IMPRESA: CONCORSO,
“CONCETTI FONDAMENTALI NEL DIRITTO DELLA CRISI DI
IMPRESA: CONCORSO,
DELIBERAZIONE, CONTRATTO”
Prof. Fabrzio Di Marzio
Indice
1 CONCORSO DELIBERAZIONE, CONTRATTO 3
2 CONCORSO DEI CREDITORI SUL PATRIMONIO DEL DEBITORE E PROCEDURE CONCORSUALI 4
3 ACCORDI SULLA CRISI D’IMPRESA (CONTRATTI) 8
4 DELIBERAZIONI DI CONCORDATO 10
5 DELIBERAZIONE CONCORDATARIA COME DECISIONE COLLETTIVA SULL’IMPRESA IN CRISI 12
6 COMPORTAMENTI OPPORTUNISTICI DEI CREDITORI E DIFFICOLTÀ DEI CONTRATTI SULLA CRISI D’IMPRESA 15
BIBLIOGRAFIA 18
1 Concorso deliberazione, contratto
In questa lezione si esaminano i concetti di concorso dei creditori, di deliberazione concordataria e di contratto sulla crisi d’impresa.
2 Concorso dei creditori sul patrimonio del debitore e procedure concorsuali
Poiché la composizione del debito riveste centrale importanza nelle strategie di superamento della crisi d’impresa, il ruolo dei creditori si mostra decisivo nella scelta da assumere sul destino dell’impresa.
Nella prospettiva del rapporto obbligatorio, la crisi dell’impresa e il conseguente stato di insolvenza dell’imprenditore costituiscono fattualmente i creditori in una ‘comunità delle perdite’. Spetterà a tale comunità di organizzarsi per assumere le decisioni sulla crisi d’impresa maggiormente confacenti all’interesse di ceto (1).
La decisione sulla crisi d’impresa è, innanzitutto, decisione sull’impresa. La ricchezza dell’impresa consiste nella organizzazione dei fattori produttivi; cosicché la conservazione dell’attività non di rado risulta efficiente alla massima valorizzazione dell’attivo patrimoniale e opportuna proprio nell’interesse dei creditori. Il che trova conferma nella riflessione sulla diversità di problemi a cui il sistema della responsabilità patrimoniale deve rispondere nella disciplina codicistica e nelle discipline della crisi d’impresa. A differenza che nella prima, nelle seconde la finalità conservativa non si esaurisce nella salvaguardia del patrimonio staticamente considerato ma si avvantaggia della gestione produttiva dello stesso (2).
L’interesse alla gestione economicamente ragionevole della crisi è proprio di ogni creditore: giacché nessuno preferirebbe una gestione irrazionale se non per il proprio vantaggio illecito o
(1) Cfr., per tutti e diffusamente, HABSCHEID, Zur rechtlichen Problematik des außergerichtlichen. Sanierungsvergleichs, in Gedächtnisschrift für Xxxxxx Xxxxx, Xxxxxxx, 0000, 253 ss.; URÍA, Derecho mercantil, Madrid, 199522, 1026 ss. Per la giustificazione della ‘comunità di perdita’ in chiave di giustizia sociale, e allo scopo di scongiurare l’approfittamento dei creditori meglio attrezzati sul patrimonio incapiente del debitore, ancora attuale VIVANTE, op. cit., 323 s.
(2) Tanto, sia nella prospettiva dello scioglimento della società (cfr. art. 2427 c.c., sull’esercizio provvisorio
dell’impresa o di singoli rami in funzione di un migliore realizzo), sia nella prospettiva del fallimento (cfr. artt. 104 e 104 bis l. fall. sull’esercizio provvisorio e sull’affitto di azienda sempre in funzione di un migliore realizzo). Lo stesso accade nella prospettiva del concordato preventivo, dove tali attività possono costituire oggetto del piano posto a base della domanda e dove l’intero programma può essere indirizzato alla conservazione dell’attività: nell’interesse di tutti quanti si avvantaggiano della prosperità dell’impresa e dunque nel precipuo interesse dei creditori concorsuali.
comunque immeritevole di tutela, e come tale non ostensibile nel discorso giuridico (3). D’altro canto, la naturale tendenza di ciascun creditore ad avvantaggiarsi sugli altri nelle operazioni di risanamento dell’impresa o comunque di superamento della crisi può renderne difficile la gestione: come soprattutto accade quando la crisi d’impresa si manifesta nelle forme più gravi. Il che può determinare l’insuccesso dell’operazione, con pregiudizio finale anche per quei creditori che vi hanno contribuito assumendo e mantenendo un atteggiamento eccessivamente egoistico.
Ecco allora che il diritto individuale di ogni creditore di procedere all’esecuzione e la conseguente realtà del concorso di tutti i creditori sul patrimonio del debitore si rivelano costitutivi dell’interesse a che l’espropriazione e la liquidazione dei beni del debitore siano organizzate non semplicemente in ragione del diritto dei creditori di essere soddisfatti delle proprie pretese, ma anche secondo l’esigenza che tale soddisfazione si realizzi seguendo criteri di ottimizzazione dei risultati della liquidazione (4).
L’impegnativa decisione sull’impresa in crisi è favorita da una organizzazione procedurale della scelta ed è invece pregiudicata dall’iniziativa assunta dal singolo creditore e disarticolata da un più vasto e complesso disegno. Acquistano pertanto ragione le complesse procedure concorsuali, nelle quali tutte sono apprestati strumenti per la gestione dell’impresa in crisi, sempre al fine della migliore soddisfazione dei creditori (5).
Tradizionalmente, le procedure concorsuali si giustificano proprio alla luce dell’interesse comune dei creditori, di immediata percezione sotto la visuale economica, alla razionale gestione della crisi d’impresa (6).
(3) Xxxx stesso modo - e benché possa non essere lontano dal vero che «Il concordato preventivo getta una tavola di salvezza ai creditori, di raro immuni da responsabilità nella catastrofe del loro debitore» (BOLAFFIO, lc. cit.) - nessun vantaggio immeritevole di tutela potrebbe servire ad argomentare, all’opposto, l’interesse comune dei creditori al concordato.
(4) Nella dottrina classica, cfr. VIVANTE, op. cit., 327, che ricorda come già nel diritto statutario fosse viva l’esperienza
del concordato fallimentare perché «l’interesse sociale di troncare una liquidazione per lo più ruinosa e di rimettere in esercizio un’azienda forse capace di risorgere e di prosperare, vinceva le tendenze individuali a premere sul fallito».
(5) Per una articolata teorizzazione cfr. T.H. XXXXXXX, The logic and Limits of bankruptcy Law, Cambridge (Mass.),
1986; v. inoltre XXXXXXXXXXXX, Proprietà e controllo dell’impresa in crisi, in Riv. soc., 2004, I, 1056 ss.; X. XXXXX XX., Impresa in crisi, cit., 63 ss.; XXXXXXX, L’allocazione efficiente dell’impresa in crisi mediante la trasformazione dei creditori in soci, in Riv. soc., 2010, I, 57 ss.
(6) Cfr. tra gli altri, classicamente, X. XXXXXX, Xxxxxxx xxx Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxxxx, Xxxxxx, Xxxxxxx, 00000, 190; e il
lavoro tematico di XXXXXXXX, Die Interessengemeinschaft der Gläubiger eines insolventen Schuldners, Bern, 1989,
La prescrizione legale della procedura collettiva - la disciplina del concorso - assicura la parità di trattamento non solo in possibilità, e a condizione della attivazione tempestiva di tutti i creditori nelle esecuzioni individuali, ma anche in realtà; inoltre nel vietare iniziative esecutive individuali (cfr. artt. 51 e 168 l. fall.) e nel raccogliere i creditori in massa, mentre scongiura l’eventualità di iniziative individuali foriere di danni piuttosto che apportatrici di vantaggi (7), fonda per ciò stesso l’interesse comune di tutti i creditori concorsuali a partecipare all’unica procedura a disposizione per la soddisfazione dei loro diritti (8).
Giova riflettere che l’interesse dei creditori al governo della crisi ha natura strumentale rispetto all’interesse finale e individuale di ciascun creditore alla soddisfazione della pretesa vantata; mentre il primo interesse è comune a tutti i creditori, il secondo interesse è da ciascuno di essi affermato in conflitto con l’interesse di tutti gli altri creditori (9). Non per questo l’interesse finale è in contrasto con l’interesse individuale; lo sarebbe se non sussistessero le discipline del concorso che – in quanto fondate sul principio di par condicio creditorum- raccordano i due tipi di interesse.
passim; v. inoltre XXXXXXXXX, Theorie der schlichten Interessengemeinschaften, Stuttgard, 1934, 65 ss.; WÜST, Die Interessengemeinschaft – Ein Ordnungsprinzip des Privatrechts, Frankfurt a.M., Berlin, 1958, 45 ss. Nella recente dottrina italiana, cfr. TERRANOVA, Le procedure concorsuali. Problemi d’una riforma, Milano, 2004, 60 ss.; v. anche XXXXXXXX, Prospettive di riforma sulla crisi d’impresa, in Giur. comm., 2001, II, 334 s.
Per acquisizione risalente al diritto comune (e fondativa del pactum concordiae), l’insolvenza del debitore è costitutiva dell’interesse comune dei creditori alla decisione collettiva tra esecuzione forzata e accordo con il fallito (cfr. VOLANTE, Autonomia contrattuale e fallimento tra fondazioni medievali, diritto comune e codici, in AA.VV., Autonomia negoziale e crisi d’impresa, cit., 135 ss., che bene illustra come questo stato di interessi sia variamente ricostruito nelle epoche della storia: dalla visione medievale della universitas tra creditori alla visione secentesca della societas tra creditori). In termini attuali, i creditori concorsuali sono portatori dell’interesse comune a che il patrimonio incapiente non solo si conservi ma anche si ottimizzi nel suo valore, in modo da ridurre la differenza tra passivo e attivo. Cfr. X. XXXXX XX., Impresa in crisi e garanzia patrimoniale, in AA.VV., Diritto fallimentare. Manuale breve, cit., 36 s.; ID., Ristrutturazione dei debiti, cit., 755; ROVELLI, Un diritto per l’economia. Bilancio di una stagione di riforme. Una scelta di degiurisdizionalizzazione?, in AA.VV., La crisi d’impresa. Questioni controverse del nuovo diritto fallimentare, a cura di Xx Xxxxxx, Padova, 2010, 43.
(7) Su tale aspetto cfr. COFFEE, XXXXX, Bonholders Coercion:The Problem of constrained choice in Debt Tender Offers
and Recapitalizations, 58, U.Chi, L.Rev., 1214 &, n. 25 (1991) che ricostruiscono il problema della adesione dei creditori alla soluzione della crisi d’impresa loro prospettata secondo la logica del ‘dilemma del prigioniero’.
(8) Sulla concorsualità come mantenimento, nella fase esecutiva, delle reciproche posizioni dei creditori, cfr. RUBINO,
La responsabilità patrimoniale. Il pegno, in Tratt. dir. civ. diretto da X. Xxxxxxxx, Torino, 1949, 14; VIVANTE, op. cit., 323 s.; e le osservazioni di TERRANOVA, Le procedure concorsuali, cit., 54 s.
(9) Cfr. X. XXXXX JR., Impresa in crisi, cit., 37.
E infatti, la parità dei creditori null’altro è che il criterio distributivo delle risorse relativo alla responsabilità patrimoniale del debitore. Il significato ultimo della concorsualità quale carattere discriminante delle procedure dette, appunto, concorsuali, è risposto nel principio della parità di trattamento, ossia del soddisfacimento eguale e perciò proporzionale dei creditori che partecipano al concorso (10). Per quel principio, ogni creditore diviene interessato alla massimizzazione dei risultati della gestione della crisi d’impresa.
A tal riguardo, si è scritto di una «comunione forzosa» tra creditori, comunione imposta dalla legge concorsuale (11). E appare importante segnalare l’efficacia costitutiva della disposizione legale sul concorso dei creditori giacché proprio in ciò si radica la differenza tra contratti sulla crisi d’impresa e deliberazioni concordatarie. In queste ultime, al consenso contrattuale può avvicendarsi la deliberazione maggioritaria proprio perché la comunità di interessi in cui fattualmente stanno i creditori del comune debitore insolvente assume, con l’apertura della procedura concorsuale, un compiuto rilievo giuridico (12).
(10) Cfr. BONSIGNORI, Disposizioni generali, in Comm. Xxxxxxxx-Xxxxxx, Legge fallimentare, diretto da Xxxxxxx- Xxxxxxx-Xxxxxxx – art. 1-22, Bologna-Roma, 1974, 38, che discorre del «requisito della concorsualità o della egualitarietà»; v. anche X. XXXXXXXX, Contributo allo studio della par condicio creditorum, in Riv. dir. civ., 1984, I, 359 ss.; COLESANTI, Xxxx e realtà della «par condicio», in Fallimento, 1984, 46 ss.; P.G. XXXXXX, «Par condicio creditorum », in Giur. comm., 1984, I, 88 ss.; XXXXX, Le crisi d’impresa. Il fallimento, cit., 9.
(11) Così XXXXXXXX, Il “nuovo” concordato fallimentare, in Banca borsa, 2006, I, 539.
(12) Cfr., in tal senso l’avviso giurisprudenziale secondo cui, proprio per l’apertura della procedura concorsuale, i creditori del comune debitore insolvente entrano «in forza di legge» in quella comunità di perdita casualmente determinata dall’insolvenza del debitore in cui, per avviso di certa dottrina (v. HABSCHEID, op. cit., 253 ss.; 261 ss.), si troverebbero ad essere già per lo stato di insolvenza di quest’ultimo (BGHZ 116, 319, 323 ss.).
3 Accordi sulla crisi d’impresa (contratti)
Accordi sulla crisi d’impresa e concordati (preventivo e fallimentare) evidenziano una comune matrice, costituita dalla autonomia negoziale. Sono infatti prodotto di scelte di autonomia operate dai protagonisti della crisi d’impresa (debitore e creditori) nell’ambito delle relazioni di mercato. Se dunque i concordati possono associarsi al fallimento nel comprensivo insieme delle ‘procedure concorsuali’, più intensamente si accomunano agli accordi nel diverso insieme delle ‘soluzioni negoziali’.
La summa divisio tra ‘fallimento’ e ‘soluzioni negoziali’ definisce i perimetri esterni dell’area concettuale occupata da queste ultime e consente di interrogarsi sui rapporti in cui, in tale ambito, stanno le specificazioni date da ‘accordi’ e ‘concordati’. Se si prescinde dalla sovrastruttura procedimentale - che peraltro costituisce carattere essenziale dei concordati ma carattere meramente eventuale degli accordi (essendo rimessa alle parti la scelta se sottoporre a omologazione o meno l’accordo sulla crisi d’impresa) - e dunque se si concentra l’attenzione sugli elementi strutturali esenziali negli uni e negli altri, si scopre che mentre gli accordi sono spiegabili secondo il paradigma costituito dal ‘contratto’ (essendovi finanche un elevato grado di interscambiabilità tra i due termini)13, invece i concordati sono spiegabili secondo il diverso paradigma costituito dalla ‘deliberazione’ (risolvendosi in strutture processuali finalizzare alla elaborazione della decisione a maggioranza riservata ai creditori concorrenti).
Propria del ‘contratto’ è la forza conformatrice dei rapporti privati, inglobata in un atto che per tradizione vale come legge tra le parti (secondo la enfatica definizione dell’art. 1372 c.c.). Costitutivo del contratto è l’accordo (risolvendosi il primo, per l’art. 1321 c.c., in un accordo patrimoniale). L’accordo, quale espressione della libertà contrattuale manifestata attraverso il consenso sul regolamento pattizio, costituisce anche fonte di legittimazione della figura contrattuale: in tanto il contratto è riconosciuto e tutelato dal sistema giuridico in quanto esso è formato da un accordo; è dunque espressione di un convergente esercizio della libertà contrattuale. Lo spazio esplicativo di questa libertà è vastissimo, e delimitato soltanto dalla liceità e
13 Assunzione pacifica nella civilistica; cfr., per es., G.B. XXXXX, La nozione di contratto, in Trattato Xxxxxxxx-Xxxxxxxxx, I contratti in generale, Torino, 20082, I, 14, nota 56, che scrive: «sembra esservi perfetta coincidenza tra l'idea di contratto e quella di accordo». Per la dottrina classica x. XXXXXXX-XXXXXXXXXX, Dottrine generali del diritto civile, Xxxxxx, 00000, 214.
meritevolezza degli interessi perseguiti (cfr. art. 1322 c.c.). Funzione dell’accordo può essere anche di comporre la crisi d’impresa attraverso la rinegoziazione del debito. In questa funzione l’accordo è perseguito e concluso in figure variamente denominate, ma concernenti in ogni caso contratti sulla crisi d’impresa
4 Deliberazioni di concordato
Invece non realizzano contratti sulla crisi d’impresa i concordati; e ciò per la buona ragione di essere non accordi (o contratti che dir si voglia), ma appunto concordati: ossia procedure concorsuali. La tradizionale e perdurante concezione dei concordati come contratti tra debitore fallendo o fallito da un lato e massa dei suoi creditori dall’altro, raggiunta al prezzo della finzione data dalla costituzione della ‘massa dei creditori’ in soggetto giuridico, proprio perché infondata ha contribuito a occultare la natura riposta dei concordati: che si spiega ricorrendo non alla figura contrattuale ma alla figura della deliberazione. Mentre la prima esemplifica grossolanamente la forza vincolante del concordato invece la seconda, oltre che dare ragione di questo effetto finale, lo ricollega alla fonte costitutiva, data dalla approvazione della proposta concordataria da parte dei creditori. Tale approvazione si realizza nelle forme della deliberazione assunta a maggioranza14.
Così come capita per l’accordo, funzione della deliberazione a maggioranza è la composizione, preventiva o successiva al fallimento, della crisi d’impresa. Come il contratto, anche la deliberazione a maggioranza in materia patrimoniale trova la propria legittimazione e giustifica la tutela del sistema giuridico dall’essere espressione della autonomia negoziale. Diversamente dal contratto, tuttavia, questa legittimazione non si mostra piena e incondizionata, ma subordinata a precise regole contestuali, oltre che – si ritiene costantemente - al generalissimo principio della comunanza di interessi in cui versa un gruppo di soggetti: comunanza di interessi o costituita da tali soggetti per contratto (così nelle società, nelle associazioni e nei consorzi) oppure determinata da fatti esterni e indipendenti (come possono essere la crisi d’impresa, il fallimento del debitore e la proposta di un concordato)15.
14 Significativamente, XXXXXXX, La forza del numero e la legge della ragione, Bologna, 2007, 205 s., constatando la
«forte tendenza espansiva» del principio di maggioranza nel diritto privato contemporaneo cita a dimostrazione proprio la novellazione della legge fallimentare, e la riforma subita dalle procedure concordatarie.
15 Nel diritto concorsuale tradizionale, la deliberazione non ha goduto di particolare attenzione scientifica; il che può comprendersi considerando la portata effettiva della approvazione a maggioranza nei concordati, preventivo ma anche fallimentare: essa era assai modesta, essendo rimesso al tribunale di valutare autonomamente la corrispondenza del concordato all’interesse dei creditori, tramite un giudizio assolutamente libero dalla intervenuta approvazione (anche all’unanimità) della proposta. Con la riforma, la deliberazione dei creditori assume una importanza pregnante, inversamente proporzionale ai (ridotti) poteri di controllo del tribunale (cfr. oltre). Questa modifica di sistema pone la deliberazione al centro della ricostruzione dogmatica dei concordati.
Benché accomunati nella matrice costitutiva rinvenibile nei principi e nelle regole della autonomia negoziale, ‘contratto’ e ‘deliberazione’ si differenziano tra l’altro per un elemento, estrinseco al ‘contratto’ ma pur implicato nella struttura della ‘deliberazione’: l’ambito giuridicamente rilevante in cui quest’ultima attività si svolge (e dal quale è anche desumibile la richiesta comunanza di interessi). Nella materia in esame, tale ambito è costituito da regole configurative di natura procedurale, che descrivono le fattispecie di ‘concordato’ (16).
16 Sotto tale aspetto, l’utilizzo del paradigma deliberativo è fruttuoso a cogliere sistematicamente gli aspetti procedimentali dei concordati, comunque conformati dalla struttura deliberativa della approvazione della proposta. In termini generali, cfr. la ricostruzione teorica di X. XXXXX-XXXXX, La conformità delle deliberazioni assembleari alla legge e all’atto costitutivo, rist., Milano, 1993.
5 Deliberazione concordataria come decisione collettiva sull’impresa in crisi
Nel concordato si mostra chiaramente il senso delle procedure concorsuali quali strutture per la decisione organizzata sulla crisi d’impresa. La consapevolezza non ancora sufficientemente matura di questa funzione induce la critica ricorrente alla struttura stessa del concordato, quale procedura deliberativa e non consensuale. Poiché nel concordato si compone il debito, ci si attenderebbe che la procedura vincolasse soltanto i creditori consenzienti e non anche i creditori dissidenti. Perché attraverso il concordato possa raggiungersi la decisione organizzata sulla crisi d’impresa, è tuttavia stabilita la regola maggioritaria. Pur nella intuitiva pratica necessarietà, la decisione per deliberazione maggioritaria e non per consenso suscita dubbi e perplessità in chi vi scorge, addirittura, un fenomeno espropriativo del diritto di credito (17).
La visione alternativa, emancipatasi dal condizionamento del rapporto obbligatorio e aperta a riflettere sull’impresa, ritiene invece la regola maggioritaria ampiamente giustificata proprio in forza dell’organizzazione della decisione collettiva sull’impresa. La decisione di finanziare un’impresa implica soggezione alla legge commerciale come regola sul funzionamento dell’impresa: e così pure al diritto della crisi, comprensivo delle procedure di concordato in cui la soluzione alla crisi è deliberata a maggioranza (18).
Pure importante è che mentre nel fallimento l’esecuzione coinvolge l’intero patrimonio del debitore sottraendolo alla sua destinazione produttiva per riservarlo alla garanzia dei creditori, invece l’alternativa concordataria può conservare quel patrimonio alla originaria destinazione d’impresa: e
(17) Cfr., dopo XXXXXX, Xxxxx xx xxxxxxx xxxxxxxxxxx, XX, Xxxxxx, 00000, 33 ss., XXXXXXXXXX, Espropriazione del creditore, in Studi di diritto processuale, IV, Padova, 1939, 233 ss.; DE MARTINI, op. cit., 223 nota 274; da ultimo, XXXXXXXX XXXXXXXX, Concordato preventivo, in Enc. dir., Xxxxxx, Milano, 2008, 253.
Lo sviluppo delle teoriche è criticamente riferito nel saggio di XXXXXX, Il principîo di maggioranza nel concordato e nell’amministrazione controllata, Milano, 1984. Di recente, cfr. più in generale l’approfondito lavoro di XXXXXX, XXXX, Recalibrating Consent in Bankruptcy, in 83 Am. Bankr. L. J., 663 (2009) dove, rileggendo le discipline legali e commentando importanti casi concreti alla luce della categoria del ‘consent’, si discorre di «manufacturing consent» per affermare l’esistenza di una manipolazione e di una alterazione del consenso sia nelle previsioni di legge che nella soluzione dei casi concreti.
(18) Cfr., limpidamente, VIVANTE, op. cit., 341.
perciò realizza più intensamente la disciplina dell’attività commerciale permettendo anche l’apprensione di tale dinamismo sotto la prospettiva, tradizionalmente statica, della responsabilità patrimoniale. Se, in altri termini, i cardini del sistema della responsabilità patrimoniale presentano il patrimonio in funzione di ‘garanzia’ dell’obbligazione (ed è questa la prospettiva della liquidazione patrimoniale nell’interesse dei creditori, e dunque, selettivamente, del fallimento), invece il collegamento con l’attività d’impresa (consentito dalla soluzione concordataria, preventiva ma anche successiva) emancipa il patrimonio dalla tradizionale funzione e ne consente la finalizzazione produttiva (19).
Il concordato preventivo, esperibile anche dall’imprenditore non ancora definitivamente insolvente (cfr. art. 160, commi 1 e 3, l. fall.), per la tempestività dell’intervento favorisce quella proficua ristrutturazione dell’attività sotto il profilo della continuità aziendale (going concern) o quantomeno della organizzazione d’impresa (20), in accoglimento di una prospettiva che fu alquanto estranea al diritto concorsuale tradizionale e che si rimproverò mancare anche nella prima legge dedicata alla amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi (21).
La salvaguardia del patrimonio nella destinazione d’impresa è resa possibile dalla decisione strategica sulla gestione della crisi. Il procedimento di concordato è l’ambito in cui le parti si incontrano e i creditori deliberano: assumono cioè una decisione collettiva secondo regole essenziali che pure determinano altri insiemi di soggetti, come i soci nelle società commerciali. Esemplificando drasticamente potrebbe affermarsi che mentre nella società solvente l’azione è
(19) La destinazione all’attività costituisce peraltro un criterio imprescindibile per la ricostruzione della responsabilità patrimoniale dell’imprenditore (criterio comunque diverso da quello più tradizionale dato dalla personificazione delle collettività organizzate), che trova puntuale riscontro nella legislazione commerciale recente, come pure dimostra l’istituto del parimonio destinato (o dedicato) a uno specifico affare: cfr., esaustivamente, SPADA, Persona giuridica e articolazione del patrimonio: spunti legislativi recenti per un antico dibattito, in Riv. dir. civ., 2002, I, 837 ss.; X. XXXXX-XXXXX, La disciplina dei patrimoni separati, in Riv. soc., 2002, I, 126 ss.; AD. DI MAJO, Responsabilità e patrimonio, Torino, 2005, 67 ss. e il lavoro di XXXXXXX, Patrimoni destinati e tutela dei creditori nella società per azioni, Milano, 2008, 43 ss.
(20) Sulla quale cfr. lo studio di ANT. XXXXX, Il valore dell’organizzazione dell’impresa, in Riv. dir. comm., 2009, I, 612
ss.
(21) Cfr. XXXXXXXX, Il gruppo insolvente, Xxxxxxx, 00000, 217.
proceduralmente decisa dal capitale di rischio, invece nella società insolvente l’azione può essere proceduralmente decisa dal capitale di debito: come accade nei concordati (22).
Questo modo di vedere si inserisce in un più vasto argomentare, organizzato intorno all’idea basilare che, in caso di insolvenza dell’imprenditore, la piena tutela del credito possa realizzarsi soltanto attraverso il riconoscimento in capo ai creditori di poteri dispositivi non, semplicemente, del patrimonio dell’impresa ma dell’impresa stessa considerata come attività (23).
(22) Nel dibattito che ha preceduto la riforma, cadendo in discussione la spettanza del controllo dell’impresa (se all’imprenditore o, come sembrava corretto, ai creditori: cfr. X. XXXXXXXXX, Le convenzioni bancarie di salvataggio, cit.,
223) è stata avanzata l’osservazione, e l’esigenza, che «quando i risultati negativi abbiano bruciato l’investimento di rischio […] e il capitale di rischio risulti azzerato e non rinnovato, la legittimazione alla gestione dell’impresa […] scende di uno scalino: passa cioè dall’investimento di rischio, che non c’è più, al capitale di credito» (XXXXXXXX, Prospettive di riforma sulla crisi d’impresa, cit., 332). Come è stato rilevato, i progetti che hanno preparato la recente riforma si sono effettivamente basati sull’assunto «di una sorta di mutazione genetica dell’impresa insolvente: non più un’entità economica di proprietà dell’imprenditore bensì un patrimonio appartenente ormai ai creditori, divenuti arbitri del suo destino» (XXXXX, Fallimento (dir. priv. e proc.), in Enc. dir., Xxxxxx XX, Milano, 2010, 331). Cfr. anche le interessanti osservazioni di XXXXXXXXXXXX, La crisi d’impresa fra diritto ed economia, cit., 23 ss., che non esita ad assimilare soci e creditori nella fattispecie dell’impresa in crisi, scrivendo dei creditori come di «soci senza diritti»: soci, perché, perduto il capitale di rischio, ne divengono in certo senso fornitori proprio i creditori; senza i diritti dei soci perché non formalmente tali ma soltanto creditori. Dal che la visione delle procedure di insolvenza come «strumenti per il trasferimento del controllo [dell’impresa] ai creditori» (49 ss.).
(23) Cfr. XXXXXXX, Gesellschafter und Insolvenzplan. Eine Unterssuchung ihrer Stellung in der Reorganisation
insolventer Gesellschaften im Insolvenzplanverfahren (§§ 217 ff. InsO), Hamburg, 2006, 211 ss.; BITTER, Sanierung in der Insolvenz- Der Beitrag von Treue – und Aufopferungsplifchten zum Sanierungserfolg, in ZGR, 2010, 193 ss.
6 Comportamenti opportunistici dei creditori e difficoltà dei contratti sulla crisi d’impresa
Il nesso profondo che può intravedersi tra le diverse strutture della decisione sull’impresa - dei soci per l’impresa in bonis, dei creditori per l’impresa in crisi - ha indotto nella dottrina tedesca la proposta teorica sulla sussistenza di Kooperationspflichten tra i creditori dell’impresa in crisi e i soci nella stessa, se organizzata in forma collettiva. In quel clima culturale è stata anche fortemente ridimensionata l’esigenza dell’apertura di una procedura concorsuale e della nomina di un curatore, argomentandone la superfluità per l’ipotesi di società di capitali quando, sopravvenuta l’insolvenza, gli amministratori possano dirsi tenuti a una gestione non più nell’interesse dei soci ma nell’interesse dei creditori: secondo un’idea rivenibile anche nel diritto settoriale, e posta alla base della disciplina dell’amministrazione del debitore (Eigenverwaltung: cfr. §§ 270 ss. InsO) (24).
In una prima versione, i supposti obblighi di cooperazione sono modellati dietro la suggestione del regime disciplinare del vincolo associativo. Su queste premesse si è cercato di ricostruire un vero e proprio Kooperationsvertrag. Il contratto cooperativo sarebbe suscitato dallo stato oggettivo di cose (crisi dell’impresa e insolvenza dell’imprenditore), in forza del quale i partecipanti all’operazione di Sanierung, in quanto coinvolti nel comune destino determinato dalla crisi dell’impresa, e perciò chiusi in una comunità di perdita, sarebbero altresì tenuti a prestare il consenso a quelle soluzioni che si mostrassero più favorevoli della mera liquidazione patrimoniale, giudizialmente organizzata; invece comportamenti ostruzionistici e forieri di risultati subottimali esporrebbero i responsabili alla sanzione contrattuale (25).
(24) Cfr. XXXXX, Restruktierung nach der InsO: Gesetzesplan, Fehlstellen und Reformansätze innerhalb einer umfassenden InsO-Novellierung, in ZGR, 2010, 228 ss. che difende in tal modo una soluzione privatistica della crisi d’impresa che possa conquistarsi attraverso i modelli operativi non della procedura di insolvenza ma di un moderno ed efficiente diritto societario.
(25) Cfr. i lavori di EIDENMÜLLER, Unternehmenssanierung zwischen Markt und Gesetz. Mechanismen der
Unternehmensreorganisation und Kooperationspflichten im Reorganisationsrecht, Xxxx, 0000; ID., Finanzkrise, Wirtschaftskrise und das deutsche Insolvenzrecht, Berlin, 2009, 14 ss.; XXXXXX, Treuepflichten unter Insolvenzgläubigern, Xxxx, 0000, 93 ss.; XXXXXXXXX in XXXXX, XXXXXXXXX, XXXXX-XXXXXX (Hrsg.), Recht der Sanierungsfinanzierung, Berlin, Heidelberg, 2005, 33 s.
È stato criticamente evidenziato che una simile tesi confligga con diffuse e consolidate idee sulla libertà contrattuale: non potendosi negare che quel valore è messo a repentaglio da operazioni dogmatiche tese a ricostruire obblighi contrattuali tra soggetti estranei, che si incontrano solo sul terreno costituto dall’insolvenza del comune debitore (26).
Per una diversa versione la cooperazione tra creditori troverebbe riconoscimento giuridico non in un legame di natura contrattuale assimilabile al vincolo societario, ma sulla constatazione di un reciproco potere di influenza fattualmente sussistente tra i creditori del medesimo debitore in crisi. Quel potere reciproco di influenza unirebbe i creditori del comune debitore in una Schicksalsgemeinschaft; per tale vincolo di destino essi sarebbero tenuti al rispetto di obblighi di sacrificio (Aufopferungspflichten): affinché il sacrificio a cui tutti collaborativamente si assoggettano possa favorire il superamento della crisi d’impresa. La violazione degli obblighi di partecipazione costruttiva alla comunità di perdita (o, ancora meglio, di pericolo) potrebbe a tal punto legittimare pretese risarcitorie degli altri appartenenti alla comunità per il subìto fatto illecito, le quali pretese sarebbero fondate sul disposto del § 826 BGB (27).
Un pregio di queste controverse mosse teoriche è di aver sottolineato, sotto diversi profili, la sussistenza di uno speciale legame tra i protagonisti della crisi d’impresa forgiato dal fatto stesso della crisi; legame magari sfuggente a una soddisfacente apprensione sotto la logica giuridica ma – in quanto determinato dall’appartenenza a una comunità di pericolo - in qualche misura paragonabile (ancorché non assimilabile) al vincolo sociale.
Questo nesso fattuale è indubitabile. E tuttavia, con ogni probabilità non potrebbe giustificare da solo la costruzione dogmatica di un implicito contratto tra creditori (e tra creditori e soci), lasciando pertanto irrisolte le perplessità sulla configurabilità di Kooperationspflichten; né appare molto più solida la prospettabilità di Aufopferungspflichten tra i creditori del comune debitore, la disattenzione
(26) Cfr., in tal senso, H.-X. XXXXXX, op. cit., 273 ss.; 276.
(27) Cfr. XXXXXX, op. cit., 169 ss.; 182 s.; 186 ss. La teorizzazione prende sul serio le critiche alla ricostruzione di obblighi di natura contrattuale e cerca di argomentare diversamente la susisitenza di obblighi di cooperazione. Preferisce pertanto ricostruire obblighi di sacrificio, imposti sempre dalla condizione oggettiva in cui si trovano i creditori del debitore insolvente, il cui mancato rispetto può trovare sanzione di natura extracontrattuale. Dato il principio della tipicità dell’illecito civile vigente nel diritto germanico (cfr. §§ 823 ss. BGB) ritiene di fondare la responsabilità sulla xxxxxx xx § 000 (xxx stabilisce il risarcimento del danno a carico di chi cagiona dolosamente ad altri un danno contrario al buon costume).
dei quali potrebbe esporre l’autore a responsabilità extracontrattuale per esercizio abusivo e dannoso (emulativo) della libertà contrattuale.
Occorre evidenziare come in entrambe le versioni – ancorché ciò emerga più schiettamente nella costruzione contrattualistica – si configuri la possibilità della decisione deliberativa e maggioritaria sulla crisi d’impresa al di fuori e a prescindere da una procedura concorsuale. Lo scetticimo verso le teoriche in esame trova ragione specie in ordinamenti quali il nostro, dove accanto alle soluzioni contrattuali liberamente conseguibili sul mercato (c.d. piani attestati di risanamento) stanno soluzioni contrattuali in cui si promuove l’accordo con una parte soltanto del ceto creditorio (accordi di ristrutturazione dei debiti) e poi soluzioni procedurali deliberative. Proprio il complesso apparato disciplinare dimostra evidentemente che la libertà negoziale del creditore può essere accuratamente protetta senza inficiare la possibilità della soluzione negoziale (e specificamente contrattuale) della crisi d’impresa. Qualora infatti non si riuscisse ad organizzare un consenso sufficiente alla soluzione contrattuale sul mercato, sarebbe sempre possibile tentare un accordo di ristrutturazione dei debiti; in ogni caso sarebbe sempre disponibile la soluzione concordataria, fondata non sul paradigma consensuale ma sul diverso paradigma deliberativo.
E tuttavia l’elaborazione dogmatica sugli obblighi di cooperazione di coloro che sono partecipi alla comunità di perdita aiuta a collocare nella luce appropriata l’importante novità delle discipline sui contratti per il superamento della crisi d’impresa, caratteristica della recente riforma italiana.
Bibliografia
Si rinvia alla bibliografia generale e alle note.