Dario COLANGELI
"L'arbitrato: profili generali dell'istituto"
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§ 1: definizione; arbitrato rituale e irrituale; § 2: compromesso e clausola compromissoria; § 3: nomina degli arbitri; § 4: procedimento e impugnazioni.
§ 1: definizione; arbitrato rituale e irrituale.
Mediante l'adozione di tale istituto le parti deferiscono in arbitri una controversia tra loro insorta, decidendo di non ricorrere alla giurisdizione ordinaria ma ad una giurisdizione alternativa i cui giudici (ossia gli arbitri) sono dalle parti stesse nominati (si parla, appunto, di istituto alternativo alla giurisdizione ordinaria).
L'arbitrato può essere assunto in due forme: rituale o irrituale. Si parla di arbitrato rituale quando gli arbitri si sostituiscono ai giudici ordinari decidendo, secondo il procedimento infra descritto, e adottano una decisione denominata "lodo" con carattere giurisdizionale alternativo.
Nel secondo e diverso caso dell'arbitrato irrituale, invece, lo schema si configura come un mandato a transigere1 circa la questione controversa: in tale ipotesi gli arbitri nominati decidono in via negoziale (e non giurisdizionale) previo deferimento della controversia.
L'arbitrato irrituale può esplicarsi in due forme, in primo luogo attraverso una pronuncia, degli arbitri, il cui contenuto integra un regolamento negoziale che le parti, prima della pronuncia, si sono impegnate ad osservare e considerare vincolante a prescindere dal contenuto prodotto; in secondo luogo attraverso arbitrato per biancosegno che si concreta in un foglio bianco sottoscritto dalle parti in conflitto con autorizzazione conferita agli arbitri di effettuare il riempimento.
L'ampiezza dei poteri degli arbitri, sia per quanto riguarda l'arbitrato rituale che quello irrituale, è determinata dalle parti deferenti che, mediante il compromesso o la clausola compromissoria, conferiscono il potere di stipulare un negozio di accertamento, un contratto di transazione o lasciano agli arbitri il potere di spaziare dall'uno all'altro schema negoziale2 essendo, altresì, ammissibile anche l'arbitrato secondo equità.
§ 2: compromesso e clausola compromissoria.
Gli strumenti negoziali mediante i quali le parti dispongono il deferimento in arbitrato, delle loro controversie, consistono nel compromesso (art. 806 c.p.c.) o nella clausola compromissoria (art. 808 c.p.c.).
Il compromesso si qualifica come un contratto ad effetti processuali il cui contenuto non è integrato da un diritto patrimoniale ma consiste nel mezzo per definire una specifica controversia3 insorta tra le parti. Il carattere distintivo tra compromesso e transazione risiede nel fatto che mentre, nella seconda ipotesi, le parti compongono la lite obbligandosi reciprocamente con un atto avente la stessa forza della sentenza, con il compromesso la controversia non viene meno ma della sua composizione vengono incaricati gli arbitri in luogo dei giudici ordinari4.
Mentre il compromesso rileva nei confronti di una controversia già sorta (e che ne costituisce il necessario oggetto), la clausola compromissoria si qualifica come un patto autonomo collegato ad un contratto principale e attiene alla risoluzione di liti eventuali; difatti essa viene conclusa dalle parti quando fra di esse non è ancora insorta alcuna controversia ma si è soltanto costituito un rapporto sostanziale che potrà essere futura fonte di eventuali controversie. Ai sensi dell'art. 808 c.p.c., comma 3, la clausola compromissoria si qualifica come autonoma rispetto al contratto principale cui si riferisce5, con la rilevante conseguenza che l'invalidità di quest'ultimo (ove eventualmente riscontrata e dichiarata) non si ripercuote sulla clausola la quale potrà essere utilizzata per dirimere proprio quelle stesse (eventuali) controversie insorte anche circa il vizio di invalidità del negozio principale.
Il patto arbitrale può essere anche contenuto in un contratto normativo6.
In ordine alla forma, compromesso e clausola compromissoria devono rivestire la forma scritta ad substantiam se deferiscono la controversia in sede di arbitrato rituale; diversamente, nel caso di arbitrato irrituale, rivestendo la natura di mandato a transigere, si richiederà la forma scritta ad substantiam in caso di rapporti giuridici per la quale tale forma è richiesta ex art. 1350, n.12, c.c. mentre in ogni altra ipotesi la forma scritta sarà necessaria ad probationem7.
Come per la transazione, le parti per poter validamente compromettere in arbitri devono essere titolari dei diritti oggetto della controversia e devono poterne disporre liberamente.
Per quanto concerne i limiti circa l'oggetto della deferibilità in arbitri, l'art. 806 c.p.c. dispone che non possono essere risolte in arbitrato le controversie individuali di lavoro, in materia di previdenza e assistenza obbligatorie, le questioni di stato, di separazione personale dei coniugi e quelle che non possono formare oggetto di transazione; non sono altrimenti deferibili le controversie relative all'esecuzione forzata (trattandosi di competenza inderogabile), ai provvedimenti cautelari e, ovviamente, in tema di giurisdizione penale.
Ai sensi dell'art. 807, ultimo comma, c.p.c. la stipulazione del compromesso è sempre considerata atto di straordinaria amministrazione; il compromesso può essere anche stipulato da mandatari muniti di rappresentanza8.
§ 3: nomina degli arbitri
Quanto al procedimento di nomina, ex art. 809 c.p.c. gli arbitri vengono individualmente nominati con il compromesso o la clausola compromissoria, in difetto di tale previsione deve essere stabilito il loro numero e le modalità di nomina degli stessi.
Può essere nominato anche un solo arbitro ma, in caso di pluralità, il numero deve essere sempre dispari; se nominati in numero pari, la nomina ulteriore spetta al presidente del tribunale ex art. 810 c.p.c.; anche nel caso in cui le parti non abbiano disposto la nomina di alcun arbitro, e manchi l'accordo tra loro, la nomina spetta al presidente del tribunale e gli arbitri nominati devono essere necessariamente composti nel numero di tre.
Le parti compromettenti possono anche rimettere ad un terzo le nomina degli arbitri; ovviamente il terzo arbitratore rimane estraneo al procedimento arbitrale ed è unicamente incaricato della scelta dell'arbitro mediante mandato collettivo irrevocabile ex art. 1726 c.c9.
Ex art. 812 c.p.c. possono essere nominati arbitri solo i soggetti aventi la piena capacità d'agire rimanendo esclusi i minori, gli interdetti, gli inabilitati e coloro che sono sottoposti ad interdizione dai pubblici uffici.
Ex art. 813 c.p.c., dal momento dell'accettazione, che deve necessariamente risultare per iscritto, gli arbitri assumo su di loro le relative obbligazioni: sono tenuti a pronunciare i lodo entro il termine stabilito dalle parti o, in difetto, dalla legge (art. 820 c.p.c.: 180 gg. dall'accettazione della nomina), e, se entro tale termine il lodo non viene adottato, nel caso di annullamento del lodo stesso per tale motivo, gli arbitri sono tenuti al risarcimento del danno. Sono ugualmente tenuti al risarcimento se dopo l'accettazione rinunciano all'incarico senza giustificato motivo. Salvo che le parti abbiano diversamente disposto, l'arbitro che omette o ritarda un atto relativo alle sue funzioni, può essere sostituito d'accordo tra le parti o dal terzo arbitratore a ciò incaricato dal compromesso o dalla clausola compromissoria.
Ex art. 815 c.p.c. la parte può ricusare l'arbitro, che essa stessa non ha nominato, se ricorrano le ipotesi previste ex art. 51 c.p.c.; altra causa di cessazione dall'incarico vi è la concorde volontà di tutte parti del giudizio arbitrale.
In caso di cessazione dall'incarico di un arbitro con sostituzione di un altro, tutto ciò che è stato fatto dagli arbitri precedenti conserva il suo valore, cosicchè i nuovi arbitri proseguono nell'opera già prestata dai loro predecessori10 e dalla fase processuale in cui ad essi si sono sostituiti.
§ 4: procedimento e impugnazioni.
Come detto, gli arbitri devono procedere al deposito del lodo entro 180 giorni dall'accettazione dell'incarico e, in caso di pluralità di arbitri, il termine decorre dall'accettazione dell'ultimo di essi.
Nel processo arbitrale le parti non assumono la qualifica tecnica di attore e convenuto in quanto esse, trattandosi di compromesso, sono automaticamente presenti nel giudizio nè può parlarsi di contumacia o assenza dal giudizio poichè irrilevanti ai fini dello svolgimento della causa11.
La giurisprudenza ha sostenuto che l'arbitro possa ammettere e assumere tutti i mezzi di prova, documentali e orali, anche prescindendo dai limiti posti dalla legge processuale per il processo ordinario12; le norme procedurali del giudizio arbitrale possono essere stabilite dalle parti con il compromesso o la clausola compromissoria (ove non vogliano adottare le norme processuali ordinarie ai sensi del c.p.c.), essendo altresì ammesso, in tal senso, un atto successivo dispositivo delle norme processuali adottate pur sempre anteriore all'inizio del giudizio.
In difetto di norme procedurali pattizie, gli arbitri provvedono con l'unico limite del rispetto delle disposizioni d'ordine pubblico.
Ex art. 822 c.p.c. gli arbitri decidono secondo l'applicazione delle norme di diritto, salvo che le parti li abbiano autorizzati con qualsiasi espressione a pronunciare secondo equità.
Affinchè il lodo acquisti efficacia esecutiva nel territorio della Repubblica, ai sensi dell'art. 825 c.p.c. la parte interessata deve depositarlo in originale o in copia conforme, insieme all'atto di compromesso o con l'atto contenente la clausola compromissoria o con documento equipollente, in originale o in copia conforme, nella cancelleria del tribunale nella cui circoscrizione l'arbitrato ha sede; il tribunale, accertata la regolarità formale del lodo, lo dichiara esecutivo con decreto. Il lodo, così reso esecutivo, è soggetto a trascrizione in tutti i casi nei quali sarebbe soggetta a trascrizione la sentenza avente il medesimo contenuto.
Ai sensi dell'art. 827 c.p.c. il lodo può essere impugnato esclusivamente per vizi di nullità (i cui casi sono previsti ai sensi dell'art. 829 c.p.c.), per revocazione (ex art. 395 n.1, 2, 3, 6, c.p.c.) o per opposizione di terzo.
L'impugnazione per nullità si propone nel termine di 90 gg. Dalla notificazione del lodo e non è più proponibile decorso un anno dalla data dell'ultima sottoscrizione. Competente per l'impugnazione è la corte d'appello nella cui circoscrizione è stabilita la sede dell'arbitrato; nell'accogliere l'impugnazione dichiara con sentenza la nullità del lodo o, se al decisione è scindibile, la nullità parziale.
Salvo diversa volontà di tutte le parti, la corte di appello pronuncia anche sul merito della controversia, se la causa è in condizione di essere decisa ovvero rimette, con ordinanza, la causa al giudice istruttore se per la decisione del merito se è necessaria una nuova istruzione (art. 830 c.p.c.).
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1 GAZZONI, Manuale di diritto privato, IX ediz., Edizioni Giuridiche Italiane, Napoli, 2001, p.1251.
2 Cassazione 11 giugno 1972, n.2681.
3 SCHIZZEROTTO, Dell'arbitrato, Milano, 1988, p.133.
4 CARNELUTTI, Sistema di diritto processuale civile, Padova, 1936, p.178 ss.
5 La clausola compromissoria, quindi, si qualifica come patto autonoma collegato al negozio principale cui si riferisce e che ne determina anche i limite di operatività.
6 DE NOVA, La riforma dell'arbitrato, Milano, 1994, p.10.
Il contratto normativo si definisce come quell'accordo volto a regolamentare e disciplinare la conclusione di eventuali contratti che in futuro verranno stipulati tra le parti.
7 GAZZONI, Manuale di diritto privato, IX ediz., Edizioni Giuridiche Italiane, Napoli, 2001, p.1252.
8 XXXX, L'arbitrato, in trattato di diritto privato diretto da Xxxxxx Xxxxxxxx, UTET, Torino, Obbligazioni e contratti Tomo V, 1985, p.376
9 XXXX, L'arbitrato, in trattato di diritto privato diretto da Xxxxxx Xxxxxxxx, UTET, Torino, Obbligazioni e contratti Tomo V, 1985, p.378.
10 Cassazione 6 maggio 1953, n. 1242.
11 XXXX, L'arbitrato, in trattato di diritto privato diretto da Xxxxxx Xxxxxxxx, Obbligazioni e contratti UTET, Torino, Tomo V, 1985, p.390.
12 Cassazione 12 gennaio 1956, n. 27.