Contract
COMITATO PER LO STUDIO E LA PROMOZIONE DI ATTIVITA’ FINALIZZATE AL CONTRASTO DEI FENOMENI DI STAMPO MAFIOSO E DELLA CRIMINALITA’ ORGANIZZATA SUL TERRITORIO MILANESE ANCHE IN FUNZIONE DELLA MANIFESTAZIONE EXPO 2015
SECONDA RELAZIONE SEMESTRALE
MAGGIO 2013
a cura dei membri del Comitato: Luca Beltrami Gadola, Nando dalla Chiesa (presidente), Maurizio Grigo, Giuliano Turone
e con la collaborazione di Merinunzia Loporchio (supporto tecnico e coordinamento interno) e di Stefano Paglia (ricercatore, stagista).
INDICE
Prefazione PARTE PRIMA
EXPO, LA STRATEGIA DI PREVENZIONE. L’IMPEGNO DEL COMITATO
1) Le raccomandazioni della Prima Relazione pag. 1
2) Il contesto operativo……………………………………………. pag. 2
3) Il protocollo delle Polizie locali………………………………..pag.13
4) Proposte e sollecitazioni………………………………………...pag.19
PARTE SECONDA
INCENDI E INTIMIDAZIONI. I CLAN A MILANO: NON SOLO EXPO
1) Una spia allarmante…………………………………………......pag.21
2) Metodologia operativa e quadro territoriale di insieme……pag.22
3) Due incendi “esemplari”………………………………………. pag.25
4) Categorie a rischio incendio……………………………………pag.28
5) Gli incendi di automezzi………………………………………. pag.30
6) Una selezione cronologica degli episodi (oltre le statistiche)…………………………………………….…………...pag.30
7) Alcune ipotesi interpretative. A proposito di controllo del territorio…………………………………………………………...pag.31
8) Ma anche gli omicidi… ………………………………………...pag.35
NOTA CONCLUSIVA (su incendi e altro)…….………….pag.38
ALLEGATI
Allegato 1. Relazione di Expo 2015 SpA sui controlli interforze effettuati sul sito espositivo, 14 dicembre 2012
Allegato 2. Testo del Protocollo di intesa tra i Comuni di Milano, Baranzate, Rho e Pero, 13 febbraio 2013
Allegato 3. Distribuzione degli incendi dolosi di immobili per area geografica e per semestre
Allegato 4. Distribuzione degli incendi dolosi (totale) per area geografica e per semestre
Allegato 5. Mappa degli incendi dolosi di immobili per area geografica Allegato 6. Mappa degli incendi dolosi (totale) per area geografica Allegato 7. Distribuzione degli incendi dolosi per fascia oraria
Allegato 8. Selezione cronologica degli episodi di intimidazione
Prefazione
Questa Seconda Relazione era stata pensata originariamente come contributo specifico e settorialmente delimitato da offrire al Sindaco nel mese di febbraio sul tema degli incendi e degli atti di intimidazione di probabile stampo mafioso perpetrati in città e provincia. Così era stata anche annunciata nella conferenza stampa di presentazione della Prima Relazione per via dello straordinario interesse assunto da un fenomeno - quello degli incendi - peculiarmente indicativo, agli occhi del Comitato, della pressione criminale esercitata sulla metropoli milanese. Lo svolgimento di uno studio accurato e senza molti precedenti su dimensioni e distribuzione geografica di tale fenomeno giustificava, per l’approccio e per l’importanza delle informazioni acquisite, questa scelta di metodo.
Contemporaneamente allo svolgimento del lavoro di ricerca sugli incendi, il Comitato ha cercato però di operare a sostegno delle indicazioni fornite nella Prima Relazione. Questo impegno, che può apparire esorbitante rispetto alle proprie funzioni di consulenza, è stato dettato dalla percezione di un’urgenza operativa. Quelle osservazioni infatti erano state suggerite da studi attenti condotti sulla realtà milanese ed esprimevano radicate convinzioni circa la strategia da seguire per arginare la presenza di interessi mafiosi intorno all’evento di Expo 2015. Verificarne il grado di attuazione e operare per dar loro effettività rispondeva dunque non al puro intento di evitare di essere una delle tante “commissioni inutili” che affollano la storia amministrativa e politica nazionale, ma a un preciso senso di responsabilità istituzionale di fronte alla tempestività e alla abilità con cui le organizzazioni mafiose hanno dimostrato di sapere operare.
Dall’esigenza e dall’opportunità di rendere conto di questa attività di stimolo è nata dunque la scelta di integrare il progetto originario di Relazione con una sintesi del percorso compiuto, non privo di risultati ma ancora lungi dal potersi considerare esaurito: per offrire una traccia operativa ma anche per esplicitare, dal punto di vista specifico del Comitato, il panorama delle difficoltà. Più precisamente è parso agli estensori che fosse utile e necessario riassumere i termini di questo percorso di intervento per almeno due finalità: a) perché in una adeguata prospettiva temporale si possano meglio cogliere le modalità di maturazione di eventuali disfunzioni,
certamente da nessuno volute; b) perché cresca la consapevolezza della necessità, sottolineata per iscritto dal Sindaco (si veda la lettera del 18 dicembre scorso, più avanti richiamata), di uno “sforzo congiunto di tutti i soggetti istituzionali” per arginare le pressioni degli interessi mafiosi sui lavori per Expo 2015.
La Parte Prima risponde a questo obiettivo. La sua stesura e natura hanno conseguentemente comportato un differimento dei termini di conclusione della Relazione. Le stesse dimissioni dell’Avv. Umberto Ambrosoli, conseguenti al suo diretto impegno politico, hanno d’altronde costretto a procedere in corsa ad alcuni riaggiustamenti nel gruppo di lavoro, recentemente reintegrato grazie all’incarico conferito dal Sindaco alla Dott.ssa Ombretta Ingrascì.
All’Avvocato Ambrosoli gli estensori desiderano in questa sede manifestare la propria gratitudine per l’importante contributo dato al lavoro del Comitato.
Alla Dottoressa Ingrascì un augurio di benvenuta, nella consapevolezza che le sue competenze costituiranno un utilissimo apporto all’impegno comune al servizio della Città.
PARTE PRIMA
EXPO, LA STRATEGIA DI PREVENZIONE. L’IMPEGNO DEL COMITATO
1) Le raccomandazioni della Prima Relazione
La Prima Relazione semestrale di questo Comitato sulla presenza delle organizzazioni criminali di stampo mafioso nella città di Milano è stata consegnata al Sindaco nel mese di luglio 2012 e resa pubblica il 1 agosto. In quella Relazione il Comitato poneva al centro delle proprie attenzioni le modalità di intervento necessarie per arginare la pressione delle organizzazioni criminali sui lavori pubblici e in particolare sui lavori per l’Esposizione Universale del 2015. Sulla base di uno studio sistematico del modus operandi dei clan registrato da un decennio di indagini giudiziarie, esso offriva alcune indicazioni prioritarie relative sia al versante della regolazione amministrativa sia al versante del controllo preventivo e repressivo.
Per quel che riguarda le indicazioni della seconda tipologia, di cui si sottolineava l’importanza proprio sulla scorta dei precedenti, si riteneva «assolutamente prioritaria» l’esigenza di «privilegiare […] la qualità e l’efficacia del sistema dei controlli rispetto alla proliferazione di norme e regolamenti».
La Relazione di luglio 2012 suggeriva, tra l’altro, le seguenti iniziative:
1. Sviluppare un concerto più stretto tra le autorità di riferimento competenti per l’evento Expo 2015 (Prefetto, Questore, Sindaco di Milano e Sindaci degli altri Comuni interessati) al fine di rafforzare in via di fatto il sistema di intervento basato sui poteri di accesso ai cantieri del Prefetto di Milano e del relativo Gruppo Interforze. Mirare cioè alla massima valorizzazione degli spazi di intervento offerti dalle leggi esistenti, proponendo un ruolo più attivo dell’Amministrazione, che d’altronde è la principale destinataria delle domande dei cittadini in tema di tutela della qualità delle relazioni civili ed economiche.
2. In particolare adottare un meccanismo, anche transitorio (dal 1 agosto 2012 al 1 agosto 2015), che preveda un contingente di ufficiali e agenti di polizia giudiziaria selezionati con criteri di affidabilità e competenza, che possa affiancare quotidianamente il Gruppo Interforze della Prefettura ed effettuare accessi e controlli nei cantieri, sia diurni che notturni, con apprezzabile frequenza. Negli accessi sui cantieri, come già detto nel Cap. 4, agli uomini delle forze dell’ordine (Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia Locale) sarebbe opportuno affiancare un Ispettore del Lavoro, un Ispettore ARPA e un Ispettore ASL.
3. Per quel che riguarda le competenze comunali, avviare un processo di selezione e formazione di contingenti scelti per qualità morali e professionali con cui garantire l’esercizio dei controlli di Polizia Locale, evitando che si possa accedere a questa funzione cruciale anche per effetto (come il Comitato ha appreso) di raccomandazioni politiche o sindacali, in almeno un caso dimostratesi il cavallo di Troia degli interessi ‘ndranghetisti.
[…]
6. Sviluppare in ogni caso la pratica del controllo interforze, da intendersi come garanzia di completezza degli strumenti operativi e come antidoto a comportamenti collusivi nello svolgimento dei controlli. Questi non devono consentire alcuna prevedibilità circa l’orario di realizzazione, e devono coprire le 24 ore, visto che molti dei reati contestati o sanzionati in sede giudiziaria vengono consumati di notte (trasporto abusivo di terra e di materiale da discarica).
2) Il contesto operativo
Le indicazioni di cui sopra sono state recepite soltanto dall'amministrazione comunale (relativamente al punto 3 e con riferimento all’esercizio dei controlli di Polizia Locale), in particolare attraverso l'importante Protocollo di intesa tra le Polizie Locali di Milano, Rho, Pero e Baranzate volto ad alzare le capacità di controllo sulle aree direttamente o indirettamente interessate dai lavori per Expo 2015, di cui si riferirà più avanti.
Il Comitato, sviluppando un’attività di audizioni formali e informali, acquisiva la percezione che i controlli sistematici suggeriti
non fossero adeguatamente realizzati e che i lavori relativi all’Expo, da intendersi come non circoscrivibili alla sola area dell’Esposizione, procedessero in assenza di una vera pianificazione concertata degli interventi preventivi e repressivi. Si formava anzi la convinzione che la bontà del protocollo formale sottoscritto tra le parti interessate presso la Prefettura di Milano il 13 febbraio 2012 avesse prodotto un eccessivo ottimismo circa la impermeabilità de facto alle imprese mafiose da parte delle differenti opere funzionali al progetto Expo, considerato nel suo complesso.
In realtà sembrava al Comitato che: a) non si tenesse nel debito conto la diffusione di cantieri e lavori esterni all’area direttamente interessata dalla manifestazione; b) non si considerasse l’importanza di efficaci e tempestive misure di intervento nel caso di violazioni del medesimo protocollo; c) si facesse comunque eccessivo affidamento sull’osservanza delle procedure formali.
Tale opinione veniva rafforzata da un episodio accaduto nella notte tra il 21 e il 22 ottobre 2012. In quell’occasione un cantiere dell’area nord della città (varco n. 10 di via Cristina Belgioioso) interessato alla realizzazione di una infrastruttura stradale di servizio al progetto Expo (la cosiddetta Pontexpo) era stato oggetto di un vero e proprio attacco criminoso. Un camion aveva forzato il cancello di ingresso chiuso penetrando nel cantiere, dal quale era stato poi portato via un automezzo di proprietà della F.C. Costruzioni; e tutto questo pur in presenza di un servizio di guardiania. Appariva esemplarmente in questo episodio il metodo di intimidazione mafioso, il cui significato veniva a giudizio del Comitato sottovalutato dalla stessa opinione pubblica cittadina più attenta alla realizzazione del progetto Expo.
Ad aumentare perplessità e preoccupazioni giungeva un’inchiesta giornalistica pubblicata (con data 6 dicembre 2012) dal settimanale “L’Espresso”, nella quale veniva denunciata la partecipazione ai lavori sull’area espositiva, di una impresa ritenuta in contatto con interessi mafiosi di matrice siciliana. Benché tale
partecipazione apparisse quantitativamente marginale, il Comitato valutava che proprio le argomentazioni sviluppate nella sua prima Relazione consigliassero la massima e più tempestiva attenzione sull’argomento, date le possibili implicazioni in termini di presenze operative sui cantieri.
Per questa ragione esso chiedeva un incontro urgente con i responsabili (in virtù di delega politica o di funzione amministrativa) del progetto Expo per il Comune di Milano. L’obiettivo era di giungere a orientamenti risolutivi in grado di coinvolgere anzitutto l’Amministrazione comunale.
Tale incontro si svolgeva in data 3 dicembre 2012. Vi partecipavano per l’Amministrazione comunale Gianni Confalonieri e Giovanni Maria Flick, rispettivamente Direttore della Segreteria Tecnica del Commissario straordinario delegato del Governo per Expo Milano 2015 (COSDE) e Delegato dello stesso COSDE. E inoltre i seguenti componenti della Segreteria Tecnica del COSDE: Patrizia Aversano (Direttore Specialistico Coordinamento Expo del Gabinetto del Sindaco del Comune di Milano), Maria Rita Surano (Avvocato Capo del Comune di Milano), Maria Lucia Grande (Direttore del Settore Gare Opere Pubbliche del Comune di Milano), Fabio Terragni, Natale Maione e Alessandro Ferraro.
Il Comitato vi partecipava con tutti i suoi membri: Nando dalla Chiesa, Giuliano Turone, Maurizio Grigo, Umberto Ambrosoli , Luca Beltrami Gadola, e Merinunzia Loporchio in veste di rappresentante del Gabinetto del Sindaco del Comune di Milano.
Nel corso della riunione i membri del Comitato richiamavano l’attenzione dei presenti sui tipici modi operandi della ‘ndrangheta sui cantieri dei lavori pubblici, quali erano stati accertati nei procedimenti giudiziari promossi dalla DDA milanese nell’ultimo decennio, e quali erano stati descritti nella citata Relazione del luglio 2012.
In particolare, ribadivano i seguenti rischi:
• intrusione del gruppo mafioso nel cantiere operata in via di fatto in virtù del metodo mafioso (intimidazione, assoggettamento, omertà, manovre corruttive);
• esercizio di un’autorità di fatto sul cantiere da parte di un capo - cosca, che stabilisce a sua discrezione chi debba lavorare in quel cantiere;
• affidamento formale di un lavoro a una ditta cuscinetto, allo scopo che i lavori siano eseguiti dagli uomini di mafia e che il compenso arrivi poi a loro;
• scelta sistematica delle ore notturne per le operazioni maggiormente rischiose, quali gli scarichi di grossi quantitativi di terra inquinata nelle aree pubbliche comunali;
• utilizzo di sistemi di camuffamento e mimetizzazione delle titolarità reali in virtù di stratagemmi di vario genere che sfuggono a controlli di routine;
• creazione di una situazione di “caos strumentale” nella gestione del cantiere, in modo che la situazione sia governabile e venga governata solo dal capo-cosca e sfugga di mano ai titolari formali del cantiere.
Il Comitato chiedeva quindi di essere messo a conoscenza delle iniziative che fossero state prese nel frattempo – tra il 1 agosto e il 3 dicembre 2012 – nell’ambito delle attività di controllo sugli appalti e sui cantieri relativi ai lavori per l’Expo 2015, e in che misura fossero state prese in considerazione e seguite le indicazioni di cui sopra, ai punti 1, 2 e 6 della Relazione del luglio 2012.
Appare utile a tal fine, anche per meglio inquadrare i problemi e le preoccupazioni prospettate, ripercorrere l’andamento dell’incontro, così come risulta dagli appunti tenuti dal prof. dalla Chiesa, confrontati con le note tenute da altri membri del Comitato.
Ricevuta la parola dal Direttore Confalonieri, il Presidente del Comitato Antimafia riassume contenuto e senso della Relazione semestrale del luglio 2012, ricordando come il Comitato abbia espresso precise valutazioni in merito al modus operandi nei cantieri delle società colluse con la mafia, cercando di far tesoro a tal fine anche degli insegnamenti tratti dalle Olimpiadi Invernali di Torino 2006.
Ricorda, in particolare, una costante significativa: ossia l’elevata capacità di queste imprese di inserirsi, di fatto, nei cantieri, realizzando situazioni di “caos
operativo” a cui è possibile rimediare solo con l’assunzione di rappresentanti delle cosche nelle vesti di direttore o di responsabile di cantiere.
Spiega che è opinione del Comitato che sia necessario garantire un controllo costante e ripetuto del cantiere e del territorio circostante da parte dello speciale organismo interforze (il GICEX), anche avvalendosi della Polizia Locale e degli Enti preposti al controllo (ARPA e ASL). Ricorda che l’episodio dello sfondamento del cancello di ingresso di un cantiere interessato ai lavori disposto sul lato nord della città, rappresenta un classico caso di intimidazione legato a una strategia di infiltrazione.
Il prof. dalla Chiesa chiede in sostanza agli interlocutori se davvero lo sforzo attuato dal Comitato, dalla Struttura del Commissario Straordinario e dal Sindaco siano sufficienti rispetto alla situazione. In tal senso fa riferimento all’articolo di stampa dell’ “Espresso” sopra citato. Chiede come mai, dopo le critiche mosse dal Sindaco al criterio di massimo ribasso adottato per il primo appalto, anche l’appalto per la realizzazione della piastra, benché aggiudicato con un criterio diverso (quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa), abbia di fatto registrato un tasso percentuale di sconto di poco inferiore al precedente.
Pone, d’accordo con gli altri membri del Comitato, l’esigenza di avere dalla Prefettura informazioni regolari e aggiornate sulle attività di controllo e sugli accessi ai cantieri unitamente ad un elenco aggiornato degli appalti e subappalti aggiudicati e da aggiudicare. E aggiunge che sarebbe quanto mai auspicabile un canale di comunicazione e collaborazione dirette tra la Prefettura e l’Amministrazione Comunale, in particolare con il Comitato Antimafia e la Commissione Consiliare del Comune.
Nel corso della discussione queste preoccupazioni vengono condivise dal Direttore Confalonieri, che precisa come la verifica dell’offerta della società Mantovani non abbia fatto riscontrare anomalie. Per quel che riguarda il rischio di infiltrazioni, il Direttore ricorda ai presenti il Protocollo di Legalità con la Prefettura, soggetto competente a segnalare anomalie ad Expo 2015 SpA. E ricorda, altresì, che il Protocollo, apprezzato dal Ministero dell’Interno, prevede una responsabilità diretta dell’appaltatore nei confronti dei subappaltatori. Ai dubbi sollevati sulla concreta attuazione del Protocollo, risponde che questo tema sarà oggetto dell’attività del prof. Giovanni Flick, delegato del Commissario.
A questo punto prende la parola il dott. Turone, che rimarca l’importanza dell’analisi svolta sul modus operandi delle aziende colluse, anche in considerazione dell’attività di fatto che queste mettono in atto nei cantieri. Dal suo canto il prof. Beltrami Gadola richiama l’attenzione dei presenti sulla questione dello sconto al 41%, e ipotizza che vi sia stato all’origine un grossolano errore da parte di chi ha compilato l’elenco prezzi in sede di predisposizione degli atti di gara. Ipotizza anche che le aziende aggiudicatarie, a fronte di uno sconto così rilevante, siano sicure di recuperarlo in toto, con la consueta prassi delle varianti in corso d’opera, senza un effettivo controllo della direzione lavori. L’effetto,
argomenta, è quello già paventato nella Prima Relazione semestrale, ossia che un’impresa “pulita”, per potersi aggiudicare l’appalto, debba soggiacere ai prezzi imposti dalle imprese colluse.
Il prof. Beltrami Gadola propone dunque che le prossime gare vengano aggiudicate attraverso il c.d. appalto integrato, con il quale si richiede la progettazione esecutiva all’impresa, e che successivamente sia messo a base di gara un elenco prezzi unitario, visto che è impossibile che le imprese lavorino sotto costo, dovendo i prezzi indicati dalle società essere già remunerativi.
Il dott. Maione e la dott.ssa Grande ricordano che le stime dei prezzi sono quotate sui bollettini della Camera di Commercio; precisano che nella prassi si anticipa, nella fase esecutiva, la progettazione già comprensiva di varianti.
In relazione al tema dei controlli, l’avv. Ambrosoli rinvia a quanto appreso dal Comitato Antimafia nel corso dell’incontro avuto con alcuni responsabili dell’organizzazione delle Olimpiadi Invernali di Torino 2006. E ricorda che nonostante la bontà dei protocolli realizzati in quell’occasione è ugualmente emerso da un servizio televisivo, attraverso un’intervista a un collaboratore di giustizia, come la criminalità di stampo mafioso si fosse infiltrata nei lavori. Ricorda come in quell’esperienza, rispetto alle normali procedure di controllo svolte dalle forze dell’ordine, gli organizzatori avessero aggiunto una procedura ulteriore, scegliendo di affidarsi a diverse società di vigilanza privata, alternandole, per poter effettuare controlli ripetuti, giorno e notte, per evidenziare irregolarità nelle forniture, negli accessi e nella sicurezza nei cantieri, con buoni risultati. Richiama quel precedente, egli dice, visto che verosimilmente agli appalti Expo vorranno partecipare società mafiose formalmente con le carte in regola.
Il dott. Turone torna sull’importanza che si realizzi una struttura interforze temporanea, fino alla fine dell’Expo, coordinata dalla Prefettura, che affianchi i componenti del Comitato di Coordinamento per la Sorveglianza delle Grandi Opere. Si tratta di una esigenza transitoria. Anche perché i protocolli sottoscritti hanno lasciato ai responsabili di cantiere l’effettuazione dei controlli. Nota in proposito che tali soggetti rischiano perciò pressioni “personali” da parte della criminalità, potendo vedersi “costretti” a non segnalare alcuna anomalia nei registri settimanali di cantiere e, quindi, a evitare l’intervento della Prefettura.
Il Direttore concorda sull’utilità della task force e riferisce che in precedenti incontri il Prefetto si è impegnato a utilizzare agenti della Polizia Locale. Comunica poi ai presenti che Expo 2015 SpA si è impegnata a completare ed attivare la piattaforma informatica per monitorare gli accessi ai cantieri di propria competenza, offrendo così un importante strumento supplementare di controllo.
Il prof. dalla Chiesa, muovendo dalla discussione fin qui svolta e dall’articolo dell’“Espresso”, propone:
▪ che, nel dovuto spirito di collaborazione, il Commissario Straordinario indirizzi al Prefetto una richiesta di informazioni per sapere quanti e quali controlli sono stati finora effettuati;
▪ che venga stilato un elenco di tutti i cantieri aperti che operano, direttamente o indirettamente, per Expo Milano 2015;
▪ che vengano istituiti i necessari canali di comunicazione con la Prefettura per rendere i controlli più efficaci, coinvolgendo la Polizia Locale e valutando le modalità di scelta del personale di quest’ultima, secondo criteri di competenza e alta formazione, ai fini di un suo inserimento nella task force per Expo Milano 2015.
Il prof. Flick riferisce, a questo punto, dell’incontro avuto con il Prefetto Frattasi responsabile del Comitato di Coordinamento per la Sorveglianza delle Grandi Opere. Spiega che è stato affrontato il tema sollevato dall’articolo dell’ “Espresso”, in vista delle attività di accertamento da compiere e delle misure da intraprendere, dati i rischi (anche di immagine) prospettati dalle notizie pubblicate; e, quanto all’attività di controllo attuata da Expo 2015 SpA, ricorda che la Società ha messo in atto tutte le procedure possibili, richiedendo informazioni sulle società aggiudicatarie alla Prefettura che, trascorsi 45 giorni, non ha risposto.
Il professor Flick riferisce, inoltre, dei sostegni normativi in arrivo: a) l’imminente entrata in vigore del Codice Antimafia, nel quale è prevista l’istituzione di una banca dati centrale informativa entro il prossimo anno; b) la nuova disciplina delle cosiddette informazioni atipiche, che non segnaleranno comportamenti mafiosi, ma avranno lo scopo di individuare ragioni di attenzione sulle società aggiudicatarie di appalti pubblici, lasciando alle stazioni appaltanti le decisioni successive.
In merito alle proposte formulate dal prof. dalla Chiesa, il prof. Flick ritiene che non si possa chiedere, in via ufficiale, al Prefetto quali e quanti accessi abbia compiuto la sua struttura. Sarebbe perciò opportuno formulare tale richiesta alla stazione appaltante.
A conclusione dell’incontro viene assunta la decisione di chiedere alla società Expo 2015 SpA notizie su:
▪ numero e modalità di svolgimento degli accessi delle forze dell’ordine nei cantieri Expo;
▪ eventuali segnalazioni di accesso a personale non autorizzato ai cantieri Expo;
▪ stato di avanzamento della perimetrazione del sito espositivo e data prevista di conclusione;
▪ stato di realizzazione della piattaforma informatica sull’accesso ai cantieri.
Il Comitato valutava positivamente l’atteggiamento espresso nel suo insieme dall’Amministrazione e recepiva con soddisfazione le rassicurazioni ricevute. Riteneva però urgente una verifica più puntuale della attività di controllo espletata dalle strutture investigative interforze istituzionalmente deputate. E investiva del problema anche la Commissione Consiliare Antimafia.
In data 11 dicembre 2012 veniva dunque inviata al Sindaco e per conoscenza all’Avv. Flick una lettera firmata congiuntamente dal presidente del Comitato e dal presidente della citata Commissione, dott. David Gentili.
In essa i firmatari esprimevano
“la nostra più viva preoccupazione per le notizie pubblicate sull’ “Espresso” del 6 dicembre scorso a firma Fabrizio Gatti. La presenza, anche sensibilmente minoritaria, di imprese riconducibili a sfere di interessi “in odor di mafia” nei lavori che riguardano (in loco e non) la realizzazione dell’Expo 2015, induce a paventare quel che l’Amministrazione si è pubblicamente e solennemente impegnata a evitare: ovvero che grazie a filiere apparentemente neutre di subappalti e forniture si inseriscano nelle opere soggetti chiaramente connotati per il loro profilo criminale, specie in determinati ambiti operativi. Tale esito sembra d’altronde perseguito dai clan mafiosi attraverso le loro più classiche modalità, come può evincersi dal recente episodio di sfondamento notturno dei cancelli di un cantiere impegnato in lavori dedicati all’Expo in zona “Sacco”, sfondamento seguito dal furto di un automezzo di una ditta presente sul cantiere”.
E proponevano, nelle loro rispettive vesti istituzionali,
“quindi con urgenza di volere acquisire ogni possibile informazione sui controlli finora effettuati sul campo circa l’identità dei soggetti effettivamente operanti, di giorno e di notte, nelle aree interessate: con che frequenza, con quali modalità e con quali risultati essi siano avvenuti. Ciò perché riteniamo che la città, sempre più sensibile al rischio mafioso, abbia il diritto di conoscere la consistenza dell’azione di contrasto preventivo che viene condotta a sua difesa di fronte a pericoli più volte evocati a ogni livello istituzionale. E anche perché, dopo uno studio impegnativo delle carte giudiziarie circa il “modus operandi” delle imprese mafiose in provincia di Milano, non per nulla la Prima Relazione semestrale del Comitato ha proprio voluto indicare come assolutamente decisiva questa azione di contrasto”.
E così concludevano, sottolineando al Sindaco la qualità dei problemi emersi:
“La vicinanza temporale dell’Expo e l’abilità con cui le organizzazioni mafiose hanno dimostrato di saper sfruttare ogni varco impongono, d’altronde, a tutti una valutazione accurata degli sforzi che coralmente le istituzioni possono e devono compiere in coerenza sia con le attese della cittadinanza sia con le ripetute dichiarazioni ufficiali delle autorità governative di ogni livello”.
Successivamente perveniva al Comitato la lettera datata 18 dicembre 2012 e inviata dal Sindaco di Milano Giuliano Pisapia congiuntamente al presidente di questo Comitato, Prof. Nando dalla Chiesa, e al presidente della Commissione Consiliare Antimafia, Dott. David Gentili.
In essa il Sindaco affermava di condividere le preoccupazioni espresse dai due presidenti, indicando l’obiettivo di “coniugare il rispetto di una tempistica serrata con la necessità di raggiungere il completamento delle opere con la massima trasparenza e legalità”.
Il Sindaco aggiungeva di concordare sul principio
“che solo attraverso uno sforzo congiunto di tutti i soggetti istituzionali sarà possibile mettere in atto strumenti di contrasto, di monitoraggio e, ove possibile, di prevenzione efficaci contro le organizzazioni criminali”.
Ed esprimeva l’auspicio
“che l’attività di monitoraggio e di indagine delle forze dell’ordine sia sempre più costante e che le piattaforme informatiche in corso di completamento possano costituire una forma di controllo dei cantieri puntuale e di effettivo ostacolo alle infiltrazioni mafiose, consapevole che senza uno sforzo comune non sarà possibile vincere questa battaglia per la legalità”.
Con l’occasione il Sindaco trasmetteva una relazione datata 14 dicembre 2012 redatta da Expo 2015 SpA, nella sua veste di stazione appaltante delle opere riguardanti il sito espositivo, e inviata al Prof.
Giovanni Maria Flick nella sua veste di Delegato del Commissario Straordinario per Expo 2015 (vedi Allegato 1).
Da tale documento, originato dalla richiesta di informazioni rivolta dal Comitato al Commissario Straordinario nella citata riunione del 3 dicembre, emergeva che le indicazioni di cui ai punti 1, 2 e 6 della Relazione del luglio 2012 erano state sostanzialmente ignorate. Risultava infatti che tra il 1 agosto e il 14 dicembre 2012 vi era stato un unico accesso del Gruppo Interforze riconducibile ad attività di controllo sui cantieri; accesso verificatosi in data 24 ottobre 2012 e circa il quale non veniva fornita nessuna informazione specifica.
Più in generale, risultava che nel corso dell’anno 2012 il Gruppo Interforze, ossia quello previsto normativamente come il più efficace strumento di sorveglianza, aveva compiuto sul sito di Expo 2015 tre controlli, distribuiti nelle date 23 maggio, 18 luglio e 24 ottobre.
Il Comitato riteneva che a questo punto si stessero producendo condizioni di contesto assai simili a quelle che avevano favorito l’ingresso a vario titolo delle imprese di ‘ndrangheta nei lavori delle Olimpiadi Invernali di Torino del 2006 (si veda di nuovo, su questo, la Prima Relazione semestrale), ossia che a buone disposizioni protocollari si accompagnasse una assoluta episodicità delle attività di controllo. Per questo dava mandato al presidente Prof. Nando dalla Chiesa di incontrare il Sindaco per verificare la congruenza di simili strategie di contrasto con gli obiettivi dell’Amministrazione e anche con la propria stessa funzione.
In un incontro svoltosi il 9 gennaio 2013 il presidente tratteggiava al Sindaco lo stato della situazione, valutando anche i possibili effetti della parentesi aperta dalla fase elettorale e dalla attesa di un nuovo assetto stabile dell’Ufficio di governo nella città di Milano.
Stante la ben nota velocità operativa dei clan e le risultanze circa i controlli interforze eseguiti, si concordava in quella sede circa l’opportunità di impegnare più direttamente l’Amministrazione comunale nelle attività di controllo sul territorio, naturalmente nei
limiti delle proprie competenze. Veniva pertanto elaborata una nuova strategia volta a valorizzare il ruolo della Polizia Locale della città di Milano e del competente Assessorato alla Sicurezza e alla Coesione sociale.
In tale prospettiva si affermava la proposta di giungere a un protocollo di intesa tra il Comune di Milano e gli altri Comuni interessati ai lavori per Expo 2015, così da superare il limite normativo posto alle competenze della Polizia Locale milanese (la più attrezzata a svolgere controlli continuativi) dai confini amministrativi del territorio cittadino.
Il 24 gennaio si teneva presso l’Assessorato alla Sicurezza un incontro coordinato dall’Assessore Marco Granelli a cui presenziavano il presidente del Comitato, rappresentanze delle Amministrazioni dei Comuni di Rho, Pero e Baranzate, e i comandanti delle rispettive Polizie Locali. In quella sede il comandante della Polizia Locale milanese Tullio Mastrangelo confermava la disponibilità da parte del suo Corpo di un numero adeguato di ufficiali e agenti ad alta qualificazione e motivazione in grado di sorreggere la nuova strategia delineata, ispirata a principi di continuità, imprevedibilità e affidabilità dei controlli. Le Amministrazioni presenti confermavano, di fronte a questo scenario operativo, la piena disponibilità a firmare il protocollo di intesa. L’1 febbraio il Comitato si incontrava a tal fine con il Comandate della Polizia Locale e con un qualificato gruppo di suoi collaboratori per approfondirne i termini e le prospettive.
Per meglio valutare le esigenze operative e lo stato della situazione, nel pomeriggio di sabato 2 febbraio un gruppo di osservatori del Comune (di cui facevano parte l’Assessore Marco Granelli, il Prof. Nando dalla Chiesa e il Comandante Tullio Mastrangelo con suoi ufficiali e agenti) svolgeva un sopralluogo non preannunciato su alcune aree interessate dai lavori Expo, precisamente il cantiere di Infrastrutture Lombarde sito in via Daimmler, il varco 5 sito in via Triboniano 7, e il Cantiere Expo (detto testa del pesce) varco L1 in via Cristina Belgioioso.
Nell’occasione venivano riscontrate condizioni operative e di “vulnerabilità” (sotto il profilo indicato in questa sede) piuttosto differenziate, con particolare riferimento al movimento terra. Veniva dunque stabilita l’opportunità di dare seguito al più presto alla strategia delineata. Nel frattempo il Sindaco e l’Assessore predisponevano con i loro collaboratori e con le altre Amministrazioni interessate l’articolazione del Protocollo di intesa.
3) Il Protocollo delle Polizie Locali
Il giorno 13 febbraio 2013, nella sede di Palazzo Marino, veniva così pubblicamente siglato il Protocollo d’intesa tra il Comune di Milano, il Comune di Rho, il Comune di Pero e il Comune di Baranzate per la realizzazione di interventi di Polizia Locale per EXPO 2015 (Allegato 2). Presenti i sindaci Giuliano Pisapia, Giuseppe Corbari (Baranzate), Luciano Maneggia (Pero) e Pietro Romano (Rho).
In esso si ricordava in premessa che:
“in ottemperanza a quanto disposto dal D.L. 135/2009, che introduce specifiche disposizioni “per garantire la trasparenza e la libera concorrenza nella realizzazione delle opere e degli interventi connessi allo svolgimento dell’Expo Milano 2015”, la Prefettura di Milano ed Expo 2015 s.p.a. hanno sottoscritto in data 13.2.2012 apposito protocollo di legalità con finalità di prevenzione, controllo e contrasto dei tentativi di infiltrazione mafiosa e di verifica della sicurezza e della regolarità dei cantieri di lavoro;”
e che:
“viste le competenze del Gruppo Interforze Centrale per Expo Milano 2015 (GICEX), istituito in data 23.12.2009, e di quanto stabilito dai Protocolli di Legalità sottoscritti in questi ultimi anni dalla Prefettura, l’attività oggetto del Protocollo si inserirà nell’ambito dei percorsi istituzionali già attivati, creando uno strumento operativo per lo svolgimento, d’intesa con gli Enti competenti, delle attività di
vigilanza e di controllo ambientale, di sicurezza del lavoro nei cantieri e di polizia stradale nelle aree del sito espositivo, senza che si frapponga il vincolo della territorialità;”
Vi si affermavano inoltre i seguenti principi operativi:
• “risulta indispensabile approntare un sinergico e strutturato servizio di Polizia Locale, idoneo sia a garantire la puntuale vigilanza sul corretto svolgimento delle attività che si svolgono nell’area e nello specifico in ambito ambientale e di sicurezza del lavoro nei cantieri, materie la cui specificità e complessità richiedono operatori altamente qualificati supportati da un’adeguata e consolidata struttura organizzativa, che, in relazione alle competenze proprie di polizia stradale, interventi finalizzati a regolare i flussi veicolari e a prevenire possibili congestionamenti della circolazione nelle strade adiacenti ed adducenti all’Area;
• risulta fondamentale, per esigenze di funzionalità ed efficacia operativa nonché di ottimizzazione delle risorse e delle attività, prevedere la possibilità, per le Polizie Locali dei Comuni di Milano, Rho, Pero e Baranzate, di poter svolgere le proprie funzioni senza che si frapponga il vincolo della rigida territorialità e quindi prescindendo ognuno dai propri confini amministrativi, in relazione a tutte le attività necessarie a garantire il perseguimento delle finalità del presente Protocollo;
• una più ampia giurisdizione funzionale territoriale ed una sinergia operativa delle Polizia Locali in menzione, comporta un imprescindibile valore aggiunto in ordine al buon esito delle attività di vigilanza e controllo sia in relazione alla possibilità di beneficiare trasversalmente delle specialistiche competenze presenti e consolidate nei singoli Corpi di Polizia Locale, in materia ambientale, di sicurezza del lavoro e di controllo dei cantieri, sia come fattore idoneo ad elidere le criticità rinvenibili nelle ridotte dimensioni organiche dei
Corpi di Polizia Locale dei diversi Comuni interessati, a fronte della eccezionale rilevanza dell’evento;
• ciascuna amministrazione ha formalmente comunicato al Prefetto di Milano l’intenzione di formalizzare un accordo reciproco per definire un approccio congiunto e sinergico in ordine allo svolgimento delle attività di vigilanza e controllo, sia in relazione alle attività operative richieste sia con riferimento alla condivisione delle informazioni utili finalizzate ad una maggior efficacia d’azione;
• il Prefetto ha espresso assenso in ordine a quanto rappresentato dai Comuni di Milano, Rho, Pero e Baranzate attraverso una comunicazione scritta di “nulla osta” inviata ai Comuni di Milano, Rho, Pero e Baranzate il 29.01.2013 Prot. N. 18.7/201100086 GAB;
• all’interno del Corpo di Polizia Locale di Milano sono già organicamente strutturate Unità operative specializzate in materia ambientale, di sicurezza del lavoro e di controllo dei cantieri, specificamente formate e con una consolidata e pluridecennale esperienza lavorativa nei rispettivi campi;
• risulta essenziale che le Polizie Locali interagiscano con Enti, Istituzioni e Forze dell’Ordine operanti nell’area.”
E infine vi si richiamavano , a sostegno normativo della nuova strategia definita:
• “l’articolo 4 n. 4 lettera c) della legge 7 marzo 1986, n. 65 che consente, la possibilità di realizzare da parte dei Comuni, in forma singola o associata, missioni esterne allo scopo di rinforzare altri Corpi e Servizi in particolari occasioni stagionali o eccezionali, previa esistenza di appositi piani o di accordi tra le amministrazioni interessate, e previa comunicazione al Prefetto;
• l’art. 15 della L.R. Lombardia 14 aprile 2003, n. 4 che consente, in relazione ad esigenze di natura temporanea, la facoltà, previo accordo tra le amministrazioni interessate, di prevedere l’impiego di personale e lo svolgimento delle funzioni di Polizia Locale in ambiti territoriali diversi da quelle dell’Ente di appartenenza, in relazione alla esecuzione di attività di ausilio e soccorso in materia di sicurezza, di tutela dell’ambiente e del territorio;
• l’articolo 36 del Regolamento del Corpo di Polizia Municipale di Milano che prevede la possibilità di dar luogo all’impiego del personale della Polizia Locale per effettuare servizi di natura temporanea presso altre Amministrazioni Locali, previa comunicazione al Prefetto, sia in ordine a servizi stradali in collegamento con quelli dei comuni confinanti per necessità derivanti da situazioni della circolazione che per manifestazioni o altre evenienze straordinarie, previa deliberazione della Giunta Comunale.”
Sulla base delle premesse, delle necessità operative e della cornice normativa indicate, le quattro Amministrazioni stabilivano dunque il seguente
Protocollo di intesa
Art. 1 OGGETTO
1. Le Polizie Locali di Milano, Rho, Pero e Baranzate concorreranno con proprio personale a garantire la puntuale vigilanza sul corretto svolgimento delle attività per la realizzazione di EXPO 2015 e nello specifico in ambito ambientale e di sicurezza del lavoro nei cantieri, compresa la movimentazione delle terre e del materiale di risulta nonché il corretto conferimento degli stessi.
2. La Polizia Locale di Milano supporterà, a richiesta, la Polizia Locale dei Comuni di Rho, Pero e Baranzate nello svolgimento dei servizi di Polizia Stradale nelle strade adiacenti e adducenti all’aree interessate.
Art. 2
AMBITO TERRITORIALE
1. Il personale delle Polizie Locali dei Comuni di Milano, Rho, Pero e Baranzate potrà operare sull’intero territorio di ciascuno dei Comuni contraenti prescindendo conseguentemente dai confini territoriali amministrativamente riferibili all’Ente da cui rispettivamente dipende, e ciò in relazione a tutte le attività necessarie a garantire l’attuazione del presente protocollo.
Art. 3
MODALITA’ DI SVOLGIMENTO DEL SERVIZIO
1. Potranno essere previsti interventi congiunti di personale di Polizia Locale dei Comuni stipulanti il presente Protocollo d’Intesa per EXPO 2015, da definirsi preventivamente tra i Responsabili dei rispettivi Corpi di Polizia Locale, nell’ambito territoriale definito nell’articolo precedente.
Art. 4
COORDINAMENTO DELLE ATTIVITA’ E DIREZIONE DEL PERSONALE DI POLIZIA LOCALE OPERANTE
1. I responsabili dei Corpi delle Polizie Locali dei Comuni contraenti definiranno un calendario di incontri finalizzato alla valutazione delle problematiche esistenti ed emergenti al fine di concordare iniziative finalizzate alla realizzazione di interventi idonei a garantire il perseguimento degli obiettivi di cui al presente Protocollo.
2. Il coordinamento operativo del personale e la direzione degli interventi è garantito dagli Ufficiali dei rispettivi Corpi di Polizia Locale cui appartiene il personale operante.
Art. 5
TAVOLO OPERATIVO CON EXPO 2015 SPA E ALTRE ISTITUZIONI
1.Le Parti al fine di garantire il buon esito dell’attività in materia ambientale, di sicurezza del lavoro e di controllo di cantieri Expo, prevista nel presente protocollo, ritengono indispensabile definire le modalità di intervento, i flussi informativi e gli strumenti necessari insieme ai soggetti interessati.
2.A tal fine sarà costituito un tavolo operativo con Expo 2015 Spa, al quale parteciperanno di volta in volta le istituzioni interessate per materia e che vedrà ove necessario la presenza del Commissario Straordinario per Expo ovvero di un suo delegato e/o della sua segreteria tecnica.
3. Ciascuno dei soggetti titolati alla partecipazione al tavolo individuerà il proprio rappresentante.
Art. 6
GESTIONE DELLE PROCEDURE DI ACCERTAMENTO DEGLI ILLECITI AMMINISTRATIVI E PENALI
1. La gestione delle procedure e degli adempimenti di legge conseguenti gli accertamenti di violazioni penalmente o amministrativamente rilevanti, restano a carico degli Enti Locali di riferimento dei rispettivi Corpi di Polizia Locale.
2. Le Amministrazioni contraenti valuteranno l’opportunità di attivare iniziative idonee a favorire la formazione e l’uniformità delle procedure operative.
Art. 7 COSTI
1. Ciascuna Amministrazione si fa carico dei costi riferiti all’impiego del proprio personale nonché più in generale dei costi per l’organizzazione del servizio svolto dal medesimo.
Art. 8 DURATA
1. Il presente protocollo entra in vigore alla data di sottoscrizione e avrà durata fino al 31.12.2014 e comunque sino alla chiusura dell’ultimo cantiere
Art. 9 NORME FINALI
1. Copia del presente Protocollo d’Intesa è trasmessa al Prefetto ed al Questore di Milano.
2. Per quanto non previsto si rimanda alle disposizioni vigenti in materia ed in particolare alla legge 7.3.1986 n. 65 e alla legge regionale 14.4.2003 n° 4.
4) Proposte e sollecitazioni
Il giorno 3 aprile 2013 il Comitato ha promosso un incontro con il comandante della Polizia Locale e con i suoi più diretti collaboratori per verificare gli esiti iniziali delle attività svolte in attuazione del Protocollo di intesa.
La richiesta di incontro è stata accelerata dalla preoccupazione per le notizie pubblicate sulla stampa locale negli ultimi giorni di marzo relative alla società “Pegaso”, incaricata dalla cooperativa
C.M.C. di Ravenna della vigilanza sul sito Rho - Pero e risultata priva dei requisiti necessari a garantire gli standard di efficienza stabiliti. Una volta di più era apparso infatti al Comitato il rischio concreto che
alla affidabilità delle procedure formali potesse non corrispondere altrettanta affidabilità nella prassi proprio sul versante delicatissimo dei controlli.
Gli esponenti della Polizia Locale hanno relazionato sulle tipologie dei controlli esercitati, consegnando al Comitato un voluminoso dossier attestante le attività di controllo e sorveglianza svolte. Del contenuto del dossier si ritiene qui di non fare menzione esplicita e di rinviare semmai a una prossima relazione per quel che riguarda la complessiva attuazione del piano di prevenzione e controllo originato dal Protocollo di intesa.
Il Comitato ha maturato la convinzione che il Corpo municipale abbia realizzato (nei limiti delle sue competenze e disponibilità, naturalmente) un intervento rispondente ai necessari principi operativi della continuità (ossia anche in orari serali e notturni e nei giorni festivi o di sabato), della imprevedibilità e della affidabilità. Ha appreso anche che determinate attività sono state svolte in collegamento con la Direzione Distrettuale Antimafia, e ha ovviamente apprezzato il valore di questa collaborazione ai fini degli sviluppi investigativi.
Ha appreso anche una notizia che qui si intende segnalare. Ovvero che occorre per il migliore svolgimento dell’attività del Corpo una autorizzazione prefettizia all’accesso alla piattaforma informatica della società Expo 2015 SpA, autorizzazione mancante e per la cui concessione, peraltro, la stessa società interessata ha espresso la propria disponibilità. Tale accesso agevolerebbe proprio la sistematicità e imprevedibilità dei controlli, sicché il Comitato ritiene di suggerirne l’urgenza per intervenire efficacemente sulla situazione di fatto non solo nei cantieri ma, ancor più, nei loro dintorni e fuori dall’area espositiva.
PARTE SECONDA
INCENDI E INTIMIDAZIONI. I CLAN A MILANO: NON SOLO EXPO
1) Una spia allarmante
In questa seconda parte della Relazione si intende invece sottoporre all’attenzione del Sindaco un fenomeno sostanzialmente estraneo alle vicende dell’Expo 2015, al quale già si è accennato nella Prima Relazione semestrale e che presenta profili allarmanti sotto più aspetti.
Si tratta dello sviluppo di attività aggressive condotte verosimilmente da organizzazioni criminali nei confronti di persone operanti nella città di Milano e nella sua provincia; attività che denotano una notevole pressione verso specifici mondi e occupazioni a conformarsi alle regole di comportamento stabilite da tali organizzazioni. Si farà qui riferimento, in particolare, alla numerosità degli attentati incendiari effettuati nei confronti di cantieri, negozi ed esercizi artigianali.
La loro comparsa e la loro intensificazione sono da sempre un indicatore certo di un sistema di intimidazione mafioso (già nella celebre inchiesta Franchetti-Sonnino essi sono classicamente gli “sfregi” che giungono come avvertimento prima della violenza fisica). E la più recente esperienza investigativa li conferma come indice indubbio di presenza mafiosa, pur con tutte le cautele analitiche che devono essere adottate di fronte ai singoli episodi.
Proprio nella Relazione del luglio 2012 si sottolineava la allarmante consistenza del fenomeno, così da disegnare un “rischio- Milano” al di là dei lavori per l’Expo 2015. E si annunciava lo sviluppo di una attività di monitoraggio il più possibile approfondita sulle dimensioni e sulle più rilevanti specificità del fenomeno. La presente Relazione dà conto, per l’appunto, dei principali risultati di questa attività.
La ricerca, che ha un carattere inedito nelle analisi del fenomeno mafioso e che ha avuto una durata di alcuni mesi, è stata condotta sugli incendi dolosi realizzati nel periodo 2011-2012 (fino al mese di ottobre compreso) a Milano e provincia. La orientativa completezza dei dati è stata resa possibile dalla preziosa collaborazione dell’Ufficio statistica e rapporti di intervento del Comando provinciale dei Vigili del Fuoco di Milano. Una più precisa valutazione di diversi singoli episodi è stata indotta dalla consultazione delle notizie di cronaca riportata dai giornali locali e dalla lettura di sentenze e ordinanze relative ai principali processi di ‘ndrangheta a Milano, quali Redux- Caposaldo, Valle-Lampada, Infinito e Zambetti (anche chiamato “Operazione Grillo parlante”). L’impegno analitico del Comitato si è espresso infine nella costruzione di differenti tipologie di mappe degli incendi dolosi. Esse vengono proposte nelle pagine seguenti, così da aggiornare e ampliare le prospettive interpretative della mappa allegata alla Prima Relazione semestrale del Comitato.
2) Metodologia operativa e quadro territoriale di insieme
Il primo obiettivo è stato quello di individuare e “geo- localizzare” tutti gli interventi effettuati e classificati dal Corpo come dolosi. Oltre a operare una suddivisione degli episodi fondata sulla tipologia di bene colpito, se immobile o autoveicolo, sono state create delle mappe di densità che evidenziano chiaramente aree di “pressione” nelle quali la frequenza di atti dolosi risulta più elevata. Benché si ritenga che la mole (davvero preoccupante) degli episodi censiti vada considerata come un indicatore indubbio di presenza e aggressività di organizzazioni criminali di stampo mafioso, occorre però aggiungere che, in linea teorica, alla base di ogni incendio doloso possono esservi almeno altri quattro ordini di motivazioni:
− il tentativo estorsivo condotto da parte di gruppi (minori) di criminalità comune;
− il progetto di incasso del rimborso assicurativo da parte del gestore (eventualità accentuata, secondo diversi interlocutori, dalla grave crisi economica);
− il gesto di follia passionale;
− il vandalismo da piromania.
Inoltre va aggiunto che un certo, anche se indefinito, numero di incendi dolosi va credibilmente ascritto a lotte e contese tra clan appartenenti a organizzazioni diverse, volti ad affermare una temporanea egemonia territoriale o semplicemente a sancire una rivalità in affari.
Tale ipotesi, che abbassa in misura non definibile il numero degli atti delittuosi realizzati in danno di onesti cittadini, non è però meno preoccupante dal punto di vista della tenuta della convivenza civile, se è vero che la consolatoria affermazione “si ammazzano tra di loro” è stata storicamente e sistematicamente uno dei fattori decisivi della ascesa dei clan mafiosi in diversi contesti urbani e regionali.
Fatte queste premesse di metodo, è utile partire dai dati di insieme. I quali (Allegati 3, 4, 5 e 6) ci dicono che dal gennaio 2011 all’ottobre 2012 nel territorio di Milano e provincia sono stati dati alle fiamme 121 immobili e 157 automezzi, per un totale di 278 incendi dolosi. E più precisamente: 94 nel primo semestre, e 77 nel secondo semestre 2011; 62 nel primo semestre 2012 e 45 da luglio fino a ottobre 2012. Le indicazioni geografiche fornite dallo studio sono chiare.
La frequenza degli incendi dolosi è molto elevata particolarmente in tre zone: la 7 (26 incendi), la 8 (21) e la 6 (20). Vi sono poi ulteriori aree sottoposte ad una moderata pressione, come la zona 3 (15), la zona 4 (13), il Comune di Rho (13) e quello di Cologno Monzese (12). É interessante notare come la zona del cantiere principale di servizio ai lavori per l’Expo 2015, lo stesso da cui nella notte tra il 21 e il 22 ottobre 2012 è stato rubato un automezzo attraverso lo sfondamento dei cancelli di ingresso, ricada esattamente in zona a elevata intensità.
Guardando invece a quei comuni e zone che tradizionalmente e per unanime riconoscimento registrano una forte presenza di
criminalità di stampo mafioso, su tutti Buccinasco e zona 9, vi si coglie un fenomeno di sicuro interesse. Ossia la relativa calma criminale, come se vi si fosse realizzato un equilibrio tra clan e territorio.
Buccinasco presenta un numero di incendi dolosi molto basso (2) in danno esclusivamente di automezzi. La zona 9 invece, che vede la presenza storica del gruppo ‘ndranghetista Flachi, da gennaio 2011 ha registrato 10 incendi: un numero certo più alto di quello (4) registrato nella confinante zona 2, di recente sottoposta (secondo molti testimoni) a una considerevole pressione estorsiva, ma meno della metà di quelli
(21) registrati in zona 8.
Studiando con attenzione i dati della zona 9 si è inoltre indotti a cogliere la combinazione di due dinamiche: da un lato si ha il contenimento del numero di episodi di intimidazione che colpiscono automobili o singoli esercizi, dall’altro si ha una superiore e più sfrontata capacità aggressiva, con innalzamento e allargamento della qualità degli obiettivi colpiti. Vi ritroviamo così il clamoroso incendio del centro sportivo comunale di via Iseo (su cui già si è soffermata la Prima Relazione del Comitato), l’incendio di un punto scommesse SNAI e quello di un ufficio di una ditta non identificata in via Teodoro Moneta (oltre un auto-negozio utilizzato per i mercati e il negozio di alimentari “Sapori del sud”). Mentre un cenno a sé merita di nuovo (dopo il richiamo nella Prima Relazione semestrale) l’attentato al locale “Sugar Lounge”, ubicato nel quartiere Isola di Milano e di proprietà di un parente di un affiliato alla ‘ndrangheta, che va a fuoco il 28 settembre 2011 rafforzando l’ipotesi di un filone di attentati ascrivibile all’insorgere di rivalità tra singole cosche.
La classificazione degli incendi sulla base della loro localizzazione geografica e della loro suddivisione temporale per semestri è stata poi integrata da quella generata dagli orari di intervento dei Vigili del Fuoco. Si è voluto cioè verificare quali siano le fasi della giornata in cui si collocano tendenzialmente gli episodi di aggressione e intimidazione incendiaria, realizzando un grafico della loro distribuzione oraria (Allegato 7).
Quest’ultimo evidenzia un fatto che è senz’altro intuitivo. La maggior parte degli incendi dolosi avviene infatti durante la notte, precisamente da mezzanotte alle ore 5 della mattina e comunque, in genere, successivamente alle ore 21.30.
Si può ritenere (come è stato rappresentato al Comitato) che questo avvenga perché in tali orari gli automezzi sono presumibilmente parcheggiati nelle vicinanze delle abitazioni dei proprietari, così da rendere più facile l’individuazione degli obiettivi. Ma va aggiunto che tale spiegazione non vale per i negozi e le altre tipologie di immobili.
La spiegazione più efficiente (e ripetiamo: intuitiva) è dunque che gli episodi di intimidazione si verificano normalmente negli orari in cui il controllo istituzionale e sociale del territorio si abbassa, fino – talora - a essere inesistente. E questo conforta il suggerimento avanzato convintamente in più sedi da questo Comitato circa la necessità di programmare nuove e più efficaci strategie di controllo del territorio negli orari in cui i clan hanno dimostrato negli anni di sapersi muovere nell’impunità, nella gestione criminosa del movimento terra come nella pratica delle intimidazioni.
3) Due incendi “esemplari”
Considerando tutti gli episodi verificatisi nel periodo osservato, alcuni presentano caratteristiche peculiari che li rendono più significativi dal punto di vista dell’ impatto sul territorio e sulla sua vita pubblica. Si tralasceranno qui gli episodi già richiamati nella Prima Relazione semestrale del Comitato, alla quale si rinvia, come ad esempio - nel comune di Milano - l’incendio del centro sportivo di via Iseo o quello dell’autonegozio di Loreno Tetti a Città Studi, oppure - a Desio - quello del polo tecnologico comunale, giusto per citare tre casi che hanno colpito la sensibilità della cittadinanza.
A proposito del Centro di via Iseo va semmai segnalato come ancora nel corso di una verifica effettuata presso il Centro Iseo venerdì 5 aprile u.s. siano emersi atti vandalici in danno dello spazio adibito a palestra sotto le tribune del campo da calcio; spazio inutilizzato dopo l’incendio del 2011 e che ai tempi di Milano Sportiva (la società estromessa dal Comune) era stato dato in gestione al sig. La Macchia, che vi teneva dei corsi di arti marziali e che tuttora ha lì le sue attrezzature. Il centro sembra cioè essere bersaglio permanente di comportamenti vandalici se è vero che dalla seconda metà del 2012 vi si sono riscontrati (secondo la recente denuncia di “Milanosport”):
− numerosi furti di gasolio, utilizzato per il sistema di riscaldamento;
− furti di infissi, termosifoni, sanitari, tubi e cavi;
− bivacco di persone presso le aree inutilizzate del palazzetto;
− distruzione di lavandini, vespasiani, quadri elettrici e split dei condizionatori;
− il furto, a inizio aprile, di oltre 30m di cavi elettrici e di circa 100m di tubi di rame.
Quanto ai “nuovi” incendi, si intende qui sottoporre all’attenzione del Sindaco il caso di due episodi verificatisi in altrettanti Comuni della provincia, ritenendo che essi siano del tutto significativi per spiegare le logiche di penetrazione e di intimidazione perseguite dalle cosche e che siano per questo utili ad allertare le istituzioni amministrative e repressive su un piano più generale.
Il primo caso, sul quale si staglia con più nettezza l’ombra di un progetto estorsivo e intimidatorio, avviene il 10 aprile 2012 a Cornaredo. Quattro uomini si introducono di notte nel capannone della Azienda Comunale Servizi Ambientali (A.C.S.A. SpA) e provocano un incendio manomettendo una motrice di un camion lì posteggiato. Data la risaputa infiltrazione della criminalità organizzata nel ciclo dei rifiuti, è senz’altro da ritenere che il fatto vada inquadrato in una strategia di condizionamento degli appalti o delle forniture esercitata nei confronti dell’ente pubblico su un settore che appare contemporaneamente appetibile e vulnerabile. L’episodio di
Cornaredo è però particolarmente significativo anche per un’altra ragione. La dolosità dell’incendio, infatti, non è stata provata dal ritrovamento di fonti d’innesco, come avviene nella maggior parte dei casi, ma grazie alla visione dei filmati di videosorveglianza della struttura. Questo indica come i clan mafiosi possano esercitare il massimo dell’intimidazione nei confronti delle loro vittime, che ben capiscono il messaggio indirizzato loro, e procurare però il minimo di allarme pubblico dissimulando la natura dolosa dell’evento intimidatorio. Viene cioè attuato un metodo operativo che usa due registri: quello del messaggio (verso la vittima e altre potenziali vittime) e quello del silenzio (verso il contesto più generale).
E’ un metodo che sarebbe riduttivo circoscrivere all’episodio richiamato. In effetti nel database dell’Ufficio Statistiche dei Vigili del Fuoco la classificazione degli incendi in base alla loro natura contiene più volte la voce “non potuta accertare”, a indicare che le cause del singolo episodio non possono essere stabilite con certezza. Appare questa la ragione “tecnica” di quella che a prima vista può apparire una sottovalutazione istituzionale.
Il Comitato è stato perciò particolarmente attento all’esistenza di questa variabile distorsiva e ha operato le proprie classificazioni integrando il dato tecnico con una rilettura “di contesto” che appare sempre più necessaria di fronte ai molti episodi di distrazione. Per questo, ad esempio, sono stati ricompresi negli incendi dolosi anche alcuni incendi di natura tecnicamente incerta, come quelli avvenuti nell’estate del 2012 e che hanno colpito parchi e strutture comunali in situazioni ben “leggibili” - per premesse e circostanze - da parte del destinatario o dell’osservatore attento.
Il secondo caso che si intende segnalare per il suo rilievo sintomatico si verifica a Parabiago l’11 settembre 2012. In quella data viene dato alle fiamme l’ufficio della ditta di bagni chimici “New Nobach”. Non può sfuggire che i bagni chimici ricadono nelle cosiddette “forniture”, settore nel quale, come si è già più volte ricordato, si concentra la presenza delle organizzazioni criminali. In tal
caso, va rilevato, l’intimidazione giunge direttamente alla sede aziendale.
4) Categorie a rischio incendio
Osservando l’evoluzione degli incendi dolosi nel corso dei (quasi) due anni posti sotto monitoraggio, e tenendo in considerazione le principali inchieste condotte dalla magistratura sul territorio milanese (e segnatamente l’operazione “Redux-Caposaldo” del 10 marzo 2011), è possibile individuare alcune categorie più esposte al fenomeno estorsivo e all’intimidazione incendiaria.
Lampante è il caso dei paninari, già emerso proprio nell’inchiesta “Redux-Caposaldo”. Da un lato è paradigmatica la vicenda di Loreno Tetti, il commerciante che non riuscendo più a sostenere la pressione estorsiva della famiglia Flachi decide di collaborare con la giustizia. Dall’altro ha un formidabile valore probatorio il fatto che lo stesso autonegozio allestito durante le indagini dalla Guardia di Finanza sia stato immediatamente sottoposto a richieste estorsive [va fra l’altro ricordato che dalle carte dell’inchiesta emerge come la consorteria dei Flachi non fosse l’unica accusata di richiedere il pizzo ai paninari.]
Più in generale, e al di là (lo si ripete) delle peculiarità di singoli casi, si può ritenere che siano tutti i differenti esercizi commerciali “stradali” - specie se costretti a lasciare incustodite di notte le proprie strutture, come autonegozi, edicole e fiorai - a trovarsi particolarmente esposti ai fenomeni estorsivi. Numerosi sono infatti gli incendi dolosi che hanno interessato queste categorie. Un caso importante, tra molti altri, è quello dell’edicola di via Washington a Milano (via già segnalata nella Prima Relazione per le sue effervescenze criminali a influenza camorristica), incendiata esternamente in maniera lieve il 6 agosto 2012 e successivamente data totalmente alle fiamme il 29 dello stesso mese.
Al tempo stesso occorre segnalare che vi sono anche differenti tipologie di esercizi commerciali svolti all’interno di immobili ad avere registrato un elevato numero di incendi o di attentati con bombe artigianali: ritroviamo in questa seconda categoria pizzerie, ristoranti, panetterie (famiglia Passafaro ndr) gelaterie, negozi di alimentari, bar e locali notturni.
Pur all’interno della “impunità notturna” che accomuna la stragrande maggioranza degli episodi analizzati, è opportuno però distinguere una duplicità di situazioni. Nel senso che la prima categoria di esercizi appare esposta (e quindi “naturalmente” inglobata nel raggio d’azione diretta dei clan) a causa dell’assenza di difese e della propria solitudine fisica sul territorio; mentre la seconda categoria appare esposta dalle merceologie che tratta o dai servizi offerti, legati (salvi i locali notturni) allo smercio di prodotti alimentari, a ribadire il marcato interesse dei clan per il settore, vuoi per riciclarvi i propri capitali vuoi per imporre le forniture delle proprie imprese.
Non per nulla al Comitato sono giunte segnalazioni di misteriosi nuovi soggetti economici che creano Srl in settori quali la ristorazione, lo svago notturno e la vendita di alimentari e che si contraddistinguono per l’elevata liquidità, comprando vecchi locali o negozi, incluso lo stabile (in gergo le “mura”), dai tradizionali operatori economici messi in difficoltà dalla crisi economica.
L’ultimo aspetto da segnalare in questo quadro di “intensità del rischio” riguarda l’edilizia. Si tratta, come è noto e come è stato sottolineato con forza anche nella Prima Relazione, di un settore che ricade per tanti versi sotto il controllo delle imprese legate alla ‘ndrangheta. E in cui tale controllo è stato acquisito proprio in virtù di una stringente e diffusa attività di intimidazione protratta nel tempo. Non stupisce dunque che anche questo settore abbia registrato un apprezzabile numero di incendi di natura dolosa che, oltre a interessare i capannoni delle ditte, hanno riguardato direttamente alcuni cantieri.
5) Gli incendi di automezzi
Dei 278 incendi totali ben 157 hanno riguardato veicoli quali moto, automobili, furgoni e in alcuni casi anche camion.
La prima osservazione che può essere fatta è che se l’incendio è avvenuto in orario notturno, quasi sicuramente l’automezzo è posteggiato nelle vicinanze dell’abitazione del proprietario (o di chi usa il mezzo). Il Comitato ha acquisito i dati personali di alcune vittime ma non dispone oggettivamente dei mezzi per indagarne le attività: che tipo di lavoro svolgano, come si inseriscano nel contesto ambientale-abitativo (fama e rapporti di vicinato) e se abbiano o meno precedenti penali. Una stessa analisi sui proprietari effettuata attraverso l’anagrafe potrebbe rivelarsi un buco nell’acqua, poiché proprietario e utilizzatore possono essere due persone distinte e non vi è alcuna garanzia che la base dei dati ivi registrati sia aggiornata.
Un elemento invece che potrebbe essere approfondito più facilmente è quello che riconduce i casi di incendio doloso ad autovetture e mezzi di proprietà aziendale. Scorrendo la lista degli episodi si può notare infatti un gran numero di incendi dolosi che rientrano in tale categoria. Il che confermerebbe la frequente natura estorsiva degli incendi anche laddove a essere colpiti non siano negozi o attività imprenditoriali. Si tratta però di ipotesi o intuizioni di cui il Comitato può solo approvare o caldeggiare ogni sviluppo investigativo.
6) Una selezione cronologica degli episodi (oltre le statistiche)
Per completezza informativa si ritiene di proporre a questo punto una articolata selezione degli episodi di intimidazione di varia natura che è stato possibile censire tenendo sotto osservazione la città di Milano e la sua provincia (Allegato 8).
Si tratta di episodi variegati, che vanno dagli incendi ai danneggiamenti, dalle bombe artigianali alle pallottole intimidatrici. Una sua attenta lettura è sufficiente per cogliere l’ampiezza della pressione che si sta sviluppando sul milanese a sostegno di interessi e strategie criminose. La qualità del fenomeno si impone cioè, attraverso queste tavole sintetiche, ben oltre il linguaggio già allarmante delle statistiche.
7) Alcune ipotesi interpretative. A proposito di controllo del territorio
Come è stato più volte spiegato dalle agenzie istituzionali e come è stato rilevato concordemente in numerosi studi, la pratica dell’intimidazione non è però solo finalizzata alla produzione di “ingiusti vantaggi”, per usare la terminologia dell’articolo 416 bis del codice penale. Essa è invece anche (e per certi aspetti soprattutto) riconducibile alla pretesa di controllo del territorio tipicamente avanzata dalle organizzazioni di stampo mafioso. Non è dunque inutile proporre interrogativi e scenari pure muovendo da questa prospettiva, ossia quella delle tendenze in atto nel controllo del territorio e dei possibili mutamenti in corso.
Ad esempio, l’elevato numero di incendi avvenuti in zona 7 dopo l’operazione Redux-Caposaldo, conclusasi con l’arresto di buona parte della famiglia Flachi che in quella zona storicamente dominava, può, in attesa di nuove risultanze giudiziarie, essere letto in due modi. Da un lato potrebbe essere l’effetto di una strategia volta a ribadire con la violenza la precedente sovranità territoriale e a impedire le smagliature conseguenti ai colpi d’immagine subiti dal clan sul piano giudiziario. Dall’altro, al contrario, potrebbe essere l’effetto di una contesa prodotta proprio da quell’indebolimento di immagine e dalla decisione di altri clan di approfittarne per operare un processo di sostituzione.
In questa prospettiva è degno di attenzione quanto riferito da alcuni articoli pubblicati nella cronaca milanese dai principali quotidiani nazionali, secondo cui nel quartiere di Baggio sarebbero presenti anche interessi legati a clan camorristici, messi tra l’altro in evidenza dalle carte dell’inchiesta sull’assessore regionale Domenico Zambetti (in cui si parla di individui “napoletani” che controllano un gran numero di voti attraverso alcuni condomìni). Si pone cioè la questione di individuare la modalità corrente di spartizione del territorio e l’eventuale esistenza di accordi o conflitti volti a ristabilire i confini tra le varie organizzazioni criminali.
Stando a quanto riportato dalla seconda relazione semestrale 2011 della Direzione Investigativa Antimafia, non è da escludere una dinamica conflittuale tesa proprio a rimodulare i rapporti gerarchici “tra” ed “entro” le organizzazioni.
In tal senso non appare certo da sottovalutare quanto accaduto circa un anno fa a Buccinasco, luogo di tradizionale insediamento calabrese, che, come è noto, ha guadagnato alla cittadina dell’hinterland sud milanese il soprannome di “Platì del nord”. Qui il 3 maggio 2012 viene data alle fiamme l’auto di uno dei due figli di Antonino Zacco, esponente storico di Cosa nostra a Milano, uno dei registi della celebre maxiraffineria di Alcamo, arrestato nell’ambito dell’operazione “Duomo Connection” del 1990 e in procinto di scontare le sue condanne giudiziarie. Diverse fonti concordano sulla possibilità che l’incendio intenda ribadire le antiche egemonie calabresi su un territorio che ha visto i clan locali ripetutamente colpiti dalla magistratura e dunque mutare potenzialmente i propri scenari criminali.
Recentemente l’esplosione di alcuni colpi di pistola contro un locale di piazza Bernini ha riproposto il tema della lotta per il controllo degli esercizi commerciali in città. Si ritiene utile proporre in proposito il testo integrale di un articolo pubblicato dal “Fatto Quotidiano” (a firma Davide Milosa) il 26 marzo u.s., per illustrare la possibile complessità degli scenari criminali sottostanti anche a un singolo attentato.
“Cinque colpi di pistola contro le serrande di un locale in piazza Bernini a Milano. L’ultimo capitolo dell’infiltrazione mafiosa nel cuore dell’ex capitale morale d’Italia riparte da qua. Dalle tre vetrine dello Stardust. E da quei fori di grosso calibro penetrati all’interno fino a mandare in frantumi le vetrate del bancone di questo lounge bar di lusso. Il locale è stato chiuso circa un anno fa, dopo che uno dei suoi titolari è inciampato in un’indagine su un massiccio traffico di droga coordinato da Angelo Antonio Pelle, originario di San Luca, legato alla famiglia Giorgi, a sua volta coinvolta nella strage di Duisburg del 15 agosto 2007. ‘Ndrangheta ai massimi livelli, che, stando alla ricostruzione fatta dalla squadra Mobile di Roma e dal Ros di Milano, sotto la Madonnina aveva la sua centrale della cocaina. Qui la polvere arrivava dal Sudamerica per poi scendere verso la Capitale.
L’indagine romana si chiude nel maggio del 2012 con 40 arresti. Parallelamente a Milano indaga il Nucleo operativo speciale all’epoca comandato dal colonnello Alessandro Sandulli. Obiettivo: fotografare gli interessi delle cosche di San Luca in riva al Naviglio. In questo modo i militari arrivano in piazza Bernini davanti allo Stardust. E non a caso. Visto che uno degli ex soci del locale con una quota del 20% è Giovanni Scipione, nato a Locri nel 1981, ma residente a Milano in via Andrea Costa. Scipione sarà arrestato dalla squadra Mobile di Roma perché organico al cartello dei narcos calabresi con un ruolo preciso: “Offrire rifugio e assistenza logistica ai latitanti, mettere a disposizione schede telefoniche e auto a noleggio, da usare per i trasporti”. E infine “curare la gestione della ricezione della cocaina e del successivo smistamento delle partite nel mercato illecito”. Capo d’imputazione sostanzialmente identico per il fratello Santo Rocco, anche lui residente in via Andrea Costa. I due risultano nipoti di Santo Scipione, alias papi, classe ’33 oggi latitante. L’anziano trafficante inoltre risulterà in costante contatto con Angelo Antonio Pelle. Per chiudere il quadro ecco le parole del giudice per le indagini preliminari Massimo Di Lauro: “Nel capoluogo lombardo, Angelo Pelle ha sfruttato la disponibilità dei due fratelli Scipione”.
E così mentre nella Capitale la squadra Mobile comandata da Vittorio Rizzi scrive la mappa delle piazze di spaccio, al nord i carabinieri riannodano rapporti e contatti. Intercettazioni, tabulati telefonici e servizi di appostamento delimitano la zona della città, compresa tra via Padova, via Porpora e piazzale Loreto. Una fetta di Milano che in passato ha fatto da sfondo agli affari criminali del boss Giuseppe Onorato regolati ai tavolini dell’ Ebony bar di via Ampere. Stessa strada dove abita il siciliano Giuseppe Bellinghieri, alias Pippo l’americano, il quale tiene i rapporti tra Pelle e i fratelli Scipione. Nel 1998 viene coinvolto in un traffico di auto di grossa cilindrata. All’epoca la squadra Mobile di Milano annota: “Giuseppe Bellinghieri, personaggio scaltro e intelligente, dalla spiccata proclività
a delinquere, ritenuto appartenente ad un’associazione a delinquere di stampo mafioso per i suoi assidui contatti con Angelo Epaminonda”. E ancora: “Il 27 giugno 1991 personale del I Commissariato di Roma lo sottopose a controllo di Polizia unitamente al pregiudicato Salvatore Contorno, noto esponente della mafia siciliana”.
Via Ampere, via Andrea Costa, non distante piazza Bernini e lo Stardust. Questa la geografia delle potenti cosche di San Luca a Milano. Geografia ancora parziale visto che dopo gli arresti di Roma, anche il Ros sospende le proprie informative. Agli atti, però, restano i dialoghi catturati da una microspia piazzata nell’appartamento milanese degli Scipione. All’interno della casa, gli investigatori trovano il passaporto di Rocco Santo Scipione. Annotano: “Attraverso l’esame del timbro apposto dall’Ufficio Immigrazione, si rilevava che lo stesso era rientrato in Italia in data 29.05.2010, proveniente dalla Colombia”. Di più: al civico 33 di via Andrea Costa troverà alloggio Angelo Pelle, durante il periodo della sua latitanza, ma anche Luigi Martelli, luogotenente del boss incaricato di coordinare il traffico di droga tra Roma e la Calabria.
L’ultimo capitolo di questa storia (ancora tutta da scrivere) si chiude così tra la sera del 22 marzo e la mattina del 23 marzo 2013. Poco dopo le tre, la custode del palazzo di piazza Bernini viene svegliata da quelli che lei pensa siano petardi. Sono, invece, colpi di pistola. Cinque, tutti contro la serrande di sinistra dello Stardust. La scoperta sarà fatta solo il lunedì successivo, quando davanti al locale si presentano i due nuovi acquirenti, padre e figlio che vogliono rilevare il locale dal vecchio titolare, una donna sudamericana che dopo averlo preso non lo ha mai aperto. Impossibile, però, sapere perché. Certo le coincidenze degli spari due giorni prima dell’arrivo dei nuovi compratori insospettiscono e non poco la polizia che ben conosce il passato criminale dello Stardust.”
L’effetto-vendita del locale oggetto di attentati o di altre forme di intimidazione va seguito con attenzione, perché è in esso che, alla lunga, può riscontrarsi la limitazione della libertà di impresa, al di là delle caratteristiche dei proprietari nei singoli casi. Esso, ad esempio, è stato con certezza rilevato anche a proposito della pizzeria “Al 115”, di piazza Vigili del Fuoco in zona Rubattino. Quest’ultima il 27 ottobre subisce un attentato incendiario, questa volta dichiarato dagli autori attraverso gli oggetti utilizzati lasciati ben visibili (si ritrovano sul posto un collo di bottiglia e uno straccio imbevuto di benzina). E dopo poco tempo compare la sua offerta in vendita su un annuncio pubblicitario.
8) Ma anche gli omicidi…
Il fatto che Milano e provincia abbiano subìto negli ultimi due anni una considerevole pressione di stampo mafioso attraverso una strategia di aggressione alle “cose”, non ha escluso però che contemporaneamente i clan manifestassero la loro presenza anche attraverso alcuni significativi episodi di violenza nei confronti delle persone, proseguiti peraltro anche oltre i termini del periodo preso in esame per la ricerca sugli incendi. Il Comitato li ricorda cercando di valorizzare gli elementi di cronaca in suo possesso più utili sul piano interpretativo, senza naturalmente potere indicare con precisione né gli autori né la causale. Come per gli incendi, ritiene di avere comunque il dovere di segnalarli affinché il Sindaco e l’Amministrazione che egli guida possano con l’adeguata attenzione valutare le possibili dimensioni del fenomeno e le dinamiche sottostanti.
Un primo episodio che va ricordato e che appare altamente collegabile a un contesto di criminalità organizzata è l’omicidio di Giuseppe Nista, avvenuto il 10 maggio 2012 a Vimodrone. Nista, titolare di un esercizio di sfasciacarrozze a Segrate, viene ucciso verso mezzogiorno per strada. Il fatto viene inizialmente considerato un “semplice” episodio di cronaca nera. Si scopre però che la vittima è fratello di Domenico Nista, arrestato nel 2005 per traffico di droga e collaboratore di giustizia dal 2007 nel processo che vede imputato il clan Paparo di Cologno Monzese, di cui egli denuncia le infiltrazioni nei lavori della Tav (e i rapporti con la potente cosca dei Nicoscia di Isola di Capo Rizzuto). Il clan, assolto in primo grado dall’accusa di associazione mafiosa, viene condannato con la medesima imputazione in appello poche settimane prima dell’agguato a Giuseppe Nista. Il suo omicidio appare dunque la tipica rappresaglia trasversale. Più in generale (considerando anche l’incendio dell’autonegozio del testimone Loreno Tetti) appare interno a una strategia di intimidazione di testimoni e collaboratori resa più urgente dall’azione di contrasto sviluppata dalla magistratura nei confronti dei clan.
Un secondo episodio, stavolta accaduto nella città di Milano, è quello del duplice omicidio che il 10 settembre 2012 colpisce i coniugi Paiano-Spelta quasi all’ora di cena in via Muratori, in zona di Porta Romana. Il fatto è stato in un primo momento collegato con lo spaccio di droga (si è parlato di una partita non pagata); successivamente gli investigatori hanno spostato le indagini sui debiti della vecchia società di Spelta, proponendo comunque per altra via la stessa ipotesi di crediti non onorati nei confronti di soggetti intransigenti fino al delitto.
Un terzo episodio, temporalmente assai vicino al precedente (15 ottobre 2012), è il tentato omicidio di Massimo Esposito, sopravvissuto per miracolo ad un agguato. A esso va associata la gambizzazione dell’imprenditore di Basiano, Giovanni Biffi. Il secondo, il terzo e il quarto episodio ricordati hanno in comune una dinamica che non può sfuggire: due uomini a volto coperto con casco integrale in sella ad un maxi scooter (simil Yamaha t-max) che aprono il fuoco con un revolver contro la vittima o le vittime.
Questa dinamica si rintraccia in un’altra esecuzione, passata quasi inosservata sulla stampa locale: quella di Ndue Bruka, 51 anni, e Alban Medha, 27, zio e nipote, di nazionalità marocchina, avvenuta ad Abbiategrasso il 16 novembre 2012. Entrambi con piccoli precedenti penali, sono stati anche loro uccisi da due uomini con casco integrale a bordo di un maxi scooter. In questo caso non è stato utilizzato un revolver, ma sono stati impiegati un fucile e una pistola semi- automatica.
Merita infine di essere segnalata un’ulteriore esecuzione avvenuta a pochi giorni di distanza da quest’ultima: quella di Diego Valpreda, assicuratore/broker operante nel mondo della finanza e residente a Binasco, comune già segnalato nella Prima Relazione del Comitato per la particolare violenza intimidatrice (incendi e bombe artigianali) esercitata ai danni della famiglia Passafaro, artigiani calabresi di Isola Capo Rizzuto. Valpreda, verosimilmente pedinato a lungo, è stato ucciso il 21 novembre 2012, colpito a bruciapelo alla nuca da un killer armato di revolver.
L’ultima esecuzione avvenuta a Milano e provincia è quella di Ivano Cassetto, 48 anni, ucciso con un colpo alla testa in una località sconosciuta e abbandonato in via Caduti di Marcinelle il 9 dicembre 2012. Anche lui con numerosi precedenti, l’ultimo però risalente addirittura al 2002, per sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione e uno solo per armi.
Si tratta, lo si ripete, di episodi che vanno ancora singolarmente e debitamente inquadrati, al di là dell’omicidio Nista, che per gli addetti ai lavori si presta a una lettura intuitiva (la rappresaglia trasversale, come monito verso tutti i collaboratori di giustizia) . Ma il numero di fatti di sangue avvenuti soprattutto nel 2012 e le dinamiche con cui alcuni di essi si sono verificati, indica l’abbandono di quello che si può definire “il pudore della violenza” ovvero la preoccupazione di non turbare l’opinione pubblica mostrando l’esistenza in città e provincia di gruppi organizzati armati decisi a uccidere anche di giorno. Si tratta di una novità rilevante che ha avuto un precedente alla fine degli anni ottanta in contesti diversi anche sotto il profilo delle egemonie criminali (allora vigeva il primato di Cosa nostra) e di cui solo con ritardo si è compreso poi lo spessore e il significato.
NOTA CONCLUSIVA (su incendi e altro)
Vanno a questo punto sinteticamente riprese alcune considerazioni.
Il Comitato ritiene utile che il Sindaco ne tenga conto sia nello svolgimento della sua attività amministrativa diretta sia nelle forme di cooperazione che è titolato a stabilire con altre istituzioni sul terreno della sicurezza e della convivenza civile.
1) A Milano e provincia è in corso una notevole attività di aggressione verso le cose (immobili e mobili) che si svolge attraverso la classica pratica di stampo mafioso degli incendi. Tale pratica colpisce anche gli enti pubblici, come nel caso dei Comuni di Milano, Desio e Cornaredo.
2) Questa attività di aggressione (disegualmente distribuita sul territorio) è volta a condizionare scelte amministrative, libertà economiche e convivenza civile, e si rivolge selettivamente contro alcune categorie di attività e di affari, la cui “platea” è in via di ampliamento.
3) Tale attività è stata finora sottostimata anche per l’attenzione rivolta dagli autori a mimetizzarne in più occasioni la effettiva natura dolosa. Si è così prodotto un clima che è di intimidazione in alcuni campi della vita economica o sociale e contemporaneamente di forte sottovalutazione ambientale.
4) All’origine e dietro questa attività sta anche la grande questione (cruciale per le organizzazioni mafiose anche se meno tradizionale e radicata su Milano) del controllo del territorio, credibilmente in via di ridefinizione a causa dei colpi giudiziari subiti da diversi clan di ‘ndrangheta su tutto il milanese tra il 2010 e il 2012. Vale cioè l’ipotesi integrativa di un “assestamento criminale”, e di una nuova spartizione degli affari illegali, dal racket all’usura ai videopoker.
5) Alle intimidazioni incendiarie si è affiancata recentemente una violenza sulle persone di lettura problematica ma che evoca in più modi sfondi mafiosi ed esprime una inquietante arroganza criminale in contrasto con la tradizionale (e remunerativa) strategia dell’invisibilità.
6) Il quadro di insieme tratteggiato fa ritenere che le stesse scelte di maggiore consapevolezza delle amministrazioni locali comporteranno strategie di adattamento dei clan sia negli affari prescelti sia nelle tipologie dei comportamenti illegali, nonché nuove forme di pressione per il conseguimento dei propri obiettivi; e ciò anche in considerazione degli effetti che la crisi economica sta producendo sulla redditività delle loro tradizionali fonti di profitto.
Se il Comitato ha dedicato una specifica attenzione al tema degli attentati incendiari non è, però, “solo” per la carica di violenza che essi esprimono, ma anche per la stretta connessione che si è stabilita tra essi e l’affermarsi sul mercato dell'impresa mafiosa, ormai impossessatasi di un "diritto di cittadinanza" in alcune enclaves nell'economia locale proprio grazie al suo potere di intimidazione, di cui si trovano i segni anche nel grande mondo sotterraneo dell’usura.
Si tratta di una connessione che fra l’altro in certi settori precede e prepara anche (come si è visto nelle inchieste giudiziarie milanesi) un mutamento del panorama imprenditoriale generando, accanto alla più tipica figura del mafioso imprenditore, le due emblematiche e non sempre distinte figure dell’imprenditore succube e dell’imprenditore favoreggiatore.
L’esercizio di queste attività di intimidazione rappresenta dunque un punto di forza per realizzare la combinazione più alta tra accumulazione di profitti illeciti e controllo del territorio. Per questo va combattuto mentre si sviluppa, in una logica di responsabilità lungimirante e non da “antimafia del giorno dopo”; dunque attraverso la più ampia mobilitazione civile e rimuovendo ogni accidia politica e istituzionale.
Stessa lungimiranza e coerenza il Comitato raccomanda infine sulla diversa questione degli appalti, anch’essa già materia diffusamente trattata dalla Prima Relazione semestrale. Rispetto a quest’area che potremmo definire di “prevenzione”, non sembra si siano fatti passi avanti irrevocabili se è vero che le diverse amministrazioni continuano a bandire gare di appalto secondo quanto previsto nel D.Lgs. n. 163/2006 agli artt. 83 e 84. Si suggerisce in proposito, ancora una volta, che nell’ambito di queste norme, che offrono comunque diverse sub-alternative, si scelgano le procedure maggiormente in grado di cautelare la stazione appaltante rispetto a possibili infiltrazioni della criminalità organizzata. E si abbandoni la tendenza a legittimare comportamenti diversi con la situazione di emergenza e con l’urgenza di procedere all’assegnazione dei lavori.
Al tempo stesso continua a potersi riscontrare la “diffidenza” delle amministrazioni a rendere universalmente e facilmente accessibili atti interni all’amministrazione riguardanti tutto l’iter di realizzazione di opere pubbliche a partire dalle scelte iniziali – ovvero quella di procedere alla realizzazione di un’opera – sino al collaudo finale con tutti gli aspetti tecnici e contabili.
Una volta di più si evidenzia come il contrasto della criminalità organizzata non possa essere circoscritto a questo o quell’impegno specifico, anche se urgente e irrinunciabile, ma debba esprimersi attraverso un atteggiamento sistemico su cui il Comitato non mancherà di tornare.