, proprio entro le maglie della contrapposizione medievale è possibile rintracciare differenti dinamiche estintive unilaterali che marciano, per così dire, su ‘binari separati’, i cui itinerari meritano di essere percorsi mettendone in luce gli aspetti cruciali, perché tali aspetti cruciali condizioneranno le vicende del dissenso unilaterale sino alla contemporaneità.
Innanzitutto il pentimento vero e proprio: la presenza del dissenso penitenziale, cioè della nuda voluntas che consente il ritiro unilaterale dal contratto, è infatti consustanziale al patto nudo, la debolezza (o fragilitas) della cui struttura obbligatoria determinava un gioco di azioni e reazioni, sulla scorta della facoltà di una parte di non dar corso a promesse sprovviste di azionabilità a meno che l’altra avesse iniziato ad adempiere. Se il semplice accordo non era fonte di obbligazione (perché essa derivava dal nomen, attribuito solo e soltanto ad alcuni tipi di contratti ben determinati), ciò significava infatti che una serie di accordi al di fuori di tali schemi non meritava azionabilità e poteva trovarsi soggetta al pentimento di chi decidesse di ritirarsi dal rapporto tutte le volte in cui la prestazione altrui non avesse conosciuto principio di esecuzione.
Sempre nei contratti innominati, poi, la non necessaria consequenzialità tra controprestazioni che si perfezionano con l’esecuzione spontanea, e non per effetto del consenso, assegnava alla parte virtuosa il potere – regulariter negato nei contratti nominati – di ‘sciogliersi’ dal rapporto a causa dell’inadempimento dell’altra, ricorrendo a una facoltà di dissenso di natura impugnatoria.
Al pentimento si poteva però ricorrere, eccezionalmente rispetto alla summa divisio, anche nei contratti nominati, o meglio: per una particolare tipologia di contratti nominati di natura reale (il deposito) e consensuale (il mandato e la società), stipulati nell’interesse precipuo di una parte, alla quale spettava il diritto di revocare l’onus gerendi assunto dall’altra19.
16 X. XXXX, Inadempimento (premessa storica), in ED, vol. XX, 1970, pp. 858-860.
17 Osservava Xxxxx Xxxxxx che «la dottrina medioevale ricostruisce sostanzialmente il sistema romano giustinianeo, al quale rimane fedelmente legata, pur senza rinunziare ad ulteriori sviluppi concettuali» (X. XXXXXX, Contratto (diritto intermedio), in ED, vol. IX, 1961, pp. 759-784, in particolare, per l’apporto di glossatori e commentatori, pp. 770-774, citazione a p. 770).
18 Così BIROCCHI, Causa e categoria generale del contratto, cit., p. 80. Cfr. anche X. XXXXXXXXXX, Diritto romano e unità giuridica europea, in Studi di storia del diritto, vol. 1, Milano, Xxxxxxx, 1996, pp. 1-25, in particolare pp. 10-11.
19 Limitandoci a una tra le più autorevoli opiniones, quella di Xxxxxxx, era lecito pentirsi di alcuni contratti nominati ben individuati – nella specie il mandato, il deposito e la società – ove a una parte corrisponda il diritto di revocare l’onus gerendi che spetta all’altra («etiam in contractibus nominatis licet poenitere, ut in mandato, deposito et societate […] in mandato non sum obligatus ad tenendum te procuratorem perpetuo: meritum possum te revocare. Idem in deposito et societate»: cfr. XXXXXXX XX XXXXXXXXXXXX, Commentaria in Secundam Digesti veteris parte, Lugduni 1550, ad 12.4.5, De condictione causa data, et causa non secuta, l. si pecuniam, n. 9, f. 44ra). Per una disamina del recesso dal mandato (compreso quello di matrice penitenziale), cfr. X. XXXXXXXX, Il mandato ad negotia nella dottrina della prima età moderna, in Agire per altri. La rappresentanza negoziale processuale amministrativa nella prospettiva storica. Convegno, Università di Roma Tre, 15-17 novembre 2007, a cura di X. XXXXX XXXXXXXX, Jovene Editore, Napoli, 2010, pp. 535-591, in particolare pp. 554-564. Per quanto riguarda il deposito, nel quale la consegna della cosa non assegna nessun vantaggio al ricevente, al depositante era riconosciuto già dai glossatori il diritto di ‘uscire’ dal contratto (cfr. R. VOLANTE, Il sistema contrattuale del diritto comune classico. Struttura dei patti e individuazione del tipo. Glossatori e Ultramontani, Milano, Xxxxxxx, pp. 331-332).
A questa particolare tipologia di estinzione unilaterale, di fatto finalizzata a evitare, attraverso un atto di volontà discrezionale, che rapporti stretti intuitus personae si prolungassero quoad vitam, si deve aggiungere un’ulteriore specifica ipotesi di dissenso, anch’essa ostile a vincoli perpetui. Si tratta dello scioglimento unilaterale determinativo, già configurato nel diritto romano con il conferire alla parte, priva d’interesse nella prosecuzione del rapporto, il potere di estinguere il contratto nominato a prestazione continuativa (locazione e mandato sine die) attraverso una dichiarazione estintiva che, in quella relazione la cui durata non era stabilita, interveniva suppletivamente, fungendo da termine finale20. Visto dalla prospettiva della ricostruzione storica, tale ‘abbandono’ di carattere determinativo non genera particolari questioni ermeneutiche (o, in ogni caso, ha suscitato problemi ben minori rispetto a quelli sollevati dal recesso penitenziale e impugnatorio), tanto da consentire al principio che lo sorregge di superare indenne i secoli, di trasferirsi nelle codificazioni e, di qui, di giungere incontestato ad oggi, al punto da rappresentare la regola per quanto riguarda lo scioglimento dei contratti sine die21.
Questo rapido esame dello scioglimento unilaterale nel diritto romano e intermedio evidenzia i termini del problema ‘scioglimento unilaterale’, spiegandone gli svolgimenti nel cammino di configurazione del recesso in età moderna e contemporanea. Un cammino che, quanto più metterà l’incontro delle volontà (il consenso) al centro della riflessione sul contratto, tanto più confinerà lo scioglimento unilaterale (il dissenso) alla periferia, determinando una lunga fase di ‘marginalizzazione’ delle tipologie di dichiarazione unilaterale estintiva, in particolare quelle di difficile giustificazione al cospetto del principio solus consensus obligat, vale a dire i recessi di matrice penitenziale e impugnatoria.
3. La lunga fase di marginalizzazione del recesso penitenziale e impugnatorio: XVI-XIX secolo.
Non è un mistero che la fase di ‘confino’ del dissenso unilaterale riposi sulla crisi, lenta ma inesorabile, delle tipologie contrattuali del diritto comune classico e sulla sua renitenza a giustificare l’efficacia vincolante del consenso in tutti i tipi di accordo: «Tenuis vestis est consensus», scriveva
20 Secondo X. XXXXXXXXX, Istituzioni di diritto romano, Milano, Xxxxxxx, 19902 (I ed. Milano, Xxxxxxx, 1989), p. 250, che «la soggezione del debitore alla sua obbligazione senza limiti di tempo è spesso sentita come inaccettabile sul piano della politica legislativa, allo stesso modo in cui non è ammissibile un usufrutto perpetuo».
21 Ne vedremo molti esempi nei paragrafi seguenti. Esula dalla presente trattazione, perché giudiziale, la risolubilità per sopravvenienze contrattuali, vale a dire quegli eventi non regolati nel contratto di durata che, intervenendo in corso di esecuzione, ne alterano l’originario equilibrio (in sintesi, l’impossibilità sopravvenuta e l’eccessiva onerosità sopravvenuta), il cui dipanarsi storico si snoda, rispettivamente, all’interno del principio impossibilium nulla est obligatio, pacifico già dal diritto romano, da un lato, e nell’ambito della clausola rebus sic stantibus, dall’altro. Sul tema, assai complesso – tra adesione e deroghe al dogma pacta sunt servanda, battaglia per accoglimento delle sopravvenienze nei codici, intrecci tra clausola rebus sic stantibus e teoria della presupposizione – si rinvia, per una ricostruzione storica, a:
X. XXXXXXXX, Risolubilità dei contratti a lungo termine pel successivo mutamento dello stato di fatto, in «Archivio giuridico», 4 (1899), pp. 3-35; G. OSTI, La così detta clausola «rebus sic stantibus» nel suo sviluppo storico, in «Rivista di Diritto Civile», 4.1 (1912), pp. 1-58 (e ID., Appunti per una teoria della sopravvenienza. La così detta clausola «rebus sic stantibus» nel diritto contrattuale moderno, in «Rivista di Diritto Civile», 5.4 (1913), pp. 173-237 e pp. 239-328; X. XXXXXXXX, Impossibilitas and clausola rebus sic stantibus. Some aspects of frustration of contract in continental legal history up to Grotius, in Fata iuris romani, Xxxxxx, Xxxxx, 0000, in particolare pp. 364-391; X. XXXXXXXX, Risoluzione (diritto intermedio), in ED, vol. XX, 1989, pp. 1293-1307, in particolare pp. 1305-1307. Sulla presupposizione, teorizzata da Windscheid (X. XXXXXXXXXX, Die Lehre des römisches Rechs von der Voraussetzung, Düsseldorf, Buddeus, 1850), assai criticata e infine accolta, con rielaborazioni, negli ordinamenti vigenti, insieme all’obbligo della rinegoziazione, cfr.
X. XXXXXXX, X. X’XXXXXX, Presupposizione, in ED, vol. XXXV, 1986, pp. 326-350; X. XXXXXXX, Adeguamento e rinegoziazione nei contratti a lungo termine, Napoli, Jovene, 1996 (e ID., Rischio contrattuale e rapporti di durata nel nuovo diritto dei contratti: dalla presupposizione all’obbligo di rinegoziare, in «Rivista Di Diritto Civile», 2002, pp. 63- 95); X. XXXXXXXXX, Xxxxxxxx e rimedi nella sopravvenienza contrattuale, in «Rivista di diritto privato», 18.1 (2013), pp. 55-80. Si veda, infine, recentissimo A.M. XXXXXXXXX, Presupposizione, in ED, I telematici, vol. I, 2021, Contratto, pp. 873-893.
Accursio22, confermando i tratti salienti di un ordo formalistico, all’interno del quale l’incontro delle volontà era solo uno degli elementi costitutivi l’obbligazione contrattuale, la cui inazionabilità prima che una delle parti effettuasse la prestazione circoscriveva il perimetro d’azione dei rimedi penitenziali e impugnatori ai patti privi di nome (salve eccezionali ipotesi di pentimento vero e proprio anche in quelli nominati)23.
Si ritorna dunque alla distinzione medievale tra xxxxx xxxx e vestiti, i primi genere e i secondi specie (patti sì, ma vincolanti già dal momento dell’accordo, a differenza dei primi), da cui derivano le due grandi criticità intorno al dissenso unilaterale che la struttura rigida della summa divisio portava con sé: in primo luogo, il ricorso indiscriminato al recesso penitenziale e impugnatorio nei contratti innominati, rimessi al capriccio delle parti sino all’inizio dell’adempimento; e poi la tendenziale impossibilità di recedere da quelli nominati di fronte a eventi di una certa gravità, quale la mancata esecuzione della prestazione24.
Tutto ciò incideva sulla fruibilità del ‘sistema’ in generale. E proprio la connessione dei problemi evocati nel gioco di azioni e reazioni gravitanti intorno al dissenso (da una parte l’‘azione’, ossia il tornare sui propri passi prima del principio di esecuzione, dall’altra parte la ‘reazione’, cioè il ritirarsi dal rapporto a fronte della mancata esecuzione della controprestazione), spiega perché ripensamento e risoluzione unilaterale per inadempimento, seppur concettualmente distinti l’uno dall’altra, incontrino il medesimo ‘isolamento’ tra Cinquecento e Ottocento, quando lo ius poenitendi, osteggiato da sempre maggiori afflati consensualistici, andrà incontro a una lunga fase di contingentamento e trascinerà con sé il recesso impugnatorio.
Poca fruibilità e farraginosità del sistema, si diceva. Sulla discrasia dello strumentario ereditato dal diritto romano si appunta la feroce critica indirizzata a Xxxxxxx Xxxxxx il giovane (1482-1556) da parte dell’umanista francese Xxxxxxx Xxxxxxxx (1500-1566), nella Nova et analytica explicatio de verborum obligationibus. Xxxxx nasceva dall’aver accomunato e sovrapposto, il giurista senese, la conditio ob causam, che è rimedio risolutorio concesso alla parte virtuosa per reagire all’inattività di controparte, con la condictio ex poenitentia, che invece ha natura penitenziale e presidia il ripensamento vero e proprio: Socini junior aveva infatti sostenuto che la permuta, di per sé sprovvista di azionabilità perché rientrante tra i contratti innominati, avrebbe acquisito la vis di contratto nominato se assistita da una formalità tale da renderla immediatamente obbligatoria (nella specie, la stipulatio), precludendo sia l’uno sia l’altro rimedio, non spettanti ai contratti nominati. Con il risultato, paradossale, di sottoporre il contraente adempiente al capriccio di quello infedele, senza poter ricorrere all’azione di carattere risolutorio che sarebbe invece spettata alla permuta non assistita da stipulatio. Nata per rispondere a equità, la risoluzione – sembra osservare Xxxxxxxx, tra le righe
22 ACCURSIO, apparato al Digestum Vetus, cit., gl. Xxxxxxx, ad D.2.14.7.5: «Sed videtur nullum pactum sit nudum: cum quodlibet habeat in se consensum […] Respond. elegans, et tenuis vestis est consensus, quae non datur nisi certis contractibus enumeratis […] qui cum sint favorabiles, et pingues, et calidi, levi veste vestiuntur».
23 Supra, § 1, note 17-21 e testo corrispondente. Sul tema si rinvia a VOLANTE, Il sistema contrattuale del diritto comune classico, cit., pp. 290-294, e ad X. XXXXXXXXX, Xxxx’officina dell’interprete. La qualificazione del contratto nel diritto comune (secoli XIV-XVI), Milano, Xxxxxxx, 2012, in particolare pp. 344-351 e pp. 365-369.
24 Sull’impossibilità di estendere la tutela risolutoria ai contratti nominati, già dotati per natura del massimo grado di protezione giuridica, si veda VOLANTE, Il sistema contrattuale del diritto comune classico, cit., p. 291. Esula, qui, l’analisi dell’apporto fornito dai canonisti, a dire il vero non particolarmente eversivo in termini di superamento della summa divisio: al contrario di quello che si potrebbe a prima vista pensare, infatti, l’autorità del principio ex nudo pacto actio oritur viene sovente evocato ma non invocato per mettere le parti al riparo dal ‘ritiro’ unilaterale. Sul tema ci si limita a rinviare a: ASTUTI, Contratto (diritto intermedio), cit., pp. 774-775, ove si rileva che i canonisti non pongono il consenso a «fondamento della efficacia dei xxxxx xxxx»; X. XXXXXX, Considerazioni sull’efficacia dei xxxxx xxxx nel diritto canonico, in «Annali dell’Università di Macerata», 11 (1937), pp. 115-200; X. XXXXXXX, L’obbligazione da promessa con oggetto temporale nel sistema canonistico classico con particolare riferimento ai secoli XII e XIII, Milano, Xxxxxxx, 1964); X. XXXXXXXXX, Spunti per una riconsiderazione del principio canonistico “ex nudo pacto oritur actio”, in «Studi Urbinati, A - Scienze giuridiche, politiche ed economiche”, 58.1 (2014), pp. 123-155, in particolare pp. 125-133. Sull’affermazione del principio ex nudo pacto actio oritur nel diritto canonico si rimanda a X. XXXXXXXXXX, La categoria dei contratti irregolari. Lezioni di storia del diritto, Torino, Giappichelli, 1984, pp. 200-211.
– dovrebbe trovare applicazione in tutti i contratti (nominati e innominati) a differenza del pentimento, da limitare alle convenzioni senza nome, e non ancora eseguite25.
Quando Xxxxxxxx rimprovera («multum deliravit») Xxxxxxx Xxxxxx il giovane per aver confuso due tipologie di scioglimento unilaterale ben diversi tra loro, ci si trova intorno alla metà del XVI secolo e la struttura tipizzante della summa divisio, con tutte le sperequazioni di cui si è fatto cenno, forma da tempo oggetto di riflessione. Si tratta, tuttavia, di una messa in discussione polarizzata sul binomio contratti nominati/innominati, la quale, focalizzandosi sulla ‘debolezza’ del patto nudo rispetto alla ‘potenza’ di quello vestito (nato dal consenso, immediatamente vincolante e provvisto di azione per ottenere l’adempimento), concentra i propri sforzi sui modi per rendere immediatamente obbligatori accordi che naturaliter non lo sono. Tale operazione, alla quale certamente partecipava, accanto alla predilezione per l’ordine di tutela garantito dal contratto nominato, l’esigenza di rafforzare negozi rilevantissimi per la prassi (si pensi, ad esempio, alla permuta e alla sua capacità di abbracciare eterogenee situazioni di scambio), finì per impattare notevolmente sull’operatività dei xxxxx xxxx, relegando le potenzialità dei temuti rimedi estintivi unilaterali loro accordati nella dimensione dell’eccezionalità.
Certamente note ai consulenti avveduti dei vantaggi offerti dallo ius poenitendi (nell’incertezza che controparte adempia, prudenza consigliava di qualificare il contratto come permuta, suscettibile di pentimento, e non come vendita)26, tali potenzialità furono pertanto poste ai margini dell’universo negoziale, complice prima di tutto l’autorità di una communis opinio – quella di Xxxxxxx e Xxxxx, per intendersi – che pochi o nessuno si sentiva di contestare27 (umanisti compresi)28, cercando, al più, di superarne la rigidità.
25 Cfr., rispettivamente, X. XXXXXX IUN., Commentaria. Pars secunda super nonnullis Digesti novi titulis, Venetiis, 1585, ad rubr. D. 45.1, de verborum obligationibus, nn. 381-392, ff. 73vb-74ra, e C. DU MOULIN, Nova et analytica explicatio Rubricae de Verborum obligationibus, in Omnia quae extant opera, Parisii, sumptibus Xxxxxxx Xxxxxxxxx Xxxxxxxx, Regis Typographi, 1680, vol. III, ff. 5-89, in particolare n. 64, f. 13ab: Multum deliravit Marianus Socy. Junior hic num. 383 seq. contendens quod addita stipulatio contractui innominato non solum tollit facultatem resolvedi ex capitulo poenitentia sed etiam ex capitulo causa non secuta
26 Per alcune ipotesi di ricorso alla categoria innominata sulla base dei vantaggi accordati loro (nella specie, il ricorso al recesso penitenziale, legale o convenzionale), cfr. XXXXXXXXX, Xxxx’officina dell’interprete, cit., pp. 365-368).
27 Cfr., rispettivamente, XXXXXXX DA SASSOFERRATO, Commentaria in secundam Digesti Veteris partem, Lugduni 1550, ad D.12.4.5, de condictione causa data causa non secuta, l. si pecuniam, nn. 1-21, ff. 43vb-44vb, in particolare n. 6 («In omnibus contractibus innominatis habet locum poenitentia»), n. 7 («sunt debiles in obligatione inducenda, quia consensu non contrahunt») e n. 11 («His expeditis reassumamus breviter utrum in contractibus sit locum poenitentiae: et dic aut loquimur in contractibus innominatis: et non est locus poenitentiae in eo, in quo obligatio est contracta […] et hoc nunquam fallit»), e BALDO DEGLI UBALDI, In secundam Digesti Veteris Partem Commentaria, Venetiis, apud Iuntas, 1594, ad D.12.4.5, de condictione causa data causa non secuta, l. si pecuniam, nn. 1-14, ff. 56va-57va, in particolare n. 6, Poenitentia an locum habeat in contractibus iam celebratis («et tunc licet poenitere ante rei interventum»), ma vedi anche ma vedi anche ID., Commentaria in primam Digesti Veteris partem, Lugduni, 1585, ad D.2.14.7, de pactis, l. iurisgentium, n. 1, f. 125va e ID., Tractatus de pactis, in ID., Commentaria ad quatuor Institutionum libros, Lugduni, 1585, n. 31, f.2vb. Ma anche, nel pieno Quattrocento, GIASONE DEL XXXXX (In Secundam Digesti Veteris partem Commentaria, qui consultato nell’edizione Venetiis, Apud Iuntas, 1598, ad D.12.4.5, de condictione causa data causa non secuta, l. si pecuniam, n. 2, f. 121vb («Nota […] quod in contractibus innominatis ex parte eius, qui implevit licita est poenitentia: secus est in contractibus nominatis: et ad hoc tendit tota glossa magna») e n. 3, f. 122ra («nota quod in contractibus innominatis competit conditio ob causam ex duplici capite, vel causae non secutae, vel poenitentiae») e poi, nel Cinquecento, XXXXXXX XXXXXXX («[…] sciendum est an agenti ex pacto nudo obstet exceptio, quod non possit agi ex eo, quia non intercessit stipulatio? […] talis exceptio non habet locum inter mercatores, imo inter eos agitur pacto nudo», Speculum Aureum et Lumen Advocatorum Praxis Civili, qui consultato nell’edizione Francofurti ad Moenum, impensis Xxxxx. Feyrab., 1586, pars V, de exceptione, ff. 251-266, n. 65, f. 262b).
28 Per esempio U. XXXXXX, Commentaria, seu Lecturas eiusdem in titulos tertiae partis Pandectarum (quod vulgo Digestum vetus vocant), Lugduni, apud Xxxxxxxxxxx Xxxxxxxx, 1550 (qui consultato in U. XXXXXX (XXXXXX XXXX), Opera omnia, herausgegeben von U.J. XXXXXX, X. XXXXXXXXX, vol. I, Aalen, 1965, ad D.12.4.5, de condictione causa data causa non secuta, l. si pecuniam, n. 15: «In contractibus innominatis licita est poenitentia, potest a contractu discedi ante perfectum implementum, et potest revocari contractum per eum qui implevit […] Et sic est locus poenitentiae quandocunque voluerit», c. 942), ma anche X. XXXXXXXXX, Tractatus varii, Cessante causa, cessat effectus, limitatio 36, Xxxxxxx, 1574, p. 84, e così pure X. XXXXX, Commentarius ad titulos quosdam Digestorum, ad titulum de pactis, ad X. Xxxxxxxxxxxx, in Opera omnia, Lutetiae Parisiorum, 1658, vol. I, cc. 942-950.
Si pensi, e tale fu l’approccio dei commentatori e consiliatori tre-quattrocenteschi, agli accorgimenti in grado di rendere obbligatorio il patto arricchendone la struttura obbligatoria (il cosiddetto vestimentum dativum, cioè il ‘vestito’ dato a un accordo che ne è originariamente privo), come per esempio l’equità29; oppure ricorrendo alla cohaerentia contractus (ossia la relazione necessaria e strumentale del pactum adiectum al contratto a cui accede in continenti, cioè nel momento della stipulazione dell’accordo)30; o, ancora, al iuramentum31.
Altrettanto feconda fu, poi, l’elaborazione di elenchi di eccezioni (fallentiae) all’irrilevanza del patto nudo, già stilati da Bartolo32 e destinati secolo a progressiva estensione con il volgere dal XV al XVI, se è vero che le ipotesi in cui la regula conosce smentita passano dalle sedici di Giasone del Xxxxx alle settantasette nel Tractatus de pactis di Xxxxx x’Xxxx († 1575)33.
29 L’aequitas è invocata da Xxxxxx xxxxx Xxxxxx (senior) (1327/8-1407), per impedire agli eredi di pentirsi del patto di remissione di debito posto in essere dalla madre defunta (XXXXXX XXXXX XXXXXX, Consilia, qui consultato nell’edizione Francofurti, typis Xxxxxxx Xxxxxxx, sumptibus Sig. Xxxxxxxxx, 1575, cons. 353, ff. 252vb-254ra, in particolare nn. 3-4, ff. 253rb-253va, f. 253rb per la citazione). Questo perché il pactum era stato stipulato in mancanza di testimoni, normalmente previsti per ‘correggere’ la fragilitas sexus che contraddistingue lo status personale della donna. Sull’inferiorità giuridica della donna nel Medioevo e nella prima età moderna cfr. X. XXXXXXX, Rapporti personali e patrimoniali tra coniugi (diritto intermedio), in ED, vol. XXXVIII, 1987, pp. 375-382, e X. XXXXXXXX, Fragilitas sexus. Alle origini della costruzione giuridica dell'inferiorità delle donne, in Corpi e storia: donne e uomini dal mondo antico all'età contemporanea, a cura di N.M. XXXXXXXXX, X. XXXXXXX, X. XXXXXXXXX, Roma, Viella, 2011, pp. 19-38. Per quanto riguarda Xxxxxx xxxxxx (da non confondere con il nipote Xxxxxx xxxxxx (1400 circa-1490) anch’esso giurista) si rimanda a X. XXXXX, Xxxxxx xxxxx Xxxxxx xx., in Dizionario Biografico dei Giuristi Italiani (XII-XX secolo) (d’ora in poi DBGI), diretto da I. XXXXXXXX, X. XXXXXXX, X. XXXXXXX, M.N. MILETTI, Bologna, il Mulino, 2013, vol. I, pp. 68-71 e alla ricca bibliografia ivi segnalata.
30 Alla cohaerentia contractus ricorre Xxxxx, in qualità di consulente, per escludere che tale Xxxxx possa eccepire il ripensamento del patto do ut facias con cui si era impegnato a fornire periodicamente a Xxxxxx le sementi necessarie al terreno agricolo di cui quest’ultimo era conduttore. La consegna «certam quantitatem bladi» costituisce sì un contratto innominato do ut facias – di per sé privo di azione – ma accede, per cohaerentia contractus, alla locazione di fondo rustico tra Xxxxx e Perono, della quale costituisce un patto aggiunto in continenti: di qui l’inesperibilità dello ius poenitendi, anche perché dell’accordo aggiunto al contratto principale le parti hanno prestato stipulatio davanti a testimoni (cfr. BALDO DEGLI UBALDI, Consiliorum, sive responsorum Volumen Primum, qui consultati nell’edizione Francofurti ad Moenum, impensis Sigis. Xxxxxxxxxxx, 1589, cons. 199, f. 54ra-rb). Sulla cohaerentia torna, nel secolo successivo, Xxxxxxxxxx Xxxxxxxx (1423/4-1477) sbarrando la strada alla poenitentia per la donazione ob causam de futuro che accede al contratto di società, ancorché sprovvista di stipulatio (XXXXXXXXXX XXXXXXXX, Consiliorum, sive responsorum, qui consultato nell’edizione Venetiis, apud Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, 1509, vol. 6, cons. 133, ff. 61ra-62rb, n.1, f. 00xx, x x.0, x. 00xx-xx, per la citazione nel testo. Cfr. X. XXXXXXXX, Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx, in DBGI, vol. II, pp. 1942-1944).
31 Grosso modo nello stesso periodo, Xxxxxxxx Xxxxxxx (1409-1439) equiparava la promessa giurata di adempiere alla pronuncia giudiziale («quia iuramentum habet vim iudicii»), ‘blindando’ così le parti agli impegni assunti, ancorché attraverso patti privi di nome (XXXXXXXX XXXXXX [PONTANO], Consilia, qui consultati nell’edizione Lugduni, apud Xxxxxxx Xxxxxx, 1545, cons. 76, f. 20ra-rb, rispettivamente nn. 1 e 4 (su Pontano, o Romanus, si rimanda a X. XXXXXXXX, Professori e scolari giuristi nello studio di Siena dalle origini alla fine del XV secolo, in L’Università di Siena. 750 anni di storia, a cura di X. XXXXXX, X. XXXXXX, X. XXXXXXXXXXX, Milano, Silvana, 1991, in particolare p. 116, nonché a X. XXXXXXXXX, Pontano, Lodovico, in DBGI, vol. II, pp. 1615-1617).
32 Per la verità rassegnando gli instrumenta con i quali assegnare ai pacta un vestimentum dativum: «De iure vero civili pacta vestiuntur nomine, et forma […]. Item cohaerentia contractus […]. Item iureiurando […]. Item operis initio […]» (BARTOLO DA SASSOFERRATO, Commentaria in Primam Digesti veteris partem, ad D.2.14.7.4, l. iurisgentium, § quinimo, n. 16, f. 93va).
33 Con l’escludere lo ius poenitendi per un insieme di ambiti («de iure canonico», e «in curia mercatorum»), di situazioni («in compromissum», «in iudicio», «per viam denuntiationis evangelicae occasioni», «in ligis et treugis»), di rapporti (quando «manu regia mandaret executioni», quando «vasallus serviat domino expensis vasallis»), ovvero con riferimento a determinati tipi di pacta privi di nome (quello geminato, quello sub conditione), oppure in presenza di formalità precise (il iuramentum) o in forza di specifiche fonti di diritto («ex dispositione legis», o «si adesset statutum») dotate di portata derogatoria, o ancora quando «ex inobservantia pacti aliquis pateretur damnum», e, infine, «ad coscientiam, ubi non differt pactum nudum a solemni»): GIASONE DEL XXXXX, In Primam Digesti Veteris Partem Commentaria, ad D.2.14.7.4, de pactis, l. iurisgentium, § sed cum nulla, nn. 8-26, ff. 147vb-148rb. Cfr. anche XXXXX X’XXXX, Tractatus de pactis, nn. 295-585, ff. 9v-29v, qui consultato in Tractatus Universi iuris, vol. VI, Venetiis 1584, ff. 1-29v. Sulle fallentiae del D’Exea vedi anche BIROCCHI, Causa e categoria generale del contratto, cit., pp. 65-66 e X. XXXXXX VINCENTI, Transactionis Causa. Studi sulla transazione dal tardo diritto comune ai codici. Parte prima. La
3.1. neutri contrahentium est locus poenitentiae: giustizia, affari e l’esaltazione del consenso.
Ma la spinta più forte al confinamento del recesso penitenziale e impugnatorio è rappresentata dal rivolgimento di metà XVI secolo, quando le maglie della griglia medievale si fanno via via più opprimenti e le costruzioni delle relazioni negoziali si protendono «verso l’esaltazione del consenso»34.
Entro il generale processo di ricerca, definizione e attuazione di un nuovo ordine che si voleva sempre più generale e sempre meno formulare, i giuristi del Cinquecento maturo registrano il progressivo approdo verso un sistema fondato sull’accordo, substantia dell’impegno contrattuale – e dell’affare negoziale che esso realizza – a prescindere (tendenzialmente a prescindere) dalle forme adottate per stringerlo. Non si trattava, del resto, di questione metafisica o dogmatica: a polarizzare alla costruzione del contratto sulla forza vincolante del consenso militava l’importanza economica dei contratti innominati, la cui tenuta, che si temeva frustrata dal ripensamento e dalla risoluzione, era già stata oggetto di risalenti interventi legislativi, con tutta evidenza giustificati dall’utilità sociale degli accordi sprovvisti di nomen, dei quali si voleva garantire osservanza e manutenzione. Nella straordinaria fioritura di leggi locali conosciuta dall’Europa medievale, un chiaro passo nel segno dell’azionabilità dei xxxxx xxxx è offerto, tra i primi, già dall’Ordenamiento de Xxxxxx del 1348, con cui il regno di Xxxxxxxxx, nel darsi un ordine delle fonti sopravvissuto fino al XIX secolo, consacrava la cogenza di qualunque «prometimiento» stretto in maniera sufficientemente formale, ma in ogni caso in mancanza della «estipulación»35, del tutto coincidente con la stipulatio romanistica, alla cui autorevolezza si ricorreva per costringere ad adempiere prestazioni che l’ordito contrattuale del tempo non poteva obbligare a eseguire36.
Tornando al Cinquecento, proprio all’Ordenamiento de Xxxxxx e al suo afflato a-formalistico37 si appoggia la Seconda Scolastica per individuare nell’accordo un presidio all’autonomia dei contraenti,
dottrina dei secoli XV e XVI, Milano, Xxxxxxx, 2011, p. 25). Su Xxxxx d’Exea si rimanda alla voce di P. ARABEYRE, in Dictionnaire historique des juristes français (XIIe-XXe siècle), sous la direction de X. XXXXXXXX, X.-X. XXXXXXXX, X. XXXXXX, Xxxxx, Xxx, 0000, p. 316.
34 Così BIROCCHI, Causa e categoria generale del contratto, cit., p. 27.
35 «Paresciendo che se quiso un Ome obligar à otro por promision, ò por algund contracto, ò un alguna otra manera, sea tenudo de aquellos à quinese se obligò, è non pueda ser puesta excebcion que non fue fecha estipulacion, que quiere decir: prometimiento con ciertas solepnidades del derecho; ò que fue fecha a Xxxxxxxxx publico, ò à otra persona privada en nombre de otro entre asentes, ò que se obligò uno de dar ò de façer alguna cosa à otro: mas que sea valedera la obligacion ò el contracto que fueren fechos en qualquier manera que paresca que alguno se quiso obligar à otro, è façer contracto con el» (El Ordenamiento de Leyes, que X. Xxxxxxx XX hizo en las Xxxxxx de Xxxxxx de Henares el año de mil tresciento y cuarente y ocho, tit. XVI, Ley unica, qui consultato nell’edizione a cura di X. XX XXXX XXX XXX, M. DE XXXXXX X XXXXXXXXX, Ordenamiento de Xxxxxx. El Ordenamiento de Leyes, publícan lo con notas y un discurso, Madrid, Xxxxxxx Xxxxxx, 1774, p. 26. Per maggiori informazioni sull’Ordenamiento si rimanda a X. XXXXX X XXXXXXXX, Manual de historia del derecho español, Xxxxxx, Xxxxxxxxx, 0000, in particolare pp. 242-248). Proprio dalla estipulación, invece, Las Siete Partidas di Xxxxxxx XX, del 1265, facevano dipendere gli effetti obbligatori delle promesse: «E hácese desta manera; estando presentes ambos los que quieren hacer el pleito de la promisión; e diciendo el uno a otro: prometéme de dar o de hacer tal cosa; diciéndola señaladamente. E el otro respondiendo, que sí promete o que lo otorga de cumplir. E respondiendo por estas palabras, o por otras semejantes de ellas, finca por eso obligado; e es tenido de cumplir lo que otorga, o promete de dar o de hacer» (Las Siete Partidas (El Libro del Fuero de las Leyes), partida quinta, tit. XI, De las promissiones e pleitos que hacen los omes unos con otros, en razón de hacer; o de guardar o de complir algunas cosas,
l. I, Qué cosa es primissión, e a qué tiene pro; e en que se hace, qui consultato in Las Siete Partidas, versión de X. XXXXXXX-XXXXXXX, Madrid, Editorial Reus, 2004, p. 744).
36 Sul ruolo della stipulatio cfr. BIROCCHI, La questione dell’efficacia dei patti, cit., pp. 53-56; P. GROSSI, L’ordine giuridico medievale, Roma-Bari, Laterza, 1995, in particolare p. 248; G.P. XXXXXXXX, Osservazioni in materia di contratti nella Summa totius artis notariae, in Rolandino e l’Ars notaria da Bologna all’Europa. Atti del Convegno internazionale di studi storici sulla figura e l’opera di Xxxxxxxxx, Bologna, 9-10 ottobre 2000, a cura di X. XXXXX, Milano, Xxxxxxx, 2002, pp. 249-327 (con ricca appendice bibliografica, pp. 324-327), in particolare pp. 261-262.
37 In parte disatteso dalla prassi, che gli avrebbe preferito l’approccio tradizionale delle Partidas, ove la disciplina della promissión coincide con quella, formale e per interrogationem, della stipulatio. Sul tema si rinvia ad X. XXXXXX
da tutelare non solo nella fase genetica, ma anche e soprattutto nella ‘vita’ del rapporto, il quale (di norma) non può essere travolto dalla volontà unilaterale, e in particolare dal pentimento o da iniziative estintive assimilabili alla risoluzione da inadempimento. Recuperando «dictam legem regiam ordinamenti», Xxxxxxx Xxxxx († 1567), professore a Salamanca intorno alla metà del secolo, asseconda la politica legislativa sovrana confermando che «hodie in nostro regno oriatur efficax actio et obligatio in quolibet contractu innominato»38. L’accordo, prosegue Xxxxx, è espressione di una volontà di obbligarsi («voluntas et animus obligandi») che non richiede più le solennità del diritto comune, bensì il puro e semplice consenso delle parti («consensus partium»), perché la causa, che costituisce la forma e l’essenza del contratto, appartiene a tutti i contratti, siano essi dotati di nome oppure no39. Dalla circostanza per cui in tutti i contratti basti la volontà di obbligarsi per rimanere vicendevolmente vincolati («sufficit sola voluntas, et animus obligandi ut efficaciter remaneat obligatus»40), Xxxxx esclude ogni spazio di manovra alle azioni ex poenitentiae e causa data non secuta, sulle quali si era fino ad allora costruita la disciplina del recesso, penitenziale e impugnatorio rispettivamente, nei contratti innominati41.
Analoga presa di posizione sul consenso, che supera le formalità dello ius civile intorno ai patti e impedisce di ritirarsi da qualsiasi impegno, si rinviene nel De iustitia et iure (in particolare nelle Disputationes de contractibus) del gesuita Xxxx xx Xxxxxx (1535-1600)42 ove, facendo perno sulla legislazione regia (Ordenamiento de Xxxxxx, Ley de Xxxxxxxx del 1484 e Nueva Recopilación del 1567), l’adesione alla politica centralizzatrice veicola una riflessione maturata sulla prassi dei traffici, il cui bisogno di certezza e speditezza predilige l’obbligatorietà degli accordi e rigetta la facoltà di recedere nei contratti innominati, dal momento che «neutri contrahentium est locus poenitentiae»43.
Personaggi diversi, Xxxxx e Xxxxxx, ma tra i quali è possibile scorgere una convergenza attraverso il filo che lega politica del diritto, attenzione per la prassi e comprensione delle variabili economiche. Si tratta di posizioni non eccentriche, perché destinate a trovare seguito e a vedersi riproposte in un contesto assai più generalizzato. Proteso a tutelare gli interessi di scambio da capricci e ripensamenti, il contratto che i giuristi gravitanti intorno alla Scuola di Salamanca delineano osservando quanto accadeva hodie in nostro Regno rileva una profonda connessione con i distretti culturalmente ed
XXXXX, La promesa obligacional en las “Partidas” como sede de la doctrina general de las obligaciones, in «Revista Chilena de Derecho», 34.3 (2007), pp. 395-404.
38 X. XXXXX, Commentariorum variarumque resolutionum, de contractibus, rispettivamente t. II, cap. VIII, n. 4, f. 217va, qui consultato nell’edizione Venetiis, ad candentis Salamandrae insigne, 1572. Xx Xxxxx si veda X. XXXXXXXXX, Xxxxx, Xxxxxxx (nach 1500-vor 1527), in Juristen. Ein biographisches Lexikon. Von der Antike bis zum 20. Xxxxxxxxxx, herausgegeben von X. XXXXXXXX, München, Xxxx, 20012 (I ed. München, Xxxx, 1995), pp. 252-253, nonché BIROCCHI, Causa e categoria generale del contratto, cit., pp. 246-252, per un’analisi dei patti nelle Variarum resolutionum.
39 XXXXX, Commentariorum variarumque resolutionum, de contractibus, cit., rispettivamente t. II, cap. IV, n. 2, f.
199ra; cap. IX, n. 3, cc. 219vb-220 ra; cap XI, n. 3, c. 244rb.
40 Ivi, cap. VIII, n. 4, f. 217vb.
41 «Ex quibus notabiliter infero, quod hodie in nostro regno in contractu innominato non habebit locum repetitio ex capite poenitentiae, vel causa non secuta» (ivi, f. 218ra). Per qualche riflessione sullo ius poenitendi in Xxxxx cfr. E. DELL’AQUILA, La resolución del contrato por incumplimiento, Salamanca, Ediciones Universidad de Salamanca, 1981, pp. 116-118.
42 X. XXXXXX, Disputationes de contractibus, dispp. 272-575, in ID., De iustitia et iure, vol. II, tract. II, Cuenca, Conchae, 1593, qui consultato nell’edizione Venetiis, apud Mathhiam Collosinum, et Baretium Baretium, 1601, disp. 254, Qui contractus solo consensu, qui solo verbo, qui scriptura, et qui opere, compleantur, n. 7, f. 6a, disp. 257, utrum ex pacto nudo naturalis, atque in conscientia foro, oriatur obligatio, et num de iure canonico, et in Regno Castella actio xx xx xxxxxxxxxx, x. 00, x. 00x. Su Xxxxxx cfr. X. XXXXX, Xxxx xx Xxxxxx, in Juristas Universales, edictión de X. XXXXXXX, Madrid-Barcelona, Xxxxxxx Xxxx, 2004, vol. II, pp. 254-257, nonché, più di recente, A companion to Xxxx xx Xxxxxx, edited by X. XXXXXXX, X. XXXXXXX, Leiden-Boston, Brill, 2014, in particolare pp. XXVIII-XXV per le variabili politiche ed economiche che condizionano il De iustitia et iure (sulle interazioni tra economia, diritto e morale si veda anche X. XXXXXX-XXXXXXXX, Xxxx xx Xxxxxx’x Iustitia et iure. Justice as Virtue in an economic context, Leiden, Brill, 2011). Ulteriori riflessioni su Xxxxxx e l’approdo alla teoria del consenso in BIROCCHI, Causa e categoria generale del contratto, cit., pp. 254-269.
43 XXXXXX, Disputationes de contractibus, cit., disp. 258, Quousque in pacto nudo, et contractibus innominatis, iure civili locus sit poenitentiae, et unde iure canonico, et in regno Castelle, locum habeat, n. 13, f. 13a-b.
economicamente più vivi del Continente, i cui giuristi, pur appartenendo a realtà lontane tra loro, registrano gli esiti della comune battaglia fin lì compiuta per l’affermazione di un sistema contrattuale fondato sulla forza impegnativa dell’accordo. E fu proprio questo fecondo intreccio di esperienze e di saperi condivisi tra luoghi e contesti diversi a costituire la ‘culla’ di quel consenso che frapporrà ostacoli al recesso penitenziale e impugnatorio sino e oltre l’età della codificazione.
Si è già detto di Xxxxxxx Xxxxxxxx e della sua attenta categorizzazione delle diverse ipotesi di ius poenitendi nei contratti innominati44. Vale ora la pena ricordarne le aperture consensualistiche, nel commento alla Coutume parigina del 1510, a cui attende nel 1539, riconoscendo all’intentio dei contraenti, se debitamente indirizzata e manifestata in tal senso, la capacità di sciogliere il contratto inadempiuto, a prescindere dalla qualità dei verba (directa, ovvero obliqua), purché attraverso il patto commissorio espresso, frutto di un accordo stretto concordemente tra le parti45.
Accanto a Xxxxxxxx, tra i ‘pionieri’ cinquecenteschi dell’azionabilità di tutti gli accordi – «pacta etiam tum pariunt actionem»46 – figura altresì il fiammingo Xxxxxxxxx xxx Xxxxxxxxxx (1531-1586), poi professore in Germania, i cui Paratitla al Digesto, del 1568, rivelano anch’essi una profonda connessione con l’usus fori, perché ormai «communis opinio est, et ita usus observat, ut indistincte ex pactis nudis etiam in foro civile hodie detur actio»47. Xxxxxxxxx, insomma, prendeva atto di una trasformazione in fieri: le sue tesi, infatti, erano state previamente recepite da alcune legislazioni particolari dei territori tedeschi, come il Württemberg, il cui Landrecht del 1555 prevedeva espressamente che «etiam ex nudo pacto hodie actio detur»48. Non diversamente stabiliva, già nel 1520, lo Stadrecht della città di Friburgo49.
Nessun riferimento esplicito a fonti legislative, ma una profonda conoscenza dei meccanismi e dei bisogni di un mercato in espansione induce il gesuita belga Xxxxxxx Xxxx (Xxxxxxx, 1554-1623) a indagare la radice etica degli affari (vi è chi lo saluta come fondatore della business ethics) e a proiettare le riflessioni di Xxxxx e Xxxxxx, che legge con attenzione, sul piano dell’efficienza e della tenuta dei contratti. La poenitentia, scrive Xxxxxxx nel De iustitia et iure con il quale nel frattempo si entra nel Seicento, agisce iure civili sul piano della caducazione del patto nudo, privo di azione a differenza di quello vestito «ne lites moltiplicarentur». Tutto ciò legittima quella particolare potestas penitenziale «quamdiu neutra ex parte est impletum», ovvero impugnatoria, «si ex altera parte impletus est»50. Senonché tale sistema, che attribuisce ad alcuni accordi il potere di annullare la
44 Supra, § 3, nota 25 e testo corrispondente.
45 Per prudenza Xxxxxxxx suggerisce di ricorrere alla legge commissoria espressa, formulata «quibuscumque verbis» (C. XXXXXXXX, Commentarius in priores Titulos antiquae Consuetudinis Parisiensis, prout in prioribus Editionibus habentur, qui consultato in Omnia quae extant opera, Parisii, sumptibus Xxxxxx Xxxxxx, in Aula Regii Palatii magna, 1681, vol. I, tit. I, de Fiefs, art. 33, Quand un fief est vendu ou aliené à prix d’argent, le vendeur doit payer le quint denier du prix, ff. 433-462, n. 11, f. 439a. Sul punto si rinvia a X. XXXXXXXXXX, Specific Performance in German, French and Dutch Law in the Nineteenth Century. Remedies in an Age of Fundamental Rights and Industrialisation, Leiden-Boston, Xxxxxxxx Xxxxxxx Publisher, 2011, pp. 137-139).
46 X. XXXXXXXXXXX, Paratitla in Pandectas iuris civilis, Basileae, per Eusebium Episcopum, 1568, ad D.2,14, de pactis, n. 9, f. 110. Sulla dicotomia tra teoria e usus fori, nonché sulla posizione pratica di Xxxxxxxxx si veda H.J. XXXXXX, Law and Revolution: The Formation of The Western Legal Tradition, Cambridge, Massachusetts, Harvard University Press, 1983, vol. II, pp. 159-160. Per un profilo biografico cfr. X. XXXXXXX, Xxxxxxxxx Xxxxxxxxx (1531- 1586), in Juristen. Ein biographisches Lexicon, cit., pp. 669-670.
47 WESEMBECIUS, Paratitla in Pandectarum, cit., ad D.12,4, de pactis, n. 9, f. 110.
00 Xxx. Xxx Xxxxxxxxxxxx Wurttemberg Ernewert Gemein Landtrech, lib. II, tit. XXIII, Von bedächtlichen Zufagen und Verspruch, qui consultato nell’edizione di C.H. XXXXXX, Das Württembergisches Landrecht vom 1. Juni 1610, Stuttgart, Xxxxxxx, 1842, p. 198.
00 Xxx. Xxxx Xxxxxxxxxxx und Statuten der Stadt Freiburg im Breisgau, Der Stat Fryburg im Prisgow Statuten und Stattrechten, 1520 (rist. anast., Aalen, Scientia Verlag, 1968), II, VI, § 8, Wer bedechtlich zusagt, der sol es halten, sul quale BIROCCHI, Causa e categoria generale del contratto, cit., p. 81.
50 «Ratio autem, cur pactum nudum obligationem in foro externo non pariat, est, quia etsi ius civile resistat talis contractibus, eos irritandos; tamen noluit eos assistere concedendo actionem, ne lites moltiplicarentur. Imo permittitur illos rescindi causa poenitentiae, etiam altera parte nolente, quamdiu pactum nudum neutra ex parte est impletum: vel, si ex altera parte impletum est, liberum est huic poenitere, vel cogere partem ad complendum» (X. XXXXXXX, De iustitia et iure, Antverpiae, ex officina Xxxxxxx Xxxxx, 1605, lib. II, cap. XVII, dub. IV, n. 21, col. 152a).
propria obbligazione («potestas obligationem elidendi») ovvero di privare d’effetto il contratto («potestas irritandi»), pare poco razionale, perché iure naturae et gentium la promessa obbliga
«quisque praestare quod promissit»51.
Come da più parti rilevato, il De iustitia et iure di Xxxxxxx avrebbe ispirato Grozio52, la cui teorizzazione di un contratto orientato a naturale razionalità (ci si riferisce in particolare al Xxxxxx del De iure belli) consente di superare i lacci del sistema tradizionale (nell’Introduzione alla giurisprudenza olandese, per contro, rimane la distinzione tra contratti nominati e innominati, nelle maglie dei quali ciascuna delle parti può ritirarsi dal contratto non perfetto)53 e di proiettare le relazioni originate del consenso su un piano ideale, all’interno del quale i contratti richiedono una bilateralità di vantaggi e di sacrifici che riposa sulla sinallagmaticità: un piano nel quale ogni violazione della loro propensione a realizzare scambievolmente gli interessi delle parti, come avviene con lo ius poenitendi, e più in generale con ogni forma di dissenso unilaterale, contraddice i principi dello ius naturae a cui essi tendono54.
3.2. Il contributo della prassi forense nel ‘rigetto’ della facultas poenitendi.
I richiami alle legislazioni locali, da un lato, e l’appoggio ai principi razionali di natura, dall’altro, rappresentano due elementi centrali della nova practica, giunta a maturazione nel XVII secolo e diffusasi a macchia d’olio durante quello successivo, con cui giurisprudenza dottrinale e prassi forense progettano un sistema ‘aperto’, fatto di volontà libere nel perseguire i propri interessi attraverso impegni necessariamente vincolanti. Sullo sfondo della battaglia, prima di tutto politica, per la creazione di un diritto privato ‘nazionale’ attraverso la contrapposizione tra tecnicismo del diritto romano e semplicitas delle usanze consuetudinarie, improntate a buona fede, rispetto ed aequitas naturale (in altre parole, adattando il diritto romano alla specificità del diritto nazionale come ordine autonomo orientato a ragione), l’elaborazione interpretativa seicentesca – di cui l’Usus modernus pandectarum costituisce la ramificazione, più conosciuta, di una tendenza dominante in tutto il Continente – fornisce la spinta per travalicare la tipicità negoziale e approdare alle soglie di una categoria generale di contratto. Quest’ultima, fondata sul consenso, riconosce ad ogni patto la capacità di produrre azione, con tutte le conseguenze che ne derivano sullo ius poenitendi: «Hodie vero in contractibus innominatis poenitentiae locum non esse», scrive Xxxxxx Xxxxx nello Specimen usus moderni, del 169055.
51 Ivi, n. 20, col. 152a.
52 Si rinvia, ex multis, a X. XXXXXXXX, L’influence de la Scolastique espagnole sur Grotius en droit privé: quelques expériences dans des questions de fond et de forme, concernant notanment les doctrine de l’erreur et de l’enrichissment sans cause, in La Seconda Scolastica nella formazione del diritto privato moderno, a cura di P. GROSSI, Milano, Xxxxxxx, 1973, pp. 377-400, in particolare pp. 382-384.
53 Cfr. H. XXX XXXXX (= XXXXXX), Inleidinge tot de Hollandsche Rechtsgeleerdheid, qui consultata nell’edizione latina di Xxxxxxxx xxx xxx Xxxxxx (1756-1835): Xxxxxxx Xxxxxx Institutiones iuris hollandici, e belgico in latinum sermonem translatae a Xxxxxx xxx xxx Xxxxxx, Harlem 1962, lib. III, tit. XXXI, § 8, p. 153.
54 XXXXXX, De iure belli ac pacis libri tres. In quibus ius naturae et Gentium: item iuris publici praecipua explicantur, Parisiis, apud Xxxxxxxx Xxxx, 1625, lib. II, cap. XII, de contractibus, § 1, p. 277. Alla disciplina privilegiata dei contratti che i «Romani nominatos vocant» per contrapporli ai «caeteribus contractibus» (gli innominati), fondata sulla maggior frequenza dei primi, il De iure belli contrappone un ordine fondato sullo ius naturae, all’interno del quale i requisiti dei patti, che nascono dall’incontro delle volontà di chi decide di contrahere, si riducono alla sussistenza del signum volendi (o animus deliberatus), in grado, di per sé solo, di attribuire valore costitutivo al consenso. In tema si rinvia a X. XXXXXXXX, Contractus und Obligatio im Naturrecht zwischen Spätscholastik und Auflärung, in La Seconda Scolastica nella formazione del diritto privato moderno, cit., pp. 223-239, in particolare pp. 226-235; a X. XXXXXXXX, Le radici teologiche del giusnaturalismo laico, vol. III, Il problema della secolarizzazione nel pensiero giuridico di Xxxxxx Xxxxxxxxx, Milano, Xxxxxxx, 2001, in particolare pp. 5-6; nonché a X. XXXXXXXX, Sinallagma e analisi strutturale dei contratti all’origine del sistema contrattuale moderno, in Towards a general Law of Contract, edited by X. XXXXXX, Berlin, Xxxxxxx & Humblot, 1990, pp. 215-247, in particolare pp. 246-247.
55 X. XXXXX, Specimen Usus moderni Pandectarum, ad Libros V priores, Francofurti et Wittembergae, sumptibus Jeremae Xxxxxx et hered. Henr. Joh. Xxxxxx, 1690, lib. II, tit. XIV, § 5, pp. 274-75, p. 274.
Era la conclusione, l’unica possibile sulla base di queste premesse, di una lettura moderna del diritto romano svolta attraverso i passaggi di un ragionamento che, muovendo dal riconoscimento della capacità di produrre azione oggi spettante ad ogni patto, forniva l’argomento (l’abbandono delle subtilitates in nome del ritorno alla semplicitas che orienta i rapporti dello ius gentium e a cui le consuetudini tedesche si ispirano ab immemorabili)56 per risolvere la «gravis controversia» sullo scioglimento dei contratti nel senso di escludere quello unilaterale. Come in passato (si pensi ancora una volta alla percezione che del problema aveva Xxxxxxxx), sono le contraddizioni originate dalla teoria dei vestimenta pactorum a giustificare il ‘confino’ del recesso, soprattutto di ripensamento. Sarebbe infatti incongruente, spiega Xxxxx, accordare azione ad ogni patto, da un lato, salvo poi ammettere il ricorso alla poenitentia solamente per quelli innominati, dall’altro; né avrebbe senso insistere sul ricorso a solennità particolari per offrire a questi ultimi la medesima tutela riservata ai contratti nominati57.
Ma la complessità delle diverse situazioni entro le quali si snoda il dissenso induce Xxxxx a occuparsi anche dell’altra questione aperta: del fatto, cioè, che in diritto romano la poenitentia riguardi solo il contratto innominato, senza per contro lasciare alternativa all’azione di adempimento alla parte virtuosa di quello nominato (che «condicere nequit»)58. E qui insiste la novità del metodo che dallo Specimen usus moderni prende il nome, vale a dire il recupero ragionato dei rimedi romanistici ancora in grado di rispondere all’utilitas dei contraenti. Scartata la condictio causa data causa non secuta, ossia l’azione processuale di ‘recupero’ della prestazione eseguita in mancanza del corrispettivo, perché disapplicata59, Xxxxx saluta con favore il ricorso al recesso impugnatorio nel patto commissorio, «ut hinc utile sit in eiusmodi negotiis facultatem condicendi expresse sibi riservare, ut evitetur controversia de moribus poenitentiam excludendibus»60. Tale soluzione, con la quale affidare il recesso a una clausola prevista da entrambe le parti (anziché ammetterlo solamente negli innominati e subordinarlo all’arbitrio di una sola di esse), gli pare, peraltro, potersi applicare a tutti i contratti61.
In questo passaggio, come si vedrà destinato a condizionare riforme future62, Xxxxxx Xxxxx riassume i punti fermi (principio del consenso, rispetto dei patti, propensione all’atipicità, ‘rigetto’ della poenitentia salvo specifico patto aggiunto) della cultura giuridica di età moderna intorno al dissenso unilaterale nel contratto. La delimitazione di quest’ultimo entro precisi confini operativi rappresenta infatti la scaturigine di un processo nato dal basso, cioè dalla prassi, del quale la dottrina dell’Usus – e, più in generale, tutta l’elaborazione interpretativa dottrinale e della prassi forense tardo- seicentesca – registra i rivolgimenti.
56 Ivi, §§ 1-4 (in particolare, § 1, «Ex omni pacto serio et inito […] xxxxx xxxxxxx xxxxx xxxxxxxx», x. 000, x § 0, «Ex hoc vero moderno Juris fundamento ubique recepto, quod ex omni pacto deliberato inito hodie valide datur actio, multa Jure Romano subtiliter excogitata corruunt, et ad simplicitatem Juris Gentium reducuntur […]», p. 273).
57 Ivi, §§ 5 e 6, p. 275. Sul punto insiste anche XXXXXXXXXX, The Law of Obligations, cit., p. 578.
58 «In contractibus vero nominatis, cum hoc aliter se habeat, nec poenitentiae locus sit, ille, qui a parte sua implevit, rem datam, utut alter moras nectat in implendo contractu a parte sua, condicere nequit, eapropter mihi venditori non repetere licet rem traditam, sed agendum est ad contractus implementum» (X. XXXXX, Continuatio Specimen Usus Moderni Pandectarum, qui consultato nell’edizione Halae Magdeburgicae, in bibliopolio Orphanotrophii, 1713, lib. XII, tit. IV, de condictione causa data causa non secuta, pp. 496-502, § 1, pp. 496-497, citazione a p. 496).
59 Ad eccezione dei territori nei quali trova applicazione il Württembergisches Landrecht, che consente di ricorrere alla «facultas poenitendi» (cfr. Des Herzogthumbs Wurttemberg Ernewert Gemein Landtrech, cit., lib. II, tit. XX, De Contractibus Innominatis, § 1, qui consultato nell’edizione di C.H. XXXXXX, Das Württembergisches Landrecht vom 1. Juni 1610, Stuttgart, Xxxxxxx, 1842, p. 197), Xxxxx rileva che «supposita illa praxi Germanica, raram esse hanc condictionem causa data causa non secuta» (STRYK, Continuatio Specimen Usus Moderni Pandectarum, cit., lib. XII, tit. IV, in particolare § 3, p. 498).
60 Ibidem.
61 «Hinc in contractibus eiusmodi omnino utilis est adiectio legis commissoriae, contractum, in casum implementi non secuti; ipso iure nullum esse debere, sic enim dabitur non quidem praecipe haec condictio, sed vindicatio, vel etiam actio ex contractu, per pactum adiectum formata» (ivi, p. 496).
62 Vedi infra, §§ 3.3 e 3.4.
Ma vediamo più nel dettaglio le ricadute di tali rivolgimenti attraverso la formante protagonista di tale cambiamento, vale a dire la giurisprudenza, la cui ricognizione rivela, già a un primo esame, una uniformità di fondo: in sintesi, i sempre maggiori ostacoli incontrati dal ritiro unilaterale nell’ordito contrattuale del tardo diritto comune, anche laddove il peso della tradizione era più forte (come in Italia). Tali ostacoli furono frapposti, in particolare, dalla prassi dei casi sottoposti al giudice – il cui officium già dal Quattrocento rientrava nel novero delle limitationes all’inefficacia del patto nudo63 – e in particolare il giudice delle Corti sovrane, il quale, nell’esercizio di una plenitudo potestatis che gli consente di esaminare le vertenze contrattuali sola veritate inspecta64, si era da tempo indirizzato lungo le direttrici poi riassunte da Xxxxx.
Di uno stylus curiae che andava confinando lo ius poenitendi entro l’eccezionalità delle ipotesi regolate da specifiche clausole contrattuali offrono testimonianza svariate raccolte di decisiones, spigolando tra le quali emergono decise prese di posizione consensualistiche, a cominciare dalla nota sentenza del Sacro Regio consiglio, riportata da Xxxxxx x’Xxxxxxxx agli inizi del Cinquecento, con la quale il tribunale napoletano «lato iudicis officio» aveva accordato tutela alla promessa sprovvista di stipulatio65. In linea con l’azionabilità del patto e nonostante l’eccezione «propter defectum stipulationis» si sarebbe attestato il Senato piemontese, come testimoniato dalle Decisiones Sacri Senatus Pedemontani di Xxxxxxxxx Xxxxxxxxx D’Osasco, del 1569, che tuttavia circoscrive la facoltà del giudicante di procedere sola veritate inspecta alle ipotesi in cui tale potestà sia prevista da apposita clausola66. Nello stesso anno vede la luce il De arbitrariis iudicium questionibus et caussis del xxxxxx Xxxxxx Xxxxxxxx (1532-1607), che ascriveva al Senato milanese analoga facoltà di «cogere observari pactum nudum» nel caso di obbligazione naturale trasmessa mortis causa tramite apposita disposizione testamentaria67.
63 Così, per esempio EXEA, Tractatus de pactis, cit., nn. 351-353, f. 11r.
64 Xxxxx «forma giuridica» del potere dei Grandi Tribunali, ossia la iurisdictio, intesa come «potestas di un magistratus in una communitas» (del sovrano, e in forma delegata, dei suoi «dispositivi giurisprudenziali»), si rimanda a P. XXXXX, Iurisdictio. Semantica del potere politico nella pubblicistica medievale, Milano, Xxxxxxx, 20022 (I ed. Milano, Xxxxxxx, 1969), pp. 178-183, nonchè a M. XXXXXXXXXX, La nuova dimensione geopolitica e gli strumenti giuridici della tradizione: approcci al tema del ius belli e del ius communicationis nella seconda scolastica, in “Ius gentium ius communicationis ius belli”. Xxxxxxxx Xxxxxxx e gli orizzonti della modernità, a cura di X. XXXXXX, Milano, Xxxxxxx, 2009, pp. 51-72, in particolare pp. 61-64 (da cui le citazioni).
65 M. D’AFFLITTO, Decisiones Sacri Regii Consilii Neapoletani, Neapoli. apud Io. Xxxxxxx xx Xxxxxx, 1509, qui consultato nell’edizione Lugduni, apud Haeredes Xxxxxx Xxxxxx, 1584, dec. 120 n. 5, f. 223 (e citata da XXXXXXXX, La questione dell’efficacia dei patti, cit., pp. 164-166, M.N. MILETTI, Stylus iudicandi. Le raccolte di decisiones del Regno di Napoli in età moderna, Napoli, Jovene, 1998, p. 125, e X. XXXXX, Iudicare tamquam Deus. I modi della giustizia del Senato di Milano tra Cinque e Settecento, Milano 2003, p. 121).
66 Perché, si legge nella decisio n. 2 della raccolta, «nihil tam naturale et aequum est, quam ut pacta serventur» (cfr.
X. XXXXXXXXX D’OSASCO, Decisiones Sacri Senatus pedemontani, Taurini, apud Io. Xxxxxxxx Xxxxxxx, et Xxxxxxxxxxxx Xxxxxx, 1569, qui consultato nell’edizione Lugduni, sumptibus Xxxxxxxx Xxxxxx Xxxxxxxxxx, 1579, dec. 2, ff. 11-13, n. 4, f. 12. Voce biografica di X. XXXXXX, Cacherano d’Osasco, Xxxxxxxxx, in DBGI, vol. I, pp. 370-371. Sul Senato di Piemonte nel tardo diritto comune, EAD., Un esempio di Corte suprema nell’età del diritto Comune. Il Senato di Piemonte nei primi decenni di attività (appunti dalle lezioni dell’a.a. 1994-1995 di Diritto Comune), Torino, Giappichelli, 1995 (più in generale, sui Senati sabaudi cfr. G.S. PENE VIDARI, Les Sénats de la Maison de Xxxxxx (Ancien Régime-restauration). I Senati sabaudi tra antico regime e restaurazione, Torino, Xxxxxxxxxxxx, 2001). Sulla clausola si veda il recentissimo contributo di X. Xxxxxx, Extra petita. Sugli effetti della clausola sola facti veritate inspecta nella dottrina tra XV e XVI secolo, in «Historia et ius», 20 (2021), paper 11.
67 I. XXXXXXXX, De arbitrariis iudicium questionibus et caussis, Venetiis, apud Io. Xxxxxxxxx Xxxxxxxxx, et fratres, 1569, lib. I, quaestio 57, nn.3-6, in particolare n. 4 («conscientia impellit nos ad solvendum debitum naturale») e n. 6 («Rursus, cum hic iudex arbitrium a Principe consecutus sit, et Principis loco sit, ut illud possit quod Princeps, dicendum est posse cogere observari pactum nudum, cum ita soleat Princeps observari facere»), f. 42v. Su analoghe posizioni si attesteranno, ormai nel XVII secolo, Xxxxxx Xxxxxx Xxxxxxxxx (†1628) e Xxxxxx Xxxxxxx Xxxxxx († post 1647), autorevoli esponenti dell’ambiente senatorio milanese incline a «condemnare ex nudo pacto» (cfr. G.C. XXXXXXXXX, Practicarum quaestionum rerumque iudicatarum liber singularis, Venetiis, apud Baretium Baretium Bibliopolam, 1610, cap. I, De officio et potestate Iudicis, qui procedere potest ex clausola sola facti veritate attenta, n. 116, f. 16r, e A.S. XXXXXX, Commentaria in tit. de Senatoribus No. Const. Status Mediolani Lib. I tit. IV, Mediolani, apud Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxxx ad Instan. Xxxxxx Xxxxxxxx Xxxx, 1643, Praeludia, rispettivamente cap. VII, n. 23, p. 5, n. 2, p. 52 e n. 11, p. 53. Voci
La neutralizzazione del pentimento attraverso l’arbitrio, inteso come valvola di sfogo che presiede i rapporti e orienta le condotte68, era del resto un leitmotiv che accompagna le decisiones dei grandi tribunali dal XVI al XVII secolo. Tornando al Senato piemontese, tra le «caussae arduae» che giustificano il ricorso all’arbitrium le Novae Decisiones sacri Senatus pedemontani di Xxxxxxxx Xxxxxxx (1526-1593) contemplano la promessa de vendendo non accompagnata da forme solenni, ma assistita da inequivocabile volontà di impegnarsi («quod verbum volo denotat voluntatem cum effectu»), alla quale la corte centrale riconosce forza vincolante «ratione aequitate et circuitus evitandi», con il risultato di precludere il ricorso alla poenitentia e di costringere ciascuna delle parti a eseguire le prestazioni69. Pochi anni più avanti, anche il repertorio del Parlement di Dôle, pubblicato da Xxxx Xxxxxx de Perrigny (1560-1624) nel 1604, manifesta trame negoziali percorse da marcati tratti consensualistici («nihil tam congruum sit humanae fidei quam pacta servare») che incidono profondamente sul versante dello scioglimento del contratto («a quo postmodum nisi per contrariam mutuamque conventionem neuteri discedere possit»), ostacolando il più possibile la facoltà di sottrarsi al vincolo (così, in un contratto di soccida integrato da un patto aggiunto, rimasto pretestuosamente ineseguito)70.
Atteso che lo scioglimento del vincolo contrattuale doveva scaturire dalla volontà concorde delle parti, tale volontà estintiva concorde poteva nella prassi ben manifestarsi attraverso clausole ad hoc, utilissime soprattutto nei contratti nominati, alla cui vis coattiva non corrispondeva, però, altrettanta forza risolutoria. Era un modo efficace di far entrare ‘dalla finestra’ del patto aggiunto quello ius poenitendi uscito ‘dalla porta’ del consenso. Tra i molti esempi che si possono addurre a tale riguardo, basti pensare alla vendita, contratto nominato per eccellenza, con riferimento alla quale un practicus come Xxxx Xxxxxx, nella sua Iurisprudentia Romano-Germanica forensis, del 1670 (ne scrive anche una versione epitomata dal taglio manualistico, il kleine Xxxxxx, che circola nei tribunali), ricorda l’impossibilità di recedere unilateralmente se non attraverso clausole aggiunte, come la lex commissoria, oppure il patto «ut liceat intra certus tempus recedere a contracto»71.
L’incessante riflessione intorno ai pacta adiuncta al contratto nominato e, soprattutto, l’interesse per le clausole aggiunte di natura impugnatoria, non erano affatto nuovi e si saldano con il bisogno, molto sentito tra XVI e XVII secolo, di fare il punto della situazione sui risvolti pratici di una materia
biografiche di X. XXXXX e M.G. DI XXXXX XXXXXXX, in DBGI, rispettivamente vol. II, pp. 1757-1758, e vol. I, pp. 951- 952). Sulle ampie prerogative del Senato si rimanda a XXXXXXXX, Il Senato di Milano, cit., p. 167, e a MONTI, Iudicare tamquam deus, cit., in particolare pp. 121-123.
68 Sul legame tra officium ed aequitas (e così pure tra officium ed arbitrium) si rinvia a BIROCCHI, La questione sull’efficacia dei patti, cit., in particolare pp. 306-330, MILETTI, Tra equità e dottrina. Il Sacro Regio Consiglio e le Decisiones di Vincenzo De Franchis, Napoli, Jovene, 1995, in particolare pp. 65-81, e a X. XXXXXXXXXX, Arbitrium. Un aspetto sistematico degli ordinamenti giuridici in età di diritto comune, Milano, Xxxxxxx, 1998, pp. 299-306 (nonché ID., Arbitrium iudicis und officialis im ius commune: ein Instrument für die Vermittlung zwischen einem allgemeinen Recht und der örtlichen Realität (XIV.-XVI. Jahrhundert), in «Zeitschrift der Savigny-Stiftung für Rechtsgeschichte», 115 (1998), pp. 552-565). Il tema delle radici storico-giuridiche dell’officium, strettamente connesse al ricorso all’aequitas e al rischio di abusi nel suo esercizio, è stato di recente affrontato da X. XXxXX, Si iudex non facit iustitiam. Equity (aequitas, billichkeit) reconsidered, in Justice and Unjusticiability. Perspectives between History and Comparison, edited by X. XXXXXXXXX, X. XXXXXX, Zürich, LIT Verlag, 2019, pp. 43-75.
69 X. XXXXXXX, Novae Decisiones sacri Senatus pedemontani, Francofurti, profectae in Officina Paltheniana, 1598, dec. 233, ff. 545-547, nn. 1-3, rispettivamente nn. 7, 2 e 3 per le citazioni. Sulle «causse arduae» che consentono di procedere con arbitrium, cfr. dec. 61, ff. 169-171, n. 4, f. 171 (sul punto cfr. CASANA, Un esempio di Corte suprema nell’età del diritto Comune, cit., pp. 50-54).
00 X. XXXXXX XX XXXXXXXX, Decisiones celeberrimi Sequanorum Senatus Dolani, Lugduni, 1604, qui consultato nell’edizione Divione, apud Arnaldum Xxxxxxx-Xxxxxxxxx Xxxx, 1731, rispettivamente dec. 72, ff. 238-242, n. 25, f. 241 (la sentenza è riportata anche da MILETTI, Stylus iudicandi, cit., pp. 129-130) e dec. 38, ff. 140-145, n. 3, f. 141, laddove però Xxxxxx segnala altresì la diversa ipotesi del furto di bestiame in guerra, che, costituendo fattispecie di forza maggiore, esula il soccidario al risarcimento dei danni, anche in presenza di apposito patto «ad mediam lucri et damni partem» (sul Grivel cfr. H. XXXXXXX, Grivel, Xxxx, in Dictionnaire historique des juristes français, cit., p. 386).
71 G.A. STRUVII, Iurisprudentia Romano-Germanica forensis, Xxxxx, sumptibus Societatis, 1670, qui consultata nell’edizione Xxxxx, typis Xxxxxxx Xxxx, 1675, lib. II, tit. XI, de contractibus consensualis in genere, et in specie de empt.- venditione, §§ 14-15, pp. 587-588 e p. 612.
delicata come lo scioglimento unilaterale all’interno del farraginoso sistema del tardo diritto comune. In quel collage della giurisprudenza di oltre cinquanta tribunali, italiani e stranieri, che è la Compilatio totius iuris controversis del xxxxxxxxxx Xxxxxxx Xxxxxxx Xxxxx (1559-1629), è dato imbattersi in una sentenza della Rota romana che consente di agire contro la parte inadempiente con un patto espresso «ad caducitatem». Sempre Xxxxx attesta analogo indirizzo, con particolar riferimento alla vendita, nella giurisprudenza del tribunale camerale tedesco72.
Non stupisce, pertanto, che nel florilegio di prontuari scritti sugli inizi del Seicento per dare risposta ai casi dubbi, le Practicarum quaestionum iuris in omni Foro frequentiores del cardinale Xxxxxxxx Xxxxxx (1535-1620) presentino la lex commissoria come il rimedio più efficiente per consentire a una parte di ritirarsi dal contratto inadempiuto73. Ma l’impossibilità dei contratti nominati di reagire con lo scioglimento del rapporto alla mancata esecuzione della prestazione è registrata anche nelle Vaticanae Lucubrationes de tacitis et ambiguis conventionibus, laddove Xxxxxxxxx Xxxxxxx (1534-1614) riassume i termini del problema distinguendo il contratto nominato (ove
«recedere non potest») da quello integrato dal patto «gratia poenitentia» (ove «potest recedere»)74.
Seguendo tali direttrici – ostilità nei confronti della risoluzione unilaterale, penitenziale e impugnatoria, ove non concordata in un patto espresso – il diritto dell’usus fori mostra la sua progressiva emancipazione dalle limitationes con cui giustificare lo sbarramento della poenitentia in tutti quegli schemi negoziali che, regulariter, l’avrebbero consentita. Si tratta di una tendenza comune di riscrittura della regole negoziali presente anche laddove si sarebbe portati a rintracciarla più avanti, sul finire dell’antico regime, se è vero che il Theatrum veritatis et iustitiae di Xxxxxxxx Xxxxxxxx Xx Xxxx (1669-1673), chiudendo la lunga fase del mos italicus, fatta di ricorso alle fallentiae (prima) e al potere equitativo dei giudici (poi), attribuisce forza vincolante a qualunque patto nato dal consenso («ex pacto nudo actio competit»), perché, si legge all’interno di un discursus molto noto sulla promessa di pagamento di un debito del terzo,
Xxxxx, siquidem a foro, ob dictas limitationes in suis casibus veras exulasse videntur subtilitates iuris civilis circa distinctionem inter pacta nuda et stipulations, sed principaliter attenditur substantia veritatis […]75.
La tendenziale impermeabilità dei contratti di età moderna alla volontà unilaterale estintiva marca di sé anche la riflessione francese sul consenso, i cui indirizzi sono riassunti, sul finire del Seicento, nelle Loix civiles (1689-1693) con cui Xxxx Xxxxx rassegna le linee-guida in materia di resolution des conventions. In questo diritto comune che volge alle battute finali e che denota una convergenza di fondo intorno al principio del mutuo dissenso, l’ordine razionale delle Loix civiles si avvicina, quasi sovrapponendosi, al resoconto pratico dello Specimen usus moderni, laddove il consentement, sovraordinato e ordinante le relazioni contrattuali, convive con quegli espedienti – condizioni,
72 Cfr. G.A. XXXXX, Compilatio totius iuris controversi ex omnibus decisionibus orbis, Venetiis, apud Iuntas, 1620, vol. III, contractuum materiam continens, rispettivamente tit. contractus, cap. 37, f. 45a, e tit. emptio venditio, cap. 69, f. 156b.
73 X. XXXXXX, Practicarum quaestionum iuris in omni Foro frequentiores, romae, ex Typographia Xxxxxxx Xxxxxxxx, vol. VI, lett X., voce pacta, concl. 15, pactum legis commissoriae, ff. 151-18 (cfr. X. XXXXXXXXX, Xxxxxx, Xxxxxxxx, in DBGI, vol. II, pp. 1971-1972, e X. XXXXXXX, Le “Practicarum conclusiones” del Toschi: uno schedario della giurisprudenza consulente, in Giustizia, potere e corpo sociale nella prima Età moderna. Argomenti nella letteratura giuridico-politica, a cura di X. XX XXXXXXXXXX, I. XXXXXXXX, Bologna, Clueb, 1994, pp. 37-53).
74 X. XXXXXXX, Vaticanae Lucubrationes de tacitis et ambiguis conventionibus, Romae, ex Typographia Vaticana, 1609, vol. I, lib. I, tit. IX, de contractinus innominatis correspectivis, ff. 648-649, n. 22, f. 649b.
75 G.B. XX XXXX, Theatrum veritatis et iustitiae, vol. VIII, de credito et debito, creditore, et debitore, Romae, typis Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx, 1671, disc. 74, pp. 274-277, rispettivamente n. 6, p. 275, e n. 9, pp. 275-276 (sul punto cfr. BIROCCHI, La questione dell’efficacia dei patti, cit., pp. 334-337, ma la posizione del De Luca era stata segnalata, per primo, da X. XXXXXXX, Storia del diritto italiano dalla caduta dell’impero romano alla codificazione, vol. IV, Torino, Utet, 1893, p.
451. Voci biografiche di X. XXXXXXXXX, Xx Xxxx, Xxxxxxxx Xxxxxxxx, in Dizionario Biografico degli Italiani (d’ora in poi DBI), Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, vol. XXXVIII, 1990, pp. 340-346, nonché di I. BIROCCHI, E. FABBRICATORE, Xx Xxxx, Xxxxxxxx Xxxxxxxx, in DBGI, vol. I, pp. 685-690. Cfr. anche A. DANI, Un’immagine secentesca del diritto comune. La teoria delle fonti del diritto nel pensiero di Xxxxxxxx Xxxxxxxx Xx Xxxx, Bologna, Monduzzi, 2008).
restrizioni, riserve – attraverso i quali le parti, nel dar forma alle relazioni tra privati, che «sont arbitraires» e «se diversifient selon les besoins»76, decidono concordemente di sminuirne la forza vincolante. Scrive infatti Domat che:
Les conventions qui ont subsisté peuvent se resoundre, ou par le consentment des contractants qui changent de volonté: ou par l’effet de quelque pacte, qui soit dans le conventions même, come d’une faculté de rachat, d’une clausole resolutoire: ou par l’évenement d’une condiction […]77.
Centralità della comune volontà costitutiva, che osteggia estinzioni unilaterali, da un lato, e strumenti per adattare i negozi privati all’intreccio delle relazioni umane (se del caso consentendo a una parte di sciogliere il contratto unilateralmente), dall’altro, conducono Domat alle soglie della convergenza con Xxxxx: le due opere, del resto, vengono alla luce negli stessi anni e respirano il medesimo afflato. Quasi, ma non del tutto, però, se è vero che, nel passaggio delle Loix civiles poco sopra citato, accanto alle fonti pattizie estintive compare altresì l’évenement d’une condiction: quel rimedio eccentrico rispetto al ‘blocco’ tedesco, con il quale il sistema francese di età moderna risponde all’inadempimento individuando, nei contratti bilaterali, una condizione risolutiva – logicamente e funzionalmente preordinata alla loro costituzione, come tale sottesa e dunque implicita
– che sottrae una parte dall’obbligo di eseguire la prestazione ove l’altra non faccia altrettanto, sulla scorta, si ritiene, del principio frangenti fidem di canonistica memoria, poi filtrato dalla giurisprudenza dei pays de droit coutumier e quindi approdato in quella dei pays de droit ecrit78.
Senza tornare sulla questione, molto investigata, della sua origine, importa qui precisare che la condiction résolutiore sous-entendue, nel Seicento ormai sedimentata e trasfusa all’interno delle raccolte di diritto consuetudinario e destinata a condizionare il droit civil nell’età della codificazione79, rappresenta sì la risposta precipuamente francese all’inadempimento, ma al
76 «Comme les conventions sont arbitraires, et se diversifient selon les besoins, on peut en toute sorte des conventions, de contracts, et de traittez ajoûter toute sorte de pactes, conditions, restrictions, reserves, quittances generales, et autres, qui pourvû qu’il n’y ait xxxx xx xxxxxxxxx xxx xxxx, xx xxx xxxxxx xxxxx» (X. DOMAT, Les Loix civiles dans leur ordre naturel, Paris, chez Xxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxx, Imprimeur et Libraire ordinaire du Xxx, 1689, lib. I, tit. I, sec. IV, de diverses sortes de pactes qu’on peut ajoûter aux conventions: et particulierement des Conditions, § 1, p. 88, nonchè la condiction résolutoire e le clausoles reésolutoires, rispettivamente §§ 8-9, p. 92, e §§ 18-19, pp. 96-97). Vita e opere di Domat in M.-X. XXXXXX-XXXXXX, Xxxxx Xxxx, in Dictionnaire historique des juristes français, cit., pp. 254-256, alla cui bibliografia si rimanda.
77 DOMAT, Les Loix civiles dans leur ordre naturel, cit., lib. I, tit. I, sec. XX, xx xx xxxxxxxxxx xxx xxxxxxxxxx, § 0, pp.
105-106.
78 Per una bibliografia di massima sulla condizione risolutiva implicita, xxx. X. XXXXXXX, Xx xxxxx xxxxxx xx xx Xxxxxx, et la Coutume de Paris réduits en principes, vol. X, Xxxxx, Xxxxxx, Xxxxxx, 0000, l. III, tit. IV, cap. IX, n. 2, pp. 485-486; X. XXXXXXXXX, Cours de Code Napoléon, vol. XXV, Traité des contrats ou des obligations conventionelles en général, vol. II, Paris, Xxxxxxx Xxxxxx-X. Xxxxxxxx et X.xx, 18692 (I ed. Paris, Xxxxxx-L. Hachette et X.xx, 1868), che ne ricostruisce l ‘approdo’ nel code civil partendo dal diritto romano, §§ 481-487, pp. 453-460; X. XXXXX, Recherches historiques sur la résolution des contrats (origines de l’Article 0000 X. Xxx), Xxxxx, Xxx Xxxxxxx Xxxxxxxxxxxxxx xx Xxxxxx, 1924, pp. 209-406. Sempre utile, per fare chiarezza, XXXXXXXX, Risoluzione (diritto intermedio), cit. Tra i contributi più recenti cfr. R.E. CERCHIA, X. XXXXXX VINCENTI, Itinerari europei in favore della risoluzione by notice: una prospettiva storico-comparativa, in Un giurista di successo. Studi in Onore di Xxxxxxx Xxxxxxx, a cura di X. XXXXXX, X. XXXXXXX,
X. XXXXX, X. XXXXXXXXX, Milano, Xxxxxxx, 2017, vol. II, pp. 971-1009; nonché X. XXXXX, Tra Europa e America Latina. Il “ripudio” della condición resolutoria implícita nel Código Civil argentino (1869): radici, modelli, convergenze e divergenze, in «Historia et ius», 11 (2017), paper 11, in particolare § 2, pp. 3-4.
79 Una delle più precoci manifestazioni della condiction sous entendue si rinviene, per quanto mi risulta, nell’arrêt con cui il Parlement di Tolosa, nel 1557, considera implicita la clausola di buona fede che consente alla parte virtuosa di sciogliersi dal contratto bilaterale, «par souci d’équité», quanto la controparte non osservi gli impegni assunti consentendo al «vendeur d’un fonds», nella specie, di reagire al pagamento parziale con il ritiro dal contratto (cfr. X. XX XXXXXXX, Notables et singulières questions de droit écrit, jugées au Xxxxxxxxx xx Xxxxxxxx, xxxxxxxxx xxxx xx Xxxxxxxx xxx xxxxxx Xxxxxxxxx xx Xxxxxx, vol. I, Toulouse, chez Xxxxxxxx Xxxxxxx, Xxxx-Xxxxxxxx Xxxxxx, 1751, lib. II, cap. XLV, pp. 140- 141). Si tratta di un indirizzo giurisprudenziale che, di lì a poco, sarà recepita dagli altri grandi tribunali del regno, soprattutto quello della capitale, e che influenzerà la redazione della Coutume parigina del 1580 (cfr. Coustumes de la Prevosté et Vicomté de Paris, mises et redigees par escrit, en presence de gense des trois Estats de ladite Prevosté &
contempo, recependo gli indirizzi di una pratica contrattuale comune, non segna linee di taglio con il generale contingentamento del dissenso unilaterale. Non è un caso, infatti, che la condizione sottintesa escluda risoluzioni automatiche, affidando la ‘gestione’ del contratto inadempiuto al giudice, e non a una delle parti altera nolente (ci si tornerà)80.
Se queste sono le coordinate di fondo, pare allora possibile riassumere i tratti comuni del diritto dei recessi, e in particolare di quelli penitenziale e impugnatorio, che l’età moderna consegna al nuovo ordine. In sintesi: lo ius poenitendi viene negato, a prescindere dal fatto che il regolamento contrattuale sia provvisto o meno di nome (laddove, peraltro, la distinzione permanga), salva la possibilità di consentire il ripensamento con un patto ad hoc81. Sul fronte del recesso impugnatorio, che è tema diverso ma connesso al pentimento vero e proprio, si ribadisce il favore diffuso per il ricorso a patti espressi che consentano alla parte virtuosa di reagire all’inadempimento con la risoluzione unilaterale (facoltà de iure non ammessa nei contratti nominati); ovvero, ma in ambiti territoriali circoscritti, di ricorrere a forme estintive implicite, sì, ma accompagnate da un livello di cautele tali da confermare la diffidenza generale nei confronti del recesso automatico.
3.3. Consenso e volontà comune al tramonto dell’antico regime.
Nel passaggio del testimone da un secolo all’altro si giunge, senza troppi scossoni, al Settecento, che vede i giuristi impegnati a traghettare la forza di legge dell’accordo nella battaglia per la codificazione. Entro il caleidoscopio delle ultime grandi sistemazioni di antico regime, un esempio significativo, sebbene poco conosciuto, di tali approdi è rappresentato dalla raccolta del diritto privato passata alla storia con il nome di Codex Xxxxxxxxxxxxx Xxxxxxxxx Civilis, del 175682. Vi si ritrovano, infatti, l’ostilità al ripensamento nei contratti innominati, ormai assimilati alla categoria dei contractus consensuales (essendo necessario, per il loro perfezionamento, il puro e semplice incontro di volontà delle parti)83. Il generale favore per il mutuo dissenso (beiderseitiger Abweichung), sul presupposto per cui non vi sia nulla di più naturale e ragionevole che i rapporti si sciolgano nello
Vicomté, par nous Chrestophle de Thou premier President, Xxxxxx Xxxxxxxxx, Xxxxxxx Xxxxxxxx, Xxxxxx Xxxxx et Xxxxxx xx Xxxxxxxx, Conseilluers du Xxx en sa Cour de Parlament, et Commissaires par xxx xxxxxxxx, Paris, chez Xxxxxx du Puis, Libraire juré à la Samaritaine, 1581, art. CLXVVI e CLXXVII. Si vedano anche X.-X. XXXXXX, Histoire de la coutume de la prévôté et viconté de Paris, Paris, X. Xxxxxx, 1922-1930, qui consultato nella ristampa anastatica Paris, Éditions Cujas, 1972, nonché, di recente, X. XXXXXXXX, X. XXXXXXXX-XXXXXXX, X. XXXXXX, Rédaction des coutumes et territoires au XVIe siècle. Paris et Montfort-L’Xxxxxx, in «Revue d’histoire moderne & contemporaine», 59.2 (2012), pp. 7-55 (sulle coutumes si rimanda, più in generale, a X. XXXXXXXXXXXX, La coutume dans le droit français des pays de coutumes aux XVIe, XVIIe et XVIIIe siécles, in «Recueils de la société Xxxx Xxxxx», vol. LII, La coutume, Bruxelles, De Xxxxx, 1990, vol. II, Europe occidentale médiévale et moderne, pp. 271-293, e X. XXXXXX, Voluntas Xxxxxx regis in suo regno facit ius. Le roi de France et la coutume, in El dret comu i Catalunya, edicción de A. IGLESIA FERREIROS, Barcelona, Associació Catalana d’Historia del Dret, 1998, pp. 59-89).
80 Infra, § 3.4, note 108-111, 115-117 e testo corrispondente.
81 Rimane ferma, però, la disciplina eccezionale per i contratti che prevedano l’onus gerendi, i quali, stipulati nell’interesse di una parte, possono da questa essere sciolti.
82 Consolidazione, più che codice (perché etero-integrabile), il Codex del 1756 fu realizzato da Xxxxxxxxxxxx Xxxxxxxx XXX di Baviera grazie al lavoro del suo operoso cancelliere, Xxxxxxxx Xxxxx Xxxxx xxx Xxxxxxxxxx (1705-1790): cfr. X. XXXXXXXXX, X. XXXXXXX, Neuere deutsche Privatrechtsgeschichte im Rahmen der europäischen Rechtsentwicklung, Xxxx-Xxxx, Xxxx, Xxxx, 00000 (I ed., Baden, Lahr, 1954), trad. it. X. XXXXXXXXXX, M.C. DALBOSCO, Padova, Cedam, 1999, p. 212.
83 Codex Maximilianeus Bavaricus Civilis, Oder Neu Verbessert- und Ergänzt-Chur-Bayrisches Land-Recht, München, gedruckt von Xxxxxx Xxxxx Xxxxxx, Churfüstl. hof-und Landschaft.-Buchdruckern, 1756, t. IV, kap. XII, von unbenannten Contracten, insonder heit von dem Tausch, und Contractu Aestimatorio, dann dem Spiel, Wettung, Wechsel, und anderen dergleichen Conventionen, § 1, pp. 434-435). Per una disamina dei principi generali in tema di diritto dei contratti – riassumibili in quello del consenso (§§ 5-7, pp. 313-315) – cfr. X. XXXXXXXXX, ‘General Principles’ of Contract Law in Transnational Instruments, in English and European Perspective on Contract and Commercial Law. Essays in Honour of Xxxx Xxxxx, edited by X. XXXXXXXX, X. XXXXXXXXX, Oxford and Portland, Oregon, Xxxx Publishing, 2014, pp. 291-317, in particolare pp. 293-294.
stesso modo in cui si sono stretti. E poi la forza vincolante del contratto, le cui prestazioni possono essere sospese fino alla controprestazione, con l’exceptio non adimpleti contractus, ma mai poste nel nulla dalla parte insoddisfatta con la risoluzione unilaterale; e infine il ricorso eccezionale a strumenti (come la lex commissoria) in grado di dare alternativa all’azione in adempimento, che in loro mancanza rimane l’unica strada percorribile84.
A manifestare in modo più marcato tali tratti è la disciplina riservata alla compravendita (Kauf) che, senza nemmeno prendere in considerazione il ripensamento, esclude altresì ipotesi generalizzate di recesso impugnatorio, non prevedendo alternativa all’actio empti-venditi, salva la facoltà di ricorrere a patti aggiunti (diem addictio, lex commissoria e retrovendita) per consentire a una parte – ma con il consenso di entrambe – di ritirarsi dal rapporto85. Escluso dalla parte generale, ove domina il mutuo dissenso, lo scioglimento unilaterale e le sue declinazioni operative sopravvivono tra i meandri della parte speciale, nel dedalo dei recessi legali, per ipotesi ben precise, ereditate dal diritto intermedio, che la consolidazione bavarese ripropone: così, ad esempio, l’abbandono di matrice determinativa nella locatio perpetua (cap. VI, §§ 16-18) o, ancora, quello impugnatorio nella società (cap. VIII, § 12-14)86.
Sul finire dell’antico regime, il principio del rispetto dei patti e della loro necessaria esecuzione viene ribadito nel ben più noto ALR prussiano, del 1794, le cui disposizioni generali in materia di scioglimento del contratto (Aufhebung, tit. V, sez. IX) consentono l’‘abbandono’ unilaterale solamente in caso di frode (Betrug, §§ 349-350), ovvero quando il mutamento delle circostanze determini l’oggettiva impossibilità di eseguire le prestazioni o privi di ogni scopo l’operazione sottesa al negozio (Zweckvereitelung, §§ 377-380)87. Al di fuori delle ipotesi rescissorie, non vi è alcuno spazio per forme di ritiro monodirezionale (sez. VIII, §§ 271 e 285), perché i contratti si sciolgono solo ed esclusivamente con il mutuo dissenso (wechselseitige Einwilligung) (sez. IX, § 385), a meno che le parti non abbiano previsto, di comune accordo e per iscritto, patti aggiunti relativi all’estinzione del vincolo (§ 388)88. Destino analogo al recesso penitenziale incontra quello impugnatorio, dal momento che l’adempimento mancato o non prestato correttamente non consente all’altra parte di
84 «Es ist wol der Natur und Billichkeit nichts so gemäß, als daß die Sachen auf die nemliche Art, wie sie zusammen gekommen send, wiederum auseinander gehen, solchemnach wird auch Die einseitige Reu oder Abweichung hingegen hebt die Verbindlichkeit nicht auf, sondern raumt dem anderen Theil nur Exceptionem non impleti Contractus» (Codex Xxxxxxxxxxxxx Xxxxxxxxx Civilis, cit., t. IV, kap. XV, von denen übrigen Modis solvendi Obligationum, benanntlich der Compensation, Confusion, Novation, Delegation, Satisfaction, Assignation, Liberation, Renunciation, Contravention, Untergang oder Mutation, in integrum Restitution, und anderen mehr, § 11, pp. 467-468, citazione a p. 468).
85 Ivi, rispettivamente kap. III, von Contractibus Consensualibus, sonderbar von dem Kauf (Emptione, Venditione) überhaupt, § 18, p. 343 (in caso di lesione ultra dimidium, invece, la parte lesa può scegliere tra la rescissione e il risarcimento, §§ 19-20, pp. 343-345) e kap. IV, von allerhand besonderen Käuffen, §§ 13-15, pp. 356-359).
86 Ivi, rispettivamente kap. XX, xxx xxx Xxxx-Xxxxx-Xxxxx-Xxxxx-xxxx Xxxxxxxxxxxxxxxx, §§ 00-00, pp. 000-000 x xxx.
XXXX, xxx xxx Xxxxxxxxx- xxxx Xxxxxxxxxxxx-Xxxxxxxx, §§ 00-00, pp. 409-410.
00 Xxx. Xxxxxxxxxxx Xxxxxxxxx für die Preußischen Staaten, Berlin, von der Buchhandl des kön.-xxxxxx.-geh.- Commercien-Rathes Pauli, 1794, t. I, tit. V, von Verträgen, sez. IX, Aufhebung der Verträge, rispettivamente I) wegen Betrug, §§ 349-350, p. 000, x XXX) xxxxx xxxxxxxxxxx Xxxxxxxx, §§ 000-000, p. 105. L’impossibilità sopravvenuta dà luogo al solo risarcimento dei danni: cfr. II) Unmöglichkeit der Erfüllung, § 360, p. 103. Storia e contenuti del diritto generale territoriale degli stati prussiani in X. XXXX, Das Privatrecht im „Allgemeinen Landrecht für preußischen Staaten“, in «Archiv für die civilistische Praxis», 194 (1994), pp. 521-542; X. XXXXXXXXXXX, Zwischen Tradition und Fortschritt. Zum zweihundertsten Geburtstag des Preußischen Allgemeinen Landrechts von 1794, in «Juristische Schulung», 6 (1994), pp. 456-460; X. XXXXXXXXX, Neue Europäische Rechtsgeschichte. Privat- und Strafrecht vom Mitteralter bis zur Modern, München, Xxxx, 2012, pp. 204-214; X. XXXXXXXXX, Das Preußische Allgemeine Landrecht und seine staatsrechtlichen Normen. Über die Funktion der Rechtssätze des Allgemeinen Staatsrechts in ABGB und XXX xxxxx xxx Xxxxxxxxx xxx xxxxxxxxxxxxxxxxx Xxxxxxxxx, Xxxxxx, Xxxxxxx & Xxxxxxx, 0000.
00 Xxxxxxxxxxx Xxxxxxxxx für die Preußischen Staaten, cit., t. I, tit. V, sez. IX, IV, durch wechselseitige Einwilligung,
§§ 385-392, pp. 106-107, in particolare §§ 385, 387 e 388, p. 106 e tit V, sez. VI, Nebenbestimmungen bei Verträgen, § 226, p. 57). Nel regolare il contrario consenso, il § 385 fa riferimento al contratto concluso ma non ancora adempiuto («Durch wechselseitige Einwilligung kann ein zwar schon geschlossener, aber noch nicht erfüllter Vertrag, wieder aufgehoben werden»), perché, come noto, l’ALR prevede la traditio per i contratti a effetti reali.
recedere dal contratto (§ 393), ma costringe a insistere in via giudiziale per l’adempimento, oppure a chiedere, sempre ope iudicis, il risarcimento dei danni (§ 394)89.
Tutto questo in xxx xxxxxxxx, xxxx, xxxxxx xx xxxxxxxxx xxxxxxxxx xxxxxxxx una ricca carrellata di estinzioni unilaterali nella parte speciale: così è per il recesso a effetto rescissorio nel contratto di scambio (Tausch), in caso di sproporzione tra valore e prezzo della cosa (tit. XI, sez. II, § 365); rescissorie, altresì, le molteplici ipotesi di impossibilità sopravvenuta nel contratto di prestazione d’opera (sez. VIII, §§ 879-863), il quale contempla anche il recesso impugnatorio, quando una delle parti rifiuti di adempiere (§ 878), ovvero per incapacità del lavoratore salariato nel contratto a termine (§ 907); ovvero, ancora, il recesso determinativo, per entrambe le parti, quando la locatio operis non preveda una durata massima (§ 905)90.
Su posizioni non dissimili intorno allo scioglimento delle relazioni contrattuali si era assestata la scienza giuridica francese settecentesca, a dispetto della tralatizia rappresentazione che la contrappone all’area tedesca sulla base dell’equazione, semplicistica ed erronea, tra previsione della condizione risolutiva implicita e predilezione per i rimedi estintivi unilaterali. La résolution prevista dalla condition tacite, scrive Xxxxxxxx Xxxxxxx († 1751) nel Droit commun de la France, non consente infatti alla parte lesa dall’inadempimento di agire «par voie de fait», ma richiede l’intervento del giudice e il contraddittorio tra le parti, dal momento che (si legge nella seconda edizione dell’opera, del 1770) «c’est souveraine équité»91. Espressione della medesima equità a cui il rimedio implicito risponde è, altresì, il principio che rintraccia nell’accordo il momento dal quale non è più lecito ricorrere allo ius poenitendi92, ferme però le note eccezioni riconosciute dalla legge nel definire la silhouette delle singole figure contrattuali, come per esempio la società, risolvibile da chiunque
«avant le terme stipulé», sulla scorta del principio per cui, se »la concorde est l’ame de toute société, que par conséquent nul ne doit rester associé malgré lui»93.
Sul nesso tra consenso e volontà comune torna Xxxxxxx, condensando l’itinerario compiuto dalla giurisprudenza (dottrinale e pratica) francese di diritto intermedio con i principi generali della riflessione giusnaturalistica, che tali spunti pratici aveva accolto nel sistema di principi generali desunti dalla ragione umana. Adesione al consenso significa anzitutto, leggiamo nel Traité des obligations, del 1761, che il contratto «peut se résoundre par un consentement contraire des mêmes parties, suivante de principe de droit, nihil tam naturale est, quaeque eodem modo dissolvi quo colligata sunt»94. Tale principio, già fatto proprio da Xxxxxxxxx, perché orientato a quella ragione di cui il diritto romano è espressione95, trova conferma nei trattati di Xxxxxxx sui contrats, la cui disamina rivela però – ma a questo punto non dovrebbe più stupire – come i singoli tipi conoscano una disciplina forgiata su un equilibrio tra consenso e dissenso assai più delicato di quanto la teoria generale del contratto darebbe sulle prime ad intendere.
89 Ivi, sez. IX, V, wegen Xxxxxxx der Xxxxxxxxx xxx xxx xxxxxx Xxxxx, § 000 x § 000, x. 000.
00 Xxx, xxx. XI, rispettivamente sez. II, vom Tauschvertrage, § 365, p. 318, e sez. VIII, von Verträgen, wodurch Xxxxxx gegen handlungen; oder handlungen xxxxx xxxxxxxxxx xxxxxxxxxxx xxxxxx, xx xxxxxxxxxxx § 000, x. 000, x §§ 000-000, pp. 387-388.
00 Xxx. X. XXXXXXX, Xx xxxxx xxxxxx xx xx Xxxxxx et la Coutume de Paris réduits en principes, Paris, chez Grangé, Rouy, 1747, vol. I, lib. III, tit. IV, cap. IX, § III, p. 423 e ID., Le droit commun de la France, Paris, chez Grangé, Cellot, 1770, p. 486 (sul lascito di Bourjon si rinvia a X. XXXXXXXXX-XXXXXXXX, Xxxxxxx et le Code Civil, Paris, Klinksieck, 1971, a cui si deve anche la voce biografica del giurista francese (EAD., Xxxxxxx Xxxxxxxx) in Dictionnaire historique des juristes français, cit., pp. 126-127).
92 «Donec enim aliquid deest ex his, et poenitentie locus est, et potest emptor vel venditor sine poena recedere ab emptione et venditione, Inst. de empt. C. vendit» (BOURJON, Xx xxxxx xxxxxx xx xx Xxxxxx, cit., [1747], vol. I, lib. III, tit. IV, cap. IV, sez. II, § III, p. 414).
93 Ivi, tit. VII, de la société, cap. VI, de la dissolution de la sociétè, sec. I, §§ XIX e XXI, p. 417.
94 R.-X. XXXXXXX, Traité des obligations, vol. I, Paris, chez Xxxxxx l’aîné/Orleans, chez Xxxxxxx-Xxxxxxx, 1761, parte I, cap. I, sez. I, art. V, § III, n. 73, pp. 88-92, citazione a p. 89.
95 Per ulteriori riflessioni sui nessi tra le formanti del diritto privato nei Traités si rinvia a J.-X. XXXXXXX, Xxxxxxx, le droit romain et le droit naturel, in Les Grandes juristes. Actes de journées internationales de la Société d’Histoire du Droit, Aix-en-Provence, 22-25 mai 2006, Aix-en-Provence, PUAM, 2006, pp. 113-128.
Basti qui qualche esempio chiarificatore, partendo dalla vente. Scrive Xxxxxxx che la vendita – analogamente a tutti gli altri contratti bilaterali – si perfeziona e si scioglie con l’incontro delle volontà, e quindi presuppone il consentement mutuel anche nelle sue vicende estintive, e che tale consentement opera de plein droit, per esempio, quando il contratto «ne pas encore ni d’une parte ni de l’autre reçu son exécution» (§ 326). Con il consentement mutuel, poi, le parti possono «se déporter» anche qualora «le contrat n’ai reçu qu’une partie de son exécution» (§ 328)96. Accanto a tale ipotesi di risoluzione, recuperata dalla coutume di Orléans (del cui commentario è autore)97, Xxxxxxx rivela una spiccata predilezione per il recesso convenzionale, sia di natura rescissoria (contro la lesione enorme), sia di matrice penitenziale (che emerge, ad esempio, nella vendita con patto di riscatto o con patto di retrovendita), sia impugnatorio (patto commissorio)98.
Analoga propensione a integrare il regolamento negoziale con patti risolutori si rinviene nel traité dedicato alla locazione, a cominciare da quella di cose, che conosce ipotesi di uscite unilaterali di fonte legale, in particolare per reagire all’impossibilità sopravvenuta e alla forza maggiore. Nel louage d’ouvrage, poi, lo scioglimento del vincolo «par la volontè de l’une des parties» opera di diritto con finalità schiettamente penitenziali: è il caso del ripensamento del locatore d’opera, che può in ogni momento «résoudre le marché», scrive Xxxxxxx, «s’il ne juge plus à propos de faire faire l’ouvrage», secondo modalità (una previa comunicazione e l’indennizzo) destinate a fornire gli schemi operativi del licenziamento ad nutum nel secolo successivo99. Ci si tornerà.
Fattispecie rescissorie, ma soprattutto determinative e impugnatorie, percorrono poi la trama del contratto di società, la cui «dissolution» per volontà unilaterale si differenza a seconda che il rapporto venga stretto «sans aucune limitation de temps» ovvero per un «certain temps limité», nel primo caso essendo sufficiente che l’associé notifichi di non intendere più «demeurer en societé», nel secondo richiedendosi invece «quelque juste sujet de quitter la societé avant le temps», tra i quali spicca l’altrui inosservanza degli obblighi derivanti dal contratto100.
3.4. Xxxxxxxx e dissenso nei codici: un chiasmo tra parte generale e parte speciale.
Con la fine dell’antico regime e l’ingresso nel XIX secolo, il grande ‘nodo’ sullo scioglimento unilaterale dei contratti si ripropone nei primi codici civili, il cui articolato consente di rinvenire un dato a prima vista inaspettato, ma solo si vuole continuare a insistere sulla contrapposizione tra blocchi, perché, a ben vedere, le soluzioni approntate negli ordinamenti nazionali per sciogliere i contratti manifestano tendenziale convergenza. Nell’area austro-tedesca si registrano, da un lato, soluzioni protese a mantenere in vita il vincolo contrattuale, escludendo il ricorso al recesso, salvo consentirgli di operare in via eccezionale nei recessi legali. Sul versante francese, dall’altro lato, ogni
96 «Lorsque le contrat de vente n’a reçu qu’une partie de son exécution, comme si la chose vendue a été livrée sans que le prix ait encore été payé […] les parties peuvent encore par leur consentement mutuel se déporter du contrat» (R.-
X. XXXXXXX, Traité du contrat de vente, Paris, chez Debure l’aîné/Orleans, chez X. Xxxxxxx-Xxxxxxx, 1762, vol. I, parte IV, cap. II, sez. I, nn. 326 e 328, rispettivamente pp. 344 e 346.
97 «Àpres la tradition, tant que le contrat n’est pas exécuté de la part de l’acheteur, par le payement entier du prix, les parties peuvent bien encore se désister du contrat de vente […] La raison […] est que le contrat de vente, tant qu’il ne consiste que dans le droit qui naît du consentement des parties, peut bien être anéanti par un consentement contraire, parce que omnia quae iure contrahitur, contrario iure pereunt L. 100 ff de Reg. Iur.» (R.-X. XXXXXXX, Coutumes des duché, bailliage et prévôté d’Orléans et ressorts d’iceux, Orleans, chez Xxxx Xxxxxxx-Montaut, 1760, vol. I, cap. V, tit. I, art. 1, n. 131, pp. 65-66).
98 XXXXXXX, Traité du contrat de vente, cit., vol. I, parte V, sezz. II-V, pp. 349-480.
00 X.-X. XXXXXXX, Xxxxxx du contrat du louage, selon les regles du for de la conscience, que du for extérieur, Xxxxx- Xxxxxxx, xxxx Xxxxxxx-X. Xxxxxxx-Xxxxxxx, 0000, rispettivamente, per la locazione, di cose, parte V, sez. I, art. II, nn. 309-316, pp. 000-000 x xxx. XX, xxx. X, §§ 0, n. 325, pp. 296-297, nonché, per la locazione d’opera, parte VII, cap. IV, §§ 2, n. 440, pp. 391-392.
000 X.-X. XXXXXXX, Xxxxxx du contrat du contrat du societé, selon les regles du for de la conscience, que du for extérieur, Paris-Orleans, chez Deburre-X. Xxxxxxx-Montaut, 1767, cap. VIII, § IV, de la volonté de n’être plus en societé, rispettivamente n. 149, p. 142, e n. 152, pp. 145-146.
apertura generalizzata al ‘ritiro’ viene sacrificata in nome del dogma del consenso, relegando il recesso (nella specie, quello impugnatorio) entro i confini della condizione risolutiva implicita, che opera senza risolvere il contratto di diritto e attraverso limiti e cautele, salve le ipotesi di ‘uscita’ unilaterale previste nei singoli tipi contrattuali.
Vediamo qualche esempio concreto. Sulla scia delle consolidazioni bavarese e prussiana, il codice civile austriaco del 1811 osteggia iniziative unilaterali di scioglimento del rapporto, permettendo l’esercizio di tali facoltà solamente in base a una previa espressa riserva (§ 919)101, ovvero nei casi indicati dalla legge (non pochi, a dire il vero)102. Lo seguirà il codice civile sassone del 1863, anch’esso decisamente orientato (ad eccezione di specifiche e contrarie disposizioni di legge o clausole pattizie) a impedire lo scioglimento unilaterale del vincolo quando «controparte non l’ha ancora adempiuto, o le circostanze in cui il contratto è stato concluso sono cambiate, o le prestazioni e la reciprocità sono sproporzionate»103. Sulla stessa linea anche il progetto di Dresda sulle obbligazioni, del 1866, ai sensi del quale il recesso impugnatorio di fronte alla mancata, inesatta o ritardata esecuzione della controprestazione opera come extrema ratio rispetto all’azione in adempimento (tanto che al rimedio corrisponde il nome di Vorbehalt der Rechtsverwirkung, ossia
«riserva di decadenza», art. 132), e le ipotesi di ‘abbandono’ unilaterale, vuoi di fonte legale, vuoi pattizia (artt. 133-134), rientrano nel novero dei mezzi per rafforzare il contratto (Verstärkungsmittel der Verträge)104.
Ma la riluttanza a concepire l’estinzione unilaterale alla stregua di rimedio generale appartiene anche al droit civil della stagione napoleonica, in ossequio ai due grandi principi sui quali si appuntava il discorso settecentesco – non solo francese – intorno al contratto. Innanzitutto, e analogamente alle codificazioni austro-tedesche, la centralità del principio pacta sunt servanda: non a caso Xxxx Xxxxx, lettore appassionato di Xxx Xxxxxx, faceva ‘fluire’ dal rispetto dei patti tutte le altre regole del diritto privato («ab hoc ipso fonte iura civilia fluxerunt»)105. E poi il bilateralismo, fortissimo in Xxxxxxx per
101 «Se una delle parti omette intieramente di adempiere il contratto, o non l’adempie nel tempo, nel luogo e nel modo convenuto, l’altra parte, eccettuati i casi determinati dalla legge o da una riserva espressa, non ha il diritto di chiedere lo scioglimento del contratto, ma soltanto l’esatto adempimento di esso e l’indennizzazione» (Codice Civile Generale Austriaco. Edizione seconda e sola uffiziale, Milano, dalla Regia Cesarea stamperia, 1815, § 919, p. 225 = Allgemeines Bürgerliches Gesetzbuch für die gesammten deutschen Erbländer der Oesterreichischen Monarchie, Wien, aus der k. k. Hof- und Staatsdruckerey, 1811, pp. 237-238).
102 Tra i casi espressamente determinati dalla legge, il codice austriaco contempla, accanto alla caparra confirmatoria (§ 908), il comodato, nell’ipotesi di «uso diverso dal convenuto» da parte del comodatario (§ 978); la locazione, per i difetti che rendano la cosa inadatta all’uso o qualora il locatore la renda inservibile, dannosa o non paghi il canone (§§ 1117-1118); la locazione di opere, in caso di difetti essenziali o di inadempimento del locatore «entro il termine stabilito sotto condizione» (§ 1154); il «contratto di edizione», nell’ipotesi di mancata consegna dell’opera «nel tempo stabilito o nel modo convenuto» (§ 1166): Codice Civile Generale Austriaco, cit., pp. 132-233, 251, 286, 295, 298.
103 «Man kann nicht einseitig von einem Vertrage zurücktreten, und dessen Erfüllung verweigern, weil der Gegner noch nicht erfüllt hat, oder die Umstände, unter welchen der Vertrag geschlossen worden ist, sich geändert haben, oder Leistung und Gegensleitung in einem Mißverhältnisse zu einander stehen, ausgenommen wenn eine besondere Verabredung oder besondere gesetzliche Bestimmung dazu berechtigt» (Das Bürgerliche Gesetzbuch für das Königreich Sachsen, nebst Publikations-Verordnung vom 2. Januar 1863, Liepzig, Xxxxxx xxx Xxxxxxxxxxxxx Xxxxxxxxxxxx, 0000,
§ 864, p. 169). Sul codice civile della Sassonia si veda C. AHCIN, Zur Entstehung des Bürgerlichen Gesetzbuchs für das Königreich Sachsen von 1863/65, Frankfurt am Main, Xxxxxxxxxxx, 1996, nonché XXXXXXXXX, XXXXXXX, Storia del diritto privato in Europa, cit., p. 276.
104 Entwurf eines allgemeinen deutschen Gesetzes über Schuldverhältnisse, bearbeitet von den durch die Regierungen von Oesterreich, Sachsen, Hannover, Württember, Hessen-Xxxxxxxxx, Hecklenburg-Schwerin, Nassau, Mei-ningen und Frankfurt hierzu abgeordneten Commissaren, und im Aufrage der Commission herausgegeben von Xxxxxxxx Xxxxxxx, Xxxxxxxx, Xxxx Xxxxxxx, 1866, qui consultato in Neudrucke Privatrechtlicher Kodifikationen und Entwürfe des 19. Jahrhunderts, Aalen, Scientia Verlag, 1973, vol. II, parte I, von den Schuldverhältnißen im Allgemeine, tit. II, Entstehung der Schuldverhältniße durch Verträge und unerlaubte handlungen, capo III, Verstärkungsmittel der Verträge, c., Vorbehalt der Rechtsverwirkung, artt. 132-135, pp. 26-27. Sul progetto di Dresda, mai entrato in vigore, cfr. X. XXXXXXXXX, Grundzüge der Neueren Privatrechtgescichte. Rechtsentwicklungen im europäischen Kontext, Xxxxxxxxxx, Xxxxxx, 0000, pp. 287-288.
000 Xxx. XXXXX, Xxx Xxxx xxxxxxx xxxx xxxx xxxxx naturel, cit., Preface, s.p., e XXXXXX, De iure belli ac pacis, cit.,
Prolegomena, n. 15, s.p. Sulla connessione tra il codice civile francese e Xxxxxx attraverso l’opera di Domat si rinvia a
il tramite di un Usus modernus pandectarum la cui vasta eco influisce profondamente sulla ritrosia francese verso ‘uscite’ dal contratto al di fuori del «consentement commun»106. Si trattava, come si è visto, di schemi concettuali risalenti: nel ‘cantiere’ a cui nel Settecento si attende per gettare le fondamenta della codificazione civile, tali basi poggiano su un terreno, imbevuto della consostanzialità tra consenso e bilateralità, che affonda le radici nel contrarius consensus romanistico, alla cui auctoritas ‘di ragione’ era difficile rinunciare – in Francia come nei territori austro-tedeschi – se non in ipotesi circoscritte stabilite dalla legge ovvero con rimedi specifici (come i patti risolutori) assai confacenti ai bisogni della prassi107.
Proprio nel solco di tali connessioni spazio-temporali si colloca la febbrile preparazione del Code civil e le soluzioni ivi approntate. Forti di una tradizione consolidata, i tre progetti Cambacérès manifestano comune e ferma adesione al principio del consenso da cui discende il rifiuto di contemplare ‘uscite’ unilaterali generalizzate108. La forza del «consentement réciproque», a sua volta, impatta sul piano dell’effettività dell’obbligazione, che coincide con la pretesa all’esatto adempimento (quindi nessuno spazio al recesso penitenziale), e su quello della sua azionabilità, incidendo sulle modalità attuative della condizione risolutiva implicita a cui i projets ‘strizzano l’occhio’. Ostili a iniziative risolutorie promosse da uno solo dei contraenti, i progetti Cambacérès impediscono alla mancata o inesatta esecuzione della prestazione di liberare la controparte dalla propria (dunque nessun recesso impugnatorio), prevedendo, al contrario, una tutela specifica che si realizza eslusivamente ope iudicis109. La necessità della risoluzione giudiziale è particolarmente evidente nella vendita, ove al tentativo infruttuoso di ottenere l’an debeatur segue lo scioglimento del contratto, ottenibile solamente attraverso la «contrainte en justice»110. Fa eccezione l’apposizione di un termine essenziale, la cui inosservanza fa sì che la vente venga «resolue de plein droit par la seule volonté du vendeur»111.
Non è questo l’unico caso in cui, nella disciplina dei singoli contratti, l’‘abbandono’ del rapporto è rimesso alla volontà unilaterale. A dimostrare nuovamente come la partita sul recesso – prima della sua categorizzazione a strumento generale – si giochi ancora sulla parte speciale, intervengono due tipi storicamente ‘insofferenti’ a dinamiche risolutorie improntate a consensualismo indiscriminato: società e mandato, infatti, ammettono esplicitamente forme di ‘uscita’ ex uno latere e, per giunta, di matrice penitenziale (chiamate renonciation nel primo caso, révocation nel secondo)112. Al di là del
X. XXXXXX, La formation de la pensée juridique moderne, Xxxxx, Xxxxxxxxxxxxx, 0000 (= La formazione del pensiero giuridico moderno. Introduzione di Xxxxxxxxx D’Xxxxxxxx, trad. it. R. D’ETTORRE, F. X’XXXXXXXX, Milano, Jaca Book, 19862 (I ed., Milano, Jaca Book), p. 541).
106 XXXXXXX, Traité des obligations, cit., vol. I, parte I, cap. I, sec. I, art. 6, § 87, p. 102, nonché ID., Traité du contrat de vente, cit., parte V, cap. II, § 3, p. 341.
107 Cfr. XXXXXX, Contrarius consensus, cit., pp. 168-180.
108 Inserito, nel projet del 1793, tra le disposizioni sulla vendita (cfr. Premier projet du Code civil, in P.-X. XXXXX, Recueil complet de travaux préparatoires du Code Civil. Suivi d’une edition de ce Code, a laquelle sont ajoutes les lois, decrets et ordonnances formant xx xxxxxxxxxx xx xx xxxxxxxxxxx xxxxxx xx xx Xxxxxx, et ou se trouvent indiques, sous chaque article séparément, tous les passages du recueil qui s’y rattachen, Paris, au Depot Saint-Xxxxx-des-Arcs, 1827, vol. I, pp. 17-98, lib. III, des contrats, tit. III, de la vente et de l’echange, art. 21, p. 77), il consenso acquista ruolo di principio generale in quello del 1794 (Deuxième projet du Code civil, in FENET, Recueil complet de travaux préparatoires, cit., vol. I, pp. 110-139, lib. III, des obligations, tit. I de l’obligation en général, art. 146, p. 123) e in quello del 1796 («Toute convention, quelle qu’en soit la cause, fait loi entre ceux qui l’ont formée»: Troisieme projet du Code civil, in FENET, Recueil complet de travaux préparatoires, cit., vol. I, pp. 178-326, lib. III, des obligations, tit. I, des obligations xx xxxxxxx, xx xxxxx xxxxxx xx xx xxxxx xxxxxx, § 0xx, des conventions, art. 711, p. 278.
109 Lo conferma chiaramente il premier projet, in apertura del paragrafo dedicato all’effet de l’obligation:
«L’obligation licite, consentie par une personne capable de contracter, la soumet à la contrainte en justice, en cas d’inexécution de sa part» (Premier projet du Code civil, cit., lib. III, tit. I, des obligations, parte prima, § 2, de l’effet des obligations, art. 6, p. 65).
110 Cfr., rispettivamente, Deuxième projet du Code civil, cit., lib. III, tit. VI, de la vente, art. 204, p. 129 e Troisieme projet du Code civil, cit., lib. III, tit. VI, de la vente, art. 850, p. 293.
111 Deuxième projet du Code civil, cit., lib. III, tit. VI, de la vente, art. 203, p. 129.
112 Cfr., nell’ordine: Premier projet du Code civil, cit., lib. III, tit. V, des sociétés et communautes, § 1, de la société de gains et profits, art. 15, p. 82, e tit. X, du mandat, artt. 16-17, p. 93; Deuxième projet du Code civil, cit., lib. III, tit. IX,
recesso legale, l’attenuazione della forza di legge è contemplata, poi, dal principio della libertà di forme, perché «les conventions sont susceptibles de toutes les dispositions que la loi ne prohibe pas», e dunque anche attraverso patti e clausole estintive113, secondo un modulo di estinzione convenzionale pienamente consolidato.
Con questo chiasmo tra consenso bilaterale e dissenso unilaterale – il primo consacrato in via generale, il secondo ammesso nella disciplina dei tipi – i progetti del decennio rivoluzionario trasmettono a quello definitivo (il projet an IX) quella contrapposizione tra principi e disciplina dei singoli contratti destinata a informare di sé il codice civile francese. Non è un caso, dunque, che la volontà comune delle parti, consacrata dalla commissione nominata da Xxxxxxxxx ricalcando il celebre passaggio di Domat intorno alla revoca per consentement mutuel delle conventions légalement formées, venga scolpita nell’altrettanto celebre art. 1134 sul lieu de loi114. Ma la cogenza del consenso, come si vedrà tra poco, pare reggere fino a quando il codice napoleonico tratta dei contratti en général.
Sul fronte dell’irrevocabilità contrattuale basti pensare al recesso penitenziale, deferito alla condizione risolutiva implicita per l’intera categoria dei contratti bilaterali (art. 1184), i cui meccanismi operativi non solo consentono alla parte insoddisfatta di desistere dal ‘ritiro’, optando per l’esecuzione del contratto, ma confermano una volta per tutte la necessità di sottoporre al giudice la decisione finale sulla risoluzione115. Una necessità emersa a più riprese nella fase antecedente la promulgazione, sia durante l’invio del projet an IX agli organi giudiziari (invitato a esprimere il proprio parere, nel luglio 1801 la corte d’appello di Grenoble suggeriva di specificare esplicitamente che la condizione implicita desse luogo ad «action en justice»116), sia durante l’addomesticata discussione in parlamento, sul presupposto che il ricorso alla condizione non debba precludere alla parte virtuosa un’eventuale successiva richiesta d’esecuzione in forma specifica117.
Per altro verso, si diceva, l’irrevocabilità del consenso conosce smentita nella disciplina dei singoli contratti, con varie ipotesi in cui la forza vincolante dell’accordo, già di per sé pacificamente disattesa dal recesso da finalità determinative o per ovviare a sopravvenienze straordinarie, viene cancellata dallo scioglimento unilaterale: a volte con contrappesi predeterminati dalla legge, come nel caso della locazione di cose (ove il congé richiede un preavviso) e di opere (il maître può sì
de la société, art. 231, p. 132, e tit. XIII, du mandat, artt. 274-276, p. 136; Troisieme projet du Code civil, cit., lib. III, tit. IX, de la société, art. 939-940, pp. 304-305, e tit. XIII, du mandat, artt. 1081 e 1083, p. 321.
113 «Le contrat de vente admet toutes sortes de stipulations et de conditions» (Premier projet, cit., libro III, tit. III, art. 11, p. 75); «les hommes, en réglant entre eux les transactions sociales, s’imposent eux mêmes des engagemens qu’ils forment, étendent, limitent et modifient par un consentement libre» (Rapport fait a la Convention Nationale sur le 2e projet de Code civil, cit., p. 108) e «Les conventions sont susceptibles de toutes les dispositions que la loi ne prohibe pas» (Deuxième projet, cit., art. 148, p. 129); «Les conventions sont susceptibles de toutes les dispositions non prohibées par la loi» (Troisieme projet, cit., art. 714, p. 278).
114 Cfr. Code Civil des Français. Édition originale er seule officielle, Paris, Imprimerie de la République, 1804, lib. III, des différentes manières dont on acquiert la propriété, tit. III, des contrats ou des obligations conventionelles en général, cap. III, de l’effet des obligations, art. 1134, p. 275: «Les conventions légalement formées tiennent lieu de loi à ceux qui les ont faites. Elles ne peuvent être révoquées que de leur consentement mutuel, ou par les causes autorisées par la loi»).
115 Ivi, cap. IV, des diverses espèces des obligations, art. 1184, p. 286: «La condition résolutoire est toujours sous- entendue dans les contrats synallagmatiques, pour le cas où l’une des deux parties ne satisfera point à son engagement. Dans ce cas, le contrat n’est point résolu de plein droit. La partie envers laquelle l’engagement n’a point été exécuté, a le choix ou de forcer l’autre à l’exécution de la convention lorsqu’elle est possible, ou d’en demander la résolution avec dommages et intérêts. La résolution doit être demandée en justice, et il peut être accordé au défendeur un délai selon les circonstances».
116 «Art. 32. Ajoutez, pour quatrième alinéa: elles donnent action en justice. Tel est leur principal effet, rappelé par la loi 51, ff. de oblig. et act.» (Observations du Tribunaux d’appel, tome premier, n. 14, Observations présentées par la commission nommée par le tribunal d’appel séant a Grenoble, in FENET, Recueil complet de travaux préparatoires, cit, vol. III, pp. 528-617, citazione a p. 558).
117 Nel gennaio 1804 Bigot-Préameneu ricorda al corpo legislativo che «la partie qui peut réclamer l’effet de cette condition» non può vedersi negato il diritto «à contraindre, par les moyens de droit, l’autre partie d’exécuter la convention», e conclude: «il est alors nécessaire qu’elle ait recours aux tribunaux» (Présentation au Corps législatif, 28 janvier 1804, cit., art. 1184, p. 244).
resilier, ma salvo indennizzo); altre volte senza alcun obbligo o ‘contropartita’, bensì ad nutum, semplicemente per effetto della sola volontà unilaterale di non proseguire il rapporto (così nella società, nel deposito e nel mandato)118.
E proprio questa serpeggiante facoltà di dissenso unilaterale nei codici di primo Ottocento sconfessa una falsa discontinuità che spetta alla ricerca storico-giuridica smascherare: quella per cui, al cospetto della forza del consenso, il sempre maggior dilagare dello scioglimento unilaterale a cui si assiste nei decenni successivi costituisca un improvviso coup de théâtre.
4. L’ammissibilità del recesso unilaterale (al di là del patto e del tipo): XIX-XX secolo.
La storia insegna che le rotture avvengono di rado e che, in ogni caso, sono accompagnate da segnali rivelatori. Segnali che, per quanto riguarda l’‘esplosione’ del recesso, paiono evidenti agli inizi del XIX secolo. Come osservato, la propensione dei primi codici per la manutenzione del rapporto negoziale e l’accento ivi posto intorno all’indissolubilità del vincolo si contrappongono alla presenza, nel loro articolato, di varie ipotesi di scioglimento unilaterale: le clausole estintive, espressione di una ‘deroga concertata’ al dogma della forza vincolante dei contratti; la facoltà di interrompere il rapporto in considerazione della durata indefinita del vincolo, ovvero delle alterazioni dello schema negoziale; la possibilità, tassativamente stabilita dalla legge entro alcuni tipi, di liberarsi del contratto rappresentano elementi di contrasto alla tenuta di un principio consensualistico che, nonostante enfatiche formulazioni, non poteva certamente definirsi perfetto.
Minacciata dapprima dal brulicare di scioglimenti unilaterali confinati nell’eccezionalità, la forza di legge subisce un vero e proprio attacco frontale quando, nel corso del secolo, il discorso giuridico pone il dissenso, attraverso il recesso, nella condizione di operare oltre il patto aggiunto e al di là del tipo. Ciò spiega l’apparente paradosso per cui, durante l’Ottocento, è cioè proprio nella fase di maggior ostentazione della forza vincolante dell’accordo, e contro quella centralità del consenso che sembra riassumere l’itinerario del diritto privato d’antico regime, decise aperture alla volontà unilaterale estintiva facciano sì che al tradizionale approccio per ‘binari separati’ si affiancò un processo – teorico e, soprattutto, pratico – di astrazione per collocare l’estinzione unilaterale entro la parte generale del sistema contrattuale.
4.1. Il primato della volontà individuale: un problema teorico …
Quanto alle basi concettuali di siffatta trasmigrazione, esse sono tradizionalmente rintracciate nella riflessione soggettivo-volontaristica (o Willenstheorie)119, a metà tra strada tra filosofia e diritto, sviluppatasi durante l’arco di tempo che separa il giusnaturalismo dalla Scuola storica. Sulla portata di questo percorso, bisogna tuttavia precisare. Innanzitutto perché, più che di una scossa iniziale, tale riflessione fornì piuttosto nuovi impulsi a un movimento evolutivo già radicato nei gangli del diritto privato europeo. Entro questi gangli, la tradizionale rappresentazione del contratto come volontà comune delle parti conviveva da lungo tempo con quella del contratto come ‘incastro’ di reciproche costrizioni a tenere comportamenti finalizzati alla produzione di effetto giuridici, dai quali sorge il reciproco interesse a imporre tali comportamenti alla controparte. Ora, proprio tale ambivalenza dell’accordo – incontro di libere volontà e allo stesso tempo crogiuolo di imposizioni di un soggetto sulle azioni di un altro – spiega perché il processo di ‘generalizzazione’ del recesso non si mise in
118 Cfr. Code Civil des Français, cit., lib. III, rispettivamente tit. VIII, du contrat de louage, artt. 1736 e 1794, pp. 423 e 436; tit. IX, du contrat de société, art. 1865, p. 452 (che può sciogliersi «par la volonté qu’un seule ou plusieurs expriment de n’être plus en société»); tit. XI, du dépôt e du séquestre, art. 1944, p. 469; tit. XII, du mandat, art. 2003 (con l’ormai tradizionale binomio révocation/renunciation per mandatario e mandante).
119 Sul punto si rinvia a X. XXXXXX, Promessa e contratto (Spunti storico-comparativi), in «Rivista di Diritto Civile», 40.6 (1992), pp. 819-852, in particolare § 6, pp. 833-835.
moto improvvisamente, ma conobbe una emersione graduale, seppure con accenti sempre più marcati dalla metà del XVI alla metà del XIX secolo.
La coesistenza dei due elementi – libertà e costrizione – è infatti ben evidente almeno dalla riflessione giusnaturalistica, a sua volta debitrice di una lunga tradizione, la quale, se da un lato enfatizza la vis consensuale della promessa, dall’altro ne mette in luce la potenza costrittiva: così, per Xxxxxx il patto nasce sì dall’incontro delle volontà insito nel contrahere, ma consiste altresì in una
«alienatio particulae cuiusdam nostrae libertatis»120. Sulla spontanea limitazione dell’autonomia privata si appunta anche la riflessione dell’Usus modernus, ben riassunta dal passaggio in cui Xxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxx (1681-1741), nel suo fortunatissimo manuale sulle istituzioni, del 1725, coglie, nell’obbligazione, la «facultas, competens in personam, ut haec aliquid dare vel facere teneatur»121.
Con l’ingresso nell’Ottocento, il concetto verrà ripreso nell’Handbuch des Französischen Civilrechts di Xxxx Xxxxxx Xxxxxxxx xxx Xxxxxxxxxx, del 1808, ove l’obbligazione come «necessità giuridica» e, insieme, come frutto della volontà «de l’obligé qui consent à se lier envers une autre personne», costringe chi si assume un obbligo ad adempierlo122. Sui ‘confini’ dell’impegno si era nel frattempo misurato Xxxxx von Xxxxxxx nel Das natürliche Privat-Recht, del 1802, con argomenti che pongono il suo contributo sulla scia di un tardo giusnaturalismo sistematizzante ma già imbevuto di influssi kantiani: «uso legale della libertà» di un soggetto nei confronti dell’altro, ma uso limitato, l’obbligazione non deve mai contrastare con il «diritto innato» di «disporre della propria persona»123. Sul fondamento coercitivo dell’accordo e sui suoi limiti si appunta, come anticipato poco sopra,
la filosofia, il cui interesse per il fragile equilibrio tra cogenza degli obblighi e libertà di sottrarsene è confermato, in primo luogo, dalla riflessione di Xxxxxxxx Xxxx intorno all’impegno giuridico, inteso come costrizione reciproca («wechselseitigen Zwanges») di una persona sull’altra: un potere, legittimo perchè libero, da cui derivano la pretesa a ottenere una prestazione e, correlativamente, il dovere di eseguirla124. Spunti, quelli del Kant del Metaphysik der Sitten, che sono come semi destinati a fiorire di lì a poco, con conseguenze gravide di implicazioni giuridiche. Giunti nell’Ottocento, la complessità del binomio libertà/volontà conduce infatti Xxxxx, nelle Grundlinien der Philosophie des Rechts, a sottoporre le obbligazioni a precisi confini, materiali e temporali, onde evitare che quei
120 XXXXXX, De iure belli ac pacis, cit., lib. II, cap. XI, § 4.
121 I.G. HEINECII, Elementa iuris civilis secundum ordinem Institutionum, Amstelodami, apud Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxxx, 1725, lib. III, tit XIV, § 767, p. 251. Oltre a essere professore di diritto (ad Halle, dal 1720), Xxxxxxxx ebbe un passato da filosofo (era stato nominato ordinario di filosofia nel 1713): cfr. X. XXXX, Heineccius, Xxxxxx Xxxxxxxx (1681-1741), in Juristen. Ein biographisches Lexicon, cit., pp. 289-290, X. XXXXXXXX, Xxxxxxxxxx, Fundamentals of Civil Law, in The Formation and Transmission of Western Legal Culture. 150 Books that Made the Law in the Age of Printing, edited by
X. XXXXXX, X. XXXXXX, X. XXXXXX, X. XXXXXXXXXXX, X. XXXXXXXX, Xxxxxxxxxxx, Xxxxxxxx, 0000, pp. 258-261.
122 Cfr. K.S. XXXXXXXXX XXX XXXXXXXXXX, Handbuch des Französischen Civilrechts, Heidelberg, Xxxx and Zimmer, 1808, qui consultato nell’edizione curata da X. XXXXX, CH. XXXXX, Le droit civil français par X.-X. Xxxxxxxx. Traduit de l’allemand sur la cinquième édition, vol. III, Paris, Xxxxxxx Xxxxxx, 1857, § 524, pp. 342-343, in particolare p. 342.
123 F. XXX XXXXXXX, Il diritto privato naturale, Milano, Xxxxxxx, 00000, I ed. Milano, dalla tipografia di Xxxxxxx Xxxxxxxx, 1818 (= Das natürliche Privat-Recht, Wappler und Xxxx, Wien, 1802), rispettivamente sez. I, dei diritti innati,
§ 51, p. 73, e sez. II, dell’acquisto mediato, cap. I, de’ diritti in genere, § 93, p. 124, ove il ragionamento viene condotto entro il canone della volontà concorde che genera il rapporto giuridico («All’oggetto che si possa a buon diritto esigere che [le persone] si impieghino attivamente a vantaggio nostro, o ristringano il loro uso legale della libertà, in somma, che si prestino per noi (diano, facciano o non facciano, permettano) richiedesi necessariamente il consenso della loro volontà»). Sul tema vedi anche X. XXXXXXXX, Un ruolo per l'interprete: la scienza giuridica italiana tra Code Napoléon e ABGB, in «forum historiae iuris», Beitrag vom 30. Januar 2006, p. 4 (xxxxx://xxxxxxxxxx.xxx/0000-00-xxxxxxxx/).
124 «Das strikte Recht kann auch als die Möglichkeit eines mit jedermanns Freiheit nach allgemeinen Gesetzen zusammenstimmenden durchgängigen wechselseitigen Zwanges vorgestellt werden» (I. XXXX, Metaphysik der Sitten, Einleitung in die Rechtslehre, § E, Xxxxxxxxx, Xxxxxxxxxx, 1797, pp. XXXV-XXXVII, citazione a p. XXXV) Si pensi, in primo luogo, a Xxxxx von Xxxxxxx, il quale, sulla scia di un tardo giusnaturalismo sistematizzante imbevuto di ascendenze kantiane, dalle pagine del Das natürliche Privat-Recht considerava le obbligazioni alla stregua di «uso legale della libertà» di una persona nei confronti dell’altra (§ 93), ma un uso limitato, nella misura in cui ogni eccesso della facoltà di impegnarsi contrasta con il «diritto innato» di «disporre della propria persona» (§ 51): VON XXXXXXX, Das natürliche Privat-Recht, cit., pp. 73 e 124.
piccoli atti di sottomissione nei quali esse si sostanziano finiscano per trasformarle in una vera e propria sudditanza125.
Tali intuizioni, già di per sé dotate di un ampio grado di astrattezza, con la loro propensione a evocare una facoltà di ritirarsi dal contratto se del caso al di là e contro la volontà altrui, approdano nel campo della teoria generale del contratto quando i principi della Willenstheorie vengono condotti dalla Scuola storica e dalla Pandettistica a nuovi esiti attraverso la cosiddetta ‘teoria dichiarazionista’ (Erklärungstheorie)126.
Basti, qui, citare i passaggi nodali di tale percorso. Innanzitutto la concezione di obbligazione come «dominio parziale sulle azioni altrui» (§ 56) che Xxxxxxx, nel primo libro del System des heutigen römischen Rechts (1840), limita «a singoli e specifici atti» (§ 53)127. E poi soprattutto il Lehrbuch des Pandektenrechts di Winscheid (1861-1870), nel quale forza impegnativa dell’obbligazione e potenza costrittiva del contratto (originato dalla dichiarazione di un contraente di voler essere «obbligato ad una prestazione, quella dell’altro contraente», § 305)128, costituiscono la premessa per giustificare il recesso unilaterale («Rücktritt») non solo in sede di patti aggiunti («Nebenverträge», § 323)129, ma anche in quella (assai meno scontata) dell’estinzione dei diritti di credito («Aufhebung des Forderungsrechtes»), semplicemente attraverso una dichiarazione unilaterale di disdetta («auch durch einseitige Erklärung (Aufkündigung)»), sia di fonte convenzionale, sia di fonte legale (§ 361)130.
Della corrispondenza tra parte generale e speciale del sistema partecipa la disciplina riservata da Windscheid ai singoli diritti di credito («Die einzelnen Forderungsrechte»), e in particolar modo quella dei contratti bilaterali, con riferimento ai quali dalla Aufkündigung (disdetta) scaturiscono
125 «Von meinen besonderen, körperlichen und geistigen Geschicklichkeiten und Möglichkeiten der Tätigkeit kann ich einzelne Produktionen und einen in der Zeit beschränkten Gebrauch von einem anderen veräußern, weil sie nach dieser Beschränkung ein äußerliches Verhältnis zu meiner Totalität und Allgemeinheit erhalten. Durch die Veräußerung meiner ganzen durch die Arbeit konkreten Zeit und der Totalität meiner Produktion würde ich das Substantielle derselben, meine allgemeine Tätigkeit und Wirklichkeit, meine Persönlichkeit zum Eigentum eines anderen machen» (G.W.F. XXXXX, Grundlinien der Philosophie des Rechts, Berlin, Nicolaische Buchhandlung, 1821, § 67, pp. 69-70 = Lineamenti di filosofia del diritto, trad. it. X. XXXXXX, Roma-Bari, Laterza, 20168, (I ed. Roma-Bari, Laterza, 1987), p. 67).
126 Sul punto si rimanda a X. XXXXXX, La polemica con la scuola storica nella Filosofia del diritto hegeliana, in “Rivista di filosofia”, 7-8-9 (1977), pp. 169-204, in particolare § 4, pp. 192-202 (e ID., Il rapporto Savigny-Xxxxx nella storiografia recente, in «Quaderni Fiorentini», 9 (1980), Su Xxxxxxxx Xxxxx xx Xxxxxxx, pp. 113-163); nonché ad X. XXXXXXX, Senso e consenso. Storia teoria e tecnica dell’interpretazione dei contratti, Torino, Xxxxxxxxxxxx, 2015, in particolare pp. 353-354.
127 F.C. VON SAVIGNY, System des heutigen römischen Rechts, vol. I, Berlin, Bei Veit und Comp., 1840, rispettivamente § 56, p. 369 (nonché ID., Das Obligationenrecht als Theil des heutigen Römischen Rechts, vol. I, bei Veil und Comp., Berlin 1851, § 2, p. 4, e § 53, pp. 338-339).
128 X. XXXXXXXXXX, Lehrbuch des Pandektenrechts, Frankfurt, Literarische Anstalt Xxxxxx & Loening, 18917 (I ed. Düsseldorf, Verlagshandlung von Xxxxxx Xxxxxxx, 1861-1870) = Diritto delle Pandette. Traduzione dei professori Xxxxx Xxxxx e Xxxxx Xxxxxx Xxxxx con note e riferimenti al Diritto Civile Italiano, Torino, Unione Tipografico-Editrice Torinese, 19252 (I ed. Torino, Unione Tipografico-Editrice, 1898), sul quale X. XXXXXXX, Recezione e traduzione della pandettistica in Italia tra Xxxx e Novecento. Le note italiane al Lehrbuch des Pandektenrechts di X. Xxxxxxxxxx, Torino, Giappichelli, 2016), § 305, pp. 179-180, citazione a p. 180.
129 Tra i patti (o convenzioni) di maggior rilievo vi sono, secondo Xxxxxxxxxx, «quelli pei quali ad una parte o ad entrambe le parti si concede il recesso»: tale tale recesso («Rücktritt») «può concedersi incondizionatamente o soltanto per un dato caso», come avviene di frequente, nei contratti bilaterali, ricorrendo al patto di migliore offerta e, ancor più frequentemente, alla lex commissoria. A proposito dell’operatività di quest’ultima, poi, viene precisato che «non si richiede interpellazione»: essa agisce, cioè, ipso iure (ivi, § 323, p. 261).
130 Il passaggio merita di essere riportato per intero: «un diritto di credito può eventualmente venire alla sua fine anche per dichiarazione unilaterale (disdetta [Aufkündigung]), sia in guisa da essere senz’altro estinto, sia in guisa da non continuare più ad essere efficace soltanto per l’avvenire, mentre gli altri effetti da esso già generati permangono» («Hier ist noch hinzuzufügen, daß ein Forderungsrecht möglicherweise auch durch einseitige Erklärung (Aufkündigung) sein Ende erreichen kann, sei en in dem Sinn, daß es schlechthin aufgehoben wird, sei es in dem Sinne, daß es nur für die Zukunft nicht mehr fortwirkt, mährend die von ihm bereits erzeugten Wirkungen bestehen bleiben. Ein solches Rücktrittsrecht kann auf Vertrag beruhen, oder aus gesetzlichen Xxxxxxxxx», xxxxxx, § 000, pp. 335-336 = X. XXXXXXXXXX, Diritto delle Pandette, cit., vol. II, § 381, p. 399).
precise ipotesi di ‘ripensamento’, di natura rescissoria (così nella compravendita, per vizio della cosa e ultra dimidium)131, impugnatoria (per l’insolvenza del conduttore nella locatio (rei e operis), e ancora nella società provvista di termine finale, «per giusti motivi»), penitenziale (nella compravendita, che ammette il recesso convenzionale, e nella società, della quale ciascuna parte può ‘pentirsi’, ove nulla sia previsto intorno alla durata del vincolo)132 e, altresì, determinativa (è il caso della locazione sine die, laddove a ciascuna parte è fatto salvo «recedere in ogni tempo»)133.
Così configurato, dalla seconda metà del XIX secolo il recesso assume i contorni di una realtà che impegna il discorso giuridico e condiziona il legislatore, dando un giro di vite all’impostazione tradizionale, e superata, dei codici di primo Ottocento in materia di ‘ritiro’ unilaterale.
Dare forma alla sostanza del rinnovamento non fu, però, impresa facile. ‘Punto caldo’ della materia negoziale, il dilagare dello ius poenitendi (in senso largo) al di là della parte speciale passò attraverso una consolidazione, concettuale e sistematica, che richiederà decenni per una attuazione a cui i tecnici del diritto, in primo luogo tedeschi, non si sottraggono. Nel 1877, di fronte ai nuovi scenari che si profilano, un giurista non pandettista come Xxxxxx xxx Xxxxxxx auspica che le regole sull’«annullamento» unilaterale acquistino portata generale, «istituendosi così una relazione tra di esse e la teoria generale del contratto»134. Dieci anni più tardi, un’avventura codificatoria alle battute iniziali si indirizza già dal primo progetto del codice civile tedesco (alla cui stesura lo stesso Xxxxxxxxxx aveva partecipato) verso un recesso senza contrappesi e limiti, che opera automaticamente dal momento della dichiarazione (irrevocabile, «unwiderrruflich»), sciogliendo diritti e obblighi come se il contratto non fosse mai stato concluso («wir wenn der Vertrag nicht geschloßen worden wäre»)135.
Mentre il XIX secolo si congeda e il Bürgerliches Gesetzbuch vede finalmente la luce, ecco che all’interno del BGB – ove pure campeggia il principio dell’irrevocabilità contrattuale (§ 305) – il
131 Ivi, § 396, p. 533.
132 Ivi, § 408, pp. 576-579, in particolare p. 577.
133 Ivi, § 402, pp. 556-559. A guidare le parti nell’esercizio del diritto di recesso unilaterale, precisa Windscheid, è la buona fede (ivi, richiami a pp. 558 e 559), alla quale si deve il passaggio dello ius poenitendi impugnatorio dalla locatio rei a quella operarum. Sul ruolo della buona fede (oggettiva) il rinvio obbligato è a G.P. MASSETTO, Buona fede nel diritto medievale e moderno, in Digesto delle discipline privatistiche, sez. civ., vol. II, Torino, UTET, 1988, pp. 3-45 e soprattutto ID., Brevi note sull’evoluzione storica della buona fede oggettiva, in Tradizione civilistica e complessità del sistema. Valutazioni storiche e prospettive della parte generale del contratto, a cura di X. XXXXXXX, X.X. XXXXXXX, Milano, Xxxxxxx, 2006 (ora in Scritti di storia giuridica di Xxxx Xxxxx Xxxxxxxx, vol. I, Milano, Xxxxxxx, 2017, pp. 777- 813), pp. 291-343, soprattutto a p. 314, laddove si mette in evidenza come «la giurisprudenza della Corte dell’Impero rivelò netta la tendenza ad operare con libertà», superando i limiti dottrinali sulla Treu und Glauben (sul punto cfr., nel dettaglio, X. XXXX, Il ruolo della buona fede nella giurisprudenza della Corte dell’Impero prima e dopo l’entrata in vigore del BGB dell’anno 1900, in Il ruolo della buona fede oggettiva nell’esperienza giuridica storica e contemporanea, a cura di X. XXXXXXXX, Padova, CEDAM, 2003, pp. 417-424. Sul rapporto tra locatio operis/operarum e lo ius poenitendi si rinvia, in generale, a X. XXXXX, La costruzione giuridica del licenziamento. Legislazione, dottrina e prassi fra XIX e XX secolo, Milano, Xxxxxxx, 2017, in particolare p. 96 per il contributo di Xxxxxxxxxx. Sui nessi tra il pentimento e i rapporti di lavoro nella Germania del secondo Ottocento vedi infra, 4.2.
000 Xxx. X. XXX XXXXXXX, Xxx Xxxxx dem Recht, vol. I, Leipzig, Breitkopt & Xxxxxx, 18933 (I ed. Leipzig, Breitkopt & Xxxxxx, 1877), p.73 nota *. Su Xxxxxxx cfr. X. XXXX, Xxxxxxx, Xxxxxxx von, in Juristen. Ein biographisches Lexicon, cit., pp. 334-336, e C.-X. XXXXX, Begriff des Rechts und Methode der Rechtswissenschaft bei Xxxxxx xxx Xxxxxxx, Göttingen, V & R unipress GMBH, 2018.
135 Cfr. Entwurf eines bürgelichen Gesetzbuches für das Deutsche Reich. Erste Lesung. Ausgearbeitet durch die von dem Bundesrathe berufene Kommission, Berlin und Leipzig, verlag von X. Xxxxxxxxx, 1888, lib. II, Rechts der Schuldverhältnisse, sez. II, Schuldverhältnisse aus Rechtsgeschäften undter Lebeuden, tit. I, Allgemeine Vorschriften, cap. IX, Rücktritt von Vertrage, §§ 426-436, pp. 93-95, in particolare §§ 426-427, p. 93. I contorni dell’istituto, ribaditi nei Motive del 1888 (Motive zu der Entwurfe eines Bürgherlichen Gesetzbuches für das Deutsche Reich, vol. II, Recht der Schuldverhältiness, Berlin und Xxxxxxx, xxxxxx xxx X. Xxxxxxxxx, 0000, §§ 000-000, pp. 280-282), sono confermati senza modifiche dal secondo progetto, del 1894 (Entwurf eines Bürgherlichen Gesetzbuches für das Deutsche Reich. Zweite Lesung, vol. I, I. bis III. Buch, Berlin, X. Xxxxxxxxx, 1894, lib. II, Schuldverhältnisse, capo II, Schuldverhältnisse aus Verträge, tit. V, Rücktritt, §§ 198-309, pp. 96-99, in particolare pp. 96-97, § 298, sugli effetti del recesso, e § 300, sulla dichiarazione recettizia. Iter di approvazione del BGB in WIEACKER, Storia del diritto privato moderno, cit., vol. II, pp. 177-183).
recesso unilaterale (§§ 346-361) è rimedio generale e consiste in una semplice dichiarazione nei confronti della controparte («Der Rücktritt erfolgt durch Erklärung gegenüber dem anderen Teil») (§ 349), consentita – con specifico riguardo a quelli bilaterali (§§ 320-327) – dalla legge in caso di impossibilità sopravvenuta per colpa del debitore (§ 325) o di inadempimento (§ 326) ovvero, in via pattizia, da una clausola apposta al regolamento negoziale (§§ 346-361)136.
Ma le potenzialità dello strumento previsto dal BGB non si limitano a sanzionare la controparte, perché la funzione impugnativa del recesso – che nella sezione sui contratti trova precipuo riscontro nella disciplina della compravendita (§ 440) e della locazione (§§ 553-554) e nella società (§ 723 secondo allinea) – convive con quel particolare pentimento a cui ricorrere per individuare, nei contratti commutativi di durata, il termine finale inizialmente non previsto: così stabilisce il codice per la locazione (§ 564) e per la società (§ 723 primo allinea), risolvibili in ogni momento, quando il dies ad quem manchi137.
Non mancano, infine, ipotesi di scioglimento unilaterale di matrice penitenziale con riferimento a contratti stretti nell’interesse di una delle parti (appalto, mandato, deposito e società a tempo indeterminato), di cui il codice civile asseconda, con lo ius poenitendi in senso tecnico, il disinteresse alla prosecuzione138.
4.2. … e soprattutto pratico: ovvero il recesso come fenomeno generalizzato.
Sulla portata di un percorso, che, così rappresentato, sembrerebbe essenzialmente dogmatico, bisogna però precisare che la legge (in questo caso la legge del BGB) segue sempre una preesistente necessità alla quale dà attuazione. A questa costante della storia giuridica non si sottrae neppure il dissenso unilaterale, dal momento che l’affermazione del recesso ebbe connotazioni prima di tutto di natura pratica, di fronte alle quali tutti i giuristi (e non solamente quelli tedeschi, ai quali deve piuttosto riconoscersi il merito di aver categorizzato il problema del dissenso capace di sciogliere unilateralmente il contratto) furono costretti a misurarsi.
L’apertura alla facoltà di sciogliersi unilateralmente dal contratto riposa, del resto, sulle grandi linee evolutive economico-sociali dell’età contemporanea, e in particolare di quella sua fase che, pur con una certa approssimazione, può essere collocata sotto l’etichetta di ‘età liberale’. L’evolvere dei tempi, una febbrile dinamicità dei traffici a cui si accompagna la speditezza di rapporti da stringere e risolvere in tempi brevi, la percezione dei rapporti personali come fattore produttivo inducono a potenziare il principio dell’utilità della controprestazione – la cui mancanza giustifica l’abbandono immediato e istantaneo del rapporto contrattuale – e, per converso, a erodere quello della stabilità del vincolo. In altre parole: mentre la prima (l’utilità) si fa sempre più mutevole, al cospetto di sempre maggiori fattori di disinteresse alla realizzazione o alla prosecuzione delle operazioni contrattuali, la seconda (la stabilità) diventa via via più ingombrante. Proprio sulla base di tali variabili, che il diritto inevitabilmente registra e a cui necessariamente si adatta, il ‘ritiro’ dal contratto non appare più antigiuridico, o ‘fuori posto’, perché è l’economia degli affari a richiedere che ogni patto, seppur
136 Cfr. Bürgerliches Gesetzbuch vom 18. August 1896 nebst dem Einführungsgesetze vom 18. August 1896, Xxxxxxx 0000, rispettivamente lib. II, sez. I, tit. I, Begründung. Xxxxxx xxx Xxxxxxxx, § 000, x. 00, x xxx. XX, xxx. V, Rücktritt, §§ 346- 361, pp. 82-85 (in particolare § 349, p. 82) e tit. II, Gegenseitiger Vertrag, §§ 320-327, pp. 75-77 (in particolare §§ 325- 326, pp. 76-77). In entrambi i casi, precisa il legislatore tedesco, «l’azione in adempimento è esclusa» (ivi, § 326, p. 77). 137 Ivi, lib. II, tit. II, Xxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxxx, xxx. X, Xxxx, Xxxxxx, § 000, x. 000; tit. III, Xxxxxx, Pacht, §§ 553-534
e 564, pp. 123 e 131; tit. XIV, Gesellschaft, § 723, p. 169.
138 Più nel dettaglio, nell’appalto (Werkvertrag), il committente può, «sino al compimento dell’opera, denunciare il contratto ad ogni momento» (salvo il pagamento del compenso) (§ 649); il mandato «può essere revocato ad ogni momento dal mandante ed essere denunciato ad ogni momento dal mandatario» (§ 671); il deponente «può sempre pretendere la restituzione della cosa depositata, anche se per la custodia fu determinato un tempo» (§ 695); nella società a tempo indeterminato «ogni socio può sempre denunciarla» (cfr. Codice civile dell’impero germanico promulgato il 18 agosto 1896. Seguìto dalla legge introduttiva, trad. it. X. XXXXXXX, Torino, Unione tipografico-Editrice Torinese, 1897, p. 94, p. 97, pp. 100 e 103 = Bürgerliches Gesetzbuch, cit., lib. II, tit. II, pp. 152-153, p. 158, p. 162, p. 169).
originato dal consenso reciproco delle parti, possa far dipendere la sua fine dalla volontà di una sola di esse: quella che ha perso ogni interesse ad assoggettarsi all’altra in cambio dell’assoggettamento altrui a sé.
La circostanza che il recesso unilaterale assunse i contorni di un fenomeno generalizzato è riscontrabile contemporaneamente in svariate realtà e contesti, a cominciare dalla Francia, ove, dalla metà dell’Ottocento il progressivo approdo della Scuola dell’esegesi a interpretazioni sempre più svincolate dal Code civil si accompagnò a un via via maggiore interesse nei confronti del ‘ritiro’ altera parte nolente. Lo si vede bene, dal precipuo versante del recesso impugnatorio, osservando la crescente insofferenza nei confronti della condizione risolutiva implicita, e, in particolare, della relativa azione giudiziale a cui il codice civile napoleonico sottoponeva lo scioglimento del contratto bilaterale inadempiuto139. Una scelta operativa della quale, tra anni Cinquanta e Sessanta del secolo, la terza edizione del Cours di Xxxxx e Xxx denuncia la discrasia con l’automatismo dei patti risolutivi140 e della quale Xxxxxxxxx, nella versione riveduta del Traité des contrats, contestava le lungaggini che ogni processo porta con sé, suggerendo alle parti di ricorrere al patto commissorio espresso (che opera ex lege)141. Un tale invito, largamente accolto dalla prassi (come confermato dalla giurisprudenza citata dal Traitè Élémentaire de droit civil di Xxxxxx Xxxxxxx, con cui si entra nel Novecento)142 conferma il favore di una società ‘veloce’ per l’adozione di mezzi più spicci rispetto alla risoluzione giudiziale prevista dall’ormai sorpassato code del 1804.
L’uscita immediata dal rapporto contrattuale, l’uscita unilaterale di fonte legale, in altri termini, rappresentava del resto la risposta giuridica alla questione economico-sociale per eccellenza del XIX secolo: il rapporto di lavoro, allora imbrigliato (non è difficile immaginarlo) nelle maglie di una locatio operis/operarum che sperimentava modalità estintive unilaterali, sperequate e, naturalmente, altera parte nolente. ‘Uscite’ dal contratto di matrice chiaramente impugnatorio o penitenziale (a seconda, rispettivamente, che il lavoratore avesse o meno concorso, con la sua condotta, alla fine del rapporto), antesignane di quello che oggi si chiama licenziamento, all’interno del rapporto oggi chiamato contratto di lavoro, alla cui legittimazione dottrina e giurisprudenza (francesi e non solo francesi) attendono in qualità di veri e propri conditores di una materia volutamente lasciata nel vago dalla legge borghese dei xxxxxx000.
Ancora negli anni Quaranta, quando portata e collocazione del recesso nel sistema erano incerte perché la sua configurazione appena abbozzata, un esegeta ‘dissidente’ come Troplong non poteva esimersi dal rilevare come, nella prestazione d’opera priva di termine finale, il congé «quoique répudié, n’en aura pas moins, sous ce rapport, toute sa perfection» (§ 423)144. Nel 1865, accogliendo senza esitazione il principio della freedom of contract applicato al licenziamento, Xxxxxxx rincarava
139 Vedi supra, § 3.4, note 115-117 e testo corrispondente.
140 Xxxxx e Rau si chiedono, infatti, per quale ragione «accorder plus de force à la convention qui repose sur la volonté expresse des parties, qu’à la convention fondée sur leur volonté légalement présumée? Et pourquoi une condition que la loi attache à la nature d’un contrat, indépendamment de toute stipulation, serait-elle exécutée avec plus de rigueur, quand les parties ont pris le soin inutile de la rappeler d’une manière formelle?» (X. XXXXX, X. XXX, Cours de droit civil français d’après l’ouvrage allemand de M. C.-X. Xxxxxxxxx, Paris, Imprimerie et Librairie générale de jurisprudence. Cosse, Imprimeur-editeur, 18563 (I ed. Paris, Cosse, 1856), vol. III, § 302, Des obligations conditionnelles et des obligations non conditionnelles, 3° De la condition résolutoire, nn. 4-5, pp. 54-57, in particolare pp. 55-56, da cui le citazioni, e nota 47, da cui il passaggio citato poco sopra).
000 XXXXXXXXX, Xxxxxx des contrats, cit., vol. II, lib. III, tit. III, cap. IV, § III, de la condition résolutoire, §§ 445-565, in particolare § 518, p. 482.
142 X. XXXXXXX, Traité Xxxxxxxxxxx xx xxxxx xxxxx, xxx. XX, Xxxxx, 0000, Les contrats, 6°, Modes de dissolution des contrats, Résolution, pp. 411-421, 2°, Transformation conventionnelle de l’action en condition résolutoire, § 1379, Utilitè d’une convention, e § 1380, Rédaction variable des clauses de résolution, p. 420
143 Per maggiori dettagli sul tema si rinvia a X. XXXXXXXX, Critiche sociali al Codice e crisi del modello ottocentesco di unità del diritto, in Codici. Una riflessione di fine millennio. Firenze, 26-28 ottobre 2000, a cura di X. XXXXXXXXXX, X. XXXXX, Milano, Xxxxxxx, 2002, pp. 309-348, in particolare pp. 337-343.
144 R.-TH. TROPLONG, De l’échange et du louage, Commentaire des titres VII et VIII du livre III du Code Civil, Paris, Xxxxxxx Xxxxxxx, Libraire-Éditeur, vol. II, 1840, artt. 1736-1737, § 423, Le congé est-il la résolution même du contrat, et comme tout autre acte synallagmatique, n’est-il valable que lorsqu’il est accepté?, pp. 233-234 (citazione a p. 234).
la dose scolpendo nella pietra, in una delle riedizioni dell’Explication théorique et pratique du Code Napoléon, le caratteristiche di un congé che è «espressione di una volontà sola», «atto con cui una parte comunica all’altra che intende porre fine al rapporto in quel preciso momento»145. Xxxxxxxx e giurisprudenza marciano compatte: nel 1867 la Cassazione di Parigi conferma in capo al maître un potere tale da consentirgli di «mettre fin, quand lui convient, à une collaboration qu’il ne agrée pas»146, e così ribadirà nei decenni a venire, prima che la legge del 27 dicembre 1890 imponga limiti al licenziamento in tronco147.
Per ricavare ulteriori conferme sul contratto di locazione come ‘terreno di coltura’ del recesso unilaterale vale la pena tornare alle Germania, che vive processi sostanzialmente analoghi a quelli conosciuti in Francia148. Già dalla metà dell’Ottocento, quando per indicare il rapporto di lavoro si ricorreva a Dienstvertrag (contratto di servizio), la prassi tedesca attestava il pacifico ricorrere allo scioglimento unilaterale (Einseitige Aufhebung) del vincolo: così, fra i primi casi, il tribunale superiore d’Oldenburgo nel 1855149. Vent’anni più tardi, nel 1875, riflettendo sull’ammissibilità del recesso unilaterale entro i confini dell’Arbeitsvertag (contratto di lavoro: il rapporto assume il nome che oggi conosciamo), Xxxxxxxx Xxxxxxxxx lo qualificherà alla stregua di un diritto potestativo estintivo che non richiede alcuna relatio ad alterum per dispiegare effetto, esercitabile da entrambe le parti altera nolente, e per le motivazioni più varie (in sintesi, difetti e incapacità, scarsa puntualità, furto, infedeltà e sregolatezza del lavoratore; mancato salario o maltrattamenti da parte del conduttore)150; un potere davvero amplissimo, che, come confermerà il Tribunale camerale dell’Impero nel 1881, incontra limite solamente nella buona fede151.
145 «Le congé n’étant point une convention, un concours de deux volontés, mais l’expression d’une volonté unique, l’acte d’une personne déclarant à l’autre qu’elle entend faire cesser tel état de choses à tel moment» (V.-X. XXXXXXX, Explication théorique et pratique du Code Napoléon, vol. VI, Paris, 18655 (I ed. Éléments du droit civil français ou explication xxxxxxxxxx xx xxxx xxxxx, Xxxxx, Xxxxxxxxx xx xxxxxxxxxxxxx xx Xxxxxxxx, 0000), artt. 1736-1737, pp. 478-479).
146 Cour de Cassation, 19 agosto 1867, Delamarre c. Xxxxxxxxx, in “Jurisprudence Générale”, 1867, parte 1, p. 372
147 Nella specie, il risarcimento dei danni, fino a quel momento tutt’altro che scontato (cfr. Loi sur le contrat de louage et sur le rapports des Agentes de Chemins de fer avec les Compagnies, du 27 Décembre 1890 (Promulguée au Journal officiel du 28 décembre 1890), art. 1, qui consultata in Bulletin de las lois de la République française, XIIe série, partie principale, vol. XLI, Nos 1336 à 1382, Paris, Imprimerie Nationale, 1891, p. 1584). Sulla legge, che modificava il dettato originario dell’art. 1780 del codice civile, aggiungendovi la possibilità per la «résiliation» del contratto di «donner lieu à dommages-intérêts», si rinvia a X. XXXXXX, La prohibition de l’engagement à vie, de la condamnation du servage à la refondation du licentiement. Généalogie d’une transformation, Bruxelles, Bruylant, 2009, pp. 15-25, e X. XXXXXXXXXX, Democrazia sociale e diritto privato. La Terza Repubblica di Xxxxxxx Xxxxxxxxx (1855-1912), Milano, Xxxxxxx, 2010, pp. 566-592. Sull’ampia letteratura dedicata ai rapporti di lavoro in Francia, si rinvia a X.-X. XXXXXXXX, Le fondement de l’obligation contractuelle chez le civilistes français du XIXe siècle, in Freiheit und vertragliche Bindung, herausgegeben von X. XXXXXXXXX, J.-X. XXXXXXXX, Frankfurt am Main, Xxxxxxxx Xxxxxxxxxxx, 1999, pp. 323-347 e a X. XXXXXXX, L’histoire du droit social, in L’histoire du droit en France. Nouvelles tendances, nouveaux territoires, sous la direction de X. XXXXX, X. X’XXXXXXXXX, Paris, Classiques Garnier, 2014, pp. 455-477.
148 Sulla disciplina del lavoro in Germania, pacificamente incardinato entro lo schema della locatio fino alla ‘battaglia’ tardo-ottocontesca per il contratto collettivo, cfr. X. XXXXXXX, Der industrielle Arbeitsvertrag in der deutschen Rechtswissenschaft des 19. Jahrhunderts, in Studien zur europäischen Rechtsgeschichte, Frankfurt am Main, herausgegeben von X. XXXXXXX, Frankfurt am Main, Xxxxxxxx Xxxxxxxxxxx, 1972, p. 288-303, nonchè X. XXXXXX, Vertragszwang und Vertragsfreiheit im Recht der Arbeit von der Frühen Neuzeit bis in die Moderne, Frankfurt am Main, Xxxxxxxx Xxxxxxxxxxx, 2013, e i saggi contenuti in Arbeit und Recht seit 1800: historisch und vergleichend, europäisch und global, herausgegeben von X. XXXXXXX, Xxxx-Xxxxxx-Xxxx, Xxxxxx, 0000. Per una sintesi, con riferimenti alle fonti, cfr. XXXXXXXXX, XXXXXXX, Storia del diritto privato in Europa, cit., pp. 270-272 (p. 274 per una bibliografia di massima).
149 «Archiv für Xxxxxxxxxxxxxx xxx xxxxxxxx Xxxxxxxx xx xxx xxxxxxxxx Xxxxxxx», 00 (1856), n. 42, pp. 55-57.
000 X. XXXXXXXXX, Xxx xxxxxxxx Xxxxxxx, xx «Xxxxxxxxxx für die Dogmatik des heutigen römischen und deutschen Privatrechts», 14 (1875), n. V, pp. 228-283, soprattutto §§ 44-54, pp. 256-267 (sulle caratteristiche del recesso nel contratto di lavoro e sulle condotte che lo giustificano cfr. § 53, pp. 261-265).
151 Cfr. sentenza 21 ottobre 1881 del Tribunale superiore dell’Impero, in «Archiv für Xxxxxxxxxxxxxx xxx xxxxxxxx Xxxxxxxx xx xxx xxxxxxxxx Xxxxxxx», 00 (1882), n. 109, pp. 160-161.
E l’Italia? Anche nell’Italia in cui, fino agli anni Sessanta, di recesso non si parlava affatto152, i magistrati confermano la possibilità di ricorrere al licenziamento ad nutum, o ‘su due piedi’, come si diceva (così, per esempio, la Cassazione di Torino, nel 1874), perché il datore può licenziare «quando meglio gli sembri, il locatore», precisa la cassazione di Napoli nel 1877153. Motivato da ragioni economico-produttive, il recesso penitenziale, di cui il licenziamento è certamente la rappresentazione più emblematica, trovava ‘cassa da risonanza’ nell’apprezzamento per la dottrina tedesca, intrisa di volontarismo e liberalismo economico, nei confronti della quale i giuristi italiani di quegli anni nutrono ammirazione e mutuano gli indirizzi, all’insegna di una vera e propria Kulturnation ostile a una Vertragsbidung (forza di legge) incondizionata, incapace di conoscere eccezione.
Se i primi strappi alla forza di legge si manifestano all’interno della fortunata Teoria delle obbligazioni di Xxxxxxx Xxxxxx, del 1876, ove il rispetto della vincolatività dell’accordo trova eccezione nella legge e nel patto espresso154, a un vero e proprio squarcio si assiste nel 1887, quando Xxxxxxxx Xxxxxxx, attingendo alla deutsche Wissenschaft, affianca al «principio di ragion naturale, che solo col mutuo dissenso possa sciogliersi un vincolo, che dal mutuo consenso ebbe origine», un altro
«principio generale in tema d’obbligazioni». Quello per cui «il creditore non sia mai obbligato a concorrere all’adempimento del contratto, col ricevere la prestazione promessagli»: è il «recesso unilaterale», che opera come «causa d’estinzione» dei contratti, e non solo come rimedio privilegiato della locazione, al quale Xxxxxxx andava dedicando la sua attenzione155. La stessa propensione a procedere in astratto, la stessa tendenza ad ammettere un ‘ritiro’ al di là dei singoli tipi marca di sé (con toni, se possibile, ancora più enfatici) Il contratto di lavoro di Xxxxxxx, avido lettore della Pandettistica dai tempi dei suoi studi giovanili a Berlino, inducendolo a suggerire un ricorso
«larghissimo, incondizionato» del recesso, e dunque non solamente con riferimento a specifiche fattispecie – come il mandato – bensì (e con buona pace di Xxxxx Xxxxxx, che lo avrebbe confinato alla sola locazione) per tutti i contratti156.
È il 1901 e, dal ‘giovane’ settore del lavoro, il recesso è nel frattempo emigrato in quello ancor più emergente del diritto commerciale, grazie al primo comma dell’art. 366 del codice Xxxxxxx, del 1882, che consente al mandatario (con la rivocazione) e al mandante (attraverso la rinuncia) di ‘interrompere’ il rapporto senza giusta causa157, secondo l’impostazione tradizionale del diritto comune, ma applicata a nuovi tipi di rapporti con riferimento ai quali, superate accese dispute, il ‘ripensamento’ risponde a differenti finalità, non solamente determinative, potendosi applicare a tutti
152 Sul punto si rinvia a ROSSI, La costruzione giuridica del licenziamento, cit., pp. 108-109.
153 Cassazione di Torino, 28 marzo 1874, in «Monitore dei Tribunali», 15 (1874), pp. 321-322, Cassazione di Napoli,
29 gennaio 1877, in «La Legge», 17.1 (1877), pp. 350-351, e Cassazione di Roma, 12 ottobre 1888, Società Alti-Forni di Terni c. Ornofi, in «Monitore dei Tribunali», 30 (1889), p. 165 (casistica della giurisprudenza intorno al licenziamento nell’Ottocento italiano in X. XXXXX, L’emersione del licenziamento in età liberale (1865-1914) fra codice, dottrina e giurisprudenza, in «Giornale di diritto del lavoro e di relazioni industriali», 146.2 (2015), pp. 231-272, in particolare pp. 240-258).
154 «I contratti possono dissolversi per la volontà di una parte sola, 1° quando sia stato così pattuito; 2° quando qualche disposizione eccezionale di legge conceda ad una, o ad entrambe le parti questa facoltà» (X. XXXXXX, Teoria delle obbligazioni nel diritto moderno, vol. IV, Fonti delle obbligazioni. Continuazione e fine dei contratti, Firenze, Xxxxxxx e Xxxxxxx Xxxxxxxx, 1879, § 198, pp. 218-220, citazione a p. 219). Sul Xxxxxx si rinvia alle voci biografiche di X. XXXXXXX, Xxxxxx, Xxxxxxx, in DBI, vol. LV, 2000, pp. 317-319, e X. XXXXXXXX, Xxxxxx, Xxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxx, in DBGI, pp. 1003-1004.
000 X. XXXXXXX, Xxxxxxx xxxxx xxxxxxxxx (xx ispecie sui Capi I, II, III del Tit. IX Lib. III del Cod. civ. del Regno), in
«Rivista italiana per le scienze giuridiche», 4 (1887), pp. 408-450, in particolare p. 415, da cui le citazioni.
156 Cfr. X. XXXXXXX, Il contratto di lavoro nel diritto positivo italiano, Milano, Società Editrice Libraria, 1901, § 328,
p. 823 e X. XXXXXX, Della locazione, vol. II, Locazione di opere, Napoli-Torino, Marghieri-Utet, 1908, rispettivamente
§ 117, pp. 627-643
157 «Se l’esecuzione del mandato è interrotta per la rivocazione del mandante o per la rinunzia del mandatario, senza giusta causa, si fa luogo al risarcimento dei danni» (Codice di commercio del Regno d’Italia, Roma, 1882, p. 114).
i tipi di mandato, come sostenuto da Xxxxxx Xxxxxxx, e non esclusivamente a quelli a termine, come preferiva Xxxxxx Xxxxxx000.
Ma quale nesso lega prestazione d’opere al mandato commerciale, e in generale a tutti i contratti, di fronte alla possibilità di ritirarsi altera parte nolente dal rapporto, fornendo così nuova linfa allo sforzo di astrazione con il quale i giuristi si cimentavano ormai da decenni per consentire al dissenso unilaterale di sciogliere il contratto oltre i tipi legali? La fiducia. La «fiducia personale», secondo la Cassazione di Torino nel 1882, «entra come elemento essenziale» nella locazione d’opere159; la fiducia, per Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxx, «costituisce la ragione d’essere del rapporto» nel mandato commerciale160; la fiducia, clausola generale che governa il diritto privato, legittima, se tradita, lo ius poenitendi (in senso largo) segnandone il definitivo ingresso nel sistema in chiave di rimedio generale, proteiforme, adatto ad operare in differenti rapporti e per far fronte a diverse circostanze.
Proprio la duttilità della dichiarazione recettizia unilaterale estintiva consente al recesso, giunti agli inizi del Novecento, di marciare di pari passo con gli usi dell’impresa, i cui sperequati poteri a danno del consumatore stimolano le riflessioni di Xxxxxx Xxxxxxx e di Xxxxxx Xxxxxx sugli abusi del contraente forte, e la Cassazione romana a enunciare il principio secondo cui, nelle vendite di polizze sulla vita, «basta la sola volontà unilaterale» per determinare lo «scioglimento del contratto dopo il primo anno, senza che occorra all’uopo l’intervento o l’adesione della società assicuratrice»161. È il 1911 e questa fattispecie di recesso legale (il riscatto previo pagamento di un tantundem) nel contratto di assicurazione, sulla quale Xxxxxxx aveva già scritto pagine note intorno al «timore» che le compagnie impongano agli assicurati «patti eccessivamente onerosi, e che questi non possano discuterli liberamente per la uniformità delle Polizze»162, pare quasi porsi come antesignano del
158 Cfr., rispettivamente, X. XXXXXX, Della revoca del mandato commerciale (art. 366 Cod. di comm.) e Il mandato e la rappresentanza nel codice di commercio, entrambi in «Il diritto commerciale», 16 (1898), fascicoli 3 e 5, che anticipano la monografia Del mandato commerciale e della commissione (in X. XXXXX, A XXXXXXXXXXXX, X. XXXXXXX, X. XXXXXXXXX,
X. XXXXXXXXX, A SRAFFA, X. XXXXXX, Commentario al codice di commercio, vol. IV, tit. XII, Milano, X. Xxxxxxxx, s.d. (ma 1900), pp. 1-208), nonché ID., Sulla revoca del mandato commerciale (nota a sentenza di Xxxxx xx Xxxxxxxxxx xx Xxxxxxx, 0 febbraio 1906), in «Rivista di Diritto Commerciale», 4.2 (1906), pp. 295-298, e C. VIVANTE, Sull’interpretazione dell’art. 366 cod. di comm. (nota a sentenza di Corte d’Appello di Milano, 30 dicembre 1912), in
«Rivista di Diritto Commerciale», 11.2 (1913), pp. 117-127, specialmente pp. 125-127). Sulla querelle cfr. anche XXXXXXXXX, Il recesso unilaterale dal contratto, cit., pp. 91-97, che propende per la tesi di Xxxxxxx. Il tema è stato approfondito nel dettaglio da X. XXXXX, Xxxxxx Xxxxxx. Un ‘antiteorico’ del diritto, Xxxxxx, Xxxx, 0000, pp. 128-131 (nonché EAD., Sraffa, Xxxxxx, in DBGI, vol. II, pp. 1908-1911). Qualche indicazione di sintesi in ROSSI, La costruzione giuridica del licenziamento, cit., p. 146, nota 155. Sul codice di commercio del 1882 si rinvia ad X. XXXXX, Per una storia del diritto commerciale contemporaneo, Pisa, Pacini Giuridica, 2021, pp. 114-123.
159 Xxxxx xx Xxxxxxxxxx xx Xxxxxx, 00 febbraio 1882, Xxxxx e Xxxxxx Xxxxxxxxx c. Xxxxx Xxxxxxx, in «Monitore dei tribunali», 23 (1882) pp. 513-514.
160 X. XXXXXXXXXX, Xxx recesso unilaterale nel mandato di commercio, in Studi in onore di Xxxxxx Xxxxx nel XXX anno del suo insegnamento, Palermo, Stab. Tip. ditta X. Xxxxx, 1910, pp. 691-710, p. 693.
161 C. VIVANTE, Le nuove influenze sociali nel diritto privato. Discorso inaugurale letto nel giorno 8 novembre 1902, Roma, Fratelli Palotta, 1902, e X. XXXXXX, La riforma della legislazione commerciale e la funzione dei giuristi, in «Rivista di diritto commercial», 11.1 (1913), pp. 1013-1022, nonché Xxxxx xx Xxxxxxxxxx xx Xxxx, 00 settembre 1910, Pellegrini
c. Mutua italiana Assicuratrice, in «Rivista di diritto commerciale», 9.2 (1911), pp. 464-475.
162 C. VIVANTE, Il contratto di assicurazione, vol. III, Milano, Hoepli, 1887, p. 165: di qui la «gelosa sollecitudine» dei legislatori nei confronti degli assicurati e, per contro, la «sfiducia sistematica nei confronti delle Compagnie» (cita, tra gli esempi più recenti in tale direzione, il codice civile ungherese e la legge federale svizzera) che tuttavia giudica
«dispotica e repressiva» (ivi, pp. 165-166). Già nel 1885, del resto, occupandosi di assicurazione contro di danni, di fronte all’annoso problema delle polizze sottoscritte senza previa lettura (e quindi senza consenso), Vivante propendeva per la stabilità del rapporto, ritenendo che «se si concedesse agli assicurati di infirmare il consenso […] si farebbe dipendere dal loro arbitrio l’esistenza del contratto» (C. VIVANTE, Il contratto di assicurazione, vol. I, Milano, Hoepli, 1885, p. 51. Il passaggio è citato in La giustizia contrattuale. Itinerari della giurisprudenza italiana tra Xxxx e Novecento, a cura di
X. XXXXXX, Milano, Xxxxxxx, 2009, p. XXVIII). Il che non preclude una dura critica alla «posizione privilegiata» assicurata ai commercianti dal ‘loro’ codice: «una legge di classe», che lascia senza difesa «depositanti», «assicurati», «portatori di obbligazioni», «azionisti», e che «permette al commerciante di attenuare nelle clausole dei contratti la propria responsabilità o di sopprimerla completamente» (cfr. C. VIVANTE, I difetti sociali del codice di commercio. Prolusione al corso di diritto commerciale nell’Università di Roma, qui consultato in «Monitore dei Tribunali», 1899 (40), pp. 341- 345). Sul ruolo di Vivante si vedano le riflessioni di I. XXXXXXXX, L’età vivantiana: tra Xxxxxx e Xxxxx, giovani
recesso da ‘assedio’ commerciale, quello ius se poenitendi a cui si ricorre oggi per uscire da rapporti stipulati contro, senza o a prescindere dalla volontà.
Sono gli albori di un nuovo capitolo della storia del dissenso unilaterale, quello relativo al recesso del consumatore, i cui prodromi, tra le due Grandi Guerre, i giuristi registrano con l’interesse suscitato dalla novità (il fenomeno occupa ancora una ‘zona grigia’ nell’ordinamento e la casistica, da episodica, va facendosi vieppiù frequente) e con l’attenzione da riservare a un fenomeno, quello della contrattazione di massa nella società capitalistica, che desta sempre maggior preoccupazione per via delle pratiche aggressive – clausole compromissorie, inserimento di clausole nelle «fatture commerciali»163, e ancora contratti di adesione e condizioni generali di contratto164 – con cui delle grandi imprese, abusando del loro potere contrattuale a danno di una generalità di soggetti spesso non adeguatamente informati o consapevoli, ne mettono in pericolo la capacità di determinare liberamente e il consenso.
Storia tutta da scrivere e recentissima, se è vero che, ancora nel 1964, dalla relazione annuale sull’anno giudiziario, il procuratore generale presso la Cassazione Xxxxxx Xxxxx lamentava, tra i fattori di insicurezza che scoraggiano i cittadini nel silenzio della legge, il numero «sempre crescente delle cause aventi ad oggetto»
l’inadempimento di obbligazioni derivanti da vendite rateali alle quali dà incentivo una pubblicità sempre più vasta ed allettante che concorre a creare un volume di affari sproporzionato rispetto alla effettiva capacità di assorbimento da parte dei consumatori, spesso non in grado di rendersi conto della portata delle condizioni contrattuali cui si assoggettano e delle responsabilità correlative165.
5. Riflessioni conclusive: sul fondamento, il luogo e i problemi irrisolti del recesso unilaterale.
Se in questa sede non è possibile compiere una ricognizione intorno ai percorsi dello ius poenitendi nei contratti di consumo, pare necessario soffermarsi brevemente su tre punti – vale dire il fondamento del recesso; il luogo in cui esso si colloca all’interno del sistema; il problema irrisolto (né risolvibile) di ogni sua analisi generale – che toccano da vicino le corde del conflittuale rapporto consenso- dissenso evocato dallo scioglimento unilaterale del contratto e chiudere, così, il cerchio sulle sorti incontrate dal recesso lungo l’arco di tempo preso in considerazione.
Cominciando con il fondamento dello scioglimento unilaterale, che attiene ab imis alla libertà e all’autonomia contrattuale al di là e contro la vincolatività dei patti, esso trova linfa nella concezione novecentesca per cui l’obbligazione non sia indefettibilmente coercibile. Da questa visione delle cose discende che la possibilità di abbandonare unilateralmente il contratto non sia un’eresia giuridica, come invece propugnato per secoli e soprattutto durante la stagione del volontarismo moderno. Il che finisce per confermare le osservazioni da cui hanno preso il via queste riflessioni, in particolare
commercialisti crescono (Mossa e Asquini dalla formazione alla cattedra, 1909-1921), in ‘Non più satellite’. Itinerari giuscommercialistici tra Xxxx e Novecento, a cura di I. XXXXXXXX, Pisa, Edizioni ETS, 2019, pp. 169-233, in particolare pp. 169-174 (cfr. anche X. XXXXXX, Xxxxxx Xxxxxxx, in Il contributo italiano alla storia del pensiero – Diritto, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2012, pp. 446-450).
163 Cfr. X. XXXXXXXXX, La tacita accettazione delle clausole apposte alle fatture commerciali, in «Monitore dei Tribunali», 63 (1922), pp. 385-387, ove tale prassi, che presuppone un consenso tacito difficilmente ammissibile, trova legittimazione nella «pratica della vita e dei rapporti commerciali» e soprattutto nel fatto per cui «il compratore non è più, come un secolo fa, l’ingenuo che va alla fiera per farsi necessariamente tosare dal mercante» (p. 386, da cui anche le citazioni nel testo).
164 Sul punto cfr. X. XXXXXX, Un pioniere della giustizia contrattuale: Xxxxxxx Xxxxx e i contratti di adesione, in
«Quaderni Fiorentini», 45 (2016), pp. 249-293 (nonché, in ottica più ampia, ID., La funzione sociale del contratto: riflessioni di uno storico del diritto, in La funzione sociale del diritto privato tra XX e XXI secolo, a cura di X. XXXXXXX,
M.N. XXXXXXX, Roma, Roma TrE-Press, 2017, pp. 151-168, in particolare pp. 158-163) e MONTI, Xxxxxx Xxxxxx. Un ‘antiteorico’ del diritto, cit., pp. 171-173.
165 X. XXXXX, Discorso per l’inaugurazione dell’anno giudiziario 1964. Relazione sull’amministrazione della Giustizia nell’anno 1963 del Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte Suprema di Cassazione, Roma, Arte della stampa, 1964, pp. 5-6.
sull’impossibilità di spostare troppo all’indietro le date di nascite relative alla configurazione di strumenti che appartengono alla storia recente166.
Nonostante infatti si continui a insistere, più per abitudine che per convinzione, sulla forza di legge del contratto, la tenuta del rapporto obbligatorio – della sua capacità di obbligare, per intendersi
–, già ‘aggredita’, nel corso dell’Ottocento, da numerose ipotesi di ‘uscita’ unilaterale dal contratto (mi limito a citare, tra gli esempi che si potrebbero fare, quella eclatante del licenziamento)167, entra definitivamente in crisi durante il secolo successivo. Secolo breve, ma di grandi rotture e incertezze, il Novecento, che vede il dogma pacta sunt servanda smentito al punto da mettere in discussione la capacità stessa dei contratti di vincolare le parti. La circostanza, oggi, non stupisce nessuno: come autorevolmente sostenuto, «vi sono contratti che non vincolano; il potere di recesso è la regola, nella disciplina dei singoli tipi, e il legislatore lo introduce in via generale come strumento di protezione»168. Obbligazioni senza consenso e inadempimento senza antigiuridicità169 sono oggi all’ordine del giorno, ma un secolo fa la questione della ‘non obbligatorietà dell’obbligazione’ impose di coordinare gli strumenti giuridici con le variabili sociali, economiche e culturali di cui il diritto deve rappresentare il precipitato.
Ora, il problema del fondamento può naturalmente essere affrontato da diverse prospettive ed entro orizzonti molto vasti, ma anche solo restando all’esperienza italiana della prima parte del XX secolo è palpabile, nei tecnici del diritto, la necessità di rispondere alla crisi dell’obbligazione (o, per meglio dire, della reciprocità tra diritto e obbligo) di fronte al dilagare della facoltà di abbandonare il rapporto altera nolente, e quindi davanti all’incoercibilità dell’agire del debitore che rovesciava le plurisecolari certezze del sistema contrattuale. Di tali certezze, a farne le spese in modo particolare fu quella, antica ma sconfessata dalla prassi, che voleva l’obbligazione gravitare sul dovere di un soggetto nell’interesse altrui. Che il diritto all’esecuzione della prestazione si sia trasformato in una aspettativa, lo conferma innanzitutto l’apertura della giurisprudenza intorno al recesso, nei confronti delle cui modalità attuative serpeggia un marcato afflato antiformalistico, ben riassunto dalla sentenza del 1916 con cui la corte d’appello di Milano, qualificando lo scioglimento unilaterale come atto eminentemente recettizio, precisava che, per sciogliersi dal contratto di società, «la semplice dichiarazione di recesso […] è valida ed efficace»170.
Sconfessata dalla prassi, la forza vincolante del rapporto giuridico viene ‘derubricata’ anche dai teorici, cedendo così il passo a nuovi sistemi di imputazioni di forza: nelle celebri pagine di Xxxxxx Xxxxx del 1920 l’obbligazione diventa un semplice «mezzo» – «normale, ma non unico» – affinchè il creditore consegua «il soddisfacimento di un suo determinato interesse privato»; nel Diritto e processo di Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxx, del 1927, essa si sostanzia nella tolleranza del creditore, il quale prima di agire (prima, cioè, di reagire all’inadempimento) «attende, non pretende»; nello stesso anno Xxxxxxxx Xxxxxxxxx la ridimensiona a «semplice aspettativa del creditore», dal momento che «la prestazione che forma oggetto del debito del debitore dipende esclusivamente dalla sua volontà, sulla quale non può concepirsi una signoria o potere giuridico, perché la volontà è libera e incoercibile»171.
166 Supra, § 1, note 9-10 e testo corrispondente.
167 Supra, § 4.2, note 143-156 e testo corrispondente.
168 DE NOVA, Recesso e risoluzione nei contratti, cit., pp. 12-13.
169 Cfr. XXXXXXXX, Diritto senza identità, cit., p. 153.
170 Corte d’appello di Milano, 28 marzo 1916, Moiraghi c. Torrazzi, in «Monitore dei Tribunali», 57 (1916), p. 308. Pacifica, già sul finire dell’Ottocento, la questione relativa al recesso per variazione dell’oggetto sociale: cfr., per esempio, Cassazione di Torino, 1° febbraio 1894, Socco-Suardo, Croce, Crivellari; Banca Recchese c. Terrili, in «Monitore dei Tribunali», 35 (1894), p. 485, ove, per l’appunto, «il recesso ex art. 158 cod. comm. non è necessario che sia accettato». Esiti simili, e più risalenti, possono cogliersi con riferimento al contratto di assicurazione: cfr. giudice conciliatore di Bergamo, 20 ottobre 1905, Società Reale Mutua Incendi di Torino x. Xxxx («Monitore dei Tribunali», 46 (1905), p. 916), secondo il quale «non serve, sebbene imposta per patto, una formale notificazione da parte dell’assicurato, ma una semplice diffida».
171 Cfr., rispettivamente, X. XXXXX, Il concetto della obbligazione costruito dal punto di vista dell’azione, Macerata, Tipografia Cooperativa, 1920 (qui consultato in Diritto sostanziale e processo. Con presentazione di Xxxxxxxx Xxxx, Milano, Xxxxxxx, 2006, pp. 1-202), § 29, p. 179; X. XXXXXXXXXX, Diritto e processo nella teoria delle obbligazioni, in Studi di diritto processuale in onore di Xxxxxxxx Xxxxxxxxx nel 25. anno del suo insegnamento, Padova, Cedam, 1927,
Alle soglie del post-moderno, insomma, scienza ed esperienza confermano come, a seguito e per effetto dei grandi mutamenti occorsi, il creditore si trovi ormai nella situazione di aspettare l’adempimento, in attesa in un agire libero e incoercibile del debitore, al quale spetta di optare se dar corso all’obbligazione oppure se abbandonare il rapporto con un atto unilaterale e insindacabile, che esprime le ampie latitudini della sua libera volontà. Nel 1939, cioè durante gli ultimi anni di vigenza del codice liberale del 1865, quando i lavori della Commissione reale vengono trasfusi in progetti definitivi e si entra nella fase finale di preparazione del nuovo codice civile, Xxxxx Xxxxxxxxx scrive che «la volontà unilaterale può spiegare un’ampia efficacia nella dissoluzione del rapporto contrattuale». È l’avvio della sua trattazione – la prima, in Italia – sul recesso, a cui attende per delineare «una disciplina generale dell’istituto»172.
Se l’obiettivo deve considerarsi fallito, perché tracciare una disciplina unitaria dell’istituto è impossibile, nondimeno il lavoro ha il merito di confermare una volta per tutte come la facoltà, apparentemente ‘eretica’, di sciogliere da soli ciò che si era costruito insieme abbia assunto i contorni di una realtà (giuridica) con la quale il diritto ha imparato a fare i conti e che ha saputo accettare. Il recesso, scrive Xxxxxxxxx aderendo alla communis opinio sullo scioglimento unilaterale del contratto, non deve affatto considerarsi eccezionale, o contrastante i dogmi del sistema, ma svetta nel sistema alla stregua di «un principio generale», un principio «sorretto da un particolare fondamento», che, prosegue, «ha spinto il legislatore a sancire il recesso allo scopo di dare la migliore regolamentazione del contratto»173. Sulla natura di questo fondamento, nonostante le velleità sistematizzanti, l’analisi si frangia, come è naturale che sia: ben consapevole della varietà di cause che giustificano il ‘ritiro’, Xxxxxxxxx adotta un approccio a ‘geometrie variabili’, riconducendolo ora alla fiducia che caratterizza alcuni contratti, ora alla prevalenza di un interesse sull’altro, ora a «un eccessivo onore economico che grava il debitore», ma in ogni caso ne coglie le potenzialità di strumento generale, espressione di
«un principio generale capace di essere prodotto ad consequentias» ai casi non espressamente previsti dal legislatore174.
Al di là dei limiti della trattazione, le riflessioni di Xxxxxxxxx intorno al recesso unilaterale dal contratto anticipano le scelte che di lì a poco, pur nello sconvolgimento degli originari programmi preparatori, il codice del 1942 adotterà, accompagnandoci al secondo punto di queste conclusioni, che riguarda il luogo in cui si colloca oggi il dissenso nel ‘sistema’ del contratto.
All’interno del codice civile – la cui unità è ormai perduta ma i cui principi restano – l’istituto, oggi chiamato per l’appunto recesso unilaterale (con tutte le ambiguità lessicali che il termine porta con sé)175, risiede tra le norme sugli effetti del contratto (art. 1373), immediatamente dopo il principio
pp. 221-341 (qui consultato in Diritto sostanziale e processo, cit., pp. 202-318), § 24, p. 260; X. XXXXXXXXX, Trattato delle obbligazioni secondo il diritto civile. Introduzione, Torino, Fratelli Bocca, 1927, §§ 15-16, pp. 28-30. Sul tema, associato dalla dottrina (italiana e straniera) a quello altrettanto complesso dell’azionabilità processuale della pretesa, si rinvia a X. XXXX, Un dialogo tra Xxxxx e Xxxxxxxxxx (intorno alla teoria dell’obbligazione), in «Rivista trimestrale di diritto e procedura civile», 61 (2007), pp. 1-14.
000 XXXXXXXXX, Xx recesso unilaterale dal contratto, cit., pp. 7 e 15 rispettivamente. Per un inquadramento sulla fase finale dei lavori preparatori del codice civile vedi X. XXXXXX, Disegno storico del diritto privato italiano (dal Codice civile del 1865 al Codice civile del 1942). Terza edizione aggiornata, Bologna, Pàtron Editore, 19963 (I ed. Bologna, Pàtron, 1980), in particolare pp. 103-170.
173 CALLEGARI, Il recesso unilaterale dal contratto, cit., pp. 184-185. Sulla naturale ‘plurale’ del fondamento del recesso l’autore torna ancora, più avanti, contestando recisamente l’impostazione di chi, come Xxxxxxx (X. XXXXXXX, Il contratto di lavoro nel diritto positivo italiano, vol. II, Società Editrice Libraria, 1917, p. 799), aveva dato allo scioglimento unilaterale «una base unitaria operando assai largamente coll’elemento della fiducia». Partendo dal presupposto che l’elemento fiduciario riguardi principalmente il rapporto di lavoro e il mandato, propone una personale classificazione degli «svariati fondamenti» del recesso nei contratti, che comprende la «durata indeterminata del contratto» per la locazione di cose e di opere; l’«elemento fiduciario» nel lavoro e nel mandato; la «prevalenza dell’interesse di un contraente» nel deposito, nell’appalto, nel trasporto, nel noleggio e nell’anticresi; l’«eccessivo onere economico» nel mutuo feneratizio; l’«irregolarità» e le «profonde modifiche nell’atto costitutivo o nello statuto» nelle società commerciali; l’«indole del contratto» nelle associazioni e nelle società a capitale variabile (pp. 192-193).
174 Ivi, p. 185.
175 Come noto, con recesso ci si può erroneamente riferire a dinamiche assimilabili alla revoca, e non di rado accade che l’atto unilaterale estintivo venga designato diversamente, ricorrendo a termini (disdetta, per esempio, o dimissioni)
della forza di legge (art. 1372), del quale storicamente ha rappresentato l’antagonista. Si tratta di una scelta topografica densa di connotati assiologici, che ritaglia al pentimento (in senso largo) un ruolo generale, definendone al contempo la funzione: non uno stratagemma per ‘colpire’ alle spalle la volontà dei contraenti, bensì uno strumento per correggerla di pari passo con l’evoluzione del rapporto, indirizzandolo verso direzioni – comprese, se del caso, ‘uscite’ anticipate – inizialmente non previste, prevedibili o auspicate, ma in ogni caso neppure da demonizzare, perché rientranti nel campo del lecito, e quindi della libertà a cui la golden rule dell’autonomia contrattuale deve sempre tendere.
Proprio la ‘convivenza’ tra forza impegnativa dell’accordo e risolubilità unilaterale entro il perimetro dell’autonomia giustifica la lettura del dissenso unilaterale come mezzo di ‘autotutela correttiva’, e questo non solo e non tanto nei contratti di durata (ove la funzione suppletiva di rapporti altrimenti lacunosi da parte del recesso costituisce dato, come si è visto, storicamente acquisito), ma soprattutto nelle ipotesi, a prima vista più difficilmente giustificabili, in cui esso operi con finalità impugnative e/o protettive, in chiave di integrazione, successiva e necessaria, della volontà originaria sulla quale il regolamento di interessi si fonda. Non è un caso che il codice civile si occupi dello scioglimento unilaterale immediatamente prima dell’integrazione del contratto (art. 1374), quasi a saldare l’esigenza di ‘autotutela correttiva’ a cui il recesso dà sfogo con il principio per cui il contratto vincola le parti al rispetto «non solo a quanto e nel medesimo espresso», ma anche di altre formanti suppletive, tra cui «gli usi e l’equità», di così antica memoria da far sembrare quello del nostro legislatore un richiamo di maniera.
Non è così. Sebbene negli ultimi settant’anni il diritto privato dei ‘micro-sistemi’ abbia conosciuto trasformazioni tali da renderlo pressoché irriconoscibile a un giurista attivo alla metà del XX secolo, è innegabile come dottrina e (soprattutto) giurisprudenza continuino a chiamare in causa criteri di giudizio e clausole generali ‘immanenti’ – buona fede oggettiva, lealtà dei comportamenti e correttezza, soprattutto in caso di contrarietà del recesso ad nutum all’art. 1375 – alla luce delle quali interpretare gli atti di autonomia contrattuale, tra i quali lo ius poenitendi in senso stretto. Il costante richiamo a equità e buona fede in un sistema che, non senza accorgimenti e perplessità, concede di ‘uscire’ dal rapporto senza adire il giudice non pare casuale, se solo si riflette sul fatto che la risoluzione ope legis per atto unilaterale può tradursi, diversamente da quella giudiziale, in un eccesso di ‘autotutela correttiva’ che giustifica il ricorso al recesso, e in particolare a quello del consumatore. Del modello giudiziale, a sua volta, si temono però le conseguenze in termini di lunghezze processuali che il recesso istantaneo scongiura e verso le quali si nutre insofferenza sempre maggiore. È l’eterno ritorno del binomio «giudizialità-stragiudizialità, il cui mutevole intrecciarsi da sempre illumina e colora il proprium della risoluzione»176.
Il timore, sempre presente nella mente dei giuristi, che lo ius poenitendi in senso largo (l’abbandono unilaterale a cui il recesso dà operatività, cioè) possa tradursi in un’aggressione al contratto, sposta ancora una volta i termini del discorso relativo al rapporto consenso-dissenso intorno alle modalità e agli effetti del recesso: un’eccezione, poi divenuta regola – o meglio, principio
che sinonimi non sono (sulle ambiguità del linguaggio tecnico cfr. XXXXXXXXX, Recesso, cit., p. 531). Ambigue gamme lessicali, del resto, si registrano altresì nei vocabolari giuridici stranieri: basti pensare alla contrapposizione terminologica tra résiliation e renonciation-révocation (ma anche congé, rétractation e retrait) riscontrabile nell’Ordonnance francese del 2016 (artt. 1225-1227: cfr. T. GENICON, “Résolution”et “résiliation” dans le projet d’ordonnance portant réforme du droit des contrats, in «La semaine juridique-édition générale (CPG)», 90.38 (2015), pp. 960-981), e poi all’accostamento tra desistimiento e revocación, rescisión, resolución, denuncia e renuncia nei paesi di lingua spagnola (sul punto X. XXXXXX CRIADO, El derecho de desistimiento en los contratos indefinidos y en los contratos con consumidores en la propuesta de modernización del Codico civil, in Derecho privado europeo y modernización del derecho contractual en España, directión de K.L. XXXXXX XXXXXXXX, Barcelona, Atelier, 2011, pp. 509-528, in particolare p. 512), o, ancora, alla giustapposizione Rücktritt/Kündigung nell’ordinamento tedesco, soprattutto dopo la Modernisierung del 2002 (cfr. X. XXXXXXXX, L’atto unilaterale di risoluzione per inadempimento, Torino, Giappichelli, 2013, pp. 177-182).
176 X. XXXXXXXXXXX, La risoluzione per inadempimento del duemila, in «Persona e Mercato», 10.1 (2018), pp. 74-87, p. 74.
generale – da applicare con xxxxxxx, la cui storia consente di gettare luce, attraverso l’esame delle dialettiche e delle contraddizioni tra i meccanismi operativi di volta in volta sperimentati, sugli stretti rapporti che legano lo scioglimento unilaterale del rapporto alla volontà concorde che tale rapporto aveva precedentemente originato.
Senonché l’analisi delle modalità e degli effetti del recesso – si passa così al terzo e ultimo punto
– si consuma tutta intorno all’impossibilità di descriverlo in modo semplice e, soprattutto, unitario. È il problema irrisolto del recesso, il quale, a ben vedere, è oggi principio generale, ma un principio al quale, come in passato, non corrisponde una disciplina altrettanto generale perché, come in passato, la pluralità delle situazioni all’interno delle quali lo scioglimento unilaterale opera giustifica differenti discipline, alimentando le lacerazioni e le incertezze che tradizionalmente ne accompagnano il racconto. Si ritorna, in un certo senso, dove si è iniziato: alla mancanza di un minino comune denominatore, al disordine. Un disordine a cui il post-moderno, nella generale fuga dall’unità delle fattispecie (o ‘crisi della fattispecie’) che contraddistingue da svariati decenni il diritto privato (e non solo il diritto privato)177, ci ha abituati rendendo accettabile l’idea di convivere con il caos.
177 N. IRTI, Un diritto incalcolabile, Torino, Giappichelli, 2016 (che raccoglie vari saggi sul tema). Alla crisi della fattispecie è stato recentemente dedicato un fascicolo della rivista «Ars interpretandi» (2019, issue 1) con contributi che analizzano il tema da varie prospettive (si segnala, in particolare, X. X’XXXXX, L’insostituibile leggerezza della fattispecie, pp. 49-70). Vedi supra, § 1, nota 9 e testo corrispondente.