O s s e r v a t o r i o p e r i l S e t t o r e C h i m i c o
O s s e r v a t o r i o p e r i l S e t t o r e C h i m i c o
M i n i s t e r o d e l l ’ I n d u s t r i a
d e l C o m m e r c i o e d e l l ’ A r t i g i a n a t o
Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato
Direzione Generale per lo Sviluppo Produttivo e la Competitività
OSSERVATORIO PER IL SETTORE CHIMICO
Quaderni dell’Osservatorio chimico
L'INDUSTRIA ITALIANA DELLE MATERIE PRIME FARMACEUTICHE
Aprile 2001
Presentazione
Nei confronti competitivi a livello internazionale il sistema industriale del nostro paese risulta fortemente penalizzato dalla scarsa diffusione di processi di ricerca e innovazione tecnologica.
Il Ministero dell’Industria può e deve svolgere in questo campo un ruolo assai significativo, sostenendo e dando rilevanza a quei comparti che si distinguono nel panorama italiano per l’attenzione rivolta alle attività di ricerca e innovazione.
L’Osservatorio per il settore chimico, istituito all’interno del Ministero dell’Industria, sin dalla sua costituzione ha individuato nell’innovazione uno dei nodi prioritari per lo sviluppo della chimica italiana e sin dal 1997 ha lavorato di concerto con tutti i soggetti interessati - le imprese (Federchimica e Unionchimica), i sindacati e i Ministeri dell’Ambiente, del Commercio estero, dell’Università e della Ricerca scientifica e della Sanità – per valorizzare e diffondere la cultura dell’innovazione fra le aziende e gli operatori del comparto.
A tal fine nell’anno 2000 è stato realizzato il progetto “Diffusione dell’innovazione nelle PMI chimiche”, mentre per l’anno 2001 è in corso di attuazione un progetto per la costruzione di una rete della ricerca e dell’innovazione nelle 15 province in cui l’Osservatorio chimico svolge la propria attività.
Xxx si inserisce in tale contesto il lavoro qui presentato, il terzo dei quaderni settoriali dell’Osservatorio, dedicato al comparto delle materie prime farmaceutiche, un’analisi aggiornata ed approfondita di uno dei settori industriali del nostro paese che maggiormente si distingue per l’attenzione e le risorse destinate alla ricerca e all’innovazione dei processi produttivi.
Xxxxxx Xxxxx
Ministro dell’Industria
Introduzione
Nella collana dei quaderni dell’Osservatorio Chimico non poteva mancare l’analisi di un comparto rappresentativo di un autentico caso di eccellenza nel variegato mondo dei settori chimici e della chimica fine e specialistica in particolare.
L’industria italiana delle materie prime farmaceutiche è riuscita a costruire sui punti di forza delle proprie imprese un successo italiano in Europa e nel mondo che si rafforza di anno in anno e che ha permesso di raggiungere un valore della produzione di circa 6.000 miliardi di lire con crescita costante di un’occupazione altamente qualificata. La nazionalità italiana del comparto è ancora garantita dalla predominanza di società nazionali di dimensioni medio o medio-piccole, caratteristica della maggior parte dei casi di successo del Made in Italy.
Con una quota esportata che raggiunge l’85% per il segmento dei principi attivi, i prodotti italiani sono destinati perlopiù a Paesi industrializzati, i più esigenti in termini di contenuto qualitativo, che hanno mostrato di apprezzare l’elevata professionalità delle nostre imprese, nonché la qualità ed affidabilità del prodotto offerto.
Flessibilità ed efficienza produttiva, focalizzazione sull’attività di ricerca e sviluppo di processo ed una manodopera altamente qualificata sono tra i fattori di successo alla base della competitività delle imprese italiane del settore.
La criticità delle normative brevettuali e degli aspetti legati alla registrazione e immissione dei farmaci sui vari mercati rappresentano invece alcune delle problematiche comuni alle aziende italiane che hanno fondato la loro attività sulla produzione di materie prime per farmaci generici.
Il settore italiano delle materie prime farmaceutiche è di fatto l’unico tra i comparti chimici in cui l’Italia può vantare una leadership internazionale, rappresentando la sintesi migliore dei fattori tipici del successo della piccola-media impresa italiana. Il settore è altresì tra i più competitivi anche con riferimento all’intera industria manifatturiera: promuoverne lo sviluppo dipende anche dalla comprensione delle minacce e delle opportunità che fronteggiano le nostre imprese
Se non si risolveranno nel breve periodo alcuni nodi che nel contesto europeo penalizzano unicamente le imprese italiane, il settore rischia di non poter dare più il contributo allo sviluppo del nostro Paese.
E’ questo lo scopo del presente quaderno, che fotografando la realtà industriale del settore cerca di suggerire alcuni indirizzi di politica industriale che potranno promuovere la continua crescita ed eccellenza del settore.
Xxxxxxx Xxxxxxxx
Direttore Generale per lo Sviluppo Produttivo e la Competitività Presidente Osservatorio per il Settore Chimico
INDICE
1. INTRODUZIONE AL SETTORE DELLE MATERIE PRIME FARMACEUTICHE
2. PREMESSA
3. IL MERCATO MONDIALE
4. IL MERCATO EUROPEO
5. LA REALTA’ ITALIANA
6. IL CUSTOM MANUFACTURING DI INTERMEDI E PRINCIPI ATTIVI FARMACEUTICI
7. FATTORI CRITICI DI SUCCESSO
8. ASPETTI NORMATIVI, CO MPETITIVITA’ E SVILUPPO A MEDIO TERMINE
QUADRO DI SINTESI
Valore della produzione (b) (mld Lire) | 5249 |
Incidenza % su farmaceutica | 23% |
Incidenza % su chimica e farmaceutica | 6% |
Esportazioni totali (mld Lire) | 3140 |
Incidenza % su farmaceutica | 43% |
Incidenza % su chimica e farmaceutica | 12% |
Export/Valore della produzione | 60% |
Export per addetto (ml Lire) | 221 |
Spese del personale per dipendente (ml Lire) | 84 |
Operai/totale addetti | 44% |
Spese per R&S su valore della produzione | 3% |
Addetti alla ricerca/totale addetti (a) Anno 1996, imprese con 20 addetti e oltre, ISTAT | 5% |
Nota: Non si è provveduto all'aggiornamento dei dati per i seguenti motivi:
- non sono disponibili dati aggiornati al 2000;
- i dati strutturali sono tratti dal Censimento la cui ultima edizione risale al 1996;
- alcuni dati ISTAT sono anch'essi riferiti al ‘96, ma trattandosi di informazioni strutturali hanno certamente ancora valore
1. INTRODUZIONE AL SETTORE DELLE MATERIE PRIME FARMACEUTICHE
Il presente rapporto ha per oggetto il settore delle materie prime farmaceutiche.
Per comprendere appieno le caratteristiche e la rilevanza dei prodotti che lo costituiscono è opportuno soffermarsi brevemente sulle caratteristiche del processo produttivo in cui il settore si inserisce, come emerge dallo schema seguente.
molecole chimiche elementari
intermedi lontani
intermedi avanzati
principi attivi
composti farmaceutici
Chimica di base
Materie Prime Farmaceutiche
Formulazione farmaceutica (specialità)
Le materie prime farmaceutiche si inseriscono all’interno di una filiera che vede a monte il settore della chimica di base, che fornisce le materie prime fondamentali, mentre il mercato di sbocco è costituito dalle imprese farmaceutiche.
Nella porzione di filiera che identifica il comparto della chimica fine farmaceutica, possono essere a loro volta individuate alcune sotto- fasi fondamentali, corrispondenti ad altrettanti step del processo produttivo:
?? produzione di intermedi lontani: i cosiddetti building blocks, a volte vere e proprie commodities chimiche (ottenute combinando con diversi processi diverse molecole fondamentali);
?? produzione di intermedi avanzati, ottenuti unendo gli intermedi lontani ad altri composti minori;
?? produzione del principio attivo, che rappresenta l’ultima fase produttiva.
Nell’ambito della filiera, le imprese farmaceutiche a valle si occupano della formulazione del prodotto farmaceutico finito per l’utilizzo da parte del paziente. Questo comporta la
scelta delle forme di somministrazione (via orale, endovenosa, ecc.) o la composizione del prodotto finale (composti aggiuntivi, eccipienti, ecc.).
Scendendo più in dettaglio, a valle della filiera è possibile individuare due grandi tipologie di farmaci: i farmaci coperti da protezione brevettuale e quelli a brevetto scaduto (generici).
Le specialità medicinali sono farmaci, precedentemente preparati, commercializzati con un nome specifico e in una confezione particolare. Nell’ambito delle specialità medicinali si possono distinguere i seguenti due comparti fondamentali.
?? I farmaci etici, ovvero prodotti aventi funzione terapeutica essenziale, registrati presso il Ministero della Sanità e venduti in farmacia al pubblico dietro prescrizione medica. Le specialità etiche sono commercializzate in varie forme farmaceutiche (capsule, compresse, fiale, …) e diversi dosaggi di principio attivo. L’informazione su tale tipologia di farmaci è sorvegliata dal Ministero della Sanità e può utilizzare solo i canali specializzati rivolti ai medici. Inoltre, i farmaci etici possono essere pubblicizzati solo su riviste che hanno contenuto scientifico-sanitario.
?? I medicinali di automedicazione, ovvero quei farmaci che per la loro composizione e il loro obiettivo terapeutico vengono concepiti e realizzati per essere utilizzati senza intervento di un medico per la diagnosi , la prescrizione o la sorveglianza in corso di trattamento. Si distinguono, in funzione del regime pubblicitario, in due categorie: gli OTC (dall’inglese over the counter), per i quali è possibile effettuare pubblicità in pubblico, e i senza prescrizione (SP), che sono invece assoggettati ai vincoli di pubblicità previsti per gli etici.
A parte i fenomeni di integrazione con l’industria farmaceutica (captive use) e il fenomeno crescente del custom manufacuring (di cui si tratterà diffusamente nel capitolo 6), il farmaco generico è la categoria che interessa da vicino l’oggetto di questo studio, in quanto è al mercato ad esso relativo che i produttori di materie prime farmaceutiche soprattutto italiane si rivolgono. Il farmaco generico viene definito come copia del prodotto originale quando il brevetto è scaduto. Come per le specialità medicinali, anche per i generici, si distingue tra farmaci etici e da banco, con le stesse implicazioni sopra descritte.
In linea di principio il generico può essere immesso in commercio senza necessità di ricorrere a un marchio commerciale, tuttavia sui mercati internazionali sono attualmente disponibili diverse tipologie di generici, da quelle con marchio (branded generics), a quelli commercializzati sotto la cosiddetta Denominazione Comune Internazionale (DCI), fino al generico puro (unbranded), che non è più una specialità ma una semplice commodity.
E’ comunque indispensabile, per essere definito generico, che il farmaco contenga lo stesso principio attivo del prodotto originale brevettato.
Come emerge da questa breve descrizione, il legame che unisce l’industria delle materie prime farmaceutiche a quella farmaceutica è molto forte. Le imprese del settore in esame operano in diverse fasi che, partendo dalle sostanze chimiche fondamentali, sfociano nella produzione di principi attivi.
Il punto di forza di questo comparto consiste nella capacità di trovare il miglior metodo produttivo di una determinata sostanza. Normalmente queste aziende non si dedicano alla Ricerca e Sviluppo di nuove molecole, bensì alla R&S di processo. Le dimensioni richieste e gli sforzi finanziari necessari alla R&S su nuovi prodotti, infatti, sono solo prerogativa delle delle grandi imprese multinazionali. Esse forniscono invece un notevole apporto di “know- how” nel delicato passaggio dal laboratorio alla produzione industriale (innovazione di processo). Questa caratteristica, come si vedrà, emerge chiaramente dall’analisi dei dati sull’attività di R&S delle imprese italiane di questo comparto.
Un’altra caratteristica che contraddistingue il settore è la forte focalizzazione sui processi di sintesi chimica. Inoltre, dato che il raggiungimento dell’efficienza produttiva richiede la realizzazione di quantitativi di prodotto che normalmente eccedono i livelli annuali di domanda di una singola sostanza, si riscontra la generale diffusione di impianti multiuso automatizzati. Ciò determina un’altra caratteristica rilevante: quella di essere a elevata intensità di manodopera altamente qualificata, in grado di operare controlli accurati sul transito di sostanze diverse e in tempi diversi all’interno dei reattori e di ottenere la totale decontaminazione dei vari apparati dalle sostanze precedentemente trattate.
2. SOMMARIO
Nel contesto mondiale ed europeo delle materie prime farmaceutiche e, in particolare, dei principi attivi farmaceutici, l’Italia occupa una posizione di primo piano; la produzione italiana rappresenta l’11,5% dell’intero mercato mondiale di materie prime farmaceutiche (principi attivi e intermedi) - valutato in circa 27 miliardi USD nel 1999 - e il 14,7% del mercato mondiale dei soli principi attivi - valutato in circa 17 miliardi USD -.In Europa Occidentale l’Italia rappresenta quasi il 30% dell’intera produzione di principi attivi di quest’area geografica, valutata in circa 8,5 miliardi USD nel 1999.
La produzione italiana di principi attivi, valutata in circa 4540 miliardi di Lire nel 1999, rappresenta all’incirca l’80% dell’intera produzione italiana di materie prime farmaceutiche (principi attivi + intermedi: 5630 miliardi di Lire nel 1999 secondo le stime Aschimfarma) in relazione ad una precisa vocazione dell’industria nazionale a concentrare prevalentemente i suoi sforzi su questa tipologia di prodotti.
Il fatturato dell’industria italiana delle materie prime farmaceutiche è in continua, progressiva espansione, a tassi medi annui intorno al 10% (in valore), a riprova della vitalità del settore.
L’esportazione di principi attivi rappresenta all’incirca l’85% dell’intera produzione italiana ed è rivolta verso paesi nei quali, a differenza dell’Italia, esiste un mercato del farmaco generico; per la maggior parte verso paesi industrializzati (soprattutto USA e paesi UE) più esigenti in termini di contenuto qualitativo del prodotto richiesto.
Va inoltre rapidamente crescendo, il fenomeno della “custom synthesis”, realizzazione di sofisticate molecole in esclusiva per singole società farmaceutiche multinazionali, che scelgono preferenzialmente aziende italiane, grazie all’immagine di elevata professionalità di cui queste godono tradizionalmente sul mercato internazionale.
I punti di forza dell’industria italiana sono sintetizzabili in:
?? flessibilità e capacità di reazione
?? innovazione tecnologica
?? qualità ed affidabilità del prodotto offerto
a loro volta resi possibili dalla pluriennale esperienza delle imprese italiane (mediamente le aziende italiane possono vantare una presenza di circa cinquant'anni in questo mercato).
Oltre al grande ritardo del mercato del farmaco generico in Italia, l’industria italiana del settore è però, allo stato attuale, fortemente minacciata da altri elementi, in particolare:
?? mancata armonizzazione a livello internazionale per quanto concerne gli aspetti brevettuali;
?? lunghi tempi richiesti in fase di registrazione e immissione del farmaco sul mercato;
?? normative italiane penalizzanti, in particolare in materia ambientale (che si traducono in perdita di competitività per un settore fortemente orientato all’export, ma che produce la quasi totalità in Italia);
?? concorrenza, in particolare da parte dei produttori asiatici, aggressivi grazie ai bassi costi, agli incentivi governativi concessi e alle normative meno restrittive nell’ambito della sicurezza e della tutela ambientale;
?? normative nazionali in materia di autorizzazioni a utilizzare principi attivi farmaceutici provenienti da Paesi extracomunitari e fabbricati in siti non ispezionati e quindi senza le indispensabili garanzie di qualità.
Per superare tali difficoltà è indispensabile che si riesca a realizzare un’armonizzazione normativa e brevettuale globale, che consenta alle aziende italiane di competere solo sulla base della qualità e affidabilità dei prodotti, tradizionale punto di forza dell’industria italiana.
Una strategia difensiva che le aziende italiane perseguono è quella di realizzare delocalizzazioni produttive, attraverso acquisizioni o partnership in paesi più favoriti da un punto di vista brevettuale. In un contesto del genere il custom manufacturing rappresenta l’unica opportunità di crescita per le imprese italiane, con siti produttivi localizzati in Italia.
3. IL MERCATO MONDIALE
A livello mondiale, il business delle materie prime per l’industria farmaceutica è stimato in circa 27 miliardi dollari USA nel 1999, corrispondente al 10% circa del valore del mercato dei farmaci. Il dato, se confrontato con quello italiano, fornisce una prima significativa
conferma del peso che in Italia le materie prime farmaceutiche hanno sul totale della farmaceutica (quasi il 23% del fatturato globale, secondo i dati ISTAT riferiti al 1996).
Del mercato mondiale delle materie prime farmaceutiche, i principi attivi rappresentano il 63% in valore.
Tavola 1 - Mercato mondiale delle materie prime per industria farmaceutica: anno 1999
____________________
Miliardi USD | % | |
Principi attivi | 17,0 | 63,0 |
Intermedi | 10,0 | 37,0 |
Totale | 27,0 | 100 |
Fonte: elaborazioni Aschimfarma | ||
Le proiezioni di crescita della domanda | mondiale sono di | un 4,3% medio annuo nei |
prossimi quattro anni, con un valore di mercato stimato nel 2003 di circa 32 miliardi dollari USA.
Attualmente, la domanda di principi attivi è concentrata per oltre il 70% in Nord America ed Europa Occidentale, ciascuna con quote all’incirca uguali.
Tavola 2 - Ripartizione della domanda mondiale di principi attivi farmaceutici per principali aree geografiche: anno 1999
Area geografica | Miliardi USD | % |
Nord America | 6,3 | 37,1 |
Europa Occidentale | 6,2 | 36,5 |
Europa dell’Est | 1,4 | 8,2 |
Resto mondo | 3,1 | 18,2 |
TOTALE | 17,0 | 100,0 |
Fonte: elaborazioni Aschimfarma |
Mentre i consumi sono all’incirca uguali in Nord America ed Europa Occidentale, il Nord America è decisamente importatore di principi attivi farmaceutici, mentre l’Europa Occidentale è esportatore. Infatti, mentre in Nord America l’entità della domanda è all’incirca uguale a quella dell’Europa Occidentale, la produzione Nord Americana è all’incirca un terzo rispetto a quella dell’Europa Occidentale, area geografica nella quale è concentrata la metà dell’intera produzione mondiale.
Tavola 3 - Ripartizione della produzione mondiale di principi attivi per industria farmaceutica per principali aree geografiche: anno 1999
Area geografica | Miliardi USD | % |
Nord America | 3,1 | 18,2 |
Europa Occidentale | 8,5 | 50,0 |
Europa dell’Est | 0,7 | 4,1 |
Resto mondo | 4,7 | 27,7 |
Totale mondo | 17,0 | 100,0 |
Fonte: elaborazioni Aschimfarma |
Da un confronto tra i dati delle tabelle sopra riportate risulta che:
?? il Nord America ha un saldo commerciale negativo di 3,2 miliardi USD;
?? l’Europa Occidentale un saldo commerciale positivo di 2,3 miliardi USD.
Per quanto concerne l’offerta, al di fuori dell’Europa Occidentale un paese che gode di una posizione di forza è Israele, sia sotto il profilo tecnologico che commerciale; va inoltre segnalata la crescente concorrenza proveniente dai cosiddetti paesi “emergenti”, in particolare:
?? Cina, più orientata verso la produzione di intermedi;
?? India, orientata in particolare verso la produzione di principi attivi.
Per tali paesi si fa presente quanto segue.
?? Si stanno regolamentando sotto il profilo delle approvazioni da parte degli Organismi Normativi dei paesi verso i quali vogliono esportare (es: FDA negli USA); a questo proposito è significativo il seguente dato: in Cina il numero di aziende produttrici di
materie prime farmaceutiche che hanno ottenuto l’approvazione FDA è passato da meno di cinque a oltre trenta nel corso degli ultimi 4 anni.
?? Sono favoriti dai più bassi costi della manodopera e dell’ecologia;
?? In particolare l’India ha una buona chimica.
?? Nonostante la protezione brevettuale stia diventando una realtà anche in questi paesi, questo è un concetto che sta avanzando in forte ritardo rispetto a quanto avvenuto nelle aree industrializzate; in India, per esempio, la proprietà intellettuale di una molecola sarà sotto protezione completa solo dopo il 2004.
?? L’India gode di sovvenzioni governative per quanto concerne le esportazioni; per contro esistono contingentamenti e duties sulle importazioni (per esempio per gli antibiotici).
4. IL MERCATO EUROPEO
4.1. Europa Occidentale
Tra i paesi dell’Europa Occidentale, l’Italia rappresenta quasi il 30% dell’intera produzione di principi attivi; secondo produttore è la Spagna, con una quota, sulla produzione totale, di circa il 19%. Il peso dell’Italia nella produzione europea di principi attivi appare assolutamente superiore a quello che contraddistingue l’industria chimica e farmaceutica nel suo complesso (quasi l’11% secondo i dati riferiti al 1998 del CEFIC, ovvero l’Associazione chimica europea). E’ interessante di conseguenza sottolineare che la specializzazione in questo settore è significativamente diversa da quella presente nella chimica nel suo complesso e nella farmaceutica.
Tavola 4 - Produzione di principi attivi per l’industria farmaceutica in Europa Occidentale: anno 1999
_______________________________________
Paese | Miliardi USD | % | |
Italia | 2,5 | 29,4 | |
Spagna | 1,6 | 18,8 | |
Altri paesi | 4,4 | 51,8 | |
Totale | 8,5 | 100 | |
Fonte: elaborazioni Aschimfarma |
Se le motivazioni che stanno alla base delle posizioni di rilievo di Italia e Spagna come supplier di principi attivi farmaceutici sono storicamente le stesse (iniziale mancanza di una normativa in materia di protezione brevettuale che ha favorito lo sviluppo dell’industria del settore), l’Italia ha però poi saputo meglio sviluppare la sua esperienza in materia sotto il profilo tecnologico e, più in generale, della qualità del prodotto. Ciò ha determinato una maggior “penetrazione” dell’industria italiana rispetto a quella spagnola. A questo proposito è significativo il seguente dato: nel periodo 1990- 1998 la produzione italiana di principi attivi per industria farmaceutica, valorizzata in dollari USA, è cresciuta di circa l’80%, mentre la produzione spagnola, sempre nello stesso periodo e sempre valorizzata in dollari USA, è aumentata solo di poco più del 10%. E ciò è avvenuto in un contesto di mercato interno assai simile; infatti sia in Italia che in Spagna il mercato del generico è stato, negli anni considerati, praticamente inesistente; per entrambi i paesi pertanto l’impulso alla produzione veniva essenzialmente dalle esportazioni.
In generale negli altri paesi dell’Europa Occidentale esistono pochi produttori significativi di principi attivi farmaceutici, e, comunque, poco orientati all’esportazione; a questo proposito si fa presente che, per esempio, la Germania esporta principi attivi farmaceutici per un valore complessivo di soli circa 100 milioni USD , contro gli oltre 2 miliardi USD esportati dall’Italia.
La domanda di principi attivi per uso farmaceutico in Europa Occidentale è concentrata prevalentemente nel Regno Unito e in Germania, che, insieme, rappresentano circa il 70% dei consumi europei occidentali, anche grazie all’elevata quota, in questi paesi, del farmaco generico sulle vendite totali di farmaci.
I dati della tabella che segue mettono chiaramente in evidenza che in Italia il mercato del generico è in una posizione di forte arretratezza rispetto alla quasi totalità degli altri paesi dell’Europa Occidentale.
In generale anche per i prossimi anni il mercato del farmaco generico è previsto in crescita in quasi tutti i paesi dell’Europa Occidentale.
Tavola 5 - Quota delle vendite di farmaci generici sul totale vendite di farmaci prescritti in alcuni paesi dell’Europa Occidentale: 1999 (1)
Paese Quota % (2) Note
Germania 40
Regno Unito 37 In crescita
Danimarca 39
Olanda > 25
Grecia 15
Finlandia 34
Irlanda 14 Dato 1997: in forte crescita
Spagna (*) In fase di decollo
Francia 5 In fase di decollo Italia 2 - 3
___
(1) Salvo diversa indicazione
(2) Riferita al valore
(*) Attualmente trascurabile
Fonte: elaborazioni Aschimfarma
In particolare è interessante il caso della Francia, il cui mercato del farmaco generico era, fino a poco tempo fa’, per certi aspetti simile a quello italiano. Va però rilevato che il Decreto Legislativo varato in Francia nel 1997 sui farmaci generici ha introdotto alcune misure per facilitare la registrazione e rendere più competitivo il costo dei farmaci generici. La Legge francese è stata accompagnata anche da un’opportuna campagna pubblicitaria e di informazione sulle caratteristiche e sui costi del farmaco generico. Il mercato del farmaco generico ne sta risentendo positivamente e inizia ad assumere una precisa dimensione.
4.2. Europa dell’Est
La domanda di principi attivi per industria farmaceutica nell’Europa dell’Est è stimata in circa 1,4 Miliardi USD (anno 1999); il mercato è concentrato in particolare in Polonia e Ungheria, che, insieme, rappresentano una quota non lontana dal 50% dei consumi totali di quest’area geografica.
Tavola 6 - Domanda di principi attivi farmaceutici nell’Europa dell’Est: 1999
Paese | Miliardi USD | % | ||
Polonia | 0,43 | 30,7 | ||
Ungheria | 0,22 | 15,7 | ||
Altri | 0,75 | 53,6 | ||
Totale | 1,40 | 100 | ||
Fonte: elaborazioni Aschimfarma |
Una certa ripresa della domanda è stata registrata nella seconda metà del 1999 nella ex Yugoslavia, in concomitanza con la fine della guerra del Kosovo.
Per quanto concerne i paesi della ex Unione Sovietica, va segnalato un vero e proprio “crollo” della domanda interna di principi attivi dopo il collasso del comunismo; in particolare, in Russia attualmente la tendenza è verso l’acquisto di farmaci già pronti e confezionati, anche se esiste ancora, comunque, un’industria locale farmaceutica, incentrata, soprattutto, sulla produzione di farmaci “essenziali” (tipicamente antibiotici).
In genere le industrie farmaceutiche nei paesi della ex Unione Sovietica sono localizzate prevalentemente in precise aree geografiche, in particolare:
?? in Russia nelle zone di San Xxxxxxxxxxx, Mosca, Vladimir, Tver;
?? in Ucraina nelle zone di Kyjiv e Charkiv.
Attualmente l’Est Europa, globalmente considerata, non è autosufficiente per il proprio fabbisogno di intermedi e principi attivi farmaceutici, che viene soddisfatto intorno al 50% dall’importazione; questa proviene, in prevalenza, da paesi fornitori di prodotto a basso costo (es: India).
Per quanto concerne il futuro di medio periodo (4-5 anni), le prospettive di crescita della domanda continuano a restare positive in particolare per Polonia e Ungheria; altamente critica e incerta si può definire la situazione in Russia, mentre, tra i paesi della ex Unione Sovietica, le attese più positive sono per il mercato ucraino.
5. LA REALTA’ ITALIANA
5.1. Breve cenno alla storia dell’industria italiana dei principi attivi per l’industria farmaceutica
L’industria italiana dei principi attivi farmaceutici nasce dopo la fine della seconda guerra mondiale, tra il 1945 e il 1950, e si sviluppa progressivamente fino al 1978, favorita anche dal fatto che il principio attivo poteva, fino a quella data, essere prodotto senza vincoli brevettuali; in altri termini poteva essere “copiato”.
Nel 1978 entra in vigore la Normativa relativa alla Protezione Brevettuale, che preclude la possibilità di “copiare” un Brevetto per un certo numero di anni. Diverse aziende italiane reagiscono puntando sulla produzione di principi attivi per farmaci generici da destinare all’esportazione in quei paesi nei quali è florido il farmaco generico. In particolare le esportazioni vengono dirette verso gli USA, dove il farmaco generico ha una posizione di rilievo, grazie ad una serie di fattori, quali:
?? politiche di incentivazione adottate dal Governo Centrale e da molti Stati Federali;
?? promozione della conoscenza del farmaco generico da parte delle Health Maintenance Organizations (le Compagnie Assicurative che garantiscono la copertura sanitaria al cittadino);
?? possibilità per il farmacista di sostituire il farmaco prescritto; elevati margini di guadagno che le industrie produttrici concedono alle farmacie sui generici.
Tramite lo sviluppo delle esportazioni, quella che per l’industria italiana poteva inizialmente rappresentare una minaccia è divenuta, in realtà, un’opportunità di crescita che ha determinato, nel tempo:
?? una “cultura” in termini di qualità del prodotto e di sistema;
?? una specializzazione nel settore dei generici;
?? una mentalità “export - oriented”;
?? una leadership a livello internazionale;
?? un flusso di esportazioni che ne fanno uno dei pochi settori italiani ad elevata
?? tecnologia con alta specializzazione.
5.2. La struttura del settore
La produzione italiana delle materie prime farmaceutiche è ancora realizzata in prevalenza da società italiane. Il rafforzamento di questo settore con condizioni operative certe e favorevoli per le imprese permetterebbe di mantenere la nazionalità italiana del comparto, uno dei pochi in cui la presenza delle multinazionali estere non è predominante.
Va comunque segnalato il crescente fenomeno di acquisizioni da parte di Gruppi stranieri, che hanno mostrato un notevole interesse per la chimica fine-farmaceutica.
Il settore si caratterizza per la presenza di forme societarie avanzate. Ciò è ben confermato dall’analisi della struttura proprietaria delle imprese: ben il 96% sono società di capitali; inoltre il fenomeno non appare limitato alla grande dimensione, dal momento che, con la sola eccezione delle imprese con meno di 20 addetti (ed escludendo le micro- imprese fino a 9), in tutte le altre classi dimensionali l’impresa di capitali è l’unica forma societaria esistente.
Tavola 7 - La forma giuridica dei produttori di materie prime farmaceutiche – segmentazione dimensionale
Classe di addetti | Società di capitale | % su totale imprese | addetti alle soc. cap. | % su totale addetti |
da 10 a 19 addetti | 19 | 83% | 269 | 85% |
da 20 a 49 addetti | 34 | 100% | 1054 | 100% |
da 50 a 99 addetti | 25 | 100% | 1679 | 100% |
da 100 a 199 addetti | 21 | 100% | 2946 | 100% |
da 200 a 499 addetti | 7 | 100% | 2440 | 100% |
500 addetti e oltre | 4 | 100% | 3892 | 100% |
Totale | 110 | 96% | 12280 | 100% |
(a) imprese con oltre 9 addetti
Fonte: ISTAT, Censimento intermedio dell'industria e dei servizi, 1996
L’offerta di materie prime farmaceutiche si presenta frammentata in un elevato numero di aziende, per la maggior parte di dimensioni medie o medio-piccole. Sulla base dei dati dell’ultimo Censimento dell’industria e dei servizi (1996) possiamo affermare che il 90%
delle imprese ha meno di 200 addetti e queste imprese rappresentano il 50% dell’occupazione totale.
La distinzione tra le piccole-medie imprese (< 200 addetti) e quelle medio-grandi (200 addetti e più) appare molto appropriata in quanto consente di cogliere meglio gli elementi di asimmetria dimensionale tra il settore delle materie prime farmaceutiche, da un lato e l’industria farmaceutica e quella chimica dall’altro.
Con una dimensione media di circa 58 addetti, le piccole-medie imprese produttrici di materie prime farmaceutiche presentano una struttura molto più simile a quella dell’industria farmaceutica (61 addetti) che non a quella dell’industria chimica (36 addetti).
Se consideriamo invece la medio-grande impresa, con una dimensione media di 576 addetti, essa si presenta strutturalmente un po’ più piccola sia di quella farmaceutica (684 addetti) che di quella chimica (674 addetti). Più in dettaglio, i dati del censimento ci permettono di evidenziare la forte concentrazione che caratterizza le imprese medio- grandi, dal momento che il primo 5% delle imprese più grandi (10 imprese) detiene il 49% circa degli addetti, ovvero la quasi totalità degli occupati nelle imprese con più di 200 addetti (50%). Nella farmaceutica la quota di occupazione detenuta dal primo 5% di imprese più grandi appare notevolmente inferiore (il 55% degli addetti totali) contro una quota di occupazione delle medio-grandi imprese più ampia (75%).
In buona sostanza, il settore si distingue per la presenza forte sia della piccola-media impresa che della grande impresa, mentre appare meno rilevante la presenza di imprese medio-grandi (tra i 200 e i 499 addetti).
La tipica impresa del settore ha da 50 a 200 addetti: sono infatti il 40% del totale e occupano il 38% degli addetti (contro il 19% nella farmaceutica e il 22% nella chimica).
Tavola 8 - Distribuzione delle imprese e degli addetti per classi dimensionali (a)
Materie prime farmaceutiche Industria farmaceutica
Industria chimica (b)
Anno 1996 Numero Distribuzione % Distribuzione % Distribuzione %
Imprese | Addetti | Imprese | Addetti | Imprese | Addetti | Imprese | Addetti | |
da 10 a 19 addetti | 23 | 317 | 20% | 3% | 17% | 1% | 43% | 7% |
da 20 a 49 addetti | 34 | 1054 | 30% | 9% | 29% | 5% | 32% | 12% |
da 50 a 99 addetti | 25 | 1679 | 22% | 14% | 15% | 5% | 12% | 10% |
da 100 a 199 addetti | 21 | 2946 | 18% | 24% | 18% | 14% | 7% | 12% |
da 200 a 499 addetti | 7 | 2440 | 6% | 20% | 10% | 16% | 5% | 17% |
oltre 500 addetti | 4 | 3892 | 4% | 32% | 11% | 59% | 2% | 42% |
TOTALE | 114 | 12328 | 100% | 100% | 100% | 100% | 100% | 100% |
(a) unità locali con oltre 9 addetti
(b) esclusa la farmaceutica
Fonte: Istat, Censimento intermedio dell'industria e dei servizi, 1996
Con riferimento alla distribuzione sul territorio nazionale, la produzione di materie prime farmaceutiche, come del resto il complesso delle attività chimiche, appare fortemente presente nell’area nord-ovest (67% delle imprese). In particolare, la Lombardia è in assoluto la regione maggiormente interessata, con il 58% dell’occupazione totale, in prevalenza concentrata nell’area milanese (71% dell’occupazione lombarda).
Nel centro Italia il Lazio detiene il 20% degli addetti del settore, mentre è quasi trascurabile il contributo all’occupazione totale delle imprese meridionali.
Tavola 9 - Ripartizione territoriale delle unità locali e degli addetti (a)
Unità locali | distr. % u.l. | Addetti alle u.l. | distr. % addetti | |
Piemonte | 15 | 10% | 1260 | 10% |
Lombardia | 83 | 54% | 7180 | 58% |
Liguria | 4 | 3% | 146 | 1% |
Trentino-Alto Adige | 1 | 1% | 190 | 2% |
Veneto | 7 | 5% | 644 | 5% |
Friuli-Venezia Giulia | - | - | - | - |
Xxxxxx-Romagna | 7 | 5% | 229 | 2% |
Toscana | 13 | 8% | 1146 | 9% |
Umbria | - | - | - | - |
Marche | - | - | - | - |
Lazio | 14 | 9% | 1332 | 11% |
Abruzzo | - | - | - | - |
Molise | 1 | 1% | 84 | 1% |
Campania | 4 | 3% | 57 | n.s. |
Puglia | 1 | 1% | 38 | n.s. |
Basilicata | 1 | 1% | 37 | n.s. |
Calabria | 1 | 1% | 15 | n.s. |
Sicilia | 1 | 1% | 12 | n.s. |
Sardegna | - | - | - | - |
TOTALE | 153 | 100% | 12370 | 100% |
Nord-ovest | 102 | 67% | 8586 | 69% |
Nord-est | 15 | 10% | 1063 | 9% |
Centro | 27 | 18% | 2478 | 20% |
Sud e isole | 9 | 6% | 243 | 2% |
(a) unità locali con oltre 9 addetti
Fonte: Istat, Censimento intermedio dell'industria e dei servizi, 1996
5.3. Le caratteristiche dell’offerta
Con un fatturato che nel 1996 (ultimo anno per cui si hanno stime attendibili di fonte ISTAT) superava i 5200 miliardi di lire la produzione del settore si ripartisce tra principi attivi destinati all’industria farmaceutica e “intermedi”, ovvero molecole meno sofisticate che trovano impiego anche in industrie diverse da quella farmaceutica.
Sulla base delle informazioni raccolte per il 1999 da Aschimfarma1 (che stima il fatturato del settore a 5600 miliardi di lire), la produzione totale è concentrata per circa l’80% sui principi attivi che, rispetto agli intermedi, consentono un maggior valore aggiunto, e nei quali l’Italia ha una tradizione consolidata.
Tavola 10 - Ripartizione del fatturato totale 1999 dell’industria italiana delle materie prime farmaceutiche per tipologia di prodotto
Tipologia di prodotto | Miliardi Lire | % |
Intermedi | 1.090 | 19,4 |
Principi attivi | 4.540 | 80,6 |
Totale | 5.630 | 100 |
Fonte: elaborazioni Aschimfarma |
Il settore delle materie prime farmaceutiche si caratterizza per il forte orientamento all’export: secondo i dati ISTAT esporta una quota pari al 60% della propria produzione (dati ‘96, tale percentuale dovrebbe essere significativamente aumentata negli ultimi anni). Tale quota appare ampiamente superiore a quella osservabile nell’industria farmaceutica e nel settore chimico-farmaceutico complessivamente considerato (per entrambe attorno al 32%).
1 Un confronto diretto tra la dimensione del settore quale emerge sulla base dei dati ISTAT, da un lato, e le stime Aschimfarma, dall’altro, non appare praticabile a causa della non assoluta coincidenza dell’universo di imprese di riferimento. Infatti, nel caso dei dati ISTAT, si fa riferimento alle imprese individuate sulla base di una classificazione di tipo statistico (ATECO 2441, ovvero fabbricazione di prodotti farmaceutici di base). Nel caso dei dati di fonte Aschimfarma le informazioni sono quelle desunte dalle imprese associate operanti, in prevalenza, nel campo dei principi attivi.
Tavola 11 - Produzione ed export - Anno 1996 (miliardi di lire)
Materie prime farmaceutiche
Industria farmaceutica
Industria chimica e farmaceutica
Numero unita' funzionali 97 295 1.261
VALORE DELLA PRODUZIONE 5.249 23.036 82.672
Fatturato all'esportazione 3.140 7.296 26.769
% export/valore della produzione 60% 32% 32%
Fonte: ISTAT, Conti economici delle imprese con 20 addetti e oltre
I dati qui commentati non permettono di separare le produzioni di principi attivi da quelle degli intermedi, per cui la quota di export si riferisce al totale della produzione realizzata dal settore. Secondo le stime di Aschimfarma, se si concentra l’analisi sulle produzioni di principi attivi la quota di export si colloca su valori pari all’80/85% dell’intero fatturato.
La forte propensione all’esportazione è da porre in relazione ai fattori di seguito elencati.
?? L’elevata qualità del prodotto italiano, che ha permesso di consolidare da tempo l’immagine dell’industria italiana dei principi attivi come fornitore sui mercati esteri più qualificati, in particolare negli USA.
?? Il fatto che le aziende italiane producono prevalentemente per il farmaco generico e in Italia il mercato del farmaco generico continua a restare molto limitato, per la mancanza di politiche di incentivazione del medesimo.
?? Il crescente fenomeno del custom manufacturing , ovvero la tendenza delle grandi industrie farmaceutiche a commissionare all’esterno la realizzazione di alcune fasi del processo produttivo sfruttando il know-how del fornitore. Il fenomeno sembra riguardare essenzialmente i rapporti tra i produttori italiani di intermedi e principi attivi e le Multinazionali farmaceutiche ubicate all’estero (in particolare USA, paesi UE, Giappone).
Tra gli oltre 90 paesi di destinazione, USA ed Europa Occidentale rappresentano oltre i due terzi delle esportazioni totali. In base ad un’indagine recentemente condotta dalla FDA (Food and Drug Administration) Americana, attualmente gli Stati Uniti importano circa l’80% dei principi attivi per il loro fabbisogno interno; fatte 100 le importazioni totali di principi attivi negli Stati Uniti, oltre il 70% proviene dall’Italia. L’industria italiana è, di conseguenza, il fornitore leader del mercato più grande e più evoluto del mondo. Questo aspetto è la miglior conferma dell’efficienza raggiunta dall’offerta italiana.
Tavola 12 - Esportazioni di materie prime farmaceutiche dall’Italia per principali aree geografiche di destinazione: 1999
Destinazione Miliardi Lire %
Paesi dell’Europa Occidentale (1) 1.707 35,5
USA 1.616 33,6
Resto mondo 1.489 30,9
Totale 4.812 100
(1) In prevalenza Germania e Regno Unito
Fonte: elaborazioni Aschimfarma
Per quanto concerne la fase di commercializzazione, la quota più rilevante delle vendite viene realizzata tramite uno staff commerciale interno all’azienda (42.3% del fatturato totale) o tramite reti di agenti-distributori (30.3%).
Solo una quota limitata della produzione italiana di materie prime farmaceutiche è “integrata” con l’industria farmaceutica utilizzatrice dei medesimi (captive use); gli autoconsumi intra - gruppo assorbono circa l’11-12% dell’intera produzione italiana.
Questo dato, che va letto insieme a quello della elevata propensione all’export, deve essere interpretato alla luce delle difficoltà di sviluppo del mercato italiano del farmaco generico.
Tavola 13 - Ripartizione del fatturato totale dell’industria italiana delle materie
prime farmaceutiche | per canale di vendita : anno 1999 | |
Tipo di canale | Miliardi Lire | % |
Vendita diretta | 2.377 | 42,3 |
Agenti / distributori | 1.708 | 30,3 |
Captive use | 636 | 11,3 |
Traders / brokers | 909 | 16,1 |
Totale | 5.630 | 100 |
Fonte: elaborazioni Aschimfarma |
5.4. Le performance economiche del settore
Le materie prime farmaceutiche costituiscono un settore di eccellenza nella chimica fine e specialistica. Ciò è quanto emerge sia dalla dinamica della produzione, sia dalla lettura di alcuni indicatori-chiave della struttura economico-finanziaria delle imprese.
Per quanto riguarda l’andamento della produzione, il trend di crescita è tipico di un’industria in continua espansione: a questo proposito sono significativi i dati riportati nella tabella che segue di fonte Aschimfarma, che mettono in evidenza la crescita dell’indice di produzione del settore in volume e in valore.
Tavola 14 - Indice della produzione italiana di materie prime farmaceutiche in volume e in valore: 1990 - 1999 (1990 = 100)
Anno in volume in valore
1990 | 100,0 | 100,0 | |
1991 | 108,0 | 105,2 | |
1992 | 115,0 | 115,9 | |
1993 | 116,2 | 132,7 | |
1994 | 118,5 | 145,9 | |
1995 | 125,6 | 179,6 | |
1996 | 134,4 | 186,3 | |
1997 | 149,2 | 214,9 | |
1998 | 159,9 | 240,9 | |
1999 | 166,3 | 255,3 | |
Crescita % media 90-99 | + 5,8 | + 10,9 | |
Fonte: Elaborazioni Aschimfarma | |||
Inoltre, raffrontando il trend di | crescita dell’indice | di produzione delle materie | prime |
farmaceutiche con il trend dell’indice relativo all’industria chimica italiana globalmente considerata, emerge chiaramente la miglior performance delle materie prime farmaceutiche rispetto alla media dell’industria chimica.
Tavola 15 - Raffronto tra l’indice di produzione nazionale di materie prime farmaceutiche e l’indice di produzione nazionale dell’ industria chimica totale (1): 1990 - 1999 (1990 = 100)
Anno | Indice produzione materie prime farmaceutiche | Indice produzione industria chimica totale (2) | |
1990 | 100,0 | 100,0 | |
1991 | 108,0 | 97,8 | |
1992 | 115,0 | 98,1 | |
1993 | 116,2 | 96,5 | |
1994 | 118,5 | 101,7 | |
1995 | 125,6 | 103,6 | |
1996 | 134,4 | 104,3 | |
1997 | 149,2 | 108,4 | |
1998 | 159,9 | 108,5 | |
1999 | 166,3 | 109,0 | |
Crescita % media 90-99 | + 5,8 | + 1,0 |
(1) Le variazioni di entrambi gli indici sono riferite al volume
(2) Totale industria chimica esclusa farmaceutica (Fonte ISTAT)
Fonte: ISTAT e elaborazioni Aschimfarma
Passando all’analisi dei principali indicatori economici del settore (dati ISTAT, 1996), una prima osservazione riguarda l’elevata efficienza produttiva che lo contraddistingue: con un valore della produzione per addetto superiore a quello dell’industria farmaceutica (368.7 milioni di lire contro i 361.1 della farmaceutica nel 1996) il settore in oggetto si caratterizza soprattutto per l’elevato valore aggiunto prodotto sia in rapporto al numero di addetti (197.8 milioni per addetto) che in rapporto al valore della produzione (53.7%).
Tavola 16 - Principali valori medi (migliaia di lire) - Anno 1996
Materie prime farmaceutiche | Industria farmaceutica | Industria chimica e farmaceutica | |
Valore della produzione per addetto | 368,7 | 361,1 | 451,5 |
Valore aggiunto aziendale per addetto | 197,8 | 150,3 | 141,4 |
Investimenti fissi per addetto | 24,0 | 20,8 | 22,9 |
Export per addetto | 220,6 | 115,0 | 146,2 |
Spese personale per dipendente | 83,8 | 92,3 | 82,6 |
Spese per dirigenti e impiegati per dipendente (a) | 88,3 | 92,0 | 88,3 |
Spese per operai per dipendente (a) | 61,8 | 58,6 | 56,4 |
(a) dati riferiti al 1995
Fonte: ISTAT, Conti economici delle imprese con 20 addetti e oltre
Tavola 17 - Principali rapporti caratteristici - Anno 1996
(valori in percentuale)
Materie prime farmaceutiche | Industria farmaceutica | Industria chimica | |
Export a valore della produzione | 59,8 | 31,7 | 32.4 |
Valore aggiunto a valore della produzione | 53,7 | 41,4 | 31,3 |
Consumi di materie prime a valore della produzione | 43,9 | 45,8 | 53,4 |
Spese personale a valore aggiunto | 42,1 | 61,1 | 57,9 |
Risultato lordo di gestione a valore della produzione | 25,6 | 11,5 | 8,2 |
Fonte: ISTAT, Conti economici delle imprese con 20 addet ti e oltre
La caratteristica di settore ad elevato valore aggiunto appare strettamente legata alla bassa incidenza dei consumi di materie prime sulla produzione (43.9%). Questo aspetto avvicina il settore alla farmaceutica (45.8%), mentre lo differenzia fortemente dall’industria chimica (l’incidenza per la chimica e farmaceutica insieme si attesta sul 53.4%).
La caratteristica “chimica” delle lavorazioni emerge invece chiaramente dalla lettura dei dati sulla struttura dell’occupazione. Il 44% dei dipendenti ha mansioni operaie e tale quota è sensibilmente inferiore a quella della farmaceutica, in cui è invece rilevante il peso degli addetti high-skilled sul totale (72.4% di dirigenti e impiegati). La caratteristica delle
sintesi realizzate e delle tipologie di impianti comporta un’elevata qualificazione delle mansioni operaie, significativamente più alta della media sia della farmaceutica che della chimica. Questo aspetto è desumibile, anche se indirettamente, dalla lettura dell’indicatore relativo alle spese medie del settore per operai (quasi 62 milioni per dipendente nel 1996). Infine, xxxxx appare la presenza di donne lavoratrici (23% sul totale addetti), in linea con i tassi di attività femminile delle lavorazioni prettamente chimiche.
Tavola 18 - Addetti e spese per il personale - Anno 1996
Materie prime farmaceutiche | Industria farmaceutica | Industria chimica e farmaceutica | |
ADDETTI (numero) | 14.237 | 63.436 | 183.112 |
Imprenditori e coadiuvanti | 105 | 334 | 1599 |
Dipendenti | 14.132 | 63.102 | 181.513 |
% dirigenti e impiegati/dipendenti (a) | 56,2% | 72,4% | 55,3% |
Totale addetti | 14.237 | 63.436 | 183.112 |
di cui Donne | 3.323 | 19.721 | 42.089 |
% donne/addetti | 23% | 31% | 23% |
SPESE PER IL PERSONALE (miliardi di lire) | 1.184 | 5.822 | 14.987 |
(a) riferito al 1995 |
ISTAT, Conti economici delle imprese con 20 addetti e oltre
Ciò che non accomuna le materie prime farmaceutiche al settore farmaceutico, tuttavia, è l’elevata intensità di investimento (24 milioni per addetto, contro i 20.8 della farmaceutica), a riprova dell’estrema sofisticazione e dell’elevato livello tecnologico degli impianti utilizzati nelle lavorazioni e sulle spese per il personale.
Il comparto appare inoltre caratterizzato da un elevato potenziale di redditività rispetto agli altri settori chimici. Ciò è principalmente imputabile:
?? alla bassa incidenza dei consumi di materie prime su produzioni di tipo “capital intensive”;
?? alla bassa incidenza delle spese per il personale sul valore aggiunto (42.1%).
In particolare, quest’ultimo elemento determina un elevato risultato lordo di gestione che, rapportato al valore della produzione, nel 1996 si attestava attorno al 26%. Tale incidenza, estremamente elevata rispetto sia alla farmaceutica (11.5%) sia al complesso delle attività chimiche (8.2%), continua a mantenersi elevata anche considerando i valori medi del biennio 95-96 (23.7%).
Volendo scendere ulteriormente nell’analisi della redditività del settore è possibile, sulla base di un lavoro di riclassificazione di alcuni bilanci aziendali effettuato da Aschimfarma, mostrare la struttura di un conto economico “medio”. Ovviamente si tratta di un quadro parziale riferito solo ad alcune realtà aziendali; tuttavia esso è indicativo di una buona situazione reddituale. Posti infatti pari a 100 i ricavi realizzati dall’impresa “media”, quasi il 10% sono costituiti da utili e il margine operativo lordo si avvicina al 20%.
Tavola 19 - Struttura di un conto economico “medio” dell’industria italiana delle materie prime farmaceutiche
Incidenza percentuale
Ricavi | 100,0 |
Materie prime | -42,4 |
Valore aggiunto | 57,6 |
Costi di trasformazione | -38,9 |
Margine operativo lordo | 18,7 |
Ammortamenti | -7,2 |
Risultato operativo caratteristico | 11,5 |
Proventi / oneri non caratteristici | -0,2 |
Risultato operativo | 11,3 |
Altri costi | -1,7 |
Utile ante imposte | 9,6 |
Fonte: Aschimfarma | |
5.6. L’attività di ricerca e le tecnologie di produzione | |
La ricerca scientifica | |
Come è stato anticipato nella parte introduttiva del presente | rapporto, l’attività di R&S è |
rivolta in prevalenza alla ottimizzazione del processo, in relazione, soprattutto, all’elevato costo degli investimenti richiesti nel trovare e mettere a punto nuovi principi attivi ad efficacia farmaceutica. Gli sforzi in Ricerca & Sviluppo hanno permesso all’industria italiana
del settore di consolidare e, anzi, aumentare nel tempo la propria posizione di forza, puntando a tecnologie di processo diversificate, che permettano di:
?? continuare a mantenere la posizione di forza tradizionalmente detenuta dall’industria italiana nel mercato del generico;
?? incrementare la parte di fatturato realizzata con le “custom synthesis”, per mantenere una buona redditività e compensare le difficoltà nel settore del farmaco generico.
La quantificazione degli sforzi di ricerca di un’industria è sempre un compito arduo a causa della caratteristica di bene intangibile dell’attività di ricerca. Esistono alcuni indicatori che, pur nella loro incompletezza, riescono a tracciare un quadro di analisi con riferimento alle risorse umane dedicate all’attività di ricerca sia per le spese sostenute direttamente dalle imprese (spese intra-muros) e sia in regime di collaborazione con organismi esterni (extra- muros).
Il personale impegnato in attività di ricerca su sostanze farmaceutiche di base rappresentano, tra ricercatori, tecnici e ausiliari, circa il 12% delle risorse umane dedicate alla ricerca in tutto il settore farmaceutico. La percentuale è pari al 7% se si considera la chimica e farmaceutica insieme.
Tavola 20 - Il personale addetto alla ricerca
Ricercatori | Tecnici e ausiliari | Totale | ricercatori/ totale | add. ricerca/tot. addetti | |
1 - Sostanze farmaceutiche di base | 255 | 360 | 615 | 41% | 5% |
2 - Altri prodotti farmaceutici | 2295 | 2307 | 4602 | 50% | 8% |
3 - Industria farmaceutica (1+2) | 2550 | 2667 | 5217 | 49% | 8% |
4 - Industria chimica | 1600 | 2199 | 3799 | 42% | 3% |
5 - Industria chimica e farmaceutica (3+4) | 4150 | 4866 | 9016 | 46% | 4% |
Incidenze percentuali % 3/5 | 61% | 55% | 58% | ||
% 1/5 | 6% | 7% | 7% | ||
% 1/3 | 10% | 13% | 12% |
Fonte: ISTAT, Indagini sulla ricerca scientifica e lo sviluppo sperimentale ed elaborazioni Federchimica Anno 1996
Con un’incidenza degli addetti dedicati alla ricerca di circa il 5% sull’occupazione complessiva, il settore delle materie prime farmaceutiche risulta fortemente orientato all’innovazione. Questo elemento emerge con chiarezza anche con riferimento alle spese di R&S sostenute complessivamente dalle imprese: il 2.7% del fatturato realizzato è impiegato in R&S, contro solo l’1% dell’industria chimica. Tali evidenze vanno in parte a supportare la caratteristica dell’attività di ricerca realizzata in questa industria: una ricerca costante, prevalentemente orientata ai processi e che si distingue quindi da quella realizzata nel complesso dell’industria farmaceutica. Qui, infatti, gli sforzi di R&S, che rappresentano circa il 6% del fatturato, sono maggiormente orientati all’innovazione di prodotto.
Tavola 21 - Le spese di ricerca e sviluppo
muros (a) | muros (b) | (a+b) | totale | fatturato | |
1 - Sostanze farmaceutiche di base | 95,4 | 44,6 | 140,0 | 68% | 3% |
2 - Altri prodotti farmaceutici | 849,9 | 371,2 | 1221,1 | 70% | 7% |
3 - Industria farmaceutica (1+2) | 945,3 | 415,8 | 1361,1 | 69% | 6% |
4 - Industria chimica | 590,5 | 35,4 | 625,9 | 94% | 1% |
5 - Industria chimica e farmaceutica (3+4) | 1535,8 | 451,1 | 1987,0 | 77% | 2% |
Incidenze percentuali | |||||
% 3/5 | 62% | 92% | 69% | ||
% 1/5 | 6% | 10% | 7% | ||
% 1/3 | 10% | 11% | 10% |
miliardi di lire Spese intra-
Spese extra-
Totale
intra-muros/
spesa R&S/
Fonte: ISTAT, Indagini sulla ricerca scientifica e lo sviluppo sperimentale ed elaborazioni Federchimica. Anno 1996
Un altro elemento di analisi che accomuna la ricerca nel campo delle materie prime farmaceutiche a quella farmaceutica in generale è la presenza non trascurabile di forme di collaborazione con organismi esterni di ricerca (altre imprese, università o enti di ricerca). Mentre i casi di interazione con organismi esterni di ricerca appaiono ancora troppo limitati nel settore chimico, i dati mostrano che la percentuale di spese di ricerca extra-muros, sono pari a circa il 30% nelle materie prime farmaceutiche. Questo elemento tende quindi ad accomunare ulteriormente la ricerca sui prodotti farmaceutici di base a quella farmaceutica in generale.
Le tecnologie di produzione
Vengono impiegate, nella produzione di materie prime farmaceutiche, circa 200 tipi di tecnologie; sostanzialmente, però, le tecnologie sono raggruppabili in alcune “voci” fondamentali, e precisamente:
?? sintesi chimiche, di gran lunga le più diffuse;
?? estrazione da piante;
?? estrazione da organi animali;
?? fermentazioni;
?? reazioni enzimatiche
?? altre (ad esempio: liofilizzazione, estrazione da liquidi fisiologici, idrolisi micronizzazione, etc.).
Alcuni principi attivi, come ad esempio vitamine e antibiotici, possono essere impiegati anche in altri campi, quali l’alimentazione umana e animale, la veterinaria.
Nella tabella che segue è riportata una suddivisione del fatturato dell’industria italiana delle materie prime per uso farmaceutico per le principali tecnologie di produzione sopra citate.
Tavola 22 - Ripartizione del fatturato dell’industria italiana delle materie prime farmaceutiche per principali tipi di tecnologie usate: 1999
Tipo di tecnologia | Incidenza percentuale |
Sintesi chimiche | 84,0 |
Estrazione da piante | 4,2 |
Estrazione da organi animali | 1,5 |
Fermentazione e reazioni enzimatiche | 4,7 |
Altre varie | 5,6 |
Totale | 100 |
Fonte: Aschimfarma |
Viene inoltre riportato un elenco di alcune tecnologie ritenute tra le più “qualificanti” per l’industria italiana.
Tavola 23 - Tecnologie di produzione di materie prime farmaceutiche ritenute particolarmente “qualificanti” per l’industria italiana
Tecnologia Numero delle società che la utilizzano
Affinity cromatography 5
Amination 35
Asymmetric hydrogenation 11
BF3 catalyzed reactions 11
Catalythical hydrogetation and dehydrogenation 37
Chloromethylation 11
Chlorosulfonation 16
Column chromatography separation 20
Cyanide chemistry 12
Cytotoxic Compounds and potent drugs (production and handling) 8
Dissolving metals reduction 15
Electrodialysis 5
Electrofluorination 1
Enzyme immobilization 5
Enzymatic reaction 13
Epoxydation 24
Xxxxxxxxxx-xxxxxx reaction 9
Expeller pression plant (continuous) 1
Extraction from animal organs 7
Extraction from vegetables 6
Fermentation 14
Fluorination 7
Gel filtration 5
Grignard reaction 16
High pressure reactions 16
High temperature reactions 22
Xxxxxxx rearrangement 18
Iodination 15
Ionic exchange chromatography 20
Knoevenagel condensation 21
Kolbe reaction 10
Liquid-liquid extraction 22
Liquid-solid extraction 15
Low temperature reactions 22
Lyophilization 11
Methylnitrite chemistry 2
Microfiltration 17
Molecular cut-off chromatography 4
Molecular distillation 5
Nitration 17
Tavola 23 – Segue | |
Ozonolysis | 5 |
Peptide chemistry | 3 |
Phosgenation | 4 |
Phosphonation | 9 |
Phosphorylation | 12 |
Physical refining plant | 8 |
Plant cell culture | 2 |
Reactions in liquind ammonia | 7 |
Reactions with ammonia | 27 |
Reactions with hydrides | 35 |
Recombinant technology | 5 |
Reverse osmosis | 19 |
Xxxxxx reaction | 9 |
Xxxxxxxxx reaction | 24 |
Spray-drying | 11 |
Sterile filtration | 14 |
Sterile production | 11 |
Xxxxxxxx reaction | 7 |
Sulphonation | 9 |
Sulphur reactions | 10 |
Supercritical fluid plant extraction | 1 |
Thin layer distillation | 16 |
Xxxxxxx reaction | 9 |
Ultra centrifugation | 3 |
Ultrafiltration | 25 |
Xxxxxx-Xxxxxx reaction | 9 |
Xxxxx-Xxxxxxx reduction | 18 |
Fonte: Aschimfarma |
6. IL CUSTOM MANUFACTURING DI INTERMEDI E PRINCIPI ATTIVI FARMACEUTICI
6.1. Alcune definizioni
Il commissionare all’esterno una o più fasi del processo produttivo in senso lato è definito “contract manufacturing ”. In particolare per quanto concerne l’industria farmaceutica, il contract manufacturing può riguardare tutte le diverse fasi del processo produttivo: la produzione degli intermedi e dei principi attivi, la formulazione e dosaggio del farmaco finito, i processi fisici (quali la micronizzazione, la granulazione, la macinatura, la
liofilizzazione), fino all’imballaggio del farmaco finito (es: blistering, inscatolamento con allegato il foglio con stampate le istruzioni per l’uso del farmaco, etichettatura, etc.).
In teoria, l’azienda farmaceutica può divenire un’azienda “virtuale” in cui tutte le fasi del processo produttivo vengono realizzate all’esterno. Esistono, a questo proposito, le cosiddette CROs (Contract Research Organizations), che possono realizzare tutta la filiera produttiva.
L’industria farmaceutica tende generalmente a tenere per sé solo la Ricerca innovativa, il marchio e la commercializzazione del farmaco.
In particolare, un trend in atto da alcuni anni nell’industria farmaceutica tradizionalmente integrata, è quello di liberarsi dalla produzione di intermedi e principi attivi, e di commissionarli all’esterno.
Ciò può avvenire secondo due modalità.
?? Toll manufacturing - La produzione di intermedi e principi attivi viene realizzata dall’azienda incaricata secondo modalità operative stabilite nel dettaglio dall’azienda committente (parametri chimico – fisici di processo, pressione, temperatura, descrizione particolareggiata della ricetta, etc.), modalità che devono essere rigorosamente seguite dall’azienda fornitrice. Questa tipologia di contract manufacturing richiede minori competenze di tecnologie e innovazione di processo.
?? Custom manufacturing - L’azienda committente si limita ad ordinare all’azienda esterna l’intermedio o il principio attivo, senza indicare il tipo di processo e le modalità operative da seguire, che sono “know – how” del fornitore. Questo tipo di rapporto presuppone fiducia da parte del committente nei confronti del fornitore, che deve disporre di particolari requisiti, primo fra tutti un elevato profilo tecnologico.
6.2. Le motivazioni e i vantaggi del custom manufacturing
Il ricorso all’esterno per la realizzazione di alcune fasi del processo produttivo è un fenomeno relativamente recente nell’industria farmaceutica. Infatti, fino a poco tempo fa, il controllo dei costi di produzione non rientrava tra i fattori strategici “chiave” di cui un’azienda farmaceutica dovesse tener conto per competere sul mercato, in considerazione del fatto che l’impatto di detti costi sul conto economico globale
dell’azienda non era particolarmente rilevante, soprattutto se messo a confronto con altri tipi di industrie.
Questa situazione, però, sta completamente cambiando, in relazione a diversi fattori, quali:
?? la necessità di “creare valore”, come fattore chiave di successo in un contesto di mercato sempre più internazionale e caratterizzato dall’emergere del concetto di “competizione globale” ;
?? il fatto che si va verso molecole sempre più complesse e, pertanto, sempre più difficili e costose da realizzare;
?? l’imposizione di misure di contenimento della spesa pubblica in materia sanitaria;
?? l’aumento dell’incidenza dei costi correlati agli aspetti normativi e di sicurezza ambientale.
In un simile contesto appare evidente l’opportunità del custom manufacturing di intermedi e principi attivi farmaceutici, che consente all’azienda la riduzione dei costi globali di gestione, come conseguenza di una serie di vantaggi di ordine economico e tecnico. Tali vantaggi sono di seguito elencati:
?? possibilità, per il management aziendale, di concentrare i propri sforzi su quelle che sono le “attività strategiche” per un’azienda farmaceutica, e cioè:
? ? Ricerca & Sviluppo, che rappresenta un centro di costo “irrinunciabile” per la crescita aziendale;
? ? marketing e distribuzione, che rappresentano un centro di profitto “determinante” per l’industria farmaceutica;
?? semplificazione organizzativa, con conseguente maggior “trasparenza” dei costi interni; infatti in una struttura più semplificata risulta più facile “evidenziare ” i costi;
?? riduzione dei tempi necessari per l’introduzione del prodotto sul mercato, come conseguenza di un più breve ciclo totale di creazione del prodotto stesso; infatti il custom manufacturing consente di effettuare più operazioni “in parallelo” anziché “in serie”;
?? maggior flessibilità produttiva: la scelta del partner, o dei partner xxxxxx, conferisce all’azienda committente la possibilità di disporre di una vasta gamma di possibili reazioni chimiche, senza dover disporre di una propria struttura produttiva interna.
6.3. L’Italia nel contesto mondiale
A livello mondiale, il custom manufacturing per industria farmaceutica è passato da 1,6 miliardi USD nel 1990 a circa 4.3 miliardi USD nel 1999, con un incremento medio annuo dell’11,6%.Tale cifra comprende il fatturato relativo alla produzione mondiale di intermedi e principi attivi, commissionati sia direttamente dall’industria farmaceutica ad aziende esterne produttrici di intermedi e principi attivi, sia dalle stesse aziende produttrici di intermedi e principi attivi ad aziende terze.
Si fa inoltre presente che il custom manufacturing relativo alla produzione commissionata all’esterno di intermedi e principi attivi, rappresenta circa il 30% di tutte le attività (valutata in 14 miliardi USD) che l’industria farmaceutica mondiale affida all’esterno (formulazione e dosaggio, produzione di intermedi e principi attivi, confezionamento del farmaco, etc.).
Con un ‘incidenza vicina al 20% sul fatturato mondiale e pari a circa il 47% del fatturato dell’Europa Occidentale la posizione dell’Italia nel contesto internazionale del custom manufacturing per industria farmaceutica è di assoluto rilievo.
E’ importante rilevare che il custom manufacturing realizzato in Italia è concentrato quasi esclusivamente sui principi attivi farmaceutici, cioè sui prodotti più sofisticati, e che pertanto richiedono un maggior know-how tecnologico. Questo grazie alla qualificazione dell’industria italiana del settore, che si può definire “leader” al mondo grazie alla pluri- decennale presenza in questo settore. Si può infatti stimare una “esperienza” delle industrie italiane produttrici di intermedi e principi attivi farmaceutici in media di oltre cinquant’anni.
Inoltre l’industria italiana degli intermedi e principi attivi farmaceutici, tende, a sua volta, a commissionare all’esterno la produzione di intermedi meno sofisticati; ciò le consente:
?? una generale riduzione dei costi;
?? la possibilità di concentrarsi sui principi attivi, che danno un maggior valore aggiunto, e che costituiscono il core business e il vero centro di profitto dell’industria italiana del settore.
6.4. Trend di sviluppo del mercato
In linea generale, l’orientamento già in atto verso il custom manufacturing è destinato a continuare nel futuro, in relazione ai vantaggi che questa strategia di approvvigionamento comporta per il committente, sia esso l’industria farmaceutica (cioè produttrice di farmaci finiti), sia esso l’industria produttrice di intermedi e principi attivi farmaceutici. In estrema sintesi tali vantaggi sono riassumibili nel fatto che il custom manufacturing consente all’azienda committente di valorizzare “il meglio di sé stessa”, concentrandosi su quelle attività per le quali è meglio organizzata e preparata, con riduzione dei costi globali di gestione e “creazione di valore” per l’azienda.
Le previsioni di crescita a medio termine del fatturato del custom manufacturing per industria farmaceutica a livello mondiale sono per una continuazione a tassi di incremento simili a quelli registrati negli ultimi anni (11 - 12% medio annuo).Ciò comporta che si raggiunga un giro d’affari mondiale al 2003 di 6,6 miliardi USD.
Tab. 24 - Previsioni di sviluppo del fatturato mondiale di custom manufacturing per l’industria farmaceutica per principali aree geografiche:1999-2003
Area geografica / paese Miliardi USD (1) VAR. % MEDIA
1999 | 2003 | 1999-2003 | |
USA | 0,55 | 0,65 | + 4,3 |
Europa Occidentale | 1,70 | 2,60 | + 11,2 |
di cui Italia (2) | 0,80 | 1,50 | + 17,0 |
Resto mondo (3) | 2,05 | 3,35 | + 13,0 |
Totale mondo | 4,30 | 6,60 | + 11,3 |
(1) USD costanti 1999
(2) Concentrato in particolare su principi attivi più complessi
(3) In prevalenza Cina e India
Fonte: elaborazioni Aschimfarma
I tassi di crescita previsti, comunque, variano da un’area geografica ad un’altra e da paese a paese; in particolare si fa presente quanto segue.
?? USA: non sono previsti tassi di crescita significativi, data la scarsa tradizione dell’industria americana nella chimica fine farmaceutica.
Si fa presente, per contro, che l’industria farmaceutica statunitense (produttrice di farmaci finiti) è quella destinata a registrare i maggiori tassi di crescita nei prossimi anni tra le industrie farmaceutiche delle aree industrializzate; ciò sarà dovuto sia ad un incremento delle vendite sul mercato interno (che, da solo, rappresenta circa il 40% del mercato farmaceutico mondiale), sia ad un’ulteriore penetrazione sui mercati esteri. Un altro fattore che caratterizza l’industria farmaceutica statunitense è quello di essere, fra le industrie farmaceutiche mondiali, la più rivolta all’innovazione.
Quanto sopra potrebbe rappresentare un’opportunità di crescita per il custom manufacturing a vantaggio di quelle aziende produttrici di intermedi e principi attivi farmaceutici, tradizionalmente presenti sul mercato statunitense, quali le aziende italiane.
?? Giappone: si è recentemente affacciato al business del custom manufacturing, ma è svantaggiato da una sostanziale debolezza nella chimica fine (a parte alcuni settori particolari, quali la chimica chiralica); continuerà pertanto ad avere un ruolo marginale nel custom manufacturing per industria farmaceutica.
?? Europa Occidentale: è avvantaggiata da una consolidata tradizione nella chimica fine, soprattutto farmaceutica; si prevede pertanto che continuerà a mantenere una quota rilevante, all’incirca uguale a quella attuale, sul fatturato mondiale del custom manufacturing per industria farmaceutica.
?? Italia: è prevista una crescita superiore rispetto alla media mondiale e alla media della stessa Europa Occidentale, grazie alla tradizionale forza dell’industria italiana del settore, in particolare per quanto concerne i principi attivi farmaceutici.
?? Paesi “emergenti”: in particolare il custom manufacturing è destinato a crescere in Cina e India per intermedi e principi attivi farmaceutici non particolarmente complessi, per i
quali non sia richiesta una tecnologia particolarmente sofisticata; la crescita della domanda di custom manufacturing in questi paesi è motivata essenzialmente dai costi concorrenziali di manodopera e dell’ecologia, in un contesto di progressivo adeguamento sotto il profilo normativo agli standard internazionali (approvazione da parte degli Organismi Normativi dei paesi verso i quali vogliono esportare).
6.5. Tendenze competitive
La ricerca del “partner giusto” o dei “partner giusti” per fare custom manufacturing è un processo impegnativo; se da una parte infatti è in aumento il numero di società che vogliono entrare in questo business, in quanto redditizio, dall’altra, però, non tutti gli aspiranti hanno le “carte in regola” per poter entrare; si tratta, infatti, di disporre di alcuni elementi indispensabili (v. paragrafo 4 dedicato ai fattori critici di successo).
E’ pertanto richiesto un lungo ed accurato audit tecnologico da parte del committente, per verificare l’ “affidabilità” del fornitore.
In generale, pertanto, il business del custom manufacturing diviene sempre più “competitivo”, caratterizzato da una tendenza verso:
?? una sempre maggior selettività da parte del committente nei confronti del fornitore, proprio per i rischi insiti nell’affidarsi ad un fornitore esterno;
?? una restrizione al minimo del numero dei fornitori “strategici”, selezionati tra quelli ritenuti più “affidabili” in base all’audit effettuato;
?? un allungamento dei tempi di durata del rapporto, una volta selezionato il “partner giusto” o i “partner xxxxxx”.
In alcuni casi il rapporto di outsourcing può trasformarsi in un rapporto di “partnership” tra committente e fornitore; in altri termini il fornitore tende sempre più a diventare “parte integrante” dell’intero processo produttivo del committente.
7. FATTORI CRITICI DI SUCCESSO
Il settore italiano delle materie prime farmaceutiche è senza dubbio un caso di successo dell’industria italiana. E’ di fatto l’unico settore chimico dove l’Italia ha una riconosciuta leadership internazionale, ma anche allargando l’ottica a tutto il comparto manifatturiero è
difficile individuare molti altri casi di comparti ad elevata tecnologia dove l’Italia esprima una posizione così forte.
Il quadro che emerge dall’analisi è quello di un’industria ad elevato valore aggiunto e altamente qualificata in grado di offrire un’ampia gamma di prodotti, grazie alla lunga esperienza maturata dalle imprese italiane del settore.
Tutto ciò va certamente ricondotto a ragioni “storiche”, quali l’assenza, fino alla fine degli anni settanta, della pratica brevettuale sui medicinali, che ha consentito la specializzazione di numerose aziende in una particolare fase della filiera produttiva. Ma soprattutto, il settore rappresenta la sintesi migliore dei fattori tipici del successo della piccola-media impresa italiana. Di fatto le materie prime farmaceutiche sono il settore chimico che meglio si presta a riprodurre le caratteristiche tipiche dell’impresa italiana di successo.
Più in dettaglio, il settore delle materie prime farmaceutiche si qualifica per:
?? una struttura produttiva di piccole e medie imprese localizzate prevalentemente al Nord con forme societarie di tipo avanzato;
?? un forte orientamento all’export: le esportazioni medie per addetto risultavano nel 1996 pari a 220.6 milioni di lire, contro i 115 dell’industria farmaceutica e i 146 del settore chimico e farmaceutico complessivamente considerato;
?? la qualità del prodotto : le imprese sono autorizzate dal Ministero della Sanità e l’osservanza delle GMPs (Good Manufacturing Practices) è garantita da periodici controlli di Enti quali l’FDA (Food and Drug Administration: USA) o il DOH (Department of Health: Regno Unito);
?? un elevato livello tecnologico , sia per quanto riguarda la sofisticazione e la sicurezza degli impianti, sia per quanto concerne l’ampiezza delle reazioni effettuate, comprese reazioni di tipo “specializzato” (es.: disimmetrizzazioni enzimatiche, processi in condizioni particolarmente critiche di temperatura e pressione, sintesi degli steroidi, etc.).
?? l’elevata intensità di manodopera q ualificata, in grado di operare su impianti complessi multiuso e automatizzati;
?? la focalizzazione sull’innovazione di processo, che consente, senza impegni finanziari eccessivi, di sfruttare e valorizzare appieno il know-how accumulato nel tempo;
?? la collaborazione scientifica con organismi esterni all’impresa, che permette una più veloce e proficua circolazione delle idee;
?? la rapidità delle decisioni e la flessibilità tipiche di strutture medio-piccole, con forte caratterizzazione imprenditoriale.
In un simile contesto, l’analisi delle prospettive di crescita deve tener conto degli aspetti positivi e di quelli negativi, delle opportunità e delle minacce.
?? Le opportunità vengono essenzialmente dal quadro di crescita a lungo termine del mercato farmaceutico, sia per la domanda di salute nei paesi industrializzati (ad esempio per l’allungamento della vita media), sia per la crescente domanda dei paesi in via di industrializzazione, dove la spesa pro capite di farmaci è ancora molto bassa.
?? Un’opportunità di crescita viene anche dalle politiche di specializzazione delle imprese farmaceutiche, sempre più decisa a concentrarsi sulle attività immateriali connesse alla ricerca, al marketing e alla distribuzione. Cresce e crescerà sempre più in futuro l’outsourcing di sintesi chimiche verso aziende specializzate nell’innovazione di processo.
?? La forte specializzazione delle imprese italiane nella nicchia dei principi attivi per farmaci generici dovrebbe permettere un’importante crescita produttiva collegata all’allargamento del mercato del generico, sia per l’aumento della domanda legato alla convenienza economica, sia per la liberalizzazione del mercato.
Queste opportunità dovranno fare i conti con alcune ben precise minacce.
?? Già durante la forte crescita produttiva degli anni ’90 le imprese italiane hanno negativamente risentito dei vincoli burocratici all’allargamento della capacità produttiva. Se questi perdureranno c’è il rischio che le imprese italiane non possano cogliere in pieno le opportunità di domanda.
?? La minaccia più “tradizionale” è già ben individuabile nella concorrenza dei paesi asiatici. Negli ultimi anni India e Cina soprattutto hanno significativamente aumentato l’offerta di intermedi e principi attivi, sempre più vicini per tipologia a quelli italiani, ma con costi decisamente inferiori, spesso giustificati anche da politiche governative e pratiche di dumping. Tali produzioni sono connesse alla crescita del mercato interno e alla domanda di farmaci in mercati fortemente protetti, la concorrenza risulta di conseguenza sostanzialmente squilibrata.
?? La crescente domanda di intermedi avanzati, di principi attivi e di custom synthesis sta facendo entrare nel mercato nuovi competitor molto aggressivi e di dimensioni rilevanti.
La riorganizzazione dei grandi gruppi chimici con la nascita di gruppi specializzati nelle life sciences e altri nella chimica fine ha portato alla nascita di nuove imprese come spinn off delle attività specialistiche di chimica fine dei grandi gruppi. Spesso questi si sono fusi dando vita a veri colossi.
L’interesse di queste imprese al ricco e dinamico mercato degli intermedi avanzati per la farmaceutica è significativamente diverso da quello precedente quando il ruolo era essenzialmente quello di fornitore per un captive market. Di conseguenza le caratteristiche dell’offerta nel settore stanno significativamente modificandosi. Mentre prima il settore era dominato da piccole e medie imprese fortemente specializzate (come nel caso delle imprese italiane), ora vi sono operatori interessati a coprire l’intero spettro settoriale con crescita interna o tramite acquisizioni.
Per queste imprese il comparto dei principi attivi per farmaci generici è uno dei possibili business dove operare (e non un altro settore) e l’interesse all’acquisizione di imprese italiane è forte, anche perché in molti casi la tipica impresa italiana sta soffrendo i
problemi del passaggio generazionale o le tensioni finanziarie connesse agli investimenti per la crescita.
Le esperienze di acquisizioni hanno finora visto confermate le capacità del management italiano e l’elevata produttività e qualità delle risorse umane a tutti i livelli. E’, però, in ogni caso, una minaccia la perdita di identità “italiana” del settore, l’unico - o quasi - dove il ruolo delle multinazionali estere è ancora limitato.
?? Un altro possibile rischio (ma anche un’opportunità) è connesso allo sviluppo delle biotecnologie. La farmaceutica è senz’altro uno dei campi dove le biotecnologie avranno sempre più spazio.
Questo sviluppo potrebbe creare problemi a imprese che hanno una cultura sostanzialmente diversa e che potrebbero considerare i processi biotecnologici come un altro settore, mentre di fatto potranno essere modalità produttive nuove per il settore dei principi attivi.
8. PROBLEMATICHE NORMATIVE, COMPETITIVITA’ E SVILUPPO A MEDIO TERMINE
In definitiva il settore partendo da una situazione di eccellenza mondiale sta vivendo e vivrà sempre più in futuro opportunità e minacce che le scelte imprenditoriali dovranno gestire per garantire la crescita aziendale e la creazione di ricchezza.
L’innalzamento del confronto competitivo rende però più stringenti i vincoli all’attività aziendale che derivano dal contesto normativo e amministrativo europeo e italiano.
Appare infatti evidente che soltanto le imprese che potranno godere di un ambiente esterno favorevole sapranno cogliere le opportunità e tramutare le minacce in altre opportunità di crescita. Per le altre non resteranno che le minacce e il rischio di perdere competitività e capacità di garantire nuovi posti di lavoro.
Per il settore delle materie prime farmaceutiche i vincoli esterni sono simili a quelli tipici delle produzioni chimiche e riguardano i vincoli ambientali, quelli legati alla logistica e ai trasporti, all’energia.
La caratteristica del settore che è di produrre per sintesi chimica molecole per cui il brevetto è scaduto porta ad avere un vincolo particolare nella misura in cui in Italia e/o in Europa le politiche sul brevetto non siano favorevoli rispetto ad altre aree alle imprese del settore.
8.1. Aspetti Normativi
In Italia, sulla base di un Regio Decreto risalente al 1939, il regime di non brevettabilità dei medicinali si è protratto per lungo tempo, e cioè fino al 1978, quando la Corte Costituzionale introduceva, con la sentenza n.20/70, la possibilità di proteggere con un brevetto le innovazioni in campo farmaceutico. Questo regime di assenza di vincoli normativi ha senza dubbio favorito il sorgere e lo sviluppo dell’industria italiana delle materie prime farmaceutiche rispetto ad altre realtà internazionali, in cui il diritto di privativa esisteva da tempo.
Il quadro normativo ha subito poi profonde modificazioni quando, con l’emanazione della legge n. 349/91 il Legislatore italiano aveva introdotto il Certificato di Protezione Complementare (CPC) estendendo in modo eccessivo il periodo di copertura brevettuale. Veniva infatti concessa una dilazione per un periodo massimo di 18 anni, sommabili ai venti normali.
La successiva introduzione del Regolamento Comunitario n. 1768/92, veniva a modificare il quadro così delineatosi, concedendo al massimo un periodo supplementare di cinque anni. Tuttavia durante l’anno in cui è rimasta in vigore la legge italiana del 1991 sono state presentate molte domande di estensione. I medicinali per i quali l’estensione è stata concessa la hanno mantenuta nonostante l’intervento del Legislatore europeo che conferiva un periodo di protezione brevettuale inferiore.
Il Regolamento UE è entrato in vigore per tutti gli Stati membri il 1° gennaio 1993, ad eccezione di Spagna, Portogallo, Grecia, paesi nei quali l’entrata in vigore è stata rimandata al 1° gennaio 1998.
La situazione generatasi in seguito all’entrata in vigore di dette disposizioni è di sostanziale disparità normativa in campo brevettuale tra l’Italia e il resto dell’Unione Europea.
Altra anomalia per le imprese italiane, come per quelle europee, è quella di non disporre della clausola cosiddetta “Bolar-Roche”, che è invece presente nel mercato americano.
In base a tale clausola, il produttore di principi attivi farmaceutici può effettuare sperimentazioni e preparare la necessaria documentazione di supporto alla successiva registrazione e commercializzazione, prima della scadenza brevettuale senza incorrere in “infringements”. Ciò, come anticipato, è una pratica comune negli Stati Uniti in cui i produttori di generici sfruttano normalmente clausole di questo tipo e in cui, non a caso, il mercato del generico è fortemente sviluppato.
Va comunque rilevato che, quand’anche dovesse essere introdotta la Bolar-Roche, l’Italia resterebbe comunque ancora penalizzata relativamente a quei principi attivi per i quali è stata inoltrata domanda di estensione del brevetto in base alla Legge Italiana, che concedeva tempi più lunghi di protezione rispetto alla Legge Europea.
8.2 Le Problematiche attuali
Sulla base del quadro normativo appena tracciato è chiaro che le società italiane produttrici di principi attivi farmaceutici per il farmaco generico e le società europee produttrici di prodotti farmaceutici generici non possono iniziare, durante i termini di validità del brevetto, le produzioni necessarie allo sviluppo e alla registrazione degli stessi, pur non esistendo ostacoli alla registrazione di farmaci generici il cui sviluppo sia avvenuto al di fuori dell'U.E. Ciò significa che i "nuovi prodotti generici" saranno ugualmente disponibili sul mercato il giorno seguente la scadenza del Certificato di Protezione Brevettuale, ma non saranno stati fabbricati in Europa e non avranno un principio attivo proveniente dall'Italia.
Inoltre la disarmonica situazione legata alla data di scadenza dei Certificati di Prolungamento sia per quanto riguarda il territorio europeo sia per quelli extra UE (USA, Giappone, ecc.) comporta gravi danni al comparto che si vedrebbe annullata la possibilità di mantenere la posizione di fornitore leader dei mercati ove il generico è sviluppato a
discapito di produttori di Paesi extra UE, ove in alcuni casi non esiste nemmeno il sistema brevettuale.
Per migliorare questo aspetto occorre:
?? che le forze politiche intervengano al più presto appoggiando l'introduzione della clausola detta Xxxxx-Xxxxx nel Regolamento europeo sottolineandone la validità sia per lo sviluppo di formulazioni generiche sia per le produzioni di principio attivo;
?? che l'ottenimento del Certificato di Prolungamento sia rilasciato dopo effettiva valutazione;
?? che le situazioni distorcenti siano ricondotte in alvei di maggior omogeneità (situazione italiana per quanto concerne i tempi massimi di estensione e per i Certificati di Prolungamento ottenuti, ancora secondo la Legge 349/91, nel periodo di transizione tra la pubblicazione del Regolamento Europeo e la data di applicazione)
8.3 Valutazioni del mercato UE e mondiale e opportunità per il mercato italiano
Secondo alcuni analisti del settore nei prossimi anni sono previsti forti sviluppi del mercato dei farmaci generici. Molti Governi intendono trovare, con l'introduzione del farmaco generico, un'opportunità per il contenimento della spesa sanitaria. Così in Giappone le politiche sanitarie prevedono un aumento dal 7% al 15% del mercato del farmaco generico per il 2005.
Aumenti dei consumi di farmaco generico sono previsti anche in America. Nell'U.E. la situazione è più complessa. In alcuni Paesi (Olanda, Danimarca, U.K, Germania) sono previsti aumenti della presenza dei "generici" nei sistemi sanitari, mentre in altri se ne sta vagliando l'introduzione (Francia).
Per i Paesi in via di sviluppo il farmaco generico rappresenta l'unica possibilità per la realizzazione di sistemi che garantiscano un'assistenza farmaceutica generalizzata e per alcune classi completamente gratuita.
Per quanto concerne l’Italia, la diffusione del farmaco generico è vista come uno strumento di contenimento della spesa sanitaria. Questa tendenza trova riscontro anche nelle raccomandazioni della Commissione dell'Unione Europea per la politica industriale nel settore farmaceutico (Rapporto Soltwedel Xxxxxxx ), nello studio dell'Autorità Garante della concorrenza e del mercato dal titolo “Indagine conoscitiva nel settore Farmaceutico” e nel
rapporto finale della Commissione Europea in relazione a “Policy relating to generic medicines in the OECD” meglio conosciuto come rapporto NERA.
La diffusione del generico in un dato mercato è fortemente condizionata dalla possibilità e incentivazione della sostituzione della formulazione originale con quella generica da parte del farmacista e il medico resta l'elemento chiave per un'eventuale affermazione del generico e della cultura del "farmaco generico". Inoltre la fiducia in questo prodotto, non si può né imporre né costruire in tempi brevissimi.
Quanto al possibile impatto dell'introduzione del generico nella realtà italiana, l'analisi risulta estremamente difficile. Il risparmio che ne potrebbe derivare a livello di spesa sanitaria dipende da vari fattori quali:
?? prezzo della specialità originale di riferimento;
?? prezzo e disponibilità dei principi attivi ottenuti da fonti indipendenti dall'inventore;
?? trattamento fiscale del generico (IVA);
?? tempi e costi dello sviluppo della formulazione generica;
?? tempi e costi delle procedure registrative;
?? costi della distribuzione;
?? atteggiamento della classe medica nei confronti del generico;
?? atteggiamento, remunerazione ed incentivazione dei farmacisti;
?? possibilità di 'sostituzione' generica delle prescrizioni.
8.4 Conclusioni
In questo scenario i produttori italiani stanno perdendo ogni possibilità di sviluppare nuovi prodotti per il mercato dei farmaci generici e ciò li spinge a delocalizzare le proprie produzioni verso i Paesi in cui o esiste la clausola Bolar-Roche o non esiste nessun regime brevettuale. Tale situazione comporterà nel medio e breve periodo un impoverimento della cultura specifica relegando l’industria di chimica fine farmaceutica italiana ad un ruolo oggi ricoperto da Paesi in via di sviluppo.
La produzione, se converrà, riguarderà solo gli intermedi più a monte il cui valore, in termini economici e di sofisticazione tecnologica, è incomparabilmente più basso che il principio attivo finito.