Contratto in generale
COMMENTI
Profili di rilevanza contrattuale della chiamata all’eredità per rappresentazione*
Commento a Cass., 21 agosto 2023, n. 24951 (ord.)
Xxxxxxxx Xxxxxxxxx**
Sommario: I. CASO. – II. QUESTIONI DI DIRITTO. – III. COMMENTO: 1. Rapporto tra l’istituto della rappresentazione e la successione legittima nell’individuazione dei chiamati all’eredità. – 2. I beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita a favore degli «eredi» e criteri di riparto dell’indennizzo: cenni. – 3. Il problema della premorienza al con- traente di uno dei beneficiari: il caso della designazione specifica. – 4 (segue): il caso della designazione generica degli «eredi». – 5. … e l’ipotesi di chiamata per rappresentazione a seguito di premorienza e rinunzia.
In questo saggio si analizza un’ipotesi di rilevanza contrattuale della chiamata all’eredità per rappresentazione, derivante dalla generica designazione degli «eredi» quali beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita. In particolare, viene verificato a chi spetti l’indennizzo al momento della morte dell’assicurato e come possa essere risolto il caso della premorienza di uno dei beneficiari, individuati genericamente negli «eredi», nel caso in cui sia fratello o sorella del de cuius.
The essay analyzes a hypothesis of contractual relevance of inheritance related to a generic designation of «heirs» as beneficiaries of a life insurance contract. In particular, it verifies who gets the insurance compensation when the insured person dies and whose it belongs in case of death, before the insured person, of one of the beneficiaries generically identified in the «heirs», in the event that he/she is brother or sister of the deceased.
Parole chiave: Delazione - Rappresentazione - Assicurazione sulla vita - Beneficiari - Eredi, premorienza - Order of hereditary succession - Life insurance - Beneficiaries - Heirs - Pre- decease
I. CASO
Nel 2006 e nel 2011 Tizia stipula con la società Alfa due contratti di assicurazione sulla vita a favore di terzi, rispettivamente dell’importo di 15.000 euro e di 60.000 euro, indicando come beneficiari «gli eredi legittimi dell’assicurato in parti uguali».
Al momento del decesso, avvenuto nel 2012, Xxxxx non lascia ascendenti, discendenti diretti, né germa- ni viventi. Xxxxxx, un fratello era deceduto nel 1977,
lasciando una figlia, e un altro fratello era trapassato nel 2006, senza prole; una sorella era deceduta nel 2012, lasciando cinque figli, e un’altra nel 2002, la- sciando due figlie, Xxxx e Xxxxxxxxx, l’ultima delle quali era poi deceduta un anno più tardi, lasciando a sua volta un’unica figlia, Xxxxx (1). Al tempo del de- cesso, Xxxxx aveva perciò sette nipoti (tra loro primi cugini in quanto figli di fratelli e sorelle premorti alla stipulante e dunque suoi parenti in linea collaterale
* Contributo pubblicato all’esito di valutazione.
** Professore associato di Diritto privato, Università di Padova,
(1) L’esatta ricostruzione in fatto della vicenda è risultata possi- bile compulsando gli atti di parte depositati nel giudizio in Cassa- zione, stante l’incompletezza della sintesi contenuta nella ordinan- za in commento.
di terzo grado) e una pronipote (discendente diretta della figlia deceduta della sorella premorta alla sti- pulante e dunque sua parente in linea collaterale di quarto grado).
Apertasi la successione ab intestato, sorge una lite tra i sette nipoti e la società assicuratrice, la quale, per un verso, intende liquidare l’indennizzo in otto parti uguali, ricomprendendo anche Xxxxx, e per altro ver- so rifiuta di conteggiare gli interessi legali maturati sulla somma di 75.000 euro dalla morte della stipu- lante, pretendendo di calcolarli solo a partire dal mo- mento successivo in cui essa ha avuto piena evidenza del numero esatto delle persone dei beneficiari.
I sette cugini adiscono prima il Tribunale e poi la Cor- te d’Xxxxxxx, sia per essere riconosciuti unici destina- tari dell’indennizzo assicurativo, escludendo così Me- via, sia per ottenere gli interessi legali già dalla morte di Xxxxx. Entrambe le domande vengono respinte dalle corti di merito, le quali, per un verso, applica- no l’istituto della rappresentazione e ritengono che la figlia di Xxxxxxxxx, discendente di una delle sorelle della stipulante, sia parimenti chiamata all’eredità di Xxxxx e risulti dunque beneficiaria della polizza; per altro verso, fanno dipendere la liquidità e la esigibi- lità del credito, costituenti gli elementi determinanti il dies a quo di decorrenza degli interessi legali, dal momento in cui la compagnia assicurativa ha avuto piena e sicura contezza del numero dei partecipanti alla suddivisione dell’indennizzo, individuato in un tempo successivo alla morte della stipulante, una vol- ta venute meno le incertezze interpretative in ordine ai soggetti concretamente delati.
In parziale accoglimento del ricorso presentato dai sette nipoti, la Suprema Corte con l’ordinanza in com- mento, da un lato, cassa con rinvio la sentenza di se- condo grado nella parte in cui nega la debenza degli interessi legali a far data dall’apertura della successio- ne e, dall’altro, rigetta i motivi di ricorso inerenti alla determinazione degli aventi diritto all’indennizzo, ri- tenendo ch’esso vada suddiviso in otto parti uguali, in applicazione del principio espresso nel 2021 dalle Sezioni unite (2), secondo cui la designazione gene- rica degli «eredi» come beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita comporta l’acquisto di un di- ritto proprio ai vantaggi dell’assicurazione da parte di coloro che, al momento della morte del contraente, risultino delati, a prescindere dalla circostanza ch’essi divengano, poi, eredi in senso tecnico.
II. Questioni di diritto
Al centro della vicenda si pongono due questioni di diritto, una avente rilevanza successoria-contrattuale e una di valenza nel solo campo delle obbligazioni: la prima, più discussa e su cui si concentra il dibattito in seno alla dottrina, scomoda gli istituti della delazione ereditaria e della rappresentazione, nonché il rappor- to tra quest’ultima e le norme sulla successione ab intestato in raffronto con il negozio di assicurazione sulla vita; la seconda, più lineare e alla quale la stessa Suprema Corte nella ordinanza in commento dedica poche righe finali, concerne i requisiti della liquidità ed esigibilità del credito assicurativo ai fini della cor- responsione degli interessi legali.
Con riguardo a quest’ultimo profilo, la Cassazione nulla aggiunge al dibattito in corso e non fa altro che ribadire l’orientamento ormai consolidato secondo cui gli interessi nelle obbligazioni pecuniarie sono dovuti indipendentemente dalla colpa del debitore nel mancato o ritardato pagamento, in quanto la loro funzione primaria è quella corrispettiva, collegata alla loro natura di frutti civili della somma di denaro (3): essi sono dovuti ipso iure ex art. 1282, comma 1, c.c. in funzione equilibratrice del vantaggio che il debito- re ritrae, data la normale produttività della moneta, dal trattenere presso di sé somme che avrebbe dovuto pagare.
Ne consegue che il decorso del termine, a partire dal quale gli interessi corrispettivi vanno conteggia- ti, deve farsi risalire al momento in cui l’importo è determinato (liquido) e il pagamento non è, o non è più, dilazionato da termini o condizioni (esigibile), a nulla rilevando che il debitore (nel caso di specie, la compagnia assicurativa) abbia effettiva contezza della concreta modalità di ripartizione del credito (l’inden- nizzo) tra i creditori (i delati-beneficiari). Liquidità ed esigibilità sono, infatti, caratteristiche oggettive del credito, non dipendenti dalla eventuale situazione – soggettiva del debitore – di dubbio sul numero degli aventi diritto alla prestazione pecuniaria.
Alla luce di questi dati, la Cassazione nella pronun- cia in esame si limita a confermare la debenza degli interessi corrispettivi – richiesti dai beneficiari di un contratto assicurativo sulla vita – dal tempo in cui la società promittente è tenuta a versare l’indennizzo, il che si verifica con la morte della stipulante, costi- tuente quell’«evento attinente alla vita umana» da cui l’art. 1882 c.c. fa decorrere il pagamento di un capitale e dei conseguenti interessi ex art. 1282, comma 1, c.c.
(2) Si fa riferimento a Xxxx., sez. un., 30 aprile 2021, n. 11421, in
Nuova giur. civ. comm., 2021, 1103 ss.
(3) Cass., 15 ottobre 2015, n. 20868, in Dejure.
Con riguardo invece all’altra questione, ben più con- troversa e sulla quale si soffermerà la presente xxx- xxxx, la Suprema Corte contesta la pretesa dei benefi- ciari-ricorrenti di escludere dal riparto la pronipote della de cuius sull’asserito presupposto che, in appli- cazione dell’art. 565 c.c., essi costituiscano i parenti più prossimi (di terzo grado), in quanto figli diretti di fratelli o sorelle premorti alla stipulante, escludendo così dalla successione i parenti più remoti e dunque i parenti di quarto grado, tra cui deve farsi rientrare la discendente diretta della figlia (deceduta) di una sorella della contraente. A detta dei primi cugini, gli eredi legittimi della stipulante andavano individuati nei soli parenti di terzo grado – tenuto conto che la contraente, al tempo del decesso, era celibe, senza figli o ascendenti, e non aveva lasciato testamento – con conseguente esclusione della pronipote (parente di quarto grado) dal novero degli «eredi legittimi», a cui si riferivano le due polizze sulla vita.
Per risolvere la questione, la Cassazione muove dagli esiti a cui sono giunte due anni prima le Sezioni unite nell’individuazione dei beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita indicati genericamente negli
«eredi legittimi»: essi vanno identificati in «coloro che, al momento della morte dello stipulante, rivesto- no tale qualità in forza del titolo della astratta dela- zione ereditaria prescelto dal medesimo contraente». Su questo presupposto, assegnano anche alla proni- pote della de cuius il titolo di delata, in considerazio- ne della sua qualità di discendente della sorella della defunta stipulante, in applicazione dell’art. 468 c.c.:
«sia che si tratti di chiamata “diretta” ovvero “per rap- presentazione” … è, per l’appunto, la qualità di erede “legittimo”, senza ulteriori specificazioni, ciò che con- sente di fruire del beneficio contrattualmente previ- sto» (4). La Suprema Corte conferma così la scelta, compiuta dalla compagnia assicurativa, di operare una ripartizione dell’indennizzo per otto (e non per sette) quote uguali, sottolineando come la pronipote sia subentrata nel luogo e nel grado della sua ascen- dente (id est, la sorella premorta della contraente) ex art. 467 c.c. e dunque risulti anch’essa chiamata all’e- redità (e conseguentemente beneficiaria) al pari degli altri sette nipoti.
Sotto questo profilo, come si approfondirà a breve, non vi è nulla da eccepire nel ragionamento seguìto dalla Corte. Vi sono però ragioni di parziale critica riguardanti un passaggio argomentativo ulteriore, che altro non è che una mera riproposizione di un
(4) Così espressamente nella ordinanza in commento.
principio (anch’esso discutibile per le ragioni che verranno analizzate) già espresso dalle citate Sezio- ni unite: «l’eventuale premorienza di uno degli ere- di del contraente, già designato tra i beneficiari dei vantaggi dell’assicurazione … comporta non un effet- to di accrescimento in favore dei restanti beneficiari, ma, stando l’assenza di una precisa disposizione sul punto ed in forza dell’assimilabilità dell’assicurazio- ne a favore di terzo per il caso di morte alla categoria del contratto a favore di xxxxx, un subentro per “rap- presentazione” in forza dell’art. 1412, comma 2, c.c.». Il riferimento all’istituto ex art. 467 c.c. e alla regola espressa dall’art. 1412 c.c., se non correttamente inte- so in ipotesi di designazione generica degli «eredi», risulta foriero di numerose aporie, le stesse che hanno scandito non solo alcuni passaggi della ordinanza in commento, ma anche della pronuncia resa dalle Se- zioni unite nel 2021, a cui la prima dichiaratamente s’ispira.
III. Commento
1. Rapporto tra l’istituto della rappresentazione e la successione legittima nell’individuazione dei chiamati all’eredità.
Il contratto di assicurazione sulla vita a favore di ter- zi rappresenta un istituto in cui, forse più di ogni al- tro, è possibile riscontrare una rilevanza diretta della materia successoria nel campo negoziale, in quanto strumento flessibile di pianificazione ereditaria di- verso dal testamento. Uno dei momenti in cui mas- sima diviene l’interferenza tra i due ambiti si verifica non solo quando la designazione avvenga nell’atto di ultima volontà (5), ma altresì quando lo stipulante si limiti a indicare negli «eredi» i beneficiari dell’in- dennizzo assicurativo e uno di essi gli premuoia. In questa evenienza, la comprensione delle nozioni di
«soggetto delato» nella successione ab intestato e di
«chiamata per rappresentazione» diviene l’antece- dente logico necessario per l’individuazione dei desti- natari del credito (oltre che per determinare i criteri di riparto (6)). Aderendo all’impostazione accolta dal-
(5) Questo tipo di designazione ha fatto dubitare a parte della dottrina che il contratto di assicurazione possa, in questo caso, es- sere annoverato tra i contratti inter vivos: v. infra nt. 28.
(6) Esula dal presente lavoro la questione riguardante i criteri di riparto dell’indennizzo qualora il contraente ometta di indicarli poiché, nel caso di specie, la stipulante aveva espressamente stabi- lito che la prestazione assicurativa dovesse essere divisa «in parti uguali». Su tale profilo, per evidenti ragioni di spazio, non si sof- fermerà quindi il discorso.
la giurisprudenza di legittimità, risultano perciò cen- trali, per l’identificazione dei creditori della prestazio- ne assicurativa, gli istituti della successione legittima e della rappresentazione, onde verificarne i reciproci rapporti e procedere alla individuazione dei soggetti chiamati all’eredità nel caso in cui concorrano parenti di grado diverso e siano tutti discendenti di fratelli o sorelle del de cuius. Solo tale previa verifica consente, infatti, di individuare i delati e, come si esaminerà a breve, di identificare già in essi i destinatari del cre- dito assicurativo, senza bisogno di alcun altro atto o fatto successivi.
Così impostata e giustificata l’indagine, il discorso non può che prendere le mosse dall’art. 467 c.c., in virtù del quale, quando la delazione a favore del sog- getto «designato a succedere» dalla legge o dal testa- mento – che sia figlio o fratello o sorella del de cuius
– non abbia luogo oppure venga meno, opera ex lege una nuova delazione a favore dei discendenti dello stesso.
La figura si distingue nettamente da quella della tra- smissione della delazione contemplata dall’art. 479 c.c.: quest’ultima presuppone che una delazione si sia effettivamente verificata, sia perdurante e abbia attri- buito al chiamato a succedere il diritto potestativo di accettare l’eredità, ma che la sopraggiunta morte di costui ne abbia impedito l’esercizio. In questo caso, in deroga al principio di indisponibilità della delazione, il diritto di accettare si trasmette agli eredi del defun- to delato, che divengono chiamati iure trasmissionis al posto del primo. La trasmissione implica dunque che una delazione sussista nel patrimonio del trasmit- tente e che, in quanto situazione giuridica soggettiva facente parte dello stesso, venga acquisita dagli eredi di quest’ultimo (7).
Viceversa, nella rappresentazione, benché talvolta se ne discorra in termini (in parte fuorvianti) di «dela- zione indiretta»(8), il rappresentato non è chiamato e, se lo diviene, come in ipotesi di rinunzia, egli perde con effetti retroattivi la delazione a suo favore ex art. 521 c.c., la quale non può così trasmettersi proprio perché venuta meno ex tunc. Il rappresentante è dun- que destinatario diretto di una nuova chiamata a suc- cedere: si tratta di una situazione giuridica soggettiva che si costituisce in modo autonomo nella sua sfera
(7) CICU, Successioni per causa di morte, in Tratt. dir. civ. comm. Cicu e Xxxxxxxx, Xxxxxxx, 1961, 123.
(8) Così, ad esempio, CICU, op. cit., 109-110, secondo cui si tratte- rebb di un’ipotesi di vocazione diretta (in quanto il rappresentante è il solo soggetto direttamente vocato), ma di delazione indiretta (sotto il profilo oggettivo).
giuridica, senza alcun trasferimento dal soggetto che non può o non vuole accettare l’eredità (o il legato). Ciò non implica, però, che la vocazione del rappre- sentato divenga del tutto marginale nella vicenda successoria, in quanto il contenuto della delazione del rappresentante risulta formato dagli elementi che avrebbero dovuto inerire alla vocazione precedente, a cui la legge riconosce una, seppur limitata, effica- cia (9). L’affermazione va però correttamente intesa nei suoi limiti: l’ambito di rilevanza della figura del rappresentato si esaurisce nel profilo oggettivo ed egli non ha altra funzione specifica se non quella di essere di riferimento per determinare quanto devo- luto al rappresentante (10), essendo la sua vocazione considerata solo in modo ipotetico. In questo senso si giustifica la locuzione, pur imprecisa, impiegata dal legislatore nell’art. 467 c.c., secondo cui la rappresen- tazione «fa subentrare i discendenti nel luogo … del loro ascendente» (11): il termine «subentrare» assu- me un significato unicamente metaforico, alludendo al fatto che un soggetto acquista un’eredità che, se non si fossero verificati certi eventi, sarebbe stata de- voluta a un altro (12). In ogni caso, sotto il profilo sog- gettivo, la delazione si realizza pur sempre in modo autonomo in capo al solo rappresentante e il rappre- sentato è escluso dal fenomeno successorio, non ser- vendo neppure da tramite dell’eredità dal defunto al rappresentante (13), ben potendo quest’ultimo essere premorto al de cuius. D’altra parte, l’autonomia della chiamata dei rappresentanti discende anche dalla let- tura dell’art. 468, comma 2, c.c., in cui si ammette che i discendenti possano succedere per rappresentazione anche se abbiano rinunciato all’eredità della persona
(9) NICOLÒ, La vocazione ereditaria diretta e indiretta, Principa- to, 1934, 176.
(10) FERRI, Disposizioni generali sulle successioni, in Comm. x.x. Xxxxxxxx e Xxxxxx, a cura di Xxxxxxx, Zanichelli-Il Foro italiano, 1997, 215-216.
(11) Potrebbe, al più, discorrersi di delazione oggettivamente (e non soggettivamente) indiretta, anziché di delazione indiretta tout court.
(12) FERRI, op. cit., 214. Già in Pothier (XXXXXXX, Trattato delle suc- cessioni, in Opere, III, 2ª ed., Xxxxxxxx, 1841, 314) e nell’art. 739 del Codice civile francese («La représentation est une fiction de la loi») si fa riferimento alla rappresentazione come a una fictio iuris. Contro l’utilità del concetto di finzione in quest’ambito, v. però, ad esempio, XXXXXXXX, Successione legittima e necessaria, Xxxxxxx, 1937, 97; XXXXXXX FERRARA, Le successioni per causa di morte. Par- te generale, Esi, 1977, 128.
(13) Cfr. FERRI, op. cit., 214-215 e, più recentemente, cfr. VETTORI, La rappresentazione (Profili interpretativi degli artt. 467, 468, 469 c.c.), in Quaderni della rassegna di diritto civile, diretta da X. Xxxxxxxxxxx, Esi, 1993, 14-15.
in luogo della quale essi subentrano: è sufficiente che siano capaci e degni nei confronti del solo de cuius e non del rappresentato.
Così ricostruito il fondamento tecnico dell’istituto, occorre ora verificarne il rapporto con le norme sulla successione legittima e, in particolare, con quanto di- spone l’art. 565 c.c.
La questione si giustifica poiché, in virtù della rappre- sentazione, possono essere chiamati a succedere non solo i figli del rappresentato, ma anche gli ulteriori di- scendenti, tra cui vanno ricompresi coloro che discen- dono da nipoti ex filio o ex fratre. Questa circostanza solleva un problema di coordinamento con la regola secondo cui, nella successione ab intestato, il parente più prossimo esclude quello più remoto. Xxx xxxxxx- be accadere, infatti, che vengano chiamati all’eredità soggetti di grado diverso, qualora la premorienza o la rinunzia di un figlio o di un fratello o di una sorella del defunto comporti la chiamata di un loro discendente avente un grado successivo rispetto a quello di altri chiamati.
È la situazione che si è verificata nel caso di specie ove, accanto ai parenti di terzo grado (id est i nipoti della de cuius), è stato chiamato per rappresentazione anche un parente di quarto grado (la pronipote della stipulante), in quanto discendente (di secondo grado in linea retta) di una sorella (premorta) della defunta. Ed è proprio facendo leva su quanto prescrive l’art. 565 c.c. che i parenti di grado più prossimo, ricorrenti in Cassazione, hanno tratto un primo argomento per richiedere l’esclusione della cugina di grado più remo- to dal riparto dell’indennizzo, ritenendo che gli «eredi legittimi», indicati come beneficiari dalla stipulante, non possano che essere quelli individuabili ex lege e direttamente secondo le (sole) norme sulla successio- ne legittima. Tra di esse assume primaria rilevanza quella di cui all’art. 565 c.c., in base alla quale «nella successione legittima l’eredità si devolve … nell’ordi- ne e secondo le regole stabilite nel presente titolo», enunciando così, a prima vista, un canone generale in forza del quale il parente più prossimo esclude il più remoto.
Un secondo argomento è stato dai ricorrenti ricavato dalla distinzione tra regole successorie e quelle as- sicurative. Si è sostenuto che, oltre alle vicende col- legate all’accettazione e alla rinuncia all’eredità, per determinare i creditori della prestazione assicurati- va sarebbe parimenti irrilevante l’istituto della rap- presentazione, descritto come una figura «di diritto singolare … giacché in essa vengono alla successione soggetti che senza tale istituto ne resterebbero esclu-
si» (14). Si è perciò dedotto che i beneficiari indicati negli «eredi legittimi» andrebbero individuati nei soli chiamati in base all’art. 565 c.c., norma costituente regola generale operante nella successione legittima, e non anche quelli delati ex art. 467 c.c., xxxxx rite- nuta avere natura speciale: tenuto conto che, in base alla citata sentenza resa a Sezioni unite nel 2021, il richiamo alla categoria degli «eredi legittimi» nel contratto di assicurazione sulla vita non implica «una sorta di “rinvio materiale” alla disciplina in materia di successione» (15), si è desunta l’irrilevanza della chiamata per rappresentazione ai fini della individua- zione dei beneficiari.
Le argomentazioni, benché apparentemente persua- sive, non convincono del tutto.
Il secondo effetto che l’art. 467 c.c. descrive consiste nel subentro dei discendenti «nel grado» del loro ascendente. Già Xxxxxx Xxxxxx, sotto l’imperio del Co- dice previgente, avvertiva che l’istituto della rappre- sentazione aveva il ruolo di correggere, ispirandosi all’equità, il rigore della regola che i più prossimi eredi escludono i più remoti, la quale avrebbe comportato una pesante ingiustizia, aggravando la condizione di persone care al de cuius «colpite dalla sventura di per- dere il padre o la madre» (16). Tramite questa figura, i rappresentanti ascendono al grado di successione del rappresentato, che è più prossimo al defunto, succe- dendo direttamente a quest’ultimo, il che implica, ad esempio, che il nipote ex xxxxx, il quale sarebbe escluso ex art. 565 c.c. dalla successione legittima in presenza di altro figlio del de cuius, succede con questo come se avesse lo stesso grado di parentela del genitore premorto (17), in deroga alla regola generale stabilita dell’art. 565 c.c. (18) Ne consegue peraltro che, alme-
(14) Così Xxxx., 11 aprile 1975, n. 1366, in Mass. Giust. civ., 1975, 621.
(15) Così Cass., sez. un., 30 aprile 2021, n. 11421, cit.
(16) Così XXXXXX, Diritto civile, VI, Il diritto delle successioni, Utet, 1934, 160.
(17) Cicu, op. cit., 116-117.
(18) Confermano che la rappresentazione prevale sempre sulla regola stabilita dall’art. 565 c.c., ad esempio, tra molti, RONCHI, Gli altri parenti, in Tratt. succ. don. Xxxxxxxx, III, La successione legittima, Xxxxxxx, 2009, 870; ALBANESE, Sostituzioni, rappresen- tazione e accrescimento. I meccanismi successori tra autonomia privata e delazione legale, Cedam, 2007, 595-596; MENGONI, Suc- cessioni per causa di morte. Successione legittima, in Tratt. dir. civ. comm. Cicu e Messineo, continuato da Xxxxxxx, 6ª ed., Giuf- frè, 1999, 109; CATTANEO, La vocazione necessaria e la vocazione legittima, in Tratt. dir. priv. Xxxxxxxx, V, 2ª ed., Utet, 1997, 499; FERRI, op. cit., 220.
no in astratto (19), gli effetti della rappresentazione potrebbero prevalere anche sul principio espresso dall’art. 77 c.c., non operando in quest’ambito il limite di parentela del sesto grado, dato che la rappresenta- zione ha luogo in infinito ex art. 469 c.c. (20).
Pertanto, tornando al caso di specie, la circostanza che i sette nipoti della stipulante siano parenti della stessa di terzo grado non vale a escludere dalla chia- mata all’eredità la pronipote, non ostante sia parente di quarto grado: quest’ultima, in quanto discendente e rappresentante della sorella della de cuius, subentra nel medesimo grado della medesima, al pari dei figli diretti degli altri fratelli e sorelle. A nulla rileva, poi, che la rappresentazione costituisca una figura avente carattere eccezionale nel sistema successorio: essa, pur operando in deroga ai principi generali sull’ordi- ne dei successibili, determina la delazione autonoma dei rappresentanti e, se il contraente ha inteso iden- tificare i beneficiari negli «eredi legittimi», tali non possono che essere considerati anche i discendenti di figli o fratelli o sorelle del defunto, a prescindere che lo divengano per «chiamata “diretta” o per “rap- presentazione”» (21). In altre parole, l’istituto di cui all’art. 467 c.c. non descrive un terzo tipo di succes- sione distinto da quella legittima o testamentaria, ma opera all’interno di entrambe le forme di devoluzione dell’eredità (22), disciplinando gli effetti della chia- mata: un delato è tale sia che lo sia per legge, che per testamento, sia per sostituzione o trasmissione, che per rappresentazione.
Risulta perciò condivisibile la soluzione accolta nella ordinanza in commento, in cui è stata ritenuta corret- ta la scelta delle corti di merito di tenere conto anche della chiamata all’eredità della pronipote della stipu- lante, dividendo l’indennizzo in otto parti uguali, an- ziché in sette.
Un aspetto su cui, invece, possono essere mossi dei rilievi riguarda il prosieguo della motivazione, nel- la parte in cui la Cassazione fa applicazione dell’art. 1412, comma 2, c.c. per suffragare l’impostazione pro-
posta. Trattasi di un richiamo normativo da conside- rarsi inconferente per una pluralità di ragioni, la cui comprensione passa però necessariamente per un’a- nalisi preliminare degli esiti a cui sono giunte le Se- zioni unite nell’individuazione dei beneficiari di una polizza assicurativa genericamente stabilita a favore degli «eredi».
2. I beneflciari di un contratto di assicurazione sulla vita a favore degli «eredi» e criteri di riparto dell’indennizzo: cenni.
Non è questa la sede per un’analisi approfondita del- le argomentazioni impiegate dalla Suprema Corte nel 2021 per dare risposta definitiva al problema indivi- duativo degli aventi diritto alla prestazione pecunia- ria nel caso in cui essi siano individuati genericamen- te negli «eredi» (23). Si tratta di una questione ormai risolta nel diritto vivente e su cui, infatti, le parti in causa nemmeno dibattevano.
Sia sufficiente allora ricordare che le Sezioni unite accolgono l’idea che la morte del contraente non co- stituisce causa dell’acquisto del diritto in capo ai be- neficiari, ma rappresenta l’evento a partire dal quale l’acquisto diviene efficace, allontanando così il con- tratto di assicurazione sulla vita dalla categoria dei patti successori: il negozio, benché realizzi una forma di successione alternativa alla disposizione testamen- taria (24), è ricompreso tra gli atti inter vivos.
(23) Per uno studio più approfondito della pronuncia resa da Xxxx., sez. un., 30 aprile 2021, n. 11421, cit., ove anche per una disamina delle varie soluzioni, sia consentito rinviare a MAZZA- RIOL, Assicurazione sulla vita a favore degli «eredi» e ripartizio- ne dell’indennizzo, in Actualidad Jurídica Iberoamericana, XVI, 2022, 1620 ss., nonché a PETTA, Assicurazione sulla vita a favore di terzo e assetti successori tra interferenze disciplinari e oppor- tunità applicative, in Dir. fam., 2022, 837 ss.; XXXXXXXX, La pre- morienza del beneficiario nell’assicurazione in favore di terzo, in Giur. comm., 2022, 1312 ss.; XXXXXXXXXX, La designazione dei terzi beneficiari nel contratto di assicurazione sulla vita: il significato dell’espressione «legittimi eredi» e la questione della ripartizione dell’indennizzo, in St. iuris, 2021, 1523 ss.; XXXXXXXXX, L’individua- zione del beneficiario nel contratto di assicurazione sulla vita a
favore di terzo, in Resp. civ. e prev., 2021, 1926 ss.; XXXXXXXXX,
(19) Xxxxxxx assai improbabile che si realizzi, in concreto, una chiamata di parenti oltre il sesto grado, discendenti di un figlio, fratello o sorella del de cuius.
(20) INVREA, Il diritto di rappresentazione nelle successioni per causa di morte, in Foro pad., 1948, I, 598.
(21) Così nella ordinanza in commento.
(22) Tant’è ch’esso trova collocazione all’interno del titolo primo, tra le disposizioni generali sulla successione, potendo riguardare, per un verso, sia quella legittima, sia quella testamentaria e, per altro verso, sia la successione a titolo universale, sia quella a titolo particolare.
Assicurazione sulla vita, designazione degli «eredi legittimi», in- dividuazione dei beneficiari in ipotesi di premorienza, ivi, 2021, 1518 ss.; MONTI, Gli eredi come generici beneficiari delle polizze vita: i chiarimenti delle Sezioni Unite, in Danno resp., 2021, 705 ss.
(24) Per un’analisi del negozio assicurativo come istituto alterna- tivo alle successioni mortis causa, v. almeno IEVA, Altre forme di trasmissione della ricchezza, in Tratt. breve succ. don. Xxxxxxxx, coordinato da Xxxx, I, Xxxxx, 2010, 59 ss.; PALAZZO, Istituti alter- nativi al testamento, in Tratt. CNN Perlingieri, Esi, 2003, 99 ss.; XXXXXX, Attribuzioni patrimoniali post mortem e mortis causa, in Vita not., 1971, 147 ss.
La conferma viene tratta da quanto dispone l’art. 1920, comma 3, c.c., a mente del quale «per effetto della designazione il terzo acquista un diritto proprio ai vantaggi dell’assicurazione» (25). Dalla disposizio- ne vengono fatti discendere due importanti corollari: per un verso, la designazione segna, di norma, il mo- mento a partire dal quale il beneficiario diviene titola- re del diritto di credito e, per altro verso, l’indennizzo non entra a far parte del patrimonio dell’assicurato al momento della sua morte (26), trovando così il diritto unicamente fonte nel contratto (27). Le Sezioni unite negano perciò al negozio assicurativo la natura di atto mortis causa (28), ritenendo che l’elemento morte
(25) La designazione, che può essere effettuata nel contratto di as- sicurazione o con successiva dichiarazione scritta o per testamento ex art. 1920, comma 2, c.c., è un negozio unilaterale, non recettizio e personalissimo, con cui il contraente individua, in maniera spe- cifica o generica, il destinatario dell’indennizzo. Così per la dottri- na dominante: cfr. XXXXXX, I diritti dei beneficiari nell’assicurazio- ne vita: tra volontà del contraente e successione, in Xxxxx resp., 2016, 744; VERNIZZI, La designazione del beneficiario di assicura- zione sulla vita, in Tratt. succ. don. Xxxxxxxx, II, La successione testamentaria, Xxxxxxx, 2009, 874; XXXXXXXXX, voce Assicurazione, III, Assicurazione sulla vita, in Enc. giur., III, Treccani, 1988, 12; XXXXXXX, voce Assicurazione sulla vita, in Enc. dir., III, Xxxxxxx, 1959, 658-659. In giurisprudenza x. Xxxx., 00 ottobre 1978, n. 4833, in Giust. civ., 1979, I, 674. Per la recettizietà e la natura non personalissima dell’atto, v. però XXXXXXX, Le assicurazioni sulla vita, in Tratt. dir. civ. comm. Xxxx, Messineo, Xxxxxxx e Schle- singer, continuato da Xxxxx e Xxxxxx, Xxxxxxx, 2021, 139; XXXXXXXX, L’assicurazione sulla vita, in AA.VV., Il diritto delle assicurazioni, III, Cedam, 2013, 851. Viceversa, secondo XXXXXXXXXXX, La dichia- razione recettizia, Xxxxxxx, 1959, 74 ss., occorre tenere distinti il profilo della rilevanza della designazione nei riguardi dell’assicu- razione (per la quale essa assume natura recettizia poiché indivi- dua la persona del creditore e identifica il soggetto verso il quale l’impresa sarà tenuta a effettuare la prestazione) da quello della sua efficacia nella sfera giuridica del beneficiario (per la quale non potrebbe discorrersi di recettizietà). In realtà, non sembra possa aderirsi nemmeno a questa pur autorevole opinione, perché legit- timerebbe un esito incongruo: in caso di morte dello stipulante e successivo decesso del beneficiario, avvenuto prima della comuni- cazione del contenuto del testamento all’assicurazione, dovrebbe escludersi, a rigore, che gli eredi del secondo possano acquistare iure hereditatis il credito assicurativo.
(26) Così già per XXXXXX, L’assicurazione sulla vita a favore di xxx- xx, Xxxxxxx, 1936, 45; MESSINEO, Sulla condizione giuridica del terzo beneficiario nell’assicurazione vita, in Arch. giur., 1924, 167 ss.; XXXXXXX XXXXXXXXXX, Dottrine generali del diritto civile, Jovene, 1966, 233 ss.; XXXXXXX FERRARA, Le successioni per causa di morte. Parte generale, Xxxxxx, 1977, 404 ss.
(27) Cfr. Cass., 14 maggio 1996, n. 4484, in Assicurazioni, 1996, 88; nonché Nicolò, ult. op. cit., 153; Cariota Ferrara, op. cit., 405; Al- banese, Assicurazione sulla vita e protezione patrimoniale, in Contr. e impr., 2016, 1424-1425; Calvo, I confini tra attribuzioni successorie e prestazioni assicurative, in Assicurazioni, 2010, 261.
(28) Le Sezioni unite si discostano dalla autorevole, benché mino- ritaria, opinione dottrinale secondo cui, in ipotesi di designazione
non incida sul piano causale dell’attribuzione, e rav- visano nella designazione del beneficiario, «quale che sia la forma prescelta tra quelle consentite dall’art. 1920 c.c., comma 2, un negozio inter vivos con effetti post mortem» (29).
Tale qualificazione costituisce la base per negare alle vicende collegate alla successione dello stipulante qualsiasi rilievo ai fini tanto dell’individuazione dei beneficiari, quanto di determinazione del riparto dell’indennizzo. Non ostante il termine «eredi» nel suo significato tecnico sottenda l’avvenuta accettazio- ne dell’eredità, la Cassazione nel 2021 respinge l’idea che il lemma possa intendersi come una sorta di rin- vio materiale alla disciplina in materia di successione (testamentaria o legittima) e reputa che i beneficiari vadano individuati in «coloro che, al momento della morte dello stipulante, rivestano tale qualità in forza del titolo della astratta delazione ereditaria prescelto dal medesimo contraente, indipendentemente dalla rinunzia o dall’accettazione della vocazione».
In altra sede, pur condividendo l’esito a cui sono giun- te le Sezioni unite, si è contestato il metodo da esse se- guìto e si è proposto un diverso approccio argomenta- tivo, fondato sull’applicazione degli ordinari criteri di ermeneusi negoziale di cui agli artt. 1362 ss. c.c. (30). In ogni caso, ciò che qui conta è constatare l’emersio- ne, dalla pur succinta disamina proposta, di un dato non trascurabile: la perdurante diretta rilevanza delle vicende successorie nella materia contrattuale di cui agli artt. 1919 ss. c.c. È pur vero, infatti, che le questio- ni inerenti all’accettazione o meno dell’eredità dello stipulante non sono considerate significative ai fini dell’accertamento dei titolari del credito assicurativo, ma l’identificazione dei beneficiari rimane comunque necessariamente condizionata dalle vicende riguar-
testamentaria, la dichiarazione contenuta nell’atto di ultima vo- lontà non può che produrre effetto dopo la morte del testatore, facendo divenire il contratto assicurativo un atto mortis causa, dal momento che essa «opera alla morte e per la morte dell’attribuen- te»: x. XXXXXXXXXXX, Il contenuto atipico del testamento, Xxxxxxx, 1954, 299 ss. (spec. 306-307). Per analoga posizione, v. anche GAZ- ZONI, Manuale di diritto privato, 18ª ed., Esi, 2017, 1261; XXXXXXX, Successioni e donazioni, I, 4ª ed., Xxxxxxx, 2015, 50; BARBA, I patti successori e il divieto di disposizione della delazione. Tra storia e funzioni, Esi, 2015, 110 ss.; IEVA, op. cit., 82; DE XXXXXX, I patti sulle successioni future, Xxxxxx, 1976, 125; XXXXXX, ult. op. cit., 152.
(29) Così Xxxx., sez. un., 30 aprile 2021, n. 11421, cit. Sulla nozione di atto mortis causa, v. su tutti Giampiccolo, voce Atto mortis causa, in Enc. dir., IV, Xxxxxxx, 1959, 233 ss., mentre su quella di atto post mortem v. almeno Nicolò, ult. op. cit., 147 ss.; Xx Xxxxxx, op. cit., 68. Per la nozione di atto trans mortem, v. Palazzo, op. cit., 17 ss.
(30)Sia consentito rinviare nuovamente a XXXXXXXXX, op. cit., 1628-1631.
danti la chiamata all’eredità del contraente. L’istituto della delazione e la sua applicazione nella successione dello stipulante mantengono dunque fondamentale importanza ai fini della individuazione dei titolari del diritto di credito.
Altrettanto però non può dirsi con riguardo alla defi- nizione dei criteri di riparto dell’indennizzo: in questo caso, a detta delle Sezioni unite, in ragione dell’affer- mata irrilevanza delle vicende concernenti la succes- sione mortis causa dell’assicurato e della natura inter vivos del contratto di assicurazione sulla vita, le quote con cui viene suddiviso il capitale non possono essere influenzate da quelle ereditarie. In assenza di indica- zioni contrarie da parte dello stipulante, dovrà allora farsi applicazione delle regole generali previste per le obbligazioni plurisoggettive: la clausola recante la ge- nerica designazione degli «eredi» delinea una plura- lità di creditori per un’identica prestazione divisibile in un base a una eadem causa credendi, che dà luogo a un’obbligazione soggettivamente complessa, le cui quote ex art. 1298, comma 2, c.c. si presumono uguali (31). Si tratta, in ogni caso, di un criterio irrilevan- te qualora, come nella vicenda in esame, sia lo stesso stipulante a predeterminare il metodo di suddivisione
da ritenersi inesigibile sino alla morte di quest’ultimo (termine certus an incertus quando)(32). Il contratto assicurativo e la designazione rimangono, infatti, due negozi distinti, non ostante nella maggior parte dei casi risultino coevi e contenuti in un unico documen- to: se la seconda manca, già dalla conclusione dell’ac- cordo nasce un rapporto obbligatorio tra i due paci- scenti, sottoposto a termine, in virtù del quale sorge, nella sfera giuridica della persona fisica, un diritto di credito e, in quella della persona giuridica, l’obbligo di adempierlo (id est restituire il capitale alla morte del contraente) (33).
La produzione di tale effetto può essere impedita ab origine tramite la designazione puntuale del benefi- ciario contemporanea alla stipula, la quale determina la costituzione di un rapporto obbligatorio diretta- mente nei confronti del terzo (34). Si tratta però di un acquisto non definitivo: il rapporto obbligatorio tra stipulante e promittente può determinarsi nuo- vamente tramite un atto di revoca ex art. 1921 c.c. a cui non segua un’ulteriore designazione, facendo così divenire lo stipulante titolare del diritto di credito (35). In entrambe le ipotesi, l’obbligazione rimane
del capitale (nella specie, «in parti uguali»).
(32) Contra v. però XXXXXXX, op. cit., 222, secondo cui il contra-
3. Il problema della premorienza al contraente di uno dei beneflciari: il caso della designazione speciflca.
Aderendo all’indirizzo giurisprudenziale ormai con- solidato, il quadro sinora descritto induce a ritenere che il beneficiario di un contratto di assicurazione sulla vita acquisti il diritto all’indennizzo assicurativo iure proprio ex art. 1920, comma 3, c.c. Si assiste però a una variazione temporale di detto acquisto a secon- da che l’atto di designazione individui direttamente il beneficiario o si limiti a indicarlo genericamente.
Prima di verificare i differenti esiti, non va tuttavia trascurato un dato preliminare: la sottoscrizione di un contratto ex art. 1919 c.c., a cui non segua la de- signazione del beneficiario (generico o specifico che sia), produce comunque un effetto immediato, costi- tuito dal sorgere di un’obbligazione in capo all’impre- sa assicurativa direttamente a favore dello stipulante,
(31) In questi termini, oltre alle citate Sezioni unite del 2021, v. anche Cass., 5 marzo 2001, n. 3160, in Foro it., 2001, I, 1, 2871 e Cass., 10 novembre 1994, n. 9388, cit. In dottrina, v. almeno AL- BANESE, ult. op. cit., 1430; XXXXXXXX, op. cit., 859; XXXXXXXXX, Dell’as- sicurazione, in Comm. x.x. Xxxxxxxx e Xxxxxx, a cura di Xxxxxxx, Zanichelli-Foro italiano, 2011, 238; SALANDRA, Dell’assicurazione, in Comm. x.x. Xxxxxxxx e Xxxxxx, Zanichelli-Foro italiano, 1966, 396.
ente non può mai conseguire alcuna posizione vantaggiosa dal contratto. Ciò però, a nostro modo di vedere, non spiega come i di lui eredi possano ottenere il diritto alla prestazione nei confronti dell’assicurazione alla sua morte, se non assumendo che un diritto di credito sia già esistente nel patrimonio dello stipulante, benché inesigibile.
(33) Ci si discosta, quindi, dalla pur autorevole opinione espres- sa da XXXXXXX, L’assicurazione nella teoria dei contratti aleatori, Xxxxxxx, 1964, 309 ss., per il quale l’assicurazione esprime, da lato passivo, una soggezione (consistente nell’impossibilità a sottrarsi alle conseguenze sfavorevoli collegate) e, dal lato attivo, un’aspet- tativa di diritto che si trasforma in diritto di credito solo con il ve- rificarsi dell’evento. Nel senso di riscontrare ab origine l’esistenza di un vero e proprio rapporto obbligatorio, v. tra molti DI MAJO, Dell’adempimento in generale, in Comm. x.x. Xxxxxxxx e Branca, a cura di Xxxxxxx, Zanichelli-Foro italiano, 1994, 160; XXXXXXX, op. cit., 78 ss.
(34) Nell’ipotesi in cui la designazione risulti determinata, tenuto conto che il beneficiario acquista il diritto di credito, lo stipulante non può dirsi titolare di alcuna posizione creditoria in senso tec- nico: cfr. Xxxxxxxxxxx, Il pagamento del terzo, Xxxxxxx, 1961, 18; Mes- sineo, Dottrina generale del contratto, Xxxxxxx, 1952, 410. Nel caso in cui la designazione venga inserita in un testamento, v. però le considerazioni contenute nel paragrafo che segue.
(35) La revoca determina l’eliminazione della vicenda attributiva e l’effetto normale di questa eliminazione è che il diritto, prima attribuito al terzo, rimanga a beneficio dello stipulante: così Majel- lo, voce Contratto a favore del terzo, in Dig. disc. priv. - Sez. civ., Utet, 1989, 244. In termini non dissimili, v. anche Moscarini, I negozi a favore di terzo, Xxxxxxx, 1970, 143 e 181 ss., il quale parla di «devia- zione degli effetti» in ipotesi di revoca. Impossibile in questa sede
la medesima sotto l’aspetto oggettivo e l’eventuale revoca determina un mutamento incidente sul solo profilo soggettivo, comportando il subingresso di un nuovo avente diritto alla prestazione. Se poi lo stipu- lante decedesse senza avere proceduto a una nuova nomina, l’impresa promittente sarebbe tenuta a ef- fettuare la prestazione pecuniaria a favore degli eredi in senso proprio del contraente, divenuti titolari del diritto di credito esistente nel patrimonio del de cuius (36). D’altra parte, se da un lato l’art. 1411, comma 3, c.c. stabilisce che la prestazione rimane a beneficio dello stipulante in caso di revoca o di rifiuto del ter- zo, dall’altro l’art. 1920, comma 2, c.c. ammette che la designazione possa essere fatta con dichiarazione successiva al contratto: dal combinato disposto di tali previsioni si ricava la conferma che l’assenza di desi- gnazione comporta l’acquisto del diritto direttamente in capo all’assicurato (37). La designazione e la revoca
riferire le molteplici teorie aventi a oggetto gli effetti della revoca del beneficio al terzo e, più in generale, la conseguente posizione dell’assicuratore: per un efficace sunto si rimanda a Corrias, op. cit., 213 ss., nonché a Caliceti, Xxxxxxxxx e negozio nella stipulazione a favore di xxxxx, Xxxxx, 1994, 26 ss., secondo cui però, con posizione isolata in dottrina, il contratto a favore di terzi determinerebbe il sorgere di due obbligazioni alternative (spec. 69 ss.).
(36) Questa evenienza, secondo le citate Sezioni unite del 2021, determina l’ingresso del diritto di credito nel patrimonio dell’as- sicurato e la successiva sua devoluzione iure successionis. La so- luzione, in realtà, è assai discussa in dottrina: da un lato, vi è chi ritiene che, in assenza di designazione del beneficiario, il capitale assicurato entri nel patrimonio del contraente alla sua morte e si trasferisca mortis causa ai suoi eredi (v., ad esempio, XXXXXXX, L’assicurazione sulla vita, in AA.VV., Il contratto di assicurazione, a cura di De Xxxxxxxx e Xxxxxxx, II, Xxxxxxx, 1987, 220; XXXXXXXX, op. cit., 395; XX XXXXX, Negozio unilaterale, morte del dichiarante al momento della recezione e designazione del beneficiario nell’as- sicurazione vita, in Giust. civ., 1979, I, 677; XXXXXX, ult. op. cit., 72;
si configurano perciò, sotto certi aspetti, come l’eser- cizio di un diritto potestativo: è attribuito all’assicura- to uno ius variandi – ossia il potere di modificare una situazione giuridica preesistente mediante un atto di sua volontà, atto che diventa rilevante per il soggetto attivo e passivo del rapporto obbligatorio – il cui eser- cizio permette di modificare la persona del creditore. Ciò che non muta è l’oggetto dell’obbligazione, che rimane il medesimo: a cambiare è il solo titolare del diritto a ottenere la prestazione (38).
Così sinteticamente tratteggiato l’istituto, diversi sono gli effetti che vengono a prodursi a seconda del differente contenuto della designazione.
In particolare, se essa è determinata, in aderenza alla riconduzione del contratto di assicurazione sulla vita allo schema trilaterale del negozio a favore di terzi (39), difficile negare che il beneficiario individuato acquisti un diritto proprio ai vantaggi dell’assicura- zione come conseguenza immediata e diretta della nomina (40). Per effetto della stessa, sorge nella sfe- ra giuridica del terzo un diritto di credito, avente a oggetto la prestazione assicurativa, esigibile a partire dal decesso del contraente: trattasi di una situazione giuridica soggettiva autonoma, presente nel patrimo- nio del designato sin dalla manifestazione unilaterale di volontà dello stipulante, salvo suo rifiuto.
La portata di questo dato ben si comprende in caso di premorienza del beneficiario determinato rispetto all’assicurato. In questa evenienza, soccorre la previ- sione di cui all’art. 1412, comma 2, c.c., la quale costi- tuisce piana traduzione in quest’ambito delle usuali regole in materia successoria: trattandosi di diritto soggettivo già sorto e acquisito nella sfera giuridica del beneficiario, esso seguirà la stessa sorte del suo
XXXXXXX e XXXXXXXXX, Dell’assicurazione sulla vita, in Comm. c.c.
Xxxxxxxxxxx, diretto da Xxxxxxxx, Xxxxxxx, 2013, 84; nonché Cass., 10 novembre 1994, n. 9388, in Giust. civ., 1995, I, 949, oltre alle suddette Sezioni unite); dall’altro, vi è chi reputa che il diritto si acquisti sempre a titolo originario in capo agli eredi dell’assicura- to, argomentando ex art. 1923, comma 0, x.x. (x. XXXXXXX, op. cit., 656; XXXXXXX, Contributo allo studio delle disposizioni testamen- tarie “in forma indiretta”, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1998, 1077; XXXXX XXXXXXX, Assicurazione sulla vita, disposizioni a causa di morte e atti di liberalità, in AA.VV., Scintillae iuris. Studi in me- moria di Xxxx Xxxxx, III, Xxxxxxx, 1994, 2108).
(37) Diversamente opinando non si spiegherebbe come possano acquisire detto diritto gli eredi dello stipulante qualora egli muo- ia senza aver operato la designazione. Contra v. però XXXXXXX, op. cit., 215, secondo cui, in generale, con la stipulazione del contratto l’assicuratore non assumerebbe immediatamente alcun obbligo, il quale sorgerebbe solo con l’evento morte. In realtà, può replicarsi che, se si ritiene che il terzo acquisti il diritto per effetto della desi- gnazione, non può negarsi che l’assicurazione assuma al contem- po un obbligo: il diritto di credito può dunque dirsi già esistente,
ma diverrà esigibile con il decesso del contraente. Parla, invece, di
«obbligazione condizionata» OPPO, I contratti di durata, in Riv. dir. comm., 1943, I, 163.
(38) Si tratta di un esito coerente con l’impostazione qui accolta della non recettizietà della designazione: v. supra nt. 25. In ogni caso, sin dalla conclusione del contratto, grava sull’assicurazione l’ulteriore obbligo di prudente gestione, nonché di correttezza e trasparenza.
(39) Così per la dottrina dominante: v. tra molti XXXXXXX, op. cit., 648 ss. (spec. 655-656); XXXXXXXX, Degli effetti del contratto, in Comm. x.x. Xxxxxxxxxxx, diretto da Xxxxxxxx, Xxxxxxx, 1998, 183; ALBANESE, ult. op. cit., 1423; BARISON e XXXXXXXXX, op. cit., 76; PEC- CENINI, op. cit., 234; MORA, Il beneficiario dell’assicurazione sulla vita a favore di xxxxx, in Resp. civ. prev., 1988, 332.
(40) Per quanto il beneficio sia revocabile, detta revocabilità non elide il carattere attuale dell’attribuzione su cui si fonda: x. XXXXXX, Disposizione di beni mortis causa in forma «indiretta», in Riv. not., 1967, 644 ss.
patrimonio, con la conseguenza che la prestazione dovrà essere eseguita dalla compagnia assicurativa a favore degli eredi in senso tecnico del beneficiato determinato. Come riconosciuto dalle stesse Sezioni unite del 2021, la trasmissione e l’acquisto del dirit- to di credito in capo a questi ultimi opereranno iure hereditatis e non iure proprio, in proporzione alle rispettive quote ereditarie, trattandosi di successione nel diritto all’indennizzo entrato a far parte del patri- monio del terzo prima della sua morte, nella medesi- ma misura che sarebbe spettata a costui (41).
4. (segue): il caso della designazione generica degli
«eredi».
Differenti risultano, invece, gli esiti in caso di desi- gnazione generica (ossia determinabile per relatio- nem), com’è quella prevista a favore degli «eredi» dell’assicurato.
Prendendo a paradigma questa ipotesi, prima del ve- rificarsi dell’evento (id est, nel nostro caso, la morte dello stipulante) che permette l’identificazione imme- diata dei beneficiari in coloro che sono chiamati ex lege o ex testamento all’eredità, risultano indetermi- nati gli aventi diritto al credito assicurativo. La mera determinabilità degli stessi non li rende, per ciò solo, soggetti attivi del rapporto obbligatorio avente tito- lo nel contratto. D’altra parte, prima della morte del contraente, ben potrebbe accadere, nella successione ab intestato, che sopraggiunga un parente più prossi- mo o, in ipotesi di successione testamentaria, che il de cuius indichi nel testamento nuovi e diversi eredi o lo revochi, il che rende sempre dubbia l’identità dell’ef- fettivo beneficiario.
L’impossibilità di determinare medio tempore la per- sona del creditore, incerta sino al decesso dello sti- pulante, ha indotto parte della dottrina, impiegando un’espressione mutuata dall’offerta al pubblico, a ri- costruire la fattispecie come un’obbligazione in incer- tam personam ex latere creditoris (42), al fine di ri-
(41) In termini analoghi, x. Xxxx., sez. un., 30 aprile 2021, n. 11421, cit.
condurre la genesi del rapporto obbligatorio (benché unisoggettivo) alla stipulazione della polizza assicura- tiva e sottrarre così il contratto dall’ambito dei negozi mortis causa. Una conferma dell’esistenza della figu- ra è stata tratta da quelle previsioni normative in cui il rapporto obbligatorio sembra nascere non ostante risulti indeterminato (e purché determinabile) dal lato attivo o passivo. Sono state così, ad esempio, ri- chiamate le ipotesi del legato obbligatorio in favore di persona da scegliersi dall’onerato o da un terzo tra più persone indicate dal testatore o appartenenti a categorie di persone da lui definite (art. 631, comma 2, c.c.) o della donazione a favore di persona che un terzo sceglierà tra più individui designati dal donante (art. 778, comma 2, c.c.) o, ancora, della promessa al pubblico (art. 1989 c.c.) (43).
In realtà, a me sembra che la fattispecie dell’obbli- gazione in incertam personam desti più di qualche perplessità, trattandosi di una ricostruzione di incer- ta tenuta sul piano dogmatico, stante la difficoltà di predicare d’attuale esistenza un rapporto obbligato- rio unisoggettivo. Non s’intende negare che l’obbliga- zione possa costituirsi tramite una fattispecie a for- mazione progressiva (44), ma non si vede come sia concepibile una sua perfetta venuta a esistenza prima della concreta individuazione della persona del cre- ditore. In altri termini, se si ritiene che nell’obbliga- zione siano necessari due soggetti, uno attivo e uno passivo, dovrebbe logicamente discendere che essi devono essere precisamente individuati perché l’ob- bligazione possa realizzarsi: il dovere del debitore è sempre imposto a vantaggio di uno o più sogget- ti determinati e non, come in altri doveri giuridici, a vantaggio dei consociati in generale (45). Non si vede, poi, come possa un’obbligazione così concepita superare il vaglio imposto dalla parte finale dell’art. 1174 c.c., secondo cui essa «deve corrispondere a un interesse, anche non patrimoniale, del creditore», se quest’ultimo è indefinito.
Si rifletta, ad esempio, sulla promessa al pubblico: in virtù della semplice dichiarazione del promittente, non sorge immediatamente un rapporto obbligato-
(42) Richiamano detta figura, ad esempio, XXXXXXX, La designazio-
ne (e la revoca) del beneficiario dell’assicurazione sulla vita tra contratto e successione, in Resp. civ. prev., 2019, 1242; PALAZZO, op. cit., 109 ss. XXXXXXX, La situazione giuridica del beneficiario nell’assicurazione sulla vita a favore di terzo, in Dir. priv., 1998,
214. In generale, sui rapporti adespoti e sull’indeterminatezza soggettiva nelle obbligazioni, v. almeno GIORGIANNI, L’obbligazio- ne. La parte generale delle obbligazioni, I, Xxxxxxx, 1968, 41 ss.; ORESTANO, Diritti soggettivi e diritti senza soggetto, in Jus, 1960, 156 ss.; BETTI, Teoria generale delle obbligazioni, II, Struttura dei rapporti d’obbligazione, Xxxxxxx, 1953, 54 ss.
(43) Devono escludersi dal novero delle obbligazioni in incertam personam le c.d. obbligazioni ambulatorie (si pensi, ad esempio, agli artt. 882, 883, 1090, 1104 c.c. o ai titoli di credito al portato- re), in cui si assiste unicamente a una successione nel credito o nel debito, ma il soggetto attivo o passivo del rapporto rimane sempre determinato.
(44) Cfr. sul tema BRECCIA, Le obbligazioni, in Tratt. dir. priv. Iu- dica e Xxxxx, Xxxxxxx, 1991, 127 ss.
(45) Così in GIORGIANNI, op. cit., 42.
rio tra questi e una persona indeterminata (46), ma il credito sussiste solo se e quando la persona compie l’azione o si trova in una determinata situazione (47). Prima di tale fatto, il negozio è vincolante per il pro- mittente ma non ancora pienamente efficace, poiché non è in grado di produrre obbligazioni, le quali non potrebbero né essere adempiute (a chi?), né di esse potrebbe pretendersi l’adempimento (da chi?): non è tanto una questione di esigibilità dell’oggetto della obbligazione, quanto di impossibilità di costituzione della stessa per carenza di un suo elemento fondan- te. Tant’è che l’art. 1990 c.c. non ammette «in nessun caso» la revoca dopo che la situazione prevista nella promessa si è verificata o l’azione è compiuta, il che si giustifica proprio perché solo dopo questi eventi l’ob- bligazione è sorta.
Pur con le dovute cautele e gli opportuni aggiusta- menti, potrebbe allora proporsi una differente rico- struzione, prendendo a prestito gli esiti a cui è giunta la dottrina in tema di condizione negoziale e valo- rizzando la differenza esistente tra il momento della vincolatività e quello della efficacia dell’atto (48). Po- trebbe così sostenersi che, al tempo della conclusione del contratto assicurativo contenente una clausola di designazione generica, la fattispecie obbligatoria risulti in fieri, benché già giuridicamente rilevante e vincolante per la società promittente; tuttavia, solo al tempo dell’evento morte, una volta individuata la persona del beneficiario (in uno o più chiamati), si determinino il sorgere del rapporto obbligatorio e l’acquisto automatico del diritto di credito nella sfera giuridica del delato. È lo stesso meccanismo descritto dall’art. 1989 c.c. o dall’art. 1329 c.c.: nel primo caso, vi è un soggetto vincolato alla promessa (ma non an- xxxx obbligato); nell’altro, vi è una proposta contrat- tuale ferma che vincola, ma che non fa sorgere alcun rapporto obbligatorio finché non verrà accettata (49). In tutte queste vicende, la fattispecie è incompleta e si è in una fase prodromica che può comportare il sor-
(46) Xxxxx che, al tempo della promessa, il soggetto abbia già com- piuto l’azione o si trovi già nella situazione descritta nella promes- sa, nel qual caso l’obbligazione sorge immediatamente in quanto determinata ex latere creditoris.
(47) La promessa al pubblico è dunque titolo dell’obbligazione che sorgerà in un momento successivo qualora la situazione non si sia ancora verificata o l’azione non sia ancora compiuta al tempo della promessa.
(48) Sulla distinzione tra i due concetti, v. su tutti FALZEA, voce
Condizione, I, Diritto civile, in Enc. giur., VII, Treccani, 1988, 2 ss.
(49) Per analoghi riferimenti normativi, x. XXXXXXXXXX, op. cit., 47.
xxxx di una obbligazione, rendendo allora completa la fattispecie (50).
Alla luce di questi dati, può dunque meglio precisarsi il significato di due incisi presenti nell’art. 1920 c.c.: uno inserito nel secondo comma, in base al quale nell’assicurazione a favore di terzo la designazione «è efficace anche se il beneficiario è determinato solo ge- nericamente»; l’altro presente nel terzo comma, nella parte in cui prescrive che «per effetto della designa- zione il terzo acquista un diritto proprio». Il primo deve intendersi riferito, più che all’efficacia concreta dell’atto, alla sua validità, intesa quale idoneità a pro- durre effetti; mentre il secondo, più che imporre una correlazione necessaria sotto il profilo temporale tra la designazione e l’acquisto del diritto, va inteso sotto l’aspetto causale, nel senso che l’indennizzo trova ti- tolo nel contratto di assicurazione (atto inter vivos) e non nella morte dello stipulante (51).
A ben vedere, però, ad analoghe conclusioni dovrebbe giungersi anche in ipotesi di designazione specifica se contenuta in un testamento.
In ragione della inefficacia ante mortem dell’atto di ultima volontà, il diritto alla prestazione assicurativa entra nel patrimonio del designato solo con (e dopo) la morte del contraente (52), con la conseguenza che
(50) Parimenti è a dirsi con riguardo al legato obbligatorio a fa- vore di persona incerta o all’assicurazione per conto di chi spetta (art. 1891 c.c.): l’individuazione esatta della persona del legatario o dell’avente diritto al risarcimento del danno risulta determinante per far sorgere l’obbligazione in capo all’onerato o alla compagnia assicurativa.
(51) Contra, v. però XXXXXXX, op. cit., 146-147 e PALAZZO, op. cit., 109, secondo i quali il vocabolo «effetto» va riferito alla fase tem- porale dell’acquisizione del diritto e non a quella costitutiva del diritto medesimo.
(52) Secondo XXXXXXXXXXX, Il contenuto atipico, cit., 311, se la desi- gnazione è fatta per testamento, la sopravvivenza del beneficiario è condizione necessaria a che la designazione possa avere effetto. In modo analogo, x. XXXXXXXX, Contratto a favore di terzi, in Comm.
x.x. Xxxxxxxx e Xxxxxx, a cura di Xxxxxxx, Zanichelli-Il Foro italia- no, 2004, 367; XXXXXXXXXXX, Clausole di destinazione agli eredi e “diritto proprio” del beneficiario dell’assicurazione sulla vita. Interferenze tra diritto delle assicurazioni e diritto successorio, in Riv. dir. priv., 2017, 413; XXXXXXX, op. cit., 156. A differenza di Xxxxxxxxxxx, però, la dottrina dominante precisa che, anche in ipotesi di designazione testamentaria, il titolo del rapporto ob- bligatorio tra i beneficiari e l’impresa assicuratrice rimane pur sempre il contratto di assicurazione e il negozio rimane inter vi- vos: cfr., ad esempio, XXXXXXX, Polizze vita e successioni: profili di interferenza tra regole contrattuali e successorie, in AA.VV., I contratti di assicurazione come strumento di pianificazione del passaggio generazionale e di gestione del patrimonio familiare, a cura di Xxxxx e Landini, Esi, 2020, 176 ss.; DALMARTELLO, op. cit., 412 ss.; XXXXXXX, op. cit., 143-144; PALAZZO, op. cit., 104; VOLPE PUT- ZOLU, op. cit., 2108.
prima di tale momento non sussiste alcun rapporto obbligatorio in quanto esso risulta indeterminato ex latere creditoris, stante la mancata produzione degli effetti della designazione. Pertanto, a rigore, nel caso in cui il beneficiario ex testamento deceda preceden- temente allo stipulante, gli eredi del primo non po- trebbero divenire titolari del diritto di credito nei con- fronti dell’assicurazione in quanto detto diritto non sarebbe presente nella sfera giuridica del de cuius.
In ogni caso, a prescindere dai rilievi critici che pos- sono essere mossi alla figura dell’obbligazione in incertam personam, quel che preme sottolineare è che, anche qualora la si xxxxxxx, essa non sarebbe comunque in grado di fondare alcun acquisto del di- ritto di credito anteriormente al verificarsi dell’evento individuativo della persona del creditore. Ciò com- porta che, in ipotesi di designazione generica a favore degli «eredi», prima della morte dello stipulante, il patrimonio dei soggetti che potrebbero astrattamente divenire creditori della prestazione assicurativa (qua- lora, in futuro, venissero chiamati all’eredità) non su- bisce modifiche e non vede l’ingresso di alcun diritto soggettivo nuovo. D’altra parte è noto che solo l’aper- tura della successione determina la delazione (l’unica, a detta delle Sezioni unite, a costituire titolo per poter vantare il diritto all’indennizzo), mentre prima di tale momento si ha una mera «designazione a succedere», la quale, finché non si trasforma in delazione, non produce effetti giuridici ed è priva di rilievo, poiché il designato a succedere non ha alcun diritto o aspetta- tiva di diritto (53).
La controprova si ricava analizzando, alla luce delle regole successorie, le fattispecie normative poc’anzi delineate, asseritamente fondanti la figura dell’ob- bligazione in incertam personam. E così se, prima della scelta da parte dell’onerato, decedesse una delle persone indicate dal testatore o una di quelle appar- tenenti alle categorie di persone da lui definite (art. 631, comma 2, c.c.), gli eredi di detta persona non acquisterebbero alcun diritto o alcuna aspettativa in ordine all’acquisto del legato. Parimenti può dir-
(53) Cfr., tra molti, FERRI, op. cit., 81-82; CICU, op. cit., 47-48; XXX- XXXXXX, L’eredità giacente, Xxxxxxx, 1954, 14; XXXXXX, La vocazione ereditaria, cit., 37. In epoca recente, questa regola si è fatta meno granitica, tant’è che oggi la dottrina e la giurisprudenza ammet- tono, in talune e ridottissime ipotesi, come in caso di esercizio dell’azione di simulazione, che il legittimario in pectore possa promuovere azioni che gli spetterebbero, a rigore, solo dopo l’a- pertura della successione: cfr., di recente, XXXXXXXXX, L’azione di simulazione del futuro legittimario, in Notariato, 2019, 254 ss., ove anche per ulteriori riferimenti bibliografici; nonché Cass., 9 maggio 2013, n. 11012, in Guida dir., fasc. 9, 2013, 89.
si con riguardo al decesso tanto di uno dei soggetti facenti parte della cerchia dei possibili beneficiari della donazione ex art. 778, comma 2, c.c., quanto di colui che potrebbe compiere l’azione nella promessa al pubblico (e non l’ha ancora compiuta). In nessun caso, gli eredi di uno dei futuri potenziali destinatari dell’arricchimento sarebbero legittimati a pretendere alcunché rispettivamente dall’onerato, dal donante o dal promittente.
Altrettanto è a dirsi con riguardo alla fattispecie che ci occupa: l’incertezza ante mortem stipulantis sul- la persona del creditore non solo impedisce al mero designato a succedere, mentre era in vita, di vanta- re alcuna situazione giuridica soggettiva ai vantaggi dell’assicurazione, ma impedisce anche ai suoi eredi, nel caso in cui egli premuoia allo stipulante, di veder riconosciuto caduto in successione il diritto all’inden- nizzo, di cui sino a quel momento risulta ancora in- certa la titolarità, oltre che l’ammontare pro quota. Nemmeno la successiva morte dello stipulante, concre- tante l’evento che rende determinati gli aventi diritto alla prestazione assicurativa, può comportare l’acqui- sto di un diritto in capo ai precedenti potenziali delati (ossia ai pregressi designati a succedere) qualora, poi, non siano stati concretamente chiamati all’eredità, in quanto risultati esclusi dalla successione o perché pre- morti al de cuius o perché a essi sono subentrati nuovi chiamati ex testamento o altri chiamati aventi un gra- do di parentela più prossimo rispetto al loro.
L’assenza dell’acquisto di un diritto soggettivo per- fetto in ipotesi di designazione generica risulta, in- fine, dimostrata anche dalla mancata produzione di effetti traslativi immediati dell’atto con cui uno degli
«eredi» in pectore (rectius, designati a succedere) in- tendesse alienare inter vivos il credito assicurativo: quest’ultimo sarebbe da considerarsi «futuro» (54) in quanto non attualmente esistente nel patrimonio del disponente. Non potrebbe nemmeno obiettarsi che il designato a succedere acquisti una situazione giuridi- ca differente rispetto al credito, da qualificarsi come una situazione attiva autonoma, alla stregua di un’a- spettativa di diritto, liberamente trasmissibile. In re- altà, alcuna tutela strumentale può vantare l’«erede» in pectore con riguardo all’indennizzo assicurativo, non potendo, ad esempio, compiere atti conservati- vi, né pretendere dallo stipulante o dal promittente
(54) Per l’ammissibilità della cessione di crediti futuri, purché determinabili, si limita il rinvio a TROIANO, La cessione dei crediti futuri, Cedam, 1999, 233 ss. e a Cass., 10 dicembre 2018, n. 31896, in Dejure.
il rispetto di obblighi di buona fede successivamente alla designazione generica, tenuto anche conto che il contraente ha sempre la piena libertà di revocarla: si tratta, dunque, di una mera aspettativa di fatto e il designato a succedere non riceve in quest’ambito pro- tezione alcuna dall’ordinamento.
L’art. 1412, comma 2, c.c. risulta perciò inapplicabile alle ipotesi di designazione generica e a quella fatta per testamento (55).
5. … e l’ipotesi di chiamata per rappresentazione a seguito di premorienza e rinunzia.
La circostanza che il «designato a succedere» sia fi- glio, fratello o sorella del de cuius e premuoia a questi non comporta, anche in questo caso, alcun acquisto immediato di un diritto che sia trasmissibile ai suoi discendenti. Si è già avuto modo di chiarire in prece- denza che l’eventuale operare della rappresentazione non rende il rappresentato un delato: il designato a succedere premorto (id est il rappresentato) non può essere chiamato all’eredità e la sua designazione ere- ditaria non si concreta in una vocazione (56). Delati saranno unicamente i suoi discendenti nella veste di rappresentanti ex art. 467 c.c., i quali sono gli unici destinatari diretti di un’autonoma chiamata a succe- dere alla morte del de cuius.
Queste considerazioni rendono perciò incoerente il richiamo che la Cassazione compie nella ordinanza in commento all’art. 1412, comma 2, c.c. per supportare la soluzione accolta. In caso di designazione generi- ca a favore degli «eredi», non può darsi rilievo alla premorienza del designato a succedere, quand’anche fratello o sorella dello stipulante: l’art. 1412 c.c. risulta inapplicabile in quanto nessun beneficiario (titolare del credito) potrà mai dirsi premorto allo stipulante, essendone indeterminata l’identità sino al decesso di quest’ultimo. Solo l’apertura della successione e la conseguente chiamata all’eredità consentono di de- terminare i destinatari della prestazione assicurativa e di far acquisire nel loro patrimonio il diritto all’in- dennizzo. Il richiamo all’istituto della rappresenta- zione va dunque correttamente inteso: esso rileva solamente nella misura in cui permette di individua- re i delati (e dunque i beneficiari), senza però che ciò comporti alcun «subentro per “rappresentazione” in forza dell’art. 1412, comma 2, c.c.» nel diritto all’in-
(55) In modo analogo, x. XXXXXXXXXXX, op. cit., 413; XXXXXXXX, op. cit., 367 ss.; XXXXXXX, op. cit., 156; PALAZZO, op. cit., 108; XXXXXXXXX- XX, ult. op. cit., 306.
(56) In termini simili, v. CICU, op. cit., 48.
dennizzo a favore dei discendenti dei fratelli o delle sorelle premorte alla stipulante.
In ipotesi di chiamata per rappresentazione, non si verifica, di conseguenza, alcuna modifica delle moda- lità di riparto dell’indennizzo rispetto a quelle prima descritte qualora il contraente non abbia avuto cura di specificare i criteri di suddivisione. Non avendo la premorienza dei fratelli e delle sorelle del de cuius de- terminato alcun acquisto iure hereditatis del diritto alla prestazione assicurativa in favore dei loro discen- denti, questi ultimi divengono contitolari del credito per effetto di una delazione autonoma e non a seguito di accettazione dell’eredità dei loro ascendenti (57). Si verifica una ordinaria situazione di concredito da dividersi per quote uguali ex art. 1298, comma 2, c.c., a nulla rilevando le quote ereditarie o quelle per rap- presentazione. E così, prendendo nuovamente a rife- rimento la vicenda in commento, benché sotto il pro- filo della successione mortis causa di Xxxxx, le nipoti Xxxx e Xxxxx siano succedute nella sola quota eredita- ria spettante rispettivamente alla madre e alla nonna (ossia alla sorella della de cuius) ex art. 469 c.c., da dividersi per stirpi in parti uguali tra le stesse, analo- ga suddivisione non può farsi con riguardo all’inden- nizzo assicurativo, la cui quantificazione non segue la stessa sorte delle quote ereditarie. In altri termi- ni, l’istituto della rappresentazione risulta utile nella misura in cui indica i soggetti delati, ma non ai fini della concreta determinazione della parte di capitale spettante a ciascuno di essi, poiché si è già appurato che le quote di ripartizione risultano irrelate rispetto a quelle ereditarie (58).
A una differente soluzione deve però pervenirsi nel caso in cui il chiamato a succedere – che sia figlio, xxx- xxxxx o sorella dell’assicurato e abbia dei discendenti
– non premuoia allo stipulante, ma rinunci all’eredità di questi.
È pur vero che l’art. 521 c.c. impone la regola della retroattività della rinuncia, per cui chi la compie si considera come se non fosse mai stato chiamato all’e-
(57) Xxxxxxx è il caso in cui il beneficiario – figlio, fratello o sorella dell’assicurato e con discendenti – sia individuato e questi pre- muoia allo stipulante: accogliendo l’impostazione da noi accolta, in questa vicenda il diritto all’indennizzo può già dirsi sorto nella sfera giuridica del beneficiario e dunque esso verrà acquistato iure hereditatis, in virtù dell’applicazione dell’istituto della rappresen- tazione, dai suoi discendenti e si dividerà tra loro nella stessa mi- sura in cui spettava al loro ascendente.
(58) Contra v. però XXXXXXXXX, op. cit., 1528, per il quale alla rap- presentazione ci si dovrebbe riferire per determinare la parte spettante a ciascuno anche nell’ipotesi di premorienza di uno dei beneficiari nel caso in cui essi vengano individuati negli «eredi».
redità; tuttavia, se si accoglie il criterio individuativo dei soggetti beneficiari proposto dalle Sezioni unite e dunque si ritenga ch’esso vada individuato nella
«astratta delazione», senza che rilevino le successive vicende inerenti all’accettazione dell’eredità, si deve coerentemente sostenere che non possa nemmeno rilevare l’eventuale rinuncia. In quest’ultimo caso, in- fatti, una delazione astratta vi è stata, ancorché la leg- ge la consideri in concreto venire meno con effetti ex tunc, ma ciò si determina in ragione della particolare vicenda successoria che riguarda il singolo soggetto delato (59).
Qualora si applichi l’istituto della rappresentazione nella successione dello stipulante, va dunque propo- sta una distinzione, a cui corrisponde un differente esito, a seconda che il rappresentato sia premorto al di lui genitore o fratello/sorella assicurati (60), da quello in cui egli non abbia voluto accettarne l’eredi- tà. Solo nel primo caso alcuna delazione, nemmeno astratta, si è verificata, stante il decesso del designa- to a succedere; viceversa, nella seconda ipotesi, una chiamata (astratta) vi è stata (61), poiché al momento dell’apertura della successione dello stipulante il rap- presentato era in vita e, solo in seguito, egli ha rinun- ciato all’eredità, facendo «subentrare» i suoi discen- denti con una nuova chiamata. Tuttavia, per quanto si è detto, l’atto di rinuncia non fa venire meno l’astratta delazione in quanto – a tener fede alle premesse – ir- rilevanti sono le concrete vicende collegate alla suc- cessione del chiamato, con la conseguenza che i figli o i nipoti del rinunciante non potranno, in questo caso, essere reputati beneficiari della polizza: unico benefi- ciario sarà il solo rinunciante in quanto astrattamente chiamato a succedere. Con ciò non si nega che i di- scendenti del rappresentato siano anch’essi delati, ma tale circostanza dipende da un evento (id est la ri-
nuncia del loro ascendente) che riguarda quelle «suc- cessive vicende legate alla rinunzia o all’accettazione dell’eredità» che la Suprema Corte, sia nell’ordinanza in commento, sia nella pronuncia resa a Sezioni unite, ha sempre espressamente dichiarato di non conside- rare rivelanti per la determinazione dei beneficiari.
La distinzione qui proposta tra le due ipotesi di rap- presentazione, ai fini della concreta individuazione degli aventi diritto alla prestazione assicurativa, non è mai stata davvero approfondita dalla giurispruden- za, la quale ha sempre considerato unitariamente la figura, senza valorizzare il differente presupposto che determina il realizzarsi della fattispecie di cui all’art. 467 c.c., perdendo così l’occasione per proporre un distinguo avente una ricaduta applicativa non irrile- vante.
Alla luce di quanto osservato, la Suprema Corte ha dunque reiterato l’errore ricostruttivo in cui erano già incorse in precedenza le Sezioni unite nella sentenza del 2021, di cui ha riproposto pedissequamente il pas- saggio argomentativo oggetto di analisi critica, sen- za avvedersi, per un verso, che il riferimento all’art. 1412, comma 2, c.c. risulta coerente solo in ipotesi di designazione specifica (non testamentaria) e non an- che in quella generica e, per altro verso, che occorre differenziare l’esito attributivo a seconda che l’appli- cazione dell’istituto della rappresentazione dipenda dalla premorienza di uno dei designati a succedere oppure da un altro fatto che ha comunque consentito l’astratta delazione iniziale del rappresentato.
(59) In questo senso, si giustifica la massima tratta dalla sentenza delle Sezioni unite del 2021, secondo cui «la generica individua- zione quali beneficiari degli “eredi (legittimi e/o testamentari)” ne comporta l’identificazione soggettiva con coloro che, al momen- to della morte dello stipulante, rivestano tale qualità in forza del titolo della astratta delazione ereditaria prescelto dal medesimo contraente, indipendentemente dalla rinunzia o dall’accettazione della vocazione».
(60)Alla premorienza vanno equiparate anche le altre ipotesi in cui il designato non può accettare l’eredità come, ad esempio, quelle della morte presunta anteriore all’apertura della successio- ne, della commorienza e dell’assenza ex art. 70 c.c. Per una più ampia analisi delle ipotesi equivalenti, si rinvia a VETTORI, op. cit., 27 ss.
(61) Del pari irrilevante sarà anche l’eventuale decorso del termi- ne di prescrizione del diritto di accettare.
CORTE DI CASSAZIONE, sez. III, ordinanza 21 agosto 2023, n. 24951; Pres. Frasca – Rel. Xxxxxx Xxxxxx.
Cassa con rinvio App. L’Aquila n. 837/2020.
Contratto di assicurazione sulla vita – Beneficiari – Eredi – Rappresentazione – Delazione
«Nel contratto di assicurazione sulla vita la designazione generica degli “eredi legittimi” come beneficiari comporta l’inclusione, tra i medesimi, pure degli eredi per rappresentazione ed ha, inoltre, come effetto che, a ciascuno di essi, spettino gli interessi corrispettivi sin dalla morte del de cuius» (mass. uff.).
Fatti di causa
1. C.G., + Altri Omessi ricorrono, sulla base di quattro motivi, per la cassazione della sentenza n. 837/20, del 17 giugno 2020, della Corte d’appello de L’Aquila, che
– respingendone il gravame avverso l’ordinanza resa il 4 ottobre 2016 dal Tribunale di Lanciano, all’esito di giudizio dalle stesse radicato ex art. 702-bis c.p.c. – ha confermato il rigetto della domanda di pagamento da costoro indirizzata nei confronti della società B. Ca. S.p.a. (d’ora in poi, “Ca.”).
2. Riferiscono, in punto di fatto, le odierne ricorren- ti che, in data 26 febbraio 2012, decedeva la loro zia M.C., la quale aveva sottoscritto con la società BNL Vita (poi divenuta società Ca.) due polizze assicurati- ve, di nominali Euro 15.000,00 ed Euro 60.000,00, entrambe indicanti come beneficiari, in caso di morte, “gli eredi legittimi dell’assicurato in parti eguali”. Essendo la M. deceduta nubile, nonché senza ascen- denti, discendenti x xxxxxxx viventi, le predette C., nonché con esse C.A., M.V. e C.A., si rivolgevano alla predetta società per ottenere – nelle rispettive qualità di eredi legittimi della defunta, trattandosi, tutti, di parenti di pari grado (il terzo), perché ciascuno di essi risultava figlio di fratelli e sorelle premorti alla comu- ne dante causa – la liquidazione, in sette parti eguali, degli indennizzi.
Xxxxxxxxxx, infatti, che la ripartizione dovesse avve- nire tra gli “eredi legittimi”, ovvero solo quelli da rite- nersi tali per chiamata diretta e non per rappresenta- zione, con esclusione, dunque, di D.B.S., trattandosi di parente di quarto grado della “de cuius”, in quanto figlia della defunta C.M., a propria volta nipote “ex so- rore” di M.C.
Alla loro richiesta del 10 luglio 2012 seguiva, tuttavia, una nota di Ca., del successivo 27 luglio, con la quale la predetta società – ritenendo insufficiente la copia
della dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, resa da C.A., nell’interesse di tutti gli eredi (compresa la D.B.), nelle forme di cui al D.P.R. n. 28 dicembre 2000, n. 445 – richiedeva la documentazione relati- va alla successione “mortis causa” della M., al fine di procedere alla liquidazione degli indennizzi, poi ef- fettuata tra il 28 e il 29 novembre 2013 in otto parti, includendo anche l’erede per rappresentazione.
Le odierne ricorrenti, pertanto, adivano l’autorità giudiziaria, al fine di ottenere che la ripartizione degli indennizzi fosse effettuata solo in sette parti, ovvero a favore unicamente degli eredi per chiamata diret- ta (cioè dei setti nipoti della M., con esclusione della pronipote D.B., erede per rappresentazione), oltre al pagamento degli interessi corrispettivi dalla data del decesso della “de cuius” – 26 febbraio 2012 – a quella dell’avvenuta corresponsione.
Si costituiva la società Ca., la quale – oltre a resistere all’avversaria domanda – chiedeva (ed otteneva) di essere autorizzata a chiamare in causa la D.B. per es- sere dalla stessa manlevata, in applicazione dell’art. 1189 c.c.
Costituitasi in giudizio anche la D.B., il Tribunale, applicando l’istituto della rappresentazione, rigettava la domanda delle odierne ricorrenti, e con essa anche quella avente ad oggetto il pagamento degli interessi corrispettivi, con decisione poi confermata dal giudi- ce di appello.
3. Avverso la sentenza della Corte abruzzese hanno proposto ricorso per cassazione le C., sulla base - come detto - di quattro motivi.
3.1. Il primo motivo denuncia - ex art. 360 c.p.c., com- ma 1, n. 3) - violazione e falsa applicazione dell’art. 1920 c.c., oltre a falsa applicazione dell’art. 467 c.c., per essersi ritenuta tale norma applicabile al di fuori dell’ambito giuridico di riferimento, costituito dalla
sola materia successoria, mentre la domanda azio- nata verte in materia contrattuale, nonché, infine, omessa applicazione degli artt. 565 e 572 c.c., norme che, nel definire la categoria dei “successori legittimi”, individuano gli stessi “nell’ordine” e sulla base del cri- terio della “prossimità”.
Le ricorrenti assumono che, in caso di assicurazioni sulla vita stipulate a beneficio degli “eredi legittimi dell’assicurato in parti uguali”, il beneficiario acquista contrattualmente e direttamente un diritto “proprio” alla corresponsione del dovuto, con esclusione, dun- que, della natura ereditaria del diritto di credito. Su tale presupposto esse ritengono che, per l’individua- zione dei beneficiari, non possa tenersi conto di un istituto di “diritto singolare” qual è quello della rap- presentazione ex art. 467 c.c., sicché per “eredi legit- timi” xxxxxxx intendersi soltanto quelli individuabili ex lege e direttamente sulla base dell’espressa e chiara previsione generale dell’art. 565 c.c., che usa il termi- ne “nell’ordine”, così enunciando un canone generale in forza del quale “il parente più prossimo esclude il più remoto”.
Su tali basi, dunque, la Corte territoriale avrebbe dovuto escludere la pronipote D.B. dal novero degli “eredi legittimi” ai quali si riferivano le due polizze.
3.2. Il secondo motivo denuncia – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), con riferimento agli artt. 132, comma 2, n. 4), c.p.c. e 111, comma 6, Cost. – “nullità della sentenza per motivazione illogica e contraddittoria” (soprattutto nel riferimento a precedenti giudiziali “a contenuto inconciliabile”), oltre che “solo apparente- mente” motivata “per relationem”, e ciò “mancando qualsiasi raffronto e vaglio della decisione di primo grado rispetto ai motivi di appello”.
Le ricorrenti, anche in questo caso, censurano la deci- sione della Corte territoriale di includere la pronipo- te D.B., erede per rappresentazione, nel novero degli eredi legittimi, beneficiari delle due polizze assicura- tive.
3.3. Il terzo motivo denuncia – ex art. 360 c.p.c., com- ma 1, n. 3) – “viziata ricostruzione della disciplina giuridica degli interessi corrispettivi (art. 1282 c.c.), resa spuria dal travaso di elementi strutturali (l’im- putabilità colpevole nel ritardo) propri della diversa disciplina dei non richiesti interessi moratori” (art. 1224 c.c.). Si censura, infatti, la sentenza impugnata per aver motivato il rigetto della domanda di paga- mento degli interessi corrispettivi sul rilievo che il tempo trascorso tra la morte della M. – il 26 febbraio 2012 – e la liquidazione degli indennizzi (avvenuta tra il 28 e 29 novembre 2013) “non potesse essere im-
putato alla società di assicurazioni”, la quale sarebbe stata posta in grado di pagare le somme previste nelle polizze solo dopo la trasmissione della documenta- zione necessaria per l’identificazione dei beneficiari, ovvero un atto notorio individuativo degli eredi della stipulante. Così argomentando, tuttavia, la sentenza impugnata ha espresso una “ratio decidendi” che sa- rebbe “del tutto irrilevante, non avendo gli interessi corrispettivi natura risarcitoria”.
Inoltre, si denuncia erronea individuazione dell’am- bito operativo dell’art. 1282 c.c., oltre a violazione e falsa applicazione dell’art. 1353 c.c., addebitandosi alla Corte territoriale di aver erroneamente qualifi- cato come condizione sospensiva - e comunque quali presupposti giuridici di liquidità ed esigibilità del cre- dito indennitario - vicende esterne al contratto, suc- cessive al suo perfezionamento e riconducibili ad un comportamento arbitrario del debitore, nella specie consistito nel negare rilievo alla dichiarazione sosti- tutiva dell’atto di notorietà resa da C.A., nell’interesse di tutti gli eredi.
Sotto questo specifico profilo è pure denunciata vio- lazione, errata esegesi e omessa applicazione dell’art. 39, comma 2 della L. 7 agosto 1990, n. 241, che fa divieto, anche alle imprese esercenti servizi di pub- blica necessità e di pubblica utilità, di esigere atti di notorietà quando si tratti di provare qualità personali, stati o fatti che siano a diretta conoscenza del soggetto interessato.
Infine, è dedotta pure la reiterata elusione – rilevante ex art. 113, comma 2, c.p.c. – delle “obbligatorie rego- le di diritto”, inizialmente enunciate in modo corret- to, “ma poi sostituite, con indebite interpolazioni, da diverse regole coniate dal giudice al di fuori di qual- siasi riferimento giuridico giustificativo della deroga alla regola di diritto prima enunciata”. Si censura, in questo caso, la sentenza impugnata per aver fat- to dipendere il mancato tempestivo pagamento degli indennizzi da una situazione di dubbio circa il nume- ro dei beneficiari, senza, però, considerare che esso giammai avrebbe potuto giustificare l’omessa imme- diata corresponsione della (minor) quota di 1/8, non contestata, in attesa che si definisse la questione rela- tiva al diritto della D.B. Senza tacere, infine, del fatto che ancor più ingiustificata risulterebbe la decisione di escludere la decorrenza degli interessi quantomeno tra i sette mesi intercorsi tra il maggio 2013 – data di invio del richiesto atto notorio – e il novembre dello stesso anno, visto che non si comprende come, pur dopo che si era fatta chiarezza sulla situazione succes- xxxxx relativa a M.C., si potesse sostenere che l’esigi-
bilità del credito fosse “condizionata” alla risoluzione delle situazione di incertezza circa la posizione della D.B.
3.4. Il quarto motivo ripropone, sostanzialmente, le censure oggetto di doglianza con il motivo che pre- cede, denunciando – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), con riferimento agli artt. 132, comma 2, n. 4),
c.p.c. e 111, comma 6, Cost. – “nullità della sentenza per motivazione perplessa illogica e intrinsecamente contraddittoria, inducente a conclusione irrazionale, inidonea a rendere comprensibile la ratio decidendi”.
4. Ha resistito all’avversaria impugnazione, con con- troricorso, la società Ca., chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata.
5. È rimasta solo intimata la D.B.
6. La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c.
7. Il Procuratore Generale presso questa Corte non ha rassegnato conclusioni scritte.
8. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Ragioni della decisione
9. Il ricorso va accolto, in relazione al suo terzo mo- tivo.
9.1. I motivi primo e secondo – da esaminare congiun- tamente, data la loro connessione – non sono fondati.
9.1.1. Gli stessi, infatti, vanno scrutinati in conformi- tà con quanto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte.
Esse, muovendo dal presupposto secondo cui “la de- signazione del beneficiario dei vantaggi di un’assi- curazione sulla vita, quale che sia la forma prescelta fra quelle previste dal comma 2 dell’art. 1920 c.c.”, si pone alla stregua di “atto inter vivos con effetti post mortem”, hanno affermato che “la generica indivi- duazione quali beneficiari degli “eredi (legittimi e/o testamentari)” ne comporta l’identificazione soggetti- va con coloro che, al momento della morte dello sti- pulante, rivestano tale qualità in forza del titolo della astratta delazione ereditaria prescelto dal medesimo contraente”, e ciò in quanto “il termine “eredi” vie- ne attribuito dalla designazione allo scopo precipuo di fornire all’assicuratore un criterio univoco di indi- viduazione del creditore della prestazione, e perciò prescinde dall’effettiva vocazione” (così, in motiva- zione, Xxxx. Sez. Un., sent. 30 aprile 2021, n. 11421, Rv. 661129-01).
Quale che sia, quindi, il “titolo” della chiamata all’ere- dità, vale a dire, sia che si tratti di chiamata “diretta” ovvero “per rappresentazione” (evenienza, quest’ul- tima, alla quale ha dato rilievo, non a caso, il citato
arresto delle Sezioni Unite, rigettando, in particolare, il ricorso – incidentale – volto ad escludere gli eredi per rappresentazione), è, per l’appunto, la qualità di erede “legittimo”, senza ulteriori specificazioni, ciò che consente di fruire del beneficio contrattualmente previsto.
In simili casi, pertanto, “la prestazione assicurativa vede quali destinatari una pluralità di soggetti in for- za di una eadem causa obligandi, costituita dal con- tratto”, sicché, “come in ogni figura di obbligazione soggettivamente complessa (come si argomenta in via di generalizzazione dall’art. 1298, comma 2, c.c.
e dall’art. 1101, comma 1, c.c.), ove non risulti diversa- mente dal contratto, a ciascuno dei beneficiari spetta una quota uguale (...), il cui pagamento ciascuno po- trà esigere dall’assicuratore nella rispettiva misura” (Cass. Sez. Un., sent. n. 11421 del 2021, cit.).
Su tali basi, quindi, deve ritenersi corretta la decisio- ne della Corte territoriale di includere anche la D.B., erede per rappresentazione, tra i beneficiari delle due polizze assicurative, confermando la scelta di Ca. di operare una ripartizione degli indennizzi per xxxx (e non per sette) quote.
Ne’ osta a tale conclusione il rilievo che dagli atti del giudizio di legittimità non emerge se la dante causa della D.B. - ovvero, la madre della stessa (e nipote di M.C.), C.M. - fosse premorta alla M. prima o dopo la stipulazione delle polizze.
Come, infatti, chiarisce il già citato arresto delle Se- zioni Unite, l’eventuale “premorienza di uno degli eredi del contraente, già designato tra i beneficiari dei vantaggi dell’assicurazione” (tale doveva considerar- si, rispetto a M.C., la nipote “ex sorore” della stessa, ovvero C.M.), comporta “non un effetto di accresci- mento in favore dei restanti beneficiari, ma, stando l’assenza di una precisa disposizione sul punto ed in forza dell’assimilabilità dell’assicurazione a favore di terzo per il caso di morte alla categoria del contratto a favore di xxxxx, un subentro per “rappresentazione” in forza dell’art. 1412, comma 2, c.c.” (così, nuovamente, Xxxx. Sez. Un., sent. n. 11421 del 2021, cit.).
Per contro, nel diverso caso in cui la morte della C. abbia, addirittura, preceduto la stipulazione delle polizze, la D.B. avrebbe, comunque, diritto agli in- dennizzi, e ciò perché i discendenti della C. suben- trerebbero – come nuovamente ricavabile dal citato arresto delle Sezioni Unite – “nel luogo e nel grado della loro ascendente”, sicché costoro sarebbero “da intendere essi stessi come “eredi”, tanto più agli ef- fetti di cui all’art. 1920, comma 2, c.c., e cioè al fine di individuare i creditori della prestazione assicurativa”
(cfr., ancora una volta, Xxxx. Sez. Un., sent. n. 11421 del 2021, cit.).
9.2. Il terzo motivo è, invece, fondato.
9.2.1. Sul punto, deve muoversi dal rilievo che “i cre- diti di somme di denaro producono interessi ipso iure solo se liquidi ed esigibili”, e ciò ex “art. 1282 c.c., il quale ha esteso a tutti i tipi di crediti una regola in precedenza prevista dall’art. 41 del codice di commer- cio del 1882 per i soli crediti commerciali”, i cui la- vori preparatori “rendono palese come i compilatori di quel testo normativo riposero ogni cura nell’evitare che la norma che si andava scrivendo potesse un gior- no essere interpretata nel senso che anche i crediti il- liquidi potessero produrre gli interessi c.d. corrispet- tivi (ovvero, con antica terminologia, “restaurativi”)” (così Cass. Sez. 3, sent. 12 settembre 2014, n. 19266). Xxxxxx, poiché la “liquidità del credito consiste nella sua determinatezza, ovvero nella sua determinabili- tà in base a parametri predefiniti ed oggettivi” (così, nuovamente, Xxxx. Sez. 3, sent. n. 19266 del 2014, cit.), deve constatarsi che i crediti spettanti agli “eredi legittimi” di M.C. – beneficiari della polizza dalla stes- sa stipulata – divennero esigibili, da parte di costo- ro, dal momento della verificazione dell’evento della morte, sicché gli interessi corrispettivi competevano loro senza che fosse rilevante stabilire come doves- se compiersi la ripartizione fra di essi. Dare rilievo al momento in cui si è avuta cognizione degli eredi significherebbe valorizzare una circostanza che, sem- mai, afferendo all’esecuzione di un pagamento esigi- bile, avrebbe rilevanza con riferimento ad eventuale debenza di interessi moratori.
9.3. Il quarto motivo resta assorbito dall’accoglimen- to del precedente.
10. In conclusione, la sentenza va cassata in relazione al terzo motivo di ricorso, rinviando alla Corte d’ap- pello de L’Aquila, in diversa sezione e composizione, per la decisione sul merito e sulle spese di lite, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità, alla stregua del seguente principio di diritto:
“nel contratto di assicurazione sulla vita la designa- zione generica degli “eredi legittimi” come beneficiari comporta l’inclusione, tra i medesimi, pure degli ere- di per rappresentazione ed ha, inoltre, come effetto che, a ciascuno di essi, spettino gli interessi corrispet- tivi sin dalla morte del de cuius”.
– Omissis.