Contract
M A R I O B E S S O N E
SERVIZI DI INVESTIMENTO E DISCIPLINA DEL CONTRATTO. IL PRINCIPIO DI SEPARAZIONE PATRIMONALE, “SANA E PRUDENTE” GESTIONE DI PORTAFOGLIO,CONFLITTO DI INTERESSI (* ).
1. Le decisioni di portafoglio e il contratto di investimento. Le libertà negoziali, le norme con carattere di imperatività
1. 1. I principi generali di tutela dell'investitore. Il contesto delle disposizioni del Tuf ,le disposizioni regolamentari della Consob.
Con quale estensione di campo lafinancial industry offre servizi di investimento al mondo degli investitori indica con chiarezza già il quinto comma dell’art. 1 del Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria del febbraio 1998 (da qui in avanti il Tuf. E si ricorderà che sono tali le attività di collocamento di strumenti finanziari indicate dalla lettera c ) della norma , le attività di loro negoziazione su mercati regolamenti o altrove, le attività di gestione “su base individuale” di un portafoglio mobiliare così come la ricezione e trasmissione di ordini e infine le mediazioni che lo riguardano. A tutto questo si aggiungano i possibili (e spesso indispensabili) servizi accessori a servizi di investimento ,che saranno volta a volta custodia e amministrazione di strumenti finanziari, consulenza in materia di movimentazione del portafoglio oppure taluna delle più complesse prestazioni professionali espressamente indicate dal sesto comma dell’art. 1 del Tuf. Ne risulta completato un multiforme insieme di attività comprensivo di servizi di intermediazione mobiliare re di servizi serventi la intermediazione mobiliare che per disposizione della lettera a) del quinto comma dell'art.
18 al Ministro del tesoro sarà comunque sempre consentito integrare “ al fine di tener conto dell’evoluzione dei mercati finanziari e delle norme di adattamento stabilite dalle autorità comunitarie”.
I servizi di investimento sono prestazione professionale che si riceve mediante la conclusione di contratti assoggettati ad una speciale disciplina nella misura resa necessaria da motivate esigenze di tutela degli investitori “ risparmiatore”. In linea di principio valgono le disposizioni che per i contratti “relativi alla prestazione dei servizi di investimento” si sono stabilite con l’art. 23 del Tuf. E si tratta di disposizioni di integrazione ( o talvolta di sostituzione )delle normative di regolazione dei contratti quali risultano dalle prescrizioni del codice civile. Ma naturalmente a tutela degli investitori “risparmiatore” operano anche le normative di disciplina generale del contratto pensate secondo una più generale ratio legis di protezione dei contraenti in posizione negoziale inevitabilmente “debole”. Anche a tutela dell'investitore in questo senso particolarmente rilevano le normative ( dagli artt. 1469 bis a 1469 sexies del codice civile) poste a generale protezione di chi conclude contratti con un “professionista” non essendo a sua
volta operatore professionale (e va segnalato il complesso ordine di problemi a tutt'oggi aperto in materia di contratti di investimento conclusi per via telematica ).
Al suo primo comma l'art. 23 deTluf stabilisce regole di forma del contratto di investimento da osservare a pena di nullità. I contratti “relativi alla prestazione di servizi di investimento” ( ma anche i contratti di prestazione di servizi “accessori” ) devono essere redatti per iscritto. E “un esemplare” deve essere consegnato al cliente. Si deroga al principio se “sentita la Banca d'Italia” e per “particolari tipi di contratti” la Consob consente di impiegare forma diversa in considerazione di “motivate ragioni tecniche”. O ancora è consentita deroga in relazione “alla natura professionale dei contraenti” essendosi ritenuto che per gli investitori professionals possa non rendersi necessaria la misura di protezione costituita dal requisito di forma del contratto. Ma in ogni altro caso la scrittura è d'obbligo e in sua mancanza il contratto è nullo. Si configura una fattispecie di nullità relativa che “può essere fatta valere” soltanto dal cliente.
Allo stesso modo è nulla qualsiasi clausola di rinvio agli “usi” per la determinazione dei compensi dovuti dal cliente all’impresa prestatrice dei servizi o “di ogni altro onere a suo carico”(ma la nullità della clausola di per sé non vizia il contratto che continua pur sempre ad essere contratto valido ). Guardando sia alla prestazione di servizi di investimento sia alle attività di consulenza indicate come servizio “accessorio” dalla lettera f) del sesto comma dell'art. 1 del Tuf, il quarto comma dell'art. 23 stabilisce poi che ad esse non si applicano le disposizioni ( di “trasparenza” bancaria ) del capo primo del titolo sesto del Tub. E il quinto comma della norma del Tuf provvede a fare chiarezza quanto al regime dei contratti di investimento che hanno per oggetto strumenti finanziari derivati Come si sa le modalità di esecuzione di contratti di tal genere possono configurare la fattispecie della corresponsione di “differenziali in contanti” senza alcun trasferimento di “titoli”, essendo allora davvero opportuna una disposizione espressamente intesa ad avvertire che tuttavia non si tratta di qualcosa che sia in senso tecnico “gioco” o “scommessa”. E con puntuale disposizione la norma del Tuf conferma che nel caso dei contratti in derivati ( non si applica l'art. 1933 del codice civile e perciò ) esiste pur sempre “azione” per il pagamento dovuto.
Una attenzione particolare naturalmente merita la norma di disciplina delle responsabilità conseguenti alla prestazione dei servizi di investimento. In passato sia l'ambito delle responsabilità di impresa che le questioni di onere probatorio avevano costituito materia di forti divergenze di opinioni comunque mancando la necessaria certezza di regime. Ma il sesto comma dell'art. 23 del Tuf è norma di preciso significato disponendo che “nei giudizi di risarcimento dei danni cagionati al cliente” grava sull’operatore professionale l ‘onere della prova di aver agito con la specifica diligenza richiesta. Vale il criterio di determinazione dei doveri di comportamento che per ratio legis del secondo comma dell'art. 1176 del codice civile qualifica il regime dell'adempimento delle obbligazioni di chi svolge attività professionale. E il risarcimento dei danni seguirà appunto quando sia provato il nesso di causalità tra negligenze professionali e pregiudizio risentito dall'investitore.
Operando nel regime stabilito dalle norme del Tuf che si sono segnalate ( e delle altre che con queste fanno sistema) il contratto di investimento è poi comunque fattispecie di negozio aperta ai contenuti che di volta in volta l'autonomia dei privati ritenga di preferire. E naturalmente si devono considerare in radice escluse interferenze nello spazio aperto alle loro libere determinazioni. Va tuttavia considerata la disposizione della lettera b ) del secondo comma dell'art. 6 del Tuf dove si legge che “sentita la Banca d'Italia” ( e dovendo “tener conto” delle “esigenze” di “tutela degli investitori” ) con sue disposizioni
regolamentari la Consob “ disciplina (…) il comportamento” delle imprese prestatrici di servizi. E la Consob ha interpretato la disposizione del Tuf come norma di sua legittimazione a stabilire regole di circostanziata integrazione del contenuto dei contratti di investimento. Da ciò il ruolo di law maker dalla Consob assunto con le prescrizioni del regolamento 11522 deliberato a luglio del 1998( poi marginalmente modificato con la deliberazione 13082 dell'aprile 2001).
Prescrizioni che a tutela dell'investitore molto aggiungono a quanto era previsto dalle norme di fonte primaria. Una volta precisato che le sue disposizioni non valgono per la prestazione dei servizi di “collocamento” e per i servizi accessori diversi dalla concessione di finanziamenti , l'art. 30 del regolamento deliberato dalla Consob ricorda infatti ( e dispone ) che il contratto con l'investitore deve ( i ) specificare quali servizi si offrono e quali ne sono le “caratteristiche” , ( ii ) stabilire periodo di validità del contratto così come modalità di suo rinnovo o modificazione e ( iii ) indicare in qual modo l'investitore può “impartire” ordini e istruzioni quanto alle attività da svolgere nel suo interesse. E ancora la norma regolamentare dispone che in contratto saranno obbligatoriamente comprese indicazioni quanto a ( i ) frequenza ,”tipo” e “contenuti” della documentazione dovuta a rendiconto delle attività svolte ,( ii ) indicazioni e regole a valere per i “rapporti di negoziazione , ricezione e trasmissione di ordini” con riguardo a “costituzione e ricostituzione di provvista o garanzia delle operazioni” e infine ( iii ) puntuali indicazioni relativamente alle “altre condizioni contrattuali” che si fossero convenute con l'investitore per la prestazione del servizio”.
Anche se notevolmente diverse per l'oggetto a veder bene le prescrizioni regolamentari della Consob si caratterizzano per l'essere tutte disposizioni di incremento dell'informazione dovuta all'investitore così come dei contenuti del contratto. Sono perciò prescrizioni intese a rendere notevolmente più forti le garanzie attivate con finalità di
tutela di quanti entrano in rapporto con imprese di intermediazione mobiliare senza essere operatori esperti o professionals del mercato finanziario. In questo senso è particolarmente rilevante la serie delle disposizioni in via regolamentare stabilite ad integrazione della disciplina normativa dei contratti di gestione “ su base individuale”di portafoglio di investimento. E anche per essi la Consob ha attivato i suoi poteri di integrazione regolamentare della disciplina del contratto in via primaria stabilita dalle disposizioni del Tuf. Disposizioni che pure al servizio e ai contratti di gestione di portafogli di investimento già applicano una speciale disciplina in ragione delle maggiori necessità di tutela degli investitori. .
2. Il contratto di gestione patrimoniale. Le speciali garanzie di investor protection. La gestione per delega, la attività del gestore svolta “ in nome proprio”.
La speciale disciplina del contratto di gestione di un portafoglio finanziario ha motivazioni che sono di immediata evidenza. I poteri che con il contratto si conferiscono all'impresa di intermediazione e le prestazioni di servizio che se ne ricevono presentano infatti caratteri assolutamente particolari. Per la natura stessa del rapporto di gestione l'investitore consegna infatti all'intermediario denaro (o denaro e valori ) domandando una allocazione di risorse e una loro successiva movimentazione che saranno di caso in
caso diverse ma nella generalità dei casi comunque caratterizzate da una ampia discrezionalità dell'agire dell'impresa “gestore”. Xxxx che rende necessaria una più rigorosa normativa di garanzia. . E se è vero che sono poi ampiamente integrate da
disposizioni regolamentari della Consob ( e disposizioni di sicuro rilievo) le normative al vertice del sistema si devono all'art. 24 del Tuf che ancora una volta speciale disciplina stabilisce già in punto di forma del contratto.
Quale che sia l'identità dell'investitore e quale che sia il genere di gestione il contratto dovrà sempre avere forma scritta. E se non vi è “ specifica istruzione” per iscritto l’impresa “gestore” non può “per conto del cliente” contrarre obbligazioni che lo impegnano “oltre il patrimonio gestito”. Non è escluso che l’impresa riceva dal cliente “istruzioni vincolanti in ordine alle operazioni da compiere”. E l'esercizio dei diritti di voto relativi agli strumenti finanziari in gestione è regolato nel senso che “poteri di rapppresentanza” dell'impresa “gestore” possono darsi soltanto se l'investitore rilascia “procura” per iscritto e per ogni singola assemblea societaria ,dovendosi osservare le ulteriori disposizioni del regolamento ministeriale previsto alla lettera e ) del primo comma dell'art. 24( è un regolamento ministeriale del tesoro dell '11 novembre “1998 ).
Le particolarità delle fattispecie di gestione di portafoglio motivano poi le ulteriori prescrizioni della norma del Tuf. Molto opportunamente si è aperto spazio ad una possibile delega di competenze gestorie ad altra impresa di intermediazione. Ma l’intermediario principale può delegare ad altri la gestione del portafoglio finanziario del cliente soltanto se da questi ne riceve autorizzazione (una volta di più autorizzazione scritta ). La lettera d ) del primo comma dell'art. 24 comunque assicura all'investitore facoltà di recesso dal contratto “in qualsiasi momento”. Da tutto questo un regime di gestione patrimoniale imperativamente stabilito essendo “ nulli” tutti i “patti contrari alle disposizioni” dell’art. 24 che in ogni sua parte è norma di forti garanzie di tutela dell’investitore. Il secondo comma della norma precisa che la nullità dei patti contrari “può essere fatta valere solo dal cliente”.
Rilevano infine ( e molto) le disposizioni stabilite dalla Consob con il regolamento 11522 del luglio 1998 ( poi marginalmente variato ad aprile del 2001 ). A integrazione di quanto è stabilito per la generalità dei contratti di prestazione di servizi di investimento, l'art. 37 del regolamento per il contratto di gestione di portafoglio prescrive infatti (i)obbligatoria indicazione delle “ caratteristiche” del servizio. E questo significa che il contratto dovrà espressamente stabilire quali “categorie” di strumenti finanziari ( e entro quali limiti di soglia ) possono essere parte dell' asset allocation entrando così a far parte del portafoglio in gestione. Allo stesso modo dovrà essere precisato (ii) qual genere di operazioni sono consentite con riguardo agli strumenti finanziari di volta in volta acquisiti ,essendo disposta(iii) una espressa indicazione di quante non si possono praticare senza una preventiva autorizzazione del cliente (e ulteriori precisazioni il contratto dovrà contenere con riguardo all'impiego di strumenti finanziari derivati). Dal contratto saranno comunque escluse penalità in caso di recesso. E saranno indicate eventuali autorizzazioni alla gestione per delega.
In modo particolare la Consob ha precisato a quali categorie di intermediari è consentito conferire delega. E quando non ne è oggetto l'intero portafoglio (cosa pure possibile ) si dovrà indicare il genere di strumenti finanziari ,i “settori” di investimento e i mercati che all'intermediario “delegato” è permesso di utilizzare( e entro quali limiti di asset allocation ) Anche quando non sia previsto un vincolo di “preventivo assenso” del delegante, le clausole del contratto di delega comunque diranno che l'intermediario delegato si uniformerà (dovrà uniformarsi) alle direttive che periodicamente riceverà.
Ancora la Consob ha poi avvertito che in ogni caso il conferimento di delega sarà a tempo determinato, dovendosi comunque assicurare all'intermediario delegante poteri di revoca e “con effetto immediato”. Resta comunque stabilito che il conferimento di delega
non esonera (né limita )la responsabilità dell'intermediario delegante per quanto possa conseguire alle operazioni finanziarie poste in essere dall'intermediario delegato,essendo invece discusso se nei suoi confronti sia consentita azione dell'investitore gestito (sul modello di ciò si stabilisce al quarto comma dell'art. 1717 del codice civile ).
Con la medesima chiarezza sarà indicata la misura “massima” della leva finanziaria che l'impresa gestore fosse espressamente autorizzata ad impiegare. Leva finanziaria è un indicatore della esposizione a rischio del portafoglio in gestione che si deriva dal rapporto esistente tra ( controvalore delle) posizioni in strumenti finanziari e (controvalore del ) patrimonio in amministrazione. E sarà chiaro che se l'intermediario gestore si avventura in operazioni che impegnano la clientela per importi maggiori del (controvalore del) patrimonio perciò stesso ne incrementa pericolosamente le soglie di rischio finanziario. E tuttavia può trattarsi di operazioni con elevate chances di guadagno. Si rende quindi necessaria una disciplina che senza vietare operazioni di quel genere stabilisca comunque un loro regime prudenziale. E questo spiega sia le disposizioni regolamentari della Consob che segnano limiti a quel genere di operazioni sia le disposizioni che comunque obbligano l'intermediario ad informare la clientela della natura e della entità del rischio correlato a modalità di gestione particolarmente esposte al rischio di perdite patrimoniali.
Dovrà poi essere individuato un oggettivo “parametro di riferimento” o come si usa dire un benchmark che consenta di valutare andamenti e risultati delle attività di gestione. Che cosa sia benchmark la Consob ha precisato indicando come oggettivo “parametro di riferimento” indicatori finanziari che per essere di “ comune utilizzo” e di provata affidabilità consentono all'investitore una razionale valutazione dell'attività dell'intermediario “gestore”. E all'intermediario si richiede di scegliere come benchmark indicatori finanziari che possano essere davvero rappresentativi in considerazione delle singole tipologie di valori mobiliari ,delle modalità di gestione e dei fattori di rischio. A queste condizioni il benchmark è congegno che svolge sicuramente una utile funzione informativa. Ma naturalmente non più di questo. Le comprensibili aspettative di risultati di gestione all'altezza dei parametri di suo riferimento (e se possibile ancor migliori) non sono cosa che giuridicamente possa rilevare. L'intermediario “gestore” proverà a conseguire risulti di gestione capaci di corrispondere al benchmark o a fare anche meglio. Sarà tuttavia chiaro che andamenti di gestione inferiori al benchmark di per sé non configurano una sua responsabilità ,le sue essendo per così dire obbligazioni “ di mezzi” e certo non obbligazioni (né garanzie ) “di risultato”.
Con speciale riguardo alla gestione di portafoglio sarà infine il caso di portare attenzione al secondo comma dell'art. 21 del Tuf. Ne risulta infatti stabilito che “nello svolgimento dei servizi” quando vi sia “previo consenso” rilasciato per iscritto”le imprese
di investimento” così come “le banche” e “ le società di gestione del risparmio” pur operando per conto del cliente possono tuttavia agire in nome proprio. E considerato che l'intestazione a sé dei valori di patrimonio della clientela è carattere distintivo delle gestioni di portafoglio praticate da società fiduciarie molto si è discusso in punto di definizione della logica di sistema espressa dalla norma del Tuf. A far chiarezza comunque provvedono le precise differenze tra le indicate fattispecie. Proprietà e intestazione a sé degli strumenti finanziari alle società fiduciarie sono consentite per l'intera durata del rapporto di gestione patrimoniale. Una volta concluse le loro prestazioni di servizio di negoziazione “ imprese di investimento”,”banche”e “società di gestione del risparmio” che agiscano in nome proprio devono invece immediatamente trasferire al cliente la titolarità dei valori mediante la relativa intestazione in suo nome.
3. Le regole di svolgimento delle attività di intermediazione mobiliare. Dalle norme del
Tuf alle prescrizioni regolamentari della Consob
3. 1. L'agire secondo regole di trasparenza e correttezza professionale. Il criterio di sana e prudente gestione.
Alle necessarie garanzie di tutela degli investitori provvedono poi disposizioni che al loro vertice hanno le norme degli artt. 21 a 25 del Tuf. Ma ad esse una volta di più occorre guardare nella prospettiva indicata dalla basic rule del primo comma dell'art. 5
,che come si ricorderà alle discipline di pubblica vigilanza assegna come scopo la trasparenza e la correttezza così come la sana e prudente gestione delle attività dei “soggetti abilitati”. E tutto questo “avendo riguardo” appunto alla “ tutela degli investitori” ma anche “ alla stabilità ,alla competitività e al complessivo “buon funzionamento del sistema finanziario”. Per conseguire un risultato utile occorreva perciò apprestare un ordinamento di settore che se doveva muovere da puntuali discipline dei contratti di investimento al tempo stesso rendeva poi indispensabili precise regole dell'agire di impresa a loro volta necessariamente integrate da un rigoroso regime di separazione del patrimonio dei singoli investitori da qualsiasi altro.
Anche per questa parte di materia il legislatore degli anni Novanta ha scelto di impiegare il modello della normazione pluralista. Si sono stabilite regole di principio a valere per qualsiasi attività di prestazione di servizi finanziari, e insieme con queste
disposizioni invece riferite alle particolarità di singole attività di intermediazione mobiliare. E in ogni caso operano norme primarie del Tuf che ancora una volta tuttavia rinviano ai poteri e alle responsabilità di normazione secondaria delle autorità di pubblica vigilanza. Ne risulta perciò configurato un regime multiforme e sempre aperto a possibili integrazioni ,che sarà bene considerare muovendo dalla serie dei criteri generali di comportamento prescritti dall'art. 21 del Tuf ,dove si stabilisce che cosa è obbligo per tutti i soggetti abilitati alla prestazione di servizi di investimento (o a loro “accessori” ).
Derivando regole dalla basic rule dell'art. 5 nuovamente la lettera a) del primo comma dell'art. 21 avverte che tutti i soggetti abilitati alla prestazione di servizi devono “comportarsi con diligenza ,correttezza e trasparenza” sia “nel'interesse dei clienti” che “per l'integrità dei mercati”. E già la lettera b )della medesima norma accresce la serie dei doveri di diligenza dell'agire professionale, precisando che “dai clienti” si devono “acquisire” tutte le informazioni necessarie per curare al meglio il loro portafoglio,così come si integrano le prescrizioni di correttezza e di trasparenza disponendo che sia sempre garantita una “adeguata informazione” degli investitori per ciò che riguarda la loro posizione finanziaria. Quanto poi alla integrità dei mercati sarà chiaro in che misura ad essa le imprese di intermediazione concorrono uniformandosi (ovendosi uniformare ) nel modo indicato dalla Consob alle “regole di funzionamento dei mercati in cui” di volta in volta si trovano “ ad operare”. E già in questo senso il regolamento 11522 deliberato dalla Consob a luglio del 1998 presenta caratteri di particolare rilievo.
Si sono operate le necessarie distinzioni. Una cosa è infatti la condizione dell'investitore outsider ,l'investitore “risparmiatore” che non ha esperienza professionale
di mercati finanziari ( e ne ignora le sofisticazioni e le insidie ). Altra cosa la presenza di mercato degli investitori professionals qualificati appunto da una professionalità che
consente di avvalersi delle competenze utili per assumere decisioni razionali. Già il secondo comma dell'art. 6 del Tuf avvertiva che “sentita la Banca d'Italia” compete alla Consob attivare discipline regolamentari espressamente intese a distinguere tra diversi generi di investitore,e perciò a stabilire quali sono le reali “esigenze” di “tutela degli investitori” naturalmente ritenute “differenti” in considerazione della loro soggettiva identità e della loro posizione di mercato. E guardando appunto a “qualità” e ad “esperienza professionale” di talune categorie di soggetti ( per così dire particolarmente “esperti” ) con il suo regolamento del 1998 la Consob ha identificato come operatori qualificati una ampia serie di investitori di elevata professionalità
Per essi è stabilito chenon si applicano le prescrizioni regolamentari dalla Consob disposte invece a speciale protezione degli investitori “risparmiatore”. Quali operatori di mercato finanziario sono da considerare professionalmente qualificati si legge all'art. 31 del regolamento. E per fare soltanto un esempio si pensi alla “società” o “persona giuridica” che sia “in possesso di una specifica competenza ed esperienza” appunto “in materia di operazioni” relative a “ strumenti finanziari”. A tutela dell'investitore outsider sprovvisto di qualità professionali operano invece numerose regole di salvaguardia. Hanno particolare rilievo già le disposizioni regolamentari che assegnano più circostanziati contenuti alle clausole generali di diligenza ,correttezza e trasparenza. A veder bene la norma della lettera a ) del primo comma dell'art. 21 di per sé semplicemente rinvia a regole e doveri che comunque derivano da espresse e generali prescrizioni del codice civile. E se la norma del Tuf ha una sua ragion d'essere è appunto perché con essa diligenza, correttezza e obbligo di disclosure diventano principi di riferimento per gli interventi di pubblica vigilanza della Consob e perciò spazio aperto a sue ulteriori e più stringenti normative di genere regolamentare.
Si pensi alla disposizione del regolamento 11522 che impegna ad “acquisire” dai clienti le informazioni necessarie per servire al meglio i loro interessi, essendo dovere professionale dell'intermediario richiedere “notizie” quanto alla loro esperienza di investitore “in strumenti finanziari” e alla loro situazione patrimoniale anche con riferimento a propensioni “al rischio” e ad “obiettivi” di portafoglio. Naturalmente sono poi della maggior importanza le questioni di “ misura” e di “ soglia” del rischio finanziario. E l'art. 28 del regolamento della Consob avverte che gli intermediari non possono “effettuare o consigliare operazioni (…) se non dopo aver fornito all'investitore” informazioni “adeguate” quanto a “natura”,”implicazioni”e per l'appunto “rischio” dell'investimento. Dovranno in ogni caso( e obbligatoriamente )consegnare documenti di preciso contenuto informativo. Ma questo è soltanto un punto di particolare emersione dei doveri di comportamento imposti dalla Consob che talvolta ha spinto molto avanti i poteri di law making , talvolta privilegiando una formulazione delle sue prescrizioni con tutti i caratteri di intenzionale indeterminatezza delle regole clausola generale.
In questo senso sono molto indicative le disposizioni regolamentari dell'art. 26 che se impegnano ad operare nel modo che meglio consente di contenere i costi a carico dell'investitore al tempo stesso domandano all'intermediario di fare quanto occorre per “ottenere” da ogni servizio di investimento “ il miglior risultato possibile”. Disposizioni che una volta di più per l'intermediario valgono da generale richiamo all'osservanza dell'intera serie dei doveri professionali nell'adempimento delle sue obbligazioni. Naturalmente si tratta di doveri che tuttavia continuano pur sempre ad essere obbligazioni di corretto ed efficiente agire di impresa e non garanzia di un guadagno. Continuano perciò ad essere come si usa dire in linguaggio da giuristi obbligazioni “ di mezzi” e certamente non obbligazioni “di risultato”. Ma si configurano pur sempre obbligazioni di
consistente rilievo se ad esempio si guarda alle regole di protezione degli investitori significativamente espresse con la lettera e) del primo comma dell'art. 21.
La norma impegna infatti ad uno “svolgimento” della prestazione di servizi caratterizzato da un agire di impresa che deve essere indipendente e tutto nel segno della
sana e prudente gestione ,al tempo stesso prescrivendosi “ misure” di doverosa “salvaguardia dei diritti dei clienti sui beni affidati “ all' operatore professionale. E già in questo senso molto importa la disposizione della lettera d) della medesima norma. Con essa si impegnano le imprese di servizi finanziari a destinare loro “risorse” e ad attivare “ procedure” , perciò a configurare assetti organizzativi e aziendali davvero in linea con le dovute garanzie di efficienza nello svolgimento dei servizi. Risultato da conseguire anche mediante uffici ed apparati di controllo interno da congegnare secondo il modello e le regole che si indicano all'art. 57 del regolamento 11522 deliberato dalla Consob a luglio del 1998
Si provvederà mediante la nomina di urnesponsabile della funzione di controllo chiamato a verificare in via continuativa la conformità dell'agire di impresa alle disposizioni di legge e alle normative di fonte secondaria. Sarà poi suo compito in via continuativa tener informati “consiglio di amministrazione” e “ collegio sindacale” della società. Qualora riscontri irregolarità ( e “gravi” irregolarità ) il responsabile del controllo interno “ne riferisce” e “immediatamente” al collegio sindacale che in osservanza della disposizione del terzo comma dell'art. 8 del Tuf segnalera “senza indugio” a Consob e Banca d'Italia le irregolarità riscontrate. Ne conseguono evidenti incrementi delle garanzie di tutela degli investitori in linea generale indicate dal principio di sana e prudente gestione dei portafogli amministrati. E al tempo stesso policies fortemente orientate nella direzione dei valori di “buon funzionamento del sistema finanziario” e di “integrità dei mercati” che già l'art. 5 del Tuf ma poi ancora il primo comma dell'art. 21 come si ricorderà pongono al vertice dell'intero ordinamento di settore.
3. 2 Principio e garanzie della separazione patrimoniale. La disciplina delle situazioni di conflitto di interessi Le iniziative di self regulation del mondo professionale.
Massimamente rileva infine la norma dell’art. 22 che stabilisce inderogabile principio di separazione patrimoniale. Si tratti della prestazione di servizi di investimento oppure invece di servizi “accessori” ,gli strumenti finanziari e “somme di denaro” dell’investitore a qualunque titolo “detenute” dall'operatore professionale costituiscono patrimonio a tutti gli effetti separato e distinto dal patrimonio dell’intermediario “ e da quello degli altri clienti” dell’impresa,con le conseguenti garanzie di tutela espressamente indicate già dal primo comma della norma. Su quanto è appartenenza del singolo investitore non sono infatti ammesse “azioni dei creditori dell’intermediario o nell'interesse degli stessi “ ( né azioni dei creditori del soggetto che fosse depositario dei valori). E le azioni dei creditori dei singoli clienti “ sono ammesse nei limiti del patrimonio di proprietà di questi ultimi”. Ancora l’art. 22 del Tuf al suo terzo comma avverte infine che soltanto il consenso manifestato per iscritto legittima l’intermediario ad utilizzare “nell’interesse proprio o di terzi” strumenti finanziari dell’investitore o sue “disponibilità liquide” a qualsiasi titolo detenute.
Si precisano così i contenuti di un regime di separazione patrimoniale che come si è visto è (i) integrale separazione del patrimonio degli investitori dal patrimonio dell'intermediario,e al tempo stesso (ii )separazione del patrimonio del singolo investitore
dal patrimonio di tutti gli altri investitori. Ne risulta una disciplina di indispensabile prevenzione del rischio di confusioni di patrimonio tanto più rilevante nell'eventualità di situazioni di insolvenza dell'impresa che non devono pregiudicare la posizione finanziaria dei suoi clienti. Ma per fare maggior chiarezza si leggano gli artt. 56 e 57 del Tuf. E in prevenzione del rischio di confusione di patrimoni opera anche la norma dell'art. 168 del Tuf ( che come si ricorderà ancora più avanti ) agisce con tutta la forza delle sanzioni di carattere penale. Chi viola le disposizioni “concernenti la separazione patrimoniale” allo scopo di procurare “ a sé o ad altri” un “ingiusto profitto” è punito con l' arresto e con l' ammenda che la norma stabilisce non essendo comunque escluso “che il fatto costituisca” altra e più grave fattispecie di reato.
Completa la serie dei principi generali di tutela dell'investitore quanto l'art. 21 del Tuf stabilisce in materia di conflitto di interesse ,inteso come tale lo stato di cose che si determina quando l'interesse dell'intermediario o interessi di altri che lo trovano sensibile entrano per l'appunto in conflitto con le aspettative e le esigenze di primaria tutela degli interessi della clientela. Stato di cose che si determina con inevitabile frequenza quanto più l'industria dei servizi finanziari diventa sistema di imprese appartenenti ad un gruppo di imprese e che operano come operatori “ polifunzionali”. E per fare soltanto un esempio ma davvero emblematico si pensi al rischio che l'appartenenza di gruppo e perciò l'interesse del gruppo societario di appartenenza suggeriscano all'intermediario di collocare nel portafoglio della clientela strumenti finanziari di una delle società del gruppo anche quando non fossero necessariamente quelli i titoli preferibili
O ancora si pensi all'impresa di intermediazionepolifunzionale che essendo parte di un consorzio di collocamento di valori mobiliari ma al tempo stesso “ gestore” delle posizioni patrimoniali di una clientela di risparmiatori ha un interesse a collocare titoli talvolta in possibile conflitto con l'interesse della clientela a riceverne altri di diverso genere. Le situazioni di conflitto di interesse che sono assai varie (e molto numerose ) costituiscono problema grave per ogni sistema di economia finanziaria ,dovunque essendo perciò fortemente avvertita la stringente necessità di una normativa di protezione degli investitori. Anche in presenza di possibili situazioni di conflitto di interesse la correttezza dell'agire professionale è quanto il Tuf indica come obbligato modello di comportamento degli intermediari. E si rendono indispensabili discipline a misura delle singole fattispecie.
L'intera materia trova tuttavia regole generali alla lettera c ) del primo comma dell'art.
21 che domanda prevenzione dei conflitti di interesse , e quando comunque si determinano situazioni di tal genere domanda garanzie di trasparenza e di equo trattamento delle posizioni di portafoglio della clientela. In prevenzione delle situazioni di conflitto di interesse la norma del Tuf prescrive la attivazione di assetti organizzativi espressamente intesi a “ridurre al minimo” l'eventualità del loro verificarsi. E chinese walls ,muraglie cinesi è la formula di estrema sintesi di comune impiego per indicare le possibili modalità di separazione organizzativa di rami di impresa e di servizi in qualche misura considerate capaci di interrompere i flussi di contatto tra operazioni finanziarie così spesso all'origine di un agire in conflitto di interessi
L'esperienza tuttavia insegna che il rendimento di strumenti di prevenzione così congegnati è inevitabilmente limitato. E una volta considerata impraticabile la via di una drastica policy di altro genere anche il legislatore del Tuf a tutela degli investitori doveva necessariamente assegnare ruolo principale alle garanzie di trasparenza. Da ciò l'obbligo
di informare dell'art. 21 che impegna l'intermediario a fare chiarezza quanto occorre per rendere l'investitore consapevole del configurarsi di situazioni di conflitto di interesse.
Ad integrazione della disciplina del Tuf ancora una volta è intervenuta la Consob con una disposizione regolamentare (l'art. 27 del regolamento 11522 )che se impegna l'intermediario a “ vigilare” per identificare possibili situazioni di conflitto di interesse al tempo stesso stabilisce norme di divieto. Operazioni in conflitto di interesse sono infatti vietate se l'intermediario non ha informato e “per iscritto” l'investitore della “natura” e della “estensione” del suo confliggente interesse , ricevendo dal cliente un consenso all'operazione che dovrà anch'esso essere formulato “per iscritto”.
Quanto all'agire in modo da assicurare l' “equo trattamento” della clientela preteso dall'art. 21 del Tuf, la normativa regolamentare della Consob avverte che in ogni caso l'intermediario è tenuto ad “astenersi” da modi di procedere che possano “avvantaggiare un investitore” a danno di altri. Ma come si sarà compreso il problema del conflitto di interessi è nel numero di quelli che mettono a dura prova qualsiasi normativa di prevenzione e di (adeguata) tutela di chiunque consegni denaro al mercato finanziario. Con ogni evidenza si tratta di problema che a tutt'oggi non ha trovato soluzioni davvero convincenti dovendosi tener presente anche la serie delle questioni che pure in queste pagine sarà possibile soltanto segnalare. E per fare già da adesso un riferimento di particolare rilievo, si pensi alle informazioni e alle valutazioni di mercato offerte dagli analisti finanziari, che molto spesso si sono rivelate lontane dalla necessaria indipendenza
e obiettività di giudizio. Da ciò la preoccupata attenzione della Consob e di recente le iniziative di Borsa italiana s. p. a. intese ad accrescere la soglia di affidabilità degli “studi” e delle “raccomandazioni” che gli analisti finanziati indirizzano al mondo degli investitori. Molto infine rilevano gli iniziative di self regulation attivate in numerosi settori dell'intermediazione finanziaria (continua ).
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In queste pagine si trascrivono “materiali per la didattica” impiegati nel corso di
“diritto dei mercati mobiliari” svolto alla Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Roma “La Sapienza” ( che saranno poi ricompresi in un volume di prossima pubblicazione presso l'editore Xxxxxxx )