Procedure per l’incentivazione degli investimenti pubblici durante il periodo emergenziale in relazione all’aggiudicazione dei contratti pubblici sotto soglia)
Semplificazioni del sistema Italia
(CON REL. ILLUSTRATIVA)
TITOLO I Semplificazioni in materia di contratti pubblici ed edilizia Capo I - Semplificazioni in materia di contratti pubblici
Articolo 1
(Procedure per l’incentivazione degli investimenti pubblici durante il periodo emergenziale in relazione all’aggiudicazione dei contratti pubblici sotto soglia)
1. Al fine di incentivare gli investimenti pubblici nel settore delle infrastrutture e dei servizi pubblici, nonché al fine di far fronte alle ricadute economiche negative a seguito delle misure di contenimento e dell’emergenza sanitaria globale del COVID-19, dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 luglio 2021, in deroga agli articoli 36, comma 2, e 157, comma 2, del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50, recante Codice dei contratti pubblici, si applicano le procedure di affidamento di cui ai commi 2, 3 e 4, qualora la determina a contrarre o altro atto di avvio del procedimento equivalente sia adottato entro il 31 luglio 2021. In tali casi, salve le ipotesi in cui la procedura sia sospesa per effetto di provvedimenti dell’autorità giudiziaria, l’aggiudicazione o l’individuazione definitiva del contraente avviene entro il termine di due mesi dalla data di adozione dell’atto di avvio del procedimento, aumentati a quattro mesi nei casi di cui al comma 2, lettera b). Il mancato rispetto dei termini di cui al periodo precedente, la mancata tempestiva stipulazione del contratto e il tardivo avvio dell’esecuzione dello stesso possono essere valutati ai fini della responsabilità del responsabile unico del procedimento per danno erariale e, qualora imputabili all’operatore economico, costituiscono causa di esclusione dell’operatore dalla procedura o di risoluzione del contratto per inadempimento che viene senza indugio dichiarata dalla stazione appaltante e opera di diritto.
2. Fermo quanto previsto dagli articoli 37 e 38, le stazioni appaltanti procedono all’affidamento delle attività di esecuzione di lavori, servizi e forniture, nonché dei servizi di ingegneria e architettura, inclusa l’attività di progettazione, di importo inferiore alle soglie di cui all’articolo 35 secondo le seguenti modalità:
a) affidamento diretto per lavori, servizi e forniture di importo inferiore a 150.000 euro;
b) procedura negoziata, senza bando, di cui all’articolo 63 del decreto legislativo n. 50 del 2016, previa consultazione di almeno cinque operatori economici, ove esistenti, nel rispetto di un criterio di rotazione degli inviti, che tenga conto anche di una differenziazione territoriale degli invitati, individuati in base ad indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici, per l’affidamento di servizi e forniture di importo pari o superiore a 150.000 euro e fino alle soglie di cui all’articolo 35 del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50 e di lavori di importo pari o superiore a 150.000 euro e inferiore a 350.000 euro, ovvero di almeno dieci operatori per lavori di importo pari o superiore a 350.000 euro e inferiore a un milione di euro, ovvero di almeno quindici operatori per lavori di importo pari o superiore a un milione di euro e fino alle soglie di cui all’articolo 35 del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50. I lavori possono essere eseguiti anche in amministrazione diretta, fatto salvo l'acquisto e il noleggio di mezzi, per i quali si applica comunque la procedura di cui al periodo precedente. L’avviso sui risultati della procedura di affidamento contiene anche l’indicazione dei soggetti invitati.
3. Gli affidamenti diretti possono essere realizzati tramite determina a contrarre, o atto equivalente, che contenga gli elementi descritti nell’articolo 32 comma 2 del decreto legislativo 18 aprile 2016 n.
50. Per le modalità di affidamento di cui al comma 2, lettera b), quando il criterio di aggiudicazione è quello del prezzo più basso, le stazioni appaltanti procedono all’esclusione automatica dalla gara
delle offerte che presentano una percentuale di ribasso pari o superiore alla soglia di anomalia individuata ai sensi dell’articolo 97, commi 2, 2-bis e 2-ter, del decreto legislativo n. 50 del 2016, anche qualora il numero delle offerte ammesse sia pari o superiore a cinque.
4. Per le modalità di affidamento di cui al presente articolo la stazione appaltante non richiede le garanzie provvisorie di cui all’articolo 93 del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50, salvo che, in considerazione della tipologia e specificità della singola procedura, ricorrano particolari esigenze che giustifichino tale richiesta, che la stazione appaltante indica nell’avviso di indizione della gara o in altro atto equivalente. Nel caso in cui sia richiesta la garanzia provvisoria, il relativo ammontare è dimezzato rispetto a quello previsto dal medesimo articolo 93.
Relazione illustrativa
L’articolo 1 è dedicato al sottosoglia, dove si prevedono solo due modalità di affidamento dei contratti pubblici. Si precisa che la norma, con riferimento al sottosoglia, è diretta a derogare ai soli articoli 36, comma 2, e 157, comma 2, del codice dei contratti, con la conseguente applicabilità delle altre norme dello stesso codice e, in particolare, dell’articolo 36, comma 1, il quale prevede che l'affidamento e l'esecuzione di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di cui all'articolo 35 avvengono nel rispetto dei principi di cui agli articoli 30, comma 1, 34 e 42, nonché del rispetto del principio di rotazione degli inviti e degli affidamenti e in modo da assicurare l'effettiva possibilità di partecipazione delle microimprese, piccole e medie imprese. Le stazioni appaltanti possono, altresì, applicare le disposizioni di cui all'articolo 50. Il primo comma dell’articolo 30 prevede in particolare che l’affidamento e l’esecuzione di appalti di opere, lavori, servizi, forniture e concessioni ai sensi del presente codice garantisce la qualità delle prestazioni e si svolge nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza. Nell'affidamento degli appalti e delle concessioni, le stazioni appaltanti rispettano, altresì, i principi di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonché di pubblicità con le modalità indicate nel presente codice. Il principio di economicità può essere subordinato, nei limiti in cui è espressamente consentito dalle norme vigenti e dal presente codice, ai criteri, previsti nel bando, ispirati a esigenze sociali, nonché alla tutela della salute, dell’ambiente, del patrimonio culturale e alla promozione dello sviluppo sostenibile, anche dal punto di vista energetico.
Una prima modalità (lett. a) è l’affidamento diretto e la seconda, applicabile fino alle soglie comunitarie (che per gli appalti di lavori superano i 5 milioni di euro), è costituita dalla procedura negoziata con consultazione di un numero variabile di operatori a seconda del valore dell’appalto. La disciplina vigente (art. 36 - più volte modificato negli ultimi, dapprima dalla legge di bilancio 2019 e, quindi, dallo sblocca cantieri) prevede 5 soglie differenziate in base alle soglie e alla tipologia di contratto da stipulare (lavori, servizi o forniture). In particolare: a) fino a 40.000 mila euro, affidamento diretto; b) tra 40.000 mila euro e 150.000 euro per lavori o fino alle soglie comunitarie per servizi e forniture, mediante affidamento diretto previa valutazione di tre preventivi, ove esistenti, per i lavori, e, per i servizi e le forniture, di almeno cinque operatori; c) per lavori tra 150.000 e 350.000 mediante la procedura negoziata dell’articolo 63, previa consultazione di almeno 10 operatori economici; c-bis) per lavori tra 350.000 e 1 milione di euro mediante la procedura negoziata previa consultazione di almeno quindici operatori; d) per lavori tra 1 milione di euro e le soglie comunitarie mediante procedura aperta (art. 60).
L’articolo 1 della norma proposta utilizza l’affidamento diretto per servizi, lavori e forniture fino ad una soglia più elevata di quella attualmente vigente (40.000 euro) e l’applicabilità della procedura negoziata senza bando con consultazione di almeno cinque operatori per tutte le altre procedure, nel
rispetto di un criterio di rotazione degli inviti, con individuazione degli operatori in base a indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici. In particolari, per servizi e forniture di importo pari o superiore a 150.000 euro e fino alle soglie di cui all’articolo 35 del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50 e di lavori di importo pari o superiore a 150.000 euro e inferiore a 350.000 euro la consultazione riguarda almeno cinque operatori. Per lavori di importo pari o superiore a 350.000 euro e inferiore a un milione di euro la consultazione deve riguardare almeno dieci operatori e quindici operatori per lavori di importo pari o superiore a un milione di euro e fino alle soglie di cui all’articolo 35 del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50.
Il primo comma precisa che le disposizioni dell’articolo si applicano solo qualora l’atto di avvio della procedura di affidamento ovvero la determina a contrarre o altro atto equivalente sia adottato entro il 31 luglio 2021. Al fine di accelerare i tempi di apertura dei cantieri, si prevede ancora che in tali casi l’aggiudicazione o l’individuazione definitiva del contraente debbano avvenire entro il termine di due mesi dalla data di adozione dell’atto di avvio del procedimento per le ipotesi di cui all’articolo 1, comma 2, lettera a), e di quattro mesi per le ipotesi di cui alla lettera b). Il mancato rispetto del termine in questione, la mancata tempestiva stipulazione del contratto e il tardivo avvio dell’esecuzione del contratto, in quanto condotte omissive non giustificate dalla sospensione della procedura per atti dell’autorità giudiziaria, vengono valutati ai fini della responsabilità del responsabile unico del procedimento per danno erariale e, qualora imputabili all’operatore economico, costituiscono causa di esclusione dell’operatore dalla procedura o di risoluzione di diritto del contratto per inadempimento che viene senza indugio dichiarata dalla stazione appaltante. Il terzo comma precisa che gli affidamenti diretti possono essere realizzati tramite determina a contrarre o atto equivalente che contenga, sotto un profilo contenutistico, gli elementi descritti all’articolo 32, comma 2, del decreto legislativo n. 50 del 2016 e, quindi, gli elementi essenziali del contratto e i criteri di selezione degli operatori economici e delle offerte.
Il quarto comma prevede che la stazione appaltante non possa chiedere le garanzie provvisorie di cui all’articolo 93 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, salvo che in considerazione della tipologia e specificità della singola procedura, ricorrano particolari esigenze che giustifichino tale richiesta, che la stazione appaltante indica nell’avviso di indizione della gara o in altro atto equivalente. In ogni caso, nelle ipotesi in cui sia richiesta la garanzia provvisoria, il relativo ammontare è dimezzato rispetto a quello previsto dal medesimo articolo 93.
Relazione tecnica
La disposizione ha carattere eminentemente ordinamentale e non determina, pertanto, nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Articolo 2
(Procedure per l’incentivazione degli investimenti pubblici in relazione all’aggiudicazione dei contratti pubblici sopra soglia e di rilevanza nazionale)
1. Al fine di incentivare gli investimenti pubblici nel settore delle infrastrutture e dei servizi pubblici, nonché al fine di far fronte alle ricadute economiche negative a seguito delle misure di contenimento e dell’emergenza sanitaria globale del COVID-19, si applicano, dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 luglio 2021, le procedure di affidamento di cui al presente articolo qualora la determina a contrarre o altro atto di avvio del procedimento equivalente sia adottato entro il 31 luglio 2021. In tali casi, salve le ipotesi in cui la procedura sia sospesa per
effetto di provvedimenti dell’autorità giudiziaria, l’aggiudicazione o l’individuazione definitiva del contraente avviene entro il termine di sei mesi dalla data di adozione dell’atto di avvio del procedimento. Il mancato rispetto dei termini di cui al periodo precedente, la mancata tempestiva stipulazione del contratto e il tardivo avvio dell’esecuzione dello stesso possono essere valutati ai fini della responsabilità del responsabile unico del procedimento per danno erariale e, qualora imputabili all’operatore economico, costituiscono causa di esclusione dell’operatore dalla procedura o di risoluzione del contratto per inadempimento che viene senza indugio dichiarata dalla stazione appaltante e opera di diritto.
2. Le stazioni appaltanti procedono all’affidamento delle attività di esecuzione di lavori, servizi e forniture nonché dei servizi di ingegneria e architettura, inclusa l’attività di progettazione, di importo pari o superiore alle soglie di cui all’articolo 35 del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50, mediante la procedura aperta, ristretta o, nei casi previsti dalla legge, la procedura competitiva con negoziazione di cui agli articoli 61 e 62 del decreto legislativo n. 50 del 2016, per i settori ordinari, e di cui agli articoli 123 e 124, per i settori speciali, ovvero ricorrendone i relativi presupposti con le procedure di cui agli articoli 63 e 125 del medesimo decreto legislativo n. 50 del 2016, in ogni caso con i termini ridotti di cui all’articolo 7, comma 1, lettera d).
3. Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, è individuato l’elenco delle opere di rilevanza nazionale la cui realizzazione è necessaria per il superamento della fase emergenziale o per far fronte agli effetti negativi, di natura sanitaria ed economica, derivanti dalle misure di contenimento e dall’emergenza sanitaria globale del COVID-19 e per i quali vi è una situazione di estrema urgenza tale da non consentire il rispetto dei termini, anche abbreviati, previsti dalle procedure ordinarie e derivante dagli effetti della crisi causata dalla pandemia o dal periodo di sospensione delle attività determinato dalle misure di contenimento adottate per fronteggiare la crisi. Le stazioni appaltanti procedono all’affidamento delle attività di esecuzione di lavori, servizi e forniture nonché dei servizi di ingegneria e architettura, inclusa l’attività di progettazione, in relazione a contratti relativi o collegati alle opere inserite nell’elenco di cui al periodo precedente, nonché ad altri contratti che le stazioni appaltanti ritengano necessari per soddisfare le esigenze connesse alla pandemia e per i quali vi è una situazione di estrema urgenza tale da non consentire il rispetto dei termini, anche abbreviati, previsti dalle procedure ordinarie, mediante la procedura negoziata di cui all’articolo 63 del decreto legislativo n. 50 del 2016, per i settori ordinari, e di cui all’articolo 125, per i settori speciali.
4. Fermo quanto previsto dal presente articolo, le stazioni appaltanti, per l’affidamento delle attività di esecuzione di lavori, servizi e forniture nonché dei servizi di ingegneria e architettura, inclusa l’attività di progettazione, regolate dal presente articolo, operano in deroga ad ogni disposizione di legge diversa da quella penale, fatto salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, nonché dei vincoli inderogabili derivanti dall'appartenenza all'Unione europea e dei principi di cui agli articoli 30, 34 e 42 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50.
5. Gli atti delle stazioni appaltanti adottati ai sensi del presente articolo sono pubblicati e aggiornati sul sito istituzionale delle stazioni appaltanti, nella sezione «Amministrazione trasparente» e sono soggetti alla disciplina di cui al decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33. Nella medesima sezione, e sempre ai sensi e per gli effetti del predetto decreto legislativo n. 33 del 2013, sono altresì pubblicati gli ulteriori atti indicati all'articolo 29, comma 1, del decreto legislativo n. 50 del 2016. Il ricorso ai contratti secretati di cui all’articolo 162 del decreto legislativo n. 50 del 2016 è limitato ai casi di stretta necessità e richiede una specifica motivazione.
Relazione illustrativa
L’articolo 2 disciplina le procedure applicabili ai contratti superiori alle soglie comunitarie ovvero a contratti relativi ad opere di rilevanza nazionale, prevedendo che le procedure di cui al presente
articolo si applichino qualora l’atto di avvio del procedimento amministrativo, la determina a contrarre o altro atto equivalente, sia adottato entro il 31 luglio 2021. L’aggiudicazione o l’individuazione definitiva del contraente deve quindi avvenire entro il termine di 6 mesi dalla data di adozione dell’atto di avvio del procedimento. Analogamente a quanto previsto all’articolo 1, il mancato rispetto del termine in questione, la mancata tempestiva stipulazione del contratto e il tardivo avvio dell’esecuzione del contratto, in quanto condotte omissive non giustificate dalla sospensione della procedura per atti dell’autorità giudiziaria, vengono valutati ai fini della responsabilità del funzionario per danno erariale e, qualora imputabili all’operatore economico, costituiscono causa di esclusione dell’operatore dalla procedura o di risoluzione di diritto del contratto per inadempimento che viene senza indugio dichiarata dalla stazione appaltante.
Per le procedure relative ai contratti superiori alle soglie di cui all’articolo 35 del codice si prevede l’applicabilità della procedura aperta, ristretta o negoziata prevista dagli articoli 61 e 62 del codice dei contratti pubblici per i settori ordinari e agli articoli 123 e 124 per i settori speciali, con i termini ridotti di cui all’articolo 7 del presente decreto-legge. Rimane salva la possibilità di fare ricorso alle procedure negoziate senza pubblicazione di bando di gara nel caso sussistano i relativi presupposti ovvero, previa motivata determinazione della stazione appaltante, alle procedure ordinarie.
Il terzo comma prevede che con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, è individuato l’elenco delle opere di rilevanza nazionale la cui realizzazione è necessaria per il superamento della fase emergenziale o per far fronte agli effetti negativi, di natura sanitaria ed economica, derivanti dalle misure di contenimento e dall’emergenza sanitaria globale del COVID-19 e per i quali vi è una situazione di estrema urgenza tale da non consentire il rispetto dei termini, anche abbreviati, previsti dalle procedure ordinarie e derivante dagli effetti della crisi causata dalla pandemia COVID-19 o dal periodo di sospensione delle attività determinato dalle misure di contenimento adottate per fronteggiare la crisi. Per quanto concerne le procedure relative ai contratti di cui al comma precedente ovvero relativi o collegati alle stesse opere, nonché per altri contratti che le stazioni appaltanti ritengano necessari per soddisfare le esigenze connesse alla pandemia di COVID-19 e per i quali vi è una situazione di estrema urgenza tale da non consentire il rispetto dei termini, anche abbreviati, previsti dalle procedure ordinarie, è applicabile la procedura negoziata di cui all’articolo 63 del decreto legislativo n. 50 del 2016, per i settori ordinari, e di cui all’articolo 124, per i settori speciali.
I successivi commi dell’articolo 2 individuano la disciplina applicabile dei contratti in questione prevedendo che le stazioni appaltanti, per l’affidamento delle attività in questione, operano in deroga ad ogni disposizione di legge diversa da quella penale, salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione previste dal d.lgs. n. 159 del 2011, dei vincoli inderogabili derivanti dall’appartenenza all’Unione europea e dei principi di cui agli articoli 30, 34 e 42 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50.
Al comma 5, alla luce delle deroghe apportate al sistema dei contratti pubblici, sono previste norme
ad hoc in tema di trasparenza e pubblicazione degli atti di gara.
Relazione tecnica
La disposizione ha carattere eminentemente ordinamentale e non determina, pertanto, nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Articolo 3
(Verifiche antimafia e protocolli di legalità)
1. Al fine di potenziare e semplificare il sistema delle verifiche antimafia per corrispondere con efficacia e celerità alle esigenze degli interventi di sostegno e rilancio del sistema economico- produttivo conseguenti all’emergenza sanitaria globale del COVID-19, fino al 31 luglio 2021, ricorre sempre il caso d’urgenza e si procede ai sensi dell’articolo 92, comma 3, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n, 159 nei procedimenti avviati su istanza di parte, che hanno ad oggetto l’erogazione di benefici economici comunque denominati, erogazioni, contributi, sovvenzioni, finanziamenti, prestiti, agevolazioni e pagamenti da parte di pubbliche amministrazioni, qualora il rilascio della documentazione non sia immediatamente conseguente alla consultazione della banca dati di cui all’articolo 96 del decreto legislativo 6 settembre 2011,
n. 159 fatto salvo quanto previsto dagli articoli 1-bis e 13 del decreto legge 8 aprile 2020, n.23, convertito con modificazioni dalla legge 5 giugno 2020, n. 40, nonché dagli articoli 25, 26 e 27 del decreto legge 19 maggio 2020, n.34, in corso di conversione.
2. Fino al 31 luglio 2021, per le verifiche antimafia riguardanti l’affidamento e l’esecuzione dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture, si procede mediante il rilascio della informativa liberatoria provvisoria, immediatamente conseguente alla consultazione della BDNA ed alle risultanze della banche dati di cui al comma 3, anche quando l'accertamento è eseguito per un soggetto che risulti non censito, a condizione che non emergano nei confronti del soggetto e della sua compagine proprietaria e gestionale le situazioni di cui agli articoli 67 e 84, comma 4, lettere a), b), c) di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n, 159. La informativa liberatoria provvisoria consente di stipulare, approvare o autorizzare i contratti e subcontratti relativi a lavori, servizi e forniture, sotto condizione risolutiva, fermo restando le ulteriori verifiche ai fini del rilascio della documentazione antimafia da completarsi entro trenta giorni.
3. Al fine di rafforzare l’effettività e la tempestività degli accertamenti di cui ai commi 1 e 2, si procede anche tramite l’immediata acquisizione degli esiti delle interrogazioni al Sistema di indagine delle Forze di polizia (SDI) e alle ulteriori banche dati disponibili.
4. Nei casi di cui al comma 2, qualora la documentazione successivamente pervenuta accerti la sussistenza di una delle cause interdittive ai sensi del decreto legislativo 6 settembre 2011, n.159, i soggetti di cui all'articolo 83, commi 1 e 2, del medesimo decreto legislativo recedono dai contratti, fatto salvo il pagamento del valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l'esecuzione del rimanente, nei limiti delle utilità conseguite fermo restando quanto previsto dall’articolo 94, commi 3 e 4, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, e dall’articolo 32, comma 10, del decreto legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 114.
5. Con decreto del Ministro dell’interno possono essere individuate ulteriori misure di semplificazione relativamente alla Prefetture competenti al rilascio della documentazione antimafia ed ai connessi adempimenti.
6. Per quanto non espressamente disciplinato dai commi precedenti si applicano le disposizioni del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159.
7. Al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, dopo l’articolo 83 è aggiunto il seguente: “Art. 83-bis (Protocolli di legalità)
1. Il Ministero dell'interno può sottoscrivere protocolli, o altre intese comunque denominate, per la prevenzione ed il contrasto dei fenomeni di criminalità organizzata, anche allo scopo di estendere convenzionalmente il ricorso alla documentazione antimafia di cui all’articolo 84. I protocolli di cui al presente articolo possono essere sottoscritti anche con imprese di rilevanza strategica per l’economia nazionale nonché con associazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale di categorie produttive, economiche o imprenditoriali, e possono prevedere modalità per il rilascio della documentazione antimafia anche su richiesta di soggetti privati, nonché determinare le soglie di valore al di sopra delle quali è prevista l’attivazione degli obblighi previsti dai protocolli medesimi. I protocolli possono prevedere l’applicabilità delle previsioni del presente decreto anche nei rapporti tra contraenti, pubblici o privati, e terzi, nonché, tra aderenti alle associazioni contraenti e terzi.
2. L’iscrizione nell’elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori di cui all'articolo 1, commi 52 e seguenti, della legge 6 novembre 2012, n. 190 nonché l’iscrizione nell’anagrafe antimafia degli esecutori istituita dall’art. 30 del decreto legge 17 ottobre 2016, n. 189, convertito con modificazioni dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229 equivale al rilascio dell’informazione antimafia.
3. Le stazioni appaltanti prevedono negli avvisi, bandi di gara o lettere di invito che il mancato rispetto dei protocolli di legalità costituisce causa di esclusione dalla gara.”.
Relazione illustrativa
Il superamento delle ricadute economiche negative, riconducibili, in via diretta e non, agli effetti connessi alle misure assunte al fine di prevenire e contenere l’emergenza pandemica da COVID-19 impone l’adozione di mirate cautele volte a sventare il rischio di possibili infiltrazioni e condizionamenti della criminalità organizzata nel circuito dell’economia legale.
La situazione emergenziale richiede, da un lato, la necessità di individuare strumenti di accelerazione delle procedure pendenti e, dall’altro, di rafforzare i presidi di legalità. Pertanto, al primo comma, si prevede la generalizzazione del sistema del rilascio della documentazione antimafia in via d’urgenza, nei procedimenti avviati su istanza di parte, che hanno ad oggetto l’erogazione di benefici economici comunque denominati, erogazioni, contributi, sovvenzioni, finanziamenti, prestiti, agevolazioni e pagamenti da parte di pubbliche amministrazioni, qualora il rilascio della documentazione non sia immediatamente conseguente alla consultazione della banca dati di cui all’articolo 96 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159.
Per i contratti pubblici si provvedere al rilascio di informativa liberatoria provvisoria immediatamente conseguente alla consultazione della BDNA e alle risultanze della banca dati di cui al comma 3. L’informativa liberatoria provvisoria consente di stipulare contratti o altri atti sotto condizione risolutiva.
Si prevede che nei casi di cui al comma 1, qualora la documentazione successivamente pervenuta accerti la sussistenza di una delle cause interdittive, sono revocati i benefici economici, le erogazioni, i contributi, le sovvenzioni, i finanziamenti, i prestiti, le agevolazioni e i pagamenti o recedono dai contratti, fatto salvo il pagamento del valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l'esecuzione del rimanente, nei limiti delle utilità conseguite.
Con decreto del Ministro dell'interno possono essere individuate ulteriori misure di semplificazione relativamente alle Prefetture competenti al rilascio della documentazione antimafia e ai connessi adempimenti.
Al sesto comma si precisa che, per quanto non espressamente disciplinato dai commi precedenti, si applicano le disposizioni del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159.
Il settimo comma individua una disciplina positiva dei protocolli di legalità, innovando sul punto ed espressamente il citato decreto legislativo n. 159 del 2011. La previsione recata dal nuovo articolo 83-bis del Codice antimafia, che persegue l’intento di approntare efficaci misure di contrasto agli illeciti “appetiti” delle organizzazioni criminali, in considerazione anche del loro tradizionale interesse alle occasioni di profitto legate alle fasi emergenziali e postemergenziali.
La norma risponde anche ad esigenze sistematiche sorte a seguito delle statuizioni contenute nella sentenza del Consiglio di Stato n. 452/2020 senza, tuttavia, accogliere l’ipotesi di reintrodurre la documentazione antimafia in tutti i rapporti tra privati, ma individuando nei protocolli di legalità lo strumento per interventi più snelli e mirati in tale ambito: in tal senso, i protocolli, nel rispondere ad un’esigenza da più parti sentita, operano una significativa semplificazione rispetto all’art. 87, comma 1, del Codice antimafia nella formulazione previgente al decreto legislativo 15 novembre 2012, n. 218, pur intervenendo nell’ambito della medesima tipologia di rapporti.
Più in dettaglio, si introduce nel codice antimafia lo strumento dei protocolli di legalità, che il Ministero dell’Interno può sottoscrivere, oltreché con i soggetti “istituzionali” (individuati dall’articolo 83 del Codice antimafia), anche con imprese di rilevanti dimensioni, nonché con associazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale di categorie produttive, al fine di estendere le misure di prevenzione amministrativa antimafia, previste dalla vigente legislazione, anche a fattispecie eccedenti – sotto il profilo oggettivo e/o soggettivo – quelle oggi prese in considerazione dalla legge. Si precisa che i protocolli possono prevedere l’applicabilità delle previsioni del presente decreto anche nei rapporti tra contraenti, pubblici o privati, e terzi, nonché tra aderenti alle associazioni contraenti e terzi.
La disposizione, al fine di fugare possibili incertezze interpretative, chiarisce che la documentazione rilasciata in attuazione del presente articolo esplica i suoi effetti nel rispetto delle previsioni del Codice antimafia e sancisce formalmente il principio – invero, già desumibile da una lettura “sistematica “ delle norme – dell’equiparazione, agli effetti propri dell’informazione antimafia liberatoria, dell’iscrizione dell’operatore economico nell’elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori di cui all'articolo 1, commi 52 e seguenti, della legge 6 novembre 2012, n. 190 (white list).
È inoltre previsto che i protocolli di legalità disciplinino i loro profili attuativi, tra cui, in particolare, le modalità per la richiesta ed il rilascio della documentazione antimafia, le soglie di valore al di sopra delle quali è prevista l’attivazione dei protocolli stessi.
Relazione tecnica
La disposizione ha carattere eminentemente ordinamentale e non determina, pertanto, nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Articolo 4
(Conclusione dei contratti pubblici e ricorsi giurisdizionali)
1. All’articolo 32, comma 8, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo periodo, le parole “ha luogo” sono sostituite dalle seguenti: “deve avere luogo”; e dopo le parole “espressamente concordata con l’aggiudicatario” sono aggiunte le seguenti: “, purché comunque giustificata dall’interesse alla sollecita esecuzione del contratto”;
b) dopo il primo periodo sono aggiunti i seguenti: “La mancata stipulazione del contratto nel termine previsto deve essere motivata con specifico riferimento all’interesse della stazione appaltante e a quello nazionale alla sollecita esecuzione del contratto e viene valutata ai fini della responsabilità erariale e disciplinare del dirigente preposto. Non costituisce giustificazione adeguata per la mancata stipulazione del contratto nel termine previsto, salvo quanto previsto dai commi 9 e 11 del presente articolo, la pendenza di un ricorso giurisdizionale, nel cui ambito non sia stata disposta o inibita la stipulazione del contratto. Le stazioni appaltanti hanno facoltà di stipulare contratti di assicurazione della propria responsabilità civile derivante dalla conclusione e dalla prosecuzione o sospensione dell’esecuzione del contratto.”;
2. In caso di impugnazione degli atti relativi alle procedure di affidamento di cui agli articoli 1 e 2, comma 2, del presente decreto, qualora rientranti nell’ambito applicativo dell’articolo 119, comma 1, lettera a), del codice del processo amministrativo, approvato con il decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, si applica il comma 2 dell’articolo 125 del medesimo codice.
3. In caso di impugnazione degli atti relativi alle procedure di affidamento di cui all’articolo 2, comma 3, si applica l’articolo 125 del codice del processo amministrativo, approvato con il decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104.
4. All’articolo 120 del codice del processo amministrativo, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 6, primo periodo, le parole “, ferma la possibilità della sua definizione immediata nell’udienza cautelare ove ne ricorrano i presupposti, ” sono sostituite dalle seguenti: “è di norma definito, anche in deroga al comma 1, primo periodo dell’articolo 74, in esito all’udienza cautelare ai sensi dell’articolo 60, ove ne ricorrano i presupposti, e, in mancanza,”;
b) al comma 9, le parole: “Il Tribunale amministrativo” sono sostituite dalle seguenti: “Il giudice” e quelle da “entro trenta” fino a “due giorni dall’udienza” sono sostituite dalle seguenti: “entro quindici giorni dall’udienza di discussione. Quando la stesura della motivazione è particolarmente complessa, il giudice pubblica il dispositivo nel termine di cui al periodo precedente, indicando anche le domande eventualmente accolte e le misure per darvi attuazione, e comunque deposita la sentenza entro trenta giorni dall’udienza”.
Relazione illustrativa
L’articolo 4 prevede al primo comma che la stazione appaltante sia tenuta a concludere il contratto nei termini previsti dalla legge o dalla lex specialis. Si tratta di una norma diretta ad evitare che, anche in accordo con l’aggiudicatario, venga ritardata o rinviata la stipulazione del contratto per pendenza di ricorsi giurisdizionali o per altri motivi. Si precisa, infatti, che la mancata stipulazione del contratto nel termine debba essere motivata con specifico riferimento all’interesse della stazione appaltante e nazionale alla sollecita realizzazione dell’opera e sia valutata ai fini della responsabilità erariale e disciplinare del dirigente preposto. La pendenza di un ricorso giurisdizionale non costituisce giustificazione adeguata per la mancata stipulazione del contratto nel termine previsto. In ogni caso, l'espresso richiamo ai commi 9 e 11 dell'articolo 32 consente di ritenere adeguatamente salvaguardati lo stand still sostanziale analogamente a quello processuale, con la conseguenza che se la mera pendenza del ricorso giurisdizionale non costituisce un fatto idoneo a giustificare la sospensione della procedura di appalto o la mancata stipulazione del contratto, nel
caso in cui sia adottato un provvedimento giurisdizionale di sospensione della procedura, la stazione appaltante non può stipulare il contratto e il ritardo nella stipulazione deve ritenersi senz’altro giustificato.
Si inserisce quindi la previsione che gli enti pubblici possano stipulare contratti di assicurazione della propria responsabilità civile derivante dalla conclusione e dalla prosecuzione o sospensione dell’esecuzione del contratto.
Ai commi 2 ss. sono apportate alcune modifiche alla disciplina processuale del c.d. rito appalti di cui agli articoli 120 e seguenti del codice del processo amministrativo, prevedendosi che, per tutte le opere di cui agli articoli 1 e 2, in sede di pronuncia cautelare, debba tenersi conto del preminente interesse alla sollecita realizzazione dell’opera e dell’interesse del soggetto aggiudicatore alla celere prosecuzione delle opere.
Si prevede l’applicabilità dell’art. 125 c.p.a. (con conversione della tutela reale in tutela obbligatoria, salve violazioni particolarmente gravi) alle opere di cui all’articolo 2, comma 3.
In termini processuali si prevede ancora che: se ne ricorrono i presupposti (rispetto dei termini a difesa, mancanza di esigenze istruttorie e mancata dichiarazione in ordine alla proposizione di motivi aggiunti, ricorso incidentale o altro), le cause rientranti nel c.d. rito appalti sono di regola definite con sentenza in forma semplificata in esito all’udienza cautelare; debba essere pubblicato il dispositivo in tempi brevi.
Relazione tecnica
La disposizione ha carattere eminentemente ordinamentale e non determina, pertanto, nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Articolo 5
(Sospensione dell’esecuzione dell’opera pubblica)
1. Fino al 31 luglio 2021, in deroga all’articolo 107 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, la sospensione, volontaria o coattiva, dell’esecuzione di lavori diretti alla realizzazione delle opere pubbliche di importo pari o superiore alle soglie di cui all’articolo 35 del medesimo decreto legislativo, nonché per le opere individuate con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui all’articolo 2, comma 3, del presente decreto, anche se già iniziati, può avvenire, esclusivamente, per il tempo strettamente necessario al loro superamento, per le seguenti ragioni:
a) cause previste da disposizioni di legge penale, dal codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, nonché da vincoli inderogabili derivanti dall’appartenenza all’Unione europea;
b) gravi ragioni di ordine pubblico, salute pubblica o dei soggetti coinvolti nella realizzazione delle opere, ivi incluse le misure adottate per contrastare l’emergenza sanitaria globale da COVID-19;
c) gravi ragioni di ordine tecnico, idonee a incidere sulla realizzazione a regola d’arte dell’opera, in relazione alle modalità di superamento delle quali non vi è accordo tra le parti;
d) gravi ragioni di pubblico interesse.
2. La sospensione è in ogni caso disposta dal responsabile unico del procedimento. Nelle ipotesi previste dal comma 1, lettera a), si provvede ai sensi del comma 4. Nelle ipotesi previste dal comma 1, lettere b) e d), su determinazione del collegio consultivo tecnico di cui all’articolo 6, le stazioni appaltanti o le autorità competenti, previa proposta della stazione appaltante, da adottarsi entro il
termine di quindici giorni dalla comunicazione allo stesso collegio della sospensione dei lavori, autorizzano nei successivi dieci giorni la prosecuzione dei lavori nel rispetto delle esigenze sottese ai provvedimenti di sospensione adottati, salvo assoluta e motivata incompatibilità tra causa della sospensione e prosecuzione dei lavori.
3. Nelle ipotesi previste dal comma 1, lettera c), il collegio consultivo tecnico, entro quindici giorni dalla comunicazione della sospensione dei lavori ovvero della causa che potrebbe determinarla, adotta una determinazione con cui accerta l’esistenza di una causa tecnica di legittima sospensione dei lavori e indica le modalità, tra quelle di cui al comma 4, con cui proseguire i lavori e le eventuali modifiche necessarie da apportare per la realizzazione dell’opera a regola d’arte. La stazione appaltante provvede nei successivi cinque giorni.
4. Nel caso in cui la prosecuzione dei lavori, per qualsiasi motivo, ivi incluse la crisi o l’insolvenza dell’esecutore anche in caso di concordato con continuità aziendale ovvero di autorizzazione all’esercizio provvisorio dell’impresa, non possa proseguire con il soggetto designato, la stazione appaltante, previo parere del collegio consultivo tecnico, salvo che per gravi motivi tecnici ed economici sia comunque, anche in base al citato parere, possibile o preferibile proseguire con il medesimo soggetto, dichiara senza indugio, in deroga alla procedura di cui all’articolo 108, commi 3 e 4, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, la risoluzione del contratto, che opera di diritto, e provvede secondo una delle seguenti alternative modalità: a) procede all’esecuzione in via diretta dei lavori, anche avvalendosi, nei casi consentiti dalla legge, previa convenzione, di altri enti o società pubbliche; b) interpella progressivamente i soggetti che hanno partecipato alla originaria procedura di gara come risultanti dalla relativa graduatoria, al fine di stipulare un nuovo contratto per l’affidamento del completamento dei lavori, se tecnicamente ed economicamente possibile e alle medesime condizioni già proposte dall’originario aggiudicatario; c) indìce una nuova procedura per l’affidamento del completamento dell’opera; d) propone alle autorità governative la nomina di un commissario straordinario per lo svolgimento delle attività necessarie al completamento dell’opera ai sensi dell’articolo 4 del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 giugno 2019, n. 55.
5. Le disposizioni del comma 4 si applicano anche in caso di ritardo dell’avvio o dell’esecuzione dei lavori, non giustificato dalle esigenze descritte al comma 1, nella sua compiuta realizzazione per un numero di giorni pari o superiore a un decimo del tempo previsto o stabilito per la realizzazione dell’opera e, comunque, pari ad almeno trenta giorni per ogni anno previsto o stabilito per la realizzazione dell’opera, da calcolarsi a decorrere dall’entrata in vigore del presente decreto.
6. Salva l’esistenza di uno dei casi di sospensione di cui al comma 1, le parti non possono invocare l’inadempimento della controparte o di altri soggetti per sospendere l’esecuzione dei lavori di realizzazione dell’opera ovvero le prestazioni connesse alla tempestiva realizzazione dell’opera. In sede giudiziale, sia in fase cautelare che di merito, il giudice tiene conto delle probabili conseguenze del provvedimento stesso per tutti gli interessi che possono essere lesi, nonché del preminente interesse nazionale o locale alla sollecita realizzazione dell'opera, e, ai fini dell'accoglimento della domanda cautelare, il giudice valuta anche la irreparabilità del pregiudizio per l’operatore economico, il cui interesse va comunque comparato con quello del soggetto pubblico alla celere realizzazione dell’opera. In ogni caso, l’interesse economico dell’appaltatore o la sua eventuale sottoposizione a procedura concorsuale o di crisi non può essere ritenuto prevalente rispetto all’interesse alla realizzazione dell’opera pubblica.
Relazione illustrativa
Tra i problemi connessi alla realizzazione delle opere pubbliche vi è quello dei tempi e delle cause della sospensione della loro esecuzione che possono derivare da motivi imputabili all'appaltatore, alla stazione appaltante, a terzi o a cause di forza maggiore (anche per mancanza di disponibilità
economica o per delle modifiche che devono essere apportate all'opera o al progetto o per autorizzazioni o altri atti necessari o ancora per crisi o insolvenza dell’appaltatore).
L’articolo 5 è diretto a intervenire, derogando alla normativa vigente, sulle ipotesi in cui è possibile sospendere l’esecuzione dell’opera pubblica, indicandole in modo tassativo, e, quindi, limitando radicalmente le ipotesi in cui le parti o anche l’autorità giudiziaria possano sospendere l’esecuzione delle opere. Le norme hanno carattere transitorio e sono applicabili agli appalti il cui valore sia superiore a una data soglia. Sono in ogni caso salvaguardate le ipotesi di sospensione previste o derivanti dall’applicazione di norme penali, del codice delle leggi antimafia, di vincoli inderogabili derivanti dall’appartenenza all’Unione, di gravi ragioni di ordine pubblico, salute pubblica, gravi ragioni di pubblico interesse o gravi ragioni di ordine tecnico idonee a incidere sulla realizzazione a regola d’arte dell’opera.
Le norme sono destinate, quindi, a derogare alle cause e al procedimento di sospensione previsto dall’art. 107 c.c.p. (ragioni tecniche), alle ipotesi di sospensione previste dal Codice civile (e, in particolare, all’eccezione di inadempimento), alla disciplina in tema di crisi dell’impresa (art. 72 ss. legge fallimentare, nonché alle altre ipotesi previste in tema di concordato, accordo di ristrutturazione dei debiti) e alla ipotesi in cui è possibile giudizialmente sospendere l’esecuzione dell’opera.
Pertanto, con riferimento alla disciplina della crisi dell’impresa si attribuisce prevalenza all’interesse alla prosecuzione dei lavori connessi alla celere realizzazione dell’opera, anche per sollecitare, all’adozione dei provvedimenti di competenza, le autorità e gli organi che a vario titolo intervengono nella gestione della crisi dell’impresa.
Anche nei casi di sospensione si prevede che, in breve termine, il collegio consultivo tecnico, dopo averne accertati i presupposti, debba indicare le modalità con cui proseguire, in tutto o in parte, la realizzazione dell’opera e le eventuali modifiche necessarie per la realizzazione dell’opera a regola d’arte, indicandone i costi.
In caso di ritardo superiore a 30 giorni all’anno, per qualsiasi motivo non giustificato dalle cause di sospensione descritte nel medesimo articolo, è prevista la possibilità per la stazione appaltante, previo parere del collegio consultivo tecnico, di sostituire l’impresa designata, ricorrendo a una delle diverse soluzioni alternative descritte nel quarto comma e che possono anche condurre alla nomina di un commissario ad acta.
L’inadempimento di una delle parti alle proprie obbligazioni non costituisce adeguata causa di sospensione dei lavori, salvo che ricorra una delle cause tassative di legittima sospensione dell’opera.
Si interviene anche sulla fase giudiziale chiedendosi di valutare in ogni caso l’interesse pubblico alla sollecita realizzazione dell’opera. La disposizione non interviene e sono quindi fatte salve le previsioni in tema di scioglimento del rapporto contrattuale per risoluzione nonché in tema di modifica del contratto in corso di esecuzione. Per la regolazione dei rapporti tra le parti che conseguono alle risoluzioni di diritto previste nei commi 4 e 5 si applica la disciplina dell’art. 108, commi da 5 a 9.
Relazione tecnica
La disposizione ha carattere eminentemente ordinamentale e non determina, pertanto, nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Articolo 6
(Collegio consultivo tecnico)
1. Fino al 31 luglio 2021 per i lavori diretti alla realizzazione delle opere pubbliche di importo pari o superiore alle soglie di cui all’articolo 35 del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50, nonché per le opere individuate con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all’articolo 2, comma 3, del presente decreto è obbligatoria, presso ogni stazione appaltante, la costituzione di un collegio consultivo tecnico, prima dell'avvio dell'esecuzione, o comunque non oltre dieci giorni da tale data, con i compiti previsti all’articolo 5 e con funzioni di assistenza per la rapida risoluzione delle controversie o delle dispute tecniche di ogni natura suscettibili di insorgere nel corso dell'esecuzione del contratto stesso. Per i contratti la cui esecuzione sia già iniziata alla data di entrata in vigore del presente decreto, il collegio consultivo tecnico è nominato entro il termine di trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
2. Il collegio consultivo tecnico è formato, a scelta della stazione appaltante, da tre componenti, o cinque in caso di motivata complessità dell’opera e di eterogeneità delle professionalità richieste, dotati di esperienza e qualificazione professionale adeguata alla tipologia dell'opera, tra ingegneri, architetti, giuristi ed economisti con comprovata esperienza nel settore degli appalti delle concessioni e degli investimenti pubblici, anche in relazione allo specifico oggetto del contratto e alla specifica conoscenza di metodi e strumenti elettronici quali quelli di modellazione per l’edilizia e le infrastrutture (BIM), maturata per effetto del conseguimento di un dottorato di ricerca ovvero di una dimostrata pratica professionale per almeno cinque anni nel settore di riferimento. I componenti del collegio possono essere scelti, da un elenco speciale tenuto presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per le opere di interesse nazionale, dalle Regioni, dalle Province autonome o dalle città metropolitane per le opere di interesse locale dalle parti di comune accordo, ovvero le parti possono concordare che ciascuna di esse nomini uno o due componenti e che il terzo o il quinto componente, con funzioni di presidente, sia scelto dai componenti di nomina di parte. Nel caso in cui le parti non trovino un accordo sulla nomina del presidente entro il termine indicato al comma precedente, questo è designato entro i successivi cinque giorni dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per le opere di interesse nazionale, dalle Regioni, dalle Province autonome o dalle città metropolitane per le opere di rispettivo interesse. Il collegio consultivo tecnico si intende costituito al momento della designazione del terzo o del quinto componente. All'atto della costituzione è fornita al collegio consultivo copia dell'intera documentazione inerente al contratto.
3. Nell’adozione delle proprie determinazioni, il collegio consultivo può operare anche in videoconferenza o con qualsiasi altro collegamento da remoto e può procedere ad audizioni informali delle parti per favorire, nella risoluzione delle controversie o delle dispute tecniche eventualmente insorte, la scelta della migliore soluzione per la celere esecuzione dell’opera a regola d’arte. Il collegio può altresì convocare le parti per consentire l'esposizione in contraddittorio delle rispettive ragioni. L’inosservanza delle determinazioni del collegio consultivo tecnico viene valutata ai fini della responsabilità del funzionario per danno erariale e costituisce, salvo prova contraria, grave inadempimento degli obblighi contrattuali; l’osservanza delle determinazioni del collegio consultivo tecnico è causa di esclusione della responsabilità del funzionario per danno erariale, salvo il dolo. Le determinazioni del collegio consultivo tecnico hanno la natura del lodo contrattuale previsto dall’articolo 808-ter del codice di procedura civile, salva diversa e motivata volontà espressamente manifestata in forma scritta dalle parti stesse. Salva diversa previsione di legge, le determinazioni del collegio consultivo tecnico sono adottate con atto scritto recante le sottoscrizioni della maggioranza dei componenti entro il termine di quindici giorni decorrenti dalla data della comunicazione dei quesiti, con atto recante succinta
motivazione che può essere integrata nei successivi quindici giorni, sottoscritta dalla maggioranza dei componenti. In caso di particolari esigenze istruttorie le determinazioni possono essere adottate entro venti giorni dalla comunicazione dei quesiti. Le decisioni sono assunte a maggioranza.
4. Per le opere diverse da quelle di cui al primo comma le parti possono comunque nominare un collegio consultivo tecnico con tutti o parte dei compiti descritti ai commi precedenti. Le parti possono anche stabilire l’applicabilità di tutte o parte delle disposizioni di cui all’articolo 5.
5. Le stazioni appaltanti, tramite il loro responsabile unico del procedimento, possono costituire un collegio consultivo tecnico formato da tre componenti per risolvere problematiche tecniche o giuridiche di ogni natura suscettibili di insorgere anche nella fase antecedente alla esecuzione del contratto, ivi comprese le determinazioni delle caratteristiche delle opere e le altre clausole e condizioni del bando o dell’invito nonché la verifica del possesso dei requisiti di partecipazione, dei criteri di selezione e di aggiudicazione. In tale caso due componenti sono nominati dalla stazione appaltante e il terzo componente è nominato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per le opere di interesse nazionale, dalle Regioni, dalle Province autonome o dalle città metropolitane per le opere di interesse locale. Ferma l’eventuale necessità di sostituzione di uno dei componenti designati dalla stazione appaltante con uno di nomina privata, le funzioni di componente del collegio consultivo tecnico nominato ai sensi del presente comma non sono incompatibili con quelle di componente del collegio nominato ai sensi del primo comma.
6. Nei casi di cui al comma 5 il collegio tecnico fornisce alla stazione appaltante ogni forma di assistenza tecnica e giuridica necessaria, proponendo anche soluzioni tecniche più vantaggiose, nella fase di programmazione e progettazione e in quella di affidamento dei contratti pubblici. L’assistenza è fornita, tra l’altro, mediante l’espressione di pareri resi nel termine massimo di dieci giorni. Il collegio tecnico opera in raccordo con le amministrazioni pubbliche e i gestori di beni e servizi diversi dalla stazione appaltante, compresi quelle, in ambito statale e regionale, preposte alla tutela ambientale e alla tutela dei beni culturali e paesaggistici, adoperandosi per il rispetto dei termini di adozione di atti di assenso, concerti, nulla osta, pareri e valutazioni tecniche. Decorsi i predetti dieci giorni senza che tali atti siano stati comunicati il collegio consultivo tecnico, su richiesta della stazione appaltante procedente, indica alle amministrazioni inadempienti un ulteriore termine, non superiore a trenta giorni. Decorsi anche tali nuovi termini senza che nessun atto sia stato comunicato, l’assenso, il concerto o il nulla osta si intendono acquisiti ai sensi dell’articolo 17 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241.
7. Il collegio consultivo tecnico è sciolto al termine dell'esecuzione del contratto ovvero, nelle ipotesi in cui non ne è obbligatoria la costituzione, in data anteriore su accordo delle parti. Nelle ipotesi in cui ne è obbligatoria la costituzione, il collegio può essere sciolto dal 31 luglio 2021 in qualsiasi momento, su accordo tra le parti
8. I componenti del collegio consultivo tecnico hanno diritto a un compenso a carico delle parti e proporzionato al valore dell’opera, al numero, alla qualità e alla tempestività delle determinazioni assunte. In mancanza di determinazioni o pareri ad essi spetta un gettone unico onnicomprensivo. In caso di ritardo nell’assunzione delle determinazioni è prevista una decurtazione del compenso stabilito in base al periodo precedente da un decimo a un terzo, per ogni ritardo. Il compenso è liquidato dal collegio consultivo tecnico unitamente all’atto contenente le determinazioni, salva la emissione di parcelle di acconto, in applicazione delle tariffe richiamate dall’articolo 9 del decreto legge 24 gennaio 2012 n. 1, convertito in legge 24 marzo 2012 n. 27, aumentate fino a un quarto. Non è ammessa la nomina di consulenti tecnici d’ufficio.
9. Ogni componente del collegio consultivo tecnico non può ricoprire più di 5 incarichi contemporaneamente e comunque non può svolgere più di dieci incarichi ogni due anni. In caso di ritardo nell’adozione di tre determinazioni o di ritardo superiore a sessanta giorni nell’assunzione anche di una sola determinazione, i componenti del collegio non possono essere nuovamente nominati come componenti di altri collegi per la durata di tre anni decorrenti dalla data di maturazione del ritardo e sono esclusi dall’elenco di cui al comma 10. Il ritardo ingiustificato nell’adozione anche di una sola determinazione è causa di decadenza del collegio e, in tal caso, la
stazione appaltante può assumere le determinazioni di propria competenza prescindendo dal parere del collegio.
10. Con uno o più decreti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, è costituito l’elenco speciale dei componenti del collegio consultivo tecnico, per le opere di interesse nazionale, e ne sono determinate le modalità di funzionamento, possono essere ulteriormente specificati i criteri di determinazione del compenso dei componenti del collegio consultivo tecnico e i criteri e limiti alla nomina dei componenti, in conformità a quanto previsto ai commi 8 e 9 del presente articolo. Nelle more della costituzione dell’elenco, i componenti del collegio sono scelti tra soggetti che abbiano i requisiti previsti per l’iscrizione all’elenco. Per le opere di interesse locale provvedono gli enti locali alla formazione dei relativi elenchi nel rispetto delle disposizioni del presente articolo.
11. Sono abrogati i commi da 11 a 14 dell’articolo 1 del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, convertito con modificazioni dalla legge 14 giugno 2019, n. 55.
Relazione illustrativa
L’articolo 6 disciplina il collegio consultivo tecnico, prevedendone l’obbligatorietà per appalti di valore superiore a un dato importo. Il collegio, oltre ai compiti descritti nell’articolo 5 (in tema di sospensione e modifiche dell’opera), ha funzione di assistenza per la rapida risoluzione delle controversie o delle dispute tecniche (enunciato linguistico idoneo a sussumere sia controversie che problematiche di ordine tecnico emergenti nel corso della realizzazione dell’opera) di ogni natura suscettibili di insorgere nel corso dell'esecuzione del contratto stesso. Le funzioni del collegio tendono quindi ad avvicinarsi a quelle del Dispute Board che costituisce ormai la prassi nella contrattualistica internazionale di un certo rilievo e la cui disciplina è contenuta, a titolo esemplificativo, nelle norme FIDIC. La previsione pertanto è diretta ad allineare i grandi appalti di opere pubbliche interne alle prassi internazionali.
Il collegio deve essere nominato prima dell’inizio dell’esecuzione dell’opera, è composto da tre componenti o cinque in caso di particolare complessità dell’opera e di eterogeneità delle professionalità richieste e, all’atto della costituzione, gli viene fornita copia dell’intera documentazione inerente il contratto.
Vengono quindi descritte le modalità con cui opera il collegio, nonché il valore da attribuire alle relative determinazioni, sia in termini pubblici (con effetti sulla disciplina della responsabilità del funzionario) che in termini privatistici (presunzione relativa di inadempimento). Si prevede, ancora, a fini deflattivi che l’esecuzione delle determinazioni del collegio abbia natura transattiva, salva diversa volontà manifestata espressamente dalle parti. dell'opera.
I componenti del collegio possono essere scelti dalle parti di comune accordo, ovvero le parti possono concordare che ciascuna di esse nomini uno o due componenti e che il terzo o il quinto componente, con funzioni di presidente, sia scelto dai componenti di nomina di parte. Nel caso in cui le parti non trovino accordo sulla nomina dell’ultimo componente entro il termine indicato al comma precedente, questo è designato entro i successivi cinque giorni dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per le opere di interesse nazionale, ovvero dalle Regioni, dalle Province autonome o dalle città metropolitane per le opere di rispettivo interesse, tra ingegneri, architetti, giuristi ed economisti con comprovata esperienza nel settore degli appalti delle concessioni e degli investimenti pubblici, anche in relazione allo specifico oggetto del contratto e alla specifica conoscenza di metodi e strumenti elettronici quali quelli di modellazione per l’edilizia e le infrastrutture (BIM), maturata per effetto del conseguimento di un dottorato di ricerca ovvero di una dimostrata pratica professionale per almeno cinque anni nel settore di riferimento. Il collegio
consultivo tecnico si intende costituito al momento della designazione del terzo o del quinto componente.
La nomina del collegio consultivo tecnico è consentita anche per opere differenti da quelle superiori alla soglia indicata (comma 4) e per fasi differenti (comma 5). In tale ultimo caso, il sesto comma prevede che il collegio tecnico fornisce ogni forma di assistenza tecnica e giuridica necessaria, proponendo anche soluzioni tecniche più vantaggiose, nella fase di programmazione e progettazione e in quella di affidamento dei contratti pubblici. L’assistenza è fornita, tra l’altro, mediante l’espressione di pareri resi nel termine massimo di dieci giorni. L’osservanza delle determinazioni del collegio consultivo tecnico è causa di esclusione della responsabilità del funzionario per danno erariale, salvo il dolo.
I componenti del collegio consultivo tecnico hanno diritto a un compenso a carico delle parti e proporzionato al valore dell’opera, al numero, alla qualità e alla tempestività delle determinazioni assunte. In caso di ritardo nell’assunzione delle determinazioni è prevista una decurtazione del compenso stabilito in base al comma precedente da un decimo a un terzo, per ogni ritardo. Il compenso è liquidato dal collegio consultivo tecnico unitamente all’atto contenente le determinazioni, salva la emissione di parcelle di acconto, in applicazione delle tariffe richiamate dall’articolo 9 del decreto legge 24 gennaio 2012 n. 1, convertito in legge 24 marzo 2012 n. 27, aumentate fino a un quarto. Non è ammessa la nomina di CTU. Ogni componente del collegio consultivo tecnico non può svolgere tale attività per più di 5 incarichi contemporaneamente e comunque per un numero non superiore a 10 incarichi ogni due anni. In caso di ritardo nell’adozione di tre determinazioni o di ritardo superiore a 60 giorni nell’assunzione anche di una sola determinazione, i componenti del collegio non possono essere nuovamente nominati come componenti di altri collegi per la durata di tre anni decorrenti dalla data di maturazione del ritardo. Il ritardo ingiustificato nell’adozione anche di una sola determinazione è causa di revoca del collegio e, in tal caso, la stazione appaltante può assumere le determinazioni di propria competenza prescindendo dal parere del collegio.
Relazione tecnica
La disposizione ha in parte carattere ordinamentale. Il rimborso dei maggiori oneri sopportati dalle stazioni appaltanti per il pagamento del compenso dei componenti del collegio consultivo tecnico avviene solo in caso di utilizzo delle relative prestazioni (salvo gettone unico onnicomprensivo), e, ove necessario, utilizzando anche le economie derivanti dai ribassi d’asta. In ogni caso, la relativa spesa è compensata dalla riduzione del contenzioso e dagli oneri connessi.
Articolo 7
(Fondo per la prosecuzione delle opere pubbliche)
1. Salvo quanto previsto dagli articoli 115 e 116 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, nel caso in cui, per le opere pubbliche di importo pari o superiore alle soglie di cui all’articolo 35 del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50, nonché per le opere di cui all’articolo 2, comma 3, del presente decreto, vengano provvisoriamente o definitivamente, in qualsiasi momento della esecuzione, a mancare le risorse finanziarie pubbliche necessarie per la regolare e tempestiva prosecuzione dei lavori diretti alla realizzazione dell’opera pubblica, è istituito nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un fondo denominato Fondo per la prosecuzione
delle opere pubbliche. Il Fondo corrisponde alla stazione appaltante le somme necessarie per la regolare e tempestiva realizzazione delle opere pubbliche. Il Fondo può essere attivato, su richiesta della stazione appaltante, nel caso in cui, nel corso dei lavori per la realizzazione delle opere, a causa di maggiori esigenze per imprevisti o varianti ovvero per insufficienti disponibilità annuali, come in ipotesi di residui caduti in perenzione, siano carenti le risorse per la regolare prosecuzione dei lavori. Il Fondo non può essere attivato per finanziare nuove opere.
2. Le modalità operative del fondo di cui al comma 1 sono individuate con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, da adottarsi entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Il decreto disciplina le modalità di accertamento dei presupposti di cui al comma 1, compresa la carenza delle risorse necessarie per il regolare pagamento dei lavori diretti alla realizzazione delle opere, che possono anche consistere in una autocertificazione della stazione appaltante, e le modalità di assegnazione delle relative risorse, che consistano nella distribuzione proporzionale delle risorse presenti nel fondo tra le stazioni appaltanti richiedenti in un determinato periodo di tempo non inferiore a tre mesi e non superiore a sei. Con il decreto può anche essere prevista la possibilità di affidare l’istruttoria o parte dell’attività del fondo, anche sulla base di apposita convenzione, a enti in possesso dei necessari requisiti tecnici, organizzativi e di terzietà, scelti mediante procedura competitiva. Gli eventuali oneri derivanti dalla convenzione sono posti a carico del fondo. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, accertata la sussistenza delle condizioni per il pagamento dei crediti, provvede all'erogazione delle risorse del Fondo in favore dei soggetti di cui al comma 1.
3. La stazione appaltante, al momento del reperimento dei finanziamenti necessari alla realizzazione delle opere di cui al comma 1, trasferisce al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti le somme erogate che sono destinate ad alimentare il fondo stesso. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è in ogni caso surrogato in tutti i diritti del destinatario del versamento nei confronti dei propri danti causa, fino all’integrale recupero della somma pagata.
4. Il Fondo è alimentato dal versamento di un contributo pari allo 0,5 per cento del valore del ribasso offerto dall'aggiudicatario delle gare di appalti pubblici di lavori, nel caso di importo a base d'appalto pari o superiore alle soglie di cui all'articolo 35 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, nonché per le opere di cui all'articolo 2, comma 3, del presente decreto. Il predetto contributo rientra tra gli importi a disposizione della stazione appaltante nel quadro economico predisposto dalla stessa al termine di aggiudicazione definitiva. Le amministrazioni aggiudicatrici o il contraente generale, entro trenta giorni dalla data dell'aggiudicazione definitiva, provvedono al versamento del contributo all'entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione al Fondo. Le somme non impegnate in ciascun esercizio finanziario possono esserlo in quello successivo.
Relazione illustrativa
L’articolo 7 prevede l’istituzione di un fondo per la prosecuzione delle opere pubbliche. L’esigenza è quella di evitare che la mancanza temporanea di risorse pubbliche (in attesa della erogazione di un finanziamento o per altra causa) possa costituire un ostacolo alla realizzazione dell’opera. Beneficiari del fondo sono quindi le stazioni appaltanti e le somme sono destinate a finanziarie la prosecuzione delle opere necessarie alla realizzazione dell’opera. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è in ogni caso surrogato in tutti i diritti del destinatario del versamento nei confronti dei propri danti causa. Le modalità operative del fondo sono individuate con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, da adottarsi entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Il decreto disciplina le modalità di accertamento dei presupposti di cui al comma 1, compresa la carenza delle risorse necessarie per il regolare pagamento dei lavori diretti alla realizzazione delle opere, che possono anche consistere
in una autocertificazione della stazione appaltante, e le modalità di assegnazione delle relative risorse, che consistano nella distribuzione proporzionale delle risorse presenti nel fondo tra le stazioni appaltanti richiedenti in un determinato periodo di tempo non inferiore a tre mesi e non superiore a sei. Con il decreto può anche essere prevista la possibilità di affidare l’istruttoria o parte dell’attività del fondo, anche sulla base di apposita convenzione, a enti in possesso dei necessari requisiti tecnici, organizzativi e di terzietà, scelti mediante procedura competitiva. Gli eventuali oneri derivanti dalla convenzione sono posti a carico del fondo.
La stazione appaltante, al momento del reperimento dei finanziamenti necessari alla realizzazione dell’opera, trasferisce al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti le somme erogate che sono destinate ad alimentare il fondo stesso.
Relazione tecnica
Il fondo si finanzia utilizzando le economie derivanti dai ribassi d’asta.
Articolo 8
(Altre disposizioni urgenti in materia di contratti pubblici)
1. In relazione alle procedure pendenti disciplinate dal decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, i cui bandi o avvisi, con i quali si indice una gara, sono già stati pubblicati alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché, in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o avvisi, alle procedure in cui, alla medesima data, siano già stati inviati gli inviti a presentare le offerte o i preventivi, ma non siano scaduti i relativi termini, e in ogni caso per le procedure disciplinate dal medesimo decreto legislativo avviate a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino alla data del 31 luglio 2021:
a) è sempre autorizzata la consegna dei lavori in via di urgenza e, nel caso di servizi e forniture, l'esecuzione del contratto in via d'urgenza ai sensi dell’articolo 32, comma 8, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, fermo restando quanto previsto dall’articolo 80 del medesimo decreto legislativo;
b) le stazioni appaltanti possono prevedere, a pena di esclusione dalla procedura, l’obbligo per l’operatore economico di procedere alla visita dei luoghi, nonché alla consultazione sul posto dei documenti di gara e relativi allegati ai sensi e per gli effetti dell’articolo 79, comma 2, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 esclusivamente laddove detto adempimento sia strettamente indispensabile in ragione della tipologia, del contenuto o della complessità dell’appalto da affidare;
c) in relazione alle procedure ordinarie, si applicano le riduzioni dei termini procedimentali per ragioni di urgenza di cui agli articoli 60, comma 3, 61, comma 6, 62 comma 5, 74, commi 2 e 3, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50. Nella motivazione del provvedimento che dispone la riduzione dei termini non è necessario dar conto delle ragioni di urgenza, che si considerano comunque sussistenti.
d) al fine di accelerare la realizzazione delle infrastrutture autostradali relative a una o più regioni, l'affidamento di cui all'articolo 178, comma 8 - ter, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, può avvenire anche in favore di società integralmente partecipate da altre pubbliche amministrazioni nelle forme previste dal decreto legislativo 19 agosto 2016, n.
175. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti provvede ad esercitare sulla società, congiuntamente alle altre pubbliche amministrazioni partecipanti, il controllo analogo di cui
all'articolo 5 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, secondo le modalità previste dal citato articolo 178, comma 8 – ter;
e) le procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture possono essere avviate anche in mancanza di una specifica previsione nei documenti di programmazione di cui all’articolo 21 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, già adottati, a condizione che entro trenta giorni decorrenti dalla data di entrata in vigore del presente decreto si provveda ad un aggiornamento in conseguenza degli effetti dell’emergenza COVID-19.
2. In relazione alle procedure disciplinate dal decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, per le quali sia scaduto entro il 22 febbraio 2020 il termine per la presentazione delle offerte, le stazioni appaltanti, fermo quanto previsto dall’articolo 103 del decreto – legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, provvedono all’adozione dell’eventuale provvedimento di aggiudicazione entro la data del 31 dicembre 2020.
3. In relazione agli Accordi – quadro di cui all’articolo 54 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, efficaci alla data di entrata in vigore del presente decreto, le stazioni appaltanti, nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente e fermo quanto previsto dall’articolo 103 del decreto – legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020,
n. 27, provvedono, entro la data del 31 dicembre 2020, all’aggiudicazione degli appalti basati su tali Accordi quadro ovvero all’esecuzione degli Accordi – quadro nei modi previsti dai commi da 2 a 6 del medesimo articolo 54.
4. Con riferimento ai lavori in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore del presente decreto:
a) il direttore dei lavori adotta, in relazione alle lavorazioni effettuate alla medesima data e anche in deroga alle specifiche clausole contrattuali, lo stato di avanzamento dei lavori entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Il certificato di pagamento viene emesso contestualmente e comunque entro cinque giorni dall’adozione dello stato di avanzamento. Il pagamento viene effettuato entro quindici giorni dall’emissione del certificato di cui al secondo periodo;
b) sono riconosciuti, a valere sulle somme a disposizione della stazione appaltante indicate nei quadri economici dell’intervento e, ove necessario, utilizzando anche le economie derivanti dai ribassi d’asta, i maggiori costi derivanti dall’adeguamento e dall’integrazione, da parte del coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione, del piano di sicurezza e coordinamento, in attuazione delle misure di contenimento di cui agli articoli 1 e 2 del decreto – legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, e dall’articolo 1 del decreto – legge 25 marzo 2020, n. 19; convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35, il rimborso di detti oneri avviene in occasione del pagamento del primo stato di avanzamento successivo all’approvazione dell’aggiornamento del piano di sicurezza e coordinamento recante la quantificazione degli oneri aggiuntivi;
c) il rispetto delle misure di contenimento previste dall’articolo 1 del decreto – legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 13,e dall’articolo 1 del decreto – legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35,nonché dai relativi provvedimenti attuativi, ove impedisca, anche solo parzialmente, il regolare svolgimento dei lavori ovvero la regolare esecuzione dei servizi o delle forniture costituisce causa di forza maggiore, ai sensi dell’articolo 107, comma 4, del decreto legislativo 18 aprile 2016,
n. 50 e, qualora impedisca di ultimare i lavori, i servizi o le forniture nel termine contrattualmente previsto, costituisce circostanza non imputabile all’esecutore ai sensi del comma 5 del citato articolo 107 ai fini della proroga di detto termine, ove richiesta; non si applicano gli obblighi di comunicazione all’Autorità nazionale
anticorruzione e le sanzioni previste dal terzo e dal quarto periodo del comma 4 dell’articolo 107 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50.
5. Al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 38:
1) al comma 1, secondo periodo, le parole: “agli ambiti di attività,” sono soppresse;
2) al comma 2, primo periodo, le parole: “sentite l'ANAC e la Conferenza Unificata,” sono sostituite con le seguenti: “di intesa con la Conferenza unificata e sentita l'ANAC,”;
3) al comma 3:
1.1 sono premesse le seguenti parole: “Fatto salvo quanto previsto nel comma 3-bis”;
1.3 alla lettera a), le parole: “programmazione e” sono soppresse;
1.3 dopo il comma 3, è inserito il seguente: “3-bis. Le centrali di committenza e i soggetti aggregatori sono qualificati almeno negli ambiti di cui al comma 3, lettere a) e b). Nelle aggiudicazioni relative all’acquisizione di beni, servizi o lavori effettuati dalle centrali di committenza, ovvero dai soggetti aggregatori, le attività correlate all’ambito di cui al comma 3, lettera c) possono essere effettuate direttamente dai soggetti per i quali sono svolte le suddette aggiudicazioni purché qualificati almeno in detto ambito secondo i criteri individuati dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al comma 2.”;
4) al comma 4, lettera a), dopo il capoverso 5-ter è aggiunto il seguente: “5-quater) disponibilità di piattaforme telematiche nella gestione di procedure di gara”;
5) al comma 4, lettera b), il capoverso n. 3 è soppresso;
b) all’articolo 80:
1) al comma 1, le parole: “anche riferita a un suo subappaltatore nei casi di cui all'articolo 105, comma 6,” sono soppresse;
2) al comma 4, il quinto periodo è sostituito dai seguenti: “Un operatore economico può essere escluso dalla partecipazione a una procedura d'appalto se la stazione appaltante è a conoscenza e può adeguatamente dimostrare che lo stesso non ha ottemperato agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali non definitivamente accertati qualora tale mancato pagamento costituisca una grave violazione ai sensi rispettivamente del secondo o del quarto periodo. Il presente comma non si applica quando l'operatore economico ha ottemperato ai suoi obblighi pagando o impegnandosi in modo vincolante a pagare le imposte o i contributi previdenziali dovuti, compresi eventuali interessi o multe, ovvero quando il debito tributario o previdenziale sia comunque integralmente estinto, purché l'estinzione, il pagamento o l'impegno si siano perfezionati anteriormente alla scadenza del termine per la presentazione delle domande.”;
3) al comma 5, le parole: “anche riferita a un suo subappaltatore nei casi di cui all'articolo 105, comma 6” sono soppresse;
c) all’articolo 83, dopo il comma 5 aggiungere il seguente: «5-bis. In relazione al requisito di cui alla lettera c) del comma 4, l’adeguatezza della copertura assicurativa offerta viene valutata sulla base della polizza assicurativa contro i rischi professionali posseduta dall’operatore economico e in corso di validità. In relazione alle polizze assicurative di importo inferiore al valore dell’appalto, le stazioni appaltanti possono richiedere che l’offerta sia corredata dall’impegno da parte dell’impresa assicuratrice ad adeguare il valore della polizza assicurativa a quello dell’appalto, in caso di aggiudicazione.»;
d) all’articolo 105:
1) al comma 2, sostituire il terzo periodo con il seguente: ”Le stazioni appaltanti, nel rispetto dei principi di cui all'articolo 30, previa adeguata motivazione nella determina a contrarre, possono prevedere nei documenti di gara che tutte o parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto d'appalto siano eseguite dall'aggiudicatario in ragione delle specifiche caratteristiche dell'appalto, ivi comprese quelle di cui all'articolo 89, comma 11, dell'esigenza di assicurare un adeguato controllo delle attività di cantiere ovvero dello svolgimento di una delle attività maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa, come individuata dal comma 53 dell'articolo 1 della legge 6 novembre 2012, n. 190, a meno che i subappaltatori siano iscritti nelle “white list".
2) al comma 4:
- alla lettera b), aggiungere, in fine, le seguenti parole: “e sia in possesso dei requisiti di cui all'articolo 80”;
- sopprimere la lettera d);
3) il comma 5 è soppresso;
4) il comma 6 è soppresso;
5) al comma 14, primo periodo, le parole “con ribasso non superiore al venti per cento” sono sostituite dalle seguenti: “con ribasso non superiore al quindici per cento”.
e) all’articolo 174:
1) al comma 2, il terzo periodo è soppresso;
2) il comma 3 è sostituito con il seguente: “3. L'affidatario provvede a sostituire i subappaltatori relativamente ai quali apposita verifica abbia dimostrato la sussistenza dei motivi di esclusione di cui all'articolo 80.”;
f) all’articolo 183, comma 15:
1) al primo periodo, le parole: “non presenti” sono sostituite dalle seguenti: “anche se presenti”;
2) al nono periodo, le parole: “è inserito” sono sostituite dalle seguenti: “qualora non sia già presente” e dopo le parole: “sulla base della normativa vigente” sono aggiunte le seguenti: “, è inserito in tali strumenti di programmazione”;
6. Le disposizioni di cui al comma 5 si applicano, alle procedure i cui bandi o avvisi, con i quali si indice una gara, sono pubblicati successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché, in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o avvisi, alle procedure in cui, alla medesima data, non sono ancora stati inviati gli inviti a presentare le offerte o i preventivi.
7. All’articolo 1 del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 giugno 2019, n. 55, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il termine di cui all’alinea del comma 1è prorogato al 31 dicembre 2021;
b) il termine di cui al comma 2 è prorogato al 30 novembre 2021;
c) al comma 3,le parole: “31 dicembre 2020” sono sostituite dalle seguenti: “31 dicembre 2021”;
d) il comma 7 è sostituito dal seguente: “7. In deroga all’articolo 215, comma 3,del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, fino al 31 dicembre 2021, il Consiglio superiore dei lavori pubblici esprime il parere obbligatorio di cui al comma 3 del medesimo articolo 215
esclusivamente sui progetti di fattibilità tecnica ed economica di lavori pubblici di competenza statale, o comunque finanziati per almeno il 50 per cento dallo Stato, di importo pari o superiore ai 100 milioni di euro. Per i lavori pubblici di importo inferiore a 100 milioni di euro e fino a 50 milioni di euro, le competenze del Consiglio superiore sono esercitate dai comitati tecnici amministrativi presso i Provveditorati interregionali per le opere pubbliche. Per i lavori pubblici di importo inferiore a 50 milioni di euro si prescinde dall’acquisizione del parere di cui all’articolo 215, comma 3, del citato decreto legislativo n. 50 del 2016.”.
e) al comma 15, le parole: “per gli anni 2019 e 2020” sono sostituite dalle seguenti: “per gli anni 2019, 2020 e 2021”;
f) il comma 18 è abrogato.
Relazione illustrativa
L’articolo reca disposizioni in materia di contratti pubblici, nell’ottica di dare impulso ad un settore che rappresenta un volano per la nostra economia.
Il comma 1, al fine di mitigare gli effetti derivanti dalla diffusione del contagio da COVID – 19, prevede che in relazione alle procedure i cui bandi o avvisi, con i quali si indice una gara, sono già stati pubblicati alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché, in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o avvisi, alle procedure in cui, alla medesima data, siano già stati inviati gli inviti a presentare le offerte o i preventivi, ma non scaduti i relativi termini e per le procedure avviate a decorrere dalla medesima data fino al 31 luglio 2021:
a) è sempre autorizzata la consegna dei lavori in via di urgenza e nel caso di servizi e forniture, l'esecuzione del contratto in via d'urgenza ai sensi dell’articolo 32, comma 8, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, esonerando, in tal modo, le stazioni appaltanti dall’obbligo di motivare detta consegna in via d’urgenza per uno dei motivi indicati nel comma 8 del citato articolo 32;
b) le stazioni appaltanti possono prevedere, a pena di esclusione dalla procedura, l’obbligo per l’operatore economico di procedere alla visita dei luoghi, nonché alla consultazione sul posto dei documenti di gara e relativi allegati, esclusivamente laddove detto adempimento sia strettamente indispensabile in ragione della tipologia, del contenuto o della complessità dell’appalto da affidare. A tale riguardo, si evidenzia che l'articolo 79, comma 2, del decreto legislativo n. 50 del 2016prevede che "Quando le offerte possono essere formulate soltanto a seguito di una visita dei luoghi o dopo consultazione sul posto dei documenti di gara e relativi allegati, i termini per la ricezione delle offerte, comunque superiori ai termini minimi stabiliti negli articoli 60, 61, 62, 64 e 65, sono stabiliti in modo che gli operatori economici interessati possano prendere conoscenza di tutte le informazioni necessarie per presentare le offerte.". Pertanto, come chiarito dalla giurisprudenza amministrativa, una clausola che contempli l’obbligo di sopralluogo a pena di esclusione non può di per sé dirsi contraria alla legge o non prevista dalla legge. Non può tuttavia sottacersi che la medesima giurisprudenza ha avuto modo di precisare che il sopralluogo ha carattere di adempimento strumentale a garantire anche il puntuale rispetto delle ulteriori prescrizioni imposte dalla legge di gara e che l'obbligo di sopralluogo ha un ruolo sostanziale, e non meramente formale, per consentire ai concorrenti di formulare un'offerta consapevole e più aderente alle necessità dell'appalto. L'obbligo di sopralluogo, strumentale a una completa ed esaustiva conoscenza dello stato dei luoghi, è infatti funzionale alla miglior valutazione degli interventi da effettuare in modo da formulare, con maggiore precisione, la migliore offerta tecnica (Cons. Stato, Sez. V, 19 febbraio 2018 n. 1037). E' stato anche sottolineato che l'obbligo per il concorrente di effettuazione di un sopralluogo è finalizzato proprio ad una completa ed esaustiva conoscenza dello stato dei luoghi: tale verifica può, dunque, dirsi funzionale anche alla redazione dell'offerta, onde incombe sull'impresa l'onere di effettuare tale sopralluogo con la dovuta diligenza, in modo da poter modulare la propria offerta sulle concrete caratteristiche dei locali (Cons. Stato, Sez. VI, 23 giugno 2016 n. 2800). Xxxxxx, proprio in relazione alla funzione del sopralluogo, così come delineata dalla
ricordata giurisprudenza e al fine di evitare che esso possa tradursi in un ostacolo alla concorrenza, viene previsto che siffatto obbligo può essere previsto esclusivamente laddove sia strettamente necessario in considerazione della tipologia, della complessità o del contenuto dell’appalto da affidare;
c) applicazione delle riduzioni dei termini procedimentali per ragioni di urgenza di cui agli articoli 60, comma 3, 61, comma 6, 62 comma 5, 74, commi 2 e 3, del codice senza obbligo di dar conto delle ragioni di urgenza
d) al fine di accelerare la realizzazione delle infrastrutture autostradali relative una o più regioni, l'affidamento di cui all'articolo 178, comma 8 - ter, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, può avvenire anche in favore di società integralmente partecipate da altre pubbliche amministrazioni nelle forme previste dal decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, fermo restando l’esercizio da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, congiuntamente alle altre pubbliche amministrazioni partecipanti, del controllo analogo di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 sulla società affidataria secondo le modalità previste dal citato articolo 178, comma 8 - ter. Con specifico riguardo alla previsione in parola, si evidenzia che l’articolo 178, comma 8 – ter, del decreto legislativo n. 50 del 2016 prevede che: “le concessioni autostradali relative ad autostrade che interessano una o più regioni possono essere affidate dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti a società in house di altre amministrazioni pubbliche anche appositamente costituite. A tal fine il controllo analogo di cui all'articolo 5 sulla predetta società in house può essere esercitato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti attraverso un comitato disciplinato da apposito accordo ai sensi dell'articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241, che eserciti sulla società in house i poteri di cui al citato articolo 5”. Orbene, mediante la previsione de qua si prevede che l’affidamento possa avvenire anche in favore di società integralmente partecipate da altre pubbliche amministrazioni, secondo il modello dell’accordo di cooperazione tra amministrazioni aggiudicatrici ai sensi dell’articolo 17 della Direttiva 2014/23/UE;
e) previsione che le procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture possono essere avviate anche in mancanza di una specifica previsione nei documenti di programmazione di cui all’articolo 21 del codice, a condizione che entro trenta giorni decorrenti dalla data di entrata in vigore del presente decreto si provveda ad un aggiornamento in conseguenza degli effetti dell’emergenza COVID-19
I commi 2 e 3 recano disposizioni per accelerare l’aggiudicazione delle gare, prevedendo che, per le procedure per le quali sia scaduto entro il 22 febbraio 2020 il termine per la presentazione delle offerte, le stazioni appaltanti, devono provvedere all’adozione dell’eventuale provvedimento di aggiudicazione, ovvero all’esecuzione degli Accordi – quadro, entro la data del 31 dicembre 2020 ed entro lo stesso periodo stipulare contratti derivanti da accordi quadro efficaci.
Il comma 4 prevede, alla lettera a), con riferimento ai lavori in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore del presente decreto, che, anche in deroga alle specifiche clausole contrattuali, il direttore dei lavori adotti, in relazione alle lavorazioni effettuate alla medesima data, lo stato di avanzamento dei lavori entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Il certificato di pagamento viene emesso contestualmente e comunque entro cinque giorni dall’adozione dello stato di avanzamento. Il pagamento viene effettuato entro quindici giorni dall’emissione del certificato di pagamento medesimo. Trattasi di misure che, in deroga alle previsioni contrattuali, consente di effettuare immediatamente il pagamento delle lavorazioni già realizzate al momento dell’entrata in vigore del decreto. Al contempo, in ragione dell’obbligo degli appaltatori di attenersi alle misure di contenimento di cui agli articoli 1 e 2 del decreto – legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito con modificazioni dalla legge 5 marzo 2020, n. 13 e dall’articolo 1 del decreto – legge 25 marzo 2020, n. 19 e meglio specificate nel Protocollo di regolamentazione per il contenimento della diffusione del covid – 19 nei cantieri edili condiviso tra Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti, Xxxx X.x.X., RFI S.p.a., ANCE, Feneal Uil, Filca – CISL e Fillea CGIL, si prevede, alla lettera b) il rimborso dei conseguenti maggiori oneri sopportati dagli appaltatori a valere sulle somme a disposizione della stazione appaltante indicate nei quadri economici dell’intervento di cui all’articolo 16, comma 1, lettera b) del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207 e, ove necessario, utilizzando anche le economie derivanti dai ribassi d’asta. Il rimborso avviene in occasione del pagamento del primo stato di avanzamento successivo all’approvazione dell’aggiornamento del piano di sicurezza e coordinamento recante la quantificazione degli oneri aggiuntivi. Inoltre, alla lettera c) si prevede che, ove il rispetto delle misure di contenimento in parola impedisca, anche solo parzialmente, il regolare svolgimento dei lavori ovvero la regolare esecuzione dei servizi o delle forniture costituisce causa di forza maggiore, ai sensi dell’articolo 107, comma 4, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50. Si precisa che, qualora il rispetto delle misure di contenimento in parola impedisca di ultimare i lavori, i servizi o le forniture nel termine contrattualmente previsto, costituisce circostanza non imputabile all’esecutore ai sensi del comma 5 del citato articolo 107 ai fini della proroga di detto termine, ove richiesta e che, in considerazione della qualificazione della pandemia COIVD- 19 come “fatto notorio” e della cogenza delle misure di contenimento disposte dalle competenti Autorità, non si applichino, anche in funzione di semplificazione procedimentale, gli obblighi di comunicazione all’Autorità nazionale anticorruzione e le sanzioni previste dal terzo e dal quarto periodo del comma 4 dell’articolo 107 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50.
Al comma 5, si interviene novellando il codice di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, nei termini di seguito illustrati. In particolare:
la lettera a) sono apportate delle modifiche all’articolo 38 in tema di qualificazione delle stazioni appaltanti per risolvere delle criticità evidenziate dalle regioni e dagli enti locali nel corso di riunioni tecniche che si sono tenute in sede della Conferenza unificata nella fase istruttoria inerente l’acquisizione del parere sullo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previsto dal comma 2 del medesimo articolo 38, che dovrà disciplinare il sistema di qualificazione. Nel merito, le principali criticità evidenziate consistono nella incertezza interpretativa che deriva dal combinato disposto delle disposizioni di cui al comma 1 e comma 3 del citato articolo 38, che non chiarisce se la qualificazione debba essere unica per i tre ambiti di attività individuati nel comma 3 oppure per singoli ambiti di attività. Infatti, nel comma 1 si stabilisce che “la qualificazione è conseguita in rapporto agli ambiti di attività” mentre nel comma 3 si prevede che “la qualificazione ha ad oggetto il complesso delle attività che caratterizzano il processo di acquisizione di un bene, servizio o lavoro”. Con la modifica proposta al comma 1 del citato articolo 38, sopprimendo le parole “agli ambiti di attività”, si chiarisce che la qualificazione debba essere unica per tutti gli ambiti. Inoltre, si è provveduto, ad eliminare la parola “programmazione” dagli ambiti oggetto di qualificazione, in quanto si tratta di attività attinente alla sfera politico/amministrativa di competenza dell’ente territoriale. Infine, è stato previsto, che le stazioni appaltanti possano qualificarsi per il solo ambito inerente l’esecuzione e controllo dell'intera procedura, ivi incluso il collaudo e la messa in opera, nel caso in cui esse procedano ad affidare la gestione della progettazione e dell’affidamento del contratto a centrali di committenza, ovvero a soggetti aggregati, in capo alle quali deve sussistere la qualificazione almeno per gli ambiti indicati al comma 3, lettere a) e b), dell’articolo 38 del codice dei contratti pubblici. In considerazione della recente giurisprudenza costituzionale, tenuto conto dell’impatto diretto che tali norme producono nell’ordinamento delle regioni e degli enti locali, si è provveduto a prevedere l’intesa della Conferenza unificata sul provvedimento che dovrà disciplinare il sistema della qualificazione delle stazioni appaltanti;
la lettera b) modifica l’articolo 80, sostituendo, al punto 2, il quinto periodo del comma 4 e prevedendo la facoltà della stazione appaltante di poter escludere un operatore economico dalla partecipazione a una procedura d'appalto qualora la medesima stazione appaltante sia a conoscenza e possa adeguatamente dimostrare che lo stesso non abbia ottemperato agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali non definitivamente accertati qualora
tale mancato pagamento costituisca una grave violazione ai sensi rispettivamente del secondo o del quarto periodo. Tale previsione si rende necessaria per risolvere una delle contestazioni sollevate dalla Commissione europea nella procedura di infrazione n. 2018/2273 “Non conformità direttive europee contratti pubblici”. Nella procedura di infrazione in questione la Commissione europea ha contestato allo Stato italiano che la disposizione del comma 4 del citato articolo 80 del codice dei contratti pubblici contrasti con le direttive comunitarie, laddove non consenta alla stazione appaltante di poter escludere dalle procedure di gara un operatore per il quale la medesima stazione appaltante sia a conoscenza o sia in grado di dimostrare che lo stesso operatore non abbia ottemperato agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali anche se non definitivamente accertati. In ossequio al principio di proporzionalità è stato previsto che si possa addivenire a tale esclusione solo nel caso in cui tale mancato pagamento costituisca una grave violazione, ciò anche in conformità alla disciplina delle esclusioni, contenuta nei periodi precedenti dell’articolo 80, quando tale mancato pagamento è definitivamente accertato. I punti 1 e
3 recano modifiche di coordinamento all’articolo 80 conseguenti alle modifiche apportate all’articolo 105;
alla lettera c) si novella l’articolo 83. Al riguardo, si rappresenta che l’articolo 83, comma 4, lettera c), prevede che, ai fini della partecipazione agli operatori economici a procedure per l’affidamento di servizi o fornitura, le stazioni appaltanti possano richiedere il possesso di “un livello adeguato di copertura assicurativa contro i rischi professionali”, come (in potenziale e facoltativo concorso con il fatturato minimo e i movimenti contabili) strumento dimostrativo di capacità economica e finanziaria.
Come chiarito dalla giurisprudenza amministrativa, “la "adeguatezza" del "livello" di copertura (che, già sul piano testuale, evoca e sottende, con semantica scalare, la relativa dimensione quantitativa), si parametra sulla capacità di garantire in concreto i rischi professionali, non solo in relazione ai massimali risarcitori divisati con le imprese assicurative, ma anche con riguardo alle eventuali limitazioni "dal basso" della relativa responsabilità. In questo senso, il possibile "gioco" delle clausole di franchigia (che, naturalmente, incide sulla struttura interna dei costi d'impresa - essendo, come tale, indice di capacità finanziaria - non meno che sul grado di affidabilità che le imprese assicuratrici sono disposte a riconoscere all'atto di assunzione dei rischi coperti) è, obiettivamente, in grado di alterare il livello di copertura, fino al segno di legittimare potenziali apporti sicuritari talmente condizionati dal negoziato esonero di responsabilità da abbattere decisivamente l'onere del relativo premio e da agevolare l'assunzione solo del grado di rischio connotato, di là dalla consistente soglia esonerativa, di un grado basso o addirittura irrisorio di probabilità)” (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 23 agosto 2019, n. 5828).
Tanto premesso, la genericità dell’attuale previsione recata dalla lettera c) del comma 4 dell’articolo 84 ha dato luogo alla prassi delle stazioni appaltanti di richiedere nel bando di gara la produzione, in una alla domanda di partecipazione, di polizze assicurative di importo commisurato al valore dell’appalto; ciò comporta che molti operatori, i quali pure sono già in possesso di polizze assicurative contro i rischi professionali, sono tuttavia costretti a stipularne delle nuove ai soli fini della partecipazione alla gara (e pur senza sapere, come è ovvio, se risulteranno alla fine aggiudicatari), in quanto quelle possedute non sono adeguate alle prescrizioni della lexspecialis.
L’integrazione dell’articolo 83 che qui si propone recepisce le conclusioni di condivisibile giurisprudenza (T.A.R. Brescia, sez. I, 27 febbraio 2017, n. 282), la quale ha ritenuto, già nell’attuale quadro legislativo, che il requisito in questione possa essere soddisfatto gradualmente: “Poiché tra più interpretazioni possibili in base alla lettera della norma deve essere preferita quella che impone il costo minore per gli operatori economici, evitando la creazione di ostacoli impropri alla partecipazione, si ritiene che il livello adeguato di copertura assicurativa possa essere raggiunto anche per gradi, e con una pluralità di strumenti negoziali. Pertanto, si deve escludere che la norma richieda necessariamente l’allegazione di un nuovo contratto di assicurazione, con un massimale già adeguato al valore dell’appalto. La produzione di un simile
documento, onerosa per i concorrenti, sarebbe del tutto superflua nel corso della gara, mentre assume la massima importanza al termine della stessa, quando occorre tutelare l’interesse pubblico all’immediato avvio del servizio o della fornitura (…) Dal lato dei concorrenti, questo significa che l’esclusione dalla gara è una sanzione ragionevole e proporzionata solo quando la stazione appaltante sia esposta al rischio di selezionare un aggiudicatario non in grado di attivare immediatamente la copertura assicurativa. Al contrario, se vi è la certezza che la copertura assicurativa richiesta dal bando o dal disciplinare di gara sarà presente al momento dell’aggiudicazione, e che l’attivazione della suddetta copertura dipende solo dalla volontà dell’aggiudicatario, e non dall’assenso di terzi, l’interesse pubblico può dirsi tutelato, e di conseguenza risulta indifferente lo strumento negoziale che ha reso possibile il risultato”;
la lettera d) recano disposizioni in materia di subappalto di cui all’articolo 105. In particolare, al fine di uniformare la disciplina interna a quella europea si prevede di sostituire il terzo periodo del secondo comma prevedendo che le stazioni appaltanti, nel rispetto dei principi di cui all'articolo 30, previa adeguata motivazione nella determina a contrarre, possono prevedere nei documenti di gara che tutte o parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto d'appalto siano eseguite dall'aggiudicatario in ragione delle specifiche caratteristiche dell'appalto, ivi comprese quelle di cui all'articolo 89, comma 11, dell'esigenza di assicurare un adeguato controllo delle attività di cantiere ovvero dello svolgimento di una delle attività maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa, come individuata dal comma 53 dell'articolo 1 della legge 6 novembre 2012, n. 190, a meno che i subappaltatori siano iscritti nelle “white list. Ne discende anche la soppressione del comma 5 del medesimo articolo.
Si modifica il comma 4, lettera b), dell’art 105, secondo le quali il possesso dei requisiti di partecipazione in capo al subappaltatore diventa condizione necessaria, solo in fase di esecuzione del contratto, per il rilascio da parte della stazione appaltante dell’autorizzazione al subappalto. Inoltre, al punto 3.2, si prevede la soppressione della lettera d), del comma 4, dell’articolo 105 del codice, poiché il concorrente, non avendo più l’obbligo di indicare a chi avrà intenzione di affidare il subappalto in caso di aggiudicazione della stessa, non dovrà nemmeno più dimostrare, in sede di gara, l’assenza in capo ai subappaltatori dei motivi di esclusione di cui all’articolo 80 C.c.p., ferma restando la necessità di dimostrare, in sede di esecuzione del contratto, il possesso di tali requisiti in capo al subappaltatore al fine dello svolgimento del contratto di subappalto. Si rappresenta che la Commissione europea ha rilevato che l’articolo 105, comma 6, del decreto legislativo n. 50/2016 viola il principio di proporzionalità di cui all’articolo 18, paragrafo 1, della direttiva 2014/24/UE e l’articolo 71 della medesima direttiva, nella misura in cui obbliga gli offerenti ad indicare una terna di subappaltatori anche quando in realtà a detti offerenti occorrano meno di tre subappaltatori. Pertanto, viene soppresso l’articolo 105, comma 6, del codice, la cui efficacia è già stata sospesa dall’articolo 1, comma 18, secondo periodo, del decreto-legge n. 32/2019, fino al 31 dicembre 2020, che pertanto si provvede a sopprimere. La soppressione dell’obbligo di indicare una terna di subappaltatori nei contratti di appalto o concessione fin dalla fase dell’offerta, comporta altresì la necessità di ulteriori interventi di coordinamento sugli articoli 80 (Motivi di esclusione) e 105 (Subappalto) del codice. Si è proceduto a modificare il primo periodo del comma 14 dell’articolo 105 del codice escludendo la possibilità di ribassare i prezzi applicabili alle prestazioni subappaltate di oltre il 15 per cento rispetto ai prezzi risultanti dall’aggiudicazione;
alla lettera e) si interviene sull’articolo 174 in conseguenza delle modifiche apportate in materia di subappalto all’art. 105. Ed infatti, analoga contestazione a quella riguardante l’indicazione della terna in materia di appalti è stata formulata dalla Commissione anche in merito alla previsione dell’indicazione obbligatoria della terna di subappaltatori nel settore delle concessioni ai sensi dell’articolo 174 del codice. Pertanto, al punto 1, si dispone la soppressione dell’obbligo imposto all’offerente di indicare una terna di subappaltatori, obbligo previsto dal terzo periodo, del comma 2, del citato articolo 174. A tal fine, al punto 2, si provvede a sostituire il comma 3 dell’articolo 174 del codice ponendo in capo all’affidatario l’onere di sostituire i
subappaltatori relativamente ai quali apposita verifica abbia dimostrato la sussistenza dei motivi di esclusione di cui all’articolo 80 del medesimo codice;
la lettera f) modifica l’articolo 183, al fine di favorire la presentazione di proposte progettuali alle amministrazioni aggiudicatrici da parte di operatori economici per la realizzazione in concessione (ovvero mediante contratti di partenariato pubblico privato) di lavori pubblici o di pubblica utilità. In questa prospettiva, l’emendamento amplia l’ambito di applicazione oggettivo dell’articolo 183 del Codice dei contratti pubblici, potenziando lo strumento del promotore nell’ambito della finanza di progetto. A legislazione vigente, gli operatori economici possono presentare alle amministrazioni aggiudicatrici proposte relative alla realizzazione di lavori pubblici solo ed esclusivamente se non presenti negli strumenti di programmazione già approvati dalle medesime amministrazioni aggiudicatrici. La disposizione in esame supera tale limite, consentendo agli operatori economici di presentare alle amministrazioni aggiudicatrici le suddette proposte anche se già inserite negli strumenti di programmazione. I progetti inseriti dalle amministrazioni negli strumenti di programmazione, infatti, potrebbero essere non pienamente adeguati oppure, se adeguati, potrebbero non essere messi a gara per inerzia delle stesse amministrazioni. Al fine, dunque, di assicurare la migliore fattibilità dei progetti ovvero rimediare alla potenziale inerzia dell’amministrazione, la disposizione concede al promotore la facoltà di proporre progetti anche alternativi, migliorati e affinati rispetto a quelli già inseriti negli strumenti di programmazione, nei termini sopra evidenziati. La disposizione in questione appare compatibile con il diritto europeo in assenza di uno specifico orientamento preclusivo da parte delle istituzioni europee e si pone in linea con quanto suggerito dal Consiglio di Stato in sede di parere sullo schema di decreto legislativo recante il Codice vigente (Cons. Stato, Commissione speciale, 1° aprile 2016, n. 855) in merito all’auspicata reintroduzione della facoltà di presentare proposte anche se inserite negli strumenti di programmazione. Tale disposizione amplia così l’ambito applicativo dell’istituto del promotore, valorizzando gli strumenti di partenariato pubblico privato nella prospettiva di una più efficiente infrastrutturazione del Paese;
Il comma 6 detta le disposizioni transitorie relative alle modifiche di cui al comma 5.
Il comma 7 interviene sull’articolo 1 del decreto legge n. 32 del 2019 c.d. “Sblocca cantieri”. In particolare, tenuto conto dell’impatto positivo di alcune disposizioni derogatorie al codice dei contratti, introdotte in via sperimentale, si prevede:
a) la proroga sino al 31 dicembre 2021 del termine previsto dall’articolo 1, comma 1, relativo alla sospensione del divieto di appalto integrato (articolo 59, commi 1 e 1-bis codice) del codice;
b) proroga al 30 novembre 2021 del termine per la relazione al Parlamento sull’esito della sperimentazione (comma 2);
c) proroga sino al 31 dicembre 2021 del termine di cui al comma 3 riguardante l’inversione procedimentale concernente l’esame dell’offerta economica prima della verifica dei requisiti di cui all’articolo 80 del Codice dei contratti;
d) si prevede la deroga sino al 31 dicembre 2021 delle previsioni di cui all’articolo 215 del codice dei contratti sotto un duplice profilo: sottopozione al parere obbligatorio previsto dall’articolo 215, comma 3 dei soli progetti di fattibilità tecnica ed economica anziché dei progetti definitivi ed elevazione da 75 milioni a 100 milioni del valore delle opere da sottoporre al parere del Consiglio Superiore dei Lavori pubblici. Al contempo si prevede che per progetti di importo da 50 a 100 milioni il parere è reso dai comitati tecnici amministrativi e che per i lavori pubblici di importo sino a 50 milioni di euro si prescinde dall’acquisizione del parere (comma 7).
e) proroga sino al 2021 della previsione di cui al comma 15 secondo la quale le varianti da apportare al progetto definitivo approvato dal CIPE sono approvate esclusivamente dal soggetto aggiudicatore qualora non superino del 50 per cento il valore del progetto approvato;
f) abrogazione del comma 18 (elevazione quota subappalto 40 per cento) in conseguenza delle modifiche apportate all’art. 105 del codice e alla soppressione dell’indicazione della terna dei subappaltatori.
Relazione tecnica
L’articolo reca “Disposizioni in materia di contratti pubblici”, che sono di carattere ordinamentale e quindi non determinano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Articolo 9
(Commissari straordinari per interventi infrastrutturali)
1. All’articolo 4 del decreto – legge 18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 giugno 2019, n. 55, apportare le seguenti modificazioni:
a) il comma 1 è sostituito dal seguente: “1. Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro il 31 dicembre 2020, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il Ministro dell'economia e delle finanze, il Presidente del Consiglio dei ministri individua gli interventi infrastrutturali caratterizzati da un elevato grado di complessità progettuale, da una particolare difficoltà esecutiva o attuativa, da complessità delle procedure tecnico – amministrative ovvero che comportano un rilevante impatto sul tessuto socio - economico a livello nazionale, regionale o locale, per la cui realizzazione o completamento si rende necessario la nomina di uno o più Commissari straordinari che è disposta con i medesimi decreti. Con uno o più decreti successivi, da adottare con le modalità di cui al primo periodo entro il 30 giugno 2021, il Presidente del Consiglio dei ministri può individuare, sulla base dei medesimi criteri di cui al primo periodo, ulteriori interventi per i quali disporre la nomina di Commissari straordinari. In relazione agli interventi infrastrutturali di rilevanza esclusivamente regionale o locale, i decreti di cui al presente comma sono adottati previo parere della Conferenza unficiata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 ”;
b) il comma 4 è sostituito dal seguente: “4. I Commissari straordinari trasmettono al Comitato interministeriale per la programmazione economica per il tramite del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti i progetti approvati, il cronoprogramma dei lavori e il relativo stato di avanzamento, segnalando semestralmente eventuali anomalie e significativi scostamenti rispetto ai termini fissati nel cronoprogramma di realizzazione delle opere, anche ai fini della valutazione di definanziamento degli interventi. Le modalità e le deroghe di cui al presentecomma, nonché, ad eccezione di quanto ivi previsto per i procedimenti relativi alla tutela di beni culturali e paesaggistici, e di cui al comma 3, si applicano anche agli interventi dei Commissari straordinari per il dissesto idrogeologico in attuazione del Piano nazionale per la mitigazione del rischio idrogeologico, il ripristino e la tutela della risorsa ambientale, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 febbraio 2019, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 88 del 13 aprile 2019, e ai Commissari per l'attuazione degli interventi idrici di cui all'articolo 1, comma 153, della legge 30 dicembre 2018, n. 145e del Commissario unico nazionale per la depurazione di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto-legge 29 dicembre 2016
n.243 come convertito con modificazioni dalla legge 27 febbraio 2017 n. 18 e all’articolo 5, comma 6, del decreto-legge 14 ottobre 2019 n.111 come convertito con modificazioni dalla legge 12 dicembre 2019 n.141.”;
c) il comma 5 è sostituito dal seguente: “5. Con i medesimi decreti di cui al comma 1, sono, altresì, stabiliti i termini, l'eventuale supporto tecnico, le attività connesse alla realizzazione dell'opera e l’eventuale compenso per i Commissari straordinari, i cui oneri sono posti a carico dei quadri economici degli interventi da realizzare o completare. I compensi dei Commissari, ove previsti, sono stabiliti in misura non superiore a quella indicata all'articolo 15, comma 3, del decreto- legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111. Per il supporto tecnico e le attività connesse alla realizzazione dell’opera, i commissari possono avvalersi, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di strutture dell'amministrazione centrale o territoriale interessata nonché di società controllate direttamente o indirettamente dallo Stato, dalle Regioni o da altri soggetti di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, i cui oneri sono posti a carico sono posti a carico dei quadri economici degli interventi da realizzare o completare nel limite complessivo del 7 per cento. I Commissari straordinari possono nominare un sub-commissario. L’eventuale compenso del sub commissario è posto a carico del quadro economico delle opere, nell’ambito della percentuale di cui al terzo periodo”.
2. All’articolo 7, comma 4, del decreto-legge 11 settembre 2014, n.133 convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n.164, dopo le parole: “della legge 23 dicembre 2009, n.191,” sono inserite le seguenti: “nonché le stesse attività relative ad interventi di mitigazione del rischio idrogeologico, comunque finanziati a valere su risorse finanziarie nazionali, europee e regionali,”.
3. Al fine di garantire l’uniformità nelle gestioni commissariali finalizzate alla realizzazione di opere pubbliche o interventi infrastrutturali assicurando, al contempo, la riduzione dei relativi tempi di esecuzione, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, tutti i commissari nominati per la predetta finalità sulla base di specifiche norme di legge operano, fino all’ultimazione degli interventi, con i poteri di cui all’articolo 4, commi 2 e 3, del decreto- legge 18 aprile 2019, n. 32 convertito, con modificazioni, dalla legge 14 giugno 2019, n. 55. Restano esclusi dall’ambito di applicazione della presente disposizione i commissari nominati ai sensi dell’articolo 25 del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1, ai sensi dell’articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400, ai sensi dell’articolo 1, del decreto- legge 28 settembre 2018, n. 109 convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2018, n. 130, ai sensi dell’articolo 7-ter del decreto – legge 8 aprile 2020, n. 22, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2020, n. 41, nonché i commissari straordinari nominati per l’attuazione di interventi di ricostruzione a seguito di eventi calamitosi.
Relazione illustrativa
La proposta normativa è finalizzata ad accelerare il processo di realizzazione degli interventi infrastrutturali caratterizzati da una particolare difficoltà esecutiva o attuativa, da complessità delle procedure tecnico – amministrative ovvero che comportano un rilevante impatto sul tessuto socio - economico del territorio.
A tale fine, il comma 1 modifica l’articolo 4 del decreto – legge 18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 giugno 2019, n. 55.
In particolare, con la lettera a), si procede alla riformulazione del comma 1 del citato articolo 4, da un lato, meglio enucleando i parametri ed i criteri da prendere in considerazione per l’individuazione delle opere da commissariare e, dall’altro, stabilendo dei nuovi termini, per l’individuazione degli interventi de quibus, e semplificando il relativo iter procedimentale, mediante la riduzione del numero di provvedimenti da adottare (per l’individuazione degli interventi e per la nomina dei commissari straordinari) e l’eliminazione dell’obbligatorietà del parere delle Commissioni parlamentari. Si prevede la possibilità di individuare gli interventi infrastrutturali in questione anche per opere di interesse regionale o locale, nei quali casi i decreti sono adottati previo parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
Con la lettera b), si modifica il comma 4 dell’articolo 4 del decreto – legge n. 32 del 2019, da un lato, semplificando gli adempimenti informativi a carico dei Commissari xxxxxxxxxxxx e, dall’altro, si estendono i poteri e le deroghe previsti dai commi 3 e 4 del medesimo articolo 4 anche all’attività del Commissario unico nazionale per la depurazione di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto- legge 29 dicembre 2016 n.243 come convertito con modificazioni dalla legge 27 febbraio 2017 n.
18 e all’articolo 5, comma 6, del decreto-legge 14 ottobre 2019 n.111 come convertito con modificazioni dalla legge 12 dicembre 2019, n.141.
Con la lettera c), si procede alla riscrittura del comma 5 dell’attuale articolo 4 del decreto – legge n. 32 del 2019, prevedendo, in primo luogo, che con i decreti di nomina del Commissario vengano altresì stabiliti i termini, l'eventuale supporto tecnico, le attività connesse alla realizzazione dell'opera e l’eventuale compenso per i Commissari straordinari, i cui oneri sono posti a carico dei quadri economici degli interventi da realizzare o completare. In secondo luogo, i precisa che i Commissari straordinari, senza possano avvalersi, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di strutture dell'amministrazione centrale o territoriale interessata nonché di società controllate dallo Stato, dalle Regioni o da altri soggetti di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, i cui oneri sono posti a carico sono posti a carico dei quadri economici degli interventi da realizzare o completare nel limite complessivo del 7 per cento. E’ prevista, inoltre, la possibilità per i Commissari straordinari di nominare uno sub-commissario. L’eventuale compenso del sub commissario è posto a carico del quadro economico delle opere, nell’ambito della citata percentuale del 7 per cento.
Il comma 2 integra le previsioni dell’articolo 7, comma 4, del decreto-legge 11 settembre 2014,
n.133 come convertito con modificazioni dalla legge 11 novembre 2014, n.164,stabilendo che i Presidenti delle Regioni, nell'esercizio dei poteri di cui all'articolo 10 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, possono richiedere di avvalersi, sulla base di apposite convenzioni per la disciplina dei relativi rapporti, di tutti i soggetti pubblici e privati, nel rispetto delle procedure ad evidenza pubblica prescritte dal codice dei contratti pubblici, ivi comprese società in house delle amministrazioni centrali dello Stato dotate di specifica competenza tecnica, attraverso i Ministeri competenti che esercitano il controllo analogo
sulle rispettive società, ai sensi della disciplina nazionale ed europea, non solo per le attività di progettazione ed esecuzione degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico di cui agli accordi di programma stipulati con le Regioni ai sensi dell'articolo 2, comma 240, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, ma anche per le attività di progettazione ed esecuzione degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico comunque finanziate a valere su risorse finanziarie nazionali, europee e regionali.
Il comma 3 disciplina in maniera uniforme il modello operativo delle gestioni commissariali, prevedendo che, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, tutti i commissari nominati per la realizzazione di opere pubbliche operano, fino all’ultimazione degli interventi, con i poteri di cui all’articolo 4, commi 2 e 3, del decreto- legge 18 aprile 2019, n. 32 convertito, con modificazioni, dalla legge 14 giugno 2019, n. 55. La norma precisa che continuano a operare secondo la disciplina specifica prevista i commissari nominati ai sensi dell’articolo 25 del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1, ai sensi dell’articolo 11 della
legge 23 agosto 1988, n. 400, ai sensi dell’articolo 1, del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109 convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2018, n. 130, ai sensi dell’articolo 7-ter del decreto – legge 8 aprile 2020, n. 22, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2020, n. 41, nonché i commissari straordinari nominati per l’attuazione di interventi di ricostruzione a seguito di eventi calamitosi
Relazione tecnica
La proposta normativa ha contenuto meramente ordinamentale, individuando le modalità procedimentali attraverso cui pervenire ad una celere realizzazione degli interventi infrastrutturali o di mitigazione del rischio idrogeologico, e, conseguentemente, non determina nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
CAPO II
Misure di semplificazione in materia edilizia per agevolare la rigenerazione urbana
Articolo 10
(Semplificazioni ed altre misure in materia edilizia)
1. Al fine di semplificare e accelerare le procedure edilizie e ridurre gli oneri a carico dei cittadini e delle imprese, nonché di assicurare il recupero e la qualificazione del patrimonio edilizio esistente e lo sviluppo di processi di rigenerazione urbana, al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 2-bis, il comma 1-ter è sostituito dal seguente:
“1-ter. In ogni caso di intervento che preveda la demolizione e ricostruzione di edifici, anche qualora le dimensioni del lotto di pertinenza non consentano la modifica dell’area di sedime ai fini del rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini, la ricostruzione è comunque consentita nell’osservanza delle distanze legittimamente preesistenti. Gli incentivi volumetrici eventualmente riconosciuti per l’intervento possono essere realizzati con ampliamenti fuori sagoma e con il superamento dell’altezza massima dell’edificio demolito, sempre nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti.”;
b) all’articolo 3, comma 1:
1) alla lettera b), primo periodo, le parole “e non comportino modifiche delle destinazioni di uso” sono sostituite dalle seguenti: “e non comportino mutamenti urbanisticamente rilevanti delle destinazioni d’uso implicanti incremento del carico urbanistico” e, dopo il secondo periodo, è aggiunto il seguente: “Nell’ambito degli interventi di manutenzione straordinaria sono comprese anche le modifiche ai prospetti degli edifici legittimamente realizzati necessarie per mantenere o acquisire l’agibilità dell’edificio ovvero per l’accesso allo stesso, che non pregiudichino il decoro architettonico dell’edificio, purché l’intervento risulti conforme alla vigente disciplina urbanistica ed edilizia e non abbia ad oggetto immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.”;
2) alla lettera c), le parole “il mutamento delle destinazioni d’uso” sono sostituite dalle seguenti: “mutamento d’uso urbanisticamente rilevante”;
3) alla lettera d), il terzo periodo è sostituito dai seguenti: “Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi altresì gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversa sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, per l’applicazione della normativa sull’accessibilità, per l’istallazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetico. L’intervento può prevedere altresì, nei soli casi espressamente previsti dagli strumenti urbanistici comunali, incrementi di volumetria per promuovere interventi di rigenerazione urbana. Costituiscono inoltre ristrutturazione edilizia gli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove siano mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria.”;
c) all’articolo 6, comma 1, la lettera e-bis) è sostituita dalla seguente:
“e-bis) le opere stagionali e quelle dirette a soddisfare obiettive esigenze, contingenti e temporanee, purché destinate ad essere immediatamente rimosse al cessare della necessità e, comunque, entro un termine non superiore a centottanta giorni comprensivo dei tempi di allestimento e smontaggio del manufatto, previa comunicazione di avvio dei lavori all'amministrazione comunale;”;
d) all’articolo 9-bis:
1) la rubrica è sostituita dalla seguente: “Documentazione amministrativa e stato legittimo degli immobili”;
2) dopo il comma 1, sono aggiunti i seguenti:
“1-bis. Lo stato legittimo dell'immobile o dell'unità immobiliare è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o da quello che ha disciplinato l'ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Per gli immobili realizzati in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto ovvero da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza. Le disposizioni di cui al secondo periodo si applicano altresì nei casi in cui sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non sia disponibile copia.
”;
e) all’articolo 10, comma 1, la lettera c) è sostituita dalla seguente: “c) gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, nei casi in cui comportino anche modifiche della volumetria complessiva degli edifici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d'uso, nonché gli interventi che comportino modificazioni della sagoma o della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti di immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;”;
f) all’articolo 14:
1) il comma 1-bis è sostituito dal seguente:
“1-bis. La richiesta di permesso di costruire in deroga è ammessa anche per gli interventi di ristrutturazione edilizia, previa deliberazione del Consiglio comunale che ne attesta l'interesse pubblico, fermo restando, nel caso di insediamenti commerciali, quanto disposto dall'articolo 31, comma 2, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22
dicembre 2011, n. 214.”;
2) al comma 3, le parole “nonché, nei casi di cui al comma 1-bis, le destinazioni d'uso” sono sostituite dalle seguenti: “nonché le destinazioni d'uso ammissibili”;
g) all’articolo 15, il comma 2 è sostituito dal seguente:
“2. Il termine per l'inizio dei lavori non può essere superiore ad un anno dal rilascio del titolo; quello di ultimazione, entro il quale l'opera deve essere completata, non può superare tre anni dall'inizio dei lavori. Decorsi tali termini il permesso decade di diritto per la parte non eseguita, tranne che, anteriormente alla scadenza, venga prorogato. I termini di inizio e ultimazione dei lavori possono essere prorogati, prima della scadenza, previa comunicazione da parte dell’interessato. Alla comunicazione è allegata la dichiarazione con cui un tecnico abilitato asseveri che a decorrere dalla data di inizio lavori non sono entrate in vigore contrastanti previsioni urbanistiche. Un’ulteriore proroga, non superiore rispettivamente ad un anno e a tre anni, può essere accordata dallo sportello unico su istanza dell’interessato, se sussiste un giustificato motivo. L’istanza per l’ulteriore proroga si intende accolta se, nei trenta giorni dalla presentazione, non è comunicata al richiedente la sussistenza di motivi ostativi al suo accoglimento. Su istanza del privato, lo sportello unico può accordare con provvedimento motivato, previa deliberazione del Consiglio comunale, una proroga del permesso di costruire anche nel caso di entrata in vigore di contrastanti previsioni urbanistiche, per fatti sopravvenuti, estranei alla volontà del titolare del permesso, oppure in considerazione della mole dell’opera da realizzare, delle sue particolari caratteristiche tecnico-costruttive, o di difficoltà tecnico-esecutive emerse successivamente all’inizio dei lavori, e qualora i lavori non possano essere iniziati o conclusi per eventuali ostacoli amministrativi indipendenti dalla volontà del titolare del permesso.”;
h) all’articolo 16, comma 4, lettera d-ter), le parole “, in deroga o con cambio di destinazione d’uso” sono sostituite dalle seguenti: “o in deroga”;
i) all’articolo 17, il comma 4-bis, è sostituito dal seguente:
“4-bis. Al fine di agevolare gli interventi di rigenerazione urbana, di ristrutturazione, nonché di recupero e riuso degli immobili dismessi o in via di dismissione, il contributo di costruzione è ridotto in misura non inferiore del 35 per cento rispetto a quello previsto dalle tabelle parametriche regionali. I comuni hanno la facoltà di deliberare ulteriori riduzioni del contributo di costruzione, fino alla completa esenzione dallo stesso.”;
l) all’articolo 20, comma 8, dopo il primo periodo, è aggiunto, in fine, il seguente: “Xxxxx restando gli effetti comunque prodotti dal silenzio, lo sportello unico per l’edilizia rilascia anche in via telematica, entro quindici giorni dalla richiesta dell’interessato, un’attestazione circa il decorso dei termini del procedimento, in assenza di richieste di integrazione documentale o istruttorie inevase e di provvedimenti di diniego; altrimenti, nello stesso termine, comunica all’interessato che tali atti sono intervenuti.”;
m) all’articolo 22, comma 1, lettera a), dopo le parole “parti strutturali dell’edificio”, inserire le seguenti “o i prospetti”;
n) all'articolo 23, il comma 2 è sostituito dal seguente:
“2. La segnalazione certificata di inizio attività è corredata dall'indicazione dell'impresa cui si intende affidare i lavori ed è sottoposta al termine di efficacia pari a tre anni. La realizzazione della parte non ultimata dell'intervento è subordinata a nuova segnalazione. Il termine di efficacia della segnalazione è prorogabile di ulteriori tre anni con comunicazione dell'interessato, presentata anteriormente alla scadenza e corredata dalla dichiarazione del tecnico abilitato con cui asseveri che, a decorrere dalla data di efficacia della segnalazione stessa, non sono entrate in vigore contrastanti previsioni urbanistiche.”;
o) all’articolo 23-ter, il comma 2 è sostituito dal seguente:
“2. La destinazione d'uso dell'immobile o dell'unità immobiliare è quella stabilita dalla documentazione di cui all’articolo 9-bis, comma 1-bis.”.;
p) all’articolo 24, dopo il comma 7, è aggiunto il seguente:
“7-bis. La segnalazione certificata può altresì essere presentata, in assenza di lavori, per gli immobili legittimamente realizzati privi di agibilità che presentano i requisiti definiti con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti predisposto di concerto con il Ministro della salute, con il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo e con il Ministro per la pubblica amministrazione, da adottarsi, previa intesa in Conferenza unificata, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.”;
q) all’articolo 34, il comma 2-ter è soppresso;
r) dopo l’articolo 34 è inserito il seguente:
“Art. 34-bis
(Tolleranze costruttive e tutela dell’affidamento)
1. Il mancato rispetto dell'altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari non costituisce violazione edilizia se contenuto entro il limite del 2 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo.
2. Fuori dai casi di cui al comma 1, costituiscono inoltre tolleranze esecutive le irregolarità geometriche e dimensionali di modesta entità, la diversa collocazione di impianti e opere interne e le modifiche alle finiture degli edifici, eseguite durante i lavori per l'attuazione di titoli abilitativi edilizi, a condizione che non comportino violazione della disciplina dell'attività edilizia e non pregiudichino l'agibilità dell'immobile.
3. Le tolleranze esecutive di cui ai commi 1, 2 e 3 realizzate nel corso di precedenti interventi edilizi, non costituendo violazioni edilizie, sono dichiarate dal tecnico abilitato, ai fini dell’attestazione dello stato legittimo degli immobili, nella modulistica relativa a nuove istanze, comunicazioni e segnalazioni edilizie ovvero, con apposita dichiarazione asseverata allegata agli atti aventi per oggetto trasferimento o costituzione, ovvero scioglimento della comunione, di diritti reali.”;
2. Nelle more dell’approvazione del decreto del Ministro della salute di cui all’articolo 20, comma 1-bis, le disposizioni di cui al decreto del Ministro per la sanità 5 luglio 1975, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 190 del 18 luglio 1975, si interpretano nel senso che i requisiti relativi all’altezza minima e ai requisiti igienico sanitari dei locali di abitazione ivi previsti non si considerano riferiti agli immobili che siano stati realizzati prima della data di entrata in vigore del medesimo decreto e che siano ubicati nelle zone A o B, di cui al decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, o in zone a queste assimilabili, in base alla normativa
regionale e ai piani urbanistici comunali. Ai fini della presentazione e rilascio dei titoli abilitativi per il recupero e la qualificazione edilizia dei medesimi immobili e della segnalazione certificata della loro agibilità, si fa riferimento alle dimensioni legittimamente preesistenti.
3. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, da adottarsi, previa intesa in Conferenza unificata, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono definite modalità semplificate per la celere conclusione dell’istruttoria delle pratiche di condono edilizio giacenti presso le amministrazioni comunali. Il decreto stabilisce altresì criteri uniformi per la regolarizzazione e integrazione della documentazione presentata, per la correzione dell’errata rappresentazione degli immobili oggetto della concessione in sanatoria, per il ricalcolo delle oblazioni dovute e per superare ogni altra carenza documentale che ostacoli la definizione dei medesimi procedimenti.
4. Fatta salva la diversa disciplina regionale prevista per la sanatoria edilizia di cui al decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, l’attestazione di cui all’articolo 20, comma 8, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, è rilasciata, entro sei mesi dalla presentazione di apposita istanza della parte interessata, se non ricorre alcuno dei seguenti casi ostativi:
a) la mancata presentazione della documentazione prescritta, ivi inclusa la carenza di rappresentazione fotografica dell'immobile che non renda possibile la valutazione dell’abuso rispetto alla preesistenza;
b) l’accertamento della falsità della documentazione di cui al punto 1;
c) l’omesso pagamento degli oneri dovuti;
d) la carenza del parere favorevole dell’autorità preposta alla tutela del vincolo, per le opere eseguite su aree soggette a vincolo paesaggistico, anche apposto nei tre anni successivi alla presentazione della domanda di sanatoria o al momento in cui la domanda è risultata completa nella documentazione.
5. Ciascun partecipante alla comunione o al condominio può realizzare a proprie spese ogni opera di cui agli articoli 2 della legge 9 gennaio 1989, n. 13, e 119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, anche servendosi della cosa comune nel rispetto dei limiti di cui all'articolo 1102 del codice civile. Alla legge n. 13 del 1989 sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 2, comma 1, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: “Le innovazioni di cui al presente comma non sono considerate in alcun caso di carattere voluttuario ai sensi dell’articolo 1121, primo comma, del codice civile. Per la loro realizzazione resta fermo unicamente il divieto di innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, di cui al quarto comma dell’articolo 1120 del codice civile.”;
b) l’articolo 8 è abrogato.
6. All’articolo 12, comma 2, del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229, dopo le parole “titolo edilizio” sono aggiunte le seguenti: “ai sensi dell’articolo 20 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, ovvero verifica i titoli edilizi di cui agli articoli 22 e 23 del medesimo decreto. La conformità urbanistica è attestata dal professionista abilitato o dall’Ufficio comunale tramite i titoli edilizi legittimi dell’edificio preesistente, l’assenza di procedure sanzionatorie o di sanatoria in corso, l’inesistenza di vincoli di inedificabilità assoluta. Nei comuni indicati negli allegati 1, 2 e 2-bis gli interventi della ricostruzione di edifici privati in tutto o in parte lesionati, crollati o demoliti, od oggetto di ordinanza di demolizione per pericolo di crollo, sono autorizzati ai sensi e nei limiti di cui all'articolo 3-bis, comma 2, del decreto-legge 24 ottobre 2019, n. 123, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 dicembre 2019, n. 156.”.
Relazione illustrativa
[in corso di redazione]
TITOLO II
SEMPLIFICAZIONI PROCEDIMENTALI E RESPONSABILITÀ
Capo I - Semplificazioni procedimentali Articolo 11
(Modifiche alla legge 7 agosto 1990, n. 241)
1. Alla legge 7 agosto 1990, n. 241 sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 2:
21) dopo il comma 4, è inserito il seguente:
“4-bis “Le pubbliche amministrazioni misurano e rendono pubblici i tempi effettivi di conclusione dei procedimenti amministrativi di maggiore impatto per i cittadini e per le imprese, comparandoli con i termini previsti dalla normativa vigente. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione, previa intesa in Conferenza unificata, sono definite modalità e criteri di misurazione dei tempi effettivi di conclusione dei procedimenti di cui al primo periodo”.”;
32) dopo il comma 8, è inserito il seguente:
“8-bis. I provvedimenti, le autorizzazioni, i pareri, i nulla osta e gli atti di assenso comunque denominati, adottati dopo la scadenza dei termini di cui agli articoli 14-bis, comma 2, lettera c), 14-ter, comma 2, 17-bis, commi 1 e 3;, 20, comma 1, nonché i provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi adottati dopo la scadenza dei termini di cui all’articolo 19, commi 3 e 6-bis, sono inefficaci, fermo restando quanto previsto dall’articolo 21-nonies, ove ne ricorrano i presupposti e le condizioni.”;
b) all’articolo 3-bis, le parole “incentivano l’uso della telematica” sono sostituite dalle seguenti: “agiscono mediante strumenti informatici e telematici”;
c) all’articolo 5, comma 3, dopo le parole “L’unità organizzativa competente” sono inserite le seguenti: “, il domicilio digitale”;
d) all’articolo 8, comma 2:
1. alla lettera c), dopo le parole “l’ufficio” sono inserite le seguenti: “, il domicilio digitale dell’amministrazione”;
2. la lettera d) è sostituita dalla seguente: “d) le modalità con le quali, attraverso il punto di accesso telematico di cui all’articolo 64-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 o con altre modalità telematiche, è possibile prendere visione degli atti, accedere al fascicolo informatico di cui all’articolo 41 dello stesso decreto legislativo
n. 82 del 2005 ed esercitare in via telematica i diritti previsti dalla presente legge;”;
3. dopo la lettera d), è inserita la seguente: “d-bis) l’ufficio dove è possibile prendere visione degli atti che non sono disponibili o accessibili con le modalità di cui alla lettera d).”;
e) all’articolo 10-bis, comma 1,
1) i periodi terzo e quarto sono sostituiti dai seguenti: “La comunicazione di cui al primo periodo sospende i termini di conclusione dei procedimenti, che ricominciano a decorrere dieci giorni dopo la presentazione delle osservazioni o, in mancanza delle stesse, dalla scadenza del termine di cui al secondo periodo.”;
f) all’articolo 16, comma 2:
1) il primo periodo è soppresso.;
2) al secondo periodo la parola: “facoltativo” è soppressa;
g) all’articolo 17-bis, sono apportate le seguenti modificazioni:
1. al comma 1, primo periodo, dopo le parole “è prevista l’acquisizione” sono inserite le seguenti: “di proposte,” e dopo le parole “dell’amministrazioni procedente” sono aggiunte le seguenti: “; nei casi in cui è prevista la proposta di una o più amministrazioni pubbliche diverse da quella competente ad adottare l’atto, le proposte sono trasmesse entro trenta giorni dal ricevimento della richiesta da parte di quest’ultima amministrazione.”;
2. al comma 1, terzo periodo, le parole “non sono ammesse” sono sostituite dalle seguenti: “lo stesso termine si applica qualora dette esigenze istruttorie siano rappresentate dall’amministrazione proponente nei casi di cui al secondo periodo. Non sono ammesse”
3. al comma 2, dopo il primo periodo è inserito il seguente: “In caso di mancata trasmissione della proposta nei termini di cui al comma 1, l’amministrazione competente può comunque procedere. In tal caso, lo schema di provvedimento, corredato della relativa documentazione, è trasmesso all’amministrazione che avrebbe dovuto formulare la proposta per acquisirne il concerto ai sensi delle disposizioni di cui al presente articolo.”;
4. al comma 3, primo periodo, dopo la parola “l’acquisizione di” è inserita la seguente: “proposte,”;
5. al comma 3, secondo periodo, dopo la parola “comunicano” sono inserite le seguenti: “la propria proposta”;
6. al comma 3, dopo il terzo periodo è aggiunto il seguente: “In caso di mancata trasmissione della proposta nei suddetti termini, si applicano le disposizioni di cui al comma 2.”;
7. alla rubrica le parole “Xxxxxxxx assenso” sono sostituite dalle seguenti: “Effetti del silenzio e dell’inerzia nei rapporti”;
h) all’articolo 18, della legge 7 agosto 1990, n. 241, sono apportate le seguenti modificazioni:
1) al comma 1, le parole da “Entro sei mesi” fino a “interessate” sono sostituite dalle seguenti: “Le amministrazioni” e le parole “di cui alla legge 4 gennaio 1968, n. 15 e successive modificazioni e integrazioni” sono sostituite dalle seguenti “di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.”;
2) dopo il comma 3, è inserito il seguente: “3-bis. Nei procedimenti avviati su istanza di parte, che hanno ad oggetto l'erogazione di benefici economici comunque
denominati, indennità, prestazioni previdenziali e assistenziali, erogazioni, contributi, sovvenzioni, finanziamenti, prestiti, agevolazioni, da parte di pubbliche amministrazioni ovvero il rilascio di autorizzazione e nulla osta comunque denominati, le dichiarazioni di cui agli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, ovvero l’acquisizione di dati e documenti di cui ai commi 2 e 3, sostituiscono ogni tipo di documentazione comprovante tutti i requisiti soggettivi ed oggettivi richiesti dalla normativa di riferimento, anche in deroga ai limiti previsti dagli stessi o dalla normativa di settore, fatto comunque salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159.”;
i) all’articolo 21-octies, comma 2, è aggiunto, in fine il seguente periodo: “Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano al provvedimento adottato in violazione dell’articolo 10-bis.”
j) all’articolo 29, comma 2-bis, dopo le parole: “il termine prefissato” sono inserite le seguenti: “, di misurare i tempi effettivi di conclusione dei procedimenti”.
2. Entro il 31 dicembre 2020 le amministrazioni e gli enti pubblici statali provvedono a verificare e a rideterminare in riduzione, i termini di durata dei procedimenti di loro competenza ai sensi dell’articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241.
3. Gli enti locali possono gestire in forma associata in ambito provinciale o metropolitano l’attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 18 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Le province e le città metropolitane definiscono nelle assemblee dei sindaci delle province e nelle conferenze metropolitane appositi protocolli per organizzare lo svolgimento delle funzioni conoscitive, strumentali e di controllo, connesse all’attuazione delle norme di semplificazione della documentazione e dei procedimenti amministrativi.
4. All’articolo 264, comma 1, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, la lettera a) è soppressa.
Relazione illustrativa
La disciplina sul procedimento amministrativo è stata sottoposta negli anni ad un continuo processo di revisione da parte del legislatore, allo scopo di velocizzare i meccanismi decisionali delle amministrazioni pubbliche, adeguando la fisionomia degli istituti di semplificazione del procedimento alle diverse esigenze emerse dalla prassi applicativa e dalla giurisprudenza in materia. Xxxxxxxxxx, tuttavia, alcune criticità applicative, che rendono necessari interventi puntuali su determinati strumenti di semplificazione del procedimento, previsti sia dalla legge generale 7 agosto 1990, n. 241 sia dalla legislazione di settore. Le disposizioni contenute nel presente Capo intervengono in tale direzione, con l’intento di introdurre nella disciplina vigente alcuni correttivi e talune precisazioni volti a garantire maggiore certezza e speditezza dell’azione amministrativa.
L’intervento odierno si propone di apportare limitate modifiche alla legge 7 agosto 1990, n. 241, volte a rendere effettivi alcuni istituti e alcune finalità già insite nella legge, tenendo conto delle criticità emerse in fase applicativa, nonché a ridurre i tempi dei procedimenti.
Nello specifico, il comma 1 prevede la modifica degli articoli 2, 10-bis, 16, 21-octies e 29 della legge n. 241 del 1990.
All’articolo 2 della legge n. 241 del 1990 sono aggiunti due ulteriori commi.
Il nuovo comma 4-bis affronta le problematiche connesse alla conoscibilità, da parte degli interessati, dei termini di conclusione del procedimento. Si prevede, infatti, che le pubbliche amministrazioni misurino i tempi effettivi di conclusione dei procedimenti raffrontandoli con i termini normativamente previsti e pubblicando, sui relativi siti istituzionali, gli esiti della misurazione. Si propone, inoltre, di definire, con d.P.C.M. e previa intesa in Conferenza unificata, le modalità ed i criteri di misurazione dei tempi effettivi di conclusione dei procedimenti amministrativi ritenuti di maggior impatto per la collettività.
Il nuovo comma 8-bis è volto, invece, a garantire certezza giuridica riguardo alla mancata adozione, nei termini previsti, dei provvedimenti di competenza, allo scopo di rendere effettivo il provvedimento ovvero l’atto di assenso comunque denominato, acquisito “per silentium” sia nell’ambito della conferenza di servizi sia ai sensi degli articoli 17- bis e 20 della legge 241 del 1990.
Tale previsione mira a risolvere il problema degli “atti tardivi” e a garantire la piena efficacia della regola del silenzio assenso, al fine di evitare che l’attesa illimitata di un atto di dissenso espresso, pur se sopravvenuto oltre i termini prefissati, vanifichi ogni funzione acceleratoria. Viene pertanto chiarito che nei casi già previsti dalla legge 241, la scadenza dei termini fa venire meno il potere postumo di dissentire, fatto salvo il potere di annullamento d’ufficio ai sensi dell’articolo 21-nonies, qualora nei ricorrano i presupposti e le condizioni: con conseguente espressa declaratoria di inefficacia dell’atto di dissenso che sia adottato dopo la già avvenuta formazione del silenzio assenso.
La modifica dell’articolo 10-bis della legge n. 241 del 1990 sulla comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza è volta a sostituire l’interruzione dei termini del procedimento, attualmente prevista, con la sospensione degli stessi. In particolare, si prevede che, in caso di preavviso di diniego, i termini del procedimento sono sospesi e ricominciano a decorrere dieci giorni dopo la presentazione delle osservazioni da parte dell’interessato . Connessa alla modifica dell’articolo 10-bis è la novella all’articolo 21-octies, tesa a specificare che è sempre annullabile il provvedimento adottato in violazione della normativa sul preavviso di diniego. La disposizione inoltre è finalizzata a evitare che l’annullamento conseguente al mancato accoglimento delle osservazioni del privato a seguito della predetta comunicazione dia luogo a plurime reiterazioni dello stesso esito sfavorevole con motivazioni sempre diverse, tutte ostative, parcellizzando anche il processo amministrativo; in sostanza si vuole cercare di ricondurre a un’unica impugnazione giurisdizionale l’intera vicenda sostanziale evitando che la parte sia costretta a proporre tanti ricorsi quante sono le ragioni del diniego, perché non comunicate tutte nel medesimo atto.
Anche all’articolo 16 della legge n. 241 del 1990 è prevista una modifica volta ad accelerare l’adozione dei provvedimenti, prevedendo che l’amministrazione richiedente proceda indipendentemente dall’espressione del parere, sia facoltativo sia obbligatorio, se questo non viene reso nei termini.
All’articolo 29 della legge n. 241 del 1990 è previsto invece l’inserimento, tra le disposizioni che attengono ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera m), Cost., di quelle concernenti l’obbligo per la pubblica amministrazione di “misurare i tempi effettivi di conclusione dei procedimenti”, in linea con quanto previsto al nuovo comma 4-bis dell’articolo 2 della legge n. 241 del 1990.
Viene infine previsto, al comma 2 della presente disposizione, l’aggiornamento dei DPCM sui termini di conclusione dei procedimenti, al fine di rivalutare tali termini in riduzione.
Articolo 12
(Accelerazione del procedimento in Conferenza di servizi)
1. Nei casi di cui all’articolo 2 e fino al 31 dicembre 2021, in tutti i casi in cui debba essere indetta una conferenza di servizi decisoria ai sensi dell’articolo 14, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241, è in facoltà delle amministrazioni procedenti di adottare lo strumento della conferenza semplificata di cui all’articolo 14-bis della medesima legge, con le seguenti modificazioni e integrazioni:
a) tutte le amministrazioni coinvolte rilasciano le determinazioni di competenza entro il termine perentorio di sessanta giorni;
b) non si applicano l’articolo 14-bis, comma 2, lettera d), e commi 6 e 7;
c) al di fuori dei casi di cui all’articolo 14-bis, comma 5, l’amministrazione procedente svolge, entro trenta giorni decorrenti dalla scadenza del termine per il rilascio delle determinazioni di competenza delle singole amministrazioni, una riunione telematica di tutte le amministrazioni coinvolte nella quale prende atto delle rispettive posizioni e procede senza ritardo alla stesura della determinazione motivata conclusiva della conferenza di servizi verso la quale può essere proposta opposizione dalle amministrazioni di cui all’articolo 14-quinquies, della legge n. 241 del 1990, ai sensi e nei termini ivi indicati. Si considera in ogni caso acquisito l'assenso senza condizioni delle amministrazioni che non abbiano partecipato alla riunione ovvero, pur partecipandovi, non abbiano espresso la propria posizione, ovvero abbiano espresso un dissenso non motivato o riferito a questioni che non costituiscono oggetto della conferenza.
2. Xxx si renda necessario riconvocare la conferenza di servizi sul livello successivo di progettazione tutti i termini sono ridotti della metà.
3. Gli ulteriori atti di autorizzazione, di assenso e i pareri comunque denominati, eventualmente necessari in fase di esecuzione, sono rilasciati in ogni caso nel termine di sessanta giorni dalla richiesta.
Relazione illustrativa
La proposta normativa definisce una procedura di conferenza di servizi straordinaria, per un tempo determinato, al fine di introdurre semplificazioni procedimentali per talune opere la cui realizzazione è necessaria per il superamento della fase emergenziale o per far fronte agli effetti negativi, di natura sanitaria ed economica, derivanti dalle misure di contenimento e dall’emergenza sanitaria globale del COVID-19 e per i quali vi è una situazione di estrema urgenza.
In particolare, la disposizione consente alle amministrazioni di procedere esclusivamente mediante conferenza di servizi semplificata, in modalità asincrona, ai sensi dell’articolo 14-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, prevedendo, altresì, che la conferenza operi secondo una tempistica più breve rispetto a quanto attualmente prescritto per il rilascio delle determinazioni di competenza da parte delle amministrazioni partecipanti; viene fissato per tutte le amministrazioni (anche per quelle preposte alla tutela degli interessi sensibili) il termine di in sessanta giorni (oggi il termine per gli interessi sensibili è di novanta giorni).
Inoltre, laddove al termine della conferenza semplificata l’amministrazione procedente ritenga necessario effettuare un’analisi contestuale degli interessi coinvolti, svolge entro trenta giorni decorrenti dalla scadenza del termine per il rilascio delle determinazioni di competenza delle singole amministrazioni, una riunione da tenersi esclusivamente in modalità telematica, nella quale
si considera in ogni caso acquisito l'assenso senza condizioni delle amministrazioni che non abbiano partecipato alla riunione ovvero, pur partecipandovi, non abbiano espresso la propria posizione, ovvero abbiano espresso un dissenso non motivato o riferito a questioni che non costituiscono oggetto della conferenza. Attraverso tale riunione l’amministrazione procedente prende atto delle posizioni delle amministrazioni e procede, senza ritardo, alla stesura della determinazione motivata di conclusione della conferenza.
Articolo 13
(Disincentivi alla introduzione di nuovi oneri regolatori)
All’articolo 8 della legge 11 novembre 2011, n. 180, dopo il comma 1 è inserito il seguente: “1-bis. Per gli atti normativi di competenza statale, il costo derivante dall’introduzione degli oneri regolatori, compresi quelli informativi e amministrativi ed esclusi quelli che costituiscono livelli minimi per l’attuazione della regolazione europea, qualora non contestualmente compensato con una riduzione stimata di oneri di pari valore, è qualificato, salva deroga espressa, come onere fiscalmente detraibile, ferma restando la necessità della previa quantificazione delle minori entrate e della individuazione di un’idonea copertura finanziaria con norma di rango primario. Per gli atti normativi di iniziativa governativa, la stima del predetto costo è inclusa nell’ambito dell’analisi di impatto della regolamentazione di cui all’articolo della legge 14 novembre 2005, n. 246.”.
Relazione illustrativa
La regolazione impone adempimenti e costi che possono essere sproporzionati rispetto agli interessi pubblici da tutelare e agli obiettivi perseguiti. Ciò costituisce un freno all’attività di cittadini e imprese e alimenta la percezione di una burocrazia e uno Stato “nemici” dell’iniziativa privata. Gli interventi di semplificazione che nel tempo si sono susseguiti hanno inciso parzialmente solo sulle norme in vigore (lo stock), senza alcun impatto sugli oneri derivanti da nuove norme via via introdotte (il flusso), con la conseguenza che l’ammontare complessivo dei costi regolatori tende ad aumentare.
Per affrontare tale problematica, l’articolo 13 del presente decreto dispone che gli atti normativi statali che introducono nuovi costi regolatori debbano contestualmente eliminare oneri di pari valore, in modo da garantire un saldo pari a zero. Laddove tale compensazione non avvenga, i nuovi costi regolatori sono qualificati di regola come oneri fiscalmente detraibili, ferma restando la necessità di individuare la relativa copertura finanziaria. Tanto vale anche con riferimento agli atti di rango secondario, in modo da escludere che anche con regolamento si possano introdurre oneri ulteriori laddove la norma primaria non abbia già previsto tale possibilità, nonché la corrispondente copertura al fine di renderli fiscalmente detraibili.
Relazione tecnica
Lo scopo della norma è quello di disincentivare la futura introduzione di oneri regolatori, se non contestualmente compensati da una riduzione stimata di oneri di pari valore. Eventuali profili di copertura finanziaria riguarderanno, pertanto, le future ipotesi in cui la regolamentazione introdurrà nuovi oneri regolatori, qualora tale introduzione non sia accompagnata da una corrispondente riduzione nei termini descritti. Pertanto, dalla attuazione della presente disposizione non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Articolo 14
(Agenda per la semplificazione, ricognizione dei procedimenti e modulistica standardizzata)
1. All’articolo 24 del decreto legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, sono apportate le seguenti modifiche:
a) al comma 1, le parole: “Entro il 31 ottobre 2014” sono sostituite dalle seguenti: “Entro il 30 settembre 2020”; le parole: “triennio 2015-2017” sono sostituite dalle seguenti: “periodo 2020-2023” e dopo le parole: “linee di indirizzo” sono aggiunte le seguenti: “e il programma di interventi di semplificazione per la ripresa a seguito dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, condivisi”;
b) dopo il comma 1 è aggiunto il seguente: “1-bis. Entro centoventi giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, lo Stato, le Regioni e le autonomie locali, sentite le associazioni imprenditoriali, completano la ricognizione dei procedimenti amministrativi al fine di individuare: a) le attività soggette ad autorizzazione, giustificate da motivi imperativi di interesse generale e le attività soggette ai regimi giuridici di cui agli articoli 19, 19-bis e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241, ovvero al mero obbligo di comunicazione; b) i provvedimenti autorizzatori, gli adempimenti e le misure incidenti sulla libertà di iniziativa economica ritenuti non indispensabili, fatti salvi quelli imposti dalla normativa dell’Unione europea e quelli posti a tutela di princìpi e interessi costituzionalmente rilevanti; c) i procedimenti da semplificare; d) le discipline e tempi uniformi per tipologie omogenee di procedimenti; g) i livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti per l’adeguamento alla normativa dell’Unione europea. Gli esiti della ricognizione sono trasmessi al Presidente del Consiglio di Ministri e al Ministro per la pubblica amministrazione, alla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, all’Unione delle Province italiane e all’Associazione dei Comuni Italiani.”;
c) al comma 2, le parole: “Entro centottanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto”
sono soppresse;
d) al comma 3, le parole: “con riferimento all'edilizia e all'avvio di attività' produttive” sono soppresse;
e) al comma 4-bis, le parole: “per l'edilizia e per l'avvio di attività' produttive” sono soppresse.
Relazione illustrativa
La disposizione modifica l’articolo 24 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, estendendo l’ambito di applicazione della modulistica unificata e standardizzata, ora limitato ai procedimenti in materia di edilizia e di avvio ed esercizio delle attività produttive. A tal fine, si prevede l’adozione di una Agenda per la semplificazione per il periodo 2020-2023 e la ricognizione delle procedure al fine di individuare le attività soggette ad autorizzazione, giustificate da motivi imperativi di interesse generale, e le attività soggette ai regimi giuridici di cui agli articoli 19, 19 bis e 20 della legge n. 241 del 1990, nonché quelle che potranno essere soggette a mero obbligo di comunicazione; ciò al fine di poter dare inizio ad un percorso condiviso, finalizzato alla successiva adozione di provvedimenti volti alla eliminazione delle autorizzazioni , degli adempimenti e di misure
incidenti sulla libertà di iniziativa economica, ritenuti non indispensabili, ovvero a semplificare i relativi procedimenti, in modo da ridurre il numero delle fasi e delle amministrazioni intervenienti, estendendo l’ ambito delle attività liberamente esercitabili. Si dispone, in modo inequivoco, il divieto di gold plating, vale a dire di introdurre adempimenti ulteriori rispetto a quelli richiesti per l’adeguamento della normativa statale a quella europea, salvi i casi in cui la necessità della loro previsione discenda da circostanze eccezionali debitamente valutate dall’analisi di impatto della regolamentazione.
Tale misura di semplificazione è volta ad assicurare l’omogeneità sul territorio nazionale della documentazione e delle informazioni richieste dalla pubblica amministrazione ai privati per la presentazione di istanze, dichiarazioni, segnalazioni, garantendo anche la conoscibilità degli adempimenti e degli oneri amministrativi a loro carico.
CAPO II - Responsabilità Articolo 15
(Responsabilità erariale)
1. Al comma 1 dell’articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, dopo il primo periodo e le parole “ferma restando l’insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali”, è aggiunto: “La prova del dolo richiede la dimostrazione della volontà dell’evento dannoso”.
2. Limitatamente ai fatti commessi dall’entrata in vigore del presente decreto legge e fino al 31 luglio 2021, la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica per l’azione di responsabilità di cui all’articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, è limitata ai casi in cui la produzione del danno conseguente alla condotta del pubblico funzionario è da lui dolosamente voluta. La limitazione di responsabilità prevista dal periodo precedente non si applica per i danni cagionati da omissione o inerzia del pubblico funzionario.
Relazione illustrativa
La norma chiarisce che il dolo va riferito all’evento dannoso in chiave penalistica e non in chiave civilistica, come invece risulta da alcuni orientamenti della giurisprudenza contabile che hanno ritenuto raggiunta la prova del dolo inteso come dolo del singolo atto compiuto. Inoltre, fino al 31 dicembre 2021 si limita la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica per l’azione di responsabilità al solo profilo del dolo per le azioni e non anche per le omissioni, in modo che i pubblici dipendenti abbiano maggiori rischi di incorrere in responsabilità in caso di non fare (omissioni e inerzie) rispetto al fare, dove la responsabilità viene limitata al dolo la responsabilità al solo profilo del dolo.
Relazione tecnica
La disposizione ha carattere eminentemente ordinamentale e non determina, pertanto, nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Articolo 16
(Controllo concomitante della Corte dei conti per accelerare gli interventi di sostegno e di rilancio dell’economia nazionale)
1. La Corte dei conti, anche a richiesta del Governo o delle competenti Commissioni parlamentari, svolge il controllo concomitante di cui all’articolo 11, comma 2, della legge 4 marzo 2009, n. 15, sui principali piani, programmi e progetti relativi agli interventi di sostegno e di rilancio dell’economia nazionale. L’eventuale accertamento di gravi irregolarità gestionali, ovvero di rilevanti ritardi nell'erogazione di contributi e nel trasferimento di fondi, è immediatamente trasmesso alla competente procura erariale per le iniziative di competenza nonché all’amministrazione ai fini della responsabilità dirigenziale ai sensi e per gli effetti dell’articolo 21, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni e integrazioni.
2. Il Consiglio di presidenza della Corte dei conti, entro trenta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto-legge, nell’esercizio della potestà regolamentare autonoma di cui all’art. 4 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, provvede all’individuazione degli Uffici competenti e adotta le misure organizzative necessarie per l’attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Relazione illustrativa
[in corso di redazione]
Relazione tecnica
La disposizione ha carattere eminentemente ordinamentale e non determina, pertanto, nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Articolo 17
(Modifiche all’articolo 323 del codice penale)
All’articolo 323 del codice penale le parole “di norme di legge o di regolamento,” sono sostituite dalle seguenti: “di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità”
Relazione illustrativa
La disposizione interviene sulla disciplina dettata dall’articolo 323 del codice penale, attribuendo rilevanza alla violazione da parte del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio, nello svolgimento delle pubbliche funzioni, di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge, attribuendo, al contempo rilevanza, alla circostanza che da tali specifiche regole non residuino margini di discrezionalità per il soggetto, in luogo della vigente previsione che fa generico riferimento alla violazione di norme di legge o di regolamento. Ciò al fine di definire in maniera più compiuta la condotta rilevante ai fini del reato di abuso di ufficio.
Relazione tecnica
La disposizione ha carattere eminentemente ordinamentale e non determina, pertanto, nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
TITOLO III
MISURE DI SEMPLIFICAZIONE PER IL SOSTEGNO E LA DIFFUSIONE
DELL’AMMINISTRAZIONE DIGITALE
CAPO I
Cittadinanza digitale e accesso ai servizi digitali della pubblica amministrazione
Articolo 18
(Identità digitale, domicilio digitale e accesso ai servizi digitali)
1. Al fine di semplificare e favorire l’accesso ai servizi in rete della pubblica amministrazione da parte di cittadini e imprese e l’effettivo esercizio del diritto all’uso delle tecnologie digitali, al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 3-bis,
1) al comma 01, le parole “, lettere a) e b)” sono soppresse e dopo le parole “identità digitale” sono aggiunte le seguenti: “e il punto di accesso telematico di cui all’articolo 64-bis”;
2) al comma 1-bis, il secondo periodo è sostituito dal seguente “Nel caso in cui il domicilio eletto risulti non più attivo si procede alla cancellazione d’ufficio dall’indice di cui all’articolo 6-quater secondo le modalità fissate nelle Linee guida.”;
3) al comma 1-quater, dopo il primo periodo, sono aggiunti i seguenti: “Con le stesse Linee guida, fermo restando quanto previsto ai commi 3-bis e 4-bis, sono definite le modalità di gestione e di aggiornamento dell’elenco di cui all’articolo 6-quater anche nei casi di decesso del titolare del domicilio digitale eletto o di impossibilità sopravvenuta di avvalersi del domicilio”.
4) al comma 3-bis, il secondo periodo è sostituito dal seguente: “Con lo stesso decreto sono determinate le modalità con le quali ai predetti soggetti può essere reso disponibile un domicilio digitale ovvero altre modalità con le quali, anche per superare il divario digitale, i documenti possono essere messi a disposizione e consegnati a coloro che non hanno accesso ad un domicilio digitale.”;
5) il comma 4-bis è sostituito dal seguente: “4-bis. Fino alla data fissata nel decreto di cui al comma 3-bis, i soggetti di cui all’articolo 2, comma 2, possono predisporre le comunicazioni ai soggetti che non hanno un domicilio digitale ovvero nei casi di domicilio digitale non attivo, non funzionante o non raggiungibile, come documenti informatici sottoscritti con firma digitale o altra firma elettronica qualificata, da conservare nei propri archivi, ed inviare agli stessi, per posta ordinaria o raccomandata con avviso di ricevimento, copia analogica di tali documenti sottoscritti con firma autografa sostituita a mezzo stampa predisposta secondo le disposizioni di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 12 dicembre 1993, n. 39 ovvero un avviso con le indicazioni delle modalità con le quali i suddetti documenti sono messi a disposizione e consegnati al destinatario.”.
6) al comma 4-quinquies, il primo periodo è sostituito dal seguente: “Fino all’adozione delle Linee guida di cui all’articolo 3-bis, comma 1-ter, e alla realizzazione dell’indice di cui all’articolo 6-quater, è possibile eleggere il domicilio speciale di cui all’articolo 47 del Codice civile anche presso un domicilio digitale diverso da quello di cui al comma 1-ter.”;
b) all’articolo 6-bis:
1) al comma 2, dopo il primo periodo, è aggiunto il seguente: “Nell’Indice nazionale sono inseriti anche i domicili digitali dei professionisti diversi da quelli di cui al primo periodo, iscritti in elenchi o registri detenuti dalle pubbliche amministrazioni e istituiti con legge dello Stato.”;
2) al comma 5, dopo le parole “collegi professionali” sono aggiunte le seguenti: “nonchè le pubbliche amministrazioni”.
c) all’articolo 6-quater,
1. alla rubrica, dopo le parole “delle persone fisiche”, sono inserite le seguenti: “, dei professionisti” e dopo le parole “in albi” sono inserite le seguenti “, elenchi o registri”;
2. al comma 1, dopo le parole “delle persone fisiche” sono inserite le seguenti: “, dei professionisti” e le parole “in albi professionali o nel registro delle imprese” sono sostituite dalle parole “nell’indice di cui all’articolo 6-bis”; al secondo periodo, le parole “dell’Indice” sono sostituite dalle seguenti “del presente Indice”; in fine, è aggiunto il seguente periodo: “E’ fatta salva la facoltà del professionista, non iscritto in albi, registri o elenchi professionali di cui all’articolo 6-bis, di eleggere presso il presente Indice un domicilio digitale professionale e un domicilio digitale personale diverso dal primo.”;
3. al comma 3, dopo le parole “domicili digitali” sono inserite le seguenti: “delle persone fisiche”;
d) all’articolo 6-quinquies, comma 3, le parole “per finalità diverse dall’invio di comunicazioni aventi valore legale o comunque connesse al conseguimento di finalità istituzionali dei soggetti di cui all’articolo 2, comma 2” sono sostituite dalle seguenti: “per l’invio di comunicazioni commerciali, come definite dall’articolo 2, comma 1, lettera f), del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70”;
e) all’articolo 64,
1) al comma 2-ter, dopo le parole “per consentire loro” sono aggiunte le parole “il compimento di attività e”;
2) al comma 2-quater, al primo periodo, dopo le parole “avviene tramite SPID” sono aggiunte le seguenti: “, nonchè tramite la carta di identità elettronica”;
3) al comma 2-quinquies, al primo periodo, dopo le parole “per la gestione dell’identità digitale dei propri utenti”, sono aggiunte le parole: “, nonchè la facoltà di avvalersi della carta di identità elettronica”; al secondo periodo, dopo le parole “L’adesione al sistema SPID” sono aggiunte le seguenti: “ovvero l’utilizzo della carta di identità elettronica”;
4) al comma 2-nonies, le parole “la carta di identità elettronica e” sono soppresse;
5) dopo il comma 2-decies, sono aggiunti i seguenti: “2-undecies. I gestori dell’identità digitale accreditati sono iscritti in un apposito elenco pubblico, tenuto da AgID, consultabile anche in via telematica.
2-duodecies. La verifica dell’identità digitale con livello di garanzia almeno significativo, ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 2, del Regolamento (UE) n. 910/2014 del Parlamento e del Consiglio europeo del 23 luglio 2014, produce, nelle transazioni elettroniche o per l’accesso ai servizi, gli effetti del documento di
riconoscimento equipollente, di cui all’articolo 35 del D.P.R. 28 dicembre 2000, n.
445. L’identità digitale, verificata ai sensi del presente articolo e con livello di sicurezza almeno significativo, attesta gli attributi qualificati dell’utente, ivi compresi i dati relativi al possesso di abilitazioni o autorizzazioni richieste dalla legge ovvero stati, qualità personali e fatti contenuti in albi, elenchi o registri pubblici o comunque accertati da soggetti titolari di funzioni pubbliche, secondo le modalità stabilite da AgID con Linee guida.”;
6) al comma 3-bis, dopo le parole “soggetti di cui all’articolo 2, comma 2,” sono aggiunte le seguenti “lettere b) e c)” e, infine, è aggiunto il seguente periodo: “Fatto salvo quanto previsto dal comma 2-nonies, a decorrere dal 28 febbraio 2021, i soggetti di cui all’articolo 2, comma 2, lettera a), utilizzano esclusivamente le identità digitali e la carta di identità elettronica ai fini dell’identificazione degli utenti dei propri servizi on-line.”;
f) all’articolo 64-bis,
1) al comma 1-bis, le parole “con il servizio di cui al comma 1” sono sostituite dalle parole “con i servizi di cui ai commi 1 e 1-ter”;
2) dopo il comma 1-bis, sono aggiunti i seguenti: “1-ter. I soggetti di cui all’articolo 2, comma 2, lettera a), rendono fruibili i propri servizi in rete tramite applicazione su dispositivi mobili anche attraverso il punto di accesso telematico di cui al presente articolo, salvo impedimenti di natura tecnologica attestati dalla società di cui all’articolo 8, comma 2 del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 11 febbraio 2019, n. 12.
1-quater. I soggetti di cui all’articolo 2, comma 2, lettera a), rendono fruibili tutti i loro servizi anche in modalità digitale e, al fine di attuare il presente articolo, avviano i relativi progetti di trasformazione digitale entro il 28 febbraio 2021.
1-quinquies. La violazione dell’articolo 64, comma 3-bis e delle disposizioni di cui al presente articolo, accertata da AgID, comporta la responsabilità dirigenziale e disciplinare, ai sensi degli articoli 21 e 55 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e impone la segnalazione alla competente procura regionale della Corte dei conti”.
g) all’articolo 65, comma 1,
1) alla lettera b), le parole “nonchè attraverso uno degli altri strumenti di cui all’articolo 64, comma 2-novies, nei limiti ivi previsti” sono sostituite dalle parole: “la carta di identità elettronica o la carta nazionale dei servizi;”;
2) dopo la lettera b) è inserita la seguente: “b-bis) ovvero formate tramite il punto di accesso telematico per i dispositivi mobili di cui all’articolo 64-bis;”;
3) alla lettera c-bis), il primo periodo è sostituito dal seguente: “ovvero se trasmesse dall’istante o dal dichiarante dal proprio domicilio digitale iscritto in uno degli elenchi di cui all’articolo 6-bis, 6-ter o 6-quater ovvero, in assenza di un domicilio digitale iscritto, da un indirizzo elettronico eletto presso un servizio di posta elettronica certificata o un servizio elettronico di recapito certificato qualificato, come definito dal Regolamento eIDAS.”; e il secondo periodo è sostituito dal seguente: “In tale ultimo caso, di assenza di un domicilio digitale iscritto, la
trasmissione costituisce elezione di domicilio digitale ai sensi e per gli effetti dell’articolo 3-bis, comma 1-ter.”
2. All’articolo 65 del decreto legislativo 13 dicembre 2017, n. 217, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 2, le parole “30 giugno 2020” sono sostituite dalle seguenti: “28 febbraio 2021”;
b) al comma 4, il secondo periodo è soppresso;
c) il comma 5 è soppresso.
3. L’articolo 36, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 è sostituito dal seguente: “7. La carta di identità può essere rinnovata a decorrere dal centottantesimo giorno precedente la scadenza. Le carte di identità rilasciate su supporto cartaceo e le carte di identità elettroniche rilasciate in conformità al decreto ministeriale 7 novembre 2007 recante “regole tecniche della Carta d’identità elettronica” possono essere rinnovate, ancorché in corso di validità, prima del centottantesimo giorno precedente la scadenza”.
Relazione illustrativa
L’intervento normativo “Misure di semplificazione per il sostegno e la diffusione dell’amministrazione digitale” reca alcune proposte volte alla semplificazione e accelerazione della trasformazione digitale del Paese e, più in particolare, finalizzate a favorire la diffusione di servizi in rete, agevolare l'accesso agli stessi da parte di cittadini e imprese, assicurare ai cittadini l’effettivo esercizio del diritto all’uso delle tecnologie digitali, nonché rafforzare l’utilizzo dei dati e di strumenti digitali, quali ulteriori misure urgenti ed essenziali di contrasto agli effetti dell'imprevedibile emergenza epidemiologica da COVID-19. In particolare, esso si compone di quattro Capi, il primo dei quali disciplina le norme in materia di “cittadinanza digitale, procedimento amministrativo telematico e accesso ai servizi digitali della pubblica amministrazione”, il secondo disciplina “le norme generali per lo sviluppo dei sistemi informativi delle pubbliche amministrazioni e l’utilizzo del digitale nell’azione amministrativa”, il terzo prevede le disposizioni in materia di “strategia di gestione del patrimonio informativo pubblico per fini istituzionali”e il quarto, infine le norme in materia di “misure per l’innovazione”.
In particolare, al Capo I, con l’articolo proposto, lettera a), n. 1), che, insieme ai numeri 2, 3, 4, 5 e 6 interviene sull’articolo 3-bis del CAD, si estende la possibilità per i cittadini di fruire dei servizi attraverso la propria identità digitale, ampliandola a quelli erogati dai concessionari di pubblici servizi e dalle società a controllo pubblico, precisando - quali misure di semplificazione - che l’accesso al domicilio digitale avviene anche tramite dispositivi mobili attraverso il punto di accesso o applicazione AppIO, già prevista dall’art. 64-bis del CAD.
Inoltre, sempre con riguardo al domicilio digitale dei privati, si introducono regole più certe per la tenuta, la gestione e l’eventuale cancellazione dei domicili digitali dall’elenco previsto all’articolo 6-quater del CAD e si prevede che, nel caso in cui l’indirizzo PEC del cittadino non risulti più attivo, si procede alla cancellazione d’ufficio dello stesso dall’Indice nazionale dei domicili digitali delle persone fisiche e degli altri enti di diritto privato, con le modalità fissate nelle Linee Guida adottate da AgID.
In tal modo, nell’ottica di privilegiare le comunicazioni telematiche (secondo l’impianto del CAD, che già oggi ne prevede la futura esclusività), si intende limitare la facoltà di cancellarsi ad libitum dall’elenco e rendere più certo il domicilio digitale dei cittadini che ne abbiano eletto uno, ferma restando la facoltà di consentirne la modifica o di cessarne l’utilizzo. Per questa via si favorisce un percorso di semplificazione e di maggiore certezza nelle comunicazioni telematiche tra cittadini e pubbliche amministrazioni. La modifica costituisce, altresì, una forma di semplificazione e di
garanzia anche per le pubbliche amministrazioni, le quali avranno la certezza di poter utilizzare sempre questa modalità snella di comunicazione al domicilio digitale eletto dal cittadino.
In questo senso, le Linee guida già previste, oltre ad indicare le modalità per comunicare la modifica o la variazione del domicilio digitale, definiscono le modalità di gestione e di aggiornamento dell’elenco dei domicili delle persone fisiche e degli enti di diritto privato (di cui all’art. 6-quater CAD), in conformità anche con le previsioni contenute nei commi 3-bis e 4-bis dell’articolo 3-bis del CAD, nei casi di decesso del titolare del domicilio digitale o di impossibilità sopravvenuta di avvalersi del domicilio. Si rafforzano poi le clausole di salvezza che, per le ipotesi di mancato funzionamento o anche per superare il digital divide, tutelano il cittadino che non abbia accesso ad un domicilio digitale.
Al numero 4, della lettera a) dell’articolo 1, si introduce una modifica nella parte finale del comma 3-bis dell’articolo 3-bis, stabilendo le modalità con le quali potrà essere reso disponibile un domicilio digitale a coloro che non abbiano ancora provveduto a eleggerlo ovvero saranno messi a disposizione o consegnati i documenti a coloro che non abbiano accesso ad alcun domicilio digitale. Con tale modifica, si amplia l’oggetto del decreto che, al fine di superare il digital divide, definisce non solo le modalità di consegna ma anche quelle di messa a disposizione dei documenti per i soggetti che non abbiano accesso al domicilio digitale, in tal modo coordinando la norma anche con quanto previsto dalla disposizione di cui all’articolo 6 in materia di piattaforma notificazione digitale degli atti della pubblica amministrazione.
Nel successivo numero 5 della lettera a) viene introdotta una modifica al comma 4-bis del suddetto articolo 3-bis, estendendone l’ambito di applicazione anche alle ipotesi in cui il domicilio digitale non sia attivo o non stia funzionando o non risulti raggiungibile e prevedendo la possibilità che i documenti vengano comunque messi a disposizione del destinatario ovvero consegnati. Con tale modifica, si garantisce una ulteriore tutela agli utenti, consentendo di consegnare ai destinatari che non hanno accesso al domicilio digitale, per la sua assenza o per il suo mancato funzionamento, i documenti sottoscritti con firma autografa sostituita a mezzo stampa predisposta secondo le disposizioni di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 12 dicembre 1993, n. 39 ovvero un avviso che contenga le indicazioni delle modalità con le quali i documenti sono resi disponibili.
La modifica introdotta al numero 6 consente, solo nelle more dell’adozione delle Linee guida previste all’articolo 3-bis, comma 1-ter e della realizzazione dell’indice di cui all’articolo 6-quater, di eleggere domicilio speciale diverso da quello contenuto nell’elenco.
Con le modifiche introdotte alla lettera b), si chiarisce che, nell’Indice nazionale dei domicili digitali dei professionisti e delle imprese di cui all’articolo 6-bis del CAD, siano indicati anche i domicili digitali dei professionisti iscritti in registri o elenchi detenuti dalle pubbliche amministrazioni e istituti con legge dello Stato. In particolare, nel predetto elenco saranno riportati, ad esempio, gli indirizzi dei professionisti di cui al D.M. MEF 5 agosto 2019, n. 106, abilitati alla difesa dinanzi alle Commissioni tributarie, i quali non potendo indicare il proprio indirizzo PEC nell’INI-PEC, non essendo iscritti in albi o elenchi tenuti da ordini o collegi professionali, allo stato possono ricevere dalla Pubblica Amministrazione atti di rilevanza giuridica solo attraverso l’elezione di domicilio digitale nell’elenco delle persone fisiche. Si è conseguentemente chiarito che anche il professionista iscritto in albi, registri o elenchi tenuti da una p.a. e istituiti da una legge dello Stato possano eleggere un domicilio digitale professionale nell’elenco INI-PEC.
Alla lettera c), la modifica del terzo comma dell’articolo 6-quater è volta ad evitare che, con il funzionamento a regime dell’ANPR, sia cessato l'INAD. In tal modo si preservano anche i domicili digitali degli enti di diritto privato e dei professioni non tenuti all'iscrizione in albi professionali o nel registro delle imprese.
Con la lettera d), si modifica il terzo comma dell’art. 6-quinquies, introdotto dall’art. 9, comma 2, del decreto legislativo 13 dicembre 2017, n. 217, per contrastare il fenomeno dell’invio di comunicazioni indesiderate, diverse da quelle aventi valore legale ovvero estranee alla finalità di
erogazione di servizi pubblici. In fase applicativa è emersa infatti l’opportunità di un chiarimento al fine di assicurare una più chiara tutela ai titolari dei domicili digitali. Pertanto, la modifica proposta precisa che il divieto dell’uso del domicilio digitale senza il preventivo consenso del destinatario si riferisce non solo ai soggetti di cui all’art. 2, secondo comma, del CAD, ma a qualunque mittente. Si chiarisce altresì che il divieto attiene appunto all’invio, senza il consenso dei destinatari, di comunicazioni commerciali di carattere promozionale e di materiale pubblicitario estraneo alle finalità istituzionali del mittente. Le conseguenze sanzionatorie per il caso di violazione del divieto dell’uso del domicilio digitale senza consenso sono disciplinate dal medesimo decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70, nonché dal Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati n. 2016/679.
Con le modifiche di cui alla lettera e), nell’ottica di rafforzamento dell’utilizzo delle tecnologie digitali per l’accesso ai servizi delle pubbliche amministrazioni, si semplifica e si rafforza lo strumento dell’identità digitale per semplificare e favorire l’accesso dei cittadini ai servizi in rete delle pubbliche amministrazioni.
In particolare, si prevede una misura di semplificazione per il cittadino, le imprese e le pubbliche amministrazioni, intervenendo sull’articolo 64 per chiarire e precisare che l’accesso ai servizi in rete avviene parimenti con SPID e con CIE e disponendo che i soggetti di cui all’articolo 2, comma 2, del CAD, a decorrere dal 28 febbraio 2021, utilizzino esclusivamente i suddetti strumenti di identificazione digitale per l’accesso ai propri servizi on line (novella al comma 3-bis).
L’intervento normativo è volto a semplificare e rafforzare l’accesso ai servizi in rete tramite le identità digitali, senza modificare in alcun modo le e anzi rafforzando le modalità di gestione e di utilizzo dell’identità digitale nell’attuale impianto del CAD al riguardo. Resta fermo, quindi, che l’accesso ai servizi in rete è sempre consentito con SPID e con CIE, oltre che con CNS.
Con l’introduzione del comma 2-undecies, si precisa, inoltre, che i gestori dell’identità digitale, a seguito dell’accoglimento della richiesta di accreditamento, vengono iscritti in un apposito elenco pubblico, tenuto da AgID, consultabile anche in via telematica. Tale elenco è peraltro già esistente presso AgID, non determinando pertanto nuovi oneri per la finanza pubblica.
Con l’introduzione del comma 2-duodecies, si prevede che, al pari di quanto previsto dall’art. 35 del DPR 445/2000 con riguardo alla equipollenza dei documenti di riconoscimento nei casi previsti dal Testo Unico, la verifica dell’identità digitale equivale alla esibizione e alla produzione del documento di identità in tutti i casi in cui questo onere burocratico sia previsto e richiesto per l’accesso ai servizi o nelle transazioni elettroniche. Tale modifica consentirà un forte impatto di semplificazione e riduzione di oneri a carico di cittadini e imprese, che oggi si trovano costretti a chiedere l’esibizione e la trasmissione di copia del documento di identità per moltissimi casi di accesso a servizi, transazioni, istanze alla pubblica amministrazione, domande e dichiarazioni. La modifica introdotta impone comunque che l’identificazione digitale garantisca un livello di sicurezza “almeno significativo”, secondo gli standard di sicurezza prevista a livello europeo dal Regolamento eIDAS n. 910/2014. Si precisa, altresì, che l’identità digitale attesta gli attributi identificativi dell’utente, ivi compresi i dati relativi al possesso di abilitazioni o autorizzazioni richieste dalla legge ovvero stati, qualità personali e fatti contenuti in albi, elenchi o registri pubblici o comunque accertati da soggetti titolari di funzioni pubbliche, secondo le modalità stabilite da XxXX.
Alla lettera f), si introducono modifiche all’articolo 64-bis tese a consolidare la natura dell’AppIO, quale punto di accesso telematico ai servizi pubblici, prevedendo che le pubbliche amministrazioni rendano i propri servizi fruibili in rete su dispositivi mobili anche attraverso l’applicazione AppIO, che diventa quindi uno strumento certo e riconoscibile per i cittadini che vogliano accedere ai servizi su mobile. Le amministrazioni potranno provvedere autonomamente e non esporre i propri servizi sull’APP IO in caso di impedimenti di natura tecnologica attestati dalla società PagoPA.
Ai fini dell’esposizione di tutti i servizi su AppIO, si aggiunge al citato articolo 64-bis, il comma 1- quater, che impone ai soggetti di cui all’articolo 2, comma 2, lettera a), di avviare i progetti di trasformazione digitale entro il 28 febbraio 2021.
Si aggiunge, altresì, un puntuale sistema sanzionatorio per il caso di violazione delle disposizioni introdotte che deve essere accertata da AgID e comporta la responsabilità dirigenziale e disciplinare ed impone la segnalazione alla competente procura regionale della Corte dei conti.
Con la stessa finalità di semplificare l’erogazione e la fruizione dei servizi tramite l’AppIO, la lettera c) reca modifiche all’articolo 65, comma 1, introducendo la possibilità di formare istanze, dichiarazioni e autocertificazioni da presentare alle pubbliche amministrazioni attraverso la suddetta applicazione. Inoltre, si aggiunge la possibilità per l’istante o il dichiarante di inviare istanze, dichiarazioni e comunicazioni alle pubbliche amministrazioni - valide a tutti gli effetti di legge - direttamente dal proprio domicilio digitale, senza la necessità di allegare un documento, purché iscritto in uno degli elenchi previsti agli articoli 6-bis, 6-ter o 6-quater ovvero purchè si tratti di un indirizzo di posta elettronica certificata o servizio elettronico di recapito certificato qualificato. Tale ultima modalità di comunicazione vale altresì ad eleggere domicilio digitale presso tale indirizzo, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 3-bis, comma 1-ter del CAD. Rimangono ferme le diverse disposizioni normative che prevedono l’uso di specifici sistemi di trasmissione telematica nel settore tributario.
Con il comma 2, conseguente in parte alle novelle apportate al CAD, si interviene sulla disciplina transitoria dettata dall’art. 65 del decreto legislativo 13 dicembre 2017, n. 217: si interviene quindi sul comma 2 al fine di assicurare la piena operatività della piattaforma pagoPA, alla quale, ad oggi, non hanno aderito tutti i soggetti di cui all’art. 2, comma 2 del CAD d, anche a causa dei rallentamenti dovuti all’emergenza sanitaria in corso (si consente pertanto una breve proroga del termine previsto - dal 30 giugno 2020 al 28 febbraio 2021 - a decorrere dal quale i pagamenti alle pubbliche amministrazioni devono essere effettuati dai prestatori di servizi di pagamento esclusivamente attraverso la piattaforma pagoPA); con la soppressione del secondo periodo del comma 4, si consente ad AgID di continuare a gestire l’indice nazionale dei domicili digitali delle persone fisiche e degli altri enti di diritto privato di cui all’articolo 6-quater CAD, pur dopo il completamento dell’ANPR, stante la necessità di garantire la gestione dei domicili degli enti e dei professionisti non iscritti all’albo; si sopprime, poi, il successivo comma 5, che detta la disciplina di prima applicazione, ormai ultronea, dell’articolo 6-quater, comma 2, del CAD, per i professionisti iscritti in albi e in elenchi, inseriti anche nel registro dei domicili digitali delle persone fisiche con l’indirizzo presente nell’elenco INI-PEC, salva la facoltà di indicarne uno diverso.
Il comma 3, infine, interviene sull’articolo 36, comma 7 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, eliminando il riferimento espresso alle carte di identità su supporto cartaceo e consentendo, in tal modo, a tutti i cittadini in possesso di qualsiasi tipologia di carta di identità il rinnovo del documento, a decorrere dal centottantesimo giorno precedente la scadenza, così, incentivando il passaggio a CIE, strumento che oltre ad attestare l’identità anagrafica, permette - ai sensi dell’articolo 64 del CAD e secondo il Regolamento EIDAS - l’accesso dei cittadini ai servizi in rete.
Articolo 19
(Semplificazione in materia di conservazione dei documenti informatici e gestione dell’identità digitale)
1. Al fine di semplificare la disciplina in materia di conservazione dei documenti informatici, al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, sono apportate le seguenti modifiche:
a) all’articolo 14-bis, comma 2, lettera i), le parole “conservatori di documenti informatici accreditati” sono sostituite dalle seguenti “soggetti di cui all’articolo 34, comma 1-bis, lettera b)”;
b) all’articolo 29,
1) la rubrica è sostituita dalla seguente: “Qualificazione dei fornitori di servizi”;
2) al comma 1, al primo periodo, le parole “o di gestore dell’identità digitale di cui all’articolo 64” sono soppresse; il secondo periodo è soppresso;
3) al comma 2, il primo e secondo periodo sono sostituiti dai seguenti: “2. I soggetti di cui al comma 1 devono possedere i requisiti di cui all’articolo 24 del Regolamento (UE) 23 luglio 2014, n. 910/2014, disporre di requisiti di onorabilità, affidabilità, tecnologici e organizzativi compatibili con la disciplina europea, nonché di garanzie assicurative adeguate rispetto all’attività svolta. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, o del Ministro delegato per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione, sentita l’AgID, nel rispetto della disciplina europea, sono definiti i predetti requisiti in relazione alla specifica attività che i soggetti di cui al comma 1 intendono svolgere.”
4) al comma 4, le parole “o di accreditamento” sono soppresse;
c) all’articolo 30, comma 1, le parole da “I prestatori” fino a “comma 6” sono sostituite dalle seguenti “I prestatori di servizi fiduciari qualificati e i gestori di posta elettronica certificata, iscritti nell’elenco di cui all’articolo 29, comma 6, nonché i gestori dell’identità digitale e i conservatori di documenti informatici”;
d) all’articolo 32-bis, al comma 1, le parole “conservatori accreditati” sono sostituite dalle seguenti “soggetti di cui all’articolo 34, comma 1-bis, lettera b)”; dopo il primo periodo è inserito il seguente: “Le sanzioni erogate per le violazioni commesse dai soggetti di cui l’articolo 34, comma 1-bis, lettera b), sono fissate nel minimo in euro 4.000,00 e nel massimo in euro 40.000,00”;
e) all’articolo 34, comma 1-bis, lettera b), le parole “accreditati come conservatori presso l’AgID” sono sostituite dalle seguenti: “che possiedono i requisiti di qualità, di sicurezza e organizzazione individuati, nel rispetto della disciplina europea, nelle Linee guida di cui all’art 71 relative alla formazione, gestione e conservazione dei documenti informatici nonché in un regolamento sui criteri per la fornitura dei servizi di conservazione dei documenti informatici emanato da AgID, avuto riguardo all’esigenza di assicurare la conformità dei documenti conservati agli originali nonché la qualità e la sicurezza del sistema di conservazione.”;
f) all’articolo 44, comma 1-ter, le parole “Il sistema” sono sostituite dalle seguenti: “In tutti i casi in cui la legge prescrive obblighi di conservazione, anche a carico di soggetti privati, il sistema”.
2. Fino all’adozione delle Linee guida e del regolamento di cui al comma 1, lettera e), in materia di conservazione dei documenti informatici si applicano le disposizioni previgenti all’entrata in vigore del presente articolo.
3. Al decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 141, sono apportate le seguenti modifiche:
a) all’articolo 30-ter, comma 5, lettera b-bis), dopo le parole “decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82” sono aggiunte le seguenti: “e i gestori dell’identità digitale di cui all’articolo 64 del medesimo decreto”;
b) all’articolo 30-quater, comma 2, dopo il primo periodo è aggiunto il seguente: “L’accesso a titolo gratuito è assicurato anche ai gestori dell’identità digitale di cui all’articolo 64 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 per le verifiche propedeutiche al rilascio delle credenziali di accesso relative al sistema SPID.”
Relazione illustrativa
Al comma 1, si interviene sull’articolo 29 del CAD, riguardante la disciplina dei soggetti che forniscono servizi fiduciari qualificati, a fini anche di coordinamento con il successivo articolo 64. Le suddette previsioni, infatti, regolano entrambe - l’articolo 29, al comma 1 e l’articolo 64, al comma 2-sexies, lettera b) - con modalità diverse, la disciplina di accreditamento dei gestori del gestori dell’identità digitale (SPID) di cui all’articolo 64 del CAD. La novella, dunque, riporta nella sua sede naturale, ossia all’articolo 64, la disciplina dell’accreditamento dei gestori di SPID. Si modifica, inoltre, il comma 2 dell’articolo 29 per garantire una migliore rispondenza della norma nazionale al Regolamento eIDAS, demandando ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, come già previsto dalla vigente disposizione, la precisa definizione dei requisiti necessari per lo svolgimento della attività di cui al comma 1 del citato articolo 29.
Con il comma 2, si introducono disposizioni di semplificazione per la conservazione dei documenti informatici al fine di armonizzare la disciplina a livello europeo anche in ragione della mancata inclusione del servizio di conservazione tra quelli fiduciari qualificati previsti dal Regolamento (UE) n. 910/2014 (eIDAS). La Commissione europea, nell’ambito della procedura prevista dalla Direttiva (UE) 2015/1535 e in relazione alla notifica delle “Linee Guida sulla formazione, gestione e conservazione dei documenti informatici” disposta da AgID, ha rilevato, tra l’altro, anche a seguito dei chiarimenti ricevuti, la non conformità del regime di accreditamento previsto per i servizi di conservazione con l’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2018/1807 e l’articolo 3, paragrafo 4, della Direttiva 2000/31/UE. Conseguentemente ha invitato l’Italia a rimuovere gli ostacoli all’esercizio dell’attività dei fornitori dei servizi di conservazione in uno stato membro (Notification 2019/0540/I).
In questa direzione, l’intervento normativo, anche in conseguenza delle più generali modifiche già apportate all’articolo 29 del CAD, ha escluso la procedura di accreditamento per i soggetti che intendano svolgere l’attività di conservatori di documenti informatici.
Le pubbliche amministrazioni ai sensi dell’articolo 34, comma 1-bis, lettera b), del CAD, in ogni caso, in ragione dell’esigenza di assicurare la conformità dei documenti conservati agli originali nonché la qualità e la sicurezza del sistema di conservazione, possono procedere alla conservazione dei documenti informatici affidandosi ad altri soggetti, pubblici o privati, a condizione che questi possiedano i requisiti di qualità, di sicurezza e organizzazione individuati, nel rispetto della disciplina europea, nelle Linee guida di cui all’art 71 relative alla formazione, gestione e conservazione dei documenti informatici nonché in un regolamento sui criteri per la fornitura dei servizi di conservazione dei documenti informatici emanato da AgID, avuto riguardo all’esigenza di assicurare la conformità dei documenti conservati agli originali nonché la qualità e la sicurezza del sistema di conservazione.
Sono altresì fissate nel minimo e nel massimo le sanzioni per le violazioni commesse dai soggetti tenuti agli obblighi di conservazione.
Le altre modificazioni introdotte sono di coordinamento reso necessario dalle novelle illustrate. In via transitoria, fino all’adozione delle Linee guida e del regolamento previsti dal novellato articolo 34, comma 1-bis, lettera b), per l’attività di conservazione dei documenti informatici, continuano ad applicarsi le disposizioni previgenti all’entrata in vigore della disposizione che si illustra.
Con il comma 3, si prevede che al sistema SCIPAFI possano aderire anche i gestori dell’identità digitale di cui all’articolo 64 del CAD al fine di effettuare le verifiche propedeutiche al rilascio delle credenziali di accesso relative al sistema SPID e che in tali casi l’accesso avvenga a titolo gratuito.
Articolo 20
(Piattaforma per la notificazione digitale degli atti della pubblica amministrazione)
1. La piattaforma di cui all’articolo 1, comma 402 della legge 27 dicembre 2019, n. 160 e le sue modalità di funzionamento sono disciplinate dalla presente disposizione.
2. Ai fini del presente articolo, si intende per:
a) «gestore della piattaforma», la società di cui all’articolo 8, comma 2, del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, della legge 11 febbraio 2019, n. 12;
b) «piattaforma», la piattaforma digitale di cui al comma 1, utilizzata dalle amministrazioni per effettuare, con valore legale, le notifiche di atti, provvedimenti, avvisi e comunicazioni;
c) «amministrazioni», le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, gli agenti della riscossione e, limitatamente agli atti emessi nell’esercizio di attività ad essi affidati ai sensi dell’articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, i soggetti di cui all’articolo 52, comma 5, lettera b), numeri 1), 2), 3) e 4), del medesimo decreto legislativo;
d) «destinatari», le persone fisiche, le persone giuridiche, gli enti, le associazioni e ogni altro soggetto pubblico o privato, residenti o aventi sede legale nel territorio italiano ovvero all’estero ove titolari di codice fiscale attribuito ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, ai quali le amministrazioni notificano atti, provvedimenti, avvisi e comunicazioni;
e) «delegati», le persone fisiche, le persone giuridiche, gli enti, le associazioni e ogni altro soggetto pubblico o privato, ivi inclusi i soggetti di cui all’articolo 12, comma 3, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, ai quali i destinatari conferiscono il potere di accedere alla piattaforma per reperire, consultare e acquisire, per loro conto, atti, provvedimenti, avvisi e comunicazioni notificati dalle amministrazioni;
f) «delega», l’atto con il quale i destinatari conferiscono ai delegati il potere di accedere, per loro conto, alla piattaforma;
g) «avviso di avvenuta ricezione», l’atto formato dal gestore della piattaforma, con il quale viene dato avviso al destinatario in ordine alle modalità di acquisizione del documento informatico oggetto di notificazione;
h) «identificativo univoco della notificazione (IUN)», il codice univoco attribuito dalla piattaforma a ogni singola notificazione richiesta dalle amministrazioni;
i) «avviso di mancato recapito», l’atto formato dal gestore della piattaforma con il quale viene dato avviso al destinatario in ordine alle ragioni della mancata consegna dell’avviso di avvenuta ricezione in formato elettronico e alle modalità di acquisizione del documento informatico oggetto di notificazione;
3. Ai fini della notificazione di atti, provvedimenti, avvisi e comunicazioni, le amministrazioni possono rendere disponibili telematicamente sulla piattaforma i corrispondenti documenti informatici. La formazione, trasmissione, copia, duplicazione, riproduzione e validazione temporale dei documenti informatici resi disponibili sulla piattaforma avviene nel rispetto del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 e delle Linee guida adottate in attuazione del medesimo decreto legislativo. Eventualmente anche con l’applicazione di «tecnologie basate su registri distribuiti», come definite dall’articolo 8-ter del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, della legge 11 febbraio 2019, n. 12, il gestore della piattaforma assicura l’autenticità, l’integrità, l’immodificabilità, la leggibilità e la reperibilità dei
documenti informatici resi disponibili dalle amministrazioni e, a sua volta, li rende disponibili ai destinatari, ai quali assicura l’accesso alla piattaforma, personalmente o a mezzo delegati, per il reperimento, la consultazione e l’acquisizione dei documenti informatici oggetto di notificazione. Ciascuna amministrazione, nel rispetto delle disposizioni del decreto legislativo n. 82 del 2005 e delle Linee guida adottate in attuazione del medesimo decreto legislativo, individua le modalità per garantire l’attestazione di conformità agli originali analogici delle copie informatiche di atti, provvedimenti, avvisi e comunicazioni. Gli agenti della riscossione e i soggetti di cui all’articolo 52, comma 5, lettera b), numeri 1), 2), 3) e 4), del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 individuano e nominano i dipendenti delegati ad attestare la conformità agli originali analogici delle copie informatiche di atti, provvedimenti, avvisi e comunicazioni.
4. Il gestore della piattaforma, con le modalità previste dal decreto di cui al comma 13, per ogni atto, provvedimento, avviso o comunicazione oggetto di notificazione reso disponibile dall’amministrazione, invia al destinatario l’avviso di avvenuta ricezione, con il quale comunica l’esistenza e l’identificativo univoco della notificazione (IUN), nonché le modalità di accesso alla piattaforma e di acquisizione del documento oggetto di notificazione.
5. L’avviso di avvenuta ricezione, in formato elettronico, è inviato con modalità telematica ai destinatari titolari di un indirizzo di posta elettronica certificata o di un servizio elettronico di recapito certificato qualificato:
a) inserito in uno degli elenchi di cui agli articoli 6-bis, 6-ter e 6-quater del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82;
b) eletto, ai sensi dell’articolo 3-bis, comma 4-quinquies, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 o di altre disposizioni di legge, come domicilio speciale per determinati atti o affari, se a tali atti o affari è riferita la notificazione;
c) eletto per la ricezione delle notificazioni delle pubbliche amministrazioni effettuate tramite piattaforma e comunicato al gestore della piattaforma con le modalità previste dal comma 13.
Se la casella di posta elettronica certificata o il servizio elettronico di recapito certificato qualificato risultano saturi, il gestore della piattaforma effettua un secondo tentativo di consegna decorsi almeno sette giorni dal primo invio. Se anche a seguito di tale tentativo la casella di posta elettronica certificata o il servizio elettronico di recapito certificato qualificato risultano saturi oppure se l’indirizzo elettronico del destinatario non risulta valido o attivo, il gestore della piattaforma rende disponibile in apposita area riservata, per ciascun destinatario della notificazione, l’avviso di mancato recapito del messaggio, secondo le modalità previste dal decreto di cui al comma 13.
6. Ai destinatari diversi da quelli di cui al comma 5, l’avviso di avvenuta ricezione è notificato, in formato cartaceo, a mezzo posta direttamente dal gestore della piattaforma, con le formalità previste dalla legge 20 novembre 1982, n. 890 e contiene l’indicazione delle modalità con le quali è possibile accedere alla piattaforma e l’identificativo univoco della notificazione (IUN) mediante il quale, con le modalità previste dal decreto di cui al comma 13, il destinatario può ottenere la copia cartacea degli atti oggetto di notificazione. Agli stessi destinatari, ove abbiano comunicato un recapito digitale diverso da quelli di cui al comma 5, il gestore della piattaforma invia un avviso di cortesia in modalità informatica contenente le stesse informazioni dell’avviso di avvenuta ricezione. L’avviso di cortesia è reso disponibile altresì tramite il punto di accesso di cui all’articolo 64-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.
7. L’autenticazione alla piattaforma ai fini dell’accesso avviene tramite il sistema pubblico per la gestione dell’identità digitale di cittadini e imprese (SPID) di cui all’articolo 64 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 ovvero tramite la Carta d’identità elettronica (CIE) di cui all’articolo
66 del medesimo decreto legislativo. L’accesso all’area riservata, ove sono consentiti il reperimento, la consultazione e l’acquisizione dei documenti informatici oggetto di notifica, è assicurato anche tramite il punto di accesso di cui all’articolo 64-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82. Con le modalità previste dal decreto di cui al comma 13, i destinatari possono conferire apposita delega per l’accesso alla piattaforma a uno o più delegati.
8. La notificazione si perfeziona:
a) per l’amministrazione, nella data in cui il documento informatico è reso disponibile sulla piattaforma;
b) per il destinatario:
1) il settimo giorno successivo alla data di consegna dell’avviso di avvenuta ricezione in formato elettronico, risultante dalla ricevuta che il gestore della casella di posta elettronica certificata o del servizio elettronico di recapito certificato qualificato del destinatario trasmette al gestore della piattaforma o, nei casi di casella postale satura, non valida o non attiva, il quindicesimo giorno successivo alla data del deposito dell’avviso di mancato recapito di cui al comma 5, secondo periodo. Se l’avviso di avvenuta ricezione è consegnato al destinatario dopo le ore 21.00, il termine di sette giorni si computa a decorrere dal giorno successivo;
2) il decimo giorno successivo al perfezionamento della notificazione dell’avviso di avvenuta ricezione in formato cartaceo;
3) in ogni caso, se anteriore, nella data in cui il destinatario, o il suo delegato, ha accesso, tramite la piattaforma, al documento informatico oggetto di notificazione.
9. La messa a disposizione del documento informatico sulla piattaforma impedisce qualsiasi decadenza dell’amministrazione e interrompe il termine di prescrizione correlato alla notificazione dell’atto, provvedimento, avviso o comunicazione.
10. Il gestore della piattaforma, con le modalità previste dal decreto di cui al comma 13, forma e rende disponibili sulla piattaforma, alle amministrazioni e ai destinatari, le attestazioni opponibili ai terzi relative:
a) alla data di messa a disposizione dei documenti informatici sulla piattaforma da parte delle amministrazioni;
b) alla data di consegna al destinatario dell’avviso di avvenuta ricezione in formato elettronico;
c) alla data in cui il gestore della piattaforma ha reso disponibile l’avviso di mancato recapito del messaggio ai sensi del comma 5 secondo periodo;
d) alla data in cui il destinatario ha avuto accesso al documento informatico oggetto di notificazione;
e) al periodo di malfunzionamento della piattaforma ai sensi del comma 11;
f) alla data di ripristino delle funzionalità della piattaforma ai sensi del comma 11.
Il gestore della piattaforma rende altresì disponibile la copia informatica dell’avviso di avvenuta ricezione cartaceo e degli atti relativi alla notificazione ai sensi della legge 20 novembre 1982, n. 890 , dei quali attesta la conformità agli originali.
11. Il malfunzionamento della piattaforma, attestato dal gestore con le modalità previste dal comma 13, qualora renda impossibile l’inoltro telematico, da parte dell’amministrazione, dei documenti informatici destinati alla notificazione ovvero, al destinatario e delegato, l’accesso, il reperimento, la consultazione e l’acquisizione dei documenti informatici messi a disposizione, comporta:
a) la sospensione del termine di prescrizione dei diritti dell’amministrazione correlati agli atti, provvedimenti, avvisi e comunicazioni oggetto di notificazione, scadente nel periodo di malfunzionamento, sino al settimo giorno successivo alla comunicazione di avvenuto ripristino delle funzionalità della piattaforma;
b) la proroga del termine di decadenza di diritti, poteri o facoltà dell’amministrazione o del destinatario, correlati agli atti, provvedimenti, avvisi e comunicazioni oggetto di notificazione, scadente nel periodo di malfunzionamento, sino al settimo giorno successivo alla comunicazione di avvenuto ripristino delle funzionalità della piattaforma.
12. Le spese di notificazione degli atti, provvedimenti, avvisi e comunicazioni oggetto di notificazione tramite piattaforma sono poste a carico del destinatario e sono destinate alle amministrazioni e al gestore della piattaforma. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, o del Ministro delegato per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono disciplinate le modalità di determinazione delle spese e i criteri di riparto.
13. Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, o del Ministro delegato per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione, sentiti il Ministro dell’economia e delle finanze e il Garante per la protezione dei dati personali per gli aspetti di competenza, acquisito il parere in sede di Conferenza unificata di cui all’art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, da adottare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente articolo, nel rispetto del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82:
a) è definita l’infrastruttura tecnologica della piattaforma e il piano dei test per la verifica del corretto funzionamento. La piattaforma è sviluppata applicando i criteri di accessibilità di cui alla legge 9 gennaio 2004, n. 4 nel rispetto dei principi di usabilità, completezza di informazione, chiarezza di linguaggio, affidabilità, semplicità dì consultazione, qualità, omogeneità e interoperabilità;
b) sono stabilite le regole tecniche e le modalità con le quali le amministrazioni identificano i destinatari e rendono disponibili telematicamente sulla piattaforma i documenti informatici oggetto di notificazione;
c) sono stabilite le modalità con le quali il gestore della piattaforma attesta e certifica, con valore legale opponibile ai terzi, la data e l’ora in cui i documenti informatici delle amministrazioni sono depositati sulla piattaforma e resi disponibili ai destinatari;
d) sono individuati i casi di malfunzionamento della piattaforma, nonché le modalità con le quali il gestore della piattaforma attesta il suo malfunzionamento e comunica il ripristino della sua funzionalità;
e) sono stabilite le modalità di accesso alla piattaforma e di consultazione degli atti, provvedimenti, avvisi e comunicazioni da parte dei destinatari e dei delegati;
f) sono stabilite le modalità con le quali i destinatari, anche attraverso modelli semplificati, conferiscono o revocano ai delegati la delega per l’accesso alla piattaforma;
g) sono stabiliti i tempi e le modalità di conservazione dei documenti informatici resi disponibili sulla piattaforma;
h) sono stabilite le regole tecniche e le modalità con le quali i destinatari indicano il recapito digitale ai fini della ricezione dell’avviso di cortesia di cui al comma 6, secondo periodo;
i) sono individuate le modalità con le quali i destinatari dell’avviso di avvenuta ricezione notificato in formato cartaceo ottengono la copia cartacea degli atti oggetto di notificazione;
l) sono disciplinate le modalità di adesione delle amministrazioni alla piattaforma.
14. Con atto del Capo della competente struttura della Presidenza del Consiglio dei ministri, ultimati i test e le prove tecniche di corretto funzionamento della piattaforma, è fissato il termine a decorrere dal quale le amministrazioni possono aderire alla piattaforma.
15. La notificazione a mezzo della piattaforma di cui al comma 1 non si applica:
a) agli atti del processo civile, penale, per l’applicazione di misure di prevenzione, amministrativo, tributario e contabile e ai provvedimenti e alle comunicazioni ad essi connessi;
b) agli atti della procedura di espropriazione forzata disciplinata dal titolo II, capi II e IV, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, diversi da quelli di cui agli articoli 50, commi 2 e 3, e 77, comma 2-bis, del medesimo decreto;
c) agli atti dei procedimenti di competenza delle autorità provinciali di pubblica sicurezza relativi a pubbliche manifestazioni, misure di prevenzione personali e patrimoniali, autorizzazioni e altri provvedimenti a contenuto abilitativo, soggiorno, espulsione e allontanamento dal territorio nazionale degli stranieri e dei cittadini dell’Unione europea, o comunque di ogni altro procedimento a carattere preventivo in materia di pubblica sicurezza, e ai provvedimenti e alle comunicazioni ad essi connessi.
16. All’articolo 50, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, le parole “trascorsi centottanta giorni” sono sostituite dalle seguenti: “trascorso un anno”.
17. All’articolo 1, comma 402, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, dopo la parola: “affida” sono inserite le seguenti: “, in tutto o in parte,”.
18. Per l’adesione alla piattaforma, le amministrazioni utilizzano le risorse umane, finanziarie e
strumentali previste a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
19. Per la realizzazione della piattaforma di cui al comma 1 e l’attuazione della presente disposizione sono utilizzate le risorse di cui all’articolo 1, comma 403, della legge 27 dicembre 2019, n. 160.
Relazione illustrativa
L’articolo definisce le modalità di funzionamento della piattaforma digitale con le quali le pubbliche amministrazioni possono notificare i propri atti, provvedimenti, avvisi e comunicazioni a cittadini e imprese (c.d. destinatari). L’istituzione della piattaforma è prevista dall’articolo 1, comma 402, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, che affida il suo sviluppo, tramite Sogei Spa e con il riutilizzo di infrastrutture tecnologiche esistenti, alla società PagoPA Spa.
In particolare, l’iniziativa mira a semplificare, attraverso l’uso delle tecnologie e in coerenza con gli obiettivi dell’agenda digitale, l’attività dell’amministrazione di notificazione degli atti, provvedimenti, avvisi e comunicazioni, al contempo rendendo questi ultimi maggiormente accessibili ai destinatari attraverso l’uso di strumenti informatici e telematici (AppIO, accesso via internet, sistemi di avvisatura digitale).
La proposta prevede che le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, gli agenti della riscossione e, limitatamente agli atti emessi nell’esercizio di attività ad essi affidati, i soggetti incaricati per le medesime attività di riscossione, ai fini della notifica possono avvalersi della piattaforma notifiche delle pubblica amministrazione.
L’attività che dovrà porre in essere l’amministrazione che intende notificare un atto è quella di “mettere a disposizione”, con modalità telematiche, gli atti, i provvedimenti, gli avvisi e le comunicazioni oggetto di notificazione, sulla piattaforma. La loro formazione, trasmissione, copia, duplicazione, riproduzione e validazione temporale avviene nel rispetto del Codice dell’Amministrazione Digitale e delle Linee guida adottate in esecuzione dello stesso.
Resta ferma la possibilità, per le amministrazioni, di effettuare la notificazione dei propri atti, provvedimenti, avvisi e comunicazioni, con le modalità previste dagli articoli 137 e seguenti del codice di procedura civile o secondo le modalità previste dalle leggi speciali, non prevedendo la norma l’obbligatorietà dell’uso delle piattaforma.
In particolare, il gestore della piattaforma rende disponibili i documenti informatici – dei quali la piattaforma garantisce l’autenticità, l’integrità, l’immodificabilità e la leggibilità, eventualmente anche mediante l’utilizzo di tecnologie basate su registri distribuiti (blockchain) – in un’apposita area riservata ai destinatari che vi potranno accedere, direttamente o tramite delegati, per il reperimento, la consultazione e l’acquisizione degli stessi.
La nuova disposizione – per garantire la corretta gestione del ciclo documentale anche nelle ipotesi in cui non è possibile formare documenti informatici nativi digitali – prevede che i funzionari o i dipendenti, individuati e nominati dalle amministrazioni di cui al comma 2, lettera c), attestino la conformità agli originali analogici delle copie informatiche di atti, provvedimenti, avvisi e comunicazioni e assumano la qualifica di pubblici ufficiali.
Per quanto concerne le modalità di perfezionamento della notificazione, è previsto che il gestore della piattaforma invia al destinatario il c.d. “avviso di avvenuta ricezione”, con il quale comunica l’esistenza di un atto indirizzato al destinatario e l’identificativo univoco della notificazione (IUN). Lo stesso avviso indica le modalità di accesso alla piattaforma al fine di consultare e acquisire il documento oggetto di notificazione. L’avviso di avvenuta ricezione è inviato con modalità telematica ai destinatari titolari di un domicilio digitale, generale o speciale, e quindi di un indirizzo di posta elettronica certificata o di un servizio elettronico di recapito certificato qualificato. È previsto, infatti, che l’avviso è comunicato con modalità telematiche, idonee ad assicurare l’avvenuta ricezione, ai destinatari che abbiano un domicilio:
a) inserito in uno degli elenchi di cui agli articoli 6-bis, 6-ter e 6-quater del CAD, ossia l’indice nazionale dei domicili digitali delle imprese e dei professionisti (INI-PEC), l’indice dei domicili digitali delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di pubblico servizio (IPA) e l’indice nazionale
dei domicili digitali delle persone fisiche e degli altri enti di diritto privato non tenuti all’iscrizione in albi professionali o nel registro delle imprese;
b) eletto come domicilio speciale per determinati atti o affari, se a tali atti o affari è riferita la notificazione;
c) eletto per la ricezione delle notificazioni degli atti delle pubbliche amministrazioni effettuate tramite piattaforma e comunicato al gestore della piattaforma.
Al fine di superare gli attuali problemi e limiti della notifica a mezzo PEC alle persone giuridiche ed ai professionisti a causa delle caselle PEC non rinnovate o piene, viene disciplinato, in analogia a quanto già previsto da analoghe disposizioni (già sottoposte a positivo scrutinio della Corte Costituzionale), il caso in cui la casella di posta elettronica certificata o il servizio elettronico di recapito certificato qualificato risultino saturi: in tali circostanze, il gestore della piattaforma effettua un secondo tentativo di consegna decorsi almeno sette giorni dal primo invio. Se anche a seguito di tale tentativo la casella di posta elettronica certificata o il servizio elettronico di recapito certificato qualificato risultano saturi oppure se l’indirizzo elettronico del destinatario non risulta valido o attivo, il gestore della piattaforma rende disponibile in apposita area riservata, per ciascun destinatario della piattaforma, l’avviso di mancato recapito del messaggio, secondo le modalità previste dai decreti del comma 13.
Per superare il digital divide e avvicinare i cittadini all’uso delle tecnologie digitali, la norma prevede che, ai destinatari privi di un domicilio digitale, l’avviso di avvenuta ricezione è notificato, in formato cartaceo, a mezzo posta direttamente dal gestore della piattaforma, secondo le ordinarie modalità prevista dalla legge n. 890 del 1982 sulle notificazioni a mezzo posta. La notificazione è effettuata in via diretta dal gestore, in sintonia con quanto previsto dall’articolo 14 della citata legge. Tale avviso contiene l’indicazione delle modalità con le quali è possibile accedere alla piattaforma e l’identificativo univoco della notificazione (IUN) mediante il quale, con le modalità previste dal comma 13, il destinatario può accedere al documento tramite la piattaforma digitale ovvero ottenere la copia cartacea degli atti oggetto di notificazione. A tale ultimo riguardo, in sede di attuazione saranno previste le modalità (ad esempio recandosi presso un ufficio postale o una pubblica amministrazione) ove il destinatario, previamente identificato e munito dello IUN, potrà ritirare l’atto oggetto di notificazione su supporto cartaceo, con modalità atte ad assicurare il rispetto della privacy.
I destinatari della notifica, ove abbiano comunicato un recapito telefonico o digitale diverso dal domicilio digitale (email, numero di telefono, app IO, altre app di messaggistica), ricevono un messaggio (c.d. “avviso digitale di cortesia”) dell’avvenuto deposito, reso disponibile altresì tramite l’app IO, punto di accesso ai servizi della pubblica amministrazione.
L’autenticazione alla piattaforma ai fini dell’accesso (anche tramite l’app IO) avviene tramite le piattaforme abilitanti già sviluppate: il sistema pubblico per la gestione dell’identità digitale di cittadini e imprese (SPID) e la Carta d’identità elettronica (CIE).
In sintonia a principi pacifici in materia di notificazione, la norma prevede che l’effetto della notificazione, idoneo a impedire decadenze o prescrizioni per il notificante, si perfeziona in momenti distinti per l’amministrazione e per il destinatario. In particolare, la notificazione si perfeziona:
a) per l’amministrazione, nella data in cui il documento informatico è reso disponibile sulla piattaforma;
b) per il destinatario:
1) il settimo giorno successivo alla data di consegna dell’avviso di avvenuta ricezione in formato elettronico, risultante dalla ricevuta che il gestore della casella di posta elettronica certificata o del servizio elettronico di recapito certificato qualificato del destinatario trasmette al gestore della piattaforma o, nei casi di casella postale satura, non valida o non attiva, il quindicesimo giorno successivo alla data del deposito dell’avviso di mancato recapito. Se l’avviso di avvenuta ricezione è consegnato al destinatario dopo le ore 21.00, il termine di sette giorni si computa a decorrere dal giorno successivo;
2) il decimo giorno successivo al perfezionamento della notificazione dell’avviso di avvenuta ricezione in formato cartaceo;
3) in ogni caso, se anteriore, nella data in cui il destinatario, o il suo delegato, ha accesso, tramite la piattaforma, al documento informatico oggetto di notificazione.
Al di là del caso in cui il destinatario abbia avuto conoscenza effettiva mediante accesso al documento oggetto di notificazione, ai fini del perfezionamento della notifica per il destinatario sono stati previsti dei termini, differenziati a seconda del “canale” di invio dell’avviso (telematico o a mezzo posta), ampiamente congrui per consentire al destinatario l’accesso telematico alla piattaforma o il ritiro fisico del documento.
È previsto poi che la messa a disposizione del documento informatico sulla piattaforma impedisce qualsiasi decadenza dell’amministrazione e interrompe il termine di prescrizione correlato alla notificazione dell’atto, provvedimento, avviso o comunicazione. La misura di semplificazione introduce una deroga al regime ordinariamente recettizio dell’atto interruttivo della prescrizione, considerando per un verso la certezza della data di esercizio del diritto da parte dell’amministrazione che mette l’atto a disposizione sulla piattaforma e, per altro verso, il regime di favor concesso ad una modalità telematica che agevola il buon andamento, l’efficacia e l’economicità dell’azione amministrativa, senza in alcun modo ledere i diritti del destinatario della notifica, che potrà esercitare i suoi diritti a partire dalla data successiva in cui ne avrà compiuta ricezione.
Anche a fini di prova nei rapporti tra terzi, il gestore della piattaforma forma e rende disponibili sulla piattaforma, alle amministrazioni e ai destinatari, le attestazioni opponibili ai terzi relative alla data di messa a disposizione dei documenti informatici sulla piattaforma da parte delle amministrazioni; alla data di consegna al destinatario dell’avviso di avvenuta ricezione in formato elettronico; alla data in cui il destinatario ha avuto accesso al documento informatico oggetto di notificazione; al periodo di malfunzionamento della piattaforma e alla data del ripristino delle sue funzionalità.
Nel caso in cui ai destinatari privi di un domicilio digitale l’avviso di avvenuta ricezione sia stato notificato, in formato cartaceo, a mezzo posta direttamente dal gestore della piattaforma, secondo le ordinarie modalità di notifica, il gestore rende altresì disponibile la copia informatica dell’avviso di avvenuta ricezione cartaceo e degli atti relativi alla notificazione ai sensi della legge n. 890 del 1982, dei quali attesta la conformità agli originali.
In modo da non incidere sulla decorrenza dei termini di decadenza o prescrizione, viene altresì disciplinato il malfunzionamento della piattaforma che rende impossibile l’inoltro telematico, da parte dell’amministrazione, dei documenti informatici destinati alla notificazione ovvero, al destinatario e delegato, l’accesso, il reperimento, la consultazione e l’acquisizione dei documenti informatici messi a disposizione. In particolare, si prevede che il malfunzionamento sia attestato dal gestore e che ciò determini, conseguentemente, la sospensione del termine di prescrizione dei diritti dell’amministrazione correlati agli atti, provvedimenti, avvisi e comunicazioni oggetto di notificazione, scadente nel periodo di malfunzionamento, sino al settimo giorno successivo alla comunicazione di avvenuto ripristino delle funzionalità della piattaforma nonché la proroga del termine di decadenza di diritti, poteri o facoltà dell’amministrazione o del destinatario, correlati agli atti, provvedimenti, avvisi e comunicazioni oggetto di notificazione, scadente nel periodo di malfunzionamento, sino al settimo giorno successivo alla comunicazione di avvenuto ripristino delle funzionalità della piattaforma.
Le spese di notificazione degli atti, provvedimenti, avvisi e comunicazioni oggetto di notificazione tramite piattaforma saranno determinate e poste a carico del destinatario e ripartite, secondo le modalità fissate in un apposito decreto, tra le amministrazioni e il gestore della piattaforma per contribuire alle spese di funzionamento e gestione del sistema di notifica. Si tratta delle spese di notifica già oggi previste a carico del destinatario e che verranno determinate tenendo conto anche di quanto previsto dall’articolo 3-bis, comma 4, del CAD.
La definizione di tutti gli aspetti di dettaglio relativi al funzionamento della piattaforma per le
notifiche digitali della pubblica amministrazione è rimessa ad uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, o del Ministro delegato per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione, sentiti il Ministro dell’economia e delle finanze e il Garante per la protezione dei dati personali per gli aspetti di competenza, acquisito il parere in sede di Conferenza unificata da adottare nel rispetto del CAD.
Ultimati i test e le prove tecniche di corretto funzionamento della piattaforma, il Capo del Dipartimento della trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio dei ministri fisserà il termine a decorrere dal quale le amministrazioni possono aderire alla piattaforma.
Il comma 15 prevede espressamente le ipotesi in cui non trova applicazione il sistema di notificazione previsto dalla presente disposizione.
Con i commi 16 e 17 si apportano modifiche di coordinamento con alcune norme vigenti.
Ai sensi del comma 18 le amministrazioni che aderiscono alla piattaforma utilizzano le risorse umane, finanziarie e strumentali previste a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Per la realizzazione della piattaforma si provvede con le risorse di cui all’articolo 1, comma 403, della legge 27 dicembre 2019, n. 160.
Articolo 21
(Misure per la semplificazione e la diffusione della firma elettronica avanzata e dell’identità digitale per l’accesso ai servizi bancari)
1. Ferma restando l’applicazione delle regole tecniche di cui all’articolo 20, comma 3, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, per il rilascio della firma elettronica avanzata, nel rispetto della disciplina europea, si può procedere alla verifica dell’identità dell’utente anche tramite:
a) processi di identificazione elettronica e di autenticazione informatica basati su credenziali che assicurano i requisiti previsti dall’articolo 4 del Regolamento Delegato (UE) 2018/389 della Commissione del 27 novembre 2017 già attribuite, dal soggetto che eroga la firma elettronica avanzata, al medesimo utente identificato ai sensi dell’articolo 19 del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231;
b) ovvero processi di identificazione elettronica e di autenticazione informatica, a due fattori, basati su credenziali già rilasciate all’utente nell’ambito del Sistema Pubblico per la gestione dell’Identità Digitale di cittadini e imprese di cui all’articolo 64 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82;
c) ovvero processi di identificazione elettronica e di autenticazione informatica, basati su credenziali di livello almeno «significativo», nell’ambito di un regime di identificazione elettronica notificato, oggetto di notifica conclusa con esito positivo, ai sensi dell’articolo 9 del Regolamento (UE) n. 910/2014 di livello almeno «significativo».
2. I soggetti che erogano soluzioni di firma elettronica avanzata conservano per almeno venti anni le evidenze informatiche del processo di autenticazione in base al quale è stata attribuita la firma elettronica avanzata.
3. Al decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231 sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 1, comma 2, lettera n) le parole «gli estremi del documento di identificazione» sono soppresse.
b) all’articolo 18, comma 1, la lettera a) è sostituita dalla seguente «a) l’identificazione del cliente e la verifica della sua identità sulla base di documenti, dati o informazioni ottenuti da una fonte affidabile e indipendente. Le medesime misure si attuano nei confronti dell’esecutore, anche in relazione alla verifica dell’esistenza e dell’ampiezza del potere di rappresentanza in forza del quale opera in nome e per conto del cliente».
c) all’articolo 19, comma 1:
1) alla lettera a), il punto 2) è sostituito dal seguente: “per i clienti in possesso di un’identità digitale, con livello di garanzia almeno significativo, nell’ambito del Sistema di cui all’articolo 64 del predetto decreto legislativo n. 82 del 2005 e successive modificazioni, e della relativa normativa regolamentare di attuazione, nonché di un’identità digitale con livello di garanzia almeno significativo, rilasciata nell’ambito di un regime di identificazione elettronica compreso nell’elenco pubblicato dalla Commissione europea a norma dell’articolo 9 del regolamento UE n. 910/2014, o di un certificato per la generazione di firma elettronica qualificata o, infine, identificati per mezzo di procedure di identificazione elettronica sicure e regolamentate ovvero autorizzate o riconosciute dall’Agenzia per l’Italia digitale”.
2) alla lettera a), dopo il numero 4) è inserito il seguente “4-bis) per i clienti che, previa identificazione elettronica basata su credenziali che assicurano i requisiti previsti dall’articolo 4 del Regolamento Delegato (UE) 2018/389 della Commissione del 27 novembre 2017, dispongono un bonifico verso un conto di pagamento intestato al soggetto tenuto all’obbligo di identificazione. Tale modalità di identificazione e verifica dell’identità può essere utilizzata solo con riferimento a rapporti relativi a carte di pagamento e dispositivi analoghi, nonché a strumenti di pagamento basati su dispositivi di telecomunicazione, digitali o informatici, con esclusione dei casi in cui tali carte, dispositivi o strumenti sono utilizzabili per generare l’informazione necessaria a effettuare direttamente un bonifico o un addebito diretto verso e da un conto di pagamento”.
3) alla lettera b) prima della parola “laddove” è inserita la seguente: “solo”.
Relazione illustrativa
L’articolo, anche per favorire la digitalizzazione dei servizi, mira a semplificare la procedura per il rilascio della firma elettronica avanzata, nonchè le procedure di identificazione della clientela per l’accesso ai servizi bancari, nel rispetto delle disposizioni e degli standard di sicurezza imposti dal diritto europeo.
In particolare, a tal fine e ferme restando le regole tecniche di cui all’articolo 20, comma 3, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 in materia di generazione, apposizione e verifica della stessa firma, nel rispetto del Regolamento (UE) n. 910/2014, sono ampliate le modalità di identificazione dell’utente facendo ricorso, in via alternativa, a soluzioni, sicure e affidabili, già riconosciute dall’ordinamento italiano.
Con la modifica di cui al comma 1, lettera a), si prevede una procedura di identificazione elettronica basata su credenziali, in grado di soddisfare i requisiti di sicurezza previsti dall’articolo 4 del Regolamento delegato (UE) 2018/389 di integrazione della Direttiva (UE) 2015/2366 (cd. direttiva PSD2 relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno), attribuite dal soggetto che eroga la firma elettronica avanzata all’utente che la richiede già identificato dall’intermediario bancario e finanziario, ai sensi articolo 19 del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, nell’adempimento dell’obbligo di adeguata verifica della clientela.
Il comma 1, lettera b), invece, introduce la possibilità di identificare l’utente che richiede la firma elettronica avanzata mediante il Sistema pubblico per la gestione dell’identità digitale (SPID), di cui all’art. 64 del CAD, basato, almeno, sul secondo livello di sicurezza di autenticazione informatica. La modifica di cui al comma 1, lettera c) contempla la possibilità di identificare l’utente che richiede la firma elettronica utilizzando un sistema di identificazione elettronica, basato su credenziali di livello almeno «significativo», nell’ambito di un regime di identificazione elettronica notificato, con esito positivo, ai sensi dell’articolo 9 del Regolamento (UE) n. 910/2014. Il riferimento è ai sistemi di identificazione elettronica in relazione ai quali i singoli Stati membri hanno attivato e completato il processo di notifica, previsto dal Regolamento eIDAS, a garanzia dell’interoperabilità tra le diverse identità elettroniche europee, e in particolare riguarda la CIE, tramite la quale sarà dunque possibile identificare l’utente ed erogare la firma elettronica avanzata, così rafforzando la diffusione e l’utilizzo di tale strumento di semplificazione.
Con il comma 2, si prevede l’obbligo, in capo ai soggetti che erogano le soluzioni di firma
elettronica avanzata, di conservare, per venti anni, le registrazioni informatiche riferite al processo di identificazione in base al quale è stata attribuita la firma elettronica avanzata.
Con il comma 3, si introducono modifiche al decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231 che contiene le norme nazionali di recepimento della disciplina unionale in materia di prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo di cui alla Direttiva UE 2015/849 (c.d. “IV Direttiva AML”), come da ultimo emendata dalla Direttiva UE 2018/843 (c.d. “V Direttiva AML”). L’obiettivo, in attesa di un più ampio e necessario adeguamento al diritto UE della disciplina nazionale, è quello di semplificare e rendere meno oneroso l’adempimento degli obblighi di adeguata verifica dei clienti nel caso di instaurazione di rapporti contrattuali relativi all’utilizzo di strumenti di pagamento digitali, fermo restando l’assoluto rispetto degli standard e delle regole imposte dal diritto europeo.
La semplificazione proposta consente un rilevante snellimento e maggiore sicurezza dei procedimenti di onboarding dei clienti per ottenere strumenti di pagamento digitali, favorendo l’operatività a distanza, particolarmente importante anche a seguito della recente pandemia di COVID-19, con contestuale rafforzamento dei relativi presidii di sicurezza e dei controlli antiriciclaggio.
Pertanto, con le modifiche di cui alle lettere a) e b), si è eliminata la prescritta necessità di riscontrare il documento di identità e i suoi estremi, non imposta nè prevista dal diritto europeo, consentendo, ugualmente, un’adeguata verifica identificativa e senza tuttavia deflettere dalle condizioni di sicurezza e attendibilità imposte dagli standard nazionali ed europei.
L’intervento di cui alla lettera c), n. 1, mira a semplificare e allineare le modalità di adempimento degli obblighi di adeguata verifica attraverso l’utilizzo di strumenti di identificazione a distanza che soddisfano il medesimo livello di garanzia “significativo” o “elevato”. Dalla formulazione della disposizione in novella, infatti, scaturiscono alcune difficoltà interpretative considerando che il citato elenco pubblicato dalla Commissione europea ai sensi dell’articolo 9 del regolamento UE n. 910/2014 (eIDAS) è relativo ai regimi di identificazione elettronica notificati e non anche alla firma digitale, species della firma elettronica qualificata, che, invece, è da ricondurre nel novero dei servizi fiduciari qualificati rilasciati, ai sensi dell’articolo 24, paragrafo 1 dello stesso regolamento, anche mediante identificazione a distanza con strumenti che soddisfano i livelli di garanzia dei regimi di identificazione elettronica “significativo” o “elevato”.
In ultimo, alla lettera c), n. 2), si chiarisce che - per la sola instaurazione di rapporti continuativi relativi a carte di pagamento e dispositivi analoghi, nonché a strumenti di pagamento basati su dispositivi di telecomunicazione, digitali o informatici, con esclusione dei casi in cui tali carte, dispositivi o strumenti sono utilizzabili per generare l’informazione necessaria a effettuare direttamente un bonifico o un addebito diretto verso e da un conto di pagamento - è individuata una speciale modalità di identificazione e verifica a distanza dell’identità per il tramite dell’esecuzione di un bonifico, disposto dallo stesso cliente da identificare, verso un conto di pagamento intestato al soggetto tenuto all’obbligo di identificazione, a condizione che il bonifico sia disposto previa identificazione elettronica basata su credenziali che assicurano i requisiti previsti dall’articolo 4 del Regolamento Delegato (UE) 2018/389 della Commissione del 27 novembre 2017. La previsione, in altre parole, evita il ripetersi di inefficienti e non necessari adempimenti di identificazione dei clienti, essendo stati questi già svolti dal prestatore del servizio di radicamento del conto di provenienza del bonifico.
In definitiva, le modifiche introdotte permettono di adempiere agli obblighi di adeguata verifica anche sfruttando le potenzialità del FINTECH riducendo, così, notevolmente i rischi di collusione, induzione o costrizione dei soggetti preposti alla identificazione e verifica dell’identità dei clienti, nonché quelli connessi all’archiviazione e circolazione delle immagini digitali dei documenti di identità ovvero al loro facile riutilizzo per furti di identità o interposizione di persona.
Articolo 22
(Semplificazione della notificazione e comunicazione telematica degli atti in materia civile, penale, amministrativa, contabile e stragiudiziale)
1. Al decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 16, comma 12, al primo periodo, le parole “entro il 30 novembre 2014” sono soppresse; il secondo periodo è soppresso e, in fine, sono aggiunti i seguenti periodi: “Con le medesime modalità, le amministrazioni pubbliche possono comunicare altresì gli indirizzi di posta elettronica certificata di propri organi o articolazioni, anche territoriali, presso cui eseguire le comunicazioni o notificazioni per via telematica nel caso in cui sia stabilito presso questi l’obbligo di notifica degli atti introduttivi di giudizio in relazione a specifiche materie ovvero in caso di autonoma capacità o legittimazione processuale. Per il caso di costituzione in giudizio tramite propri dipendenti, le amministrazioni pubbliche possono altresì comunicare ulteriori indirizzi di posta elettronica certificata, riportati in una speciale sezione dello stesso elenco di cui al presente articolo e corrispondenti a specifiche aree organizzative omogenee, presso cui eleggono domicilio ai fini del giudizio”;
b) all’articolo 16, il comma 13 è sostituito dal seguente: “13. In caso di mancata comunicazione ai sensi del comma 12, le comunicazioni e notificazioni a cura della cancelleria si effettuano ai sensi dei commi 6 e 8 e le notificazioni ad istanza di parte si effettuano ai sensi dell’articolo 16-ter, comma 1-ter.”;
c) all’articolo 16-ter, comma 1-bis, le parole “del comma 1” sono sostituite dalle seguenti: “dei commi 1 e 1-ter” e dopo il comma 1-bis, è aggiunto il seguente: “1-ter. “Fermo restando quanto previsto dal Regio Decreto 30 ottobre 1933, n. 1611 in materia di rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato, in caso di mancata indicazione nel elenco di cui all’articolo 16, comma 12, la notificazione alle pubbliche amministrazioni degli atti in materia civile, penale, amministrativa, contabile e stragiudiziale è validamente effettuata, a tutti gli effetti, al domicilio digitale indicato nell’elenco previsto dall’articolo 6-ter del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 e, xxx nel predetto elenco risultino indicati, per la stessa amministrazione pubblica, più domicili digitali, la notificazione è effettuata presso l’indirizzo di posta elettronica certificata primario indicato, secondo le previsioni delle Linee guida di XxXX, nella sezione ente dell’amministrazione pubblica destinataria”.
2. All’articolo 66, comma 6, del decreto legislativo 13 dicembre 2017, n. 217, al primo periodo, le parole “consultabile esclusivamente dagli uffici giudiziari, dagli uffici notificazioni, esecuzioni e protesti e dagli avvocati” sono soppresse.
Relazione illustrativa
Si introducono misure di semplificazione per la notifica telematica degli atti giudiziari alle pubbliche amministrazioni al fine di superare le problematiche derivanti dalla mancata comunicazione da parte di numerose amministrazioni del proprio indirizzo di posta elettronica certificata per implementare l’elenco di cui all’art. 16, comma 12, decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 necessario a favorire le comunicazioni e le notificazioni telematiche.
L’assenza di un indirizzo PEC presso cui notificare atti giudiziari nei confronti della pubblica amministrazione comporta un rallentamento del processo di digitalizzazione della giustizia. Con l’intervento normativo proposto, pertanto, si intende potenziare detto processo incentivando l’utilizzo degli strumenti di notificazione telematica.
In particolare, con la lettera a), si consente alle amministrazioni di comunicare una pluralità di indirizzi di posta elettronica certificata corrispondenti ai propri organi o articolazioni anche territoriali a cui inviare comunicazioni o notificazioni telematiche, nei casi previsti dalla legge ovvero in caso di autonoma capacità o legittimazione processuale. Le amministrazioni che si costituiscono in giudizio tramite i propri dipendenti possono comunicare ulteriori indirizzi di posta
elettronica certificata, corrispondenti a specifiche aree organizzative omogenee, presso cui eleggono domicilio ai fini del giudizio. Detti indirizzi confluiscono in una speciale sezione dell’elenco già previsto al citato articolo 16 del dl 179/2012.
A salvaguardia della regolarità di comunicazioni e notificazioni, senza al contempo rallentare il processo di digitalizzazione della giustizia, si prevede alla lettera b) che, in caso di mancata comunicazione degli indirizzi nei termini fissati con la modifica di cui alla lettera a), le comunicazioni e notificazioni a cura della cancelleria si effettuano ai sensi dei commi 6 e 8 dell’articolo 16. Quelle ad istanza di parte si effettuano invece con le modalità introdotte dall’articolo 16-ter, comma 1-ter, come modificato dalla lettera c).
Quest’ultima prevede che le notificazioni degli atti in materia civile, penale, amministrativa, contabile e stragiudiziale nei confronti delle amministrazioni che non abbiano assolto al predetto obbligo di comunicazione, sono validamente effettuate al domicilio digitale indicato nell’elenco previsto dall’articolo 6-ter del CAD . Nel caso in cui nel predetto elenco risultino iscritti, per la stessa amministrazione, più indirizzi di posta elettronica certificata, le notificazioni si effettuano, in conformità alle Linee guida dell’AgID sull’Indice dei domicili digitali delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di pubblici servizi, all’indirizzo di posta elettronica primario indicato nella sezione ente dell’amministrazione destinataria. Detta sezione è prevista dalle citate Linee guida che per i dati che l’Ente deve inserire e mantenere aggiornati nell’IPA distingue le seguenti sezioni: a. Ente; b. Aree Organizzative Omogenee (AOO); c. Unità Organizzative (UO).
Resta salvo quanto previsto dal Regio Decreto 30 ottobre 1933, n. 1611, recante l’approvazione del
T.U. delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull’ordinamento dell’Avvocatura dello Stato.
Con il comma 2 vengono soppressi i limiti, introdotti dal secondo correttivo al Codice dell’Amministrazione Digitale, con riferimento ai soggetti che possono consultare l’elenco.
Articolo 23
(Disposizioni per favorire l'accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici. Modifiche alla legge 9 gennaio 2004, n. 4)
1. Al fine di favorire l’accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici, alla legge 9 gennaio 2004, n. 4 sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 1, comma 2, dopo le parole “della pubblica amministrazione” sono inserite le seguenti: “, nonché alle strutture ed ai servizi aperti o forniti al pubblico attraverso i nuovi sistemi e le tecnologie di informazione e comunicazione in rete”;
b) all’articolo 2, comma 1, lettera a-quinquies, le parole “comma 1” sono sostituite dalle seguenti: “commi 1 e 1-bis”;
c) all’articolo 3, dopo il comma 1, è inserito il seguente: “1-bis. La presente legge si applica altresì ai soggetti giuridici diversi da quelli di cui al comma 1, che offrono servizi al pubblico attraverso siti web o applicazioni mobili, con un fatturato medio, negli ultimi tre anni di attività, superiore a novecento milioni di euro.”;
d) all’articolo 4:
1. al comma 1, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “La previsione di cui al secondo periodo si applica anche all’acquisizione di beni o alla fornitura di servizi effettuata dai soggetti di cui all’articolo 3, comma 1-bis.”.
2. al comma 2, le parole “comma 1” sono sostituite dalle seguenti: “commi 1 e 1-bis”.
e) all’articolo 7:
1. al primo comma, le parole “L’Agenzia”, sono sostituite dalle seguenti: “Nei confronti dei soggetti di cui all’articolo 3, comma 1, l’Agenzia”;
f) all’articolo 9:
1. al comma 1, dopo le parole “della presente legge” sono inserite le seguenti: “ da parte dei soggetti di cui all’articolo 3, comma 1”;
2. dopo il comma 1, è aggiunto il seguente: “1-bis. L’inosservanza delle disposizioni della presente legge da parte dei soggetti di cui all’articolo 3, comma 1-bis, è accertata e sanzionata dall’AgID, fermo restando il diritto del soggetto discriminato di agire ai sensi della legge 1 marzo 2006, n. 67. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni contenute nel capo I, sezioni I e II, della legge 24 novembre 1981, n. 689. Se a seguito dell’istruttoria l’AgID ravvisa violazioni della presente legge, fissa il termine per l’eliminazione delle infrazioni stesse da parte del trasgressore. In caso di inottemperanza alla diffida di cui al periodo precedente, l’AgID applica la sanzione amministrativa pecuniaria fino al cinque per cento del fatturato.
Relazione illustrativa
Apporta ulteriori modifiche alla legge 9 gennaio 2004 n. 4 recante "Disposizioni per favorire l'accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici", già modificata dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 106 di recepimento della direttiva (UE) 2016/2102 relativa all'accessibilità dei siti web e delle applicazioni mobili degli enti pubblici.
Le modifiche formulate sono principalmente volte ad estendere gli obblighi di accessibilità già previsti dalla normativa vigente anche ai soggetti privati che offrono servizi al pubblico attraverso siti web o applicazioni mobili, con un determinato fatturato medio.
Già la direttiva del 2012 al considerando 34 auspicava che gli Stati membri estendessero l’applicazione della medesima agli enti privati che offrono strutture e servizi aperti o forniti al pubblico.
Del resto, la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, approvata il 13 dicembre 2006, impegna ad adottare misure adeguate per garantire alle persone con disabilità, in condizioni di parità con gli altri, l'accesso alle tecnologie e ai sistemi di informazione e comunicazione e a elaborare, adottare e monitorare l'attuazione di norme minime e Linee guida per l'accessibilità alle strutture ed ai servizi aperti o forniti al pubblico nonché a promuovere l'accesso delle persone con disabilità ai nuovi sistemi e tecnologie di informazione e comunicazione, compreso internet, e ad astenersi dall'intraprendere ogni atto o pratica che sia in contrasto con la Convenzione e a garantire che le autorità e le istituzioni pubbliche agiscano in conformità con la medesima.
In questo contesto, l’emergenza sanitaria in corso ha rivelato quanto sia essenziale la possibilità di accedere e utilizzare i servizi digitali. Servizi che risultano particolarmente essenziali proprio per coloro che a causa di disabilità necessitano, senza discriminazioni, di tecnologie assistive o configurazioni particolari, ad esempio, per ordinare un farmaco on line oppure richiedere assistenza medica. Le medesime tecnologie e, più in generale, l’accessibilità e la fruibilità dei siti web o applicazioni mobili devono, tuttavia, divenire in via ordinaria principi e tecniche da rispettare nella progettazione, nella costruzione, nella manutenzione e nell'aggiornamento di siti internet e di applicazioni mobili per rendere il loro contenuto più accessibile agli utenti, in particolare alle persone con disabilità in ottemperanza al principio di uguaglianza ai sensi dell'articolo 3 della Costituzione.
A tal fine, il comma 1, lettera a), modifica l’articolo 1, comma 2, della citata legge n. 4 del 2004, precisando che l'accessibilità è riferita anche alle strutture ed ai servizi aperti o forniti al pubblico attraverso i nuovi sistemi e le tecnologie di informazione e comunicazione in rete, in modo che sia garantita a tutti gli utenti e, in particolare, alle persone con disabilità.
La lettera b) reca una modifica di coordinamento normativo mediante il richiamo all’articolo 2, comma 1, lettera a-quinquies, della citata legge, del novellato comma 1-bis, al fine di includere nel novero dei soggetti erogatori destinatari degli obblighi di accessibilità anche altri soggetti meglio
identificati dalla successiva lettera c).
Quest’ultima, invero, precisa che gli obblighi derivanti dalla citata legge si applicano anche ai soggetti giuridici diversi da quelli di cui all’art. 3, comma 1, che offrono servizi al pubblico attraverso siti web o applicazioni mobili, con un fatturato medio, negli ultimi tre anni di attività, superiore a novecento milioni di euro.
Seguono, quindi, norme di coordinamento volte a rendere effettivo e cogente il sistema già previsto dalla legge 4/2004 anche per i nuovi destinatari delle disposizioni vigenti.
Si introducono inoltre alcune modifiche di coordinamento al fine di estendere la previsione di accessibilità anche all’acquisizione di beni o alla fornitura di servizi effettuata dai nuovi soggetti obbligati e la sanzione della nullità per i contratti per la realizzazione e la modifica di siti web e applicazioni mobili conclusi in violazione dei requisiti di accessibilità.
Fermo restando il diritto del soggetto discriminato ad agire contro la discriminazione ai sensi della legge 1 marzo 2006, n. 67, introduce, all’articolo 9, una sanzione amministrativa per l’inosservanza degli obblighi previsti, aggiungendo che, nei casi di particolare gravità o di recidiva i limiti minimo e massimo della sanzione sono raddoppiati. L’inosservanza delle disposizioni è accertata e sanzionata dall’AgID. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni contenute nel capo I, sezioni I e II, della legge 24 novembre 1981, n. 689. Se a seguito dell'istruttoria l'AgID ravvisa violazioni, fissa il termine per l'eliminazione delle infrazioni stesse da parte del trasgressore. In caso di inottemperanza alla diffida di cui al periodo precedente, l'AgID applica la sanzione amministrativa pecuniaria fino al cinque per cento del fatturato.
CAPO II
Norme generali per lo sviluppo dei sistemi informativi delle pubbliche amministrazioni e l’utilizzo del digitale nell’azione amministrativa
Articolo 24
(Semplificazione dei sistemi informativi delle pubbliche amministrazioni e dell’attività di coordinamento nell’attuazione della strategia digitale e in materia di perimetro di sicurezza nazionale cibernetica)
1. Al fine di semplificare e favorire l’offerta dei servizi in rete della pubblica amministrazione, il lavoro agile e l’uso delle tecnologie digitali, nonchè il coordinamento dell’azione di attuazione della strategia digitale, al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 12:
1) al comma 3-bis, dopo il primo periodo è aggiunto il seguente: “In caso di uso di dispositivi elettronici personali, i soggetti di cui all’articolo 2, comma 2, nel rispetto della disciplina in materia di trattamento dei dati personali, adottano ogni misura atta a garantire la sicurezza e la protezione delle informazioni e dei dati, tenendo conto delle migliori pratiche e degli standard nazionali e internazionali per la protezione delle proprie reti, nonché promuovendo la consapevolezza dei lavoratori sull’uso sicuro dei dispositivi, anche attraverso la diffusione di apposite linee guida, e disciplinando anche l’uso di webcam e microfoni”.
2) dopo il comma 3-bis è aggiunto il seguente: “3-ter. Al fine di agevolare la diffusione del lavoro agile quale modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, i soggetti di cui all’articolo 2, comma 2, lettera a), acquistano beni e progettano e sviluppano i sistemi informativi e i servizi informatici con modalità idonee a consentire ai lavoratori di accedere da
remoto ad applicativi, dati e informazioni necessari allo svolgimento della prestazione lavorativa, nel rispetto della legge 20 maggio 1970, n. 300, assicurando un adeguato livello di sicurezza informatica, in linea con le migliori pratiche e gli standard nazionali ed internazionali per la protezione delle proprie reti, nonché promuovendo la consapevolezza dei lavoratori sull’uso sicuro degli strumenti impiegati, con particolare riguardo a quelli erogati tramite fornitori di servizi in cloud, anche attraverso la diffusione di apposite linee guida, e disciplinando anche la tipologia di attività che possono essere svolte”.
b) all’articolo 14, comma 2, secondo periodo, le parole “L’AgID” sono sostituite dalle seguenti: “La Presidenza del Consiglio dei ministri, anche avvalendosi dell’AgID,” e, infine, dopo le parole “migliorino i servizi erogati” sono aggiunte le parole “assicurando un adeguato livello di sicurezza informatica, in linea con le migliori pratiche e gli standard nazionali ed internazionali per la protezione delle proprie reti, nonché promuovendo la consapevolezza dei lavoratori sull’uso sicuro dei suddetti sistemi informativi, anche attraverso la diffusione di apposite linee guida che disciplinano anche la tipologia di attività che possono essere svolte”.
c) all’articolo 14-bis,
1. al comma 2, la lettera h), le parole “ovvero, su sua richiesta, da parte della stessa XxXX” sono soppresse;
2. al comma 3, le parole “nonché al Dipartimento per l’innovazione tecnologica della Presidenza del Consiglio dei ministri” sono soppresse;
d) all’articolo 17, comma 1-quater, le parole “a porvi rimedio tempestivamente e comunque non oltre trenta giorni” sono sostituite dalle seguenti: “ad avviare, tempestivamente e comunque non oltre trenta giorni, le attività necessarie a porvi rimedio”, nonché, dopo l’ultimo periodo è aggiunto il seguente: “Il mancato avvio delle attività necessarie a porre rimedio rileva ai fini della misurazione e della valutazione della performance individuale dei dirigenti responsabili e comporta responsabilità dirigenziale e disciplinare ai sensi degli articoli 21 e 55 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.”.
2. All’articolo 66, comma 2, ultimo periodo, del decreto legislativo 13 dicembre 2017, n. 217, dopo le parole “trattamento accessorio”, sono aggiunte le seguenti: “, compresa l’indennità spettante al personale in servizio presso l’AgID,”.
3. All’articolo 1, comma 6, lettera a), del decreto-legge 21 settembre 2019, n. 105, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 novembre 2019, n. 133, le parole «ovvero le centrali di committenza alle quali essi fanno ricorso ai sensi dell'articolo 1, comma 512, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, che intendano procedere all'affidamento» sono sostituite dalle seguenti: «che intendano procedere, anche per il tramite delle centrali di committenza alle quali essi sono tenuti a fare ricorso ai sensi dell'articolo 1, comma 512, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, all'affidamento».
4. E’ istituita presso il Ministero dell’interno, nell’ambito del Dipartimento per le politiche del personale dell’Amministrazione civile e per le risorse strumentali e finanziarie, la Direzione Centrale per l’innovazione tecnologica per l’amministrazione generale, cui è preposto un dirigente di livello generale dell’area delle funzioni centrali. La Direzione Centrale assicura la funzionalità delle attività di innovazione tecnologica e di digitalizzazione, nonché dei sistemi informativi del Ministero dell’interno e delle Prefetture-UTG.
5. La dotazione organica del Ministero dell’interno, sulla scorta di quanto previsto dal comma 4, è incrementata di un posto di funzione dirigenziale di livello generale da assegnare al personale dell’area delle funzioni centrali, i cui maggiori oneri, al fine di assicurare l’invarianza finanziaria, sono compensati dalla soppressione di un numero di posti di funzione dirigenziale di livello non generale della medesima area, equivalente sul piano finanziario. Alle modifiche della dotazione organica di cui al primo periodo si provvede con regolamento da adottarsi ai sensi dell’articolo 17, comma 4-bis della legge 23 agosto 1988, n. 400.
Relazione illustrativa
Il Capo II - volto ad introdurre misure di semplificazione, rafforzamento e coordinamento nello sviluppo dei sistemi informativi delle pubbliche amministrazioni e nelle modalità di utilizzo del digitale nell’azione amministrativa - si apre con l’articolo in esame che interviene sull’art. 12, comma 3-bis del CAD, al fine di favorire la diffusione del lavoro agile (c.d. smart working), introducendo l’obbligo, per i datori di lavoro, di adottare ogni misura utile a garantire la sicurezza e la protezione delle informazione e dei dati, in caso di utilizzo, da parte dei dipendenti, di dispositivi elettronici personali. Viene altresì aggiunto nel medesimo articolo 12, il comma 3-ter che - sempre nell’ottica di agevolare la diffusione del lavoro agile - stabilisce che le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, ivi comprese le Autorità di sistema portuale, e le Autorità amministrative indipendenti acquistano beni ovvero progettano e sviluppano sistemi informativi e servizi informatici con modalità idonee a consentire ai lavoratori di accedere da remoto ad applicativi, dati e informazioni necessari allo svolgimento della prestazione lavorativa, fermo restando, ovviamente, il rispetto dello Statuto dei lavoratori e delle necessarie misure di garanzia e di sicurezza, imposte dagli standard e dalle migliori pratiche nazionali ed internazionali, volte ad assicurare la protezione delle reti e l’uso responsabile dei mezzi telematici.
Sempre con il medesimo articolo, si introducono misure di semplificazione e coordinamento per favorire l’attuazione della strategia digitale pubblica sul territorio nazionale. In particolare, si affida alla Presidenza del Consiglio dei ministri la funzione di coordinamento informatico dell’amministrazione statale, regionale e locale, quelle di indirizzo e programmazione previste all’art. 14, secondo comma, oltre che le attività di monitoraggio, di tipo consultivo e di vigilanza; tale funzione sarà svolta anche avvalendosi dell’AgID. Si precisano le funzioni di AgID con riferimento al ruolo di monitoraggio sull’esecuzione dei contratti di acquisto digitale delle pubbliche amministrazioni. Si elimina pertanto la possibilità che l’amministrazione interessata possa chiedere ad XxXX di svolgere l’intero monitoraggio sull’intero ciclo di vita del contratto, che richiederebbe all’Agenzia di sostituirsi in attività proprie delle amministrazioni, con un carico di lavoro e oneri non prevedibili, né quantificabili. Infine, si interviene sull’articolo 17, comma 1- quater, del CAD, prevedendo che il difensore civico inviti il soggetto responsabile di presunte violazioni del CAD ad avviare tempestivamente e comunque non oltre trenta giorni (e non più concludere) le attività necessarie a porvi rimedio. Il termine temporale di trenta giorni attualmente previsto per porre rimedio alla violazione effettivamente riscontrata dall’ufficio del difensore civico per il digitale, infatti, nella prassi, si è rivelato eccessivamente ridotto rispetto al grado di complessità delle attività da porre in essere e non contempla la eventuale necessità di interventi di sistema. La norma inoltre prevede che il mancato avvio delle attività indicate dal difensore civico rilevi ai fini della misurazione e della valutazione della performance individuale dei dirigenti responsabili e comporti responsabilità dirigenziale e disciplinare.
Con il comma 2 si precisa l’entità del trattamento accessorio spettante al personale in comando presso l’AgID.
Con il comma 3, infine, si interviene a modificare l’articolo 1, comma 6, lettera a), del decreto- legge n. 105/2019, ai sensi del quale i soggetti inclusi nel perimetro di sicurezza nazionale cibernetica, di cui all’articolo 1, comma 2-bis, del medesimo decreto-legge - ovvero le centrali di committenza alle quali essi fanno ricorso ai sensi dell’articolo 1, comma 512, della legge n. 208/2015 – che intendano procedere all’affidamento di forniture di beni, sistemi e servizi ICT destinati a essere impiegati sulle reti, sui sistemi e per l’espletamento dei servizi rilevanti, sono tenuti a darne comunicazione al Centro di valutazione e certificazione nazionale - CVCN, istituito presso il Ministero dello sviluppo economico.
La lettera a) prevede infatti che la comunicazione comprenda la valutazione del rischio associato all'oggetto della fornitura, anche in relazione all'ambito di impiego. Sul punto, si rileva che le
centrali di committenza non dispongono degli elementi utili ad effettuare l’analisi del rischio, atteso che l’elaborazione della relativa documentazione richiede specifiche conoscenze in merito all’infrastruttura tecnica e all’ambito di impiego dell’oggetto di fornitura.
Al fine di risolvere il problema di carattere applicativo emergente dall’attuale formulazione del testo, con l’intervento normativo si prevede che, per l’affidamento delle forniture, sia sempre il soggetto incluso nel perimetro di sicurezza nazionale cibernetica – e non la centrale di committenza
– a dover effettuare la relativa comunicazione al CVCN; ciò, anche laddove lo stesso soggetto sia tenuto a fare ricorso alle centrali di committenza ai sensi dell’articolo 1, comma 512, della legge n. 208/2015.
La norma, attinente ad aspetti meramente procedurali, non comporta costi o oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato.
Relazione tecnica
Le disposizioni attengono ad aspetti di natura procedurale e, pertanto, non necessitano di copertura finanziaria in quanto dalla loro attuazione non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Articolo 25
(Codice di condotta tecnologica)
1. Al fine di garantire il coordinamento nello sviluppo dei sistemi informativi e dell’offerta dei servizi in rete delle pubbliche amministrazioni su tutto il territorio nazionale, al decreto legislativo 7 marzo 20005, n. 82, dopo l’articolo 13, è inserito il seguente: “Art. 13-bis. (Codice di condotta tecnologica ed esperti) - 1. Al fine di favorire la digitalizzazione della pubblica amministrazione e garantire il necessario coordinamento sul piano tecnico delle varie iniziative di innovazione tecnologica, i soggetti di cui all’articolo 2, comma 2, lettera a), nell’ambito delle risorse disponibili, progettano, realizzano e sviluppano i propri sistemi informatici e servizi digitali, in coerenza con gli obiettivi dell’agenda digitale italiana ed europea e nel rispetto del codice di condotta tecnologica adottato dal Capo dipartimento della struttura della Presidenza del Consiglio dei ministri competente per la trasformazione digitale, sentita l’AgID e il nucleo per la sicurezza cibernetica di cui all’articolo 12, comma 6, del decreto legislativo 18 maggio 2018, n. 65 e acquisito il parere della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente disposizione.
2. Il codice di condotta tecnologica disciplina le modalità di progettazione, sviluppo e implementazione dei progetti, sistemi e servizi digitali delle amministrazioni pubbliche, nel rispetto della disciplina in materia di perimetro nazionale di sicurezza cibernetica.
3. I soggetti di cui all’articolo 2, comma 2, lettera a), che avviano progetti di sviluppo dei servizi digitali sono tenute a rispettare il codice di condotta tecnologica e, senza maggiori oneri per la finanza pubblica, possono avvalersi, singolarmente o in forma associata, di uno o più esperti in possesso di comprovata esperienza e qualificazione professionale nello sviluppo e nella gestione di processi complessi di trasformazione tecnologica e progetti di trasformazione digitale. Il codice di condotta tecnologica indica anche le principali attività, ivi compresa la formazione del personale, che gli esperti svolgono in collaborazione con il responsabile per la transizione digitale dell’amministrazione pubblica interessata, nonché il limite massimo di durata dell’incarico, i requisiti di esperienza e qualificazione professionale e il trattamento economico massimo da riconoscere agli esperti.
4. Nella realizzazione e lo sviluppo dei sistemi informativi, è sempre assicurata l’integrazione con le piattaforme abilitanti previste dagli articoli 5, 62, 64 e 64-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005,
n. 82, nonché la possibilità di accedere da remoto ad applicativi, dati e informazioni necessarie allo
svolgimento della prestazione lavorativa in modalità agile, assicurando un adeguato livello di sicurezza informatica, in linea con le migliori pratiche e gli standard nazionali ed internazionali per la protezione delle proprie reti, nonché promuovendo la consapevolezza dei lavoratori sull’uso sicuro dei suddetti sistemi informativi, anche attraverso la diffusione di apposite linee guida, e disciplinando anche la tipologia di attività che possono essere svolte.
5. AgID accerta e verifica il rispetto del codice di condotta tecnologica da parte dei soggetti interessati e può diffidare i soggetti a conformare la propria condotta agli obblighi previsti dal codice. La progettazione, la realizzazione e lo sviluppo di servizi digitali e sistemi informatici in violazione del codice di condotta tecnologica comporta la responsabilità dirigenziale e disciplinare ai sensi degli articoli 21 e 55 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e la segnalazione alla competente procura regionale della Corte dei conti. ”.
Relazione illustrativa
Si introduce l’articolo 13-bis del CAD, recante Codice di condotta tecnologica ed esperti.
La proposta normativa intende favorire la trasformazione tecnologica e la digitalizzazione della p.a., quali vettori di crescita economica del Paese, prevedendo che le pubbliche amministrazioni progettino, realizzino e sviluppino i propri sistemi informatici e i propri servizi digitali, in coerenza con regole omogenee dettate dal “Codice di condotta tecnologica” per l’intero territorio nazionale e con modalità tali da consentire la necessaria integrazione con le piattaforme abilitanti previste dal Codice dell’Amministrazione Digitale, così semplificando le relative attività e contribuendo a migliorare la corretta progettazione e realizzazione dei servizi in rete e, con essa, la più diffusa erogazione e fruizione dei servizi stessi.
In questa direzione, il comma 1 prevede che i progetti presentati dalle amministrazioni per lo sviluppo di servizi digitali debbano essere coerenti con le previsioni contenute nel predetto codice di condotta tecnologica, adottate dal Dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio dei ministri, sentita l’AgID e il nucleo per la sicurezza cibernetica di cui all’articolo 12, comma 6, del decreto legislativo 18 maggio 2018, n. 65 e acquisito il parere della Conferenza Unificata.
Il “Codice di condotta tecnologica”, ai sensi del comma 2, disciplina, infatti, le modalità di elaborazione, sviluppo e attuazione dei progetti e delle azioni di sviluppo dei servizi digitali delle amministrazioni pubbliche. Dette modalità devono risultare coerenti con disciplina, anche attuativa, in materia di perimetro nazionale di sicurezza cibernetica. La richiesta coerenza fra i progetti e il codice di condotta tecnologica consente, pertanto, lo sviluppo di iniziative corrette ed omogenee.
Al fine di colmare il deficit di competenze professionali e tecniche nelle pubbliche amministrazioni, più volte registrato come fattore di ostacolo alla trasformazione digitale, si prevede al comma 3 che, per la realizzazione dei progetti coerenti con il codice di condotta tecnologica, le amministrazioni possano avvalersi, singolarmente o in forma associata, di uno o più esperti dotati di esperienza e qualificazione professionale nello sviluppo e nella gestione di processi complessi di trasformazione tecnologica e progetti di trasformazione digitale. La possibilità di avvalimento degli esperti è tesa a garantire un aumento dell’efficienza nell’operato delle pubbliche amministrazioni nei processi di trasformazione, nonché la coerenza con gli obiettivi dell’agenda digitale e l’incremento della qualità dei servizi erogati dalle stesse.
Gli esperti, il cui incarico trova disciplina nel codice, operano in collaborazione con il responsabile per la trasformazione digitale di cui all’art. 17 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, in modo da consentire l’operatività di un sistema coordinato di soggetti.
La sistematicità dell’intervento normativo è altresì garantita con riguardo ai servizi digitali realizzati mediante i progetti presentati e autorizzati, in quanto, al comma 4, è prevista l’integrazione degli stessi con le piattaforme abilitanti previste dal Codice dell’Amministrazione Digitale, quali pagoPA, ANPR, SPID e IO.
La disposizione produce un immediato impatto positivo su cittadini ed imprese in quanto favorisce
la diffusione e l’interoperabilità delle piattaforme abilitanti e dei servizi digitali, secondo modalità corrette e uniformi di progettazione e interazione; consente anche una semplificazione per le amministrazioni, che possono acquistare e/o realizzare funzionalità comuni a più sistemi software, secondo il codice di condotta tecnologica, semplificando la progettazione, riducendo i tempi e i costi di realizzazione di nuovi servizi e garantendo maggiore sicurezza informatica.
L’AgID accerta e verifica il rispetto di detto Codice e può diffidare i soggetti a conformare la propria condotta agli obblighi previsti. L’Agenzia può altresì irrogare sanzioni amministrative in relazione alla gravità della violazione accertata. In particolare, la progettazione, la realizzazione e lo sviluppo di servizi digitali e sistemi informatici in violazione del codice di condotta tecnologica comporta la responsabilità dirigenziale e disciplinare ai sensi degli articoli 21 e 55 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e la segnalazione alla competente procura regionale della Corte dei conti.
CAPO III - Strategia di gestione del patrimonio informativo pubblico per fini istituzionali
Articolo 26
(Disponibilità e interoperabilità dei dati delle pubbliche amministrazioni e dei concessionari di pubblici servizi)
1. Al fine di semplificare e favorire la fruizione del patrimonio informativo pubblico da parte delle pubbliche amministrazioni per fini istituzionali, al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 50 dopo il comma 3-bis, è aggiunto il seguente: “3-ter. In caso di mancanza di accordi quadro, il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro delegato per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione stabilisce un termine entro il quale le pubbliche amministrazioni interessate provvedono a rendere disponibili, accessibili e fruibili i dati alle altre amministrazioni pubbliche ai sensi del comma 2. Decorso inutilmente il predetto termine, il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro delegato per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione nomina un commissario ad acta incaricato di predisporre gli accordi quadro e di stabilire regole e modalità per assicurare in ogni caso l’accessibilità e la fruibilità dei dati. Al Commissario non spettano compensi, indennità o rimborsi.”.
b) dopo l’articolo 50-ter, è aggiunto il seguente: ”Articolo 50-quater (Disponibilità dei dati generati nella fornitura di servizi in concessione) 1. Al fine di promuovere la valorizzazione del patrimonio informativo pubblico, nei contratti e nei capitolati con i quali le pubbliche amministrazioni affidano lo svolgimento di servizi in concessione è previsto l’obbligo del concessionario di rendere disponibili all’amministrazione concedente tutti i dati acquisiti e generati nella fornitura del servizio agli utenti e relativi anche all’utilizzo del servizio medesimo da parte degli utenti, come dati di tipo aperto ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera l-ter).”
Relazione illustrativa
Al Capo III, si effettuano interventi di semplificazione e coordinamento e si rafforzano gli strumenti di gestione, condivisione e utilizzo del patrimonio informativo pubblico, riconducendolo ad una piattaforma unica nazionale, già prevista in capo alla Presidenza del Consiglio dei ministri, al fine di poter affrontare ogni eventuale emergenza nazionale, consentirne l’utilizzo per finalità istituzionali e servizi di pubblica necessità e, anche, garantire a tutte le pubbliche amministrazioni di consultare e accedere con immediatezza ai dati detenuti da altre amministrazioni ed evitare quindi di dover chiedere al cittadino la stessa informazione o il medesimo dato già richiesto e detenuto
(secondo la logica cd. once only).
A questo fine, con l’articolo si interviene sull’articolo 50, del CAD prevedendo poteri sostitutivi in capo al Presidente del Consiglio dei ministri o al Ministro delegato per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione che, in caso di mancata sottoscrizione degli accordi quadro tesi a garantire l’interoperabilità già prevista a legislazione vigente, stabilisce un termine entro il quale le pubbliche amministrazioni interessate provvedono a rendere disponibili, accessibili e fruibili i dati alle altre amministrazioni pubbliche ai sensi del comma 2. Decorso inutilmente il predetto termine, il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro delegato per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione nomina un commissario ad acta incaricato di predisporre gli accordi di quadro e di stabilire regole e modalità per assicurare in ogni caso l’accessibilità e la fruibilità dei dati. Al Commissario non spettano compensi, indennità o rimborsi.
Si inserisce poi una ulteriore disposizione, l’articolo 50-quater del CAD che si propone di integrare tra le fonti del patrimonio informativo pubblico anche i dati dei concessionari di servizi pubblici.
Per raggiungere tale obiettivo, si prevede che i contratti e i capitolati con i quali le pubbliche amministrazioni affidano lo svolgimento di servizi in concessione prevedano in capo al concessionario l’obbligo di rendere disponibili all'amministrazione concedente tutti i dati acquisiti e generati nella fornitura del servizio agli utenti, inclusi quelli relativi all’utilizzo del servizio medesimo da parte degli utenti. La disposizione chiarisce che deve trattarsi di dati di tipo aperto, come definiti dallo stesso CAD all’articolo 1, comma 1, lettera l-ter), vale a dire che presentano le seguenti caratteristiche: 1) sono disponibili secondo i termini di una licenza o di una previsione normativa che ne permetta l’utilizzo da parte di chiunque, anche per finalità commerciali, in formato disaggregato; 2) sono accessibili attraverso le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, ivi comprese le reti telematiche pubbliche e private, in formati aperti ai sensi della lettera l-bis), sono adatti all’utilizzo automatico da parte di programmi per elaboratori e sono provvisti dei relativi metadati; 3) sono resi disponibili gratuitamente attraverso le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, ivi comprese le reti telematiche pubbliche e private, oppure sono resi disponibili ai costi marginali sostenuti per la loro riproduzione e divulgazione salvo quanto previsto dall’articolo 7 del decreto legislativo 24 gennaio 2006, n. 36, che ne disciplina la tariffazione.
Articolo 27
(Semplificazione per la Piattaforma Digitale Nazionale Dati)
1. Al fine di favorire la condivisione e l’utilizzo del patrimonio informativo pubblico per l’esercizio di finalità istituzionali e la semplificazione degli oneri per cittadini e imprese, l’articolo 50-ter del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, è sostituito dal seguente:
“1. La Presidenza del Consiglio dei ministri promuove la progettazione, lo sviluppo e la realizzazione di una Piattaforma Digitale Nazionale Dati (PDND) finalizzata a favorire la conoscenza e l’utilizzo del patrimonio informativo detenuto, per finalità istituzionali, dai soggetti di cui all’articolo 2, comma 2, nonché la condivisione dei dati tra i soggetti che hanno diritto ad accedervi ai fini della semplificazione degli adempimenti amministrativi dei cittadini e delle imprese, in conformità alla disciplina vigente e agli accordi quadro previsti dall’articolo 50.
2. La Piattaforma Digitale Nazionale Dati è gestita dalla Presidenza del Consiglio dei ministri ed è costituita da un’infrastruttura tecnologica che rende possibile l’interoperabilità dei sistemi informativi e delle basi di dati delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di servizi pubblici per le finalità di cui al comma 1, mediante l’accreditamento, l’identificazione e la gestione dei livelli di autorizzazione dei soggetti abilitati ad operare sulla stessa, nonché la raccolta e conservazione delle informazioni relative agli accessi e alle transazioni effettuate suo tramite. La condivisione di dati e informazioni avviene attraverso la messa a disposizione e l’utilizzo, da parte dei soggetti accreditati, di interfacce di programmazione delle applicazioni (API). Le interfacce, sviluppate dai soggetti
abilitati con il supporto della Presidenza del Consiglio dei ministri e in conformità alle Linee guida AgID in materia interoperabilità, sono raccolte nel “catalogo API” reso disponibile dalla Piattaforma ai soggetti accreditati. I soggetti di cui all’articolo 2, comma 2, sono tenuti ad accreditarsi alla piattaforma, a sviluppare le interfacce e a rendere disponibili le proprie basi dati senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. In fase di prima applicazione, la Piattaforma assicura prioritariamente l’interoperabilità con il sistema informativo dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) di cui all’articolo 5 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, con la banca dati nazionale unica della documentazione antimafia di cui all’articolo 96 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, con l’Anagrafe nazionale della popolazione residente di cui all’articolo 62 e con le banche dati dell’Agenzie delle entrate individuate dal Direttore della stessa Agenzia. L’AgID, sentito il Garante per la protezione dei dati personali e acquisito il parere della Conferenza unificata, adotta linee guida con cui definisce gli standard tecnologici e criteri di sicurezza, di accessibilità, di disponibilità e di interoperabilità per la gestione della piattaforma nonché il processo di accreditamento e di fruizione del catalogo API.
3. Nella Piattaforma Nazionale Digitale Dati non confluiscono i dati attinenti a ordine e sicurezza pubblica, difesa e sicurezza nazionale, polizia giudiziaria e polizia economico-finanziaria.
4. I soggetti di cui all’articolo 2, comma 2, sono tenuti a mettere a disposizione della Presidenza del Consiglio dei ministri, tramite la Piattaforma di cui al comma 1 e sulla base dei criteri fissati dalla stessa Presidenza del Consiglio, i dati aggregati e pseudonimizzati necessari a supportare l’adozione di decisioni basate sui dati e sull’evidenza informativa. La Piattaforma, sfruttando anche tecnologie innovative per la raccolta e l’interpretazione di grandi volumi di dati, elabora e rende disponibili funzioni per l’analisi avanzata dei dati aggregati e pseudonimizzati nel rispetto delle Linee guida adottate da XxXX, sentito il Garante per la protezione dei dati personali e acquisito il parere della Conferenza unificata. Con le medesime Linee sono identificate le tipologie dei dati trattati e sono stabiliti i limiti e le modalità di messa a disposizione, interrogazione, fruizione e organizzazione degli stessi.
5. L’accesso dei dati da parte della Piattaforma Digitale Nazionale Dati non modifica la titolarità del dato, fermo restando le specifiche responsabilità del trattamento in carico al soggetto gestore della Piattaforma ovvero ai soggetti fruitori dei servizi di accesso ed elaborazione.
6.Resta fermo che i soggetti di cui all’articolo 2, comma 2, possono continuare ad utilizzare anche i sistemi di interoperabilità già previsti dalla legislazione vigente.
7. Le attività previste dal presente articolo si svolgono con con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.”.
2. All’articolo 60 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 2-bis, dopo le parole “secondo standard e criteri di sicurezza e di gestione definiti nelle Linee guida” sono aggiunte le seguenti: “e mediante la piattaforma di cui all’articolo 50-ter.”;
b) il comma 2-ter è soppresso.
Relazione illustrativa
si sostituisce il vigente articolo 50-ter del CAD, semplificando e rafforzando l’operatività della Piattaforma Digitale Nazionale Dati, già prevista e finalizzata a favorire l’utilizzo del patrimonio informativo pubblico per stringenti finalità istituzionali.
L’intervento normativo, seguendo la direzione già promossa dall’art. 264, comma 2, lettera c) del decreto rilancio, caratterizzato dall’adeguamento della governance della piattaforma con conseguente affidamento non più al Commissario straordinario per l’Agenda digitale ma alla Presidenza del Consiglio dei ministri, ha inteso dare ulteriore impulso alla Piattaforma Digitale Nazionale Dati (PDND). L’adozione di tale infrastruttura digitale, cruciale per la modernizzazione
del Paese, è volta a migliorare e semplificare l’interoperabilità e lo scambio dei dati pubblici tra pubbliche amministrazioni, standardizzare e promuovere la diffusione degli open data, ottimizzare i processi di analisi dati e generazione di sapere, nonché semplificare gli adempimenti amministrativi dei cittadini e delle imprese, in conformità alla disciplina vigente e agli accordi quadro previsti dall’articolo 50.
A tal fine si precisa che Piattaforma Digitale Nazionale Dati è gestita dalla Presidenza del Consiglio dei ministri ed è costituita da un’infrastruttura tecnologica che assicura l’interoperabilità dei sistemi informativi e delle basi di dati delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di servizi pubblici, mediante l’accreditamento, l’identificazione e la gestione dei livelli di autorizzazione dei soggetti abilitati ad operare sulla stessa, nonché la raccolta e conservazione delle informazioni relative agli accessi e alle transazioni effettuate suo tramite.
L’intervento normativo favorisce la condivisione di dati e informazioni prevedendo la messa a disposizione e l’utilizzo, da parte dei soggetti accreditati, di interfacce di programmazione delle applicazioni (API). Allo sviluppo di dette interfacce provvedono i soggetti abilitati con il supporto della Presidenza del Consiglio dei ministri e in conformità alle Linee guida AgID in materia interoperabilità.
Le pubbliche amministrazioni e gli altri soggetti di cui all’articolo 2, comma 2, del CAD, sono tenute ad accreditarsi alla piattaforma, a sviluppare le interfacce e a rendere disponibili le proprie basi dati senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Rispetto alla precedente formulazione, quindi, non è prevista l’acquisizione di dati detenuti dalle diverse amministrazioni ma, piuttosto, la loro condivisione attraverso interfacce di programmazione delle applicazioni (API).
In fase di prima applicazione, la Piattaforma assicura prioritariamente l’interoperabilità con il sistema informativo dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) di cui all’articolo 5 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, con la banca dati di cui all’articolo 99 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, con l’Anagrafe nazionale della popolazione residente di cui all’articolo 62 e con le banche dati dell’Agenzie delle entrate individuate dal Direttore della stessa Agenzia.
Si rimette ad AgID, sentito il Garante per la protezione dei dati personali e acquisito il parere della Conferenza unificata, l’adozione di Linee guida per definire gli standard tecnologici e criteri di sicurezza, di accessibilità, di disponibilità e di interoperabilità per la gestione della piattaforma nonché il processo di accreditamento e di fruizione del catalogo API.
La Piattaforma, sfruttando anche tecnologie innovative per la raccolta e l’interpretazione di grandi volumi di dati, elabora e rende disponibili funzioni per l’analisi avanzata dei dati aggregati e pseudonimizzati nel rispetto delle Linee guida adottate da XxXX, sentito il Garante per la protezione dei dati personali e acquisito il parere della Conferenza unificata. Con le medesime Linee sono identificate le tipologie dei dati trattati e sono stabiliti i limiti e le modalità di messa a disposizione, interrogazione, fruizione e organizzazione degli stessi.
All’evidente fine di rafforzare la portata della disposizione e garantire la piena operatività della PDND, si prevede che, in caso di inadempimento dell’obbligo di rendere disponibili e accessibili le proprie basi dati ovvero i dati aggregati e pseudonimizzati, il Presidente del Consiglio dei ministri stabilisce un termine entro il quale le amministrazioni interessate devono provvedere. Decorso inutilmente il termine, il Presidente del Consiglio dei ministri nomina un commissario ad acta incaricato di provvedere. Al Commissario non spettano compensi, indennità o rimborsi.
Seguono, infine, alcune modifiche di coordinamento con l’articolo 60 del CAD che disciplina le base dati di interesse nazionale al fine di allineare le disposizioni.
Articolo 27-bis
(Consolidamento e razionalizzazione delle infrastrutture digitali del Paese)
1. Al decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, all’articolo 33-septies, sono apportate le seguenti modifiche:
a) il comma 1 è sostituito dal seguente: “Al fine di tutelare l’autonomia tecnologica del Paese, consolidare e mettere in sicurezza le infrastrutture digitali delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 2, comma 2, lettere a) e c) del decreto legislativo 7 marzo 205, n. 82, garantendo, al contempo, la qualità, la sicurezza, la scalabilità, l’efficienza energetica, la sostenibilità economica e la continuità operativa dei sistemi e dei servizi digitali, la Presidenza del Consiglio dei ministri promuove lo sviluppo di un’infrastruttura ad alta affidabilità distribuita sul territorio nazionale per la razionalizzazione e consolidamento dei Centri per l’elaborazione delle informazioni (CED) definiti al comma 2, destinata alle pubbliche amministrazioni. Le amministrazioni centrali individuate ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n.196, nel rispetto dei principi di efficienza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa, migrano i loro Centri per l’elaborazione delle informazioni (CED), privi dei requisiti fissati dal regolamento di cui al comma 4, verso l’infrastruttura ad alta affidabilità di cui al primo periodo o verso l’infrastruttura di cui al comma 4-ter o verso altra infrastruttura propria già esistente e in possesso dei requisiti fissati dallo stesso regolamento di cui al comma 4. Le amministrazioni centrali, in alternativa, possono migrare i propri servizi verso soluzioni cloud per la pubblica amministrazione.
b) dopo il comma 1 è inserito il seguente: “1-bis. Le amministrazioni locali individuate ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n.196, nel rispetto dei principi di efficienza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa, migrano i loro Centri per l’elaborazione delle informazioni (CED), privi dei requisiti fissati dal regolamento di cui al comma 4, verso l’infrastruttura ad alta affidabilità di cui al comma 1 o verso altra infrastruttura già esistente in possesso dei requisiti fissati dallo stesso regolamento di cui al comma 4. Le amministrazioni locali, in alternativa, possono migrare i propri servizi verso soluzioni cloud per la pubblica amministrazione.
c) dopo il comma 1-bis è inserito il seguente: “1-ter. L’Agenzia per l’Italia digitale (AgID), effettua con cadenza triennale, anche con il supporto dell’Istituto Nazionale di Statistica, il censimento dei Centri per l’elaborazione delle informazioni (CED) della pubblica amministrazione di cui al comma 2 e, d'intesa con la competente struttura della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nel rispetto di quanto previsto dai commi 1 e 1-bis e dalla disciplina introdotta dal decreto-legge 21 settembre 2019, n. 105, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 novembre 2019, n. 13, definisce nel Piano triennale per l’informatica nella pubblica amministrazione la strategia di sviluppo delle infrastrutture digitali delle amministrazioni di cui all’articolo 2, comma 2, lett. a) e c), del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e la strategia di adozione del modello cloud per la pubblica amministrazione, alle quali le amministrazioni si attengono. Per la parte relativa alla strategia di sviluppo delle infrastrutture digitali e della strategia di adozione del modello cloud delle amministrazioni locali è sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281”;
d) il comma 4 è sostituito dal seguente: “4. L’AgID, con proprio regolamento, d'intesa con la competente struttura della Presidenza del Consiglio dei ministri, nel rispetto della disciplina introdotta dal decreto-legge 21 settembre 2019, n. 105, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 novembre 2019, n. 13, stabilisce i livelli minimi di sicurezza, capacità elaborativa, risparmio energetico e affidabilità delle infrastrutture digitali per la pubblica amministrazione, ivi incluse le infrastrutture di cui ai comma 1 e 4-ter. Definisce, inoltre, le caratteristiche di qualità, di sicurezza, di performance e scalabilità, interoperabilità, portabilità dei servizi cloud per la pubblica amministrazione”;
e) il comma 4-bis è soppresso;
f) al comma 4-ter le parole “al comma 4” sono sostituite dalle seguenti “al comma 1-ter”.
2. All’articolo 1 della legge 27 dicembre 2019, n. 160, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 407 è soppresso;
3. All’attuazione della presente disposizione le amministrazioni pubbliche provvedono con le risorse disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Relazione illustrativa
[in corso di redazione]
CAPO IV - Misure per l’innovazione
Articolo 28
Misure di semplificazione amministrativa per l'innovazione
l. Al fine di favorire la trasformazione digitale della pubblica amministrazione, nonché lo sviluppo, la diffusione e l’impiego delle tecnologie emergenti e di iniziative ad alto valore tecnologico, le imprese operanti nei settori dell’economia circolare, dell’intelligenza artificiale, della blockchain, del cloud computing, delle comunicazioni elettroniche, dell’internet of things, delle smart city e delle altre tecnologie abilitanti, che intendono sperimentare iniziative, non espressamente vietate dalla legge, attinenti all’innovazione tecnologica e alla digitalizzazione, in alternativa agli ordinari regimi amministrativi, possono presentare alla struttura della Presidenza del Consiglio dei ministri competente per la trasformazione digitale i relativi progetti. Nella domanda è indicato il titolare della richiesta e il responsabile della sperimentazione, sono specificate le caratteristiche, i profili di innovazione, la durata, le finalità del progetto e della sperimentazione, nonché i risultati e i benefici attesi, le modalità con le quali il richiedente intende svolgere il monitoraggio delle attività e valutarne gli impatti, nonché gli eventuali rischi connessi all’iniziativa e le prescrizioni che si propongono per la loro mitigazione. A garanzia della certezza del regime giuridico applicabile alle attività private e a salvaguardia della libertà di iniziativa economica, resta fermo che le attività private non specificamente disciplinate dalla normativa europea, statale o regionale sono liberamente esercitabili.
2. La struttura della Presidenza del Consiglio dei ministri competente per la trasformazione digitale esamina le domande pervenute entro trenta giorni dal ricevimento. Non si applicano gli articoli 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241. La predetta struttura può richiedere chiarimenti o integrazioni della domanda al richiedente e, in tal caso, la richiesta interrompe il termine di cui al primo periodo, che inizia a decorrere nuovamente dalla ricezione degli elementi richiesti o dalla scadenza del termine assegnato per la risposta. La mancata trasmissione dei chiarimenti e delle integrazioni da parte del richiedente, nel termine indicato, comporta il rigetto della domanda. Per i progetti che presentano concreti ed effettivi profili di innovazione tecnologica, i cui risultati attesi comportano positivi impatti sulla qualità dell'ambiente o della vita e che presentano concrete probabilità di successo, la competente struttura della Presidenza del Consiglio dei ministri autorizza la sperimentazione, fissandone la durata, non prorogabile, stabilendone le modalità di svolgimento e imponendo le prescrizioni ritenute necessarie per mitigare i rischi ad essa connessi, dando comunicazione delle proprie determinazioni, anche ove ostative all’accoglimento della domanda, al richiedente. L'autorizzazione sostituisce ad ogni effetto tutti gli atti di assenso, permessi, autorizzazioni, nulla osta, comunque denominati, di competenza di altre amministrazioni statali. Ove l’esercizio dell’attività oggetto di sperimentazione sia soggetta anche a pareri, intese, concerti, nulla osta, autorizzazioni o altri atti di assenso, comunque denominati, di competenza di amministrazioni non statali, si procede ai sensi degli articoli 14, 14-bis, 14-ter, 14-quater e 14-
quinquies, della legge 7 agosto 1990, n. 241.
3. La struttura della Presidenza del Consiglio dei ministri competente per la trasformazione digitale vigila sulla sperimentazione autorizzata e verifica il rispetto delle prescrizioni imposte, l'avanzamento dell’iniziativa, i risultati conseguiti e gli impatti sulla qualità dell'ambiente e della vita. In caso di violazione delle prescrizioni imposte, diffida l’impresa richiedente ad adeguarsi alle prescrizioni e a rimuovere ogni eventuale conseguenza derivante dalla violazione, assegnando all'uopo un congruo termine, comunque non inferiore a 15 giorni. In caso di inottemperanza alla diffida, la struttura della Presidenza del Consiglio dei ministri competente per la trasformazione digitale dispone la revoca dell'autorizzazione.
4. Al termine della sperimentazione, l’impresa richiedente trasmette alla struttura della Presidenza del Consiglio dei ministri competente per la trasformazione digitale una documentata relazione con la quale illustra i risultati del monitoraggio e della sperimentazione, nonché i benefici economici e sociali conseguiti. La struttura della Presidenza del Consiglio dei ministri competente per la trasformazione digitale, sulla base degli accertamenti svolti durante la sperimentazione e a conclusione della stessa, valutato il contenuto della relazione di cui al precedente periodo, attesta se l’iniziativa promossa dall’impresa richiedente si è conclusa positivamente ed esprime un parere al Presidente del Consiglio dei ministri o al Ministro da questi delegato sulla opportunità di modifica delle disposizioni di legge o di regolamento che disciplinano l'attività oggetto di sperimentazione.
5. Entro novanta giorni dalla data dell’attestazione positiva di cui al comma 4, il Presidente del Consiglio dei ministri, o il Ministro delegato, di concerto con il Ministro ordinariamente competente per materia, promuove le iniziative normative e regolamentari eventualmente necessarie per disciplinare l’esercizio dell’attività oggetto di sperimentazione.
6. L’impresa richiedente è in via esclusiva responsabile dei danni cagionati a terzi in dipendenza dello svolgimento della sperimentazione. Il rilascio dell’autorizzazione di cui al comma 2 non esclude o attenua la responsabilità dell’impresa richiedente.
7. Il presente articolo non si applica alle attività che possono essere sperimentate ai sensi dell’articolo 36 del decreto legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, della legge 28 giugno 2019, n. 58. In ogni caso, con l’autorizzazione di cui al presente articolo non può essere disposta la sperimentazione in materia di raccolta del risparmio, credito, finanza, moneta, moneta elettronica, sistema dei pagamenti, assicurazioni e di ogni altro servizio finanziario oggetto di autorizzazione ai sensi di disposizioni dell’Unione europea o di disposizioni nazionali che danno attuazione a disposizioni dell’Unione europea. È altresì esclusa l’autorizzazione alla sperimentazione di cui al presente articolo con riguardo ai procedimenti di competenza delle autorità provinciali di pubblica sicurezza relativi a pubbliche manifestazioni, misure di prevenzione personali e patrimoniali, autorizzazioni e altri provvedimenti a contenuto abilitativo, soggiorno, espulsione e allontanamento dal territorio nazionale degli stranieri e dei cittadini dell’Unione europea, o comunque di ogni altro procedimento a carattere preventivo in materia di pubblica sicurezza, e ai provvedimenti e alle comunicazioni ad essi connessi.
8. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. La competente struttura della Presidenza del Consiglio dei ministri provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
Relazione illustrativa
Nel Capo IV, volto ad introdurre misure per l’innovazione, la disposizione mira a semplificare e favorire le iniziative innovative e, in particolare misura, le sperimentazioni mediante l’impiego delle tecnologie emergenti, che sono spesso ostacolate da regimi amministrativi particolarmente gravosi da un punto di vista burocratico. Questo determina, nella sostanza, il ritardo o l’assenza delle condizioni per lo sviluppo, la diffusione e l’impiego delle tecnologie emergenti, nonché la sperimentazione di idee e iniziative volte al miglioramento della competitività, dell’efficienza e dell’efficacia di servizi a cui cittadini e imprese potrebbero avere accesso in diversi settori
economici. Con questa disposizione si intende introdurre una disciplina amministrativa semplificata per le attività di sperimentazione poste in essere dalle imprese nell’ambito dei processi di innovazione tecnologica, informatizzazione, digitalizzazione.
Mediante la possibilità di presentare progetti nei settori richiamati, è consentita la sperimentazione a condizione che le relative iniziative non siano espressamente vietate dalla legislazione vigente. La finalità della sperimentazione è, quindi, quella di superare le complessità e le difficoltà rivenienti dagli ordinari regimi burocratici amministrativi vigenti, troppo spesso ostativi per la crescita dell’iniziativa economica. Viene precisato che, in assenza di regimi amministrativi regolamentati da disposizioni di legge, l’attività è da considerarsi libera e non necessita, pertanto, di autorizzazione o comunicazione alcuna.
Nei casi in cui, invece, viga un regime amministrativo complesso, la disposizione disciplina, al secondo comma, una procedura speciale, semplificata e centralizzata, che prende avvio con la presentazione di una domanda - il cui contenuto è indicato al primo comma - alla struttura della Presidenza del Consiglio dei ministri competente per l’innovazione tecnologica e l’innovazione. Segue, nel termine di 30 giorni, la pronuncia della struttura, individuata nel Dipartimento per la trasformazione digitale, salvo che si intenda chiedere un approfondimento istruttorio all’istante, comportando l’interruzione del termine indicato. I progetti che presentano concreti ed effettivi profili di innovazione tecnologica, i cui risultati attesi comportano positivi impatti sulla qualità dell'ambiente o della vita e che presentano concrete probabilità di successo vengono autorizzati avendo cura di fissare la durata, non prorogabile, della sperimentazione e stabilire le modalità di svolgimento della sperimentazione. In particolare, il Dipartimento, dotato di specifiche competenze tecniche sotto il profilo tecnologico, impone le prescrizioni ritenute necessarie per mitigare i rischi ad essa connessi e svolgere i dovuti controlli.
Gli attori coinvolti sono, quindi:
- le imprese che intendano sperimentare iniziative innovative attinenti alla digitalizzazione e all’innovazione tecnologica;
- la competente struttura della Presidenza del Consiglio per la trasformazione digitale e altre Amministrazioni, se coinvolte nel procedimento medesimo.
L’autorizzazione finale sostituisce ad ogni effetto ogni altro provvedimento amministrativo necessario di competenza delle amministrazioni centrali. Con riferimento all’acquisizione di provvedimenti di soggetti pubblici non statali, invece, si procede richiamando l’istituto della conferenza di servizi, così garantendo un modulo procedimentale organizzativo semplificato.
Il terzo comma prevede che la fase di svolgimento della sperimentazione stessa sia presidiata dai poteri di vigilanza e controllo della struttura della Presidenza che ha provveduto alla valutazione dell’istanza e alla proposta di autorizzazione.
Al termine della sperimentazione, è prevista, ai sensi del quarto comma, una relazione dell’impresa autorizzata che dia conto anche dei benefici economici, sociali e ambientali conseguiti e un successivo parere della struttura del Dipartimento circa l’opportunità di modifica delle disposizioni di legge o di regolamento che disciplinano l'attività oggetto di sperimentazione.
In caso di positivo esito della sperimentazione, oggetto di costante monitoraggio e verifica, il Governo promuove le modifiche normative e regolamentari necessarie per consentire lo svolgimento a regime dell’attività oggetto di sperimentazione.
Al fine di garantire certezza sui regimi applicabili alle attività private e di salvaguardare la libertà di iniziativa economica, si precisa che la disposizione non trova applicazione per le attività private non specificamente oggetto di disciplina da parte della normativa europea, statale e regionale, in quanto libere.
Inoltre, al comma 7 sono individuate alcune precisi ambiti di attività esclusi dall’applicazione del presente articolo e, dunque, escluse dalla possibilità di accedere a processi di innovazione tramite questo speciale procedimento autorizzatorio. In particolare, il presente articolo non si applica alle attività che possono essere sperimentate ai sensi dell’articolo 36, del decreto legge 30 aprile 2019,
n. 34, convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, della legge 28 giugno 2019,
n. 58. In ogni caso, con l’autorizzazione di cui al presente articolo non può essere disposta la sperimentazione in materia di raccolta del risparmio, credito, finanza, moneta, moneta elettronica, sistema dei pagamenti, assicurazioni e di ogni altro servizio finanziario oggetto di autorizzazione ai sensi di disposizioni dell’Unione europea o di disposizioni nazionali che danno attuazione a disposizioni dell’Unione europea.
Articolo 29
(Disposizioni per favorire l’utilizzo della posta elettronica certificata nei rapporti tra Amministrazione, imprese e professionisti)
. 1. Al fine di garantire il diritto all’uso delle tecnologie di cui all’articolo 3 del decreto Legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante Codice dell’amministrazione digitale, e favorire il percorso di semplificazione e di maggiore certezza delle comunicazioni telematiche tra imprese, professionisti e pubbliche amministrazioni nel rispetto della disciplina europea e fermo quanto previsto nel CAD, all’articolo 16 del decreto legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, nella legge 28 gennaio 2009, n. 2, sono apportate le seguenti modificazioni:
a. al comma 6,
1. primo periodo, le parole da “indirizzo di posta elettronica certificata” fino a “con analoghi sistemi internazionali” sono sostituite dalle seguenti: “domicilio digitale di cui all’articolo 1, comma 1, lettera n-ter del decreto-legislativo 7 marzo 2005, n. 82”;
2. il secondo periodo è sostituito dal seguente “Entro il ….. tutte le imprese, già costituite in forma societaria, comunicano al registro delle imprese il proprio domicilio digitale se non hanno già provveduto a tale adempimento.”;
3. al terzo periodo, le parole “dell’indirizzo di posta elettronica certificata” sono sostituite dalle seguenti “del domicilio digitale”;
b. al comma 6-bis,
1. al primo periodo, le parole “indirizzo di posta elettronica certificata” sono sostituite dalle seguenti “domicilio digitale”, le parole “per tre mesi,” sono soppresse e, infine, le parole “l’indirizzo di posta elettronica certificata” sono sostituite dalle seguenti “il domicilio digitale”;
2. sono aggiunti i seguenti periodi: “Fatto salvo quanto previsto dal primo periodo per le imprese di nuova costituzione, i soggetti di cui al comma 6, che non hanno indicato il proprio domicilio digitale entro il ..., o il cui domicilio digitale è stato cancellato dall’ufficio del registro delle imprese ai sensi del comma 6 ter, sono sottoposti alla sanzione prevista dall’articolo 2630 del codice civile, in misura raddoppiata. L’ufficio del registro delle imprese, contestualmente all’erogazione della sanzione, assegna d’ufficio un nuovo e diverso domicilio digitale, acquisito tramite gara nazionale bandita dalla Consip S.p.A. in conformità alle linee guida adottate dall’Agenzia per l’Italia digitale ed in coerenza con la normativa vigente. I costi sostenuti per l’acquisto del domicilio digitale sono a valere sui ricavati delle sanzioni riscosse in virtù del presente comma, fino alla loro concorrenza”;
c. dopo il comma 6-bis è aggiunto il seguente: “6-ter. Il Conservatore dell’ufficio del registro delle imprese che rileva, anche a seguito di segnalazione, un domicilio digitale inattivo,
chiede alla società di provvedere all’indicazione di un nuovo domicilio digitale entro il termine di trenta giorni. Decorsi trenta giorni da tale richiesta senza che vi sia opposizione da parte della stessa società, procede con propria determina alla cancellazione dell’indirizzo dal registro delle imprese ed avvia contestualmente la procedura di cui al comma 6-bis. Contro il provvedimento del Conservatore è ammesso reclamo al giudice del registro di cui all’articolo 2189 del codice civile.”;
d. al comma 7,
1. al primo periodo, le parole da “indirizzo di posta elettronica” fino a “del presente decreto” sono sostituite dalle seguenti “domicilio digitale di cui all’articolo 1, comma 1, lettera n-ter del decreto-legislativo 7 marzo 2005, n. 82”;
2. al secondo periodo, le parole “con il relativo indirizzo di posta elettronica certificata.” sono sostituite dalle seguenti “e il relativo domicilio digitale.”;
3. al terzo periodo le parole “indirizzo di posta elettronica certificata” sono sostituite dalle seguenti “domicilio digitale”;
e. il comma 7-bis è sostituito dal seguente “7-bis. Il professionista che non comunica il proprio domicilio digitale all’albo o elenco di cui al comma 7 è obbligatoriamente soggetto a diffida ad adempiere, entro trenta giorni, da parte del Collegio o Ordine di appartenenza. In caso di mancata ottemperanza alla diffida, il Collegio o Ordine di appartenenza commina la sanzione della sospensione dal relativo albo o elenco fino alla comunicazione dello stesso domicilio. L’omessa pubblicazione dell’elenco riservato previsto dal comma 7, il rifiuto reiterato di comunicare alle pubbliche amministrazioni i dati previsti dal medesimo comma, ovvero la reiterata inadempienza dell’obbligo di comunicare all’indice di cui all’articolo 6- bis del decreto-legislativo 7 marzo 2005, n. 82 l’elenco dei domicili digitali ed il loro aggiornamento a norma dell’articolo 6 del decreto del Ministro dello sviluppo economico 19 marzo 2013, costituiscono motivo di scioglimento e di commissariamento del collegio o dell’ordine inadempiente ad opera del Ministero vigilante sui medesimi.”;
f. il comma 8 è soppresso;
g. il comma 9 è soppresso;
h. il comma 10 è soppresso.
2. Il comma 2 dell’articolo 5 del decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, è sostituito dal seguente: “2. L’ufficio del registro delle imprese che riceve una domanda di iscrizione da parte di un’impresa individuale che non ha indicato il proprio domicilio digitale, in luogo dell’irrogazione della sanzione prevista dall’articolo 2630 del codice civile, sospende la domanda in attesa che la stessa sia integrata con il domicilio digitale. Le imprese individuali attive e non soggette a procedura concorsuale che non hanno già indicato, all’ufficio del registro delle imprese competente, il proprio domicilio digitale sono tenute a farlo entro il ……. . Fatto salvo quanto previsto dal primo periodo relativamente all’ipotesi della prima iscrizione al registro delle imprese o all’albo delle imprese artigiane, le imprese individuali attive e non soggette a procedura concorsuale che non hanno indicato il proprio domicilio digitale entro il ..., o il cui domicilio digitale è stato cancellato dall’ufficio del registro delle imprese, sono sottoposte alla sanzione prevista dall’articolo 2194 del codice civile, in misura triplicata previa diffida a regolarizzare l’iscrizione del proprio domicilio digitale entro il termine di trenta giorni da parte del Conservatore del registro delle imprese. Il Conservatore dell’ufficio del registro delle imprese che rileva, anche a seguito di segnalazione, un domicilio digitale inattivo,
chiede all’imprenditore di provvedere all’indicazione di un nuovo domicilio digitale entro il termine di trenta giorni. Decorsi trenta giorni da tale richiesta senza che vi sia opposizione da parte dello stesso imprenditore, procede con propria determina alla cancellazione dell’indirizzo dal registro delle imprese. Contro il provvedimento del Conservatore è ammesso reclamo al giudice del registro di cui all’articolo 2189 del codice civile. L’ufficio del registro delle imprese, contestualmente all’erogazione della sanzione, assegna d’ufficio un nuovo e diverso domicilio digitale, acquisito tramite gara nazionale bandita dalla Consip S.P.A. in conformità alle linee guida adottate dall’Agenzia per l'Italia digitale ed in coerenza con la normativa vigente. I costi sostenuti per l’acquisto del domicilio digitale sono a valere sui ricavati delle sanzioni riscosse in virtù del presente comma, fino alla loro concorrenza. L’iscrizione del domicilio digitale nel registro delle imprese e le sue successive eventuali variazioni sono esenti dall’imposta di bollo e dai diritti di segreteria.”
Relazione illustrativa
La norma introduce modifiche atte a favorire l’utilizzo della posta elettronica certificata nei rapporti fra Amministrazione, imprese e professionisti, attraverso il completamento dei percorsi di transizione digitale delle imprese e dei comparti amministrativi di riferimento, con l’obiettivo di agevolarne l’operatività, sia in situazioni emergenziali, come quella attuale, sia nella prossima fase di recupero e rilancio produttivo.
Le modifiche introdotte si propongono di dare effettiva attuazione alle disposizioni dell’art. 16 del decreto-legge n.185 del 2008 e dell’art. 5 del decreto-legge n. 179 del 2012, oggi confluite nel CAD, che impongono alle imprese costituite in forma societaria, la comunicazione del proprio indirizzo pec al Registro delle imprese e, ai professionisti iscritti in albi ed elenchi, la comunicazione ai rispettivi ordini o collegi. Tale . obbligo di comunicazione è rimasto a tutt’oggi largamente inattuato.
Per un opportuno coordinamento con il Codice dell’amministrazione digitale e con la disciplina europea, si sostituisce il riferimento all’indirizzo pec con quello relativo al domicilio digitale e si introduce un termine espresso entro il quale le imprese sono tenute a comunicare detto domicilio digitale.
Al fine di rafforzare l’imperatività della norma, si prevede l’applicazione della sanzione prevista dall’articolo 2630 c.c., in misura raddoppiata, alle imprese, diverse da quelle di nuova costituzione, che non hanno indicato il proprio domicilio digitale o il cui domicilio digitale è stato cancellato dal Registro delle imprese ai sensi del nuovo comma 6-ter. Alla sanzione pecuniaria, in caso di violazione dell’obbligo di comunicazione, si aggiunge l’assegnazione d’ufficio di un nuovo e diverso domicilio digitale, acquisito tramite gara nazionale bandita dalla Consip S.p.A. in conformità alle linee guida adottate dall’Agenzia per l’Italia digitale ed in coerenza con la normativa vigente. I costi sostenuti per l’acquisto del domicilio digitale sono a valere sui ricavati delle sanzioni riscosse, fino alla loro concorrenza.
Nella medesima direzione verso la garanzia di effettività della disposizione, si prevede che il Conservatore dell’ufficio del registro delle imprese, ove rilevi, anche a seguito di segnalazione, un domicilio digitale inattivo, chieda alla società di provvedere all’indicazione di un nuovo domicilio digitale entro il termine di trenta giorni. Decorsi trenta giorni dalla richiesta, perdurando l’inattività e in assenza di opposizione da parte della stessa società, il Conservatore procede alla cancellazione dell’indirizzo dal registro delle imprese ed avvia, contestualmente, la procedura prevista dal comma 6-bis.
Con specifico riferimento al professionista che non comunica il proprio domicilio digitale all’albo o elenco, si introduce l’obbligo di diffida ad adempiere, entro trenta giorni, da parte del Collegio o Ordine di appartenenza. In caso di mancata ottemperanza alla diffida, il Collegio o Ordine di appartenenza commina la sanzione della sospensione dal relativo albo o elenco fino alla
comunicazione dello stesso domicilio. In continuità con la previgente formulazione, inoltre, si prevede che l’omessa pubblicazione dell’elenco riservato previsto dal comma 7, il rifiuto reiterato di comunicare alle pubbliche amministrazioni i dati previsti dal medesimo comma, ovvero la reiterata inadempienza dell’obbligo di comunicare all’indice di cui all’articolo 6-bis del decreto- legislativo 7 marzo 2005, n. 82 l’elenco dei domicili digitali ed il loro aggiornamento a norma dell’articolo 6 del decreto del Ministro dello sviluppo economico 19 marzo 2013, costituiscono motivo di scioglimento e di commissariamento del collegio o dell’ordine inadempiente ad opera del Ministero vigilante sui medesimi.
La soppressione dei commi 8, 9 e 10 è volta a garantire il coordinamento con il Codice dell’amministrazione digitale in cui sono già confluite tali previsioni.
La medesima disposizione procedimentalizzata introdotta per le imprese costituite in forma societaria è estesa a quelle individuali. In particolare, con riferimento a tali soggetti giuridici, si prevede, in caso di presentazione della domanda di iscrizione nel registro delle imprese priva dell’indicazione del domicilio digitale, la sospensione della stessa domanda in attesa della sua integrazione con il domicilio digitale. Inoltre, le imprese individuali attive e non soggette a procedura concorsuale che non hanno già indicato, all’ufficio del registro delle imprese competente, il proprio domicilio digitale sono tenute a farlo. Se ciò non avviene o nel caso in cui domicilio digitale è cancellato dall’ufficio del registro delle imprese, le stesse imprese individuali sono sottoposte alla sanzione prevista dall’articolo 2194 del codice civile, in misura triplicata previa diffida a regolarizzare l’iscrizione del proprio domicilio digitale entro il termine di trenta giorni da parte del Conservatore del registro delle imprese. Decorsi trenta giorni dalla diffida, perdurando l’inattività e in assenza di opposizione da parte dell’imprenditore individuale, il Conservatore procede alla cancellazione dell’indirizzo dal registro delle imprese ed avvia, contestualmente, la descritta procedura di assegnazione d’ufficio di un nuovo e diverso domicilio digitale.
TITOLO IV
Semplificazioni in materia di attività di impresa, ambiente e green economy Capo I – Semplificazioni in materia di attività di impresa e investimenti pubblici
Articolo 30
(Misure di semplificazione per reti e servizi di comunicazioni elettroniche)
1. All’articolo 82 del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, dopo il comma 2, sono aggiunti i seguenti:
“2-bis. Al fine di dare esecuzione agli obiettivi di cui al comma 2, anche in deroga a quanto disposto dal decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259 e dai regolamenti adottati dagli enti locali, alle imprese fornitrici di reti e servizi di comunicazioni elettroniche è consentito effettuare gli interventi di scavo, installazione e manutenzione di reti di comunicazione in fibra ottica mediante la presentazione di segnalazione certificata di inizio attività all’amministrazione locale competente e agli organismi competenti ad effettuare i controlli contenente le informazioni di cui ai modelli C e D dell’allegato n. 13 del decreto legislativo n. 259 del 2003. La segnalazione così presentata ha valore di istanza unica effettuata per tutti i profili connessi alla realizzazione delle infrastrutture oggetto dell’istanza medesima. Per il conseguimento dei permessi, autorizzazioni ed atti abilitativi, comunque denominati, relativi alle installazioni delle infrastrutture per impianti radioelettrici di qualunque tecnologia e potenza, si applicano le procedure semplificate di cui all’art. 87 bis del decreto legislativo n. 259 del 2003.
2-ter. Ai procedimenti amministrativi relativi agli interventi ed alle installazioni di cui al comma 2- bis non si applicano le disposizioni di cui al successivo articolo 103. Decorsi cinque giorni dalla data di presentazione della segnalazione redatta con le informazioni di cui all’allegato 13 del decreto legislativo n. 259 del 2003, il silenzio vale assenso.”.
2. All’art. 87-ter, comma 1 del decreto legislativo n. 259 del 2003, dopo le parole “nel caso di modifiche delle caratteristiche degli impianti già provvisti di titolo abilitativo” sono inserite le seguenti: “anche quando comportino modifiche al profilo radioelettrico”. In fine, è aggiunto il seguente periodo: “I medesimi organismi di cui al primo periodo si pronunciano entro trenta giorni dal ricevimento dell’autocertificazione”.
3. All’articolo 146, comma 8 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, dopo le parole “entro il termine di quarantacinque giorni dalla ricezione degli atti.” è aggiunto il seguente periodo: “Nel caso di interventi finalizzati all’installazione di reti di comunicazione elettronica ad alta velocità, il termine per il rilascio del parere è di trenta giorni dalla ricezione degli atti.”.
4. Il comma 2-bis dell’articolo 7 del decreto legislativo 15 febbraio 2016, n. 33, è così sostituito:
“2-bis. Qualora siano utilizzate infrastrutture fisiche esistenti e tecnologie di scavo a basso impatto ambientale in presenza di sottoservizi, in luogo dell’autorizzazione archeologica di cui all’articolo 21 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, l’avvio dei lavori è subordinato alla trasmissione, da parte dell’Operatore di comunicazione elettronica, alla soprintendenza e all’autorità locale competente, di documentazione cartografica prodotta dall’Operatore medesimo relativamente al proprio tracciato e a quello dei sottoservizi e delle infrastrutture esistenti. La disposizione si applica anche alla realizzazione dei pozzetti accessori alle infrastrutture stesse, qualora essi siano realizzati al di sopra dei medesimi sottoservizi preesistenti. L’operatore di rete comunica, con un preavviso di almeno quindici giorni, l’inizio dei lavori alla soprintendenza competente. Qualora la posa in opera dei sottoservizi interessi spazi aperti nei centri storici, è, altresì, depositato presso la soprintendenza apposito elaborato tecnico che dia conto anche della risistemazione degli spazi oggetto degli interventi”.
5. All’art. 88, comma 7 del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, aggiungere in fine le seguenti parole: “I predetti termini si applicano anche alle richieste di autorizzazione per l’esecuzione di scavi e le occupazioni su porti, interporti, aree del demanio idrico, marittimo, forestale e altri beni immobili appartenenti allo Stato, alle Regioni, agli enti locali e agli altri enti pubblici.”.
6. Al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, dopo l’articolo 87-ter è aggiunto il seguente: “Art. 87-quater (Impianti temporanei di telefonia mobile): 1. Gli impianti temporanei di telefonia mobile, necessari per il potenziamento delle comunicazioni mobili in situazioni di emergenza, sicurezza, esigenze stagionali, manifestazioni, spettacoli o altri eventi, destinati ad essere rimossi al cessare delle anzidette necessità e comunque entro e non oltre centoventi giorni dalla loro collocazione, possono essere installati previa comunicazione di avvio lavori all’amministrazione comunale. L’impianto è attivabile qualora, entro trenta giorni dalla presentazione della relativa richiesta di attivazione all’organismo competente ad effettuare i controlli di cui all’art.14 della Legge 22 febbraio 2001 n. 36, non sia stato comunicato dal medesimo un provvedimento di xxxxxxx. Si applicano a tali impianti le disposizioni di cui al punto A.16 dell’Allegato A al D.P.R. 13 febbraio 2017, n. 31.
2. L’installazione di impianti di telefonia mobile, la cui permanenza in esercizio non superi i 7 giorni, è soggetta ad autocertificazione di attivazione, da inviare contestualmente alla realizzazione dell’intervento, all’Ente Locale, agli organismi competenti ad effettuare i controlli di cui all’articolo 14 della legge 22 febbraio 2001, n. 36, nonché ad ulteriori Enti di competenza, fermo restando il rispetto dei vigenti limiti di campo elettromagnetico. La disposizione di cui al presente comma opera in deroga ai vincoli previsti dalla normativa vigente.”.
7. L’art. 127 del decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259 è abrogato. Nella scheda tecnica allegata alla determina di assegnazione dei diritti d’uso sono riportate le caratteristiche tecniche
degli apparati necessari al funzionamento degli impianti di cui all’art. 126 del citato decreto legislativo.
8. All’articolo 105, comma 1, lettera p), del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, le parole: “Rimane fermo l’obbligo di rendere la dichiarazione di cui all’articolo 145.” sono soppresse.
9. I commi 3 e 4 dell’articolo 145 del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, sono abrogati.
10. In conseguenza delle modifiche di cui ai commi 1 e 2, sono abrogati l’articolo 36 e il comma 2 dell’art. 37 dell’allegato n. 25 al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259.
11. L’installazione e l’esercizio di sistemi di videosorveglianza di cui all’articolo 5 comma 2 lettera a) del decreto legge 20 febbraio 2017 n. 14 convertito con modificazioni dalla legge 18 aprile 2017, n. 48, da parte degli enti locali, è considerata attività libera e non soggetta ad autorizzazione generale di cui agli articoli 99 e 104 del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259
12. Al fine di semplificare e ridurre i termini delle procedure autorizzative per l’istallazione di reti di telecomunicazioni al decreto legislativo 15 febbraio 2016, n. 33, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 5, dopo il comma 1 sono aggiunti i seguenti:
“1-bis. Al fine di favorire lo sviluppo delle infrastrutture digitali e minimizzare l’impatto sul sedime stradale e autostradale, la posa di infrastrutture a banda ultra larga da parte degli operatori può essere effettuata con la metodologia della micro trincea attraverso l’esecuzione di uno scavo e contestuale riempimento di ridotte dimensioni (larghezza da 2,00 a 4,00 cm, con profondità regolabile da 10 cm fino a massimo 35 cm), in ambito urbano ed extraurbano, anche in prossimità del bordo stradale o sul marciapiede.
1-ter. L’Ente titolare/gestore della strada o autostrada, ferme restando le caratteristiche di larghezza e profondità proposte dall’operatore in funzione delle esigenze di posa dell’infrastruttura a banda ultra larga, potrà concordare con l’operatore stesso ulteriori accorgimenti in merito al posizionamento dell’infrastruttura e le concrete modalità di lavorazione allo scopo di garantire le condizioni di sicurezza e non alterare le prestazioni della sovrastruttura stradale.
1-quater. L’operatore è tenuto a svolgere le attività di scavo e riempimento a regola d’arte in modo da non arrecare danno all’infrastruttura stradale o autostradale interessata dai lavori”;
b) all’articolo 7:
i) il comma 2-bis è sostituito dal seguente: “2-bis. Qualora siano utilizzate infrastrutture fisiche esistenti e tecnologie di scavo a basso impatto ambientale in presenza di sottoservizi, ai fini dell’articolo 25, comma 1, ultimo periodo, del decreto legislativo 18 aprile del 2016 n. 50 e, per gli immobili sottoposti a tutela ai sensi della parte II del decreto legislativo 22 gennaio del 2004, n. 42 ai fini dell’autorizzazione di cui all’articolo 21, l’avvio dei lavori è subordinato alla trasmissione, da parte dell’Operatore di comunicazione elettronica, alla soprintendenza e all’autorità locale competente, di documentazione cartografica prodotta dall’Operatore medesimo relativamente al proprio tracciato e a quello dei sottoservizi e delle infrastrutture esistenti. La disposizione si applica anche alla realizzazione dei pozzetti accessori alle infrastrutture stesse, qualora essi siano realizzati in prossimità dei medesimi sottoservizi preesistenti. L’operatore di rete comunica, con un preavviso di almeno quindici giorni, l’inizio dei lavori alla soprintendenza competente. Qualora la posa in opera dei sottoservizi interessi spazi aperti nei centri storici, è altresì depositato presso la soprintendenza apposito elaborato tecnico che dia conto anche della risistemazione degli spazi oggetto degli interventi.”;
ii) dopo il comma 2-ter, sono aggiunti i seguenti: “2-quater. Gli interventi finalizzati all’installazione di reti di comunicazione elettronica ad alta velocità tramite posa di nuovo cavo aereo e ripartitori ottici di edificio (ROE) sulla facciata di edifici immobili in aree prive di interesse paesaggistico e tutelate dalla legge, ai sensi degli articoli 142 136, 143, comma 1, lettera
d), e 157, sono esentati dalla presentazione di istanza di autorizzazione paesaggistica di cui all’articolo 146 del Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.
2-quinquies. “Gli interventi finalizzati all’installazione di reti di comunicazione elettronica ad alta velocità tramite il riutilizzo di infrastrutture esistenti, la posa di un nuovo cavo aereo e la posa di ripartitori ottici di edificio (ROE)sulla facciata di edifici e immobili privi dell’interesse di cui all’art. 2, comma 2 del Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, sono esentati dalla presentazione di istanza di autorizzazione di cui all’articolo 21 comma 4 del Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.”.
13. Al fine di semplificare e ridurre i termini delle procedure autorizzative per l’istallazione di reti di telecomunicazioni al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 86, comma 3, dopo le parole: “e ad esse si applica la normativa vigente in materia” sono aggiunte le seguenti: “fatto salvo quanto previsto dagli articoli 87 e 88 con riferimento alle autorizzazioni per la realizzazione della rete di comunicazioni elettroniche e degli elementi ad essa collegati per le quali si attua il regime di semplificazione ivi previsto. Alla installazione di reti di comunicazione elettronica mediante posa di fibra ottica non si applica la disciplina edilizia e urbanistica”;
b) all’articolo 88:
i) al comma 1, le parole: “un’istanza unica” sono sostituite dalle seguenti: “L’istanza così presentata avrà valenza di istanza unica effettuata per tutti i profili connessi agli interventi di cui al presente articolo.”;
ii) ai commi 4 e 9, le parole “gli atti di competenza delle singole amministrazioni” sono sostituite dalle seguenti: “gli atti di assenso, comunque denominati e necessari per l’effettuazione degli scavi e delle eventuali opere civili indicate nel progetto, di competenza delle amministrazioni, degli enti e dei gestori di beni o servizi pubblici interessati”;
iii) al comma 7, le parole: “posa di cavi o tubi aerei su infrastrutture esistenti, allacciamento utenti il termine è ridotto a otto giorni” sono sostituite dalle seguenti: “posa di cavi o tubi aerei o altri elementi di rete su infrastrutture e siti esistenti, allacciamento utenti il termine è ridotto a otto giorni. I predetti termini si applicano anche alle richieste di autorizzazione per l’esecuzione di scavi, attraversamenti, parallelismi e per le occupazioni su sedime ferroviario, strade ferrate, aerodromi, porti, interporti, aree del demanio idrico, marittimo, forestale e altri beni immobili appartenenti allo Stato, alle Regioni, agli enti locali e agli altri enti pubblici. Vale per tali opere il disposto di cui al successivo comma 10.”.
14. Il termine per la conclusione del procedimento autorizzatorio semplificato, di cui all’articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2017, n. 31, con riferimento agli interventi per l’installazione di reti di comunicazione elettronica ad alta velocità, è di quaranta giorni dal ricevimento della domanda da parte dell’amministrazione procedente.
15. All’art. 8, comma 6, della legge 22 febbraio 2001 n. 36, il comma 6 è sostituito dal seguente: “I comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici con riferimento a siti sensibili individuati in modo specifico, con esclusione della possibilità di introdurre limitazioni alla localizzazione in aree generalizzate del territorio di stazioni radio base per reti di comunicazioni elettroniche di qualsiasi tipologia e, in ogni caso, di incidere, anche in via indiretta o mediante provvedimenti contingibili e urgenti, sui limiti di esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, sui valori di attenzione e sugli obiettivi di qualità, riservati allo Stato ai sensi dell'art. 4”.
Relazione illustrativa
Commi 1 e 2: Il Decreto Cura Italia, nel riconoscere il ruolo critico delle infrastrutture e servizi di comunicazione elettronica nella gestione dell’emergenza e contenimento dei contagi, ha introdotto disposizioni specifiche richiedendo agli operatori di svolgere “ogni utile iniziativa atta a potenziare
le infrastrutture e a garantire il funzionamento delle reti e l’operatività e continuità dei servizi” e di soddisfare “qualsiasi richiesta ragionevole di miglioramento della capacità di rete e della qualità del servizio da parte degli utenti, dando priorità alle richieste provenienti dalle strutture e dai settori ritenuti “prioritari” dall’unità di emergenza della Presidenza del Consiglio o dalle unità di crisi regionali”.Tale disposizione per essere operativa necessita di alcuni interventi integrativi sia in relazione alla conclusione dei procedimenti che potrebbero essere ostacolati dall’art 103 dello stesso decreto e dalla necessità di autorizzazioni rilasciate da enti locali da cui le proposte modifiche al comma 2 con l’inserimento di ulteriori cinque commi aggiuntivi. Le ulteriori modifiche appaiono necessarie per velocizzare gli interventi di installazione ed adeguamento di impianti di comunicazione sia fissa che mobile, prevedendo la semplificazione delle procedure autorizzative inerenti gli interventi di scavo, installazione e manutenzione di reti in fibra e degli impianti radioelettrici di comunicazione senza applicazione dell’art. 103 dello stesso decreto. Si dispone che gli interventi vengano effettuati a valle della presentazione di una segnalazione certificata d inizio attività da inviare all’amministrazione locale competente e agli organismi competenti ad effettuare i controlli che decorsi cinque giorni dalla data di presentazione prevede che l’autorizzazione sia assunta con il silenzio assenso.
Dalla presente disposizione non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Comma 3: Nel contesto attuale, tempistiche celeri del procedimento amministrativo assumono centralità ai fini della valutazione di efficacia dell’azione dei pubblici poteri, misurata in funzione della rapidità a soddisfare gli interessi generali di cittadini e imprese. Tale aspetto assume ancora più rilievo nell’ottica di assicurare il completo dispiegamento del Piano strategico nazionale della banda ultra-larga, la piena diffusione della tecnologia 5G e tutte le connesse opportunità di crescita e sviluppo del nostro Paese, come reso ancora più evidente nel periodo del lockdown. La normativa attualmente vigente individua termini massimi per il rilascio dei permessi in ambito paesaggistico da parte delle amministrazioni preposte. che pregiudicano l’esigenza di rapida realizzazione sul territorio degli impianti necessari per sviluppare le reti di nuova generazione, sia fisse che mobili. L’implementazione di tali reti può essere agevolata dalla riduzione di tali termini massimi di durata del procedimento di rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche e di specifici atti endo- procedimentali e, contestualmente, dalla certezza della durata e della conclusione dei procedimenti medesimi.
L’emendamento proposto intende, pertanto, superare le criticità attuali attraverso la semplificazione (riduzione dei termini, unitamente alla loro certezza) dei procedimenti per l’ottenimento delle autorizzazioni paesaggistiche.
Comma 4: La proposta in oggetto intende assicurare il celere svolgimento dei lavori necessari alla realizzazione delle infrastrutture di comunicazioni a banda ultra-larga, consentendo una reale applicabilità della semplificazione varata attraverso il decreto legge 135/2018 recante “Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione”. Nel caso di interventi da realizzare in zone già interessate dalla presenza di sotto-servizi (che, dunque, hanno già inciso il territorio) appaiono superflui alcuni adempimenti finalizzati ad una tutela archeologica necessariamente già esperita. La proposta in menzione prevede che l’Operatore di comunicazione elettronica produca la documentazione cartografica che dia contezza del percorso dell’intervento che intende realizzare e della documentazione cartografica dei sottoservizi/infrastrutture esistenti effettivamente in suo possesso. Una proposta di semplificazione così articolata consente di documentare opportunamente la presenza delle condizioni necessarie per l’effettuazione dell’intervento medesimo senza pregiudizio per l’area interessata e di svolgere le attività di realizzazione dell’infrastruttura nel minor tempo possibile. Viene, altresì, snellito l’iter di posa in opera dei sottoservizi in spazi aperti nei centri storici, incidendo sulle fasi di presentazione degli elaborati tecnici richiesti, consentendo un più celere svolgimento delle attività di realizzazione delle opere.
Comma 5: L’attività di sviluppo delle reti broadband coinvolge necessariamente anche il fondo delle strade su cui sono posati i binari ferroviari (c.d. sedimi ferroviari), con particolare riguardo ai casi di attraversamenti degli stessi. Le singole tipologie di sedime non sono espressamente citate dal Codice delle Comunicazioni elettroniche, per cui a volte gli Enti gestori in molti casi non riconoscono l’applicazione dei termini e delle condizioni fissate dal CCE, generando problematiche sia sul fronte del rilascio dei permessi che degli oneri richiesti. Con l’emendamento proposto si intende superare tale criticità, chiarendo che il Codice delle Comunicazioni Elettroniche trova applicazione anche in caso di interventi sui sedimi citati
Comma 6: Le situazioni di emergenza derivanti da fenomeni naturali come alluvioni, terremoti, catastrofi ambientali, e/o la necessità di garantire massime condizioni di sicurezza sociale, soprattutto in particolari periodi dell’anno, rendono necessario il rafforzamento temporaneo della copertura di telefonia mobile attraverso la installazione di impianti temporanei e provvisori (c.d. impianti carrati). Considerate le specificità della normativa di settore, appare opportuno prevedere una disciplina peculiare in grado di soddisfare le esigenze sopra rappresentate, La provvisorietà del medesimo, giustifica altresì l’esenzione dal necessario ottenimento dell’autorizzazione paesaggistica, similmente a quanto già avviene per le attività di edilizia c.d. libera ai sensi dell’art. 6 di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 e in conformità alle opere e manufatti temporanei di cui all’Allegato A, par. A. 16 del decreto del Presidente della Repubblica del 13 febbraio 2017, n. 31.
Inoltre, la norma vuole applicare, con il secondo comma, un’ulteriore semplificazione nello specifico caso di carrati con permanenza temporanea prevista non oltre i 7 giorni: l’esonero dall’ottenimento di autorizzazioni e atti similari, in considerazione dell’estrema provvisorietà dell’esercizio.
Per regolamentare la microtrincea e minitrincrea si propone l’emanazione del cd decreto scavi. Si tratta di un decreto interministeriale (MISE/MIT) pendente da oltre 5 anni a causa del parere negativo del MIT. L’emanazione del decreto offre una disciplina più organica ed aggiornata ed appare preferibile rispetto ad un intervento di tipo emendativo specifico sulla minitrincea, rispetto alla quale valgono già le prassi Uni a cui fa rinvio l’art. 5 del dlgs n. 33/2016.
Comma 7: L’art. 127 del codice delle comunicazioni prevede che ogni stazione radioelettrica debba essere munita di documento di esercizio “contenente gli elementi riguardanti la relativa autorizzazione generale, il diritto individuale di uso della frequenza assegnata, nonché i dati significativi della stazione stessa”.
La determina di assegnazione del diritto d’uso di cui all’art. 107 del citato decreto e l’allegata scheda tecnica già contengono gli elementi riguardanti l’autorizzazione generale e il diritto individuale d’uso, sicché l’implementazione della scheda tecnica con le caratteristiche tecniche degli apparati necessari al funzionamento degli impianti renderebbe la determina equipollente ad un documento di esercizio.
L’art. 107, comma 3, del dlgs n. 259/2003 prevede inoltre che “il Ministero, entro sei settimane dal ricevimento della domanda completa di ogni elemento necessario, provvede al conferimento del diritto d’uso delle frequenze comunicando la decisione al soggetto interessato il quale ha titolo all’esercizio dell’autorizzazione generale in concomitanza con l’intervenuta comunicazione” La comunicazione dell’autorizzazione è normativamente sufficiente per iniziare l’attività senza necessità di porre in essere ulteriori adempimenti, ovvero senza necessità di rilascio del documento di esercizio e senza che la sua assenza ne sia causa ostativa.
A ciò si aggiunga che mentre la determina con la assegnazione del diritto d’uso è di competenza della Direzione Generale SCERP il rilascio del documento di esercizio è di competenza degli Ispettorati Territoriali. Di talché, è ben evidente che l’interessato dovrà rivolgersi a due Uffici per ottenere la documentazione necessaria per l’esercizio di una stazione radioelettrica, con le evidenti
complicazioni nell’interagire con due strutture distinte.
Peraltro in un’ottica empirica, è rilevante la casistica per cui l’interessato tenuto conto della previsione dell’art. 107 non provvede a completare il procedimento presso gli Ispettorati Territoriali che tra l’altro non hanno possibilità di applicare misure di coazione per la regolarizzazione in assenza di specifica previsione normativa.
Tenuto conto, che, come già rappresentato, il documento di esercizio rispetto a quanto già previsto dalla determina di cui all’art. 107 prevede in aggiunta sostanzialmente l’elenco delle apparecchiature impiegate presso la stazione radioelettrica e che, allo stato, tali apparecchiature ai fini radioelettrici risultano comunque affidabili in quanto assoggettate a specifica normativa comunitaria per l’apposizione del Marchio CE, si ritiene la previsione dell’art. 127 anacronistica rispetto all’attualità procedimentale.
All’abrogazione dell’art. 127 del decreto legislativo n.259/2003 consegue una semplificazione della gestione amministrativa dei ponti radio sia da parte del Ministero che soprattutto da parte dei soggetti che ne fanno richiesta.
Dalla previsione non derivano ulteriori oneri a carico del bilancio dello stato.
Commi 8-9-10: La norma proposta ha per obiettivo la semplificazione di talune procedure inerenti a specifiche apparecchiature di comunicazione elettronica ad uso privato, già ora di libero uso, eliminando gli obblighi di rendere un’apposita dichiarazione al Ministero dello sviluppo economico e di corrispondere un esiguo contributo annuale.
La modifica normativa consiste nell’abrogazione delle disposizioni che prevedono l’obbligo della dichiarazione, contenute negli articoli 105 e 145 del Codice delle comunicazioni elettroniche, nonché degli articoli 36 e 37 dell’allegato n. 25 allo stesso Xxxxxx, nei quali è prevista la corresponsione del contributo annuale.
L’art. 105 del Codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259 (nel seguito, “Codice”), tipizza le apparecchiature per radio comunicazione ad uso privato che non hanno necessità di autorizzazione generale da parte del Ministero dello sviluppo economico. Statuisce al riguardo: “1. Sono di libero uso le apparecchiature che impiegano frequenze di tipo collettivo, senza alcuna protezione, per collegamenti a brevissima distanza con apparati a corto raggio, compresi quelli rispondenti alla raccomandazione CEPT/ERC/REC 70-03, tra le quali rientrano in particolare:
omissis
p) apparati per comunicazioni in «banda cittadina - CB» o assimilate, sempre che per queste ultime risultino escluse la possibilità di chiamata selettiva e l’adozione di congegni e sistemi atti a rendere non intercettabili da terzi le notizie scambiate; sussiste il divieto di effettuare comunicazioni internazionali e trasmissione di programmi o comunicati destinati alla generalità degli ascoltatori. Rimane fermo l’obbligo di rendere la dichiarazione di cui all’articolo 145”.
L’art. 145 del Codice prevede che: “1. Le comunicazioni in «banda cittadina - CB», di cui all’articolo 105, comma 2 (n.d.r. in realtà comma 1), lettera p), sono consentite ai cittadini di età non inferiore ai 14 anni dei Paesi dell’Unione europea o dello Spazio Economico Europeo ovvero dei Paesi con i quali siano intercorsi accordi di reciprocità, fermo restando quanto disposto dall’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nonché ai soggetti residenti in Italia.
2. Non è consentita l’attività di cui al comma 1 a chi abbia riportato condanna per delitti non colposi a pena restrittiva superiore a due anni ovvero sia stato sottoposto a misure di sicurezza e di prevenzione, finché durano gli effetti dei provvedimenti e sempre che non sia intervenuta sentenza di riabilitazione.
3. I soggetti di cui al comma 1 devono presentare al Ministero una dichiarazione da cui risulti: a) cognome, nome, luogo e data di nascita, residenza o domicilio dell’interessato; b) indicazione della sede dell’impianto; c) la eventuale detenzione di apparati mobili e portatili; d) l’assenza di condizioni ostative di cui al comma 2”.
Gli articoli 36 e 37 dell’allegato n. 25 al Codice, infine, prevedono che l’uso delle apparecchiature di cui alle disposizioni sopra illustrate, nonché l’uso di apparecchiature per attività assimilate alle stesse, è soggetto al versamento di un contributo annuo, finalizzato al rimborso dei costi sostenuti dal Ministero per le attività di istruttoria e di vigilanza, verifica e controllo, pari ad € 12,00.
In relazione alla disciplina oggi vigente, si evidenzia, innanzitutto, la sostanziale inutilità della dichiarazione prevista dall’art. 145 del Codice, tenuto conto che non sono previste sanzioni per la sua mancata presentazione e che l’eventuale utilizzo patologico delle apparecchiature in esame trova repressione in altre norme, analogamente a quanto accade per tutte le tipologie di apparecchiature di libero uso previste all’articolo 105, per le quali la presentazione della dichiarazione non è prevista.
Per contro, la catalogazione fine a sé stessa delle oltre 10.000 dichiarazioni che pervengono annualmente genera un notevole aggravio di lavoro per l’Amministrazione, i cui Ispettorati territoriali debbono impegnare diverse unità di personale in tale attività.
Quanto poi al pagamento del canone, si segnala che l’articolo 70 del decreto legislativo 28 maggio 2012, n. 70 ha già modificato l’articolo 145 del decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259 (Codice delle comunicazioni), che disciplina l’utilizzo di comunicazioni in banda cittadina - CB.
In particolare, il comma 4 di tale articolo 145, che precedentemente recitava “4. Alla dichiarazione sono allegate: a) l’attestazione del versamento dei contributi di cui all’articolo 36 dell’allegato n. 25; b) per i minorenni non emancipati, la dichiarazione di consenso e di assunzione delle responsabilità civili da parte di chi esercita la potestà o la tutela” è stato sostituito dal seguente: "4. Alla dichiarazione è allegata, per i minorenni non emancipati, la dichiarazione di consenso e di assunzione delle responsabilità civili da parte di chi esercita la potestà o la tutela.".
Nel testo vigente, dunque, è stato eliminato il riferimento all’obbligo all’attestazione del versamento dei contributi di cui all’art. 36 dell’allegato 25 al codice delle comunicazioni, rimanendo esclusivamente il riferimento della dichiarazione di consenso per i minori non emancipati.
Al riguardo, la relazione illustrativa al decreto legislativo 70/2012 (atto governo n. 463), precisa che la modifica non deriva dal recepimento delle direttive 2009/140/CE, in materia di reti e servizi di comunicazione elettronica, e 2009/136/CE in materia di trattamento dei dati personali e tutela della vita privata (scopo precipuo del predetto decreto legislativo), ma dall’esigenza di rivisitare il testo al fine di correggere una evidente incoerenza. La relazione illustrativa recita infatti:
“… La modifica, consistente nella soppressione della lettera a) del comma 1, non deriva da uno specifico recepimento delle nuove direttive comunitarie e non attiene ad un particolare criterio previsto nell’articolo 9 della legge comunitaria 2010; si tratta infatti di una rivisitazione del testo al solo fine di correggere una evidente incoerenza presente nella normativa vigente, che contrasta anche con la normativa comunitaria e comporta il concreto rischio di incorrere in una procedura di infrazione (per altro già paventata dalla Commissione). L’articolo 105 al comma 1, lett. p) indica gli apparati CB (Citizen Band) come apparecchiature di libero uso, pertanto esenti dal pagamento di contributi. Ciò è coerente con quanto previsto dalla direttiva 2002/20/CE che esplicitamente esclude dal proprio ambito di applicazione l’uso delle citizen band radio (CB) in quanto, essendo basato sull’uso non esclusivo di frequenze radio specifiche da parte dell’utente, peraltro senza alcuna protezione da interferenze, non comporta la fornitura di una rete o servizio di comunicazione elettronica. Nella versione originaria dell’articolo 145, invece, al comma 4 lettera a), si fa riferimento al pagamento di un contributo per l’utilizzo di tale banda, tuttavia come detto tale contributo non è dovuto, non essendo gli utilizzatori degli apparati in parola destinatari di diritti d’uso delle frequenze. L’eliminazione di tale comma consente quindi di eliminare l’incoerenza presente”.
Nell’attuale formulazione, pertanto, il pagamento del contributo sembrerebbe essere venuto meno, a seguito della modifica dell’art. 145. In ogni caso, appare quantomeno asincronico da un lato prevedere che tali tipologie di apparecchiature siano di libero uso e, dall’altro, mantenere il pagamento di un canone.
A ciò si aggiunga che nel corso del 2018 l’incasso accertato è stato pari € 428.128,00 in netta flessione rispetto agli anni precedenti e, tenuto conto che le 12.705 nuove dichiarazioni acquisite nel 2018 hanno determinato un primo introito di € 152.460,00, è comprovato che la flessione delle entrate è determinata da mancati versamenti connessi a dichiarazioni presentate negli anni precedenti. Per quanto una parte della riduzione degli incassi possa essere giustificata dalla cessazione dell’utilizzo delle apparecchiature, circostanza non soggetta a comunicazione e pertanto non contabilizzabile, risulta chiaro il consolidamento di un fenomeno evasivo del contributo richiesto, il cui recupero è antieconomico.
Infatti, nella quasi totalità dei casi, si tratta di soggetti privati nei cui confronti non è possibile utilizzare modalità di recupero crediti efficaci; la stessa trasmissione degli atti richiede l’utilizzo di metodologie tradizionali per la trasmissione, che hanno un costo elevato, senza che la procedura abbia poi esito positivo.
In conclusione si rileva che l’introito, ove ancora dovuto, che il bilancio dello stato perderebbe risulta parificato dai risparmi di spesa che derivano dalla cessazione della gestione da parte del personale del Ministero dello Sviluppo Economico delle dichiarazioni.
Comma 11: La modifica proposta inerisce la regolamentazione degli impianti di videosorveglianza installati dagli enti locali.
In punto di fatto, si evidenzia che nell’ultimo decennio, condivisibili ragioni di ordine pubblico e sicurezza, in considerazione dell’evoluzione tecnologica, hanno determinato il moltiplicarsi di installazioni da parte di enti locali e territoriali di circuiti di videosorveglianza finalizzati al controllo del territorio ed alla prevenzione e repressione di attività illegali.
Tali sistemi anche se installati dagli enti locali sono sovente impiegati dalle forze dell’ordine. In tal senso, si consideri che in alcune città, tra cui Roma, sotto il coordinamento della Prefettura sono in fase di attuazione progetti di razionalizzazione e piena condivisione dei sistemi di videosorveglianza installati dai vari enti che hanno tra i loro compiti la tutela della sicurezza dei cittadini. Inoltre con tale modifica si eviterebbe un netto contrasto con lo spirito delle previsioni dell’art. 5 del Decreto legge 14/2017 convertito con modificazioni in Legge 48/2017 in tema di sicurezza urbana che ha valorizzato il tema dei dispositivi di videosorveglianza comunale, prevedendo altresì un finanziamento statale per i Comuni che si fossero dotati di tali impianti, oggetto del Decreto del Ministro dell’Interno 31 gennaio 2018
In punto di diritto si sottolinea che ad oggi, tali sistemi debbano essere qualificati quali esercizi di impianti di comunicazione elettronica e, pertanto, assoggettati alla disciplina del codice delle comunicazioni ( Decreto legislativo n. 259/03). Nella vigente formulazione il predetto Codice all’art. 100 prevede l’esclusione da atti di assenso del Ministero dello Sviluppo Economico per le installazioni effettuate da amministrazioni statali. A ciò consegue che qualora le installazioni siano curate da enti non aventi rilevanza nazionale ma (come spesso accade) con rilievo esclusivamente territoriale (comuni, province, città metropolitane, comunità montane, unioni di comuni o consorzi locali ecc.) trova applicazione la disciplina dell’art. 99 con assoggettamento dell’installazione ad autorizzazione generale e conseguente pagamento di canone nonché con applicazione, in caso di violazione della citata normativa, delle sanzioni.
Ne emerge, pertanto, che la cura del medesimo interesse pubblico risulta differentemente regolamentata a seconda della natura statale o locale dell’amministrazione che lo attua. Tale differenziazione non risulta condivisibile atteso che le azioni poste in essere dalle amministrazioni siano finalizzate al medesimo risultato, e pertanto debbano essere assoggettate a medesima disciplina. Del resto, la procedura di cui all’art. 99 risulta alquanto gravosa per le amministrazioni locali che sono costrette a farsi carico anche di un canone per l’espletamento di una funzione che primariamente è affidata allo Stato.
Il risultato di tale disparità è un abbandono di tali progetti da parte di comuni con limitate risorse economiche ovvero una situazione di illegalità, con impianti di videosorveglianza privi di autorizzazione generale e quindi potenzialmente sanzionabili ove oggetto di accertamento da parte
del personale del Ministero.
Al riguardo, si segnala che gli enti locali hanno provato a considerare sussumibili tali installazioni nell’ambito dell’art. 99 comma 4, considerando la propria estensione territoriale quale fondo privato. Tuttavia tale interpretazione è stata confutata sia dal Ministero che dalla giurisprudenza amministrativa.
Comma 12, 13 e 14: Le proposte di modifica dell’art. 5 del decreto legislativo n. 33 del 2016 (c.d. “Decreto Fibra”) sono volte ad estendere l’utilizzo della microtrincea che, essendo una tecnica di scavo a basso impatto ambientale, non richiede l’effettuazione dei cc.dd. ripristini del manto stradale. In questo modo si consente la riduzione dei tempi di attesa previsti per lo svolgimento dei ripristini, che per la microtrincea sono di circa 45 giorni, mentre per lo scavo tradizionale sono di 6 mesi. Inoltre, rispetto allo scavo tradizionale, la minitrincea permette la realizzazione di tratti equivalenti di infrastruttura con una migliore produttività delle squadre limitando i tempi e lo spazio degli interventi e riducendo l’immissione in atmosfera di CO2 dovuta ad una migliore resa delle macchine escavatrici e al minore trasporto di materiale di risulta in discarica. Al fine di semplificare l’iter autorizzatorio per l’installazione di reti di telecomunicazioni, si prevede inoltre di ridurre l’ambito di applicazione della valutazione preventiva di impatto archeologico (VPIA) escludendola in caso di scavi in minitrincea e a basso impatto ambientale favorendo così la rapida esecuzione degli interventi.
Le proposte di modifica all’articolo 7, ai commi 2-quater e 2-quinquies del decreto legislativo n. 33 del 2016 mirano ad agevolare l’installazione di reti di telecomunicazioni e per gli edifici non sottoposti ad alcun vincolo ai sensi del Codice dei beni culturali, in modo da:
a. esentare da autorizzazione paesaggistica la posa di nuovo cavo aereo in facciata e posa ripartitore ottico di edificio (ROE);
b. esentare da autorizzazione monumentale il riutilizzo di infrastrutture esistenti, la posa di un nuovo cavo aereo in facciata e posa ripartitore ottico di edificio (ROE).
Tale intervento – che minimizza gli interventi di scavo - consente una importante semplificazione nella realizzazione dell’infrastruttura, a fronte di un impatto paesaggistico molto basso/quasi nullo (punto a.) e di un intervento poco invasivo che consente un impatto ambientale basso e una riduzione significativa del disagio arrecato alla popolazione (punto b.)
Si prevede, inoltre che laddove siano utilizzate infrastrutture fisiche esistenti e tecnologie di scavo a basso impatto ambientale, l’autorizzazione archeologica sia esclusivamente sottoposta a:
- trasmissione da parte dell’operatore di documentazione ottenuta tramite interlocuzione con competenti autorità locali che attesti sovrapposizione dell’intero tracciato a sottoservizi esistenti;
- preavviso di almeno 15 giorni rispetto ad avvio lavori.
L’esperienza recente mostra come le Soprintendenze si attengano prevalentemente a un’interpretazione che limita l’applicazione della norma agli scavi eseguiti in perfetta sovrapposizione ai sottoservizi esistenti, ipotesi raramente attuata nella pratica realizzativa in considerazione del rischio di tagli. Attualmente, lo svolgimento della VPIA viene richiesto in modo ricorrente per le lavorazioni di nuova realizzazione con tempi di attesa sull’esito che si protraggono fino a 45-60 giorni.
L’introduzione di una semplificazione dell’iter autorizzativo e la precisazione che la stessa opera anche in caso di prossimità del tracciato - o parti di esso - con sottoservizi esistenti, consentirebbe maggiore spazio applicativo all’esclusione della VPIA in caso di scavi in minitrincea e a basso impatto ambientale favorendo la rapida esecuzione degli interventi.
La proposta d modifica investe, inoltre, il Codice delle comunicazioni elettroniche (CCE) e in particolare gli articoli 86 e 88. A tal riguardo, si propone di prevedere (art. 86, comma 3) un’unica apposita istanza per l’effettuazione di scavi, occupazione del suolo e la realizzazione di eventuali opere civili ai sensi della disciplina del d.lgs. n. 259/2003 (e non del d.p.r. n. 380/2001). Tale intervento chiarisce in via definitiva la “specialità” dei procedimenti autorizzatori a cui sono assoggettati gli impianti di comunicazione elettronica, che già ricomprendono al loro interno
valutazioni di impatto urbanistico/edilizio e sono sottratti alla applicazione della normativa stabilita dal Testo Unico dell’edilizia.
Rispetto all’articolo 88, al comma 1, d.lgs. n. 259 del 2003, si propone di correggere l’attuale formulazione, che contiene un errore di forma: “Qualora l’installazione di infrastrutture di comunicazione elettronica presupponga la realizzazione di opere civili o, comunque, l’effettuazione di scavi e l’occupazione di suolo pubblico, i soggetti interessati sono tenuti a presentare apposita istanza conforme ai modelli predisposti dagli Enti locali e, ove non predisposti, al modello C di cui all’allegato n.13, all’Ente locale ovvero alla figura soggettiva pubblica proprietaria delle aree un’istanza unica”. Tale intervento interviene sull’attuale formulazione del testo che risulta incompleta e quindi confusa. Si propone di modificare i commi 4 e 9 per eliminare, alla radice, il problema dei “pareri preliminari” resi nelle conferenze di servizi, che creano le inevitabili code amministrative con rilascio di autorizzazioni “postume” (ANAS e Province, in qualità di gestori delle strade). Le Regioni, nello svolgere le conferenze di servizi richieste dal concessionario, si trovano a raccogliere le autorizzazioni allo scavo ex art. 88, che a loro volta si formano sulla base della conferenza “speciale” prevista dal Codice delle Comunicazioni elettroniche. Una simile modifica consentirebbe, a fronte di un parere preliminare (e non di un’autorizzazione) rilasciato da un ente gestore di infrastrutture stradali (ANAS ad esempio), di applicare il silenzio assenso poiché il parere (con la condizione di ottenere l’autorizzazione successivamente) non è un “atto di assenso per l’effettuazione degli scavi” come richiesto dalla legge. Si prevede, inoltre, l’applicazione espressa all’occupazione su sedime ferroviario e altre aree di pubblico interesse dei termini stabiliti dall’art. 88 comma 7 e degli oneri previsti dall’art. 93 del CCE. Tale intervento consentirebbe superare le criticità interpretative, chiarendo che il CCE trova applicazione anche in caso di interventi su sedime ferroviario e altre aree di pubblico interesse (strade ferrate, aerodromi, porti, interporti, aree del demanio idrico, marittimo, forestale e altri beni immobili appartenenti allo Stato, alle Regioni, agli enti locali e agli altri enti pubblici) e di applicare il termine di otto giorni per il formarsi del silenzio assenso da parte dell’amministrazione anche all’attività di posa di elementi di rete su infrastrutture e siti esistenti (come già previsto dal CCE per l’apertura buche, apertura chiusini per infilaggio cavi o tubi, posa di cavi o tubi aerei su infrastrutture esistenti, allacciamento utenti, art. 88 c.7). Tale intervento consentirebbe di semplificare l’iter dei lavori e quindi di velocizzare la realizzazione dell’infrastruttura a banda ultralarga.
Al fine di velocizzare le tempistiche previste per il rilascio, da parte delle pubbliche amministrazioni coinvolte, dei titoli autorizzativi che riguardino gli interventi finalizzati all’installazione delle reti a banda ultra larga sul territorio, si prevede di ridurre i termini previsti per l’espressione del parere del Soprintendente ai sensi dell’art. 146 del Codice dei beni culturali e per la conclusione del procedimento di autorizzazione paesaggistica semplificata di cui al d.P.R. n. 31 del 2017.
Il comma 15 riscrive l’art.8, comma 6, della legge 22 febbraio 2001 n. 36, prevedendo che i i comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici con riferimento a siti sensibili individuati in modo specifico, con esclusione della possibilità di introdurre limitazioni alla localizzazione in aree generalizzate del territorio di stazioni radio base per reti di comunicazioni elettroniche di qualsiasi tipologia e, in ogni caso, di incidere, anche in via indiretta o mediante provvedimenti contingibili e urgenti, sui limiti di esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, sui valori di attenzione e sugli obiettivi di qualità, riservati allo Stato ai sensi dell'art. 4 della medesima legge. Viene così modificata l’attuale disciplina che prevede che I comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici
Articolo 31
(Semplificazioni della misura Nuova Xxxxxxxx)
1. All'articolo 2, comma 4, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, le parole: “In caso di finanziamento di importo non superiore a 100.000,00 euro, il contributo viene erogato in un'unica soluzione", sono sostituite dalle seguenti: "In caso di finanziamento di importo non superiore a 200.000,00 euro, il contributo viene erogato in un'unica soluzione.”.
2. All’articolo 1, comma 226, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: “I contributi di cui al periodo precedente sono erogati alle imprese beneficiarie in un’unica soluzione, con modalità procedurali stabilite con decreto, di natura non regolamentare, del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. In aggiunta al predetto stanziamento di 60 milioni di euro, l’intervento può essere cofinanziato con risorse rivenienti da fondi strutturali e di investimento europei, anche per sostenere, applicando la medesima maggiorazione del 100 per cento, investimenti aventi caratteristiche diverse da quelle di cui al secondo periodo.”.
Relazione illustrativa
La norma è volta ad innalzare la soglia entro la quale l'agevolazione è erogata in un'unica soluzione, anziché nelle sei ordinariamente previste.
La norma, inoltre, semplifica e rende più efficace la misura per le imprese del Mezzogiorno prevista dalla legge di bilancio 2020, prevedendo:
- un decreto MiSE, di concerto MEF per la definizione di uno strumento dedicato (Xxxxxxxx Sud) che stabilisca specifiche modalità operative e l’erogazione del contributo in unica soluzione a conclusione del programma di investimento;
- la possibilità di utilizzo dei fondi europei.
Articolo 32
(Semplificazione delle procedure di cancellazione dal registro delle imprese e dall’albo degli enti
cooperativi)
1. Il provvedimento conclusivo delle procedure d’ufficio disciplinate dal decreto del Presidente della Repubblica 23 luglio 2004, n. 247, dall’art. 2490, ultimo comma, del codice civile, nonché ogni altra iscrizione o cancellazione d’ufficio conseguente alla mancata registrazione obbligatoria a domanda di parte nel registro imprese, è disposto con determinazione del conservatore. Il conservatore verifica, nell’ipotesi della cancellazione delle società di persone, tramite accesso alla banca dati dell’Agenzia delle entrate - Ufficio del territorio competente, che nel patrimonio della società da cancellare non rientrino beni immobili ovvero, ove siano presenti beni immobili, sospende il procedimento e rimette gli atti al Presidente del Tribunale ai sensi dell’articolo 3, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 23 luglio 2004, n. 247.
2. Per le società di capitali è causa di scioglimento senza liquidazione l’omesso deposito dei bilanci di esercizio per cinque anni consecutivi o il mancato compimento di atti di gestione, ove l’inattività e l’omissione si verifichino in concorrenza con almeno una delle seguenti circostanze:
il permanere dell’iscrizione nel registro delle imprese del capitale sociale in lire;
l’omessa presentazione all’ufficio del registro delle imprese dell’apposita dichiarazione per integrare le risultanze del registro delle imprese a quelle del libro soci, limitatamente alle società a responsabilità limitata e alle società consortili a responsabilità limitata;
3. Il conservatore iscrive d’ufficio la propria determinazione di accertamento della causa di scioglimento senza liquidazione, nel registro delle imprese.
4. Il conservatore del registro delle imprese comunica l’avvenuta iscrizione agli amministratori, risultanti dal registro delle imprese, i quali hanno sessanta giorni per presentare formale e motivata domanda di prosecuzione dell’attività e per presentare le domande di iscrizione degli atti non iscritti e depositati, ai sensi di legge.
5. A seguito della presentazione della formale e motivata domanda di prosecuzione dell’attività di cui al comma 4, il conservatore iscrive d’ufficio la propria determinazione di revoca del provvedimento di accertamento della causa di scioglimento senza liquidazione, nel registro delle imprese. In caso contrario, decorso il termine di cui al comma 4, il conservatore del registro delle imprese, verificata altresì l’eventuale cancellazione della partita IVA della società e la mancanza di beni iscritti in pubblici registri, provvede con propria determinazione alla cancellazione della società dal registro medesimo.
6. Ogni determinazione del conservatore del registro delle imprese è comunicata agli interessati entro otto giorni dalla sua adozione.
7. Contro la determinazione del conservatore l’interessato può ricorrere , entro quindici giorni dalla comunicazione, al Giudice del registro delle imprese.
8. Le determinazioni del conservatore non opposte, le decisioni del giudice del registro adottate ai sensi dell’articolo 2189 del codice civile e le sentenze del tribunale in caso di ricorso ai sensi del successivo articolo 2192, sono iscritte nel registro delle imprese con comunicazione unica d’ufficio, disciplinata dall’articolo 9 del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito con modificazioni dalla legge 2 aprile 2007, n. 40, al fine della trasmissione immediata all’Agenzia delle entrate, all’lNPS, all’lNAIL, ed agli altri enti collegati”.
9. Il comma 16 dell’articolo 25 del decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179 convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, è modificato come segue:
“16. Entro 60 giorni dalla perdita dei requisiti di cui ai commi 2 e 5 la start-up innovativa o l’incubatore certificato sono cancellati dalla sezione speciale del registro delle imprese di cui al presente articolo, con provvedimento del Conservatore impugnabile ai sensi dell’articolo 2189, comma 3, del codice civile, permanendo l’iscrizione alla sezione ordinaria del registro delle imprese. Ai fini di cui al periodo precedente, alla perdita dei requisiti è equiparato il mancato
deposito della dichiarazione di cui al comma 15.”
10. Il comma 7 dell’articolo 4 del decreto legge 24 gennaio 2015, n. 3, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2015, n. 33, è modificato come segue:
“7. Entro 60 giorni dalla perdita dei requisiti di cui al comma 1 del presente articolo, le PMI innovative sono cancellate dalla sezione speciale del registro delle imprese di cui al comma 2, con provvedimento del Conservatore impugnabile ai sensi dell’articolo 2189, comma 3, del codice civile, permanendo l’iscrizione alla sezione ordinaria del registro delle imprese. Alla perdita dei requisiti è equiparato il mancato deposito della dichiarazione di cui al comma 6.”.
11. All’articolo 223-septiesdecies delle Disposizioni per l’attuazione del Codice civile e disposizioni transitorie, dopo il primo comma è aggiunto il seguente:
"Ai fini dello scioglimento e cancellazione ai sensi del comma 1, l’ente di cui all’articolo 7 della legge 29 dicembre 1993, n. 580 trasmette all’autorità di vigilanza, alla chiusura di ogni semestre solare, l’elenco degli enti cooperativi, anche in liquidazione ordinaria, che non hanno depositato i bilanci di esercizio da oltre cinque anni. L’autorità di vigilanza verifica l’assenza di valori patrimoniali immobiliari mediante apposita indagine massiva nei pubblici registri, in attuazione delle convenzioni che devono essere all’uopo stipulate con le competenti autorità detentrici dei registri predetti".
12. All'articolo 5 legge 17 luglio 1975, n. 400 dopo il comma 1 è aggiunto il seguente:
"1-bis: L'autorità di vigilanza trasmette il decreto di cancellazione di cui al comma 1 all'indirizzo PEC della Conservatoria competente per territorio che provvede, senza indugio, alla cancellazione dei gravami, delle trascrizioni e delle domande in quello indicate.»
13. Dopo l’articolo 211 delle Disposizioni per l'attuazione del Codice civile e disposizioni transitorie è aggiunto il seguente articolo:
“211-bis: Per le società di persone la comunicazione alla società e agli altri soci del recesso da parte del socio costituisce di per sé modificazione dell'atto costitutivo. Il recesso è iscritto nel registro delle imprese ad istanza del socio recedente ed ha effetto del momento dell'iscrizione.
Relazione illustrativa
Al fine di preservare la chiarezza e l’ordine del registro delle imprese, cioè di assicurare che il registro stesso rappresenti fedelmente la realtà imprenditoriale operante sul territorio, è necessaria la cancellazione delle imprese che hanno cessato di operare. La cancellazione di questi soggetti avviene su domanda dell’imprenditore che avanza all’Ufficio del Registro delle imprese apposita istanza di iscrizione di cancellazione. Per l’ipotesi in cui ciò non accada per inerzia dell’imprenditore la normativa attuale contempla le procedure di cancellazione d’ufficio. Per quanto riguarda le società di persone e le imprese individuali le procedure sono disciplinate dal d.P.R. n. 247/2004, per le società di capitali il codice civile, all’art.2490, ha previsto un’iniziativa d’ufficio per il caso delle società in liquidazione che non abbiano depositato il bilancio per tre anni consecutivi. La previsione di queste procedure non è ad oggi riuscita a garantire la totale e costante pulizia del registro sia perché l’attuazione delle procedure stesse è risultata eccessivamente articolata e complessa (specialmente per quanto riguarda le disposizioni del d.P.R. n. 247) sia perché la disposizione dettata per le società di capitali limita a fattispecie ristrette la possibilità di intervenire d’ufficio. La procedura di cancellazione delle imprese individuali e delle società di persone prevedono che l’ufficio camerale dopo aver effettuato i prescritti accertamenti trasmetta gli atti al giudice del registro. Questo passaggio, che segna di fatto la conclusione della fase della procedura di competenza dell’ufficio del registro delle imprese, prelude alla decisione di dichiarare o meno l’impresa da cancellare d’ufficio o meno. I tempi complessivi per la chiusura della procedura di cancellazione e, quindi, per l’effettiva iscrizione del provvedimento di cancellazione dal Registro delle imprese, comprendono quindi questa fase istruttoria e poi decisionale davanti al giudice del registro. I dati relativi alle cancellazioni operate d’ufficio non sono soddisfacenti e dall’osservazione del fenomeno è emerso che la fase dinanzi al giudice del registro costituisce un
punto di criticità. Ci si è chiesto, quindi, se ai fini del tempestivo aggiornamento del Registro delle imprese fosse davvero indispensabile, accertati i presupposti per la cancellazione dall’Ufficio camerale, il trasferimento della procedura dinanzi al giudice, con la grave conseguenza di un importante aggravio di tempo. Più volte questo aspetto è stato evidenziato da parte delle Camere di commercio che hanno sottolineato che la fase dinanzi al giudice del registro può comportare un notevole prolungamento della procedura di cancellazione fino ad influire notevolmente sul numero di pratiche da concludere. L’ evidenza di una sostanziale fatica delle Camere di commercio nel dare costante impulso al sistema introdotto con il d.P.R. n.247 induce a riflettere sulla necessità di apportare aggiustamenti alle vigenti disposizioni. L’Ispettorato generale di finanza, nell’ambito della propria attività ispettiva d’ufficio sulle Camere, pone particolare attenzione al fenomeno suddetto, generalmente deplorando nei relativi verbali d’ispezione, l’inefficienza delle Camere ispezionate. C’è, infatti, un’altra criticità che emerge, legata alla fase definitiva della procedura di cancellazione che prevede il recupero delle somme dovute dall’impresa a titolo di diritti annuali, diritti di segreteria e sanzioni. Queste somme se non liquidate e recuperate comportano danno all’Erario. Anche per le cancellazioni ex art.2490 si opera in maniera non del tutto costante e legata a singoli incarichi o specifici progetti. Alcune Camere hanno dichiarato di non avere a disposizione uno o più dati richiesti nell’ambito dell’analisi di queste procedure. Si ritiene che la prima normativa citata (cioè il d.P.R. n.247/2004, che disciplina la cancellazione delle imprese e delle società di persone inattive) risenta della vetustà della norma e, presupponendo un regime procedimentale formalisticamente garantista, di fatto poi bypassato da molte Camere su indicazione espressa dei Giudici del registro, comporti per le Camere stesse un impegno, in termini di risorse umane dedicate, spesso ritenuto eccessivo dalle medesime e pertanto rinviato di anno in anno. La seconda normativa (cioè quella dettata dall’articolo 2490 c.c. che disciplina la cancellazione delle società di capitali in liquidazione) pur nella sua limpidità è insufficiente a coprire i confini del problema, avendo come unico target di riferimento le società in liquidazione che non abbiano presentato per tre anni consecutivi il bilancio di liquidazione. Lascia pertanto fuori tutte quelle società per le quali sarebbe scattato un obbligo di scioglimento e liquidazione, ma che per inerzia degli organi sono lasciate solo formalmente iscritte, ma di fatto l’attività è cessata da tempo e gli stessi organi e soci sono ormai convinti di aver sciolto ogni rapporto con la società. E’ di tutta evidenza la necessità di un intervento normativo risolutorio che semplifichi il procedimento di cancellazione delle imprese individuali e delle società di persone (di cui al d.P.R. n. 247/04) prescindendo dal ruolo del Giudice del registro. Al contempo, con riferimento alle società di capitali, diventa parimenti necessario prevedere un’ipotesi ulteriore di cancellazione d’ufficio, anche per quelle società, non formalmente in liquidazione, che di fatto non siano più operative, secondo indicatori, beninteso, oggettivamente verificabili, che non richiedano pertanto l’esercizio di alcuna discrezionalità.
Si ritiene pertanto necessario un intervento normativo semplificatore delle fattispecie, mirato ad una effettiva manutenzione dei registri. Di seguito si propone uno schema di modifica normativa per i due ambiti procedimentali che disciplinano le cancellazioni d’ufficio delle imprese non più attive.
In linea con le semplificazioni che precedono, anche la cancellazione dalla sezione speciale delle startup innovative (comma 9) e delle PMI innovative (comma 10) sono disposte dal Conservatore del registro delle imprese, attesa la natura assolutamente vincolata e priva di ogni discrezionalità valutativa del provvedimento di cancellazione. É comunque garantito il diritto di ricorso (nei termini ordinariamente previsti dalla legge) al Giudice del registro contro il provvedimento del Conservatore.
Comma 11. L’art. 223-septiesdecies disp.att.c.c. prevede lo scioglimento senza nomina del liquidatore degli enti cooperativi che non depositano i bilanci di esercizio da oltre cinque anni, qualora non risulti l’esistenza di valori patrimoniali immobiliari. Allo stato lo scioglimento viene adottato con provvedimento dell’autorità di vigilanza da iscriversi nel registro delle imprese, pubblicato preventivamente in G.U. Avverso il decreto in parola, nel termine perentorio di trenta giorni dalla predetta pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, i creditori o gli altri interessati possono
presentare formale e motivata domanda all’autorità governativa, intesa ad ottenere la nomina del commissario liquidatore; in mancanza, a seguito di comunicazione dell’autorità di vigilanza, il conservatore del registro delle imprese territorialmente competente provvede alla cancellazione della società cooperativa dal registro medesimo. Tale procedura massiva di cancellazione ha scontato, negli anni successivi alla sua prima introduzione come norma transitoria, una incertezza applicativa, ovvero se comunque fosse o meno necessaria a monte un’attività di vigilanza da parte dei revisori ministeriali o delle Associazioni nazionali. Al fine di rendere le operazioni di “pulizia” dell’Albo delle cooperative inattaccabili in sede giurisdizionale, si decise di procedere alla stesura degli elenchi solo sulla base dei verbali di revisione o ispettivi, rallentando molto l’attività e rendendola per l’ufficio molto più gravosa. Aggiungendo la disposizione in esame nell’articolo di legge, si intende fugare il dubbio interpretativo sopra richiamato e codificare una prassi operativa che si sta già cercando di costruire – nella genericità della norma – con la collaborazione di Unioncamere, assicurando la necessaria certezza all’Albo delle cooperative circa l’operatività effettiva delle imprese in esso censite.
Comma 12. La norma è volta ad accelerare e semplificare la procedura di purgazione dei beni oggetto di liquidazione nelle procedure di liquidazione coatta amministrativa prevedendo esclusivamente la trasmissione telematica del decreto di cancellazione, ancora oggi richiesto da alcune Conservatorie in formato cartaceo ed eliminando la obsoleta prassi corrispondente alla presentazione all'Ufficio competente dell'atto amministrativo ad opera del commissario che, attualmente, è tenuto a recarsi personalmente e fisicamente presso la Conservatoria al solo fine di esibire il decreto per ottenerne l'esecuzione. Tale obsoleta modalità ha comportato nel tempo ritardi e problematiche dal forte impatto negativo sia sulle procedure di liquidazione coatta amministrativa e di scioglimento per atto dell’autorità, sia sui cittadini interessati alla cancellazione dei gravami al fine della corretta conclusione delle procedure di acquisto dei beni facenti parte dell’attivo da liquidare.
Si richiama ad ogni buon fine la norma oggetto di intervento:
LEGGE 17 luglio 1975, n. 400
Norme intese ad uniformare ed accelerare la procedura di liquidazione coatta amministrativa degli enti cooperativi. (GU n.226 del 26-8-1975 )
Art. 5. Nelle vendite dei beni compresi nelle procedure di liquidazione disciplinate dalla presente legge, avvenuto il versamento del prezzo da parte dell'acquirente e la stipula dell'atto di vendita, l'autorità di vigilanza - su richiesta del commissario liquidatore vistata dal comitato di sorveglianza, se nominato - ordina col decreto che si cancellino le trascrizioni dei pignoramenti e le iscrizioni ipotecarie nonché le trascrizioni dei sequestri e delle domande giudiziali, esonerando i conservatori dei pubblici registri da ogni responsabilità
Il comma 13 interviene a colmare una lacuna dell'ordinamento e allo stesso tempo costituisce una semplificazione amministrativa per le imprese, in quanto consente la modifica dell'atto costitutivo di società di persone con una semplice dichiarazione - che viene iscritta nel registro delle imprese garantendo così una piena trasparenza - a cura dei soci senza ricorrere all'atto pubblico o alla scrittura privata autenticata.
La volontà del socio recedente deve risultare espressamente dichiarata e deve essere contenuta negli appositi modelli, approvati con decreto del Ministero dello Sviluppo Economico, sottoscritti, nelle forme di legge, dal legittimato, ai sensi del D.P.R. 7 dicembre 1995 n. 581.
Relazione tecnico-finanziaria
La norma non comporta oneri finanziari aggiuntivi, potendo Unioncamere e l’Agenzia delle Entrate (sistema Sister per le visure catastali) esplicare le funzioni ad esse attribuite dalla disposizione senza particolari oneri oltre quelli correnti per il funzionamento dei propri sistemi informativi.
Articolo 33
(Semplificazione del sistema di monitoraggio degli investimenti pubblici e riduzione degli oneri informativi a carico delle amministrazioni pubbliche)
1. All’articolo 1 della legge 17 maggio 1999, n. 144, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 5 è sostituito dal seguente:
“5. È istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri il “Sistema di monitoraggio degli investimenti pubblici” (MIP), avente a oggetto gli interventi soggetti alla normativa in materia di Codice Unico di Progetto (CUP) di cui all’articolo 11, della legge 16 gennaio 2003, n. 3. Il Sistema è gestito dal Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica, quale struttura generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri a supporto del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) e della Cabina di regia “Strategia Italia” di cui all’articolo 40 del decreto legge 28 settembre 2018, n. 109. Il MIP realizza l’interoperabilità di tutte le banche dati e dei sistemi coinvolti nel monitoraggio della spesa per investimenti, raccogliendo e analizzando i flussi informativi di dette banche dati e sistemi, fermo restando il rispetto del principio dell’unicità dell’invio dei dati, di cui all’articolo 6, comma 2, del decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 229 e all’articolo 3, comma 1, lettera gggg-bis, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, al fine di fornire tempestivamente al CIPE e al Presidente del Consiglio dei Ministri lo stato di attuazione delle politiche e dei programmi d’investimento pubblico. Il MIP è alimentato con i flussi informativi rivenienti dal sistema Codice Unico di Progetto (CUP), di cui alla legge n. 3 del 16 gennaio 2003, dalle banche dati nazionali di monitoraggio MOP-BDAP, di cui al D.Lgs. n. 229/2011, e sistema di monitoraggio unitario di cui all’articolo 1, comma 245, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, nonché dai flussi informativi relativi ai pagamenti realizzati con il sistema SIOPE, di cui all’art. 14 della legge 31 dicembre 2009,
n. 196 (o a valere sulle contabilità speciali), da quelli rivenienti dal sistema della fatturazione elettronica, di cui alla legge 24 dicembre 2007, n. 144, e dal sistema digitale di accesso ai finanziamenti in fase di realizzazione presso il Ministero dell’economia e delle finanze. Le integrazioni delle banche dati e dei sistemi attualmente in esercizio con il MIP sono realizzate, d’intesa con la Ragioneria generale dello Stato ed il Dipartimento della programmazione ed il coordinamento della politica economica della Presidenza del consiglio dei ministri entro il 31 dicembre 2020 dalla Società di cui all’articolo 83, comma 15, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n.133. Per ogni nuova piattaforma applicativa o sistema gestionale connesso alla programmazione ed al monitoraggio degli investimenti pubblici, le amministrazioni titolari provvederanno alla contestuale realizzazione dei flussi dati necessari ad assicurare la cooperazione applicativa con il MIP. I risultati delle analisi ed elaborazioni di tali flussi sono utilizzati nel rispetto della normativa vigente, senza ulteriori autorizzazioni da parte dei titolari delle banche dati e dei sistemi sopra indicati. Il trasferimento dei dati nel MIP non modifica la titolarità del dato. La Ragioneria Generale dello Stato provvede all’inoltro verso il MIP dei flussi di dati corrispondenti alle tabelle sorgente delle banche dati di monitoraggio MOP-BDAP, di cui al D.Lgs. n. 229/2011, e del sistema di monitoraggio unitario di cui all’articolo 1, comma 245, della legge 27 dicembre 2013, n. 147. I dati così ricavati, previa opportuna elaborazione, sono resi disponibili in formato di tipo aperto (Open Data), ai sensi dell’articolo 68, comma 3, del codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, elaborabili elettronicamente e georeferenziati, senza compromettere il carattere riservato dei dati sensibili.”;