Contract
Conversione in legge del decreto-legge 18 aprile 2019, n.32, recante disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l’accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici
Ddl 1248/S
Audizione dell’Ance
Presso le Commissioni riunite Lavori pubblici e Territorio e Ambiente del Senato della Repubblica
6 maggio 2019
SOMMARIO
MODIFICHE AL CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI 7
Ritorno al regolamento generale 7
Qualificazione degli operatori economici 7
Esclusione automatica offerte anomale e sistema “antiturbativa” 8
Procedure negoziate sotto soglia comunitaria 10
Le gare per i lavori di manutenzione 11
Inversione apertura offerte e verifica requisiti 14
Nuova ipotesi di esclusione dalla gara per irregolarità fiscali e contributive 14
Esclusione dalla gara ai sensi dell’art. 80, comma 5 17
Partenariato Pubblico-Privato 19
MODIFICHE IN MATERIA DI CRISI D’IMPRESA 20
COMMISSARI XXXXXXXXXXXX, INTERVENTI SOSTITUTIVI E RESPONSABILITA’ ERARIALI 21
Programma di Interventi infrastrutturali per Piccoli Comuni fino a 3.500 abitanti 22
SEMPLIFICAZIONE DELLA DISCIPLINA DEGLI INTERVENTI STRUTTURALI IN ZONA SISMICA 22
ACCELERAZIONE DELLA RICOSTRUZIONE DELLE ZONE TERREMOTATE DEL CENTRO ITALIA 24
ALLEGATO – IL CENSIMENTO ANCE DELLE OPERE BLOCCATE - XXX.XXXXXXXXXXXXXXX.XX 26
INTRODUZIONE
Infrastrutture efficienti, scuole sicure, città intelligenti e sostenibili, modelli abitativi capaci di rispondere alle nuove esigenze sociali, nuovi spazi urbani pensati per migliorare la vita di chi ci abita e ci lavora.
Sono le priorità per un Paese che ha a cuore la sicurezza e il benessere sociale dei cittadini. Sono le priorità per un Paese che non si arrende all’immobilismo e vuole tornare a crescere. Sono le priorità per un Paese che vuole consegnare un futuro migliore ai propri figli che meritano di vivere, lavorare e viaggiare in sicurezza e in modo adeguato alle proprie esigenze.
Queste priorità sono le priorità che l’Ance ha messo al centro della sua azione – per citarne solo una: l’iniziativa Sbloccacantieri, avviata ad aprile 2018 e volta a censire le opere bloccate - e delle sue proposte, chiedendo con forza l’adozione di misure incisive per rilanciare il settore e dotare il Paese di infrastrutture sicure ed efficienti e di un rinnovato tessuto urbano, in grado di individuare nuove funzionalità alla città costruita, nonché di abitazioni coerenti con i nuovi stili di vita.
L’Ance esprime quindi apprezzamento per l’approvazione dei decreti-legge “Sbloccacantieri” e “Crescita” che, insieme al recente Documento di Economia e Finanza, rappresentano, finalmente, un primo segno tangibile della volontà di mettere il settore delle costruzioni al centro dell’agenda politica ed economica del Paese.
Allo stesso tempo, l’Ance esprime preoccupazione rispetto alle misure finora adottate, che rischiano di essere insufficienti per raggiungere gli obiettivi soprarichiamati.
Il decreto, infatti, non risolve alla radice le grandi criticità che impediscono il rapido utilizzo delle risorse stanziate e rappresenta più un correttivo all’attuale Codice degli appalti che un provvedimento “sbloccacantieri”. Mancano interventi sui processi autorizzativi dei progetti, sulle autorizzazioni ministeriali, mancano tempi perentori per ogni fase decisionale e per il trasferimento delle risorse, al fine di ridurre drasticamente i tempi morti, quelli che la Presidenza del Consiglio chiama “tempi di attraversamento” e che raddoppiano i tempi di realizzazione delle opere pubbliche in Italia.
I gravi ritardi accumulati dalla P.A. nella manutenzione delle opere presenti sul territorio sono invece diventati l’alibi per replicare sempre e ovunque un modello capace di bypassare qualsiasi regola.
E’ necessario velocizzare la fase a monte della gara, non sacrificare i principi di correttezza, trasparenza, concorrenza e legalità, istituzionalizzando il super-commissario “modello Genova” che può derogare a tutte le procedure di appalto previste dal Xxxxxx.
L’Ance ribadisce quindi la necessità di adottare rapidamente misure indispensabili per far partire le opere urgenti per la messa in sicurezza del territorio, per le città e per realizzare le tante infrastrutture che servono al Paese.
Finora, i risultati conseguiti, in termini di investimenti realizzati, sono stati sempre molto lontani dalle aspettative. Anche nel 2018, il livello della spesa pubblica per investimenti fissi lordi è stato molto inferiore alle attese, con un nuovo gap di 2 miliardi di euro tra mito (le previsioni) e realtà.
Considerando gli ultimi quattro anni, questo gap ammonta a 12 miliardi di euro, un indicatore significativo dell’inefficienza dei processi di spesa, di quanto il Paese sia fermo e non riesca a porre fine al degrado e alla burocrazia asfissiante.
E mentre l’Italia continua a registrare continui cali (-4% l’anno scorso), in Europa la ripresa degli investimenti pubblici è in atto dal 2014.
n.i. 2010=100
Var. % 2018/2010
Area Euro:-4,8%
Italia: -29,4%
CALO IN ITALIA E IN EUROPA
STABILITA' IN UE CRESCITAIN UE CALO IN ITALIA CALO IN ITALIA
SPESA PUBBLICA PER INVESTIMENTI
100
90
80
70
60
2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018
Elaborazione Ance su dati Commisisone Europea
Occorre invertire la rotta.
Per il 2019, la previsione di una crescita del 5,2% degli investimenti pubblici appare eccessivamente ottimistica, soprattutto alla luce delle misure, per ora ampiamente insufficienti, contenute nel decreto-legge “sbloccacantieri”.
Il Paese ha assoluto bisogno di una politica industriale di settore per sviluppare le infrastrutture di cui necessita.
Occorre dare certezza alla collettività che la normativa sui lavori pubblici sia garanzia di trasparenza, efficienza e possibilità di selezionare le imprese più affidabili, in maniera da poter procedere, senza ulteriori ritardi, negli obiettivi “sblocca-cantieri” che il Governo si è dato.
Per fare questo e per poter avviare una effettiva azione di “sblocco” del settore, ci sono alcune condizioni imprescindibili da realizzare.
Anzitutto, le risorse.
Queste ultime possono essere anche limitate, ma devono essere certe e ben definite, grazie ad una programmazione pluriennale stabile nel tempo e al rispetto degli impegni assunti.
In secondo luogo, occorre superare la sindrome del “blocco della firma”, che attanaglia la pubblica amministrazione.
Un vero “sbloccacantieri” dovrebbe prevedere misure più stringenti per porre fine alla c.d. “burocrazia difensiva”.
In questo senso, sarebbe opportuna anzitutto una rivisitazione del reato di abuso di ufficio, affinché smetta di essere più conveniente il “non fare” rispetto al “fare”.
Inoltre, occorre cogliere l’occasione per ridisegnare la responsabilità erariale dei pubblici funzionari, ad esempio attraverso la tipizzazione delle presunzioni di assenza di colpa grave (ed escludendola in ogni caso, in presenza di sentenze riformate tra vari gradi di giudizio, e comunque ogni volta che il pubblico funzionario dia specificamente conto, nella sua decisione, di aver agito in adempimento di circolari, linee guida, bandi tipo MIT/ANAC o sentenze); ciò fatto salvo che la Corte dei Conti dimostri la mala fede o il dolo.
E’ essenziale, poi, migliorare la qualificazione delle imprese, per garantire la par condicio nella competizione e tutelare l’interesse pubblico a vedere opere concluse e non solo appaltate. In questo ambito, è necessario che in sede SOA, accanto al fatturato, siano previsti criteri di natura qualitativa e reputazionale. Inoltre, al di sopra di certi importi, è necessario attestare la solidità patrimoniale e finanziaria dell’impresa, prevedendo indici di bilancio aggiuntivi e non sostitutivi rispetto al fatturato minimo richiesto.
Sul piano industriale, poi, non ci si può affidare a decisioni che, di volta in volta, siano rimesse alla discrezionalità degli enti appaltanti, perché è impossibile modificare l’organizzazione d’impresa da un giorno all’altro, o da un lavoro all’altro.
Occorre, pertanto, intervenire sull’istituto del subappalto, per allinearlo alla disciplina comunitaria, come ci chiede l’Europea.
Il decreto “sblocca-cantieri”, invero, non prevede un pieno superamento dei rilievi evidenziati nella procedura di infrazione al Codice avviata lo scorso gennaio, rilievi che devono essere risolti, per rendere il subappalto effettivo strumento di crescita per le PMI.
Altro tema è quello della crisi d’impresa, che ormai dilaga nel settore delle infrastrutture, producendo effetti fortemente distorsivi nel mercato.
Il decreto “sblocca-cantieri” è intervenuto solo parzialmente sul tema, vietando la partecipazione alle gare delle imprese fallite.
Sul piano della prevalenza degli interessi della collettività, occorre invece avviare una seria riflessione sulla necessità di allineare la legge fallimentare, nel momento in cui si parla di risorse pubbliche e interessi generalizzati, a quanto in essere nel resto del mondo.
Occorre quindi procedere senz’altro all’esclusione diretta delle imprese inadempienti dalla realizzazione delle opere, ancorché questo inadempimento sia dovuto a difficoltà economiche che abbiano indotto tali imprese ad accedere a procedure concorsuali di qualsiasi genere.
Al contempo, è assolutamente necessario, evitare di privilegiare nella sostanza le imprese decotte o addirittura in procedure concorsuali rispetto a quelle sane!
In particolare, è indispensabile circoscrivere la partecipazione dei soggetti in concordato con continuità - limitandola alle imprese con un piano di rientro che preveda il soddisfacimento di ciascun credito chirografario nella misura minima del 50% e l’ottemperanza al divieto di cessione del ramo d’azienda relativo al contratto d’appalto - o in amministrazione straordinaria.
Altro fattore imprescindibile per la crescita e lo sviluppo del Paese è infine la lotta ai fenomeni corruttivi, da condurre evitando di legiferare sull’onda emotiva di specifici fatti delittuosi.
Invero, seguendo la recente produzione normativa volta a contrastare l’infiltrazione della criminalità nel settore degli appalti, si ha la netta percezione che il legislatore abbia ormai abbandonato la regola costituzionale della “presunzione di innocenza” (art. 27 comma 2 Cost), che ci vedeva come una Repubblica “garantista”.
E ciò, spesso, a discapito delle prerogative dei cittadini in campo economico, perpetrando così una (forse) eccessiva compressione di un ulteriore principio costituzionale, quello della libertà d’intrapresa privata (art 41 Cost.), che ci caratterizzava come un’economia sostanzialmente liberale.
Il rischio, però, è che, così operando, anche le imprese migliori, prima o poi, saranno condannate all’estinzione.
Sul fronte della rigenerazione urbana, la semplificazione degli interventi strutturali in zona sismica e, in minor misura, l’obbligo per le Regioni di introdurre deroghe al DM 1444/1968 in materia di distanze, altezze e densità nonché disposizioni sugli “standard urbanistici” rappresentano un primo segnale positivo anche se alcuni correttivi, da introdurre nel corso dell’esame parlamentare, potrebbero migliorarne l’efficacia.
Da ultimo, in merito alle misure per la ricostruzione delle zone terremotate del Centro Italia, l’Ance condivide le scelte adottate dal Governo che potranno contribuire a dare slancio ad un processo di ricostruzione che, a quasi tre anni dal primo evento sismico, vede risultati ancora molto limitati e lontani dal soddisfacimento del fabbisogno complessivo.
In particolare, l’Ance esprime apprezzamento per la norma di semplificazione del processo di scelta dell’impresa esecutrice dei lavori privati, che, tuttavia, non pregiudica l’individuazione, da parte dei soggetti privati, di criteri di selezione ulteriori rispetto a quelli previsti dalla disciplina vigente, al fine di scegliere imprese che offrano maggiori garanzie sulla realizzazione degli interventi.
MODIFICHE AL CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI
Tutto ciò premesso, si riporta di seguito una valutazione delle principali modifiche apportate dal Decreto “Sblocca-cantieri” in materia di appalti pubblici, contenute nel Capo I del provvedimento.
Ritorno al regolamento generale
(art. 1, c 1, lett. mm, n.7) | Il Governo dovrà adottare un Regolamento Unico recante disposizioni di esecuzione attuazione e integrazione del Codice, nell’ambito del quale verranno assorbiti parte delle Linee Guida Anac e dei Decreti Ministeriali medio tempore adottati in attuazione del Codice stesso. Tali provvedimenti, nell’attesa che venga adottato il nuovo Regolamento, rimarranno transitoriamente in vigore fino al 180° giorno dall’entrata in vigore del Decreto. Si tratta, in particolare, dei provvedimenti adottati in materia di requisiti dei progettisti (art. 24, comma 2); compiti del RUP (31, comma 5); procedure sotto soglia UE (36, comma 7); elenco categorie SIOS (89, comma 11); verifica di conformità e di collaudo (111, commi 1 e 2); qualificazione, progettazione e collaudo nel settore beni culturali (146, comma 4; 147 commi 1 e 2; 150, comma 2). |
VALUTAZIONE | La modifica in oggetto comporta il superamento del sistema della “soft law Anac”, con il ritorno ad un Regolamento Attuativo Generale. Si tratta di una previsione perfettamente in linea con quanto auspicato da Ance, che ha sempre evidenziato l’esigenza di restituire certezza alla disciplina attuativa del Codice, ripristinando una fonte regolamentare unica e cogente, a beneficio di tutti gli operatori del settore (imprese e amministrazioni). Qualche perplessità suscita il fatto che l’elenco delle Linee Guida e dei DM destinati a confluire nel Regolamento non comprenda tutti gli atti attuativi medio tempore adottati. Non è chiaro, quindi, se i provvedimenti non citati resteranno in vigore anche dopo l’adozione del Regolamento. In un’ottica di piena razionalizzazione e unificazione della normativa attuativa, occorrerebbe invece superare del tutto l’attuale frammentazione del quadro regolatorio. Inoltre, il termine di validità transitoria di tali provvedimenti destinati ad essere abrogati è molto stringente, trattandosi di massimo 6 mesi dall’entrata in vigore del Decreto, superati i quali essi perderanno comunque di efficacia. Ciò sembra rispondere alla volontà del legislatore di imprimere una forte accelerazione alla tempistica di adozione del Regolamento. E’ da auspicare che tale tempistica venga effettivamente rispettata, altrimenti potrebbe determinarsi uno scenario alquanto complicato, caratterizzato dalla totale assenza di una disciplina attuativa del Codice nelle materie interessate. |
Qualificazione degli operatori economici
(art. 1, c 1, lett. p, n. 3) | L’arco temporale di riferimento per la comprova dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa, funzionali al conseguimento dell’attestazione SOA è stato ampliato. Si passa, infatti, dall’attuale decennio, ai quindici anni antecedenti il contratto con la SOA. |
VALUTAZIONE NECESSITÀ DI PARTICOLARI INDICI DI BILANCIO PER GLI APPALTI SOPRA I 20 MLN | La modifica è positiva ed è stata fortemente sostenuta da Ance. Si tratta, infatti, di una misura volta a supportare le imprese del settore, duramente colpite da una crisi ultra decennale, evitando che la scarsità di lavori subita negli ultimi anni possa determinare la perdita della qualificazione SOA e la definitiva estromissione dal mercato. Se poi l’obiettivo è quello di garantire il mantenimento delle professionalità delle imprese, di assicurare il completamento delle opere e di scongiurare altresì l’aggravamento della crisi occupazionale in corso, occorre anche consentire alle imprese di mantenere la titolarità del contratto, anche laddove abbiano subito una perdita di attestazione – o un suo ridimensionamento – in corso di esecuzione. Ciò premesso, è necessario apportare un’ulteriore modifica in tema di qualificazione, con riguardo agli appalti d’importo superiore a 20 milioni di euro. In particolare, al fine di garantire l’accesso a tale fascia di importo solo a soggetti finanziariamente solidi, è necessario richiedere, come requisiti aggiuntivi e non sostitutivi rispetto al fatturato minimo, anche il possesso di particolari indici di bilancio. |
Esclusione automatica offerte anomale e sistema “antiturbativa”
(art. 1, c 1, lett. t) | E’ stata innalzata, dagli attuali 2 milioni di euro, fino alla soglia comunitaria, la possibilità per le amministrazioni di utilizzare il criterio del massimo ribasso, con obbligo di applicare l’esclusione automatica delle offerte anomale, laddove l’appalto non presenti carattere “transfrontaliero” ed il numero delle offerte ammesse non sia inferiore a 10. Inoltre, è stato modificato il cd. sistema “antiturbativa”, finalizzato a determinare la soglia di anomalia delle offerte. In particolare, è stato eliminato l’attuale meccanismo di sorteggio tra 5 diversi possibili metodi matematici, prevedendo soltanto 2 metodi alternativi, scelti in base al fatto che il numero delle offerte ammesse sia inferiore o superiore a 15. |
VALUTAZIONE | Va osservato, in premessa, che, a fronte di lavori connotati da complessità tecnologica - o comunque al di sopra di un certo importo- quello dell’OEPV è il criterio che meglio garantisce e premia la professionalità ed il know how dell’impresa, tutelando al contempo le legittime aspettative della stazione appaltante. A questo fine, però, affinché possa essere effettivamente premiata l’offerta migliore e più idonea ad eseguire i lavori oggetto di appalto, occorrerebbe assicurare una serie di fattori e condizioni che, invece, al momento sono, purtroppo, lontani dal realizzarsi. Desta infatti grande preoccupazione: a) la lentezza con cui il BIM va affermandosi nelle procedure di gara; b) lo stallo del processo di razionalizzazione, accorpamento e qualificazione delle stazioni appaltanti; c) l’ulteriore slittamento della operatività dell’albo dei commissari gara istituito presso l’Anac. Pertanto, nel breve periodo, in assenza di tali precondizioni, appare senz’altro condivisibile la scelta, da sempre auspicata da Ance, di consentire, negli appalti inferiori alla soglia comunitaria, un utilizzo più ampio |
PERPLESSITÀ SULLA SCELTA DEL LEGISLATORE DI LASCIARE INDEFINITO IL CONCETTO DI INTERESSE “TRANSFRONTALIERO” NON CONDIVISIBILI LE MODIFICHE APPORTATE AL CD. “SISTEMA ANTITURBATIVA” L’ESCLUSIONE AUTOMATICA FINO A SOGLIA COMUNITARIA DOVREBBE ESSERE ESTESA ANCHE AL SETTORE DEI BENI CULTURALI | dell’esclusione automatica delle offerte anomale, accompagnato dal cd. metodo “antiturbativa”. Si tratta, infatti, di un criterio di aggiudicazione che può svolgere una concreta funzione “anti-crisi”, in quanto, semplificando l’iter di gara, velocizza la cantierizzazione dei lavori. Inoltre, attraverso il sistema “antiturbativa”, garantisce l’amministrazione rispetto al rischio di accordi collusivi tra imprese e di aggiudicazioni con ribassi eccessivamente elevati. E’ inoltre condivisibile anche il richiamo della norma all’assenza di carattere “transfrontaliero” dell’appalto. Infatti, la necessità di effettuare tale verifica preventiva, consente di adeguare la disciplina nazionale ai rilievi formulati dalla Commissione Europea, nella procedura di infrazione al Codice. Tuttavia, desta perplessità la scelta del legislatore di lasciare indefinito il concetto di interesse “transfrontaliero”, in quanto tale indeterminatezza potrebbe dar luogo ad interpretazioni eccessivamente discrezionali delle amministrazioni, causa di possibile contenzioso in gara. In questo senso, sarebbe opportuno che l’interesse transfrontaliero fosse valutato sulla base di parametri oggettivi ed in particolare sulla base del numero di imprese straniere partecipanti alla procedura che, per essere rilevante, dovrebbe essere superiore almeno al 10 per cento. Inoltre, non appaiono condivisibili le modifiche apportate al cd. “sistema antiturbativa”, che non sembrano garantire adeguatamente l’obiettivo di rendere non predeterminabile la soglia di anomalia. Ad avviso di Xxxx, il metodo “antiturbativa” va quindi rivisto rispetto a quello attuale, sulla base dei seguenti criteri: 1) mantenere l’attuale alternativa tra più e diversi possibili metodi matematici, aumentando gli elementi di variabilità, per impedire eventuali condizionamenti; 2) eliminare il “sorteggio in gara” del sistema matematico da applicare - che potrebbe prestare il fianco a situazioni distorsive - e rendere la sua scelta automatica; 3) puntare su metodi equilibrati, che, da un lato, evitino situazioni di eccessivo ribasso, e, dall’altro lato, non precludano la presentazione di offerte economicamente convenienti anche per l’amministrazione Infine, si evidenzia che la possibilità di applicare l’esclusione automatica fino a soglia comunitaria dovrebbe essere estesa anche al settore dei beni culturali, per i quali, invece, è rimasto fermo il limite dei 500 mila euro. |
(art. 1, c 1, lett. f, n. 7 e lett. s) | Per gli appalti di lavori sotto soglia comunitaria, il ricorso al criterio dell’OEPV diventa possibile solo previa motivazione da parte della stazione appaltante. Inoltre, è stata eliminata la previsione di un tetto massimo del 30 per cento, al punteggio attribuibile all’elemento prezzo (comma 1, lett. s, n. 3). |
VALUTAZIONE | La scelta del legislatore è stata quella di consentire l’utilizzo del criterio dell’ OEPV solo se accompagnato da specifica motivazione. Ciò premesso, secondo Xxxx, al fine di evitare il rischio di una eccessiva discrezionalità amministrativa nella scelta del criterio, le ragioni a sostegno del |
NEGATIVA LA SOPPRESSIONE DEL LIMITE DEL 30 PER CENTO, AL PUNTEGGIO MASSIMO ATTRIBUIBILE ALL’ELEMENTO PREZZO | suo utilizzo dovrebbero sempre risiedere nella particolare complessità tecnica dell’appalto. Inoltre, andrebbe meglio chiarito che i criteri di valutazione tecnica nell’ambito dell’OEPV devono essere legati alla prestazione offerta e, quindi, devono avere carattere oggettivo e non soggettivo, altrimenti rischiano di replicare in fase di aggiudicazione la qualificazione del concorrente. Tali criteri, inoltre, devono essere misurabili e il più possibile declinati in sub-criteri, con puntuali verifiche in fase esecutiva sulla effettiva attuazione delle migliorie offerte. Negativa, infine, appare la scelta di sopprimere il limite del 30 per cento, al punteggio massimo attribuibile all’elemento prezzo. Tale limitazione, infatti, rispondeva all’esigenza di evitare che, attraverso una eccessiva valorizzazione della componente economica, l’offerta economicamente più vantaggiosa possa trasformarsi, di fatto, in un massimo ribasso “mascherato”. Per la medesima ragione, ad avviso di Ance, la valutazione della componente prezzo andrebbe effettuata utilizzando metodi di calcolo che consentano di contenere la rilevanza dei ribassi. |
Procedure negoziate sotto soglia comunitaria
(art. 1, c 1, lett. f) | Il ricorso alla procedura negoziata senza bando diventa possibile solo nella fascia di importo compresa tra 40 mila e 200 mila euro, previa consultazione, per i lavori, di almeno 3 operatori economici. Per i lavori sopra i 200 mila euro e fino alla soglia di rilevanza comunitaria, diventa obbligatorio il ricorso alla procedura aperta, con applicazione obbligatoria dell’esclusione automatica delle offerte anomale, laddove l’appalto non presenti carattere “transfrontaliero” e sempre che non ci siano meno di 10 offerte ammesse. Sono contestualmente abrogate le deroghe introdotte transitoriamente - fino al 31 dicembre 2019 - dalla Legge di bilancio 2019 (Legge n. 145/2019), secondo le quali era possibile: - procedere ad affidamenti diretti, previa consultazione di 3 operatori economici, nella fascia di importo compresa tra 40 mila e 150 mila euro; - svolgere procedure negoziate, nella fascia di importo compresa tra 150 mila e 350 mila euro, con consultazione preventiva di almeno 10 operatori economici; - svolgere procedure negoziate, nella fascia di importo compresa tra 150 mila e 350 mila euro, con consultazione preventiva di almeno 15 operatori economici; |
VALUTAZIONE | Le modifiche apportate in tema di procedure negoziate non appaiono condivisibili, in quanto non consentono, ad avviso di Xxxx, di risolvere le reali criticità connesse alle procedure negoziate. In primo luogo, non è stato sancito il divieto di ricorrere al “sorteggio” degli invitati, che è una pratica, purtroppo, diffusa tra le amministrazioni e fortemente distorsiva per il mercato; essa, infatti: - svilisce la qualificazione posseduta dagli operatori - impedisce di organizzare adeguatamente l’attività d’impresa - determina, spesso, scarsa partecipazione alla procedura, per mancato |
interesse dei soggetti sorteggiati.
Inoltre, secondo Xxxx, le modifiche alla procedura negoziata dovrebbe essere strutturate nel seguente modo:
- per i lavori fino a 40 mila euro, favorire l’applicazione della disposizione sull’affidamento diretto;
- per i lavori tra 40 mila e 200 mila euro, il Rup dovrebbe scegliere gli invitati anche attraverso criteri che favoriscono l’imprenditoria locale, sempre nel rispetto della rotazione degli inviti;
- per i lavori tra 200 mila e 500 mila euro, il Rup dovrebbe utilizzare un meccanismo di “sorteggio qualificato”, che permetta di riservare il 50% degli inviti alle imprese locali idoneamente qualificate che abbiano manifestato interesse, ed il restante 50% a tutte le altre imprese idoneamente qualificate interessate;
- per i lavori tra 500 mila euro e 1 milione di euro, completa apertura alla concorrenza o procedura negoziata con indagine di mercato, con obbligo per la stazione appaltante di invitare tutti i soggetti idoneamente qualificati che hanno manifestato interesse, con applicazione, in entrambi i casi, di semplificazioni procedurali, per velocizzare i tempi di aggiudicazione (in particolare: applicazione obbligatoria dell’esclusione automatica delle offerte anomale con metodo “antiturbativa”; partecipazione alla procedura con la sola offerta, che vale ex se quale auto-dichiarazione sul possesso dei requisiti; verifica “a campione” in gara sul possesso dei requisiti e successiva verifica sul solo aggiudicatario).
Le gare per i lavori di manutenzione
(art. 1, c 1, lett. a, n. 2) | E’ stata abrogata la norma che rinviava ad uno specifico Decreto del MIT la previsione di una progettazione semplificata per i lavori di manutenzione ordinaria fino a 2,5 milioni di euro. Contestualmente, è stata prevista “a regime”, e non più in via transitoria, la possibilità di: - affidare le manutenzioni ordinarie e straordinarie, ad eccezione degli interventi che prevedono il rinnovo o la sostituzione di parti strutturali delle opere e di impianti, sulla base di un progetto definitivo, costituito almeno da una relazione generale, dall’elenco prezzi unitari delle lavorazioni previste, dal computo metrico-estimativo e dal piano di sicurezza, con indicazione analitica dei costi della sicurezza non soggetti a ribasso; - iniziare i lavori a prescindere dall’avvenuta redazione e approvazione del progetto esecutivo. |
VALUTAZIONE | La modifica può essere considerata positivamente, in quanto consente di accelerare i tempi di affidamento dei lavori di manutenzione, che possono essere affidati ed avviati sulla base di un progetto definitivo “alleggerito” invece che sulla base di quello esecutivo. Ciò premesso, ad avviso di Ance, sarebbe opportuno prevedere un’ulteriore modifica per i lavori di manutenzione ordinaria, in un’ottica di semplificazione e snellimento procedurale. In particolare, considerata la natura tendenzialmente ripetitiva e standardizzata di tali lavori, che non presentano particolari profili di complessità tecnica, gli |
stessi dovrebbero essere sempre appaltanti con il sistema dell’esclusione automatica delle offerte anomale, accompagnato dal metodo “antiturbativa”, e non con l’OEPV.
(art. 1, c 1, lett. mm, n. 3) | Viene riaperta la deroga al divieto di ricorrere all’appalto integrato, per le opere i cui progetti siano stati approvati entro il 31 dicembre 2020, con pubblicazione del bando entro i dodici mesi successivi all’approvazione dei progetti stessi (comma 1, lett. mm, n. 3). Contestualmente, è stata reinserita nel Codice la possibilità, contenuta nel precedente Codice De Xxxx, di partecipare agli appalti integrati utilizzando la qualificazione SOA per progettare ed eseguire, ovvero indicando o associando un progettista qualificato (comma 1, lett. i). |
VALUTAZIONE | La riapertura della finestra temporale per l’affidamento degli appalti integrati - già aperta transitoriamente con il decreto correttivo 56/2017 - appare una misura solo parzialmente condivisibile. Si tratta, infatti, di una previsione di carattere transitorio, che implica, al termine del periodo previsto, il ripristino del generale divieto di appalto integrato, fatte salve specifiche eccezioni. Il mantenimento a regime di tale divieto non appare una misura auspicabile. Esso infatti, nella prassi applicativa, ha rappresentato un ostacolo al percorso di crescita e atterraggio degli investimenti pubblici. Inoltre, risulta incoerente con il criterio dell’OEPV che, seppur ridimensionato rispetto a prima, è comunque un’opzione percorribile dalle amministrazioni, previa motivazione. Inoltre, l’esigenza di garantire la qualità e centralità del progetto, sembra essere adeguatamente tutelata dall’obbligo, reso operativo a partire dal 2019, di eseguire la progettazione attraverso il sistema BIM. Per tutte le ragioni sopra indicate, si ritiene opportuno che venga ripristinata a regime la possibilità per le amministrazioni di ricorrere all’appalto integrato, purchè l’affidamento avvenga obbligatoriamente sulla base di un progetto di livello almeno definitivo dell’amministrazione aggiudicatrice. |
(Art. 1, comma 1, lett v) | E’ stato soppresso l’obbligo di indicazione della terna dei subappaltatori in gara ed il divieto di affidare il subappalto ad altro soggetto concorrente alla medesima procedura. Inoltre, si prevede che il subappalto è indicato dalle stazioni appaltanti nel bando di gara e non può superare il 50 per cento dell’importo complessivo dell’appalto. Per le categorie “superspecializzate”, invece, resta fermo il divieto di subappalto oltre il 30 per cento dell’importo delle opere. Infine, è stata introdotta la possibilità di pagamento diretto al subappaltatore, sulla base della mera richiesta di quest’ultimo, essendo stato eliminato l’inciso presente nella precedente formulazione “se la natura del contratto lo consente”. |
VALUTAZIONE | Le modifiche introdotte in tema di subappalto appaiono solo parzialmente rispettose dei rilievi sollevati dalla Commissione Europea nella procedura di infrazione al Codice. Inoltre, per alcuni versi, sembrano introdurre ulteriori “paletti” non previsti dalla disciplina comunitaria. La Commissione UE, infatti, non ha contestato soltanto l’obbligo di indicazione |
della terna e il divieto di subappalto a soggetti partecipanti alla medesima procedura, abrogati dal Decreto, ma soprattutto il limite del 30%.
Si tratta, infatti, di un vincolo non previsto dal diritto europeo, che non pone limiti, né quantitativi né qualitativi al subappalto, considerandolo strumento che favorisce la concorrenza e l’accesso delle PMI al mercato degli appalti pubblici.
La modifica introdotta dal decreto non liberalizza il subappalto, ma eleva la quota massima subappaltabile fino al 50%.
Tale innalzamento, di per sé positivo, rischia però di essere vanificato dalla ulteriore modifica introdotta, secondo la quale “il subappalto è indicato dalle stazioni appaltanti nel bando”.
Tale inciso, infatti, è fortemente ambiguo e sembra introdurre un profilo di facoltatività del subappalto, rimesso alla libera scelta dell’amministrazione. Ora, non è chiaro se la discrezionalità riguardi la scelta di ammettere o meno il subappalto nella gara, ovvero riguardi unicamente la percentuale massima subappaltabile oltre il 30%, entro il limite del 50%.
In entrambi i casi, tale facoltatività non appare condivisibile.
Il subappalto, infatti, deve costituire un diritto per l’appaltatore e non una mera possibilità.
Esso, inoltre, come sancito dalla Commissione Europea, dovrebbe essere pienamente libero, considerato che le direttive comunitarie non pongono limitazioni generali al subappalto, né sul piano quantitativo né su quello qualitativo.
Tuttavia, se il legislatore, contrariamente a quanto sancito dalla Commissione Europea, ritiene indispensabile apporre un limite percentuale massimo di utilizzo, esso deve essere chiaramente fissato dalla legge e non rimesso alla libera scelta della singola amministrazione.
A tale proposito, un giusto compromesso potrebbe essere rappresentato dal ritorno ad una formulazione analoga a quella contenuta nel Codice De Lise, che prevedeva un limite del 30% della categoria prevalente e la piena subappaltabilità delle categorie scorporabili (liberalizzando il subappalto anche delle c.d. SIOS, su cui vedi oltre).
Infine, del tutto negativa appare la modifica che consente all’amministrazione di procedere al pagamento diretto del subappaltatore, sulla base della mera richiesta dello stesso, essendo stato soppresso l’inciso “se la natura del contratto lo consente”.
Tale innovazione, infatti, non appare in linea con la corrispondente disciplina comunitaria, che, non solo presenta l’inciso soppresso, ma tiene conto, a differenza della norma nazionale, della possibilità per l’appaltatore di opporsi a eventuali pagamenti indebiti.
Pertanto, sarebbe opportuno che anche nella norma del codice, venisse previsto l’obbligo per l’amministrazione di verificare preventivamente l’assenza di un motivato rifiuto al pagamento diretto da parte dell’affidatario principale.
Oltre ai profili sopra descritti, al fine di allineare pienamente la disciplina nazionale a quella comunitaria, dovrebbero essere superate le seguenti ulteriori criticità:
- l’obbligo di ATI verticale per le categorie super-specialistiche, subappaltabili nel limite del 30%;
- il limite del 20% sui prezzi risultanti dall’aggiudicazione, quale massimo
ribasso praticabile al subappaltatore;
- il divieto di ribasso sui costi della manodopera relativi alle prestazioni affidate in subappalto;
- l’obbligo di pagamento diretto del subappaltatore in caso di micro o piccola impresa, sia in caso di appalto sia di concessioni;
- il divieto per l’appaltatore di qualificarsi anche attraverso i lavori affidati in subappalto.
Inversione apertura offerte e verifica requisiti
(art. 1, c 1, lett. f, n. 4) | Viene prevista la possibilità per le stazioni appaltanti, negli appalti sotto-soglia comunitaria, di esaminare le offerte prima della verifica dell’idoneità dei concorrenti. Tale facoltà è, tuttavia, esercitabile solo se prevista nel bando di gara o nell’avviso e sempre che venga attuata una verifica “a campione” sui partecipanti, oltre che sull’aggiudicatario, con eventuale ricalcolo della stessa (comma 1, lett. f, n. 4). |
VALUTAZIONE | La possibilità di invertire l’ordine di apertura delle offerte e di verifica dei requisiti, se anche potrebbe costituire una forma di snellimento procedurale, non è condivisibile, perché non dà sufficienti garanzie rispetto al verificarsi di potenziali fenomeni distorsivi, derivanti dalla partecipazione alla gara di soggetti non adeguatamente qualificati. Si pensi, infatti, che la modifica in oggetto sembra collocare la verifica “a campione” sui concorrenti nella fase finale della procedura, dopo l’aggiudicazione provvisoria, contestualmente alla verifica dell’aggiudicatario. La fase della verifica “a campione” dovrebbe essere invece temporalmente anticipata rispetto al momento dell’aggiudicazione provvisoria. Solo così, infatti, può porsi un adeguato deterrente rispetto al rischio che possano presentare offerta soggetti privi dei necessari requisiti, al solo fine di condizionare il risultato di gara. |
Nuova ipotesi di esclusione dalla gara per irregolarità fiscali e contributive
Art.1, comma 1, lett. n, n. 4) motivi di esclusione – irregolarità fiscali e contributive | Il decreto-legge interviene sulle cause di esclusione dalle gare d’appalto pubbliche (stabilite dall’art.80, co.4, del D.Lgs. 50/2016), aggiungendo un’ulteriore ipotesi relativa alle irregolarità fiscali e contributive riscontrate in capo ai partecipanti. Sino all’intervento del citato decreto, gli operatori economici potevano essere esclusi dalle procedure di gara solo in caso di irregolarità fiscali o contributive “gravi e definitivamente accertate”. Ora il DL 32/2019 (in particolare, all’art.1, co.1, lett.n, num.4, intervenendo sull’art.80, co.4, del D.Lgs. 50/2016-Codice dei contratti pubblici) prevede, in aggiunta a quanto sopra detto, la possibilità, per la stazione appaltante, di escludere un concorrente qualora sia in grado di dimostrare adeguatamente l’esistenza di violazioni tributarie e contributive, anche se non definitivamente accertate. Pertanto, in questi casi, l’unica possibilità per l’operatore di non essere escluso dalla procedura di gara è il pagamento integrale (o della prima rata, in caso di rateizzazione) della cartella di pagamento, prima della scadenza del termine di presentazione della domanda di partecipazione. |
Tale previsione è stata dettata dall’esigenza, per lo Stato italiano, di adeguarsi ai rilievi di incompatibilità con le Direttive comunitarie, sollevati dalla Commissione UE in merito ad alcune disposizioni del D.Lgs. 50/2016. Ad avviso della Commissione, infatti, la disposizione del Codice dei contratti pubblici in tema di esclusione dalle gare non era conforme al diritto comunitario, laddove non consentiva alle amministrazioni di procedere all’esclusione di un offerente, anche nel caso in cui la violazione, pur non essendo oggetto di una decisione giudiziaria o amministrativa di carattere definitivo, potesse essere, comunque, adeguatamente dimostrata dall’amministrazione aggiudicatrice. | |
Irregolarità fiscali | Dal punto di vista tributario, sino all’intervento del citato decreto, gli operatori economici potevano essere esclusi dalle procedure di gara solo in caso di irregolarità fiscali “gravi e definitivamente accertate”, dove per “gravi” s’intendono le violazioni di ammontare superiore a 5.000 euro e per “definitivamente accertate” quelle oggetto di accertamenti non più impugnabili, o oggetto di sentenze di condanna passata in giudicato. Pertanto, nell’ipotesi in cui l’operatore avesse impugnato l’atto d’accertamento e la questione fosse ancora pendente dinnanzi al giudice tributario, non poteva operare alcuna causa di esclusione legata ad eventuali irregolarità fiscali del medesimo concorrente. Ora, invece, il concorrente può essere escluso anche in presenza di un atto d’accertamento non ancora definitivo, esponendo così le imprese ad una penalizzazione del tutto sproporzionata rispetto ad una violazione che ancora è considerata “provvisoria”. |
Già in risposta ai rilievi sollevati dalla Commissione UE, l’ANCE aveva evidenziato come, in realtà, la normativa comunitaria dovesse essere coordinata ed inserita nel contesto dell’ordinamento tributario italiano che, in linea generale, dà rilevanza all’atto accertativo, quale mezzo di prova certo dell’illecito tributario, solo quando lo stesso assume carattere definitivo, nel senso che non è più suscettibile di annullamento e/o modifica né ad opera delle stesse Autorità preposte alle verifiche fiscali, né del Giudice tributario. Prima di tale momento, difatti, in base alle norme procedurali che disciplinano le verifiche tributarie, l’accertamento è considerato comunque un atto provvisorio e sanabile, sia da parte del contribuente, sia dai medesimi Enti impositori che, in un momento successivo alla sua emissione, possono comunque decidere di annullarlo, in quanto riconosciuto come infondato o, addirittura, illegittimo (cd. “istituto dell’autotutela”). Questo anche perché, nel sistema italiano, sono consentiti, e molto frequentemente utilizzati, gli accertamenti di tipo presuntivo (ad esempio, quelli fondati sulle indagini finanziarie o, in tema di imposte d'atto nei trasferimenti immobiliari, quelle basate sullo scostamento tra corrispettivo dichiarato e "valore normale" dell'immobile ceduto), nei quali le ricostruzioni operate in sede di verifica godono di una presunzione legale a favore dell'Amministrazione finanziaria, superabile solo con prova contraria posta a carico del contribuente, dovendo quest'ultimo dimostrare l'inesistenza dell'evasione. Si tratta di strumenti accertativi utilizzabili senza particolari oneri probatori a carico dell'Amministrazione finanziaria, per cui, il più delle volte, si rilevano infondati e successivamente annullati. Per questo, l’aver attribuito rilevanza agli accertamenti non definitivi, oltre |
a conferire alle stazioni appaltanti un evidente potere discrezionale, comporterà l’esclusione di molti operatori economici di fatto fiscalmente regolari, esponendoli ad una penalizzazione eccessiva e del tutto sproporzionata rispetto ad una violazione che, spesso, viene riconosciuta come inesistente. | |
Irregolarità contributive | Per quanto riguarda le irregolarità contributive, si rileva che, il primo periodo, comma 4 dell’articolo 80 del codice dei contratti attribuisce rilevanza, ai fini dell’esclusione, alle gravi violazioni contributive definitivamente accertate. Tali gravi violazioni in materia contributiva e previdenziale sono quelle ostative al rilascio del DURC (quarto periodo del comma stesso). La nuova previsione di cui all’art.1 comma 1, lett. n, n. 4) del decreto-legge introduce una nuova facoltà in capo alla stazione appaltante, senza specificare le modalità con le quali, a fronte di un DURC regolare, la stessa dovrebbe venire a conoscenza del mancato adempimento degli obblighi contributivi, al fine di procedere alla prevista esclusione dell’impresa dalla partecipazione alla gara. |
Come noto, all’atto della partecipazione, l’impresa è tenuta ad autocertificare la propria regolarità e, successivamente, ai fini della verifica di tale autocertificazione, la stazione appaltante acquisisce d’ufficio il Durc - Documento unico di regolarità contributiva (Dol), rilasciato dagli istituti previdenziali e, per le imprese edili, anche dalle Casse Edili. Il meccanismo di verifica legato al DURC comporta che, laddove venga accertato un mancato pagamento di contributi, lo stesso non venga rilasciato, ai sensi del Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali sulla materia, in presenza di uno scostamento tra somme dovute e versate, con riferimento a ciascun Istituto previdenziale e/o assistenziale, compresa la Cassa Edile, fin da una omissione pari o superiore a euro 150,00, comprensiva di eventuali accessori di legge, con conseguente impossibilità per il concorrente di aggiudicarsi la gara, fino a quando l’irregolarità non verrà sanata. In tale contesto, quindi, è possibile tener conto di tutte le irregolarità commesse dall’operatore, sussistendo un meccanismo di accertamento immediato dell’inadempimento commesso, con contestuale richiesta di regolarizzazione. Si rammenta, però, che il suddetto Decreto sul DURC prevede che il requisito di regolarità sussista anche nell’ipotesi di crediti in fase amministrativa in pendenza di contenzioso amministrativo, sino alla decisione che respinge il ricorso, nonché nell’ipotesi di crediti in fase amministrativa, in pendenza di contenzioso giudiziario, sino al passaggio in giudicato della sentenza. | |
VALUTAZIONE | La valutazione della nuova disposizione è fortemente negativa. |
Per quanto complessivamente sopra evidenziato, è necessario ed urgente intervenire, sia per ciò che concerne i profili fiscali che per quelli contributivi, per circoscrivere il più possibile la portata applicativa delle nuove disposizioni, alla luce delle evidenti criticità che le stesse genereranno se non adeguatamente arginate. A tal fine, se non è possibile sopprimere la norma, è necessario quantomeno fissare una soglia connessa all’ammontare dell’imposta accertata o dei contributi non versati, al di sotto della quale l’operatore è considerato comunque regolare dal punto di vista fiscale e contributivo. La determinazione di un'adeguata soglia minima di importi contestati, pari a 150.000 euro (ammontare in linea con la rilevanza penale dell’illecito tributario connesso alla dichiarazione infedele – art.4, co.1, lett.a, DLgs |
74/2000) consentirebbe di considerare rilevanti, ai fini dell'esclusione, solo le violazioni che, ancorché non definitivamente accertate, siano almeno caratterizzate da una certa gravità in termini quantitativi.
In questo modo, verrebbe introdotto inoltre un elemento di congruità e proporzionalità tra la pena comminata all'operatore (esclusione dalla procedura) e l’irregolarità fiscale ad esso attribuita in via non definitiva.
Allo stesso tempo, sarebbe comunque rispettato quanto rilevato dall’Unione europea, in quanto sarebbe data comunque rilevanza ad atti d’accertamento ancora non definitivi, ma comunque di ammontare superiore a 150.000 euro.
Esclusione dalla gara ai sensi dell’art. 80, comma 5
(art. 1, c 1, lett. n, 6) | Il Decreto ha riformulato il comma 10 dell’art. 80 del Codice, che disciplina il periodo di interdizione dalle gare (comma 1, lett. n, 6). In particolare, da un lato, viene allineata la disciplina sulle cause di esclusione alle novità introdotte dalla Legge cd. “Spazza-corrotti” (Legge n. 3/2019) sulla durata della pena accessoria dell’incapacità a contrattare con la PA. Dall’altro lato, viene riformulata la durata dell’esclusione con riferimento alle fattispecie escludenti previste al comma 5, tra le quali, come noto, rientrano anche l’illecito professionale e le significative o persistenti carenze nell’esecuzione di un precedente contratto. Il Decreto, infatti, precisa che, in tali ipotesi, il periodo di esclusione dalle gare è pari a 3 anni, decorrenti dalla data di adozione del provvedimento amministrativo di esclusione ovvero, in caso di contestazione in giudizio, dalla data di passaggio in giudicato della sentenza. Si precisa, inoltre, che, nel tempo occorrente alla definizione del giudizio, la stazione appaltante deve tener conto di tale fatto ai fini della propria valutazione circa la sussistenza del presupposto per l’esclusione dell’operatore. |
VALUTAZIONE | Le modifiche introdotte al comma 10 dell’articolo 80, in merito alla durata dell’esclusione nelle ipotesi di cui al comma 5, desta fortissime perplessità, sotto diversi profili. In primo luogo, va evidenziato che le fattispecie escludenti inserite nel comma 5 dell’articolo 80, a differenza di quelle inserite nei commi 1 e 2, hanno carattere facoltativo e non obbligatorio. Ciò significa che, in loro presenza, l’esclusione non costituisce affatto un atto obbligato, ma, al contrario, è una facoltà rimessa alla scelta della singola stazione appaltante, cui compete la valutazione sulla rilevanza dei fatti e la decisione sull’opportunità di escludere il concorrente. Ciò premesso, le modifiche apportate al comma 10 non risultano correttamente formulate. Infatti, tale comma non dovrebbe definire la durata dell’esclusione dalle gare in presenza dei fatti di cui al comma 5, che dipende dalla scelta discrezionale della singola amministrazione, bensì il periodo di potenziale rilevanza dei fatti stessi, e cioè l’arco di tempo massimo entro il quale è consentito alle amministrazioni valutarli ai fini dell’esclusione. Infine, la disposizione prevede che la decorrenza dei tre anni, in caso di contestazione in giudizio, debba scattare dall’accertamento definitivo dei fatti contestati; tuttavia, in attesa di definizione del giudizio, l’amministrazione deve comunque considerare la rilevanza del fatto, per la propria determinazione in ordine all’esclusione. Tale previsione appare alquanto ambigua e contraddittoria. Infatti, da un lato, il |
legislatore sembra aver sancito la regola generale per cui l’esclusione presuppone sempre l’accertamento definitivo dei fatti contestati; dall’altro lato, tuttavia, sembra aprirsi la strada ad esclusioni disposte anche in assenza di giudicato.
La previsione risente, evidentemente, dei rilievi formulati dalla Commissione Europa in tema di motivi di esclusione, sancendo la possibilità per le amministrazioni di valutare anche irregolarità fiscali e contributive e risoluzioni contrattuali precedenti non definitivamente accertate.
E’ evidente, tuttavia, che la possibilità di considerare rilevanti anche fatti non definitamente accertati, può condurre all’esclusione di soggetti non colpevoli che, a distanza di tempo, ottengano il riconoscimento giudiziale dell’infondatezza dei fatti contestati.
Tale impostazione compromette fondamentali principi dell’ordinamento costituzionale, come la presunzione di innocenza e l’inviolabilità del diritto alla difesa in giudizio, e risulta pericolosa anche per le amministrazioni, che potrebbero essere chiamate a rispondere per eventuali decisioni basate su presupposti erronei.
Appare, quindi, indispensabile una modifica della norma, che consenta di contemperare il rispetto del diritto comunitario con la salvaguardia dei principi costituzionali dell’ordinamento, riconducendo la disciplina sulle cause di esclusione all’interno di confini più precisi.
In tale ottica, la normativa dovrebbe essere modificata prevedendo che, in mancanza di un giudicato definitivo, la valutazione dei fatti rilevanti ai fini dell’esclusione debba essere sempre basata su un accertamento giudiziale almeno di primo grado.
Viceversa, non dovrebbe mai rilevare l’eventuale richiesta di rinvio a giudizio, considerato che si tratta di un provvedimento di larga applicazione, che non presuppone mai un quadro probatorio certo sulla colpevolezza del soggetto interessato. Infatti, per costante giurisprudenza, il rinvio a giudizio va sempre adottato dal GUP, quando il quadro probatorio emerso nell’udienza preliminare non sia tale da far prevedere, in modo chiaro ed inequivocabile, che in dibattimento si perverrà ad una soluzione diversa e cioè di non colpevolezza (cfr. Cass. Pen. sentenza n. 32574/2016).
Inoltre, con riferimento all’ipotesi di cui alla lettera c-ter) dell’articolo 80, riguardante le gravi carenze esecutive che abbiano comportato una risoluzione anticipata del contratto o altre sanzioni, in assenza di un giudizio, i fatti potenzialmente rilevanti dovrebbero essere solo quelli commessi nei confronti della medesima stazione appaltante giudicante e non anche di altre amministrazioni, e dovrebbero essere sempre inseriti nel Casellario Informatico dell’ANAC, al fine di renderli pienamente conoscibile dai concorrenti, facendo decorrere il periodo di interdizione dalle gare dal momento dell’iscrizione stessa.
(art. 1, c 1, lett. m) | Viene prevista la possibilità per la stazione appaltante, in caso di indisponibilità o disponibilità insufficiente di esperti iscritti nella sezione ordinaria dell’Albo dei commissari, di nominare la commissione, anche solo parzialmente, tra membri interni (comma 1, lett. m). |
VALUTAZIONE | La possibilità di continuare a nominare internamente i membri della Commissione di gara non sembra costituire un adeguato incentivo all’efficace |
avvio dell’Albo dei Commissari Xxxxxxx, già più volte rimandato.
La selezione di commissari esterni ha costituto uno dei capisaldi fondamentali della riforma del Codice 50/2016 ed è un obiettivo fortemente atteso dagli operatori economici, al fine di ottenere massima garanzia di imparzialità di giudizio e di corretto esercizio della discrezionalità amministrativa, nei casi di applicazione del criterio dell’OEPV.
Tale obiettivo, pertanto, non dovrebbe essere oltremodo rinviato, né disincentivato.
(art. 1, c 1, lett. ee e lett. mm n.6) | Viene prorogato al 31 dicembre 2019 il termine, scaduto lo scorso aprile, entro il quale i concessionari “senza gara” si devono adeguare agli obblighi di esternalizzazione previsti dall’art. 177 del Codice (comma 1, lett. ee). Inoltre, viene prevista la possibilità per le concessioni autostradali già scadute o in scadenza entro 36 mesi dall’entrata in vigore del provvedimento, il cui bando sia pubblicato entro il 31 dicembre p.v., di avviare la gara sulla base del fabbisogno relativo ai soli interventi di messa in sicurezza dell’infrastruttura esistente (comma 1, lett. mm, n.6). |
VALUTAZIONE | L’obbligo, per i concessionari affidatari senza gara, di esternalizzazione l’80% (60% per i concessionari autostradali) delle prestazioni oggetto di concessione, dovrebbe essere già in vigore, con previsione di un periodo transitorio di 24 mesi. L’ulteriore slittamento del termine rischia di vanificare tale obbligo, che costituisce già una mediazione rispetto a quanto previsto dai principi comunitari secondo i quali, in caso di concessioni assentite senza gara, va obbligatoriamente affidato a terzi il 100% dei contratti. |
(art. 1, c 4) | Viene soppresso il cd. “rito super accelerato” , finalizzato a contestare le ammissioni ed esclusioni dalla gara, e vengono introdotte alcune modifiche per rendere più veloce il rito “accelerato” in materia di appalti pubblici (comma 4). |
VALUTAZIONE | La soppressione del cd. rito “super-accelerato” in maniera di appalti pubblici è senz’altro mossa dalla comprensibile necessità di superare il c.d “ricorso al buio”. Al contempo, non può disconoscersi che l’effetto deflattivo del contenzioso amministrativo connesso potrebbe essere utile in chiave “sbloccacantieri”. Per tali ragioni, in via straordinaria, il rito “super-accelerato” andrebbe mantenuto. |
(art. 1, c 1, lett. ff) | Viene introdotta la possibilità per gli investitori istituzionali e gli istituti di promozione di presentare proposte di project financing per interventi fuori programma, associandosi o consorziandosi, in caso di mancanza di requisiti tecnici, con soggetti qualificati per servizi di progettazione. |
VALUTAZIONE | Appare senza dubbio positiva qualunque misura volta a dare maggiore impulso alle operazioni di project financing, ivi compresa quella, prevista nel decreto legge, che consente agli investitori istituzionali, dotati di importanti risorse |
finanziarie, di presentare proposte al di fuori della programmazione triennale.
Al contempo, occorre contemperare tale ipotesi con tutti i principi che presidiano la corretta realizzazione delle opere pubbliche, garantendo adeguati meccanismi di coinvolgimento delle imprese di costruzione, nel rispetto di tutte le loro dimensioni, grandi, piccole e medie.
(art. 0, x 0, xxxx. xx) (xxx. 1, c 1, lett. mm) | Viene ridotto da 90 a 60 giorni il termine previsto per l’emissione del parere sui progetti da parte del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici. Al fine di semplificare le procedure di approvazione dei progetti che devono essere approvati dal CIPE, viene previsto, per le infrastrutture strategiche già inserite negli strumenti di programmazione approvati e per le quali la procedura di VIA sia già stata avviata, che le varianti da apportare al progetto definitivo approvato dal CIPE, che non superino il 50% del valore del progetto, siano approvate esclusivamente dal soggetto aggiudicatore. |
VALUTAZIONE | Per un effettivo snellimento procedurale, oltre alla riduzione dei termini prevista nel decreto, sarebbe opportuno innalzare la soglia per il parere obbligatorio del Consiglio superiore dei lavori pubblici a 200 milioni di euro. La modifica che attribuisce al soggetto aggiudicatore - e non più al CIPE - le varianti progettuali che non superino il 50% del valore del progetto definitivo approvato è un primo contributo allo snellimento delle procedure del Cipe che, però, riguarda esclusivamente le opere strategiche già avviate (inserite nella programmazione e con VIA approvata alla data di entrata in vigore del codice). E’ necessario uno snellimento procedurale più ampio che preveda l’eliminazione di tutti i passaggi al CIPE successivi all’approvazione, da parte dello stesso, del Documento pluriennale di pianificazione (DPP) o di altri documenti di pianificazione o programmazione. |
MODIFICHE IN MATERIA DI CRISI D’IMPRESA
(Art. 2) | Viene sancito il divieto per le imprese in stato di fallimento di partecipare alle procedure di gara. Peraltro, in tema di pagamenti, la soluzione ipotizzata dal legislatore con la legge europea – attualmente ancora in via di approvazione definitiva - non sembra minimamente risolvere i rilievi mossi dalla Commissione UE in merito alla norma di cui all’art. 113 bis del Codice dei Contratti. |
VALUTAZIONE | La partecipazione alle gare di imprese in crisi un fenomeno distorsivo del mercato e penalizza le imprese sane, che non possono disporre di forme di protezione dai creditori analoghe a quelle che accompagnano tali procedure liquidatorie. Pertanto, è senz’altro positivo il fatto che sia stata anticipata l’entrata in vigore della norma, contenuta nel nuovo Codice sulle crisi d’impresa (D.lgs. 14/2019) - che entrerà in vigore ad agosto del prossimo anno – sul divieto di partecipazione alle gare per le imprese in stato di fallimento. Rimane ferma, tuttavia, la criticità legata alla possibilità di partecipazione delle imprese in concordato con continuità aziendale – o anche liquidatorio - che, ad avviso di Xxxx, andrebbe circoscritta, al fine di tutelare l’interesse pubblico al completamento delle opere, e garantire una sana concorrenza sul mercato. In particolare, si ritiene che la possibile partecipazione delle imprese in |
concordato con continuità aziendale dovrebbe essere limitata ai casi in cui sia stato previsto un piano di rientro con soddisfazione di ciascun credito chirografario nella misura minima del 50%, nonché l’ottemperanza al divieto di cessione del ramo d’azienda relativo al contratto d’appalto o anche in amministrazione straordinaria, la cui presenza altera una sana concorrenza nel mercato.
Tuttavia, continua a permanere la criticità legata all’istituto “dell’interpello” che impone, in caso di scorrimento della graduatoria, di applicare il prezzo offerto dal contraente originario. In caso di ribassi particolarmente elevati, infatti, tale condizione potrebbe compromettere l’eseguibilità dell’appalto da parte del subentrante, costringendo l’amministrazione ad effettuare una nuova gara.
Occorrerebbe invece consentire il subentro alle condizioni offerte in gara dallo stesso soggetto interpellato.
Sempre sul tema delle imprese in crisi, ad avviso di Ance, sarebbe opportuno introdurre le seguenti ulteriori modifiche:
- definire compiutamente il concetto di cessione di ramo d’azienda chiarendo che, nei lavori pubblici, l’operazione non può mai coincidere con la cessione di un contratto/lavoro.
- introdurre ex lege un meccanismo di adeguamento dei prezzi che garantisca il permanere dell'equilibrio contrattuale, in caso di significativi aumenti del costo dei materiali, verificatesi durante la fase realizzativa delle opere.
- in applicazione della direttiva UE sui ritardi di pagamento (Dir. 2011/7/UE), ribadire che i pagamenti alle imprese non possono superare i 30 giorni complessivi, decorrenti dalla maturazione del diritto dell’appaltatore.
- per le ati, fatta salva la responsabilità solidale verso la stazione appaltante, rimodulare quella verso i terzi, mantenendo quest’ultima solo nell’ipotesi di inadempienza nei confronti dei lavoratori che, a qualsiasi titolo, siano intervenuti, in cantiere, per l’esecuzione dell’opera; ciò, anche per i contratti in corso di esecuzione.
COMMISSARI XXXXXXXXXXXX, INTERVENTI SOSTITUTIVI E RESPONSABILITA’ ERARIALI
Commissari straordinari e interventi sostitutivi (art. 4, commi 1 a 5) | La norma introduce una procedura accelerata per i progetti relativi ad interventi infrastrutturali ritenuti prioritari dal Governo. Per gli interventi infrastrutturali ritenuti prioritari, il Presidente del Consiglio, su proposta del MIT, nomina di uno o più commissari straordinari per l’avvio o la prosecuzione di lavori, anche sospesi; per l'attuazione di tali interventi i commissari straordinari provvedono in deroga ad ogni disposizione di legge vigente in materia di contratti pubblici, fatto salvo il rispetto del Codice Antimafia (D.lgs. 159/2011) e dei vincoli inderogabili derivanti dall’ appartenenza all’Unione Europea. In particolare, è demandata ai Commissari l’approvazione dei progetti, di intesa con i Presidenti delle Regioni/Province autonome competenti, la quale sostituisce ogni autorizzazione, parere, visto e nulla osta necessari per l’avvio dei lavori, ad eccezione di quelli culturali e paesaggistici. Sono previste, inoltre, riduzioni dei termini per la conclusione dei procedimenti: |
in caso di beni culturali/paesaggistici, il termine non potrà superare i 60 gg., decorsi i quali, ove l’autorità non si sia espressa, l’autorizzazione/parere/visto/nullaosta si intende rilasciata; in materia ambientale (es. VIA) i termini dei relativi procedimenti sono dimezzati. | |
VALUTAZIONE | I gravi ritardi accumulati dalla pubblica amministrazione nella manutenzione delle opere presenti sul territorio sono diventati l’alibi per replicare sempre e ovunque un modello capace di bypassare qualsiasi regola, sacrificando i principi di correttezza, trasparenza e legalità. Sarebbe stato preferibile proporre un pacchetto di norme efficaci, che si limitasse a semplificare la fase “a monte” velocizzando delle procedure, invece di fare ricorso a commissari dotati di ampi poteri derogatori anche per la fase “a valle” delle gare. Il modello di riferimento avrebbe dovuto essere quello del commissario nominato per la ferrovia ad alta velocità Napoli-Bari in cui, semplificando le procedure che attengono alla fase di programmazione e approvazione dei lavori, si è arrivati in breve tempo all’affidamento dei diversi lotti e delle diverse opere. Non è invece condivisibile la scelta del Governo di moltiplicare, nel decreto, il super-commissario “modello Genova”, che opera in deroga alle norme del Codice dei contratti relative a tutta la procedura d’appalto - incluso l'affidamento e la ricostruzione - e che può invece potrebbe trovare applicazione solo per situazioni connotate da analoga emergenza nazionale. A ciò si aggiunge il fatto che l’estrema genericità della procedura e l’assenza di termini perentori - soprattutto nel caso del termine entro cui dovrebbe intervenire l’approvazione del progetto da parte del Commissario straordinario - potrebbero di fatto impedire alla norma di raggiungere i dichiarati obiettivi di semplificazione e accelerazione della fase “ a monte”. |
Programma di Interventi infrastrutturali per Piccoli Comuni fino a 3.500 abitanti
Art. 4, comma 7 – Chiusura programmi infrastrutturali “6000 Campanili” e “Nuovi Progetti di Intervento” | La norma prevede, a decorrere dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto, la conclusione dei programmi infrastrutturali “6.000 Campanili” e “Nuovi Progetti di Intervento” (D.L. 69/2013 e D.L. 133/2014). Entro il 19 maggio, un decreto del MIT, di concerto con il MEF, provvederà alla ricognizione delle somme non più dovute ai predetti programmi, al fine di destinarle a un nuovo Programma di Interventi infrastrutturali per Piccoli Comuni fino a 3.500 abitanti. Le risorse saranno destinate a lavori di immediata cantierabilità per la manutenzione di strade, illuminazione pubblica e strutture pubbliche comunali. |
VALUTAZIONE: | L’Ance valuta positivamente la scelta di impiegare risorse inutilizzate per lavori di immediata cantierabilità nei piccoli comuni. Tuttavia, sarebbe opportuno indirizzare tali finanziamenti, il cui ammontare sarà reso noto con il decreto ministeriale di ricognizione, a programmi di investimenti già esistenti per finalità analoghe, come ad esempio il “Piano spagnolo” previsto dall’ultima Legge di Bilancio, al fine di evitare il proliferare di piani infrastrutturali e di procedure attuative diversificate. |
SEMPLIFICAZIONE DELLA DISCIPLINA DEGLI INTERVENTI STRUTTURALI IN ZONA SISMICA
Art.3 Semplificazione della disciplina degli interventi strutturali in zona sismica | L’articolo 3 del decreto-legge apporta modifiche al DPR 380/2001, il testo unico dell’edilizia, con aggiornamenti ai diversi iter amministrativi da seguire per quanto attiene la parte strutturale delle opere di ingegneria, compreso una rivisitazione importante dell’iter autorizzativo per le costruzioni in zona sismica. Le modifiche razionalizzano le procedure di presentazione, deposito e autorizzazione dei progetti delle parti strutturali delle costruzioni, adeguandole alle diverse situazioni che si presentano nell'attività edilizia, velocizzando gli iter senza ridurre i livelli di sicurezza. La novità più rilevante riguarda l’introduzione dell’articolo 94 bis al DPR 380, che disciplina in maniera innovativa gli interventi strutturali eseguiti nelle zone sismiche, introducendo la definizione di interventi “rilevanti”, di “minore rilevanza” e “privi di rilevanza” nei riguardi della pubblica incolumità, da cui derivano differenti iter procedurali. Rispetto alla attuale situazione, in cui la necessità di richiedere la “autorizzazione sismica” all’ufficio del Genio civile regionale è legata alla Zona sismica in cui si opera, il nuovo articolo lega tale necessità alla “rilevanza” dell’intervento strutturale nei riguardi della pubblica incolumità. L’approccio è sicuramente positivo, velocizzando gli iter senza ridurre i livelli di sicurezza per la pubblica incolumità e rendendo coerente le finalità del DPR con la recente normativa tecnica di settore, il decreto del 17 gennaio 2018, Norme Tecniche per le Costruzioni. Per la piena applicazione dell’art. 94 bis è prevista la definizione di linee guida da parte del Ministero delle infrastrutture, d’intesa con la Conferenza Unificata, che individuino i diversi tipi di intervento ricompresi nelle nuove definizioni nonché le varianti di carattere non sostanziali per le quali non occorre dare il preavviso scritto allo Sportello Unico ai fini della vigilanza sulla costruzioni in zona sismica (v. art. 93 del DPR 380). Il Decreto legge non fissa termini per l’emanazione di dette linee guida. |
VALUTAZIONE | La norma consente una notevole semplificazione ma esiste una criticità legata all’incertezza sulla tempistica di emanazione delle linee guida previste dal nuovo art. 94 bis del dpr 380/2001. |
RIGENERAZIONE URBANA
Norme in materia di rigenerazione urbana (art. 5) | Al fine di favorire la rigenerazione del patrimonio edilizio esistente, anche mediante interventi di demolizione e ricostruzione, è stato modificato e integrato l’art. 2-bis del DPR 380/01 (“Testo Unico edilizia”) in materia di deroghe ai limiti di distanza dei fabbricati. L’art. 2-bis, introdotto nel 2013 dal Decreto Legge 69, ha attribuito alle Regioni la possibilità di prevedere disposizioni derogatorie, in materia di distanze, al DM 1444/1968. La norma, sin dalla sua entrata in vigore, aveva presentato delle problematiche interpretative che hanno dato luogo a diverse censure da parte della Corte Costituzionale nei confronti di alcune leggi regionali emanate in attuazione della stessa. Il nuovo testo dell’art. 2-bis prevede ora che: le Regioni introducono (invece che “possono prevedere”) deroghe al DM 1444/1968 in materia di distanze, altezze e densità delle costruzioni, “nonché” disposizioni sugli spazi/attrezzature per attività collettive (cd. |
standard urbanistici) (comma 1); le norme che saranno introdotte dalle Regioni sono finalizzate ad orientare i comuni, nella definizione di limiti di densità edilizia, altezza e distanza dei fabbricati per gli ambiti urbani consolidati del proprio territorio (nuovo comma 1-bis); “in ogni caso di intervento di demolizione e ricostruzione” la ricostruzione è consentita nel rispetto delle distanze preesistenti, anche se inferiori a quelle di legge (es. 10 metri), ma solo a condizione che sia mantenuta la coincidenza dell’area di sedime, del volume e nel rispetto dell’altezza massima dell’edificio demolito (nuovo comma 1-ter). | |
VALUTAZIONE | Le modifiche apportate all’art. 2 bis del DPR 380/2001 vanno parzialmente nella direzione auspicata dall’Ance, poiché se da un lato introducono un “obbligo” per le regioni ad intervenire con proprie norme sulla questione delle distanze, altezze e densità, dall’altro, soprattutto perché rimesse alle medesime Regioni senza indicazioni di termini per attivarsi, non risolvono le criticità sollevate dal Governo in passato sulle leggi regionali (ad esempio non viene chiarito se le deroghe da parte delle Regioni sono consentite anche per singoli interventi in diretta attuazione del piano urbanistico generale e non solo nell’ambito di interventi soggetti a piani attuativi). Sarebbe pertanto opportuno che nell’ambito della conversione del decreto legge la norma venisse modificata nel senso di chiarire che le deroghe siano consentite anche per gli interventi in diretta esecuzione del piano urbanistico generale. Quanto alle problematiche in tema di distanze per gli interventi di demolizione e ricostruzione, l’inserimento del comma 1 ter, recependo gli ultimi indirizzi giurisprudenziali (Consiglio di Stato, sezione IV, 14 settembre 2017, n. 4337), potrebbe essere inteso come un indirizzo alle Regioni per la loro futura attività legislativa. A tal fine sarebbe opportuno che venisse migliorata la formulazione della norma per evitare interpretazioni restrittive o comunque penalizzanti. Si rende inoltre opportuno inserire nel testo del Decreto Legge una norma sulle distanze fra edifici fra i quali intercorrono strade carrabili, necessaria per risolvere una questione aperta a seguito di una sentenza della Corte di Appello di Milano. |
ACCELERAZIONE DELLA RICOSTRUZIONE DELLE ZONE TERREMOTATE DEL CENTRO ITALIA
L’articolo 23 del decreto introduce alcune modifiche alla disciplina relativa alla ricostruzione delle zone terremotate del Centro Italia colpite dagli eventi sismici del 2016 e 2017. Di seguito vengono riportate le misure di maggiore interesse per il settore delle costruzioni che, nelle valutazioni dell’Ance, potranno contribuire a migliorare il difficile processo di ricostruzione. | |
Art. 23, comma 1, lett. b) – Possibilità per i Comuni di gestire le istruttorie per i danni lievi | Con l’obiettivo di velocizzare le pratiche di concessione dei contributi alla ricostruzione privata, relativamente ai danni lievi (immobili temporaneamente o parzialmente inagibili - esiti “B” e “C” delle schede Aedes), la norma permette ai comuni di curare, d'intesa con l'Ufficio speciale per la ricostruzione, l'istruttoria per il rilascio delle concessioni di contributo e di tutti gli adempimenti conseguenti. |
VALUTAZIONE | La misura è positiva. |
Art. 23, comma 1, lett. c) – Possibilità di alienazione degli immobili ricostruiti | La modifica introdotta consente ora al proprietario che aliena l’immobile entro due anni dal completamento degli interventi di non perdere i contributi ricevuti per la ricostruzione privata. |
VALUTAZIONE | La modifica è positiva. |
Art. 23, comma 1, lett. c) – Superamento della gara per la scelta dell’impresa esecutrice | La norma semplifica la procedura di scelta dell’impresa esecutrice dei lavori di ricostruzione da parte del beneficiario privato dei contributi. Sarà ora sufficiente che l’impresa sia inscritta nell’Anagrafe antimafia degli esecutori. L’innovazione introdotta, quindi, supera la procedura concorrenziale tra almeno tre imprese volta all’affidamento dei lavori alla migliore offerta. |
VALUTAZIONE | La modifica è positiva e va nella direzione più volte auspicata dall’Ance che ha sempre evidenziato il rischio che l’affidamento alla migliore offerta fosse effettuato esclusivamente sulla base dello sconto offerto dalle imprese a discapito della qualità dei lavori da realizzare e della serietà e affidabilità delle imprese affidatarie. Il superamento della procedura concorrenziale rappresenta un importante elemento di semplificazione del processo di ricostruzione privata e non pregiudica il fatto che il mercato privato (proprietari, amministratori di condominio e presidenti dei Consorzi) possa individuare autonomamente criteri di selezione ulteriori rispetto a quelli previsti dalla disciplina vigente (possesso di attestazione SOA, Iscrizione all’Anagrafe antimafia degli Esecutori, possesso del DURC), al fine di scegliere imprese che offrano maggiori garanzie sulla realizzazione degli interventi. |
TERRE E ROCCE DA SCAVO
Proroga disposizioni deposito e trasporto terre e rocce da scavo (art. 24) | La disposizione apporta alcune modifiche in tema di gestione dei rifiuti derivanti dal sisma del 2016 (art. 28, Decreto Legge 189/2016), finalizzate in particolare a: prorogare al 31 dicembre 2019 il termine per il deposito/trasporto dei materiali da scavo prodotte dai cantieri allestiti per la realizzazione delle strutture abitative/opere provvisionali legate all’emergenza sisma 2016; chiarire che i materiali contenenti amianto, non soggetti al particolare e semplificato regime di gestione rifiuti definito dall’art. 28 comma 4 del decreto 189/2016, sono solo quelli che superano i limiti fissati dal Codice dell’ambiente (Punto 3.4, Allegato D, Parte IV, D.lgs. 152/2006). |
VALUTAZIONE | La valutazione è positiva in quanto permette di agevolare ed accelerare le procedure di ricostruzione. |
ALLEGATO – IL CENSIMENTO ANCE DELLE OPERE BLOCCATE - XXX.XXXXXXXXXXXXXXX.XX
L’Ance, a partire da aprile 2018, ha attivato, attraverso il sito internet xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx, la raccolta di segnalazioni, su tutto il territorio nazionale, di opere infrastrutturali che, a vario titolo, risultano ferme.
Si tratta di interventi bloccati o in ritardo rispetto alla programmazione e opere incompiute a causa delle procedure farraginose, della burocrazia asfissiante e delle disfunzioni legate al Codice degli appalti, nonché di veti politici che mettono in discussione l’avvio e la prosecuzione di opere già previste.
Dopo più di un anno sono state individuate e opportunamente verificate 600 opere per un importo totale di 51 miliardi di euro.
La distribuzione territoriale delle opere segnalate vede la prevalenza delle regioni del Nord dove sono localizzati 380 interventi, pari al 63% del totale, per un valore di 30 miliardi, corrispondente al 59% dell’importo complessivo. Al Centro Italia, risultano 60 opere per circa 9,5 miliardi di euro e al Sud, 130 opere per circa 11 miliardi.
In merito alla dimensione delle opere segnalate, gli interventi sopra i 100 milioni di euro sono 49 per un valore totale di 49 miliardi di euro. Sono, quindi, circa 530 le opere medio-piccole segnalate per un valore di 2 miliardi di euro.
Le grandi opere riguardano principalmente grandi interventi di collegamento e di ammodernamento di infrastrutture esistenti per migliorare la competitività dei territori. Ma vi sono anche importanti opere per la salute e la sicurezza dei cittadini come strutture ospedaliere e grandi progetti di contenimento del dissesto idrogeologico.
Complessivamente la realizzazione delle 600 infrastrutture bloccate su tutto il territorio nazionale oltre al miglioramento della competitività del Paese e della qualità della vita di cittadini e imprese del territorio, deriverebbe una ricaduta positiva sull’economia pari a 188 miliardi di euro e una spinta all’occupazione con la creazione di oltre 800mila posti di lavoro.
La ricognizione Ance è tuttora in corso e includerà a breve anche numerose opere funzionali al miglioramento della qualità della vita e del benessere sociale nelle città.
Obiettivo dell’iniziativa è sensibilizzare opinione pubblica e decisori su quali e quanti disservizi nella vita di tutti i giorni sono ascrivibili al blocco dei cantieri: manutenzioni, infrastrutture, opere di viabilità e di messa in sicurezza del territorio e così via.
Un approccio concreto e diretto a far toccare con mano, grazie a casi specifici, cosa significhi bloccare il settore dei lavori pubblici in un Paese come il nostro.