COLLEGIO DI BOLOGNA
COLLEGIO DI BOLOGNA
composto dai signori:
(BO) MARINARI Presidente
(BO) XXXXX XXXXXXXX VELI Membro designato dalla Banca d'Italia (BO) XXXXX Membro designato dalla Banca d'Italia
(BO) XXXXXXXXX Membro di designazione rappresentativa degli intermediari
(BO) MARINARO Membro di designazione rappresentativa dei clienti
Relatore XXXXXXXX XXXXX XXXXXXXX XXXX
Seduta del 24/10/2017
FATTO
I ricorrenti espongono di avere stipulato il 26 luglio 2007 un contratto di mutuo ipotecario con la banca convenuta, per € 163.320,00 di capitale, e di avere richiesto nell’anno 2015 di offrire in garanzia, per l’importo residuo del mutuo, un altro cespite immobiliare di loro proprietà, con liberazione degli immobili gravati da ipoteca; con atto notarile del 15 settembre 2015, l’intermediario acconsentiva alla cancellazione dell’ipoteca originariamente iscritta, con contestuale iscrizione di nuova ipoteca sull’altro cespite, ferme le pattuizioni di cui al contratto originario.
Come dichiarato nell’atto notarile, a tale data l’importo residuo del contratto risultava di € 81.851,20 e, “in conseguenza di ciò, l’ipoteca del nuovo cespite veniva iscritta in data 18 settembre 2015 per importo di € 163.702,00”. Anche nella comunicazione datata 21 settembre 2015 indirizzata al datore della fideiussione omnibus a suo tempo rilasciata a garanzia del mutuo, la banca “confermava ulteriormente tanto l’importo inziale del mutuo (€ 168.320,00), quanto l’importo residuo (€ 81.851,00) quale saldo dovuto al 15 settembre 2015”.
Nel settembre 2015 i ricorrenti prendevano contatto con altro intermediario, “onde ottenere nuovo contratto di mutuo a condizioni nettamente più favorevoli surrogando quello già in essere … nonché ottenere la disponibilità di una ulteriore liquidità a titolo personale”. Tale intermediario sospendeva la trattativa per la presenza di “incongruenze tra i dati da essi
forniti per l’istruttoria – attraverso gli atti notarili e l’ulteriore documentazione già citata – e i dati rivenienti dalla Centrale Rischi, come da prassi bancaria”; nell’occasione i ricorrenti, in assenza di chiarimenti da parte della convenuta, effettuavano accesso alla Centrale Rischi ed apprendevano che il debito segnalato dalla banca, in riferimento al mutuo di cui sopra, era “ingiustificatamente di € 94.685,00 alla data contabile del 31 dicembre 2015”. Esperite ripetute – e documentate – richieste di chiarimenti nei confronti dell’intermediario, alle stesse non ottenevano risposte soddisfacenti.
Nel 2017, rinunciando all’operazione di surroga già istruita e tramite una nuova operazione di finanziamento con altra banca, i ricorrenti si determinavano al rimborso anticipato del contratto con la banca convenuta, “per liberarsi di condizioni contrattuali ormai palesemente insostenibili e per rottura del rapporto fiduciario nei confronti dell’istituto di credito”.
I ricorrenti chiedono che venga dato atto della sottoscrizione della “ricognizione del credito” risultante dall’atto notarile del 15 settembre 2015, di “assenso alla cancellazione ipotecaria e concessione di ipoteca” e dalla nota trasmessa ai fideiussori del 21 settembre 2015, in forza dei quali sarebbe “evidente il riconoscimento da parte del creditore del debito complessivo a saldo (€ 81.851,20 alla date fissate sui documenti), al cui importo – ritenuto esigibile – si collega la consistenza delle garanzie indicate (ipoteca e fideiussione omnibus)”, con conseguente restituzione delle somme eccedenti versate in occasione del rimborso anticipato del mutuo (la differenza fra € 92.033,00 ed € 81.851,20) e “accertamento e liquidazione del risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale”.
DIRITTO
Le richieste della parte ricorrente non possono essere accolte per difetto di legittimazione passiva dell’intermediario convenuto.
Quest’ultimo, infatti, in data 29 luglio 2010 stipulava con altra società, ai sensi e per gli effetti della legge n. 130/1999 e dell’art. 58 del T.U.B., un accordo in forza del quale cedeva periodicamente, secondo un programma predefinito, crediti in bonis erogati in forza di contratti di finanziamento stipulati con propri clienti, nell’ambito dell’ordinaria attività di impresa; in particolare, in data 31 ottobre 2012 vendeva un blocco di finanziamenti erogati dalla banca convenuta, incluso quello in esame (cfr. allegato 6 alle controdeduzioni); conseguentemente, nell’atto di concessione di ipoteca del 15 settembre 2015, le parti davano atto che “con scambio di corrispondenza in data 31 ottobre 2012, [la banca convenuta] ha ceduto [alla società] un blocco di crediti in bonis derivanti da crediti ipotecari concessi … [dalla banca convenuta] … Apposito avviso di tale cessione è stato pubblicato sulla G.U. n. 130 del 6 novembre 2012; il credito derivante dal mutuo n. … (ex
n. …/001) di cui all’atto infra citato e le garanzie tutte, inclusa l’ipoteca … sono stati ceduti a seguito della predetta operazione” (cfr. allegato 1 al ricorso).
Va detto che, con apposita procura del 18 settembre 2014, l’intermediario convenuto riceveva da detta società ampio mandato ad eseguire, tra l’altro, cancellazioni di ipoteca: mandato che, a sua volta, conferiva ad altra banca dello stesso gruppo, sulla base dell’ampio mandato ricevuto.
Gli stessi accordi di sospensione del pagamento delle rate del mutuo venivano in effetti stipulati tra i ricorrenti e la società cessionaria, per il tramite dell’intermediario convenuto ma in qualità di mero mandatario (cfr. allegati 2 e 3 al ricorso).
In definitiva, titolare del contratto e del credito verso i ricorrenti era, ed è, non
l’intermediario convenuto ma altra società, come risulta dalla stessa segnalazione della Centrale Rischi (cfr. allegato 4 al ricorso).
L’intermediario convenuto ha eccepito in via preliminare il proprio difetto di legittimazione passiva, facendo presente quanto sopra, e cioè di avere ceduto ad altra società il credito vantato nei confronti dei ricorrenti, derivante dal contratto di mutuo a suo tempo stipulato con gli stessi (cfr. allegato 6 alle controdeduzioni).
Va osservato che nell’atto di assenso alla cancellazione ipotecaria del 15 settembre 2015
– con il quale, come sostiene la parte ricorrente, l’intermediario avrebbe effettuato una “ricognizione di credito” – si dà espressamente atto dell’intervenuta cessione del credito ad altra società. Inoltre, gli stessi accordi di sospensione del pagamento delle rate del mutuo erano stati presi con tale altra società (cfr. allegati 1, 2 e 3 alle controdeduzioni), da essa rappresentata in qualità di mandataria.
Come detto, anche nella segnalazione in Centrale Rischi viene indicata la società cessionaria quale creditrice dei ricorrenti.
Com’è noto, la cessione del credito è un contratto che realizza una modificazione dal lato attivo del rapporto obbligatorio. In particolare, per effetto del consenso legittimamente espresso fra il cedente e il cessionario, tale accordo produce l’immediato trasferimento del diritto di credito al cessionario, il quale diviene l’unico soggetto legittimato a pretendere la prestazione dal debitore ceduto.
Per effetto della realizzata cessione, l’unico soggetto legittimato a pretendere il pagamento del debito residuo derivante dal contratto di mutuo (ed eventualmente a disporne) sarebbe dunque la società cessionaria e non l’intermediario convenuto (se non su mandato della prima).
La società cessionaria appartiene al medesimo gruppo bancario cui appartiene l’intermediario contro cui è stato proposto il ricorso. Tuttavia, va rilevato che, nonostante il gruppo eserciti un’unica impresa, le varie società che lo costituiscono devono essere considerate come entità giuridicamente distinte e indipendenti l’una dall’altra: cfr. le sentenze del Consiglio di Stato, Sez. V, n. 278/2007, e della Corte di Cassazione, Sez. I, n. 521/1999.
PER QUESTI MOTIVI
Il Collegio non accoglie il ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1