ASSOCAMP
R I S P O S T E
AI QUESITI DEI 3
CONCESSIONARI
ASSOC AMP
ASSOCAMP
R I S P O S T E AI QUESITI DEI CONCESSIONARI ASSOC AMP
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Avvocato Dario De Vitofranceschi
Via Filippo Corridoni 14 00195 Roma
Avvocato Francesca Guerra Via Istituto Tecnico d’Agraria 31 35143 Padova
Caro Associato,
a distanza di 6 anni dall’ultima pubblicazione relativa ai quesiti legali, eccoci nuovamente a dar vita ad una nuova raccolta, con lo stesso tema e lo stesso oggetto.
In questi anni, da più parti, abbiamo ricevuto riscontri positivi sulle precedenti pubblicazioni, per cui si è deciso, in sinergia con i nostri legali, di raccogliere nuovamente altre problematiche
Tale iniziativa nasce dalle richieste che molti di voi ci hanno esternato sull’argo- mento, anche in relazione all’utilità che i precedenti volumi hanno dimostrato. Leggendo infatti i vari quesiti, ritengo che il più delle volte si possa avere una risposta pressoché immediata alle tante situazione nelle quali si può incorrere.
Con l’ultimo volume abbiamo superato la soglia di 200 quesiti completi delle relative risposte, tutte impostate in forma anonima, e che potranno rappre- sentare un utile strumento di lavoro per qualunque operatore.
Un ringraziamento deve andare ancora una volta ai nostri consulenti, l’avv. Francesca Guerra e l’avv. Dario Devitofranceschi, che in questi anni sono sem- pre stati disponibili e puntuali nei confronti degli Associati.
Sono certo che l’accordo di collaborazione con i legali, messo a completa di- sposizione dei concessionari, abbia rappresentato e rappresenti per l’Asso- camp un punto di riferimento importante ed un ottimo servizio.
Nello stesso modo e sotto la stessa ottica mi auguro che anche le pagine che state per leggere possano risultare per tutti Voi un utile strumento di lavoro.
Buona lettura.
Il Presidente Vittorio Dall’aglio
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··· INDICE ···
3 Prefazione del Presidente Vittorio Dall’aglio
10 Premessa degli avvocati Dario De Vitofranceschi e Francesca Guerra
11 AVVOCATO DARIO DE VITOFRANCESCHI
12 1. Vendite a catena: il concessionario deve prestare la garanzia a chi ha comprato dal cliente?
12 2. Garanzia di fabbrica e garanzia di conformità sui veicoli usati.
13 3. Garanzia convenzionale: la Scheda di conformità equivale ad una garanzia convenzionale?
13 4. Gancio traino e responsabilità del venditore.
14 5. Richiesta di rimborso per le riparazioni eseguite a proprie spese dal cliente. E’ dovuto?
15 6. Garanzia, colpa del venditore ed uso improprio del mezzo.
15 7. Richiesta di riparazione dopo 5 anni. E’ dovuta?
16 8. Impegno della concessionaria ad eliminare un vizio: prescrizione decennale?
18 9. Richiesta di rimborso per le riparazioni eseguite a proprie spese dal cliente durante un viaggio e danno da vacanza rovinata. Come comportarsi?
19 10. Vendite tra concessionari e richiesta di rimborso per le riparazioni eseguite dal cliente finale.
21 11. Garanzia su un veicolo rubato: è dovuta la riduzione del prezzo?
22 12. Riparazione o riduzione del prezzo: quando e perché?
22 13. Riduzione del prezzo: come si calcola?
23 14. Stufa e responsabilità del venditore.
24 15. Mancato utilizzo e danno da vacanza rovinata.
26 16. Come girare una richiesta di danni al produttore?
26 17. Riparazione e rivalsa verso il produttore.
26 18. Garanzia legale di conformità: cos’è la conformità?
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27 19. Caparra e acconti: posso tenere tutto se il cliente recede?
28 20. Vendere a terzi un camper che il cliente non vuole ritirare. Si può?
28 21. Riparazioni in serie e richiesta di risoluzione. È dovuta?
29 22. Garanzia sull’impermeabilizzazione dopo 4 anni e senza tagliandi: è dovuta?
30 23. Antenne satellitari e permuta.
30 24. Vizi meccanici e riduzione del prezzo.
32 25. Termine di consegna: è vincolante?
32 26. Proposta di acquisto “sbagliata”, non firmata dal concessionaria: è vincolante?
33 27. Che cos’è la garanzia legale di conformità? Cosa deve garantire il concessionario? Quali difetti sono coperti?
33 28. Risoluzione del contratto di acquisto: quando e perché?
34 29. Utilizzo di un marchio da parte di un soggetto che non fa parte della rete ufficiale.
35 30. “Diritto di regresso”: Posso veramente chiedere ai costruttori il costo degli interventi? E, se si, entro quanto tempo?
37 AVVOCATO FRANCESCA GUERRA
38 31. Contestazione di riparazioni non a regola d’arte
39 32. Doppia sottoscrizione di un contratto
40 33. Richiamo finale di tutte le clausole contrattuali
40 34. Penale per inadempimento, limiti
41 35. Infiltrazioni riscontrate molto dopo la consegna
42 36. Termine di consegna
43 37. Mancato pagamento del mezzo e consegna del certificato di conformità
44 38. Responsabilità nel rimessaggio
45 39. Conto vendita e procura
46 40. Ancora sulle infiltrazioni
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46 41. Istruzioni di utilizzo e/o montaggio
47 42. Camper incendiato presso altro riparatore
48 43. Riparatore generico – acquisto ricambi
49 44. Cessazione del contratto di concessione e accordo per la riparazione autorizzata
49 45. Veicolo in riparazione non ritirato
50 46. Danni da noleggio e assicurazione
51 47. Mancata indicazione in contratto delle caratteristiche di un elettrodomestico
53 48. Riparazione di un vizio già riparato precedentemente
54 49. Esclusione della garanzia di conformità per accordo tra le parti
55 50. Sospensione dell’esecuzione di una sentenza di condanna
56 51. Riserva di proprietà
57 52. Diritto di ritenzione
57 53. Incarico per le riparazioni da soggetto non proprietario del veicolo
58 54. Proposta irrevocabile di acquisto
60 55. Responsabilità del venditore in assenza di trascrizione del passaggio di proprietà al PRA
61 56. Garanzia convenzionale e tagliandi
62 57. Diritto di “ripensamento”
63 58. Difetto di conformità lamentato da un terzo
64 59. Oggetto della vendita non determinato
66 60. Bene ceduto in permuta gravato da fermo
67 61. Veicolo venduto senza il consenso del coniuge in regime di comunione legale
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Nella presente raccolta abbiamo inserito alcune delle richieste di “ consulenza legale “ formulate dagli Associati Assocamp nel corso degli ultimi anni.
Abbiamo selezionato le questioni in grado do suscitare il maggior interesse per gli Associati, riguardando a problematiche “comuni” ma certamente anche “spinose” per tutti gli operatori del comparto.
Inutile dire che le richieste di consulenza pervenute da parte degli Associati sono state moltissime e pertanto cogliamo l’occasione per ringraziare tutti quegli Associati che ci hanno accordato la loro fiducia nella richiesta di pareri di natura legale.
Come nella precedente raccolta, anche in questa edizione, i quesiti e le relative risposte sono state semplificate così da agevolarne la lettura e la comprensione. I quesiti non contengono alcun riferimento a persone fisiche o giuridiche per il rispetto della privacy e del diritto di immagine di ciascun soggetto.
Le risposte hanno un carattere indicativo e costituiscono una delle possibili soluzioni giuridiche al problema posto. Di regola sono formule nell’interesse dell’Associato e non “pro veritate” .
Il Diritto non è una scienza certa, o forse le variabili sono così tante da rendere difficilmente prevedibile l’esito di una controversia in anticipo. Un’altra delle verità che si impara con l’esercizio della professione è che non esiste un caso identico ad un altro.
Fatte dette considerazioni , invitiamo tutti gli Associati Assocamp, anche quelli che abbiano un problema in tutto e per tutto corrispondente a quelli affrontati nei quesiti, a rivolgersi agli scriventi avvocati per una consulenza legale ad hoc.
Buona lettura.
Avv. Dario Devitofranceschi Avv. Francesca Guerra
··· AVVOCATO DARIO DEVITOFRANCESCHI ···
01
Ho venduto un camper a un cliente che poi lo ha rivenduto a un terzo. Questo terzo mi chiede un intervento in garanzia. È dovuto?
Direi di no, se ci riferiamo alla garanzia legale di conformità (diverso è il discorso della garanzia del produttore che – entro certi limiti – circola in- sieme al mezzo).
La garanzia legale di conformità ha natura contrattuale e personale essen- do legata ai contratti traslativi indicati all’art. 130 del Codice di Consumo e quindi produce effetto solo nei confronti delle parti del negozio traslativo.
La garanzia legale di conformità sussiste solo nei confronti del compratore- consumatore e non dei suoi aventi causa. Ne consegue che l’unico sogget- to attivo è il compratore mentre l’unico soggetto passivo è il venditore a questi legato dal vincolo contrattuale.
È principio giurisprudenziale constante che, nelle vendite a catena, l’ultimo compratore non è abilitato a proporre l’azione di garanzia nei confronti del primo venditore (ex pluris Cfr. Cass. 28 luglio 1986, n.4833).
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Qual’è la differenza tra garanzia di fabbrica e garanzia di conformità? Sono tenuto a garantire entrambe anche nei veicoli usati?
Non bisogna confondere la garanzia di conformità nelle vendite di beni usati con la garanzia di fabbrica o clausola di buon funzionamento offerta dal produttore.
La garanzia di conformità è sempre dovuta. Il concessionario non può ne- garla. Se lo facesse la singola clausola sarebbe nulla e la garanzia sarebbe comunque dovuta. Negli usati può essere limitata ad un anno. Ciò che si garantisce è appunto la conformità: la conformità del veicolo alla descrizio- ne che se ne è fatta al momento della vendita.
La garanzia del produttore è dovuta:
1. Se è ancora in corso di validità;
2. Se la concessionaria è riparatore autorizzato;
3. Se il produttore autorizza l’intervento.
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· RISPOSTE AI QUESITI DEI CONCESSIONARI ASSOCAMP ·
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Un privato che ha acquistato il camper usato da un cliente cui l’avevo venduto (tramite lettera del suo legale) fa anche valere la scheda di conformità affermando che si tratterebbe di una garanzia convenzio- nale e affermando che la concessionaria avrebbe prestato una sorta di garanzia sul buon funzionamento del mezzo e sarebbe tenuta ad intervenire. E vero?
Il documento invocato dal cliente (attestato di conformità stato d’uso del veicolo), non costituisce una garanzia addizionale ma è un semplice do- cumento sottoscritto dal venditore e dal compratore che certifica lo sta- to d’uso del veicolo e che certamente non produce effetti nei confronti di soggetti terzi. Tale documento (nel caso di specie) è privo degli elementi di cui all’art. 133 del Codice di Consumo e non contiene alcuna dichiarazione di garanzia, né, detto documento, contiene alcun riferimento al presunto oggetto della garanzia ovvero alla sua durata o al soggetto che la offre.
Anche laddove risultasse esistente una garanzia convenzionale questa avrebbe natura contrattuale, personale ed obbligatoria tra le parti e non produrrebbe effetti nei confronti di soggetti estranei alla vendita.
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Un cliente mi chiede i danni per aver dovuto sostituire un gancio trai- no direttamente istallato dal produttore al momento della vendita che – a suo dire – sarebbe stato fissato male (difetto rilevato dopo 20 mesi). Devo pagare?
Il vizio lamentato da parte attrice non è certamente imputabile alla conces- sionaria che ne ignorava l’esistenza senza sua colpa.
Il gancio traino è stato istallato sin dall’origine dal Fabbricante che ha prov- veduto alla materiale istallazione dello stesso e ha curato tutte le successive fasi tecnico-amministrative consistenti nella omologazione, nel collaudo e nella formalità per la corretta indicazione nei documenti di circolazione del gancio traino.
Secondo quanto ammesso dal cliente il preteso vizio si sarebbe manifesta- to ben 20 mesi (!) dopo la consegna del bene. Deve quindi presumersi che il vizio non fosse presente al momento della consegna (essendo trascorsi 6 mesi dalla stessa).
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Anche laddove ne fosse provata la presenza al momento della consegna – il vizio sarebbe da imputare al processo di fabbricazione o meglio alla non corretta istallazione del gancio traino da parte del citato fabbricante. L’art. 129 Cod. Cons. dispone che il difetto di conformità che deriva dall’imper- fetta installazione del bene di consumo è equiparato al difetto di confor- mità del bene solo quando l’installazione è stata effettuata dal venditore o sotto la sua responsabilità.
Nel caso di specie è evidente che l’istallazione del gancio traino non è sta- ta effettuata dalla concessionaria sotto la sua responsabilità con la conse- guenza che, detta società, è del tutto estranea alla vicenda.
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(continua sul gancio traino) Ma non avrebbe dovuto chiedere la ripa- razione quando si è manifestato invece che i danni per l’intervento ef- fettuato in proprio?
Esatto! Il Codice del Consumo non prevede la facoltà per il cliente di chie- dere il rimborso di quanto pagato a un terzo per l’intervento in garanzia. Tali procedura è assolutamente irrituale. Certamente il cliente può cercare l’azione del risarcimento del danno ma il Codice del Consumo non prevede espressamente il risarcimento dei danni nelle ipotesi di difetti di conformi- tà (essendo gli unici rimedi alternativi ammessi la riparazione, la sostitu- zione e, in subordine la risoluzione e la riduzione del prezzo). Ne consegue che il risarcimento del danno è disciplinato dalle norme sulla vendita ed in particolare dagli artt. 1494ss. c.c.
Differentemente dall’azione redibitoria e da quella estimatoria, l’azione ri- sarcitoria ex art. 1494 c.c. richiede anche la colpa del venditore, colpa che nel caso di specie non sussiste.
Il difetto di conformità lamentato non è in alcun modo imputabile alla concessionaria che lo ignorava senza colpa e non era tenuta a conoscerlo usando la diligenza dovuta.
La concessionaria faceva infatti incolpevole affidamento sulla corretta istal- lazione del gancio traino da parte del fabbricante che aveva omologato un modello specifico dotato sin dall’origine di gancio traino e che aveva provveduto a certificare la conformità del veicolo di cui è causa a quello omologato e a istallare, verificare e collaudare il gancio traino in conformità alla normativa vigente.
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(continua sul gancio traino) La concessionaria ha fatto i controlli pre consegna e il gancio era montato bene, peraltro il cliente usava il cam- per per rimorchiare mezzi pesanti (quad) e potrebbe averlo rovinato con l’utilizzo. Come ci possiamo comportare?
Aver eseguito tutti i controlli e le verifiche pre-consegna sulla funzionalità ed integrità del veicolo (secondo gli usi invalsi in questo settore per assicu- rare la massima qualità del servizio) è molto importante. Ovviamente deve essere provato e sarebbe meglio fare un verbale di consegna.
È importante sotto due profili:
1. Si esclude che il vizio fosse presente al momento della consegna (è quindi onere dell’altra parte che ci fosse un vizio di costruzione occulto che si è manifesto dopo la consegna);
2. Si esclude la colpa del venditore che lo ignorava senza colpa (e quindi si esclude l’obbligo di risarcire i danni).
Sul punto è bene precisare che secondo la giurisprudenza “è improponibile un giudizio di colpa del venditore che abbia alienato un bene di altrui fabbri- cazione senza procedere a controlli complessi o estranei al suo tipo di impre- sa” (Tribunale Milano, 5 luglio 1988, Resp. Civ. e prev. 1989, 683) e che il controllo di tutti gli aspetti tecnici del veicolo esula dai normali obblighi del venditore nelle vendite “par filière” e “il venditore non è responsabile per i danni risentiti dal compratore se non vi è possibilità alcuna di un suo con- trollo sulla merce venduta” (Trib. Roma, 11 luglio 1979, GI, 1980, I, 615). Ne consegue che, non sussistendo l’elemento soggettivo della colpa in capo alla concessionaria questa non è responsabile per i danni richiesti e conse- guenti alla presunta non conformità del veicolo.
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Un cliente mi chiede un intervento per risarcimento del danno 5 anni dopo l’acquisto del veicolo. È possibile chiedere i danni dopo così tanti anni? È dovuto il risarcimento?
L’art. 1495 c.c. – cui è soggetta anche l’azione di risarcimento del danno - dispone che l’azione si prescrive in un anno dalla consegna. Sul punto la Cassazione ha precisato che “tutte le azioni spettanti al compratore per i vizi della cosa venduta ..., cioè non solo le azioni di risoluzione del contratto, ma
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· AVVOCATO DARIO DEVITOFRANCESCHI ·
anche quella di risarcimento del danno, sono soggette alla decadenza e alla prescrizione contemplate dall’art. 1495 c.c. Pertanto, anche quando si doman- di il solo risarcimento del danno, previa declaratoria di inadempienza del ven- ditore, si fa valere la garanzia prevista e disciplinata dagli artt. 1490 ss., sicché debbono necessariamente ricorrere tutti i presupposti delle azioni redibitorie e quanti minoris, e quindi devono essere osservate tutte le condizioni prescrit- te per tali azioni sotto pena di decadenza di prescrizione.” (Cass. 11 febbraio 1960, n.200 e Cass., 24 marzo 1993, n.3527).
Anche volendo fare applicazione dell’art. 132 Cod. Cons. l’azione risulte- rebbe comunque prescritta in quanto tale articolo dispone al comma 4 che “L’azione diretta a far valere i difetti non dolosamente occultati dal venditore si prescrive, in ogni caso, nel termine di ventisei mesi dalla consegna del bene;”.
L’azione fatta valere dal cliente risulta pertanto ampiamente prescritta.
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Un cliente mi chiede di intervenire in garanzia dopo che sono trascorsi 2 anni dalla vendita. Ho fatto notare che il periodo di garanzia è ces- sato ma il suo legale mi scrive affermando che se il concessionario si impegna a riparare un mezzo allora il termine diventa di 10 anni. Ef- fettivamente la concessionaria alcuni anni fa aveva tentato una ripa- razione sul veicolo. È vero che devo risarcire dopo 10 anni?
In primo luogo osservo che – secondo il Codice del Consumo – la garanzia di conformità è di ventisei mesi dalla consegna del bene.
Tuttavia i concessionari devono stare molto attenti ha “promettere ripara- zioni” o “ad impegnarsi a riparare il mezzo” in quanto secondo la cassazione questo comportamento farebbe sorgere un “diritto alla riparazione” sog- getto alla prescrizione decennale.
La questione è molto complessa.
La giurisprudenza di legittimità è stata per anni orientata in modo univoco nel senso di ritenere che l’impegno del venditore a riparare il bene implica il riconoscimento del vizio da cui il bene è affetto e impedisce la decadenza di cui soffre il compratore a norma dell’articolo 1495 c.c.
Tale obbligazione assunta sarebbe stata autonoma e distinta dalla garan- zia: “il consenso del compratore fa sorgere, pertanto, un nuovo e diffe- rente diritto, la cui prescrizione non è disciplinata dalla norma suindi-
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· RISPOSTE AI QUESITI DEI CONCESSIONARI ASSOCAMP ·
cata e si compie pertanto nel termine di dieci anni” (ex multis Cass. Civ. 6089/2000, ma anche similmente Cass. 13294/2005; 747/2011).
Ultimamente la Cassazione (SS.UU. 19702/2012) ha in parte modificato il suo approccio alla questione: il contenuto dell’obbligazione “di garanti- re il compratore da vizi della cosa” che è tra le obbligazioni principali del venditore, è precisato dagli artt. 1492, 1493 e 1494 che attribuiscono al compratore la facoltà di domandare a sua scelta la risoluzione ovvero la riduzione del prezzo, sia la restituzioni che i rimborsi o, da ultimo, il ri- sarcimento del danno, salvo che il venditore non provi di avere ignorato senza colpa i vizi della cosa.”
Con la diversa obbligazione di fare che egli assume impegnandosi ad eli- minare i vizi della cosa non dà luogo all’estinzione per novazione della garanzia apprestata dalle norme previste dal 1490 e seguenti. Non in- fluisce, pertanto, sulla sua disciplina e non trasforma da annuale a decen- nale il termine di prescrizione previsto dal 1495 c.c. che non può essere modificato come dispone chiaramente l’articolo 2936 c.c.
L’ulteriore diritto che il compratore acquisirebbe è soggetto sì alla prescrizione decennale, in quanto estraneo alla disciplina di cui all’arti- colo 1490 c.c., ma proprio perché cosa diversa, gli altri diritti (riduzione, risoluzione) restano soggetti alla prescrizione annuale.
La nuova obbligazione è infatti ricognizione dei vizi e accordo per la loro eliminazione, dunque, non fa parte e non accede alle altre azioni che, per- tanto, rimangono soggette alla prescrizione di solo un anno.
Questa è una importantissima novità.
In precedenza la Cassazione (Cass. sez. un. 21 giugno 2005 n. 13294) aveva sostenuto che l’impegno a eliminare i vizi non determina di per sè la sosti- tuzione della nuova obbligazione alla precedente e l’estinzione di questa, sicchè di regola le due obbligazioni coesistono ma il termine di prescrizione decennale si applica anche alle azioni di riduzione del prezzo e di risoluzione del contratto, poichè “si tratta di assegnare un significato, ai fini dell’esercizio delle azioni edilizie e del relativo termine prescrizionale, alla circostanza che fra le parti è in corso, un tentativo di far ottenere dal compratore il risultato che egli aveva il diritto di conseguire fin dalla conclusione del contratto di compravendita. E altro significato non può essere che quello di svincolare il compratore dai termini e condizioni per l’esercizio delle azioni edilizie, at- teso che queste non vengono da lui esercitate in pendenza degli interventi del venditore finalizzati all’eliminazione dei vizi redibitori, al fine di evitare
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di frapporre ostacoli, secondo le regole della correttezza (art. 1175 c.c.), alla realizzazione della prestazione cui il venditore è tenuto”.
Alla stessa conclusione è poi pervenuta anche Cass. sez. 3, 14 gennaio 2011
n. 747 sulla scorta di una concezione procedimentale della garanzia dei vizi, caratterizzata “da un suo momento genetico (la stipula della convenzione negoziale di compravendita), da un suo (eventuale) momento attuativo/ correttivo (l’offerta/richiesta sostitutivo/riparatoria), da un suo momento “processuale attuativo/risarcitorio/caducatorio (richiesta di esatto adempi- mento/riduzione del prezzo/risoluzione speciale)”, si è ritenuto “evidente come il riconoscimento operoso del venditore sia idoneo ad esaurire defi- nitivamente, le limitazioni temporali, dell’art. 1495 c.c.
Ora con la pronuncia del 2012 cambia l’orientamento e così anche quando il concessionario si impegna a riparare il mezzo o lo ripara in maniera non definitiva o non risolutiva, l’obbligo di riparare diviene soggetto a prescri- zione decennale, mentre gli altri obblighi (sostituzione, risoluzione, ridu- zione del prezzo, risarcimento del danno) rimangono soggetti ai termini prescrizionali più brevi.
Quindi, venendo al quesito, il cliente può chiedere la riparazione (se effet- tivamente il concessionario si era impegnato ad eseguirla) nel termine di dieci anni, ma non può chiedere il risarcimento del danno (o la risoluzione o la riduzione del prezzo) perché prescritti.
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Un cliente – durante il periodo di garanzia del mezzo – ha avuto un pro- blema meccanico mentre era in vacanza ha riparato lo stesso presso una officina privata in Puglia e mi chiede il rimborso delle spese sostenute. Il costo è molto alto. Non c’è prova dei lavori e il Costruttore della mecca- nica non intende pagare alcunché. Deve pagare la concessionaria?
Questa questione è molto frequente nella prassi ed altrettanto spinosa.
A stretto rigore deve osservarsi che il Codice del Consumo non prevede il rimborso delle spese sostenute per la riparazione.
Tecnicamente questo rimedio non esiste in quanto il Consumatore può chiedere alternativamente la riparazione o la sostituzione e poi – a deter- minate condizioni – la riduzione del prezzo o la sostituzione.
Tuttavia il rimborso può rientrare nel concetto di risarcimento del danno.
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· RISPOSTE AI QUESITI DEI CONCESSIONARI ASSOCAMP ·
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Il mio concessionario ha venduto un mezzo ad un altro concessiona- rio che l’ha rivenduto al cliente finale. Ora il cliente finale chiede a noi il rimborso di quanto speso per far riparare il mezzo ad una officina privata. Peraltro chiede il rimborso di spese di parti soggette a usura (pasticche, lampadine, dischi etc...). Sono responsabile?
Bisogna distinguere 2 distinte forme di garanzia: la garanzia di conformità e la garanzia del produttore.
La “Garanzia Legale di Conformità” è prevista dal Codice del Consumo e of- ferta dal venditore mentre la “Garanzia del Produttore” è offerta dal Produt- tore in merito al buon funzionamento delle autocaravan e regolata dalle condizioni di garanzia fissate dal Produttore.
Ed infatti, mentre il venditore deve per legge garantire la conformità del veicolo compravenduto a quanto dichiarato, il Produttore può offrire una garanzia distinta sul buon funzionamento dello stesso impegnandosi ad eseguire una serie di interventi di ripristino e ciò attraverso una serie di centri di assistenza selezionati ed indicati dallo stesso Produttore
Ora con riferimento al caso di specie, la sua concessionaria non è tenuta a garantire la conformità al cliente del suo avente causa perché questo clien- te non ha stipulato con lei alcun contratto. In parole semplici non avete alcun rapporto giuridico con il cliente.
Avete posto in essere una vendita a catena e, è principio giurisprudenziale constante che, nelle vendite a catena, l’ultimo compratore non è abilitato a proporre l’azione di garanzia nei confronti del primo venditore (ex pluris Cfr. Cass. 28 luglio 1986, n.4833).
Quindi il cliente deve rivolgersi al suo venditore e cioè a chi gli ha venduto il mezzo.
Diverso il caso in cui il cliente stia cercando di far valere la garanzia del Produttore.
Anche in questo caso però non dovrà rivolgersi alla sua Concessionaria ma al Produttore del veicolo.
Sul punto c’è una interessante decisione del Tribunale di Nola per la quale “Vero è che, con riferimento alla vendita di veicoli, nei confronti del produt- tore l’acquirente ha azione solo di natura extracontrattuale, potendo far valere nei suoi confronti esclusivamente la circostanza che la cosa gli ab- bia causato dei danni (ulteriori) rispetto ai vizi denunciati. Ma quando egli
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· AVVOCATO DARIO DEVITOFRANCESCHI ·
intenda agire per dolersi che il bene sia semplicemente viziato, il predetto acquirente , adducendo una responsabilità contrattuale per inesatta ese- cuzione della prestazione traslativa, deve convenire in giudizio soltanto il suo diretto venditore, potendo pretendere unicamente nei suoi confronti – quale obbligato contrattuale – il corretto adempimento dell’obbligazione di dazione della cosa (ex multis, Cassazione civile , sez. III, 31 maggio 2005,
n. 11612). Tuttavia, nonostante quanto sopra, il fatto che tra l’XXX s.p.a. , produttrice del motociclo in questione , e Di Tizio Axx non si sia mai stabili- to alcun diretto rapporto negoziale di compravendita non deve far conclu- dere che la predetta società non rispondesse anche della sola sussistenza dei vizi lamentati dall’attore. Ciò, in quanto l’XXX s.p.a., al momento della vendita del bene da parte del rivenditore di Caio, assumeva un particolare obbligo di garanzia nei confronti del cliente, attraverso le “condizioni ge- nerali di garanzia” (in atti) offerte dalla società a favore di tutti i compratori delle sue moto. Orbene, visto il loro contenuto, tali ”condizioni di garanzia” sostanzialmente integravano una vera e propria promessa al pubblico ex art. 1989 c.c., capace di impegnare la casa produttrice a “riparare o sostitui- re” il motociclo per difetto di materiali o lavorazione (art. 4 cond. gen.) fino ad un certo termine (due anni dall’acquisto, art. 1 cond. gen.) a vantaggio di chi rispettasse determinate condizioni (attivazione della garanzia tim- brato da concessionario autorizzato, mancata rimozione o cancellazione del numero di telaio assistenza o manutenzione effettuata solo da conces- sionari autorizzati – art. 3 -). E tale promessa affiggeva in capo alla società promittente una particolare obbligazione di intervento sui suoi prodotti difettati , obbligazione che, da un lato, si distingueva dalla generale sua re- sponsabilità extracontrattuale di produttrice per avere una specifica fonte negoziale (promessa) ed un peculiare contenuto (rimozione vizi) , dall’altro si aggiungeva e concorreva rispetto alla ordinaria responsabilità da vizi ex artt. 1492 e 1519 bis e ss. c.c. del venditore , offrendo una garanzia di inte- grità del mezzo aggiuntiva rispetto a quella vantata normalmente da ogni compratore nei confronti del solo alienante. Pertanto, Tizio, nel richiede- re la rimozione dei vizi lamentati all’xxx s.p.a. , ha legittimamente attivato questo peculiare profilo di responsabilità da atto negoziale unilaterale as- sunto dalla società mediante le sue “condizioni generali di garanzia”.
Si può quindi ipotizzare un’azione verso il produttore ma non verso la sua concessionaria.
In ipotesi la sua concessionaria potrebbe essere chiamata in garanzia
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· RISPOSTE AI QUESITI DEI CONCESSIONARI ASSOCAMP ·
dall’altra concessionaria in un ipotetico giudizio ma risponde come anello della catena (ed infatti lei potrebbe a sua volta chiamare il produttore) e questi anelli non possono essere saltati dal cliente finale che deve rivolger- si al suo venditore.
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Un cliente mi chiede 48.000 euro a titolo di riduzione del prezzo per veicolo che peraltro ho scoperto ha rivenduto a terzi ad un prezzo as- solutamente in linea con il mercato. È una domanda fondata?
Direi di no, visto che la riduzione del prezzo ha la funzione di ristabilire il rapporto tra prezzo e valore del bene compravenduto.
Se lo ha rivenduto a terzi al prezzo di mercato vuol dire che i vizi non in- cidevano sul valore del camper è quindi la riduzione del prezzo originaria non è giustificata.
In un simile caso portato avanti da un associato Assocamp davanti al Tri- bunale di Genova il Tribunale ha statuito che ““nel caso di specie la spiegata actio quanti minoris non può trovare accoglimento sia per violazione di legge (dei citati artt. 1490 e 1492 c.c.), essendo stata promossa per ottenere una ri- duzione del prezzo pari al costo delle opere di ripristino del vizio de quo, sia perché comunque è infondata nel merito, in quanto il vizio del rigonfiamento di una piccolissima porzione del camper attoreo, non ha diminuito in modo apprezzabile il valore commerciale di detto automezzo in base alla valutazio- ne del CTU, valutazione che è tra l’altro suffragata dalla documentazione della vendita del camper de quo da parte dell’attore a soggetto terzo, da cui risulta che il sig. xxx ha rivenduto a terzi il bene di cui è causa ad un valore superiore alla sua quotazione di mercato (cfr. certificato di proprietà doc. 4/6 depositato con le note ex art. 183 ii term. da parte convenuta e da cui risulta la vendita alla xxx s.r.l. per € 38.500,00 e la valutazione contenuta in Eurotax Caravan- Camper per il veicolo Prince 56 L 3.0 jtd del 2007 pari a € 34.000) e che in caso la differenza di valore commerciale di cui trattasi nel caso di specie, non sussiste”.
Altra giurisprudenza di merito parla anche di “sopravvenuta impossibilità della prestazione risarcitoria richiesta, per causa imputabile allo stesso attore, non può che condurre al rigetto della sua domanda
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· AVVOCATO DARIO DEVITOFRANCESCHI ·
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Un cliente mi chiede una serie di riparazioni ma nel frattempo il veico- lo è stato rubato e credo abbia ricevuto l’indennizzo dall’assicurazio- ne. È una richiesta legittima?
Direi che per il cliente sarà difficile portare avanti la domanda sotto un pro- filo probatorio.
In primo luogo non potrà provare che i vizi sussistevano tramite CTU in quanto si determina la materiale impossibilità per questa Autorità Giudi- ziaria di verificare l’esistenza dei vizi lamentati.
In secondo luogo è ragionevole presumere che abbia ricevuto l’intero valo- re del veicolo e quindi non ha sofferto alcun pregiudizio.
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Un cliente mi chiede una riduzione del prezzo per una serie di piccoli vizi. Ma non posso ripararli invece di pagare una somma di denaro? E poi cosa si intende per riduzione del prezzo? Come si stima?
Effettivamente il Codice del Consumo prevede come rimedi primari la ripa- razione o la sostituzione.
Ai sensi dell’art. 130, comma 7, del Codice del Consumo, si può chiedere la riduzione del prezzo solo se il venditore ha già provveduto alla riparazio- ne e non è stata risolutiva, la riparazione è impossibile e non può essere eseguita, la riparazione già effettuata ha arrecato al consumatore pregiudi- zio o non è stata eseguita in un congruo termine. Quindi la concessionaria deve offrire la riparazione e non è tenuta – in prima battuta - alla riduzione del prezzo.
La funzione della riduzione del prezzo non è quella di risarcire il compra- tore degli eventuali costi di ripristino che vorrà sostenere ma è quella di ripristinare l’originaria equivalenza tra prezzo e valore della cosa venduta.
Bisogna quindi accertare quanto il vizio incida sul valore del bene (e non quanto costerà eliminarlo).
Come ha precisato la Cassazione “La riduzione del prezzo va quindi operata diminuendo il prezzo pattuito in una percentuale pari a quella rappresentante la menomazione che il valore effettivo della cosa consegnata subisce a causa dei vizi o della diversità di essa rispetto alla cosa negoziata.” (Cass. N.13332/01)
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“L’azione per la riduzione del prezzo è finalizzata a ristabilire il rapporto di cor- rispettività tra prestazione e controprestazione, sicché la riduzione deve cor- rispondere alla differenza di valore determinata dal vizio della cosa venduta rispetto al prezzo contrattuale” (Cass. N. 12852/08).
La giurisprudenza fà quindi riferimento al valore del bene compravenduto e non ai costi di ripristino.
Diminuzione del valore e costi di ripristino sono, con tutta evidenza, con- cetti distinti e non (o almeno non sempre) sovrapponibili.
Si pensi all’acquisto di una casa di un solo metro quadro inferiore a quanto contrattualmente previsto. Il compratore avrà certamente diritto ad una ri- duzione del prezzo ma tale riduzione non sarà certo proporzionale ai costi necessari per ampliare l’immobile di un metro quadro.
Per stimarla in giudizio si fa una CTU (consulenza tecnica d’ufficio). Prima del giudizio un ATP (accertamento tecnico preventivo).
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Un cliente lamenta un difetto alla stufa ed all’impianto di riscaldamen- to. Sono intervenuti più volte i riparatori autorizzati (sia del produtto- re dell’autocaravan che del produttore della caldaia) senza risolvere il problema. È stata addirittura sostituita la caldaia. Ora chiede (a di- stanza di 3 anni dalla vendita) alla nostra concessionaria i danni (ridu- zione prezzo e danni per mancato utilizzo per oltre 18.000 euro).
Tutti i disagi e ritardi presuntivamente subiti dall’attore sembrerebbero ri- guardare le reiterate riparazioni alla “caldaia” dell’autocaravan, riparazioni eseguite dai “riparatori autorizzati” indicati dal Produttore nell’ambito della cd. “Garanzia del Produttore”. Dovrebbe quindi risponderne il Produttore e i suoi riparatori autorizzati “inadempienti” all’obbligo di riparazione.
Diverso sarebbe il caso nell’ipotesi in cui il cliente avesse richiesto al con- cessionario venditore di intervenire sulla “caldaia” azionando la cd. “Garan- zia Legale di Conformità”.
Giova sul punto ricordare la distinzione tra “Garanzia Legale di Conformità” (prevista dal Codice del Consumo e offerta dal venditore) e “Garanzia del Produttore” (offerta dal Produttore in merito al buon funzionamento delle autocaravan e regolata dalle condizioni di garanzia fissate dal Produttore).
Ed infatti, mentre il venditore deve per legge garantire la conformità del
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· AVVOCATO DARIO DEVITOFRANCESCHI ·
veicolo compravenduto a quanto dichiarato, il Produttore può offrire una garanzia distinta sul buon funzionamento dello stesso impegnandosi ad eseguire una serie di interventi di ripristino e ciò attraverso una serie di centri di assistenza selezionati ed indicati dallo stesso Produttore
Tutte le vicende narrate da parte attrice riguardano una serie di interventi avvenuti nel rapporto di garanzia tra il Produttore ed il Proprietario dell’au- tocaravan ed infatti coinvolgono una serie di soggetti terzi facenti parte della rete di assistenza del Produttore dell’autocaravan e della Caldaia.
Sembrerebbe che il cliente ha azionato la Garanzia Legale di conformità quando ormai era decaduto dal diritto, con la conseguenza che, la richiesta di riduzione del prezzo ex art. 130 Cod. del Consumo, è inammissibile e/o infondata, non avendo l’attore denunciato il vizio al venditore nei termini di cui all’art. 132 Cod. Consumo.
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(continua sui danni da mancato utilizzo e su quelli da vacanza rovina- ta) Il cliente sostiene di non aver potuto fare delle vacanze da tempo programmate e che quando l’ha utilizzato, le vacanze non si sarebbe- ro svolte in piano relax e tranquillità.
Quanto ai danni da fermo tecnico o da mancato utilizzo – in linea teorica - potrebbero essere risarcibili. Ovviamente devono essere provati dal cliente in maniera specifica. Deve provarsi che il vizio ha comportato la totale o parziale utilizzabilità del veicolo. Attenzione: è bene ricordare che un cam- per, per sua intrinseca natura, viene utilizzato solo alcune settimane in un anno e quindi raccomando di ricondurre l’eventuale accertamento nei limi- ti di utilizzo del veicolo ricreazionale (il camper non è un auto e su questo ci sono interessanti statistiche ANFIA).
Il cliente deve provare che non ha potuto utilizzare l’autocaravan per una serie di vacanze programmate e che, quando l’ha utilizzato, le vacanze non si sarebbero svolte in piano relax e tranquillità (ad es. con la produzione di prenotazioni alberghiere o di campeggi o di aree di sosta ovvero docu- menti comprovanti il noleggio di altri veicoli sostitutivi).
Ad ogni modo si rileva che tutti i precedenti giurisprudenziali riguardanti il danno da vacanze rovinate riguardano contratti di viaggio o turistici con Tour Operator o Agenti di viaggio.
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· RISPOSTE AI QUESITI DEI CONCESSIONARI ASSOCAMP ·
Il contratto di cui è causa non è un contratto turistico avente ad oggetto una vacanza o una prestazione turistica ma una normale compravendita avente ad oggetto un autoveicolo.
Peraltro la categoria del danno esistenziale è stata oggetto di profonda re- visione da parte delle SS.UU. della Cassazione che hanno affermato che “non è ammissibile nel nostro ordinamento l’autonoma categoria di “ dan- no esistenziale “, inteso quale pregiudizio alle attività non remunerative della persona, atteso che: ove in essa si ricomprendano i pregiudizi scaturenti dal- la lesione di interessi della persona di rango costituzionale, ovvero derivanti da fatti-reato, essi sono già risarcibili ai sensi dell’art. 2059 c.c., interpretato in modo conforme a Costituzione, con la conseguenza che la liquidazione di una ulteriore posta di danno comporterebbe una duplicazione risarcitoria; ove nel “ danno esistenziale “ si intendesse includere pregiudizi non lesivi di dirit- ti inviolabili della persona, tale categoria sarebbe del tutto illegittima, posto che simili pregiudizi sono irrisarcibili, in virtù del divieto di cui all’art. 2059 c.c.” (Cassazione, SS.UU., 11 novembre 2008).
Con riferimento al caso di specie non sussistono i requisiti specificatamen- te richiesti dall’art. 2059 c.c.: al di fuori delle ipotesi specificatamente pre- viste dalla legge (come l’art. 92 del Codice di Consumo per le ipotesi di inadempimento del contratto di viaggio) il danno morale è risarcibile, per il combinato disposto degli art. 2059 c.c. e 185 c.p., soltanto nel caso in cui esso derivi da un fatto illecito costituente reato, talché il risarcimento non è dovuto allorquando la responsabilità sia affermata sulla base di una pre- sunzione di legge o del riconoscimento di una responsabilità solo contrat- tuale (ex pluris Cassazione civile, sez. un., 22 maggio 2002, n. 7470).
Inoltre si osserva che i vizi genericamente lamentati dal cliente sono vizi di fabbrica e quindi non imputabili alla concessionaria venditrice e tutte le vicende di cui alla presente causa attengono alla “Garanzia del Produttore” e cioè ad un servizio offerto dal Produttore all’utilizzatore finale attraverso la rete di riparatori ufficiali di zona.
Il venditore è estraneo a tale rapporto e non può certamente essere tenu- to a risarcire i danni subiti dal cliente in conseguenza dei servizi offerti da soggetti terzi (riparatori autorizzati).
Sotto diverso profilo si osserva che i difetti di conformità presuntivamente lamentati dall’attore non sono certamente imputabili alla concessionaria che gli ignorava senza colpa.
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(continua): Come faccio a “girare” la richiesta di danni sui produttori del veicolo e della caldaia?
Nella fase stragiudiziale con una lettera in cui nega un propria responsabi- lità diretta e gira il tutto per i necessari approfondimenti ai due produttori.
In una fase contenziosa con la chiamata di terzo in garanzia. In entrambi i casi consiglio l’assistenza di un legale.
Ho riparato a mie spese un piccolo vizio (porta arcuata) di un camper. Non sono un riparatore autorizzato. Posso chiedere il rimborso al Pro-
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In linea teorica si!
Laddove dovesse essere confermata l’ipotesi che la porta era affetta da un vizio di produzione (e che non si è arcuata per un non corretto utilizzo), ai sensi dell’art. 131 Codice del Consumo entro un anno dalla riparazione può agire in regresso contro il responsabile del difetto di conformità facendosi rimborsare.
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Sotto diverso profilo si osserva che lei può agire anche ex contracto in quanto è principio giurisprudenziale consolidato che nelle vendite a cate- na “ciascuna vendita ha una autonomia a sé stante, con la conseguenza che il rivenditore può rivolgersi al proprio venditore per essere rivalso di quanto potrà essere costretto a pagare a sua volta al sub-acquirente, se quanto dovu- to a quest’ultimo debba considerarsi come parte integrante del danno da lui risentito, per la violazione degli obblighi contrattuali” (ex pluris Cass. Civile, sez. II, 6 dicembre 1995, n.12577).
Si parla sempre di garanzia di conformità ma cosa è la conformità?
Ai sensi del Codice del Consumo il venditore deve garantire che il bene venduto sia conforme al contratto. Il primo parametro per valutare la con- formità è il contratto di vendita. Il contratto indica le qualità e le caratteri- stiche che il bene deve possedere.
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In concreto bisogna prestare attenzione a tutte le specifiche tecniche indica- te nel contratto (motorizzazioni, allestimenti, numero posti omologati etc ).
Secondo la legge il bene si presume conforme se:
• È idoneo all’uso abituale
• È conforme alla descrizione che il venditore ne ha fatto
• Ha le qualità tipiche
• È idoneo all’uso particolare che il compratore ne vuole fare.
Secondo un celebre manuale dell’Adiconsum: “Il significato è che il Consu- matore ha diritto che il veicolo che acquista sia conforme al contratto, costitu- ito da ciò che è scritto, ma anche da ciò che è pubblicizzato, ciò che è detto in presenza di testimoni, ed anche dalla ragionevole aspettativa del Consuma- tore. Oggi il Venditore che “dà per scontato”, si affida a tradizioni, vanta virtù inesistenti, si fa del male, e va incontro a costi anche sostanziali.”
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Un cliente mi ha rilasciato 1.000 euro a titolo di caparra e poi due ac- conti da 5.000 euro, ora non vuole più il camper posso trattenere tutto quanto versato (caparra + acconti)?
Purtroppo no. Ai sensi dell’art. 1385 c.c. :
“Se al momento della conclusione (1326) del contratto una parte d all’altra, a titolo di caparra, una somma di danaro o una quantità di altre cose fungibili, la caparra, in caso di adempimento, deve essere restituita o imputata alla pre- stazione dovuta (1194).
Se la parte che ha dato la caparra inadempiente (1218), l’altra pu recedere dal contratto, ritenendo la caparra; se inadempiente invece la parte che l’ha ricevuta, l’altra pu recedere dal contratto ed esigere il doppio della caparra (1386,1826; att. 164).
Se per la parte che non inadempiente preferisce domandare l’esecuzione o la risoluzione (1453 e seguenti) del contratto, il risarcimento del danno regolato dalle norme generali (1223 e seguenti; att. 164).”
L’art. 1385 c.c. disciplina appunto la caparra confirmatoria che è cosa diver- sa dall’acconto: l’acconto è infatti un semplice anticipo sul prezzo.
Quindi lei può trattenere i 1.000 euro a titolo di risarcimento forfettario, recedendo dal contratto. In tal caso lei è liberato dal vincolo contrattuale, può vendere il mezzo ordinato a terzi o non ordinarlo neppure.
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Altrimenti può trattenere l’intera somma ma deve procedere giudizialmen- te verso il cliente per ottenere il risarcimento dei danni effettivamente su- biti dalla concessionaria che devono essere provati in concreto.
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Sto litigando con un cliente che da anni rifiuta di ritirare un camper perché avrebbe dei difetti. Posso rivenderlo a terzi e fargli causa per ottenere i danni?
Secondo la giurisprudenza “Nel contratto di compravendita va riconosciuto accanto all’istituto della rivendita per conto del compratore che abbia già ac- quistato la proprietà della cosa (art. 1515 c.c.), la legittimità della cosiddetta rivendita libera da parte del venditore il quale, nel diverso caso in cui il compra- tore non sia divenuto ancora proprietario della cosa, non è obbligato a tenere questa presso di sè per tutta la durata della causa intentata contro il compra- tore inadempiente, ma, durante lo svolgimento di essa, può liberamente riven- derla ad altri per proprio conto, esercitando una facoltà che gli compete e che non può essere contestata dal compratore.” (Cass. Civ. 22 maggio 1986, n. 3405 e negli stessi termini Cass. Civ. 5 luglio 1968, n. 2283).
Nel caso di specie il camper è stato rifiutato dal cliente per una serie di pre- tesi vizi ma non è divenuto di proprietà dello stesso (se non è stato effet- tuato il passaggio di proprietà). Del tutto legittimamente la concessionaria può rivendere il mezzo a terzi, esercitando la facoltà di rivendita libera del camper che non era divenuto proprietà del cliente.
Attenzione: se la questione attiene alla presenza di presunti vizi – al fine di tutelarsi nel giudizio di merito – le suggerisco di fare un atp (accertamento tecnico preventivo
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Un cliente ha acquistato un camper che ha presentato tanti difetti che ho sempre puntualmente riparato. mi chiede la risoluzione del con- tratto, è dovuta la risoluzione?
L’art. 130 del Codice di Consumo prevede la risoluzione solo come rimedio secondario ed alternativo rispetto una serie di rimedi alternativi (ripristino, sostituzione, riduzione prezzo).
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In particolare la risoluzione può essere chiesta solamente quando:
a) la riparazione e la sostituzione sono impossibili o eccessivamente one- rose;
b) il venditore non ha provveduto alla riparazione o alla sostituzione del bene entro il termine congruo di cui al comma sesto;
c) la sostituzione o la riparazione precedentemente effettuata ha arreca- to notevoli inconvenienti al consumatore.
Peraltro, l’ultimo comma dell’art. 130, afferma espressamente che“un difet- to di lieve entità per il quale non è stato possibile o è eccessivamente one- roso esperire i rimedi della riparazione o della sostituzione, non dà diritto alla risoluzione del contratto.”
Secondo molti giudici per arrivare alla risoluzione è necessario che i vizi siano tali da rendere il mezzo inidoneo all’uso suo tiico o da diminuirne grandemente il valore.
Comunque sia, anche nelle ipotesi di risoluzione, il consumatore non ha diritto alla integrale restituzione del prezzo ma, nel determinare l’importo la somma da restituire, si deve tener conto dell’uso del bene.
Uso del bene significa sia “l’utilità” che il consumatore ha tratto dal veicolo, sia il “deprezzamento del veicolo”.
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Un cliente ha saltato vari tagliandi sull’impermeabilizzazione e sono passati 4 anni dall’acquisto. Ora pretende l’intervento facendo pre- sente che la garanzia sulle infiltrazioni è di cinque anni. Come devo comportarmi?
In teoria il cliente ha perso la garanzia convenzionale e cioè la garanzia di buon funzionamento offerta dal produttore che, di regola, è condizionata all’effettuazione dei tagliandi prescritti dalla casa. Quindi il cliente dovreb- be essere decaduto dalla garanzia.
Ovviamente – trattandosi di una garanzia offerta dal produttore – le sug- gerisco di concordare con questo il da farsi e di farsi autorizzare in maniera espressa e chiara qualunque intervento.
Quanto alla garanzia legale questa è di due anni è quindi dovrebbe essere prescritta.
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Quanto ai tagliandi secondo l’interpretazione da preferirsi gli obblighi di garanzia sarebbero condizionati al “corretto uso” del bene: corretto uso vuol dire uso conforme alle indicazioni del produttore e perciò anche ob- bligo di assicurare la manutenzione ordinaria secondo le prescrizioni forni- te dal medesimo produttore.
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Un cliente di sostituirgli l’antenna satellitare. Ho montato una nuova antenna satellitare e ho tenuto la vecchia e per questo gli ho fatto un prezzo di favore. Ora il suo avvocato mi chiede di restituire la vecchia parabola (che ho venduto ad un altro cliente) perché si sarebbe creato un “deposito” e mi chiede di restituire quanto pagato. Che devo fare?
Suggerisco di scrivere all’avvocato facendo presente che il cliente ha libe- ramente deciso di procedere alla sostituzione della parabola con il nuovo modello e che tale seconda parabola è stata ceduta al cliente ad un prezzo di favore anche in considerazione del fatto che la concessionaria ritirava in permuta la precedente parabola. Nessun deposito si è quindi costituito.
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Un cliente mi ha fatto causa chiedendo una “riduzione del prezzo” di euro 37.500 per vari difetti alla meccanica (il camper si spegneva e non ripartiva): onestamente non capisco come abbia calcolato questo importo peraltro la concessionaria ha sempre cercato di ottenere la riparazione da parte delle officine autorizzate. Che faccio? Aggiungo che il veicolo è stato rivenduto a terzi ad un prezzo “normale”.
Deve contattare un legale esperto in materia e contestare la pretesa (astro- nomica) chiamando in causa il costruttore e forse anche il produttore della meccanica.
Di regola il cliente non può pretendere in prima battuta la riduzione del prezzo (che costituisce un rimedio secondario) in quanto il concessionario ha diritto di eseguire la riparazione (rimedio primario) così come previsto dall’art. 130 Cod. Cons.
Ed infatti il rimedio della riduzione del prezzo può essere richiesto al ven- ditore nell’ambito della Garanzia Legale di Conformità solo allorquando ri-
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corra una delle condizioni previste dal comma 7 dell’art. 130 Cod. del Cons. e cioè quando a) la riparazione sia impossibile o eccessivamente onerosa,
b) quando il venditore non abbia provveduto alla riparazione in un termine congruo, c) quando la riparazione ha arrecato notevoli inconvenienti.
La quantificazione della misura della riduzione del prezzo deve avvenire in relazione alla misura percentuale in cui il difetto incide sul valore del veicolo integro, al fine di mantenere proporzionalmente inalterato l’iniziale equivalenza tra cosa e prezzo contrattuale.
Secondo la Cassazione “La riduzione del prezzo va quindi operata diminuen- do il prezzo pattuito in una percentuale pari a quella rappresentante la meno- mazione che il valore effettivo della cosa consegnata subisce a causa dei vizi o della diversità di essa rispetto alla cosa negoziata.” (Cass. Civ. n.13332/01) e “L’azione per la riduzione del prezzo è finalizzata a ristabilire il rapporto di cor- rispettività tra prestazione e controprestazione, sicché la riduzione deve cor- rispondere alla differenza di valore determinata dal vizio della cosa venduta rispetto al prezzo contrattuale” (Cass. Civ. n. 12852/08).
In sostanza la giurisprudenza sembra aderire al cd. metodo relativo (già previsto dalla Convenzione di Vienna all’art. 50 e dal § 441.3 del BGB Tede- sco) per il quale deve accertarsi l’incidenza percentuale del vizio sul valore effettivo della cosa.
Nel caso di specie sussiste la prova che il presunto - e allo stato non prova- to - difetto di conformità non ha inciso in alcun modo sul valore del veicolo: l’attrice ha infatti rivenduto il veicolo a terzi al suo pieno valore di mercato. Se diversamente il difetto avesse inciso sul valore della res tale diminutio si sarebbe riprodotta sul valore commerciale del mezzo al momento della ven- dita a terzi, cosa che non è stato, con la conseguenza che deve affermarsi che il vizio non ha in alcun modo menomato il valore del mezzo di cui è causa.
Peraltro è noto che la riduzione del prezzo ex art. 130 Cod. Cons. Come deve essere “adeguata” (comma 2 dell’art. 130 Cod. Cons.) e “congrua” (comma 7 del citato articolo) e cioè deve soddisfare gli interessi del consumatore ma anche tutelare la posizione del professionista e comunque, ai sensi del comma 8 dell’art. 130 Cod. Cons., deve tener conto dell’uso del bene da parte del consumatore.
Ora, con riferimento al caso di specie, è evidente che una riduzione del prezzo di € 37.500 è del tutto incongrua e inadeguata tenuto conto del fat- to che l’attrice ha utilizzato il mezzo e della circostanza che lo ha rivenduto ad un prezzo in linea alla sua quotazione di mercato.
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· AVVOCATO DARIO DEVITOFRANCESCHI ·
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Quando inserisco sul contratto un termine di consegna sono vincolato a rispettarlo?
È importante quindi prevedere una “diversa pattuizione” altrimenti si appli- ca l’art. 61 Cod. Cons.
Bisogna prestare attenzione anche all’essenzialità del termine (es. se il cliente comunica che è essenziale rispettare il termine perché deve andare in vacanza etc ).
Il modello Assocamp è strutturato per rendere questo elemento del con- tratto oggetto di trattativa individuale con il cliente. Le parti infatti posso- no:
a) Non indicare alcun termine di consegna (ma si applica l’art. 61 Cod. Cons.)
b) Indicare il termine come orientativo
c) Indicare il termine come vincolante (salvo tolleranza)
Quindi non è possibile dare una risposta precisa senza esaminare il contrat- to comunque – di regola – l’apposizione di un termine può dar luogo ad una responsabilità per ritardo.
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Ho fatto firmare al cliente una proposta di acquisto e mi sono fatta dare la caparra. Tuttavia mi sono accorta che il modello indicato non “esiste” (a livello di combinazione meccanica allestimenti). Sono vin- colata? Il contratto non è stato ancora firmato dalla concessionaria.
La semplice sottoscrizione da parte di un cliente di un ordine o di una pro- posta – finché non vi è accettazione – non è vincolante! Avete raccolto una ordine ma non avete un contratto!
Le consiglio quindi di mandare al cliente una raccomandata in cui comu- nicate di non accettare la proposta restituendo la caparra che avesse even- tualmente prestato.
Contrattualmente non dovreste avere problemi. In teoria il cliente potreb- be cercare di far valere una eventuale responsabilità precontrattuale per violazione delle regole di correttezza professionale nello svolgimento delle trattative.
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· RISPOSTE AI QUESITI DEI CONCESSIONARI ASSOCAMP ·
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In questo caso però il risarcimento è limitato al cd. interesse negativo e cioè all’interesse del cliente a non perdere tempo in trattative inutili.
Che cos’è la garanzia legale di conformità? Cosa deve garantire il con- cessionario? Quali difetti sono coperti?
Il venditore deve garantire che il mezzo sia conforme alla descrizione con- trattuale e che abbia le altre caratteristiche previste dal Codice del Consu- mo (deve essere idoneo all’uso abituale, conforme alla descrizione che il venditore ne ha fatto, possedere le qualità tipiche ed essere idoneo all’uso particolare che il compratore ne vuole fare).
Attenzione: il venditore è responsabile nei confronti del consumatore per qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna: ciò vuol dire che il difetto deve essere presente al momento della consegna anche se potrebbe non essersi manifestato.
Se il difetto si manifesta entro 6 mesi si presume che già esistesse al mo- mento della consegna (salva la facoltà del concessionario di provare il con- trario). Negli altri casi spetta al consumatore provare che il difetto esistesse al momento della consegna.
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Un cliente ci chiede la sostituzione di un veicolo per una serie di piccoli difetti. Ovviamente per noi sostituire il veicolo sarebbe disastroso in quanto dovremmo ricomprarlo dal produttore. È mai possibile che la legge preveda la sostituzione di beni che possono arrivare a costare anche 80.000 euro?
Effettivamente la legge prevede (tra i vari rimedi) anche la sostituzione.
Questa legge non è stata pensata specificatamente per il nostro settore ma si applica a tutti i beni di consumo. Ovviamente il rimedio della sostitu- zione va bene per un frullatore o una penna stilografica ma non (o almeno non sempre) per un autocaravan.
In generale il consumatore non può chiedere il rimedio che risulti oggetti- vamente impossibile (ad es. la sostituzione di un veicolo fuori produzione) o eccessivamente oneroso.
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Secondo il codice eccessivamente oneroso è il rimedio che impone al con- cessionario spese irragionevoli tenuto conto:
a) del valore del bene privo del difetto
b) dell’entità del difetto
c) di eventuali inconvenienti per il consumatore
Nella mia esperienza professionale tutti i CTU incaricati dai Tribunali nel corso di diversi giudizi hanno sempre ritenuto il rimedio del sostituzione del camper eccessivamente oneroso per la concessionaria e quindi l’hanno ritenuto “non dovuto”.
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Un concessionario utilizza su internet il logo di un produttore del qua- le in realtà non è rivenditore ufficiale. Invero non possiede neppure gli standard contrattuali. Cosa si può fare?
Di regola i produttori hanno rete di vendita selezionata ed operante secon- do un sistema basato su criteri selettivi definiti dalle medesime case pro- duttrici e il contratto di concessione di vendita prevede una serie di “stan- dard contrattuali” che il concessionario deve possedere per far parte della rete (es. disporre di un’officina con almeno una postazione di lavoro, avere un ufficio destinato in via esclusiva alla vendita, acquistare uno stock mini- mo di ricambi, avere un area espositiva separata, garantire l’esposizione di almeno 5 veicoli, esporre simboli e bandiere della casa costruttrice etc…).
Ai sensi del Regolamento n.1400/02 “per sistema di distribuzione selettiva si intende un sistema di distribuzione nel quale il fornitore si impegna a vendere i beni ed i servizi oggetto del contratto, direttamente o indirettamente, solo a distributori o riparatori selezionati in base a criteri specifici…” e “per sistema di distribuzione selettiva basato su criteri qualitativi si intende un sistema di distribuzione selettiva nel quale il fornitore utilizza per la selezione dei distri- butori … criteri di carattere esclusivamente qualitativo, richiesti dalla natura dei beni … che sono stabiliti in maniera uniforme per tutti i distributori … che chiedono di far parte del sistema di distribuzione, non sono applicati in modo discriminatorio…”
Allora quello che bisogna fare è scrivere al Produttore interessato chieden- do chiarimenti in merito all’attività posta in essere dalla Concessionaria in quanto la distribuzione di veicoli a e/o da soggetti privi degli “standard
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contrattuali” richiesti dal costruttore può configurare un inadempimento rispetto al contratto di concessione di vendita e/o un atto di concorrenza sleale e/o una violazione degli obblighi di correttezza e buona fede.
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Ho frequentato i corsi Assocamp e vorrei avere qualche informazione su“diritto di regresso”. Posso veramente chiedere ai costruttori il costo degli interventi? E, se si, entro quanto tempo?
Il consumatore non ha un rapporto contrattuale con il produttore e infatti è il venditore che è tenuto ad applicare i rimedi di cui all’art. 130 Cod. Con- sumo (es. riparazione, sostituzione, risoluzione, riduzione del prezzo).
Il venditore è il legittimato passivo di qualsivoglia azione intrapresa dal consumatore.
Quando il concessionario presta uno di questi interventi a causa di un di- fetto di produzione imputabile al Produttore ha diritto a vedersi “rimborsa- to” quanto “speso” per il rimedio prestato (es. costo della riparazione).
Ai sensi dell’articolo 131 del Codice del Consumo (Diritto di regresso) il ven- ditore finale, quando è responsabile nei confronti del consumatore a causa di un difetto di conformità imputabile ad un’azione o ad un’omissione del produttore ha diritto di regresso, salvo patto contrario o rinuncia, nei con- fronti del soggetto o dei soggetti responsabili facenti parte della suddetta catena distributiva.
La norma prevede anche che il venditore finale che abbia ottemperato ai rimedi esperiti dal consumatore, può agire, entro un anno dall’esecuzione della prestazione, in regresso nei confronti del soggetto o dei soggetti re- sponsabili per ottenere la reintegrazione di quanto prestato.
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Ho eseguito riparazioni su di un camper a marzo, il cliente lamentava un malfunzionamento al frigorifero. A ottobre mi scrive il suo legale il quale riferisce di perdite di gas riscontrate nel mezzo e sostiene che queste ultime sarebbero dovute al mio intervento. Che devo fare?
Nel momento in cui un riparatore si accorda con un cliente per la ripara- zione del veicolo di quest’ultimo conclude un contratto che di volta in vol- ta può essere qualificato d’opera o di appalto, a seconda delle dimensioni dell’impresa e della sua organizzazione (in estrema sintesi se si tratta di un artigiano che presta prevalentemente il proprio lavoro stipula un contratto d’opera, se si tratta di una grande società dotata di personale e di organiz- zazione stipula un contratto di appalto).
In entrambi i casi, comunque, qualora il cliente riscontri successivamente un vizio dovrà provvedere a denunciare il problema entro un termine pre- ciso: 8 giorni dalla scoperta se è contratto d’opera, 60 giorni dalla scoperta se è contratto d’appalto.
Nel caso di specie pare quantomeno singolare che con un intervento svolto a marzo si manifesti una perdita di gas dovuta al frigorifero a ottobre. Visto il tipo di mezzo, si presume, tra l’altro, che il cliente l’abbia utilizzato quan- tomeno nelle vacanze estive. Vi è quindi da verificare innanzitutto quando si è manifestato il problema e se il cliente lo ha denunciato nei termini.
Il secondo passo da compiere è quello di invitare formalmente per iscritto il cliente (con raccomandata a/r in modo che si possa dimostrare l’invio) a condurre il mezzo presso la propria sede per controllare la causa del difetto (si avrà così modo di comprendere se è plausibilmente riconducibile all’in- tervento di riparazione).
Nel caso di difetto riconducibile alla riparazione e a denuncia tempestiva- mente presentata, il cliente avrà diritto ad ottenere l’eliminazione dei vizi a spese del riparatore o ad una riduzione proporzionale del prezzo (salvo il diritto altresì al risarcimento del danno).
Tale disciplina non è da confondere con quella riguardante i difetti di conformità dei beni venduti. Totalmente diversa è l’ipotesi di un vizio ri- scontrato in seguito a una vendita e come tale viene diversamente disci- plinata.
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Il mio venditore ha fatto sottoscrivere la proposta di acquisto di una caravan al cliente ma si è scordato di fargli apporre la seconda firma, quella che segue l’elencazione degli articoli del contratto ex artt. 1341 e 1342 c.c.. Che rischi corro?
Il richiamo di alcune clausole contrattuali ai sensi dell’art. 1341 e 1342 c.c. ha lo scopo di attirare l’attenzione del contraente più debole su determina- te disposizioni del contratto che per lui potrebbero essere particolarmente onerose.
Le norme indicate valgono nel caso in cui le condizioni generali di con- tratto siano predisposte da uno soltanto dei contraenti e nel caso in cui il contratto sia concluso mediante la sottoscrizione di moduli o formulari (circostanza che si verifica pressoché costantemente per le vendite con- cluse dai concessionari poiché solitamente adottano proprio un modulo predisposto).
Ai sensi dell’art. 1341 c.c. (richiamato anche dall’art. 1342 c.c.) “non hanno effetto, se non sono specificamente approvate per iscritto, le condizioni che stabiliscono, a favore di chi le ha predisposte, limitazioni di responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l’esecuzione, ovvero sanci- scono a carico dell’altro contraente decadenze, limitazioni alla facoltà di op- porre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi, tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria”.
Dunque, in mancanza della firma di cui al quesito, un giudice potrebbe far dichiarare inefficaci quelle clausole contrattuali, se ritenute rientranti nelle fattispecie sopra descritte.
Si ricorda, infine, che se il cliente fosse un consumatore, si applicherebbe l’art. 33 del codice del consumo che dichiara come vessatorie le clausole contrattuali che “determinano a carico del consumatore un significativo squi- librio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto”. Il medesimo articolo elenca tutta una serie di condizioni che si presumono vessatorie fino a pro- va contraria (ad es quelle che escludono o limitano le azioni o i diritti del consumatore nei confronti del professionista in caso di inadempimento, quelle riguardanti la caparra o la penale, quelle che conferiscono solo al professionista e non al consumatore il diritto di recesso ecc.).
Le clausole vessatorie sono ritenute nulle.
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Salvo alcune esclusioni, comunque, possono evitare una declaratoria di nullità qualora siano state oggetto di trattativa individuale tra il professio- nista e il consumatore.
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Il mio contratto richiama, ai sensi dell’art. 1341 e 1342 c.c., tutte le clausole. Mi sento così più tranquillo e non temo che qualche cliente mi accusi di aver inserito in contratto clausole vessatorie. È corretto?
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Non è corretto: il richiamo indiscriminato di tutte le clausole non vale ai sensi dell’art. 1341 c.c. Ha stabilito infatti la Corte di Cassazione che:” Il ri- chiamo in blocco di tutte le condizioni generali di contratto o di gran parte di esse, comprese quelle prive di carattere vessatorio, e la sottoscrizione indi- scriminata delle stesse, sia pure apposta sotto la loro elencazione secondo il numero d’ordine, non determina la validità ed efficacia, ai sensi dell’art. 1341, secondo comma, cod. cov., di quelle onerose, non potendosi ritenere che in tal caso sia garantita l’attenzione del contraente debole verso la clausola a lui sfavorevole compresa fra quelle richiamate” (Cass. civ. Sez. VI - 2 Ordinanza, 11-06-2012, n. 9492).
Posso inserire una penale per inadempimento nel mio contratto di compravendita della misura del 20%?
La clausola penale è una particolare clausola del contratto con la quale le parti stabiliscono in via forfettaria e preventiva l’ammontare del risarcimen- to del danno causato dall’inadempimento o dal ritardo nell’adempimento di una delle due parti.
In caso di inadempimento la penale è dovuta dalla parte inadempiente anche se l’altra parte non dimostra concretamente di aver subito un dan- no (per contro quest’ultima non può chiedere un maggior ammontare, se il danno effettivamente subito è superiore alla penale, salvo che sia stata convenuta la risarcibilità del danno ulteriore).
La penale può essere ridotta dal giudice se quest’ultimo la ritiene manife- stamente eccessiva.
Non è però fissato dalla legge un limite entro cui ritenere la penale non manifestamente eccessiva, sarà il giudice di volta in volta a eseguire le op-
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portune valutazioni (tenuto conto anche dell’interesse che la parte adem- piente aveva all’adempimento dell’altra parte).
Se il cliente è un consumatore, poi, bisogna tener presente che il Codice del Consumo ritiene vessatoria una clausola che preveda una penale manife- stamente eccessiva.
Ricapitolando, se secondo il codice civile il giudice può ridurre l’ammon- tare della penale, secondo il Codice del Consumo invece la clausola può essere dichiarata nulla (salvo venga dimostrata dal venditore l’esistenza di una trattativa individuale sul punto).
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Ad ogni modo, in luogo della penale è usata solitamente la caparra confir- matoria che, come la penale, non richiede la dimostrazione dell’effettivo danno subito ma che fornisce il vantaggio di ottenere subito la somma in questione (al momento della conclusione del contratto. Mentre la pena- le viene richiesta in seguito all’inadempimento) e di poterla quindi diret- tamente trattenere una volta riscontrato l’inadempimento. Se si tratta di consumatore, però, non bisogna dimenticare che la caparra deve essere prevista parimenti sia per l’inadempimento del compratore che per quello del venditore.
Trascorsi 10 mesi dall’acquisto di un camper usato, il cliente lamenta tracce di umidità nella mansarda. Cosa devo fare? Devo provvedere alla riparazione?
Come ricordato più volte in passato, il vizio di conformità a cui il venditore è chiamato a porre rimedio è un vizio che esisteva già al momento della consegna del mezzo, non qualsiasi tipo di difetto.
Ciò significa che se il problema si manifesta per puro caso fortuito o per l’utilizzo errato che il cliente fa del veicolo non può essere chiamato il ven- ditore a risponderne!
Il primo consiglio (di buon senso) che si suggerisce sempre in questo caso è quello di contattare il cliente per esaminare il mezzo. Solo l’esame diretto permetterà al concessionario di capire se il difetto lamentato è riconducibi- le ad un difetto di produzione presente al momento della consegna (o an- che di installazione, se si tratta di accessorio o di componente da lui mon- tato) o no. Meglio rivolgere al cliente un invito scritto nel quale precisare
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altresì che, a quanto risulta, il bene consegnato non aveva alcun difetto ma che ci si riserva di verificarne la sussistenza e la causa.
Bisogna inoltre ricordare che il cliente non potrà pretendere da un veico- lo usato la stessa vita residua e la stessa funzionalità di un veicolo nuovo. L’analisi delle condizioni del mezzo ne dovranno pertanto tener conto (la rottura di una cinghia in un veicolo di 150.000 Km, ad esempio, potrebbe essere ritenuta evento naturale, contrariamente alla rottura della medesi- ma cinghia verificatasi in un veicolo appena immatricolato).
A vantaggio del concessionario, in questo caso, vi è altresì il tempo trascor- so tra la consegna del bene e la denuncia del difetto. Entro i primi sei mesi dalla consegna, infatti, si presume che il vizio riscontrato fosse presente anche al momento della consegna stessa. Sta al venditore dare la prova contraria (attività solitamente ardua).
Decorsi i primi sei mesi, invece, sarà il cliente a dover dimostrare che si trat- ta di difetto già esistente, con tutte le difficoltà del caso.
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Nel contratto di compravendita ho scritto “consegna massima del- la caravan entro gennaio”. È marzo, il produttore non me l’ha ancora consegnata ed il legale del cliente, dopo avermi sollecitato a febbraio la consegna, mi scrive che quello indicato in contratto è da ritenersi termine essenziale e che pertanto il contratto è da intendersi risolto. È vero?
Per termine essenziale si intende quel termine superato il quale la presta- zione sarebbe inutile per chi la pretende. Meglio fare un esempio pratico per comprendere più agevolmente: pensiamo ad una futura sposa che si rivolga ad un atelier che le confezioni l’abito. È evidente che la consegna del vestito oltre il termine previsto (quello della cerimonia) non le sarebbe di alcuna utilità.
La valutazione dell’essenzialità deve essere svolta avendo riguardo, da un lato, alle espressioni utilizzate dalle parti nel contratto e dall’altro (soprat- tutto) alla natura e all’oggetto del contratto stesso. È necessario accertare se il decorso inutile del termine ne generi la perdita di utilità.
Non può essere ricavata da semplici espressioni di stile (per esempio “entro e non oltre”), ma deve essere valutata concretamente e tale valutazione è
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una valutazione di merito di competenza del giudice.
Proprio con riguardo alla consegna di un veicolo il Tribunale di Padova (sentenza del 26.07.2003) si è espresso stabilendo che “la dicitura “conse- gna massima entro” una certa data è generica e non consente affatto di rite- nere che le parti di un contratto di compravendita (nella specie, di un veicolo) abbiano inteso prevedere un termine essenziale, nell’interesse dell’acquirente, oltre il quale possa ritenersi che quest’ultimo non avesse più interesse alla con- segna del bene acquistato; tanto più qualora dai documenti prodotti si evinca che l’attore anche dopo tre mesi dalla scadenza del termine ha sollecitato l’a- dempimento del contratto, con ciò dimostrando in modo inequivoco di avere ancora interesse alla prestazione”.
Vi sono dunque buoni motivi per contestare al legale del cliente l’essenzia- lità del termine. Il contratto non è da intendersi risolto di diritto (immedia- tamente), come sarebbe invece nel caso di mancato rispetto del termine essenziale.
Va da sé, tuttavia, che è meglio attivarsi affinchè la consegna avvenga nel minor tempo possibile (e secondo le clausole di “tolleranza” previste dal contratto) onde evitare di incappare in azioni giudiziali per la risoluzione.
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Sono in difficoltà nei pagamenti con il fornitore. Ho intenzione di re- golarizzare le mie posizioni a breve ma nel frattempo avrei dovuto immatricolare e consegnare un veicolo già pagato. Naturalmente il fornitore non mi invia il certificato di conformità necessario per l’im- matricolazione. Il cliente mi chiede se può pretenderlo direttamente dal mio fornitore e provvedere lui all’immatricolazione…
Premesso che:
- il venditore è responsabile nei confronti del proprio cliente per quanto concerne l’adempimento delle obbligazioni assunte nel contratto (tra le quale rientra altresì la consegna dei documenti necessari per la circolazio- ne)
- il cliente può quindi agire nei suoi confronti per ottenere giudizialmente l’adempimento (con eventuale risarcimento dei danni subiti a causa del ritardo) o la risoluzione del contratto (con eventuale risarcimento dei danni dovuti all’inadempimento)
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- una simile situazione può ingenerare responsabilità anche nei confron- ti del fornitore con conseguente risoluzione del contratto di concessione (molti di essi, infatti, prevedono la risoluzione immediata in caso di manca- to pagamento o di insolvenza)
vi è giurisprudenza che stabilisce che nel caso di vendita a catena di auto- veicoli, l’ultimo compratore è legittimato ad agire onde ottenere la con- segna dei documenti di idoneità alla circolazione e all’immatricolazione (necessari all’uso del veicolo così come quelli occorrenti per la trascrizione dell’acquisto del pubblico registro automobilistico) non solo in via diretta contro il proprio venditore ma anche, in via surrogatoria, congiuntamente contro tutti i precedenti venditori.
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Vorrei offrire il rimessaggio nel periodo invernale ad alcuni miei clien- ti. Custodisco i mezzi in area aperta ma recintata ed ho avuto recen- temente qualche furto. Posso redigere un contratto che escluda ogni mia responsabilità?
Nel caso del rimessaggio si configura il contratto di deposito con la conse- guente nascita dei relativi diritti ed obblighi in capo alle parti.
Con il deposito una parte riceve dall’altra una cosa mobile con l’obbligo di custodirla e restituirla (art. 1766 cc).
Il contratto di deposito si presume gratuito, a meno che dalla qualità pro- fessionale del depositario o da altre circostanze si debba desumere una diversa volontà delle parti.
Nel custodire il bene il depositario deve usare la diligenza del buon padre di famiglia, ma, qualora il deposito sia gratuito, la legge impone di valutare con minor rigore la responsabilità per colpa.
Il depositario, anche nell’ipotesi di deposito gratuito, per liberarsi da ogni responsabilità deve provare l’imprevedibilità e l’inevitabilità della perdita della cosa, ovvero che la perdita o il deterioramento del bene sono dovuti a fatto a lui non imputabile verificatosi malgrado abbia utilizzato la diligenza del buon padre di famiglia (e quindi ogni accortezza volta ad evitare l’even- to dannoso). Qualora il veicolo depositato presso il concessionario del que- sito subisse un furto, quindi, il concessionario stesso dovrebbe dimostrare di aver utilizzato ogni rimedio utile al fine di evitarlo (antifurti, videosorve-
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glianze, opportune chiusure ecc. ecc). Difficile prevedere in anticipo e con certezza, tuttavia, quanto un giudice riterrebbe necessario per la diligenza nella custodia.
Al fine di evitare la responsabilità inerente al contratto di deposito, si era sostenuto che si trattasse, piuttosto, di locazione di un’area. La Corte di Cassazione ha però stabilito che la tesi non può essere accettata perché l’obbligazione principale del gestore dell’area, in relazione a quello che è l’interesse prevalente del proprietario dell’autoveicolo, è certamente quel- la di custodire il veicolo proprio al fine di evitare di lasciarlo in luogo pub- blico, con i conseguenti rischi relativi alla mancanza di custodia.
Nessuna rilevanza quindi può essere data alle clausole di esclusione della responsabilità per il furto o i danni eventualmente contenute nel contratto di rimessaggio.
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Tali clausole, infatti, configurano un atto limitativo delle obbligazioni tipi- che del contratto di deposito.
Un cliente mi vuole lasciare in “conto vendita” il suo veicolo usato. Mi deve conferire anche una procura?
La necessità o meno della procura dipende dalle intenzioni del cliente e del concessionario.
Se il concessionario si limita ad esporre il veicolo e, nel caso trovi un acqui- rente, lo metta in contatto con il proprietario per la vendita, non è necessa- ria alcuna procura.
Il trasferimento della proprietà avviene direttamente tra i due privati.
Se invece il concessionario vuole curare direttamente la vendita ed il pas- saggio di proprietà ai fini dell’iscrizione al PRA, deve essere munito di pro- cura che dimostri che il proprietario del veicolo gli ha conferito il relativo mandato a vendere a suo nome e per suo conto.
Secondo l’art. 1392 c.c. “la procura non ha effetto se non è conferita con le forme prescritte per il contratto che il rappresentante deve concludere”. Dun- que, visto che per la registrazione del passaggio di proprietà è necessaria la firma autenticata di venditore e compratore, anche la procura seguirà la stessa sorte. Sarà pertanto necessario che la sottoscrizione di chi la rilascia sia autenticata (dal notaio o da chi per lui).
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Nel febbraio 2011 ho consegnato ad un cliente il camper usato che ave- va acquistato presso la mia concessionaria. A gennaio 2013 mi scrive il suo legale lamentando problemi di infiltrazioni e conseguente mar- citura dei materiali che, a suo dire, sarebbero dovuti a vizio di produ- zione. Eppure prima della consegna avevo eseguito anche il tagliando infiltrazioni e misurato l’umidità presente, tutto risultava regolare…
Come ormai bene sappiamo, secondo l’art. 132 del Codice del Consumo, il venditore è responsabile per un difetto di conformità quando lo stesso si manifesta entro due anni dalla consegna del bene.
Nel caso di compravendita di un bene usato detta garanzia legale può es- sere ridotta ad un anno se espressamente pattuito tra le parti.
Nel caso di specie la restrizione era stata espressamente indicata in con- tratto e richiamata ex artt. 1341 e 1342 c.c. ed al venditore, dunque, non si poteva imputare alcunchè.
Ma, anche nel caso in cui non vi fosse stata tale espressa indicazione (e la garanzia fosse stata quindi da ritenersi efficace per due anni), a oltre sei mesi dalla consegna (altra circostanza che oramai dovremmo bene cono- scere) sarebbe stato onere del cliente dimostrare che le infiltrazioni (o le cause delle infiltrazioni) erano già presenti al momento della consegna stessa. Ed il tutto avrebbe dovuto essere rapportato all’anzianità e all’usura del mezzo.
Dalla sua in questo caso il concessionario avrebbe avuto anche il fatto di aver eseguito specifico tagliando prima della consegna. Dimostrando che tramite il tagliando non aveva rivelato alcun problema, in teoria, avrebbe potuto essere libero da ogni responsabilità.
Respinte le richieste epistolari di controparte, quest’ultima promosse un accertamento tecnico preventivo chiedendo che il giudice nominasse un perito per far esaminare lo stato del mezzo e le cause delle infiltrazioni. Il giudice rigettò la domanda (senza nemmeno nominare il perito) e la con- dannò a risarcire le spese di causa al concessionario.
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Ho venduto ad un cliente un impermeabilizzante da stendere sul telo del suo camper. Gli ho spiegato esattamente cosa deve fare poiché le istruzioni erano in tedesco, ma lui evidentemente non l’ha steso nel
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modo corretto. Ora mi scrive il suo legale sostenendo che il prodotto da me venduto ha causato notevoli danni al telo…
Il quinto comma dell’art. 129 del Codice del Consumo recita :”il difetto di conformità che deriva dall’imperfetta installazione del bene di consumo è equiparato al difetto di conformità del bene quando l’installazione è compresa nel contratto di vendita ed è stata effettuata dal venditore o sotto sua respon- sabilità. Tale equiparazione si applica anche nel caso in cui il prodotto, conce- pito per essere installato dal consumatore, sia da questo installato in modo non corretto a causa di una carenza delle istruzioni di installazione”.
La norma è da tener presente per tutti quei casi in cui si installano accessori o si vendono prodotti/accessori la cui installazione deve essere fatta dal cliente.
Nel caso di specie da una parte abbiamo istruzioni che potrebbero essere ritenute non sufficienti (a ben guardare, infatti, le istruzioni di ciò che ac- quistiamo sono solitamente espresse in tutte le lingue utili al fine di evitare proprio la carenza) e dall’altra a tale carenza aveva sopperito il venditore con le sue spiegazioni.
Si tratta quindi principalmente di un problema probatorio ovvero della necessità di dimostrare che tali istruzioni erano state fornite e che erano esaurienti e chiare.
Se c’è possibilità, in un eventuale giudizio, di fornire tale prova il venditore può ritenersi liberato.
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Ho venduto un camper usato. Non ne ho più saputo nulla finché non ho ricevuto una missiva dalla compagnia di assicurazione del cliente: il camper era stato ricoverato presso un’altra officina per delle ripara- zioni e lì aveva preso fuoco. L’assicurazione aveva risarcito il danno e poi tentava di agire in rivalsa nei confronti della mia ditta e dell’offici- na che aveva eseguito le dette riparazioni…
Respinto ogni addebito poiché si riteneva non responsabile dell’accaduto, il concessionario riceveva chiamata in giudizio da parte dell’officina che a sua volta era stata citata dall’assicurazione. L’officina aveva eseguito un in- tervento proprio nella zona che aveva interessato l’incendio ma sosteneva che lo stesso fosse stato causato da un difetto di conformità del frigorifero.
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Contemporaneamente sosteneva che, trattandosi di difetto manifestato- si entro sei mesi dalla consegna, sarebbe stato il concessionario a dover eventualmente provare che non si trattava di vizio di conformità.
Come più volte indicato, il venditore non deve rispondere di ogni difetto presente sul bene venduto ma solo di quei vizi che esistevano al momento della consegna. Entro i primi sei mesi dalla consegna stessa spetta a lui pro- vare che al momento della consegna un difetto non c’era. Tuttavia (come riconosciuto anche da un giudice di merito nella cui decisione abbiamo avuto occasione di imbatterci per un altro concessionario) il cliente non è esentato da dimostrare che un vizio c’è.
In questo caso, distrutto il mezzo a causa dell’incendio, non era possibile risalire alla presenza o meno di un difetto, indipendentemente dal fatto che questo fosse vizio di conformità o meno.
Mancava quindi totalmente la prova dell’esistenza di un vizio. A favore poi del concessionario altri fondamentali punti:
• non era stato denunciato nessun difetto (con conseguente decadenza come da codice del consumo)
• il concessionario non era nemmeno stato avvisato del fatto che il vei- colo fosse in riparazione
• chi agiva vantando pretese nei suoi confronti non era il cliente ma l’of- ficina che aveva eseguito le riparazioni la quale non aveva avuto alcun rapporto contrattuale con il concessionario. Se avesse voluto esercitare un’azione extracontrattuale lo avrebbe dovuto fare, semmai, nei con- fronti del responsabile del difetto, ovvero del produttore.
È conveniente, comunque, in questi casi chiedere il coinvolgimento in giu- dizio del produttore affinchè vi partecipi e non possa poi successivamente lamentare di esserne rimasto estraneo e sostenere che le decisioni così ap- plicate al venditore non sono a lui opponibili.
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Il contratto tra la mia concessionaria ed il produttore X si è risolto. Mi capita però di fare ancora qualche riparazione come riparatore gene- rico ed ho chiesto a X di vendermi i ricambi. Mi ha risposto di rivolger- mi a qualche concessionario/riparatore autorizzato X, ma a me non sta bene perché finisco per pagare i pezzi ad un prezzo maggiore.
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Secondo la regolamentazione europea il produttore (ed il distributore) non può impedire ai riparatori indipendenti (ovvero a quei riparatori che non fanno parte della sua rete) di acquistare i suoi ricambi. Il suo comporta- mento costituirebbe altrimenti un grosso limite alla concorrenza a discapi- to del consumatore.
Tuttavia lo stesso produttore, salvo che abbia previsto apposita riserva nel contratto di concessione/riparatore utilizzato con i concessionari della sua rete, non può vendere direttamente detti ricambi, deve commercializzarli tramite la rete.
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Vorrei risolvere il mio contratto di concessione con il produttore Y, i rapporti si sono ormai deteriorati. Mi dicono però i miei colleghi che, per legge, perderei anche la possibilità di proseguire l’attività di ripa- ratore autorizzato. È vero?
Bisogna innanzitutto considerare il contratto che disciplina i rapporti (o i contratti). Si potrebbe trattare di un unico contratto che prevede la figura del concessionario/riparatore autorizzato o di due diversi contratti, uno per la concessione di vendita e l’altro per la riparazione.
Nel secondo caso, ovviamente, sta al concessionario accordarsi con il pro- duttore (se possibile) per mantenere in vita il contratto di riparatore auto- rizzato.
Nel primo caso o nel caso in cui non si trovi un accordo con il produttore, invece, bisogna verificare qual è il sistema di distribuzione scelto dal pro- duttore per la propria rete.
Solitamente per quanto riguarda i ricambi pressochè tutti i produttori scel- gono il sistema di distribuzione selettiva qualitativa.
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Ciò significa che ogni soggetto che abbia gli standard qualitativi stabiliti per far parte della rete dei riparatori autorizzati può fare domanda per di- ventarlo (e deve ottenere, sempre che abbia detti standard, risposta affer- mativa dal produttore).
Ho ricevuto l’incarico di provvedere ad alcune riparazioni su un vec- chio camper usato.
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Ora il cliente non viene più a ritirare il mezzo e a saldare il corrispetti- vo, cosa posso fare?
È opportuno innanzitutto mettere in mora per iscritto il cliente, comuni- candogli che le riparazioni sono state eseguite e che, previo pagamento del prezzo, deve venire a ritirare il veicolo.
Se nonostante i solleciti (eseguiti anche tramite legale, se non sortiscono effetti quelli fatti direttamente) l’inadempimento del cliente persiste non è possibile, come sarebbe volontà di molti, abbandonare il veicolo nella pubblica via.
In seguito all’affidamento per le riparazioni nasce infatti un dovere di cu- stodire il bene con la c.d. diligenza del buon padre di famiglia.
Non bisogna però scordare che se sono state eseguite riparazioni che han- no apportato miglioramenti il credito del riparatore è un credito che gode di privilegio sui beni riparati.
Ma non solo. Il riparatore ha diritto di ritenzione del bene finchè non è sod- disfatto del suo credito e può anche farlo vendere tramite pubblico incanto e soddisfarsi con il ricavato secondo le norme sul pegno.
Dunque il legale incaricato potrà avviare una procedura che consisterà dapprima nella notifica tramite ufficiale giudiziario di un atto in cui verrà intimato al cliente di pagare il debito e gli accessori.
Seguirà, in caso di mancato ritiro e pagamento, un’istanza di vendita al pubblico incanto da presentarsi al giudice competente per l’esecuzione. In seguito alla vendita il riparatore potrà soddisfare il suo credito con il rica- vato dell’incanto.
In alternativa alla vendita il riparatore potrà anche richiedere al giudice dell’esecuzione l’assegnazione del veicolo, fino alla concorrenza del debito, secondo la stima da farsi con perizia o secondo il prezzo corrente, se la cosa ha un prezzo di mercato.
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Ho noleggiato un veicolo assicurato con la c.d. “polizza kasko”. Alla riconsegna scopro che il cliente vi ha arrecato un danno. Contatto la compagnia di assicurazione ma non riesco a trovare un accordo sulla quantificazione del danno. Mi viene fatto poi presente che la polizza che ho sottoscritto prevede una procedura conciliativa tramite arbitri. Cosa devo fare?
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In particolare nel caso di specie la polizza prevedeva la possibilità (e non l’obbligo) di ricorrere alla procedura arbitrale, ma il noleggiatore, frain- tendendo le condizioni del contratto, aderiva alla procedura conciliativa pensando che fosse un obbligo. Chiedeva poi se, naufragato il tentativo di conciliazione arbitrale, fosse possibile procedere con una causa ordinaria.
Il primo passo da compiere in ogni caso è quello di esaminare le condizioni di polizza.
Se la polizza prevede l’obbligo di ricorrere alla conciliazione (o all’arbitrato) prima di agire avanti a un giudice ordinario, è necessario seguire tale pro- cedura.
Sono infatti le condizioni di polizza a disciplinare il rapporto tra la compa- gnia assicurativa e l’assicurato.
Se invece la conciliazione è prevista come mera facoltà delle parti, l’assicu- rato può scegliere serenamente tra le due opzioni a seconda di quella che meglio si confà alla sua situazione.
Valuterà dunque la celerità delle due diverse procedure, i diversi costi delle stesse, la sua necessità di provvedere o meno alla riparazione del mezzo in tempi brevi ecc.
Naturalmente i tempi tecnici di una procedura conciliativa solitamente sono molto più veloci.
Nel caso in questione, avendo l’assicurato/noleggiatore acconsentito per iscritto a procedere in via conciliativa, non poteva scegliere la via “ordina- ria” prima di aver portato a termine la prima.
Non essendosi accordati i due periti nominati (rispettivamente dal conces- sionario e dall’assicurazione) la polizza prevedeva la nomina di un terzo ad opera del presidente del tribunale.
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Ho venduto ad un consumatore un autocaravan ed ora questi non vuole adempiere al contratto (saldandomi il corrispettivo) perché so- stiene che era sua convinzione che il funzionamento del frigorifero fosse a gas, ma così non è. Nel contratto non sono specificate le carat- teristiche del frigorifero.
Secondo l’art. 129 del Codice del Consumo: “Si presume che i beni di consumo siano conformi al contratto se, ove pertinenti, coesistono le seguenti circostanze:
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a) sono idonei all’uso al quale servono abitualmente beni dello stesso tipo;
b) sono conformi alla descrizione fatta dal venditore e possiedono le qualità del bene che il venditore ha presentato al consumatore come campione o modello;
c) presentano la qualità e le prestazioni abituali di un bene dello stesso tipo, che il consumatore può ragionevolmente aspettarsi, tenuto conto della natura del bene e, se del caso, delle dichiarazioni pubbliche sulle caratte- ristiche specifiche dei beni fatte al riguardo dal venditore, dal produttore o dal suo agente o rappresentante, in particolare nella pubblicità o sull’e- tichettatura;
d) sono altresì idonei all’uso particolare voluto dal consumatore e che sia stato da questi portato a conoscenza del venditore al momento della conclusione del contratto e che il venditore abbia accettato anche per fatti concludenti”.
Inoltre“il venditore non è vincolato dalle dichiarazioni pubbliche di cui al com- ma 2, lettera c), quando, in via anche alternativa, dimostra che:
a) non era a conoscenza della dichiarazione e non poteva conoscerla con l’ordinaria diligenza;
b) la dichiarazione è stata adeguatamente corretta entro il momento della conclusione del contratto in modo da essere conoscibile al consumatore;
c) la decisione di acquistare il bene di consumo non è stata influenzata dalla dichiarazione”.
Dunque, riassumendo, fondamentale è innanzitutto la descrizione del bene che il venditore ha fatto al consumatore al momento delle trattative. Se ha chiaramente specificato le caratteristiche del frigorifero nulla quae- stio. Poco importa che le dette caratteristiche non siano dettagliatamente descritte in contratto, il venditore eventualmente potrà provare in via testi- moniale la circostanza.
Mettiamo che, invece, al momento delle trattative, il venditore non abbia descritto dettagliatamente il frigorifero e che tale descrizione non sia nem- meno contenuta in contratto, che succede?
Bisogna dapprima escludere che il frigorifero, così come desiderato dal cliente, presenti “la qualità e le prestazioni abituali di un bene dello stesso tipo, che il consumatore può ragionevolmente aspettarsi”, ovvero bisogna comprendere se è ragionevole, considerati anche gli elettrodomestici usualmente montati su quei veicoli, che il cliente si aspetti le caratteristiche che lamenta essere assenti.
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Bisogna poi assicurarsi che l’elettrodomestico, così come richiesto con la contestazione, non sia stato pubblicizzato dal venditore o dal produttore (ad esempio in brochure, volantini, su internet ecc.).
In quest’ultimo caso il venditore si libererà da responsabilità qualora dimo- stri che, nonostante l’ordinaria diligenza, non era a conoscenza della pub- blicità, o che aveva corretto l’indicazione pubblicitaria in modo conoscibile dal consumatore prima delle conclusione del contratto.
Se non gli è dato dimostrare nemmeno una di queste circostanze bisogna in ogni caso tener presente che il contratto resterà pienamente valido ed efficace se le caratteristiche del frigorifero non sono state determinanti per la scelta di acquisto del consumatore.
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A giugno 2011 ho venduto e consegnato un veicolo nuovo a Tizio. Ad agosto 2011 quest’ultimo ha lamentato un difetto del piatto doccia che ho prontamente riparato. Siamo a novembre 2013 e pretende che ripari nuovamente il piatto doccia, come da garanzia legale di confor- mità.
Come ormai ben sappiamo, “l’azione diretta a far valere i difetti non dolosa- mente occultati dal venditore si prescrive… nel termine di ventisei mesi dalla consegna del bene” (art 132 Codice del Consumo) ed il difetto, a pena di decadenza, deve essere denunciato entro due mesi dalla sua scoperta.
Nel caso in questione il cliente aveva provveduto regolarmente a denun- ciare il difetto entro i due mesi dalla scoperta e l’azione che aveva svolto la prima volta chiedendo la riparazione era anch’essa ampiamente entro i termini di prescrizione.
Se il difetto che si manifesta successivamente è il medesimo, poi, bisogna tenere in considerazione che l’art. 2944 c.c. stabilisce che “la prescrizione è interrotta dal riconoscimento del diritto da parte di colui contro il quale il dirit- to stesso può essere fatto valere”.
Salvo che il venditore non abbia contestato l’addebito del difetto e abbia dichiarato di volerlo riparare per pura compiacenza commerciale, quindi, potremmo ritenere che con la prima riparazione abbia riconosciuto l’esi- stenza del vizio e abbia dunque interrotto la prescrizione.
Interrompere la prescrizione significa che la stessa ricomincia nuovamente
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a decorrere in seguito all’evento che ha dato corso all’interruzione (a con- trario della sospensione in cui, terminato il periodo appunto di sospensio- ne, il termine riprende a decorrere per il residuo rimanente).
Nel caso di specie, tuttavia, nonostante il termine fosse ripartito dalla ri- parazione, era comunque decorso un tempo superiore ai 26 mesi previsti dalla norma (agosto 2011 – novembre 2013).
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Sto vendendo un mezzo usato molto datato e non perfettamente fun- zionante. Il cliente è a conoscenza delle condizioni del veicolo ed ab- biamo quindi stabilito un prezzo congruo che le considerasse. Vorrei scrivere in contratto che è esclusa ogni garanzia e lui sarebbe d’accor- do. Posso?
La risposta è: assolutamente no.
O meglio, in contratto è possibile scrivere ciò che si vuole, ma in ogni caso una clausola del genere non avrebbe alcuna efficacia (se non quella di co- stituire deterrente per un cliente che ancora non si è rivolto ad un avvocato e che quindi non conosce integralmente i suoi diritti).
Infatti ai sensi dell’art. 134 del Codice del Consumo “È nullo ogni patto, anteriore alla comunicazione al venditore del difetto di conformità, volto ad escludere o limitare, anche in modo indiretto, i diritti riconosciuti dal presente paragrafo” (ovvero le azioni previste a favore del consumatore in caso di vizio di conformità).
Cosa si può fare dunque nel caso di specie per limitare i rischi?
1) Ricordarsi che per i beni usati la durata della garanzia può essere ridotta a un anno, ma la limitazione deve essere espressamente prevista in con- tratto;
2) proporre al cliente un c.d. “polizza guasti”, sperando che si avvalga in primis di quella;
3) compilare un dettagliato stato d’uso che indichi chiaramente in cosa è carente il mezzo, in modo che, qualora si manifestasse un vizio nelle parti indicate come non perfettamente funzionanti, si potrebbe evitare di ve- dersi attribuire qualsivoglia responsabilità. Se il consumatore al momento della conclusione del contratto era a conoscenza del vizio, infatti, questo non può essere considerato difetto di conformità;
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4) ricordare la sempre valida regola che garanzia legale di conformità non equivale a responsabilità per ogni difetto che si manifesta, ma solo per quelli che erano presenti al momento della consegna del bene (se un vei- colo usato con parecchi anni di circolazione alle spalle manifesta un pro- blema accidentale o tipico del suo stato di usura il venditore non è chiama- to a risponderne).
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Assistito da un altro collega ho perduto in primo grado la causa contro un consumatore che lamentava un vizio di conformità. Il giudice mi ha condannato a restituirgli il prezzo pagato per la caravan. Ritengo però di avere buoni motivi per fare appello. Posso evitare l’esecuzione? Se non posso evitarla posso eventualmente proporre di versare una cau- zione fino alla sentenza di secondo grado?
Secondo l’art. 282 del codice di procedura civile “la sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva tra le parti”. Ciò significa che la parte vittoriosa può agire immediatamente per l’esecuzione, anche se viene proposto ap- pello.
Nel caso che l’appello sovverta poi le sorti del giudizio la parte vittoriosa in primo grado (e soccombente nel secondo) dovrà restituire quanto per- cepito.
L’appello, dunque, non impedisce l’esecuzione. Tuttavia, se viene fatto ap- pello (e soltanto in questo caso), “il giudice dell’appello, su istanza di parte… quando sussistono gravi e fondati motivi, anche in relazione alla possibilità di insolvenza di una delle parti, sospende in tutto o in parte l’efficacia esecutiva o l’esecuzione della sentenza impugnata, con o senza cauzione” (art 283 c.p.c.).
Dunque:
• deve essere impugnata la decisione tramite appello
• deve essere proposta apposita istanza
• il giudice sospenderà l’efficacia esecutiva o l’esecuzione della sentenza se riterrà che sussistano gravi e fondati motivi (ovvero se riterrà sus- sistere una rilevante probabilità della riforma della decisione gravata dall’impugnazione e il pericolo dell’irreparabilità del pregiudizio deri- vante al diritto controverso dall’esecuzione della sentenza)
• sarà sua facoltà decidere se prevedere o meno una cauzione.
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Dal mio contratto di concessione rilevo che il produttore si riserva la proprietà del veicolo fino al suo integrale pagamento. Cos’è la vendita con riserva di proprietà?
La vendita con riserva di proprietà è una particolare forma di vendita nel- la quale l’effetto traslativo della proprietà rimane subordinato all’effettivo adempimento dell’acquirente. Il bene viene consegnato subito ma il tra- sferimento definitivo del diritto di proprietà è rinviato al momento in cui avviene l’integrale pagamento del prezzo dovuto. I rischi per il perimento della cosa, invece, passano al compratore già al momento della consegna.
Recita l’art. 1523 c.c.: “nella vendita a rate con riserva della proprietà, il com- pratore acquista la proprietà della cosa col pagamento dell’ultima rata di prezzo, ma assume i rischi dal momento della consegna”.
Ciò significa che in caso di mancato integrale pagamento il venditore potrà rivendicare il bene in questione. Tuttavia, per essere efficace anche nei con- fronti dei terzi (ed in particolare nei confronti dei creditori dell’acquirente), il
c.d. patto di riservato dominio deve risultare da atto scritto avente data certa. Circa i contratti di concessione la giurisprudenza ha precisato che:
1. come già specificato, la clausola deve risultare da atto scritto avente
data certa;
2. non è sufficiente a soddisfare il requisito di cui sopra la previsione della citata clausola nel contratto che regola i rapporti tra costrut- tore/distributore e concessionario (il c.d. accordo di concessione). Sostiene la Corte di Cassazione che si tratta di contratti atipici che fanno sorgere effetti obbligatori tra le parti in virtù dei quali il concessionario rivenditore assume l’obbligo di promuovere la rivendita dei prodotti che vengono acquisiti mediante la stipulazione (alle condizioni prede- terminate nell’accordo di concessione) di singoli contratti di acquisto. L’inserimento della citata clausola negli accordi di concessione produce solo effetti obbligatori tra le parti che si sostanziano nell’obbligo di inserire detta clausola in ciascuno dei contratti di vendita da stipularsi in epoca successiva, senza che la stessa possa ritenersi implicitamente applicabile e contenuta in questi ultimi;
3. la riserva di dominio in favore del venditore integra una deroga alla re- gola dell’immediato trasferimento di proprietà a favore del compratore e, pertanto, esige una clausola contemporanea al singolo contratto di vendita, che valga a differire al saldo del prezzo gli effetti che altri-
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menti si producono immediatamente con l’incontro dei consensi;
4. non è sufficiente nemmeno la previsione di tale clausola nelle singole fatture relative alla vendita dei veicoli. Si tratta infatti di meri documen- ti contabili che possono far prova dei rapporti intercorsi tra impren- ditori ma che non costituiscono atti scritti aventi natura contrattuale. In sostanza, è necessario che la detta clausola venga replicata in occa- sione di ogni vendita dei mezzi tra il produttore e il concessionario. Per contro non è sufficiente che l’indicazione avvenga in fattura.
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Ho eseguito alcune riparazioni su di un camper ed ora il cliente non mi vuole pagare il corrispettivo delle stesse. Posso rifiutarmi di rendergli il mezzo? Il cliente mi aveva sottoscritto l’ordine dei lavori…
Sì. Sussiste infatti in questo caso il c.d. diritto di ritenzione.
Il diritto di ritenzione è espressamente previsto dal codice civile a favore di chi vanta un credito per le prestazioni e le spese relative alla conservazione o al miglioramento di beni mobili (art. 2756 c.c.).
Il detto credito gode di privilegio sui beni stessi purchè si trovino ancora presso chi ha eseguito le prestazioni e sostenuto le spese. Il creditore può ritenere le cose soggette al privilegio fino all’integrale soddisfacimento del proprio credito, soddisfacimento che può avvenire anche attraverso la ven- dita dei beni ritenuti (secondo le norme stabilite per la vendita del pegno).
Il caso delle riparazioni eseguite sul veicolo consegnato dal cliente che firma un ODL, rientra pacificamente nella fattispecie della norma indicata in quan- to i lavori eseguiti vengono considerati come migliorie apportate al bene.
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Il diritto di ritenzione, pertanto, non solo è legittimo e riconosciuto speci- ficamente da una norma, ma sussisterebbe anche senza la sottoscrizione di un ODL.
… (segue). Però chi mi aveva portato il mezzo non è il proprietario dello stesso…
La ritenzione può essere esercitata anche se colui che ha commissionato i lavori non è il proprietario dell’autoveicolo (Cass. N. 10111/2000; Cass. N. 4061/2003).
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Primo strumento del riparatore per riscuotere il suo credito, quindi, è quel- lo di trattenere l’autovettura.
Qualora invece la riconsegnasse è necessario considerare varie ipotesi:
1. che colui che ha dato l’incarico per i lavori abbia agito in nome e per conto del proprietario. In questo caso gli effetti di quanto da lui com- piuto ricadono sul proprietario il quale è tenuto a pagare il dovuto.
2. che colui che ha dato l’incarico abbia dichiarato di agire in nome e per conto del proprietario (o che il suo comportamento abbia legittima- mente indotto a supporlo). Se il proprietario, invece, nega di aver con- ferito tale potere il riparatore dovrà rivolgersi a chi ha consegnato il veicolo per avere il pagamento del dovuto.
Nel caso in cui il proprietario del veicolo mediante il proprio comporta- mento di tolleranza dell’attività del suo falso rappresentante, abbia invece ingenerato nel riparatore la convinzione ragionevole della sussistenza di un rapporto di rappresentanza, trova applicazione il “principio dell’appa- renza” del diritto e l’apparente rappresentato (proprietario) è tenuto a far fronte agli obblighi assunti in suo nome (Cass. 2311/1995 e 423/1987).
In ultima istanza, se il proprietario non aveva ingenerato nel riparatore tale ultima convinzione e se chi ha portato il mezzo non è solvibile, rimane da tentare la strada dell’arricchimento senza causa nei confronti del proprieta- rio ex art. 2041 c.c. (si tratta di un’azione di carattere sussidiario, applicabile soltanto quando il danneggiato non ha altre azioni da esperire).
Per una migliore tutela del riparatore, dunque, sarebbe opportuno verifi- care al momento dell’accettazione la proprietà della vettura ed i dati ana- grafici di colui che la consegna (è sufficiente un controllo dei documenti dell’auto e la copia di un documento di identità del soggetto che dà l’inca- rico).
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Vorrei che nei moduli/formulari che utilizzo per le compravendite dei veicoli e nei quali è previsto che la proposta venga fatta dal cliente e l’accettazione dalla mia ditta, il cliente si impegnasse irrevocabilmen- te senza termini di sorta. È possibile?
Tale tipo di clausola suscita un dubbio circa la sua vessatorietà.
Il dubbio sorge in considerazione di due punti dell’art. 33 del Codice del
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Consumo:
• il punto d) che considera vessatorio prevedere un impegno definitivo del consumatore mentre l’esecuzione della prestazione del professionista è subordinata ad una condizione il cui adempimento dipende unicamente dalla sua volontà;
• il punto v) per cui sarebbe vessatorio prevedere l’alienazione di un diritto o l’assunzione di un obbligo come subordinati ad una condizione sospen- siva dipendente dalla mera volontà del professionista a fronte di un’obbli- gazione immediatamente efficace del consumatore.
Tuttavia l’art. 34 C.d.C. prevede altresì che “non sono vessatorie la clausole che riproducono disposizioni di legge ovvero che siano riproduttive di dispo- sizioni o attuative di principi contenuti in convenzioni internazionali…” La possibilità di stabilire l’irrevocabilità è contemplata da una disposizione di legge e precisamente dall’art. 1329 c.c.. Dunque prevedere che la proposta del cliente sia irrevocabile, secondo l’art. 34, non è comportamento vessa- torio da parte del venditore.
Che succede, però, se all’irrevocabilità della proposta non viene apposto un termine?
La clausola è da ritenersi vessatoria secondo i due punti del citato art 33 poiché l’impegno del consumatore è da considerarsi definitivo mentre quello del venditore è soggetto solo alla sua volontà?
È necessario ricordare, tuttavia, che le circostanze indicate nell’art. 33 in- generano una presunzione di vessatorietà, ma il venditore può dimostrare che le clausole non sono vessatorie (“Si presumono vessatorie fino a prova contraria le clausole che hanno per oggetto, o per effetto, di…”) se non “deter- minano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto”.
Vi è tuttavia da valutare anche la disposizione dell’art. 1329 c.c. per cui “se il proponente è obbligato a mantenere ferma la proposta per un certo tempo, la revoca è senza effetto”. Per cui la proposta irrevocabile va accompagnata da un termine.
Tale termine, secondo giurisprudenza costante, costituisce elemento es- senziale.
E sempre per giurisprudenza costante la mancata previsione del termine di cui all’art. 1329 c.c. trasforma la proposta irrevocabile in proposta pura e semplice, ovvero in ogni momento revocabile.
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Ho venduto un veicolo usato al sig. X, amico di famiglia. Proprio in virtù dell’amicizia, ho ritenuto di consegnargli il mezzo anche se l’a- genzia di pratiche auto non aveva ancora curato la trascrizione della vendita al PRA. Ho responsabilità civili o penali per ciò che accade con quel veicolo prima di tale trascrizione?
Ai sensi dell’art. 2684 c.c. n. 1) gli atti che trasferiscono la proprietà degli autoveicoli sono soggetti a trascrizione nei pubblici registri.
Secondo il citato articolo gli effetti di tale trascrizione corrispondono a quelli previsti per gli atti relativi a beni immobili dall’art. 2644 c.c.
Essa, cioè, è preordinata a dirimere i conflitti che possono sorgere tra più aventi causa dallo stesso autore (se, ad esempio, un soggetto vende il me- desimo bene a più persone, avrà la proprietà del bene quella che per prima lo ha trascritto).
Fuori di tale ipotesi le risultanze del pubblico registro (automobilistico) han- no valore di presunzione semplice che può essere vinta con ogni mezzo di prova (“anche nel giudizio di opposizione all’ordinanza-ingiunzione irrogati- va di sanzione amministrativa per violazione della disciplina sulla circolazione stradale, da parte di colui il quale risulti dai pubblici registri essere proprieta- rio dell’autovettura” Cass. n. 4489/2002; così pure Cass. n. 7267/2000; Cass.
n. 11060/1993 ecc. e Cass. n. 1226/1999 per cui “le risultanze del Pubblico Registro automobilistico, sul quale non sia stata effettuata tale trascrizione, non rendono la vendita inopponibile all’autorità competente ad applicare la sanzione amministrativa. Secondo Cass. n. 157/1999 “non costituisce deroga a tal principio la previsione di cui all’art. 1 della l. n. 187 del 1990 che consente alle parti interessate di procedere, entro 60 giorni dalla sottoscrizione autenti- cata dell’atto traslativo, alla formalità di trascrizione presso il PRA, trattandosi di disposizione –peraltro inserita in un testo normativo in materia di tasse au- tomobilistiche e di automazione degli uffici del pubblico registro- che si limita a conferire legittimazione al compimento della formalità della trascrizione an- che al venditore, senza incidere in alcun modo sui principi generali in tema di efficacia traslativa dei contratti consensuali”).
La trascrizione, pertanto, non incide sulla validità della vendita, né è re- quisito di efficacia dell’atto traslativo. Trattandosi di contratto consensuale l’effetto traslativo della proprietà si verifica a seguito del mero consenso delle parti (che potrebbe essere anche verbale).
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Le trascrizione al p.r.a. dell’atto di vendita ex art. 6 del d.r.l. n. 436/1927, quin- di, ha il valore di una presunzione legale, sia pure relativa, della proprietà del soggetto in favore del quale essa è stata effettuata, nel caso di conflitto tra più acquirenti dallo stesso venditore, mentre ha il valore di presunzio- ne semplice, liberamente valutabile dal giudice e superabile con qualsiasi mezzo di prova, in tutti gli altri casi “come in quello in cui si controverta sulla responsabilità civile del proprietario del veicolo” (Cass. n. 6486/1992). Lo stes- so vale per la responsabilità penale (Cass. penale, sez. I. 2 dicembre 1991 per cui “l’intervenuta cessione di autoveicolo può essere fornita con qualsiasi mezzo di prova”).
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Ho richiesto l’autorizzazione al produttore per l’esecuzione di un in- tervento in garanzia. Mi ha risposto di non poterla concedere perché il cliente non ha eseguito tutti i tagliandi previsti. È legittimo?
È bene ricordare ancora una volta la differenza tra garanzia legale di con- formità e garanzia convenzionale, concetto purtroppo mai del tutto chiaro agli operatori del settore e ai clienti.
La garanzia legale, nel caso in cui il cliente rivesta la qualità di consuma- tore, è disciplinata dagli artt. 128 e ss. del Codice del Consumo e consiste in quanto specificato dall’art. 129: “il venditore ha l’obbligo di consegnare al consumatore beni conformi al contratto di vendita”.
Si presume che i beni siano conformi al contratto se:
• sono idonei all’uso al quale servono abitualmente beni dello stesso tipo
• sono conformi alla descrizione fatta dal venditore
• presentano la qualità e le prestazioni abituali di un bene dello stesso tipo, che il consumatore può ragionevolmente aspettarsi
• sono idonei all’uso particolare voluto dal consumatore se portato a co- noscenza del venditore al momento della conclusione del contratto.
In estrema sintesi, al momento della consegna il bene non deve essere dif- forme dal contratto e quindi non deve presentare vizi.
Di tali vizi è responsabile obbligatoriamente il venditore e la garanzia legale non si può escludere in alcun modo. Ne è responsabile se il difetto si manifesta entro 2 anni dalla consegna.
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La garanzia convenzionale (art. 133), invece, è di tipo facoltativo e vincola chi la presta, secondo le condizioni previste dalla garanzia stessa.
Solitamente è fornita dal produttore. Può però anche essere fornita dal venditore stesso o da un soggetto terzo per conto del venditore.
La garanzia convenzionale:
• è facoltativa, ma una volta offerta è vincolante;
• è cumulativa, nel senso che si aggiunge a quella legale e non si sosti- tuisce ad essa: sarà il consumatore a decidere quale forma di garanzia attivare;
• è libera, nella determinazione dei suoi contenuti, nella durata, nell’e- stensione territoriale, purché questi elementi siano chiaramente speci- ficati nel certificato di garanzia.
Ebbene, con riguardo al quesito posto non vi è dubbio che si tratti di ga- ranzia convenzionale, poiché è offerta dal produttore (che viceversa non avrebbe alcun obbligo diretto nei confronti del consumatore-acquirente) in aggiunta a quella obbligatoria del venditore.
Come tale vale nei limiti e secondo le condizioni che la garanzia stessa sta- bilisce.
Se analizzando le condizioni di garanzia, dunque, emerge la necessità di svolgere i tagliandi (o almeno alcuni di essi), non vi è dubbio che detta garanzia non si possa applicare. Diversa è in questo caso la posizione del venditore: se si tratta di difetto di conformità (intendendo per tale quello presente al momento della consegna come sopra descritto) è chiamato ob- bligatoriamente a risponderne.
L’esclusione della garanzia convenzionale del produttore, tuttavia, non impedisce al concessionario di agire poi in regresso nei suoi confronti (e, quindi, in questo caso, anche se non erano stati effettuati i tagliandi) poi- ché è una specifica norma di legge (l’art. 131 del Codice del Consumo) che gliene attribuisce il diritto. L’affermazione non vale (e nemmeno il vendito- re/concessionario sarà responsabile) se è stata proprio la mancata effettua- zione dei tagliandi a provocare il vizio.
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Si è rivolto alla nostra concessionaria un cliente per l’acquisto di un autocaravan nuovo. Ci riferisce di aver già fatto proposta di acquisto per il medesimo modello da un concorrente. Ora vorrebbe recedere da
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quel contratto e concludere l’acquisto con noi, ma il concorrente non gli vuole restituire quanto versato a titolo di caparra. Può?
Il concorrente in effetti può.
Una volta concluso il contratto (mediante l’incontro della proposta di una parte e dell’accettazione dell’altra parte) non è consentito recedere, salvo che il contratto stesso non preveda espressamente un diritto di recesso (facoltà solitamente non prevista nei moduli utilizzati dai concessionari).
L’unica possibilità di ripensamento si ha nel caso di conclusione di vendi- ta al di fuori dei locali commerciali (ad esempio in fiera) o a distanza (ad esempio via internet), per cui il consumatore ha 14 giorni di tempo per esercitare il recesso (termine precedentemente previsto in 10 gg lavorativi e recentemente modificato).
Il cliente che “cambia idea” viene dunque considerato inadempiente. Con- seguentemente il venditore può attuare tutti i rimedi a sua disposizione, ovvero:
• chiedere l’adempimento
• chiedere la risoluzione del contratto per inadempimento
• intimare l’esatto adempimento entro un determinato termine specifi- cando che, in mancanza, riterrà il contratto risolto.
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In ogni caso potrà richiedere il risarcimento del danno oppure (via più sem- plice perché non ci sarà bisogno di dimostrare la sussistenza di un danno) trattenere la caparra versata.
Avevamo venduto un veicolo usato circa 18 mesi fa. Il cliente che lo ha acquistato lo ha poi dato in permuta a un altro concessionario per acquistarne un altro nuovo.
Ci scrive ora quest’ultimo concessionario per lamentare un difetto di conformità.
Il terzo acquirente (l’ultimo concessionario) non ha alcun titolo per rivol- gersi al primo venditore per lamentare il vizio di conformità.
È legato infatti da un rapporto contrattuale con il cliente consumatore che gli ha ceduto il mezzo usato. Nessun rapporto invece ha con il primo ven-
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ditore. Pertanto, qualora ritenga di avere qualche rimostranza da fare, può rivolgersi unicamente al cliente-consumatore, suo diretto dante causa.
Le azioni che può esercitare nei suoi confronti, tuttavia, sono notevolmen- te ridotte rispetto a quelle che solitamente consideriamo e ricollegate al codice del consumo.
Trattandosi di professionista che ha acquistato da privato, infatti, quest’ul- tima normativa non può essere applicata.
Viene piuttosto applicata quella relativa ala garanzia per i vizi della cosa venduta disciplinata dal codice civile la quale prevede minori rimendi da esperire (non riparazione/sostituzione/risoluzione/riduzione del prezzo ma soltanto risoluzione o riduzione del prezzo) e termini molto più stretti (entro 8 giorni dalla scoperta deve essere fatta la denuncia del vizio e l’azio- ne relativa si prescrive in un anno dalla consegna).
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Ho venduto ad un cliente un camper usato. Purtroppo, però, mi sono scordato di indicarne la targa nella proposta di vendita. Ora mi scrive il legale del cliente affermando che, mancando l’individuazione dell’og- getto della compravendita (a causa dell’assenza dell’indicazione della targa), il contratto non può ritenersi concluso. Pretende la restituzio- ne della caparra.
Secondo l’art. 1418 c.c. un contratto è nullo quando manca uno dei requi- siti di cui all’art. 1325 e quando nel suo oggetto mancano i requisiti stabiliti dall’art. 1346 c.c..
Secondo l’art. 1325 c.c. requisiti essenziali del contratto sono l’accordo del- le parti, la causa, l’oggetto e la forma (quando è prescritta dalla legge a pena di nullità).
Per l’art. 1346 c.c. “l’oggetto del contratto deve essere possibile, lecito, determi- nato o determinabile”.
Dunque è necessario che il veicolo venduto sia determinato in contratto o quantomeno determinabile.
Per comprendere se il veicolo venduto è determinabile nonostante la man- cata indicazione della targa bisogna esaminare concretamente il contratto e considerare come si sono svolte le trattative.
Per la giurisprudenza, infatti, è sufficientemente determinato l’oggetto
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∙ AVVOCATO FRANCESCA GUERRA ∙
quando ne siano indicati gli elementi essenziali che, logicamente coordina- ti, non lascino dubbi sull’identitià del bene prevista e voluta dai contraenti. Contemporaneamente l’oggetto può essere identificato con ogni mezzo a ciò idoneo, purché atto a realizzare un risultato che non lasci possibilità di equivoci (e non è escluso che l’identificazione possa avvenire mediante elementi estranei, altri atti o documenti collegati al contratto da valutare ovvero con criteri che il contratto stesso o la pratica suggeriscono).
Si tiene conto, a riguardo, oltre che del comportamento tenuto durante le trattative e la stipula, anche del comportamento successivo alla stipula stessa.
Nel caso de quo il cliente aveva visto il veicolo e lo aveva appositamente scelto.
Aveva dichiarato, dopo la stipula, di essersi reso conto di non poter agevol- mente corrispondere il prezzo pattuito e di aver pertanto cambiato idea. Ma, come detto anche precedentemente, non è consentito un diritto di recesso, salvo che non sia espressamente previsto nel contratto.
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La cliente Tizia ha acquistato un autocaravan nuovo cedendomi in per- muta come parte del prezzo il suo usato. A passaggio di proprietà già effettuato, tuttavia, mi accorgo che quest’ultimo è gravato da fermo amministrativo. Che devo fare?
Il fermo era stato disposto e trascritto con riferimento a una cartella esat- toriale non pagata dalla cliente e per una somma addirittura superiore a quella del valore del veicolo.
Il fermo è un provvedimento mediante il quale le amministrazioni o gli enti competenti, mediante i concessionari della riscossione, bloccano il bene mobile registrato al PRA al fine di riscuotere i loro crediti rimasti impagati che possono riferirsi a tributi o tasse oppure a multe relative ad infrazioni al Codice della Strada. A seguito dell’iscrizione del fermo la disponibilità del veicolo è limitata fino a quando il debitore non saldi il proprio debito e provveda a cancellare l’iscrizione del provvedimento.
Il veicolo, così:
• non può circolare: se circola è prevista una sanzione;
• non può essere radiato dal PRA: non può essere demolito od esportato;
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• anche se viene venduto, con atto di data certa successiva all’iscrizione del fermo, non può circolare e non può essere radiato dal PRA.
Inoltre, se il debitore non paga, il concessionario della riscossione potrà agire forzatamente per la vendita del veicolo.
Per ottenere la cancellazione del fermo amministrativo è necessario rivol- gersi al PRA presentando un provvedimento di revoca rilasciato dal con- cessionario della riscossione dopo aver saldato il debito per il quale il fer- mo è stato iscritto.
Dopo varie raccomandate di sollecito a Tizia rimaste inevase e contenenti l’intimazione di saldare il debito ed adempiere così esattamente al contrat- to concluso che la obbligava a consegnare un bene libero da vincoli, il con- cessionario si è trovato nella scomoda posizione di dover scegliere se sal- dare direttamente il debito e poi provvedere al recupero del pagato presso la cliente o se chiedere la risoluzione del contratto per inadempimento.
Il primo dei due rimedi era poco conveniente in quanto il debito suddetto era superiore al valore dell’usato rientrato e non vi era certezza sulla sol- vibilità di Tizia (le premesse non erano certo ben auguranti) che potesse confortare per il successivo recupero.
Il secondo dei due rimedi avrebbe viceversa comportato l’annullamento dell’ordine del veicolo nuovo (con perdita della relativa vendita) e la resti- tuzione del veicolo usato.
Si è scelto, in ogni caso, seppur a malincuore, questo secondo rimedio. Il concessionario, pur avendo perduto una vendita, ha potuto quantomeno trattenere la caparra versata come ristoro per i danni subiti a causa dell’ina- dempimento e non ha rischiato ulteriori (ben più gravi) danni.
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Ho venduto al cliente Caio un veicolo nuovo e rientrato in permuta, come parte del prezzo, il suo camper usato. Ora ricevo atto di citazione dalla moglie del cliente: sostiene che il veicolo ceduto in permuta fa- ceva parte del patrimonio della comunione dei coniugi e che il marito lo avrebbe ceduto senza il suo consenso. Vuole pertanto la restituzio- ne del mezzo o il pagamento di metà del prezzo pattuito per lo stesso.
Secondo il legale di controparte il veicolo usato rientrato sarebbe stato og- getto del patrimonio comune dei coniugi (in regime di comunione legale)
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· AVVOCATO FRANCESCA GUERRA ·
perché a suo tempo sarebbe stato acquistato con denaro della comunione.
In effetti, se l’affermazione di controparte fosse stata vera, il veicolo in og- getto sarebbe rientrato nella comunione e la sua permuta avrebbe neces- sitato del consenso della moglie. L’atto pertanto sarebbe stato annullabile.
Spetta però a chi agisce in giudizio (e quindi in questo caso alla moglie) dimostrare che il bene rientra nella detta comunione e che quindi la cessio- ne necessitava di consenso di entrambi i coniugi in quanto atto eccedente l’ordinaria amministrazione.
Ma poniamo il caso che tale dimostrazione abbia luogo. Che responsabilità può essere riconosciuta al concessionario?
Del regime patrimoniale dei coniugi la convenuta concessionaria non po- teva sapere e non era tenuta a sapere, posto che aveva acquistato da Caio a titolo oneroso ed in buona fede un veicolo che, da quanto a sua cono- scenza, era di esclusiva proprietà di Caio stesso. Quest’ultimo, infatti, al mo- mento delle trattative e della conclusione del contratto dichiarava che il veicolo ceduto era di sua esclusiva proprietà. L’intestazione di libretto e di CDP recavano solo il suo nome.
Per dottrina e giurisprudenza costante, applicandosi la disciplina dell’azio- ne di annullamento di cui all’art. 1445 c.c. per tutto ciò che non è specifi- camente previsto dall’art. 184 c.c. (quello che disciplina l’ipotesi degli atti compiuti da uno dei coniugi senza il necessario consenso dell’altro), il so- pravvenuto accertamento dell’inclusione del bene nella comunione legale non è opponibile al terzo acquirente a titolo oneroso e di buona fede (Cass. Sez. Unite n. 22755/2009).
Oltretutto nel caso di specie il ripristino dello status quo ante sarebbe stato impossibile in quanto il veicolo, prima della notificazione dell’atto di cita- zione era stato venduto dalla convenuta ad un ulteriore terzo. La posizione non ha ancora visto la decisione del giudice.
In ogni caso è facile prevedere che lo stesso rigetterà ogni domanda nei confronti del concessionario e condannerà, piuttosto, il coniuge alla resti- tuzione di metà del prezzo concordato.
Qualora ciò non avvenisse il concessionario si potrà rivalere nei confronti di Caio per tutto quanto condannato a corrispondere.
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· RISPOSTE AI QUESITI DEI CONCESSIONARI ASSOCAMP ·
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nel mese di settembre 2014
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