COLLEGIO DI MILANO
COLLEGIO DI MILANO
composto dai signori:
(MI) LAPERTOSA Presidente
(MI) ORLANDI Membro designato dalla Banca d'Italia
(MI) CERINI Membro designato dalla Banca d'Italia
(MI) SPENNACCHIO Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari
(MI) XXXX Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti
Relatore (MI) ORLANDI
Nella seduta del 09/02/2016 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
Espone parte ricorrente di avere, in data 3/12/2013, sottoscritto con una società commerciale un contratto per la fornitura di una caldaia, pattuendo un corrispettivo pari a € 6.700,00, da corrispondere mediante un finanziamento erogato dalla convenuta); in data 9/12/2013 la convenuta aveva comunicato di avere “accettato la richiesta di finanziamento”. In data 30/1/2014, in seguito all’avvenuta consegna della merce e avendo verificato la “mancanza di conformità della merce acquistata”, aveva inviato al fornitore, tramite un’associazione dei consumatori, una “diffida ad adempiere entro 15 giorni alle obbligazioni assunte”; in data 20/2/2014 la ditta fornitrice aveva informato il ricorrente dell’impegno a ritirare il bene installato e sostituirlo con un altro di valore superiore, accollandosi i maggiori costi. Non soddisfatto della soluzione proposta dal venditore, in data 24/02/2014 aveva inviato alla ditta una comunicazione, facendo presente di non ritenere soddisfacente “la soluzione prospettata”, in quanto il bene da sostituire risultava “dotato di caratteristiche del tutto inadeguate a soddisfare le proprie esigenze”. Sollecitava nuovamente la ditta a fornire il bene pattuito, invitandola in caso contrario a ritirare il bene installato e a provvedere all’annullamento del contratto di finanziamento. In data 15/3/2014 aveva interessato la convenuta per la risoluzione del contratto di finanziamento; in data
20/3/2014 la società venditrice confermava la propria disponibilità a ritirare la stufa (previo pagamento di € 1.000,00 da parte del ricorrente) e dichiarava che erano in corso “le dovute procedure con la finanziaria per lo storno della relativa pratica” (cfr. documentazione per le ulteriori osservazioni formulate tra le parti per la pendenza della controversia); in data 16/5/2014 aveva ricevuto dalla convenuta copia del contratto, nel frattempo richiesto e il successivo 27/6/2014 un telegramma per l’intimazione al pagamento delle rate scadute. In data 2/7/2014, “constatata l’impossibilità di definire il contenzioso in via bonaria, soprattutto, presa visione del contratto di finanziamento, sul quale risultavano falsamente apposte le firme” di sottoscrizione aveva provveduto a incaricare un perito per la consulenza tecnica e a sporgere denuncia (cfr. doc. allegati al ricorso).
Replica l’intermediario di essere stato “coinvolto solo marginalmente in considerazione del contratto di finanziamento sottoscritto dal cliente per l’acquisto del bene”. Nell’impossibilità di “trovare un punto di incontro con il fornitore” avrebbe presentato querela per “reati di truffa e falsificazione di firme, disconoscendo quindi le sottoscrizioni apposte sul contratto di finanziamento” dopo diversi mesi dalla data di accensione.
L’intermediario, sulla questione, ha poi sollevato le questioni pregiudiziali richiamate al precedente p.1.1., a cui si rinvia per completezza, richiamando a supporto alcune pronunce dei Collegi ABF. Dallo scambio di corrispondenza si evincerebbe che il bene sia stato “effettivamente consegnato al ricorrente” e che il fornitore “si sia da subito adoperato per trovare una soluzione soddisfacente per entrambe le parti”; in ogni caso “gli eventuali accordi sopraggiunti non possono esseri opposti” alla convenuta, che non avrebbe preso parte alle trattative; relativamente all’asserito inadempimento, il fornitore avrebbe “da subito proposto” al ricorrente “il ritiro del bene inizialmente consegnato e la sostituzione con un prodotto persino più performante di quello oggetto del contratto”; il cambio non era stato possibile per “rifiuto immotivato” dell’interessato che, se avesse accettato la proposta del fornitore - “peraltro migliorativa rispetto a quanto precedentemente concordato” - , non si sarebbe verificato alcun inadempimento.
Parte ricorrente ha chiesto all’ABF di accertare la nullità del contratto di finanziamento n.
xxx “perché falsamente sottoscritto, e/o in ogni caso la sua risoluzione quale conseguenza della risoluzione del contratto principale”; disporre l’immediata cancellazione dei dati negativi registrati a nome della parte ricorrente nei sistemi di informazioni creditizia di CRIF, Banca Italia, Experia, CTC ecc.; riconoscere che nulla è più dovuto all’intermediario in relazione a contratto di finanziamento. L’intermediario insiste per la dichiarazione di inammissibilità o per il rigetto.
DIRITTO
La domanda di nullità non può essere accolta, giacché riposa sul disconoscimento della sottoscrizione, profilo estraneo alle possibilità istruttorie dell’arbitro bancario.
Da accogliere invece la domanda di risoluzione. Giova ricordare come ricorra qui la figura del c.d. “mutuo di scopo”, ossia un mutuo concesso esclusivamente per la finalità dedotta in contratto, ovvero l’acquisto di un determinato bene che viene fornito dal venditore convenzionato con il finanziatore. L’operazione negoziale trilaterale prevede che l’ammontare del finanziamento sia versato direttamente al fornitore, che si impegna a consegnare il bene oggetto della fornitura, mentre il mutuatario-acquirente si obbliga alla restituzione rateale della somma oggetto del finanziamento. È dato ormai pacifico, sia in dottrina sia in giurisprudenza, che sussista un collegamento negoziale tra il contratto di finanziamento e il contratto di vendita del bene al mutuatario, con la conseguenza che i
due distinti contratti (mutuo e compravendita), pur mantenendo la loro autonomia causale, appaiono coordinati al fine di realizzare un risultato economico unitario.
Ora, nel caso di specie, non può dubitarsi che ricorra il collegamento negoziale tra il contratto di fornitura di servizi ed il contratto di finanziamento, essendo pacifico che il secondo è stato proposto dal fornitore di servizi ed accettato dalla ricorrente in occasione della stipulazione del contratto di fornitura. Né può avere particolare rilievo che il rapporto tra il fornitore e il finanziatore fosse o meno “esclusivo”, in quanto, come già si è avuto modo di rilevare in altre occasioni, “il rapporto di esclusiva” tra fornitore e consumatore non può essere considerato un presupposto la cui mancanza determinerebbe una modifica in peius della posizione del consumatore, come la Sentenza della Corte di giustizia CE n. 509 del 2009 ha chiarito. Viene in precipuo rilievo l’art. 125-quinquies (inadempimento del fornitore) del TUB, introdotto dal Decreto Legislativo 13 agosto 2010,
n. 141 – Attuazione della direttiva 2008/48/CE relativa ai contratti di credito ai consumatori, nonché modifiche del titolo VI del testo unico bancario (decreto legislativo n. 385 del 1993) in merito alla disciplina dei soggetti operanti nel settore finanziario, degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi, pubblicato sulla G.U. n. 207 del 4.9.2010 ed in vigore dal 19.9.2010, a tenore del quale “nei contratti di credito collegati, in caso di inadempimento da parte del fornitore dei beni o dei servizi il consumatore, dopo aver inutilmente effettuato la costituzione in mora del fornitore, ha diritto alla risoluzione del contratto di credito, se con riferimento al contratto di fornitura di beni o servizi ricorrono le condizioni di cui all'articolo 1455 del codice civile. La risoluzione del contratto di credito comporta l'obbligo del finanziatore di rimborsare al consumatore le rate già pagate, nonché ogni altro onere eventualmente applicato. La risoluzione del contratto di credito non comporta l'obbligo del consumatore di rimborsare al finanziatore l'importo che sia stato già versato al fornitore dei beni o dei servizi. Il finanziatore ha il diritto di ripetere detto importo nei confronti del fornitore stesso […]”.
Nel nostro caso di specie, l’inidoneità del bene appare discendere dalle dichiarazioni dello
stesso xxxxxxxxx, che aveva reso la propria disponibilità alla sostituzione del bene. Deve qui valutarsi la “non scarsa importanza avuto riguardo all’interesse” della parte non inadempiente cui fa espresso riferimento l’art. 1455 cod. civ. È noto che l’orientamento prevalente della giurisprudenza insegna che tale valutazione debba essere operata applicando contestualmente sia un parametro soggettivo sia un parametro oggettivo; infatti, come ancora piuttosto recentemente è stato sottolineato dalla giurisprudenza di legittimità: “in tema di risoluzione del contratto per inadempimento, lo scioglimento dell’accordo contrattuale, quando non opera di diritto, consegue ad una pronuncia costitutiva che presuppone da parte del giudicante la valutazione della non scarsa importanza dell’inadempimento stesso, avuto riguardo all’interesse dell’altra parte; tale valutazione viene operata alla stregua di un duplice criterio: in primo luogo, il giudice, applicando un parametro oggettivo, deve verificare che l’inadempimento abbia inciso in misura apprezzabile nell’economia complessiva del rapporto (in astratto, per la sua entità e, in concreto, in relazione al pregiudizio effettivamente causato all’altro contraente), sì da creare uno squilibrio sensibile del sinallagma contrattuale; nell’applicare il criterio soggettivo, invece, il giudicante deve considerare il comportamento di entrambe le parti (un atteggiamento incolpevole o una tempestiva riparazione ad opera dell’una, un reciproco inadempimento o una protratta tolleranza dell’altra) che può, in relazione alla particolarità del caso, attenuare il giudizio di gravità nonostante la rilevanza della prestazione mancata o ritardata” (così, testualmente, Xxxx., 18-02-2008, n. 3954).
Ebbene, nel caso di specie non può revocarsi in dubbio che l’inadempimento incida
significativamente sul sinallagma.
Ciò comporta che l’inadempimento del fornitore, integrando gli estremi della non scarsa importanza contemplati dall’art. 1455 cod. civ., determina in capo al ricorrente il diritto alla risoluzione del contratto di credito ed il conseguente obbligo del finanziatore alla restituzione delle rate già pagate, nonché di ogni altro onere eventualmente applicato.
PER QUESTI MOTIVI
Il Collegio, in parziale accoglimento del ricorso, dichiara la risoluzione del contratto di finanziamento e accerta di conseguenza che nulla a tale titolo è dovuto dalla parte ricorrente.
Il Collegio dispone inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di € 200,00, quale contributo alle spese della procedura, e alla parte ricorrente la somma di € 20,00, quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1