CONTROLLO SULLE CONDIZIONI GENERALI DI CONTRATTO NEL SETTORE DEI CONTI DEPOSITO
CONTROLLO SULLE CONDIZIONI GENERALI DI CONTRATTO NEL SETTORE DEI CONTI DEPOSITO
1. L’INDAGINE SVOLTA
Presso la Camera di Commercio di Prato è attiva fin dal 2000 una Commissione Tecnica per il controllo delle clausole vessatorie, nominata nell’ambito del “Regolamento camerale per l’istituzione ed il funzionamento del servizio di controllo sulla presenza di clausole inique nei contratti”. Nel corso degli anni l’Ente ha individuato settori specifici d’intervento (banche, assicurazioni, telefonia, mediazione immobiliare ecc.) nell’ambito dei quali effettuare un controllo puntuale sulle condizioni generali di contratto.
Seguendo questa modalità operativa, il Segretario Generale della Camera di Commercio, con Determinazione Dirigenziale n. 245 del 9/07/2010, ha dato avvio al controllo d’ufficio in ordine ai possibili profili di iniquità sulle condizioni generali di contratto nel settore dei conti deposito, quale forma di risparmio e investimento a basso rischio gestibile on line, ritenendo che il suddetto controllo potesse rappresentare una concreta azione a tutela di consumatori e utenti e uno strumento per favorire la trasparenza, a tutto vantaggio di chi opera correttamente sul mercato. Contestualmente è stata data comunicazione dell’inizio del procedimento:
- agli istituti di credito operanti sul territorio nazionale che, alla data del suddetto provvedimento, risultavano avere, tra i loro prodotti, conti deposito a risparmio libero;
- all’ABI (Associazione Bancaria Italiana), quale soggetto che rappresenta, tutela e promuove gli interessi del sistema bancario e finanziario;
- al CNCU (Consiglio Nazionale Consumatori e Utenti), quale organismo rappresentativo di tutte le associazioni dei consumatori riconosciute a livello nazionale.
Le banche coinvolte nell’indagine, indicate di seguito, sono state 12 e tutti i documenti sottoposti a verifica sono stati reperiti sui siti delle stesse, nelle sezioni dedicate al servizio di conto deposito:
▪ BANCA ING DIRECT
▪ BANCA IFIS SPA
▪ WEBANK S.p.A. - Gruppo Bipiemme
▪ BANCA SPARKASSE - Filiale Virtuale
▪ SANTANDER CONSUMER BANK S.p.A.
▪ BANCA SELLA S.p.A.
▪ BANCASAI S.p.A.
▪ BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA S.p.A.
▪ CHE BANCA! S.p.A.
▪ IW BANK S.p.A.
▪ IBL BANCA S.p.A.
▪ BANCA CARIGE S.p.A.
Le condizioni generali di contratto sono state attentamente esaminate dai componenti della Commissione, costituita da due avvocati e un commercialista, nel corso di più riunioni tenutesi tra settembre e dicembre 2010.
Conclusa la fase di controllo, per ogni banca oggetto dell’indagine è stato formulato da parte della suddetta Commissione uno specifico parere che, allegato ad un apposito provvedimento del Segretario Generale, è stato trasmesso alla sede dell’istituto di credito interessato. A tale comunicazione hanno risposto 10 delle 12 banche sopra elencate (non abbiamo ottenuto alcun riscontro da Banca IFIS e Banca Sparkasse), inviandoci le proprie osservazioni sul parere trasmesso dall’Ente; in un caso (Banca Monte dei Paschi di Siena) il riscontro è servito semplicemente per appurare che il conto deposito in questione non rientrava più tra i servizi offerti dalla banca e per escludere pertanto qualsiasi ulteriore approfondimento sul conto in questione.
Alla luce dei riscontri pervenuti, in data 3 marzo si è tenuto un incontro, aperto a tutti gli istituti di credito interessati, finalizzato ad illustrare quanto emerso dall’indagine e in particolare a favorire un proficuo confronto tra gli operatori del settore presenti. All’incontro hanno preso parte i rappresentanti degli uffici legali di 9 istituti:
▪ BANCA ING DIRECT
▪ WEBANK S.p.A. - Gruppo Bipiemme
▪ SANTANDER CONSUMER BANK S.p.A.
▪ BANCA SELLA S.p.A.
▪ BANCASAI S.p.A.
▪ CHE BANCA! S.p.A.
▪ IW BANK S.p.A.
▪ IBL BANCA S.p.A.
▪ BANCA CARIGE S.p.A.
Sulla base di quanto emerso durante la suddetta riunione e delle risultanze raccolte successivamente all’invio dei pareri, nello scorso mese di maggio la Commissione, al fine di redigere il presente documento e di assicurare la massima omogeneità nei rapporti con ciascun istituto, ha invitato le 11 banche interessate a trasmettere entro e non oltre il 30 giugno 2011, copia delle condizioni generali di contratto rivedute e corrette alla luce dei pareri e dei relativi approfondimenti, con un’indicazione, ancorché approssimativa, dei tempi necessari alla loro formale adozione.
A questa ulteriore richiesta, con la quale la Commissione ha inteso chiudere la fase operativa prima di procedere alla relazione conclusiva per gli organi competenti, hanno risposto 9 banche:
▪ BANCA ING DIRECT
▪ WEBANK S.p.A. - Gruppo Bipiemme
▪ BANCA SELLA S.p.A.
▪ BANCASAI S.p.A.
▪ CHE BANCA! S.p.A.
▪ IW BANK S.p.A.
▪ IBL BANCA S.p.A.
▪ BANCA CARIGE S.p.A.
▪ SANTANDER CONSUMER BANK S.p.A.
2. ANALISI DELLE VESSATORIETA RISCONTRATE
Nel corso dell’indagine sono emersi profili di vessatorietà risultati comuni alla maggior parte delle condizioni generali di contratto esaminate. Ne riportiamo di seguito alcuni relativamente alle tematiche ritenute di maggiore rilevanza e interesse per i consumatori (“limitazione ed esclusione di responsabilità”, “diritto di garanzia e compensazione”, “rapporti cointestati”).
Per completezza di informazione, a fronte di ciascun profilo di vessatorietà vengono riportate:
▪ clausola tipo (clausola rilevata nei formulari predisposti a stampa in uso negli istituti bancari oggetto dell’indagine);
▪ sintesi del parere (elementi essenziali del parere rilasciato dalla Commissione);
▪ rilievi delle banche (osservazioni formulate dai vari istituti a seguito del ricevimento del parere);
▪ commento della Commissione (considerazioni finali della Commissione elaborate alla luce dei suddetti rilievi).
Poiché ai fini dell’analisi è ininfluente chi ha formulato le singole osservazioni, si è ritenuto opportuno non indicare il nominativo della banca corrispondente a ciascun rilievo.
LIMITAZIONE ED ESCLUSIONE DI RESPONSABILITÀ
a) Rischi del circuito telematico
Clausola tipo (rilevata in 2 formulari su 12 esaminati)
“Il Cliente dichiara di essere a conoscenza dei maggiori rischi insiti nella messa a disposizione e trasmissione dei dati sul circuito telematico Internet. La Banca, pertanto, non sarà responsabile di eventuali rischi che potranno verificarsi a seguito dell’utilizzo di questo circuito e, pertanto, la fruizione del Servizio avviene per libera e consapevole scelta del cliente, con accettazione del maggior grado di rischio..”
Sintesi del parere
“Appare iniqua la preventiva esclusione della responsabilità della Banca, relativamente ai rischi insiti nell’utilizzo del circuito telematico”
Rilievo n. 1
L’operatività tipica del Conto è tale da giustificare la succitata clausola contrattuale. Infatti esso consente unicamente di disporre bonifici dal Conto al conto di appoggio indicato dal Cliente in sede di stipula e viceversa. Il bonifico inoltre può essere effettuato solo su di un conto di appoggio avente il medesimo intestatario del conto deposito (dato non modificabile). Il Cliente può, sia con la modalità internet banking o telephone banking modificare l’IBAN dei conti di appoggio ma non il nominativo del loro intestatario. Pertanto, qualora venissero anche variate le coordinate bancarie di tale conto la Banca che ricevesse un bonifico riferito ad un diverso intestatario sarebbe tenuta a respingerlo.
Giornalmente, inoltre, la Banca effettua delle estrazioni dei nominativi dei Clienti che hanno variato/tentato di variare i dati del conto di appoggio e procede, per ogni posizione, a contattare telefonicamente i Clienti interessati. Qualora questi si dichiarano estranei a tali tentativi di variazione, il Conto viene immediatamente bloccato ed il Cliente informato di tale blocco.
Ad ogni buon conto tutti i Clienti possono chiedere l’attivazione del servizio gratuito “Sms alert”, venendo quindi informati in tempo reale di ogni bonifico effettuato dal e sul Conto.
Rilievo n. 2
Se l'accesso abusivo ai conti del cliente avviene mediante il Sistema di Identificazione del medesimo cliente la Banca non può assumersene la responsabilità. E ciò anche qualora l’acceso abusivo avvenga grazie ad artifizi o raggiri di terzi, o attraverso altre condotte fraudolente non influenzate dalla diligenza del cliente. Sono differenti le ipotesi in cui l’accesso abusivo ai conti del cliente
avvenga non attraverso il Sistema di identificazione bensì, ad esempio, mediante la violazione dei sistemi informatici della Banca. Tali ipotesi, tuttavia, escludono dalle fattispecie disciplina dalla clausola in parola che riguardano esclusivamente gli eventuali accessi abusivi mediante il Sistema di identificazione.
Commento della Commissione
La Commissione ribadisce che una preventiva esclusione della responsabilità della banca è inammissibile e la stessa non può trovare alcuna giustificazione, qualunque sia la tipologia di operatività del conto. Invero l’intermediario che offre servizi telematici ha il dovere di adempiere al proprio compito di custodia dei patrimoni dei clienti con la diligenza professionale e qualificata richiesta dall’art. 1176/2 cc, predisponendo misure di protezione idonee ad evitare l'accesso fraudolento di terzi, o a neutralizzarne gli effetti. Secondo orientamenti consolidati della giurisprudenza di legittimità, di merito ed anche di quella arbitrale, la diligenza della banca in questi casi deve essere valutata “non alla stregua di criteri rigidi e predeterminati, ma tenendo conto delle cautele e degli accorgimenti che le circostanze del caso concreto suggeriscono”. Attualmente questo profilo di responsabilità della banca è stato espressamente disciplinato (ed estesa a qualsiasi tipologia di pagamento), dall’art. 11 del D.Lgs 11/2010 secondo cui: “nel caso in cui un’operazione di pagamento non sia stata autorizzata, il prestatore di servizi di pagamento rimborsa immediatamente al pagatore l’importo dell’operazione medesima”. Inoltre può trovare ulteriore fondamento sia nel disposto dell’art. 2050 cc: l’attività bancaria non è qualificabile come pericolosa, ma lo diventa per la natura dei mezzi adoperati (comunicazioni telematiche) e per la conseguente facilità con cui i dati trasmessi possono essere intercettati, decodificati e dirottati altrove; sia nell’art. 31 del Codice della Privacy (D.Lgs. 196/2003), secondo cui ogni titolare di un trattamento di dati personali (quale è l’istituto di credito riguardo ai dati dei propri clienti), deve custodire e controllare i dati personali trattati, in modo da ridurre al minimo il rischio di accessi non autorizzati agli stessi.
È comunque evidente che clausole come quella in esame, che sono dirette ad assicurare, in favore di colui che le ha predisposte, delle immotivate limitazioni di responsabilità, sono da ritenersi vessatorie con tutte le relative conseguenze in ordine alla loro efficacia.
b) Modalità di svolgimento del servizio – Responsabilità correlata all’utilizzo dei Codici
Clausola tipo (rilevata in 10 formulari su 12 esaminati):
“Il Cliente è responsabile della custodia e del corretto utilizzo dei Codici (Codice Cliente e Codice segreto Pin) e risponde del loro indebito uso, da chiunque operato, anche se in conseguenza di smarrimento o furto. La Banca non può essere ritenuta responsabile dell’utilizzo dei Codici da parte di soggetti non legittimati, finché il Cliente non le abbia tempestivamente comunicato il loro smarrimento o furto e abbia chiesto il blocco dell’operatività del Servizio ed il successivo cambio delle credenziali di accesso, salvo che l’eventuale conseguenza dannosa per il Cliente derivi da un evento direttamente imputabile alla Banca stessa.”
Sintesi del parere
“E’ opportuno riformulare la previsione relativa alla responsabilità correlata all’utilizzo dei Codici (Codice Cliente e Codice segreto Pin), nel senso di non esonerare completamente e preventivamente la Banca nel caso vi sia diligente custodia, corretto utilizzo e non vi sia smarrimento dei Codici stessi da parte del Cliente”.
Rilievo n. 1
L'osservazione non è del tutto chiara: non comprendiamo infatti, quale responsabilità si intenda attribuire anche solo parzialmente alla Banca nel caso in cui il Cliente conservi correttamente i codici.
Peraltro, modificare l’attuale impostazione rischierebbe di prestare il fianco a comportamenti fraudolenti da parte del Cliente: qualora infatti questo disconoscesse un’operazione da lui invece effettuata, asserendo l’intervenuto furto dei codici, la Banca rischierebbe di non avere strumenti per opporsi alla sua eventuale pretesa risarcitoria.
Riteniamo pertanto necessario ed indispensabile che il Cliente si assuma la responsabilità della corretta custodia delle sue credenziali di accesso al servizio.
Evidenziamo comunque che, a tutela del Cliente, in contratto è già espressamente previsto che laddove vi sia un evento dannoso imputabile alla Banca, è quest’ultima ad esserne responsabile.
Ricordiamo infine che in ogni caso, la natura del prodotto del Conto Deposito rende assai difficoltoso un suo indebito utilizzo posto che questo è strutturato in maniera tale che i bonifici in uscita vengano effettuati solo a favore di conti correnti intestati al medesimo titolare.
Rilievo n. 2
Già nell’attuale formulazione dell’articolo citato, si afferma che la responsabilità del Cliente è ascrivibile al caso di “indebito uso”; pertanto nel caso di diligente custodia e corretto utilizzo nessuna responsabilità sarà imputabile allo stesso. Lo stesso contratto di Xxxxx Xxxxxxxx fa inoltre espressamente chiaro che: “La Banca è (…) responsabile quando l’eventuale conseguenza dannosa per il Cliente deriva da un evento direttamente imputabile alla Banca stessa”: Ne deriva, all’evidenza, che la Banca non è affatto preventivamente e completamente esonerata da responsabilità sul punto in questione.
Rilievo n. 3
Se l'accesso abusivo ai conti del cliente avviene mediante il Sistema di Identificazione del medesimo cliente la Banca non può assumersene la responsabilità. E ciò anche qualora l’acceso abusivo avvenga grazie ad artifizi o raggiri di terzi, o attraverso altre condotte fraudolente non influenzate dalla diligenza del cliente. Sono differenti le ipotesi in cui l’accesso abusivo ai conti del cliente avvenga non attraverso il Sistema di identificazione bensì, ad esempio, mediante la violazione dei sistemi informatici della Banca. Tali ipotesi, tuttavia, escludono dalle fattispecie disciplina dalla clausola in parola che riguardano esclusivamente gli eventuali accessi abusivi mediante il Sistema di identificazione.
Rilievo n. 4
Si fa, innanzi tutto, notare come tale articolo, già dal suo tenore letterale, non valga ad esonerare “completamente e preventivamente” la Banca da eventuali conseguenze dannose occorse al cliente pur in presenza di un suo comportamento diligente.
La sua finalità è, infatti, quella di disciplinare l’utilizzo illegittimo dei Codici e le conseguenze derivanti dallo smarrimento o dalla sottrazione degli stessi, senza, riteniamo importante ribadirlo, che possa precludersi, con riferimento ad altre fattispecie, l’accertamento di una qualche responsabilità in capo alla Banca.
Non si può, per altro, sottacere la difficoltà concettuale di formalizzare una responsabilità parziale e preventiva della Banca per le ipotesi indicate; è, infatti, possibile che eventuali conseguenze dannose prodottesi nei confronti del Cliente, a prescindere da un suo comportamento doloso e/o colposo, non siano neanche ricollegabili alla Banca, nella considerazione che quest’ultima ha fatto tutto quanto era nelle sue possibilità, anche considerando le conoscenze tecniche del momento, per evitare danni a carico del Cliente.
Del resto, se la Banca ha tenuto un comportamento diligente e nonostante ciò si siano prodotte delle conseguenze dannose in capo al Cliente, non può essere attribuita a quest’ultima (preventivamente e genericamente) alcun tipo di responsabilità per i fatti accaduti. Si pensi, in questo senso, a eventi ascrivibili al caso fortuito o alla forza maggiore o comunque ad ipotesi in cui viene meno il nesso di causalità tra l’azione della Banca e le conseguenze dannose. Ne conseguirebbe, da quanto esposto sopra, che l’eventuale responsabilità della Banca, anche in caso di comportamento diligente del Cliente, non potrebbe essere preventivamente e genericamente attribuita, con la conseguenza che le stesse saranno accertate di volta in volta con un giudizio ex post dall’autorità giudiziaria o da altro organo stragiudiziale.
Rilievo n. 5
Si rileva che la clausola contrattuale attualmente in vigore già recepisce le osservazioni della Commissione ed è stata redatta in conformità alle previsioni dell’art. 12 D. Lgs. 11/2010.
Rilievo n. 6
L’operatività tipica del Conto Deposito è tale da giustificare la succitata clausola contrattuale. Infatti esso consente unicamente di disporre bonifici dal Conto al conto di appoggio indicato dal Cliente in sede di stipula e viceversa. Il bonifico inoltre può essere effettuato solo su di un conto di appoggio avente il medesimo intestatario del conto deposito (dato non modificabile). Il Cliente può, sia con la modalità internet banking o telephone banking modificare l’IBAN dei conti di appoggio ma non il nominativo del loro intestatario. Pertanto, qualora venissero anche variate le coordinate bancarie di tale conto la Banca che ricevesse un bonifico riferito ad un diverso intestatario sarebbe tenuta a respingerlo.
Giornalmente, inoltre, la Banca effettua delle estrazioni dei nominativi dei Clienti che hanno variato/tentato di variare i dati del conto di appoggio e procede, per ogni posizione, a contattare
telefonicamente i Clienti interessati. Qualora questi si dichiarano estranei a tali tentativi di variazione, il Conto viene immediatamente bloccato ed il Cliente informato di tale blocco.
Ad ogni buon conto tutti i Clienti possono chiedere l’attivazione del servizio gratuito “Sms alert”, venendo quindi informati in tempo reale di ogni bonifico effettuato dal e sul Conto.
Rilievo n. 7
Sul punto, si ritiene che l’attuale formulazione dell’art. a5, V comma, non sia volta ad esonerare preventivamente la Banca da qualsiasi responsabilità connessa all’utilizzo dei codici di sicurezza da parte del Cliente, ma esclusivamente a sancire l’obbligo di corretto uso e custodia dei codici medesimi da parte del Cliente, non avendo la Banca alcuna possibilità di verificare l’identità di chi accede al servizio tramite canale telematico.
Commento della Commissione
Fermo restando quanto esposto in generale sulla responsabilità dell’intermediario che mette a disposizione del cliente dei servizi telematici, la Commissione ribadisce la critica mossa alla clausola de qua: la responsabilità della banca non può essere preventivamente esclusa nemmeno nel caso “di utilizzo dei Codici da parte di soggetti non autorizzati”. Al cliente non possono essere “comunque” imputate quelle operazioni non autorizzate perché i codici potrebbero essere stati carpiti anche all’interno del sistema bancario o della rete, pur in presenza di una corretta e scrupolosa conservazione degli stessi da parte del cliente. Contrariamente a quanto ritenuto da alcune Banche, eliminare questo esonero di responsabilità non agevolerebbe i comportamenti truffatori da parte del Cliente poiché, nel caso in cui l'operazione fraudolenta sia avvenuta mediante l'uso delle codifiche in possesso di quest’ultimo, deve sempre essere accertato se ricorre l’eventuale responsabilità concorrente del titolare del conto, ex at. 1227 cc, per incauta custodia dei codici di accesso al servizio. Sulla base del reciproco contributo causale, vari Collegi arbitrali dell’ABF hanno ritenuto di fissare in percentuale diversa il rimborso a cui è tenuta la banca. Tali decisioni si fondano sull’assunto che, quand’anche le operazioni contestate siano avvenute mediante la corretta digitazione dei codici identificativi, ciò non autorizza a ritenere che la frode sia riconducibile a un’azione, a un’omissione o ad una negligenza del titolare dello strumento di pagamento. Al riguardo si ricordi la decisione n. 1241 del
9.11.10 dell’ABF Collegio di Milano (ma non è la sola in questo senso), nella quale, essendo emersa in atti l'ammissione, da parte del correntista, di aver fornito i propri codici personali di accesso dietro richiesta giuntagli tramite e-mail (poi rivelatasi ingannevole), il concorso di colpa del medesimo ha inciso fino a comportare la riduzione del rimborso, da parte dell'intermediario, al 40% della somma portata dal bonifico contestato, ma non è stato sufficiente ad escluderlo. Il fondamento di tale responsabilità deve essere individuato nell’allargamento della sfera di azione dell’istituto di credito che, avvalendosi di un sistema decentrato per realizzare i propri interessi (commissioni, ottimizzazione delle risorse, abbattimento dei costi di gestione, allargamento del target di clientela, potenzialità di estendere i propri servizi anche all’estero, nonché accesso non geograficamente né temporalmente limitato), espone l’utente a gravi pericoli. Tali pericoli non possono ricadere sul cliente atteso che quest’ultimo si limita ad operare su una piattaforma predisposta e gestita unilateralmente dalla banca e sulla quale gli è precluso qualsiasi intervento.
Non si può che ribadire quanto esposto in relazione alla precedente clausola, circa la vessatorietà di tutte le clausole che sono dirette ad assicurare, in favore di colui che le ha predisposte, delle immotivate limitazioni di responsabilità.
c) Modalità di svolgimento del servizio: sospensione del collegamento
Clausola tipo (rilevata in 6 formulari su 12 esaminati):
“La Banca può sospendere il collegamento telematico o telefonico al Servizio in qualsiasi momento dandone preavviso, ove possibile, per ragioni connesse all’efficienza e sicurezza del Servizio medesimo; la Banca può, inoltre, sospendere l’operatività di singoli Clienti, per motivi cautelari.”
Sintesi del parere
“Appare iniqua la possibilità per la Banca di sospendere il collegamento telematico o telefonico al Servizio per motivi di efficienza. Risulta opportuno specificare quali sono i motivi cautelari per i quali la Banca può sospendere il collegamento telematico o telefonico del Servizio. E’ altresì opportuno specificare le cause di sospensione del Servizio da parte della Banca senza preavviso al Cliente.”
Rilievo n. 1
Si ritiene di poter accogliere la richiesta relativa all’eliminazione “delle ragioni connesse all’efficienza del servizio” quale causo di sospensione del servizio.
Si ritiene di poter accogliere la richiesta relativa alla precisazione dei motivi cautelari.
Rilievo n. 2
Con riferimento alla sospensione del servizio telematico per ragioni di efficienza, si rileva che questa viene disposta unicamente per effettuare interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria sul sito, di regola nelle fasce orarie di minore utilizzo dell’home banking.
In questi casi la Banca informa i Clienti sia preventivamente, mediante una comunicazione inserita nella sezione “news” del sito, sia durante la sospensione, mediante la visualizzazione di un banner. Si informa peraltro che la clientela può operare con diverse modalità (Filiali, Servizio Telefonico, Home Banking) quindi, salvo casi straordinari, la sospensione di un servizio non preclude l’utilizzo degli altri.
In ogni caso la Banca concorda con la Commissione Tecnica sull’opportunità di meglio specificare il concetto d’”efficienza” nelle condizioni generali di contratto.
Rilievo n. 3
Sul punto, sia consentito osservare che le caratteristiche del Servizio offerto dalla Banca – erogato in via pressoché esclusiva attraverso il canale telematico o telefonico – impongono una costante manutenzione del sistema al fine di garantirne l’efficiente e corretto funzionamento, con conseguente necessità di sospensione del servizio per necessità connesse alla manutenzione stessa. Si ritiene, pertanto, che i predetti interventi di manutenzione, lungi da rappresentare un disguido, accrescano la qualità e la sicurezza del servizio, erogato ai Clienti 24 ore al giorno. Quanto all’opportunità di precisare gli eventuali “motivi cautelari” che giustifichino la sospensione del servizio, si ritiene che la definizione di un numerus clausos di ipotesi possa eventualmente impedire alla Banca, qualora ricorra un’ipotesi non contemplata, di sospendere il servizio, pur ricorrendo un ordine dell’Autorità giudiziaria o di una Autorità di Xxxxxxxxx, o comunque di una necessità inderogabile.
Rilievo n. 4
Il comma 2 dell’articolo in parola prevede, nella sua prima parte, la facoltà per la Banca di sospendere il Servizio per tutelarne il buon funzionamento e garantirne la sicurezza.
Viene quindi, chiaramente, specificato come la sospensione operata dalla Banca abbia come unico obiettivo quello di tutelare il Cliente in presenza di fattispecie che potrebbero compromettere le sue ragioni.
Pertanto, a giudizio della scrivente Banca, dettagliare specificatamente i presupposti per la sospensione del Servizio potrebbe comportare una limitazione nelle garanzie del Cliente, in quanto, verificandosi ipotesi al di fuori di quelle tassativamente previste, la Banca non sarebbe legittimata a sospendere il Servizio, con possibili conseguenze negative per il Cliente stesso. E’ per queste ragioni che si riterrebbe auspicabile mantenere l’attuale formulazione, non mancando nuovamente di evidenziare come la sospensione sia unicamente finalizzata a “tutelare il buon funzionamento e a garantire la sicurezza del Servizio”. Peraltro, ipotesi che possono dar luogo (anche) alla sospensione del Servizio sono riportate sempre al comma 2. Si tratta di fattispecie che trovano una loro giustificazione in esigenze di ordine tecnico, in cause di forza maggiore e in motivazioni dettate dalla sicurezza del sistema, che legittimano la Banca, a seconda della gravità del caso e di ogni singola fattispecie, alla sospensione, alla interruzione o alla revoca del Servizio stesso.
Commento della Commissione
Si ritiene accettabile la sospensione per motivi di sicurezza anche senza preavviso, ma quando l’interruzione è dettata da programmabili esigenze della banca (manutenzione o miglior efficienza del sistema) il cliente deve essere messo in grado di non subirne ingiuste conseguenze o limitare al massimo i disagi mediante congruo preavviso e/o con l’offerta di strumenti alternativi.
Il servizio home banking è infatti un servizio finalizzato a semplificare l’utilizzo dei canali bancari da parte del Cliente e/o consumatore, per cui la possibilità da parte dell’istituto di credito di sospendere unilateralmente il servizio, deve necessariamente rapportarsi a un determinato modus operandi attento alle esigenze della clientela.
Nonostante gli interventi informatici sul canale internet siano necessari al fine di garantire un costante e aggiornato utilizzo all’utente, la sospensione del servizio deve necessariamente passare da determinate quanto insuperabili cautele, proprio al fine di garantire tale corretta utilizzazione e non creare disagi e/o danni all’utenza medesima.
In linea generale ritiene la commissione che qualsiasi sospensione del canale telematico debba
necessariamente essere preventivamente oggetto di avviso per l’utenza, al fine di una più compiuta organizzazione nell’accedere ai propri rapporti bancari.
La possibilità di veder sospeso il servizio di home banking senza congruo preavviso deve necessariamente tenere in debita considerazione la portata degli interventi che dovranno essere realizzati.
In particolar modo, per quanto attiene a interventi di manutenzione o di miglior efficienza del sistema - interventi questi preventivamente programmabili dall’istituto bancario - la commissione ritiene che, ancorché doverosi al fine di garantire il corretto funzionamento del canale, si debba necessariamente fornire al cliente strumenti alternativi per accedere alla propria posizione, al fine di evitare disagi - o comunque di arginarne la portata - o ingiuste conseguenze, a prescindere dall’orario in cui vengono realizzati o dalla presenza di filiali capillarmente presenti sul territorio nazionale, o ancora dai servizi telefonici.
Nei contratti di fornitura di servizi telematici le clausole di esonero da responsabilità per inadempimento degli obblighi contrattuali, riguardano prestazioni principali ed essenziali per la natura del rapporto, per cui nei contratti in cui è parte un utente consumatore, devono essere ritenute vessatorie, stante il significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi.
DIRITTO DI GARANZIA E COMPENSAZIONE
a) Diritto di ritenzione
Clausola tipo (rilevata in 10 formulari su 12 esaminati):
“La Banca ha un diritto di ritenzione su quanto depositato sul Conto Deposito del Cliente a garanzia di qualunque credito della Banca stessa – anche se non determinato nel suo ammontare né esigibile ed anche se è già presente altra garanzia reale o personale – già in essere o che dovesse sorgere verso il Cliente, rappresentato da finanziamenti sotto qualsiasi forma concessi. Il diritto di ritenzione è esercitato sulle somme depositate per importi adeguati all’importo dei crediti vantati dalla Banca e comunque non superiori al predetto credito.”
Sintesi del parere
“Appare iniqua la previsione per cui il diritto di ritenzione su quanto depositato sul Conto Deposito è esercitato dalla Banca a garanzia di qualunque credito vantato dalla Banca stessa.”
Rilievo n. 1
Giova in primo luogo segnalare come le Norme Contrattuali del Conto Deposito circoscrivano con precisione l’area di quanto oggetto di garanzia sia mediante il riferimento agli “importi adeguati” sia, in particolare, mediante la fissazione di un limite massimo entro il quale la garanzia può operare, pari all’ammontare del credito: in altri termini, benché la garanzia (sotto forma del diritto di pegno e del diritto di ritenzione) riguardi qualunque credito vantato dalla Banca, il contratto reca un limite preciso entro il quale tale garanzia potrebbe eventualmente essere fatta valere. Inoltre, tale articolo è conforme all’art. 10 delle Norme Bancarie Uniformi di cui al Protocollo di intesa tra ABI e 10 tra le maggiori associazioni rappresentative di consumatori in Italia. Si ritiene, pertanto, di non dover modificare il testo contrattuale.
Rilievo n. 2
Si ritiene la clausola in questione coerente con l’orientamento della giurisprudenza la quale riconosce la legittimità della clausola negoziale che, nel regolare i rapporti di conto corrente, consente all’Istituto di credito di operare la ritenzione e il pegno di saldi attivi e passivi dei diversi conti intrattenuti dal medesimo correntista, in qualsiasi momento, senza obbligo di preavviso e di formalità particolari (salvo quella di dare pronta comunicazione al correntista), ancorché i crediti siano liquidi ed esigibili.
Al contrario, l’assenza di un chiaro accordo sul punto con il Cliente, potrebbe essere interpretata come scarsa trasparenza nei confronti del Cliente stesso (cioè che lo si faccia senza averlo detto).
Rilievo n. 3
I crediti che la Banca può vantare nei confronti dei propri Clienti sono unicamente dipendenti da rapporti di finanziamento. Si evidenzia, in ogni caso, come tale articolo riprenda, in materia di ritenzione, le “Condizioni generali relative al rapporto Banca-Cliente”, articolo 10, di cui al Protocollo di Intesa tra ABI ed Associazioni dei Consumatori del 24 maggio 2000.
Rilievo n. 4
Sul punto, sia consentito osservare che le previsioni contrattuali disciplinanti il diritto di ritenzione e compensazione, che prevedono la possibilità di compensare i crediti del Clienti con i debiti nei confronti della Banca, sono state formulate in coerenza con le “Condizioni generali relative al rapporto Banca – Cliente”, elaborate dall’ABI nel 2005 ed appaiono rispondenti all’obbligo di sana e prudente gestione che presiede allo svolgimento dell’attività bancaria. Si richiede, pertanto, alla Commissione Tecnica di voler circostanziare le motivazioni per cui le suddette previsioni sono ritenute “inique”.
Rilievo n. 5
La Camera di Commercio, con riferimento a tale articolo, nota che: “appare iniqua la previsione per cui il diritto di ritenzione su quanto depositato sul Conto Deposito è esercitato dalla Banca a garanzia di qualunque credito vantato dalla Banca stessa”. Va, innanzi tutto, sottolineato come tale articolo non si riferisca specificatamente al Conto Deposito, ma riguardi, in generale, tutti i rapporti di cui la Banca risulti essere titolare. Ciò premesso, evidenziamo come la norma in esame sia diretta conseguenza dell’articolo 2740 comma 1°codice civi le, che mira a garantire il creditore prevedendo, chiaramente, che il debitore risponda dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni, presenti e futuri. Tale principio non ammette limitazioni se non nei casi previsti dalla legge. Si fa presente, proprio con riferimento a tali limitazioni, che alcune disposizioni determinano l’impignorabilità di taluni beni in modo assoluto (ad esempio articoli 823, 514 e 545 c.p.c.) e in altri casi solo in modo relativo (ad esempio articoli 170, 515 e 516 c.p.c.), senza mai prevedere limiti ascrivibili ai crediti vantati dal titolare del diritto. Solo al momento dell’azione esecutiva, l’articolo 496
c.p.c. statuisce che il creditore non vi possa sottoporre una quantità di beni il cui valore sia esuberante rispetto al credito fatto valere, potendo il giudice, in tal caso, procedere alla c.d. riduzione del pignoramento, restringendo l’ambito dei beni pignorati. Inoltre, è da considerare come il diritto di ritenzione sia legittimo non solo nei casi espressamente previsti dalla legge, ma anche quando è conseguenza della volontà privata da cui l’obbligazione è sorta, come nella fattispecie in commento. La differenza tra le due fattispecie (diritto di ritenzione legale e diritto di ritenzione convenzionale) è costituita esclusivamente dalla opponibilità del diritto di ritenzione ai terzi, ammesso nel primo caso ed escluso nell’altro.
La disposizione in parola trova, pertanto, una sua giustificazione (esclusivamente) nella tutela delle ragioni del creditore, conformemente a quanto previsto a livello di principio generale. Stante ciò, la scrivente è dell’avviso di mantenere il tenore attuale dell’articolo in parola.
Commento della Commissione
Diritto di ritenzione e diritto di pegno, oltre a non dover essere confusi tra di loro, non devono neppure essere confusi con la compensazione, ovvero il diritto della banca di compensare reciprocamente i saldi attivi e passivi derivanti da più rapporti o da conti differenti dello stesso soggetto. Ciò posto, il diritto di ritenzione può essere legittimamente esercitato soltanto con riferimento a crediti liquidi ed esigibili. In tal senso l’operato richiamo da parte del soggetto controllato ai limiti contrattuali, così come i richiami giurisprudenziali, codicistici e negoziali appaiono inconferenti perché non si riferiscono alla sostanza del rilievo.
b) Diritto di pegno
Clausola tipo (rilevata in 6 formulari su 12 esaminati):
“La Banca è investita di diritto di pegno sui titoli o valori di pertinenza del Cliente, comunque detenuti dalla Banca stessa o che pervengano a essa successivamente, a garanzia di qualunque suo credito, anche se non liquido ed esigibile e anche se assistito da altra garanzia reale o personale, già in essere o che dovesse sorgere verso il Cliente, rappresentato da saldo passivo di conto corrente e/o dipendente da qualunque operazione bancaria.”
Sintesi del parere
“Appare iniqua la previsione per cui il diritto di pegno su quanto depositato sul Conto Deposito è esercitato dalla Banca a garanzia di qualunque credito vantato dalla Banca stessa.”
Rilievo n. 1
Giova in primo luogo segnalare come le Norme Contrattuali del Conto Deposito circoscrivano con precisione l’area di quanto oggetto di garanzia sia mediante il riferimento agli “importi adeguati” sia, in particolare, mediante la fissazione di un limite massimo entro il quale la garanzia può operare, pari all’ammontare del credito: in altri termini, benché la garanzia (sotto forma del diritto di pegno e del diritto di ritenzione) riguardi qualunque credito vantato dalla Banca, il contratto reca un limite preciso entro il quale tale garanzia potrebbe eventualmente essere fatta valere. Inoltre, tale articolo è conforme all’art. 10 delle Norme Bancarie Uniformi di cui al Protocollo di intesa tra ABI e 10 tra le maggiori associazioni rappresentative di consumatori in Italia. Si ritiene, pertanto, di non dover modificare il testo contrattuale.
Rilievo n. 2
Si ritiene la clausola in questione coerente con l’orientamento della giurisprudenza la quale riconosce la legittimità della clausola negoziale che, nel regolare i rapporti di conto corrente, consente all’Istituto di credito di operare la ritenzione e il pegno di saldi attivi e passivi dei diversi conti intrattenuti dal medesimo correntista, in qualsiasi momento, senza obbligo di preavviso e di formalità particolari (salvo quella di dare pronta comunicazione al correntista), ancorché i crediti siano liquidi ed esigibili.
Al contrario, l’assenza di un chiaro accordo sul punto con il Cliente, potrebbe essere interpretata come scarsa trasparenza nei confronti del Cliente stesso (cioè che lo si faccia senza averlo detto).
Rilievo n. 3
Ferma la piena legittimità della pattuizione, si segnala, peraltro, che la clausola non è applicabile nei confronti dei clientela che riveste la qualifica di Consumatore.
Rilievo n. 4
Sul punto, sia consentito osservare che le previsioni contrattuali disciplinanti il diritto di ritenzione e compensazione, che prevedono la possibilità di compensare i crediti del Clienti con i debiti nei confronti della Banca, sono state formulate in coerenza con le “Condizioni generali relative al rapporto banca – cliente”, elaborate dall’ABI nel 2005 ed appaiono rispondenti all’obbligo di sana e prudente gestione che presiede allo svolgimento dell’attività bancaria. Si richiede, pertanto, alla Commissione Tecnica di voler circostanziare le motivazioni per cui le suddette previsioni sono ritenute “inique”.
Commento della Commissione
Il c.d. pegno “omnibus” (ossia quel pegno rilasciato in favore di una banca mediante scrittura costitutiva nella quale non siano stati specificati né il creditore garantito né i rapporti futuri ai quali la garanzia debba estendersi, ma l’unica indicazione sia quella di un credito verso il cliente) rientra nel più ampio genere del pegno di cosa futura, la cui legittimità deve essere valutata alla luce dell’art. 2787, comma 0, x.x., xxx, xx xxxx xx xxxxx di cose mobili, dichiara che la prelazione a favore del creditore non ha luogo, se il pegno non risulta da scrittura con data certa, la quale contenga una sufficiente indicazione del credito garantito e della cosa oggetto di pegno. Pertanto, la costituzione, in favore della banca, di un non meglio definito diritto di pegno che faccia generico riferimento a tutti gli oggetti (titoli o valori) in possesso della banca o che verranno in successivo possesso della stessa, deve, prima ancora che vessatoria, ritenersi illegittima e pertanto affetta da nullità; se così non fosse, i terzi creditori potrebbero essere facilmente danneggiati, poiché basterebbe far passare in possesso della banca un qualsiasi titolo o valore, per costituire il pegno.
c) Compensazione
Clausola tipo (rilevata in 8 formulari su 12 esaminati):
“Qualora esistono tra la Banca e il Cliente più rapporti di qualsiasi genere e natura, anche di deposito, la Banca opera la compensazione di legge ad ogni suo effetto.
Al verificarsi di una delle ipotesi previste dall’art. 1186 cod. civ. (decadenza del termine) la Banca può inoltre avvalersi della compensazione anche se i crediti non sono determinati nel loro ammontare né esigibili e ciò in qualsiasi momento senza obbligo di preavviso e/o formalità; in tal caso la Banca darà pronta comunicazione scritta al Cliente dell’intervenuta compensazione”.
Sintesi del parere
“Appare iniqua la previsione per cui la Banca, appellandosi all’art. 1186 c.c., si ritiene legittimata a compensare qualsiasi credito futuro”.
Rilievo n. 1
Al comma 4 del citato articolo, viene espressamente esclusa la compensazione nel caso in cui il Cliente rivesta la qualità di consumatore ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera 4, del D. Lgs. 206/2005. Si ritiene quindi di non dover modificare il testo contrattuale.
Rilievo n. 2
Premesso che il Cliente che accende il Conto Deposito è un consumatore, evidenziamo che la norma in questione trova applicazione sono nel caso “eccezionale” in cui il Cliente sia contestualmente garante di un “non consumatore”. Peraltro tale clausola era stata già oggetto di valutazione da parte di altra Camera di Commercio (Massa Carrara)
Rilievo n. 3
Il comma 4 della clausola in esame, prevede che la compensazione oggetto del rilievo non si applichi ai Clienti che rivestono lo status di Consumatore ai sensi del D. Lgs. 206/2005. A tale riguardo, facciamo rilevare che le Disposizioni contengono le definizioni delle diverse categorie di Clienti, tra cui quella dei consumatori. Tali definizioni, peraltro, sono coerenti con quelle di professionista e consumatore contenuta nel Codice del Consumo, così come interpretata dalla giurisprudenza in materia. Sulla base delle definizioni fornite dalle Disposizioni è possibile individuare i soggetti che rivestono lo status di Consumatore (e, quindi, che sono meritevoli delle protezioni offerte dalla normativa vigente a loro tutela) e quelli che, invece, non lo sono. Le relazioni della scrivente Banca con la clientela, sono improntate al rispetto delle previsioni dettate dall’Autorità di Vigilanza, ivi compresa l’individuazione delle differenti categorie di clienti e la conseguente applicazione dei rispettivi regimi di regole e tutele.
Rilievo n. 4
Ferma la piena legittimità della pattuizione, si segnala, peraltro, che la clausola non è applicabile nei confronti dei clientela che riveste la qualifica di Consumatore.
Rilievo n. 5
Sul punto, sia consentito osservare che le previsioni contrattuali disciplinanti il diritto di ritenzione e compensazione, che prevedono la possibilità di compensare i crediti del Clienti con i debiti nei confronti della Banca, sono state formulate in coerenza con le “Condizioni generali relative al rapporto banca – cliente”, elaborate dall’ABI nel 2005 ed appaiono rispondenti all’obbligo di sana e prudente gestione che presiede allo svolgimento dell’attività bancaria. Si richiede, pertanto, alla Commissione Tecnica di voler circostanziare le motivazioni per cui le suddette previsioni sono ritenute “inique”.
Rilievo n. 6
La Camera di Commercio, con riferimento a tale articolo, nota che: “appare iniqua la previsione per cui la Banca, appellandosi all’art. 1186 c.c., si ritiene legittimata a compensare qualsiasi credito futuro.” Per poter comprendere le ragioni di tale articolo va richiamato, come già fatto in precedenza, il principio in base al quale a garanzia di un credito è posto l’intero patrimonio del debitore. Tale garanzia è tuttavia generica nel senso che il patrimonio del debitore è potenzialmente a disposizione del creditore, ma solo dal momento in cui interviene l’inadempimento ed, in concreto, solo dal momento in cui i singoli beni sono pignorati.
È solo in questo momento che si crea un vincolo di indisponibilità che determina l’inopponibilità degli eventuali atti di disposizione compiuti dal debitore. La garanzia patrimoniale può diminuire, oltre che per gli atti di disposizione posti in essere, anche per altre cause direttamente o anche solo indirettamente dipendenti dalla volontà del debitore. Può, infatti, ipotizzarsi, tra l’altro, che le condizioni patrimoniali del debitore mutino in senso peggiorativo rispetto al momento della nascita dell’obbligazione, con conseguente pregiudizio della garanzia patrimoniale. Per ovviare a tale possibile pregiudizio, l’ordinamento ha previsto dei mezzi di tutela preventiva e solo indiretta del credito che operano sia nella fase precedente all’inadempimento che in quella successiva. Tra i mezzi in parola vi rientra anche quello di cui all’articolo 1186 codice civile, in forza del quale il debitore decade dal termine, pur se stabilito in suo favore, se è divenuto insolvente o ha diminuito, per fatto proprio, le garanzie che aveva date o non ha dato le garanzie che aveva promesso, con la conseguenza che il creditore potrà esigere immediatamente la prestazione.
Sembra possibile, pertanto, argomentare che così come il creditore possa esigere con immediatezza la prestazione, sia altrettanto plausibile che il creditore stesso, al fine di tutelare le proprie ragioni (rectius il proprio credito), possa prevedere contrattualmente una compensazione volontaria. Del resto, quest’ultima, come noto, trova una sua giustificazione nell’accordo tra le parti, che, mediante un contratto, qualora non ricorrano i requisiti per darsi luogo a compensazione legale o giudiziale, convengono comunque di procedere all’estinzione delle reciproche posizioni. È opinione comune, infatti, che le parti possano procedere a compensazione volontaria in difetto di omogeneità, liquidità ed esigibilità del credito, essendo invece sempre necessario il presupposto della reciprocità del rapporto debito - credito.
Da quanto sopra, potrebbe conseguire che la compensazione (volontaria) di cui al comma 2 del presente articolo trovi una sua giustificazione quale mezzo di tutela preventiva delle ragioni della Banca tutte le volte in cui ci possa essere pericolo per il recupero del proprio credito a seguito di eventi che incidono negativamente sulla situazione patrimoniale, finanziaria o economica del Cliente. In questo senso si pone, per altro, anche la giurisprudenza, che con riferimento all’articolo 1186 codice civile considera l’insolvenza quella situazione di dissesto economico che renda verosimile la impossibilità per il debitore di far fronte ai propri impegni e non semplicemente il singolo inadempimento.
Commento della Commissione
Premesso che la compensazione deve costituire oggetto di pattuizione con specifica approvazione per scritto, la disposizione di cui all’art. 1853 c.c. non può in primo luogo prescindere dalla esigibilità e quindi non può certo operare tout-court per iniziativa della Banca. Occorre poi precisare come le varie operazioni di segno opposto che operano su un unico rapporto rappresentino mere operazioni di conguaglio, non configurando così alcuna compensazione, non potendo quest’ultima che riguardare saldi attivi e passivi di rapporti distinti. Ciò chiarito, la comunicazione dell’esercizio della facoltà di compensazione da parte della Banca deve essere tempestiva, chiara e ben specificata. La modalità di tale esercizio contribuisce infatti a definire il principio di correttezza e buona fede che deve sovrintendere all’applicazione della norma. D’altra parte tale esigenza è ben trasfusa nella norma del Codice del Consumo che ex art. 33 ed anche “malgrado la buona fede” stabilisce la nullità di una tale pattuizione, ancorché riferita alla figura di consumatore, comportando un significativo squilibrio dei diritti del correntista. La posizione di quest’ultimo, con l’imposizione di tale clausola, viene a subire un’evidente compressione in ordine alla sua autonomia contrattuale, nel senso di poter liberamente determinare il contenuto del contratto, e di quella economica, potendo essere esposto a grave pregiudizio in conseguenza dell’esercizio di tale diritto da parte della banca.
Si osserva infine come da una parte la vessatorietà possa attenere anche al singolo contratto e non solo alle clausole predisposte per una generalità dei contraenti, e dall’altro lato come la linea di demarcazione tra consumatore e professionista non possa che essere rappresentata dalla identità o meno del settore nel quale si opera.
d) Imputazione dei pagamenti effettuati dal Cliente
Clausola tipo (rilevata in 5 formulari su 12 esaminati):
“Qualora sussistano più rapporti di debito verso la Banca, il Cliente ha diritto di dichiarare - ai sensi e per gli effetti dell’art. 1193, comma 1° cod. civ . – nel momento del pagamento quale debito intende soddisfare. In mancanza di tale dichiarazione, la Banca può imputare – in deroga all’art. 1193, comma 2° cod. civ. – i pagamenti effettuati d al Cliente, o le somme comunque incassate da terzi, ad estinzione o decurtazione di una o più delle obbligazioni assunte dal Cliente medesimo dandone comunicazione a quest’ultimo anche solo attraverso tecniche di comunicazione a distanza”.
Sintesi del parere
“Appare iniqua la previsione secondo cui la Banca può, in mancanza di una dichiarazione da parte del Cliente, imputare liberamente i pagamenti effettuati dal Cliente ad estinzione di una o più obbligazioni”.
Rilievo n. 1
Non si ritiene che la previsione in esame sia iniqua in quanto è sempre ammessa la possibilità (onere) che il debitore indichi al momento del pagamento, quale debito soddisfare. A riguardo si evidenzia altresì che la cosiddetta “imputazione unilaterale del creditore”, in deroga ai criteri di imputazione di cui al comma 2 dell’art. 1193 c.c., è da sempre ammessa dalla dottrina in materia.
Rilievo n. 2
Si rileva che la clausola contrattuale attualmente in vigore già recepisce le osservazioni della Commissione ed è stata redatta in conformità alle previsioni dell’art. 1193 c.c.
Rilievo n. 3
Dando seguito all’osservazione della Camera di Commercio, si ritiene possibile modificare il comma 2 del presente articolo nel seguente modo:
“La Banca ha il diritto di imputare, in assenza di una specifica dichiarazione del Cliente, i pagamenti effettuati da quest’ultimo o da terzi per suo conto, ad estinzione o decurtazione di una o più delle sue obbligazioni verso la Banca, secondo quanto previsto dall’art. 1193 codice civile, fornendogli la documentazione delle operazioni così effettuate.”
Rilievo n. 4
Ferma la piena legittimità della pattuizione, si segnala, peraltro, che la clausola non è applicabile nei confronti dei clientela che riveste la qualifica di Consumatore.
Commento della Commissione
La maggior parte delle banche controllate ha già recepito l’indicazione della Commissione. D’altra parte i criteri legali di imputazione del pagamento di cui all’art. 1193 c.c. (che hanno carattere suppletivo) sono chiari e univoci, rimanendo ad esclusivo carico del creditore che pretende di imputare il pagamento a estinzione di altro credito, provare le condizioni necessarie per la dedotta diversa imputazione e i presupposti per l’applicazione di uno dei criteri sussidiari possibili, risultando pertanto inefficace la clausola in questione, anche con riferimento al dovere di correttezza nell’esecuzione del contratto.
RAPPORTI COINTESTATI
a) Comunicazione dell’estinzione del rapporto
Clausola tipo (rilevata in 8 formulari su 12 esaminati)
“In caso di cointestazione, ogni cointestatario può effettuare disposizioni ed operazioni separatamente, ivi compresa l’estinzione del rapporto con la Banca. In tal caso la Banca non è tenuta a dare nessuna comunicazione all’altro cointestatario. Sarà, pertanto, cura di chi ha richiesto l’estinzione, darne tempestiva comunicazione agli altri.”
Sintesi del parere
“Appare iniquo che non sia previsto, nel caso di estinzione del rapporto da parte di uno dei due cointestatari, l’obbligo per la Banca di darne comunicazione all’altro cointestatario”.
Rilievo n. 1
La Banca in caso di chiusura di un Conto Deposito invia l’estratto conto di chiusura al primo intestatario. Tale comportamento rispecchia l’impostazione contrattuale di inviare le comunicazioni solo al primo titolare; impostazione che riteniamo di non dover modificare.
Rilievo n. 2
Si tratta di una clausola coerente con il principio civilistico in materia di solidarietà e di mandato (cfr. facoltà del contestatario di disporre del rapporto in via disgiunta tra loro pattuita con la conclusione del contratto). Per queste ragioni l'onere di informare gli altri cointestatari dei singoli atti dispositivi compiuti singolarmente e separatamente da uno di essi resta in capo a colui che li ha compiuti e non può ricadere sulla Banca.
Peraltro, oltre all'estinzione, vI sarebbero anche altri atti che rivestono ugualmente rilevanza non trascurabile per il rapporto contrattuale tra la Banca ed il Cliente.
Rilievo n. 3
La clausola prevede che in caso di rapporto con facoltà di utilizzo disgiunto, l’obbligo di dare comunicazione agli altri cointestatari della richiesta di estinzione è in capo all’intestatario che fa la richiesta alla Banca. Tale previsione a nostro avviso è coerente con quanto previsto dagli articoli 1854 e 1298 del codice civile. All’estinzione del rapporto, la Banca invia, all’indirizzo comunicato di comune accordo da tutti gli intestatari, la comunicazione periodica di chiusura (estratto conto finale e documento di sintesi di chiusura).
Rilievo n. 4
Viste le osservazioni avanzate dalla Camera di Commercio in materia di obblighi informativi a carico della Banca, si ritiene di poter modificare il comma 1 ed il comma 2 dell’articolo in parola nel modo seguente:
“1. Se il contratto è intestato a più persone ogni cointestatario ha la facoltà di compiere operazioni separatamente, disponendo del rapporto con piena liberazione della Banca anche nei confronti degli altri cointestatari. Se non è stato indicato un rappresentante comune, tutte le comunicazioni possono essere fatte
dalla Banca ad uno solo dei cointestatari, con pieno effetto anche nei confronti degli altri. Nel caso in cui gli intestatari del rapporto abbiano concordemente trasmesso alla Banca l’indirizzo cui inviare le comunicazioni, quest’ultimo può essere modificato solo a seguito di specifica disposizione congiunta da parte di tutti i cointestatari. Le persone autorizzate a rappresentare i cointestatari dovranno essere nominate per iscritto da tutte. La revoca della facoltà di rappresentanza potrà essere effettuata anche da uno solo dei cointestatari mentre la modifica della facoltà dovrà essere effettuata da tutti. La revoca e la modifica della facoltà di rappresentanza, nonché la rinuncia da parte dei rappresentanti, non saranno opponibili alla Banca finché questa non abbia ricevuto la relativa comunicazione per iscritto.
2. Il singolo cointestatario avendo piena facoltà di operare disgiuntamente, può procedere all’estinzione dei rapporti con pieno effetto nei confronti della Banca e degli altri cointestatari. Sarà cura della Banca dare comunicazione dell’avvenuta estinzione anche agli altri intestatari del rapporto, fermo restando, in ogni caso, l’onere del cointestatario che ha proceduto all’estinzione del rapporto di darne analoga notizia agli altri cointestatari.”
Rilievo n. 5
Il rapporto cointestato nasce a firme disgiunte: i cointestatari possono quindi disporre operazioni separatamente l’uno dall’altro, e tra queste vi è anche la possibilità di estinguere il rapporto. Non si comprende perché debba quindi essere la Banca, che si limita a dar corso alla richiesta ricevuta, a doversi far carico di dare all’altro cointestatario comunicazione dell’intervenuta estinzione, che peraltro è in grado di verificare una volta che tentasse di accedere alla propria area riservata sul sito internet.
Commento della Commissione
Il richiamo al principio “civilistico di solidarietà” ed agli artt. 1298 cc e 1854 cc non appare pertinente. Invero il concetto di solidarietà espresso dall’art. 1292 cc (come dall’art. 1854 cc per il caso specifico dei contratti bancari) è preposto ad assicurare al creditore maggiori garanzie ed attiene all’adempimento dell’obbligazione (ciascun debitore è tenuto a prestare l’intero come se egli fosse l’unico debitore), ma nulla ha a che fare con il caso in oggetto. Infatti la solidarietà non determina automaticamente l’estensione, nei confronti di tutti i componenti della parte plurisoggettiva, degli effetti delle comunicazioni indirizzate ad un solo condebitore (meglio: contitolare). La fondatezza di tale assunto è provata dalla Sez. III del Titolo I del Libro IV dedicata alle obbligazioni solidali, dove il Legislatore ha espressamente previsto che le comunicazioni e/o atti (ad es. la costituzione in mora ex art. 1308 cc) rivolti ad uno solo dei condebitori non hanno, di regola, effetto riguardo agli altri; ciò in applicazione del principio per cui gli effetti personali sfavorevoli relativi ad un coobbligato solidale non si propagano automaticamente ai diversi condebitori, fatto salvo il disposto dell’art. 1310 cc.
Quindi è errato che la clausola in commento trovi giustificazione nel principio civilistico di solidarietà e pertanto, nell’ottica di un rapporto improntato alla maggior chiarezza e correttezza possibili, sembrerebbe opportuno che la banca informasse gli altri cointestatari di un evento così importante, quale l’estinzione del rapporto di conto corrente (che priva gli altri cointestatari della possibilità di utilizzare il contratto da loro regolarmente stipulato), o quantomeno che mettesse i clienti nella condizioni di poter scegliere - al momento dell’apertura del rapporto - se desiderano che tale specifica comunicazione sia inviata ad uno solo oppure a
tutti i cointestatari del conto, richiamando così, col dover formulare/barrare l’opzione scelta, la loro attenzione sul punto.
b) Variazione indirizzo comunicazioni
Clausola tipo (rilevata in 10 formulari su 12 esaminati)
Salvo diverso accordo scritto, in caso di cointestazione la Banca effettua le comunicazioni, le notifiche e l’invio degli estratti conto ad uno solo dei cointestatari all’indirizzo indicato nel Modulo di apertura o al diverso comune indirizzo successivamente comunicato, anche da uno solo dei cointestatari. Le comunicazioni e le notifiche sono operanti ed efficaci a tutti gli effetti nei confronti di entrambi i cointestatari”.
Sintesi del parere
“E’ opportuno specificare che qualora sia stato indicato nel modulo di apertura un unico indirizzo a cui inviare le comunicazioni, questo possa essere modificato solo a seguito di una comunicazione congiunta di tutti i cointestatari.”
Rilievo n. 1
L’attuale formulazione rispecchia l’operatività disgiunta dei clienti; ciascuno dei cointestatari può, infatti, prelevare tutte le somme depositate sul conto e/o estinguere il conto di deposito: si ritiene quindi che un’operatività congiunta per la richiesta di modifica dell’indirizzo non sarebbe in linea con la predetta operatività disgiunta e, peraltro, di alcuna utilità per il cliente. Peraltro evidenziamo che da quasi 10 anni di vita del Xxxxx Xxxxxxxx, non abbiamo ricevuto alcun reclamo sull’argomento.
Rilievo n. 2
Si tratta di una clausola coerente con il principio civilistico in material di solidarietà e di mandato (cfr. facoltà dei cointestatari di disporre del rapporto in via disgiunta tra loro pattuita con la conclusione del contratto). Per queste ragioni l’onere di informare gli altri cointestatari dei singoli atti dispositivi compiuti singolarmente e separatamente da uno di essi resta in capo a colui che li ha compiuti e non può ricadere sulla Banca.
Peraltro, oltre all’estinzione, vi sarebbero anche altri atti che rivestono ugualmente rilevanza non trascurabile per il rapporto contrattuale tra la Banca ed il Cliente.
Rilievo n. 3
Tale indicazione è già stata recepita. L’attuale articolo 15 prevede, infatti, che: “saranno fatti al Cliente con pieno effetto all’ultimo indirizzo comunicato per iscritto da tutti gli intestatari.”
Rilievo n. 4
Posto che il rapporto di Xxxxx Xxxxxxxx nasce esclusivamente con operatività a firme disgiunte, ciascun cliente può chiedere l’invio cartaceo all’indirizzo indicato sulla richiesta di apertura del rapporto ed eventualmente successivamente modificato.
Per l’altro cointestatario si potrà eventualmente valutare se mantenere la possibilità di visualizzare le comunicazioni tramite il canale internet.
Rilievo n. 5
In caso di contestazione, il contratto prevede che l’operatività sia disgiunta. Quindi, coerentemente con il fatto che a ciascuno degli intestatari è consentito disporre separatamente dell’intero rapporto, a ciascuno di essi è consentito modificare l’indirizzo di corrispondenza. Tale previsione è, peraltro, coerente con la modalità dispositiva on-line, che non consente un’operatività di tipo disgiunto. Si segnala, peraltro, che sul tema non risultano pervenuti reclami da parte della clientela.
Ad ogni buon conto, si segnala che ciascun cointestatario viene informato al proprio indirizzo email delle comunicazioni periodiche inerenti il rapporto inviate dalla Banca, che vengono rese disponibili sul sito nell’area personale dei clienti.
Rilievo n. 6
Non riteniamo sussista la necessità di adeguarsi al suddetto rilievo. Si osserva che la disposizione contrattuale fa salvo un diverso accordo scritto tra le parti.
Rilievo n. 7
Il parere reso dalla Commissione Tecnica evidenzia l’opportunità di “specificare che qualora sia stato indicato nel modulo di apertura un unico indirizzo a cui inviare le comunicazioni, questo possa essere modificato solo a seguito di una comunicazione congiunta di tutti i cointestatari”. In recepimento di detta indicazione, si ritiene di integrare la previsione contrattuale inserendo un ottavo comma che reciti “Qualora all’atto dell’apertura del rapporto sia stato indicato un unico indirizzo di corrispondenza, la Banca potrà procedere alla sua modifica solo a seguito di una comunicazione congiunta di tutti i cointestatari”
Rilievo n. 8
Si fa, innanzi tutto, presente che tale articolo, rispetto alla versione trasmessa, è stato modificato, con l’aggiunta del comma 3, a seguito del D. Lgs. 141/2010: “Le parti concordano che qualora il Cliente richieda informazioni o ulteriori o più frequenti rispetto a quelle ivi previste o per il tramite di uno strumento di trasmissione differente da quelli indicati, la Banca potrà recuperare le relative spese”.
Ciò detto, visto quanto evidenziato dalla Camera di Commercio, si ritiene possibile modificare il comma 5 nel seguente modo:
“5. Quando un rapporto è intestato a più persone, le comunicazioni di cui ai comma precedenti, in mancanza di specifici accordi, possono essere effettuate dalla Banca all’indirizzo di uno solo dei cointestatari e sono operanti a tutti gli effetti nei confronti degli altri. Nel caso in cui gli intestatari del rapporto abbiano concordemente trasmesso alla Banca l’indirizzo cui inviare le comunicazioni, quest’ultimo può essere modificato solo a seguito di specifica disposizione congiunta da parte di tutti i cointestatari.”
Commento della Commissione
La Commissione, riportandosi integralmente a quanto esposto in commento alla precedente clausola 1) dei rapporti cointestati, ribadisce che il principio civilistico di solidarietà viene erroneamente invocato anche a giustificazione della clausola in esame.
Fermo restando quanto sopra, la Commissione riafferma che sarebbe opportuno, quando sia stato indicato nel modulo di apertura del conto corrente un unico indirizzo a cui inviare comunicazioni, notifiche ed estratti conto, che questo possa essere modificato solo a seguito di una comunicazione congiunta di tutti i cointestatari. Tale convinzione muove dal presupposto che, per evitare di subire gravi pregiudizi, ciascuno dei cointestatari del conto corrente deve avere una tempestiva conoscenza delle informazioni e/o comunicazioni inviate dalla Banca. A mero titolo esemplificativo, si pensi alle ipotesi in cui l’istituto di credito eserciti lo ius variandi: il contitolare pretermesso dall'informazione potrebbe non essere tempestivamente informato e gli sarebbe pertanto precluso il diritto di recesso senza penalità nel breve termine previsto dall'art. 118 t.u.b., oppure potrebbe non essere messo in grado di proporre opposizione all’estratto conto nel breve termine fissato dalla legge. E’ evidente che per rendere possibile l'esercizio dei diritti e delle facoltà ricollegati al contratto con la banca, è necessario assicurare un flusso di informazioni continuo e tempestivo con i vari cointestatari. Ciò, se non può essere garantito attraverso un’informazione personale diretta a ciascun contitolare, deve essere almeno assicurato riconoscendo una massima tutela all’affidamento riposto dai correntisti cointestatari nell’arrivo di qualsiasi comunicazione proveniente dalla banca all’indirizzo indicato congiuntamente alla stipula del contratto e garantendo a ciascuno dei cointestatari che tale indirizzo non potrà essere modificato senza la concorde volontà di tutti.
Gli istituti bancari replicano che la formulazione della clausola in oggetto rispecchia l’operatività disgiunta dei clienti, ma dimenticano di rilevare che, quando i cointestatari intendono modificare o revocare la facoltà di utilizzo disgiunto oppure nel caso di modifica della loro rappresentanza, la Banca pretende una comunicazione sottoscritta da tutti i cointestatari, senza ritenere che in questo caso possa operare la modalità disgiunta dei correntisti. Ebbene, se gli istituti bancari esigono in queste ipotesi la massima certezza, assicurata dalla sottoscrizione di tutti i componenti la parte plurisoggettiva del rapporto, e questo al fine di non esporsi ad alcuna responsabilità nei confronti degli altri cointestatari, non si comprende perché analoga certezza non debba essere assicurata a quelle modifiche da cui potrebbero derivare pregiudizi gravi per alcuno dei contitolari del conto. Tale rilievo, che assicura maggiori garanzie per i correntisti, è stato recepito da alcuni istituti bancari che hanno così mutato le loro condizioni generali di contratto, evitando un assetto altrimenti non equilibrato nei rapporti tra le due parti contraenti.
3. VALUTAZIONI FINALI
L’obiettivo dell’indagine, avviata a settembre 2010 e sviluppatasi nell’arco di 12 mesi, non era soltanto quello di analizzare le condizioni generali di contratto dei singoli istituti, quanto piuttosto arrivare ad una visione d’insieme in grado di fornire preziosi spunti di riflessione a tutti gli operatori del settore, nell’ottica di una sempre maggior trasparenza che va a tutela sia dei consumatori che di chi opera correttamente sul mercato. Da questo punto di vista, va rimarcata la collaborazione fornita a vari livelli da quasi tutte le banche coinvolte nell’indagine.
La condivisione dello spirito dell’iniziativa ha portato ad un confronto aperto sulle criticità evidenziate dalla Commissione, sia attraverso contatti telefonici e scambi di mail con i referenti dei vari istituti, sia in occasione del già citato incontro del 3 marzo 2011 che, per stessa ammissione delle banche presenti, ha rappresentato un’occasione più unica che rara di “contraddittorio” tra i responsabili degli uffici legali dei principali gruppi bancari italiani.
In concreto i rilievi della Commissione e i successivi confronti tra “addetti ai lavori” hanno fatto sì che ben 9 banche provvedessero ad apportare modifiche alle condizioni generali di contratto del proprio conto deposito (in alcuni casi la formale approvazione delle nuove condizioni è già avvenuta, in altri sarà effettuata in occasione della prima revisione programmata delle condizioni contrattuali), anche su aspetti che esulano dalle tematiche di maggiore rilevanza riportate nel presente documento, ma che rappresentano comunque elementi su cui è importante andare ad incidere per rendere più trasparente il rapporto banca-cliente e per qualificare maggiormente un prodotto, quale il conto deposito, che si sta sempre più affermando come vero e proprio strumento di investimento a basso rischio per migliaia di risparmiatori.
In linea con le finalità dell’indagine, abbiamo pertanto ritenuto opportuno condividerne i risultati non solo con le banche protagoniste, ma con tutti i soggetti, istituzionali e non, che a vario titolo possono essere interessati a quanto emerso dall’analisi delle condizioni contrattuali dei conti deposito.
L’auspicio è che la conclusione di questa indagine, portata avanti dalla Camera di Commercio di Prato con il supporto di professionisti qualificati, possa fornire stimoli e spunti sufficienti per migliorare ulteriormente le condizioni contrattuali negli anni a venire, non solo nel settore dei conti deposito. E che si possa registrare, in un futuro non troppo lontano, il vero salto di qualità, rappresentato da documenti contrattuali redatti secondo principi di chiarezza e trasparenza che sappiano andare ben al di là del mero rispetto dei vincoli imposti di volta in volta dalla normativa vigente.
A cura della
Commissione Tecnica per il Controllo delle Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx nei contratti
Componenti:
Avv. Xxxxxxxx Xxxxxxxx Avv. Xxxxx Xxxxx
Xxxx. Xxxxx Xxxx
Segreteria della Commissione: Xxxx. Xxxx Xxxxxxxxxxx Dott.ssa Xxxxxxxxxx Xxxxxxxx