Contract
IL COLLEGIO DI MILANO
composto dai signori:
- Prof. Avv. Xxxxxxx Xxxxxxx Presidente (Estensore)
- Prof.ssa Xxxxxxxxx Xxxxx Xxxxxxxxx Xxxxxxxxx Membro designato dalla Banca d'Italia
- Prof. Avv. Xxxxxxxx Xxxxxx Xxxxxxxx Guastalla Membro designato dalla Banca d'Italia
- Xxxx. Xxxxx Xxxxxxx Membro designato dal Conciliatore Bancario Finanziario
- Prof. Avv. Xxxxxxx Xxxxx Membro designato da Confindustria, di concerto con Confcommercio,
Confagricoltura, Confartigianato
nella seduta del 26 giugno 2012, dopo aver esaminato:
• il ricorso e la documentazione allegata;
• le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione;
• la relazione istruttoria della Segreteria Tecnica.
FATTO
La rappresentate legale della società ricorrente, in data 7/11/2011, avanzava formale reclamo all’intermediario resistente, facendo presente che:
- in pari data aveva appreso presso uno degli sportelli bancari che, il 4/11/2011, l’intermediario “aveva provveduto alla chiusura del conto corrente della società”;
- censurava tale condotta e lo diffidava a “riattivare il conto corrente bancario e a rimettere sullo stesso conto la somma corrispondente al saldo del conto corrente del 3/11/2011”.
Il reclamo restava privo di risposta.
La ricorrente inoltrava un altro reclamo, in data 11/11/2011, rilevando che:
- il direttore della filiale ove aveva acceso il conto corrente, le aveva riferito che “in quanto “mero esecutore” aveva provveduto ad effettuare in data 04/11/2011 le operazioni di chiusura del c/c 35xxxx/x7 della scrivente società a seguito delle istruzioni impartite via e-mail dal Dott. M. C. e che nulla sapeva rispondere al perché di quanto accaduto”;
- con successiva telefonata aveva interpellato il Dott. M. C., il quale così affermava: “Sig.ra il contratto di conto corrente è stipulato tra due parti, una delle due ha deciso di recedere, punto e basta, ho visto che ha provveduto ad informare Banca d’Italia, si tuteli pure!”.
L’ufficio Reclami dell’intermediario riscontrava il suddetto reclamo, in data 15/11/2011, comunicando alla ricorrente che la sua posizione era seguita dall’Ufficio Sofferenze e Ufficio Gestione Incagli, invitandola a contattare tali funzioni per ogni eventuale chiarimento.
Con ricorso del 1/2/2012, la ricorrente, formula la seguente domanda:
1. “si richiede che codesto Arbitro Bancario e Finanziario accerti tutte le violazioni e le responsabilità in carico a Banca … (denominazione banca convenuta) e determini il risarcimento dei danni nella misura che verrà ritenuta equa e giusta, considerato il gravissimo comportamento, l'esiguo [rectius, lesivo] ed omissivo, dell'istituto bancario in questione, e dei danni procurati e procurandi in forza di quanto esposto, di quanto già portato a conoscenza di Banca d’Italia”.
A sostegno delle sue domande richiama i fatti esposti in premessa e precisa:
- la società “non aveva pendenze e conto in rosso o quant'altro nei confronti [della banca convenuta] relativamente al c/c n. 35xxxxx/x7”, tuttavia, l’intermediario resistente senza alcuna preventiva segnalazione e senza alcuna motivazione, in data 04/11/2011, scioglieva e risolveva unilateralmente il contratto di conto corrente de quo;
- la ricorrente è l'utilizzatore di un bene immobile concesso in locazione finanziaria da un terzo intermediario, in forza di un contratto stipulato l’1/1/2007, dell'importo residuo di € 429.000,00 + IVA, composto da due unità immobiliari, il cui valore di mercato corrisponde ad € 1.480.000,00 + IVA, per il quale la società corrisponde mensilmente i canoni di locazione. Tale patrimonio immobiliare è l’unica fonte di reddito della società ricorrente ed il mantenimento dello stesso “è garantito dal valore di mercato del bene concesso in locazione finanziaria, e dall’obbligazione in solido del socio accomandatario”;
- la ricorrente era titolare del c/c bancario n. 35xxxx/x7 acceso presso l’intermediario convenuto, sul quale confluivano le RID per il pagamento dei canoni dell’immobile in leasing, nonché venivano compiute tutte le operazioni da parte del legale rappresentante per far fronte al pagamento dei canoni stessi;
- il legale rappresentate della società aveva provveduto a finanziare la società con versamenti pari ad € 51.458,34 sul suindicato c/c bancario. Ciò nonostante, in data 04/11/2011, l'istituto bancario provvedeva immotivatamente e senza alcun preavviso alla chiusura del c/c, impedendo alla ricorrente di far fronte regolarmente all’organizzazione degli impegni economici a cui è tenuta ad adempiere al fine di salvaguardare il suo patrimonio immobiliare, e nello stesso tempo provvedeva a stornare a proprio favore l'importo di € 103,30. Di tali circostanze la rappresentante legale della società ne veniva a conoscenza, solamente in data 7/11/2011, quando recatasi in filiale per compiere alcune operazioni gli veniva comunicata l’impossibilità di evadere le sue richieste;
- sullo stesso c/c erano stati conferiti n. 7 effetti cambializzati a favore dell’intermediario concedente il leasing per importo pari ad € 25.513,90, per i quali lo stesso istituto resistente aveva inoltrato avviso di scadenza. Non essendo stato possibile provvedere al versamento della provvista necessaria per il pagamento dei suindicati titoli, con scadenze mensili da settembre 2011 a marzo 2012, furono inoltrati al notaio per il protesto “con l'ulteriore aggravio di spese per la procedura burocratica notarile e dei costi aggiuntivi, dell'obbligo da parte della sottoscritta legale rappresentante a doversi recare inderogabilmente a scadenza fissa presso codesto studio, con la possibilità di
incorrere nel rischio del protesto con l'evidente rischio di perdita della proprietà immobiliare, oltre che ai futuri ed eventuali accertamenti da parte degli organi di controllo competenti a fronte dei pagamenti delle somme che sono stati e saranno eseguiti al di sopra dell'importo di € 1000,00, che come dettato dalla normativa possono solamente avvenire tramite l'avvallimento di intermediari finanziari abilitati”;
- l’intermediario a seguito della sue rimostranze “non si è curato minimamente delle gravi conseguenze che sono insorte e possono ancora insorgere a discapito della scrivente società (…) con il rischio di perdita del patrimonio immobiliare”. Inoltre, nonostante i ripetuti solleciti posti presso gli sportelli della filiale di appartenenza del c/c bancario, non è mai pervenuta alcuna comunicazione ed alcun estratto conto, per i quali la banca convenuta senza alcuna giustificazione, ha addebitato sullo stesso conto corrente gli importi a voce di spesa, emissione estratti conto, bolli e successive;
- In conseguenza delle suesposte condotte, la ricorrente ha subito i seguenti danni:
i. la società e la sua rappresentante legale (nonché, unica socia accomandataria) hanno omesso ad oggi la redazione delle dichiarazioni dei redditi perché non sono pervenuti da parte dell'intermediario finanziario le comunicazioni e gli estratti conto bancari. In data 16/1/2012, la rappresentate legale ha potuto avere copia di tali estratti solo a fronte del pagamento di ulteriori € 10,00;
ii. solamente in quel momento veniva a conoscenza che l'istituto non aveva provveduto ad effettuare la variazione dell'indirizzo della sede legale della società poiché sugli estratti compariva l'indirizzo del vecchio intestatario della società e che l'unica variazione che era stata eseguita era solamente sulla ragione sociale, nonostante la rappresentante legale, nonché nuovo socio accomandatario, avesse presentato presso la stessa filiale il certificato di rogito di acquisto della partecipazione;
iii. in assenza delle dichiarazioni dei redditi anno d'imposta 2010 e dell’anno d'imposta 2011, non è stato possibile intraprendere alcun tipo di ristrutturazione del patrimonio della società, in quanto ciò era ostativo a presentare la richiesta per aderire alla moratoria inerente al contratto di locazione finanziaria dell'immobile in leasing i cui termini di sospensione delle rate erano previsti secondo l'accordo comune prorogato fino all'anno 2011, pari a 12 mensilità di sospensione;
iv. non ha potuto presentare richiesta per rimodulare le rate del piano finanziario dello stesso contratto di leasing, consentendo una riduzione del canone di locazione finanziaria e di conseguenza la riduzione dell'esposizione economica del suo legale rappresentante;
v. non ha potuto richiedere all'erario lo svincolo del credito d'imposta iva, che al modello iva 2009 era pari a € 24.503,00 e che ad oggi supera l'importo poiché la società riceve solamente le fatture passive dei canoni di locazione e delle spese vive, né tanto meno richiederne l'anticipo per concessione del credito ad istituto terzo nonostante la esigibilità e certezza dello stesso;
vi. non ha potuto presentare richiesta di concessione di mutuo ipotecario sul bene immobile oggetto di leasing con l'estinzione dello stesso, sebbene il valore di mercato dell’immobile superi di ben tre volte il debito residuo del leasing, il cui bene immobile in forza del suo valore è in grado di garantire l'operazione finanziaria che avrebbe consentito di ricapitalizzare la società stessa ed intraprendere nuove operazioni previste dall'oggetto sociale e restituire le somme erogate dallo stesso socio accomandatario a fronte di restituzione finanziamento socio;
vii. la legale rappresentante, dal 01/06/2010 ad oggi, ha dovuto tutelare la propria società o meglio l'immobile in locazione finanziaria con le sole proprie risorse economiche per i motivi suesposti, confluendo nella stessa tutta la liquidità di cui disponeva non consentendo più di poter adempiere al pagamento delle rate del
mutuo ipotecario contratto con altra banca, il 13/12/2007, per l’acquisto di un immobile sito in via G. C. C.. Quest’ultimo istituto di credito a fronte del mancato pagamento delle rate da oltre 12 mesi ha segnalato a sofferenza la posizione per l'intero ammontare del debito residuo di mutuo pari ad € 176.154,23 al 01/12/2011 il cui piano di ammortamento era stipulato fino all'anno 2028;
viii. Per non incorrere al rischio dell'asta giudiziaria da parte del terzo intermediario, la rappresentante legale sta cercando di provvedere privatamente alla vendita dell'immobile personale in una situazione di mercato corrente il cui potere d'acquisto è molto scarso e, addirittura, il valore di mercato dell'immobile è al di sotto del residuo debito d'ipoteca.
La resistente ha fatto pervenire le proprie controdeduzioni in data 27/3/2012, anziché entro il 23/3/2012.
L’intermediario ripercorre i fatti già esposti in narrativa e precisa le seguenti circostanze:
1. la rappresentante legale della società ricorrente, nonché socio accomandatario della stessa, è amministratore unico di altre due società, C.D. Srl e Qu. Srl, operanti nel settore della ristorazione;
2. nel marzo 2011, la resistente ha classificato i rapporti delle predette società ad incaglio, unitamente a quello personale della rappresentante legale, titolare della quasi totalità delle quote rappresentanti il capitale sociale delle stesse, nonché garante delle relative posizioni. La regolarità delle citate posizioni avrebbe dovuto essere ripristinata grazie alla vendita di un immobile che, tuttavia, che non è stata mai perfezionata;
3. tutta l'operatività, appoggiata sulla banca, era limitata a versamenti finalizzati al pagamento di effetti cambiari rilasciati a fornitori;
4. nell'ottobre 2011 la rappresentante legale era stata interpellata al fine di sondare la disponibilità a rimodulare gli impegni, assunti a fronte delle garanzie a suo tempo rilasciate. Quest’ultima, assistita dal proprio legale, ha fatto richiesta di un mutuo di € 1.400.000,00, proponendo a garanzia un immobile, detenuto in forza di contratto di locazione finanziaria dalla società ricorrente. Tale importo sarebbe stato utilizzato in parte per il riscatto del predetto immobile, in parte per il pagamento di debiti di fornitura scaduti, nonché in parte per la sistemazione a stralcio della posizione fideiussoria della stessa e per l'ultimazione di alcune iniziative commerciali già intraprese;
5. l'accordo a stralcio comportava, comunque, importanti rinunce per l’intermediario resistente ed il mantenimento di linee di credito a medio-lungo termine con insoluti. La richiesta è stata quindi ufficialmente respinta e, successivamente, nel mese di novembre 2011 i crediti nei confronti della posizione personale della rappresentante legale, nonché delle società da essa amministrate sono stati dichiarati a sofferenza;
6. si è provveduto, inoltre, a recedere formalmente dal contratto di conto corrente riguardante la società ricorrente, poiché il rapporto, peraltro non affidato, presentava un andamento irregolare con continui sconfinamenti;
7. infine, si precisa che la ricorrente, prima del 22 dicembre 2011, non aveva mai comunicato alla filiale di relazione alcuna variazione dell'indirizzo.
Tutto ciò premesso, chiede “a codesto Spettabile Collegio di voler respingere il ricorso”.
La segreteria tecnica, in data 17/4/2012, ha inviato copia delle controdeduzioni al ricorrente.
DIRITTO
Nel proprio ricorso la ricorrente lamenta in sostanza il brutale recesso della banca dal contratto di conto corrente ed elencando in forma un poco disordinata le conseguenze
pregiudizievoli di tale sorprendente interruzione del rapporto, chiede il risarcimento dei danni derivati dall’inadempimento.
Al riguardo il Collegio osserva come non sia disputabile che l’esercizio del diritto di recesso non sia sindacabile in sede giurisdizionale ove non possono apprezzarsi le scelte imprenditoriali delle parti, tra le quali la libertà di decidere in merito alla convenienza del mantenimento dei rapporti negoziali in essere che costituisce corollario del principio della autonomia contrattuale. Tuttavia, la ricorrente non ha chiesto il ripristino del rapporto di conto corrente, ma ha considerato che le modalità con cui è stato esercitato il recesso integrano una violazione dei doveri di correttezza e buona fede che sono intrinseci ai rapporti contrattuali, ed ha chiesto il risarcimento del danno derivante dall’inadempimento di tali doveri. E’ noto infatti che il principio di buona fede obbliga ciascuna parte a comportarsi in modo tale da non pregiudicare ed anzi da salvaguardare il ragionevole interesse dell'altra, quando ciò non comporti a suo carico alcun apprezzabile ed ingiusto sacrificio. L’attenzione pertanto deve portarsi non sul recesso in sé, ma sulle modalità con cui è stato attuato, al fine di verificare se la condotta della banca sia stata conforme a quanto imposto dai canoni di correttezza e buona fede.
In effetti emerge dagli atti del procedimento che il recesso dell’intermediario è stato esercitato con lettera raccomandata R.R. datata 4 novembre 2011 e che tale recesso ha avuto effetto dalla stessa data. Ciò implica che la cliente è stata avvertita della chiusura del conto corrente in data successiva a quella in cui tale effetto si è verificato essendo ovvio che il momento della recezione è successivo a quello della spedizione, ammesso che la spedizione sia avvenuta nella stessa data segnata nella missiva. Ora, anche a prescindere dai termini contrattuali o legali di preavviso, non sembra ragionevole avvertire un cliente che dal giorno prima, o da un paio di giorni prima, esso non può più operare sul conto corrente bancario in essere e che non è più autorizzato ad emettere assegni.
L’irragionevolezza della condotta precede ed assorbe la violazione dei doveri di correttezza e buona fede che nel caso sono stati violati in modo piuttosto evidente.
Ad aggravare la propria posizione l’intermediario convenuto ha giustificato la propria condotta menzionando l’esistenza di attriti ed anche potenziali contenziosi con soggetti diversi dalla società ricorrente ma ad essa correlati. Il che fa sorgere il sospetto che il recesso e le sue modalità abbiano avuto finalità ritorsive e ciò imporrebbe il tema dell’abuso di diritto anche sotto il profilo della presenza di un animus nocendi.
In ogni caso, pur tralasciando ogni tematica inquietante, il Collegio deve constatare come l’inadempimento contrattuale indubbiamente sussiste.
Passando al profilo risarcitorio si deve osservare come la ricorrente abbia elencato e documentato una vasta serie di rapporti economici in corso in un qualche modo strumentalmente collegati al conto corrente, ma non ha proposto quantificazioni del danno subito. A rigore si deve osservare che il nesso causale tra la brutale chiusura del conto e le perdite economiche conseguenti risulta più affidato a presunzioni che a prove e che le conseguenze negative di natura fiscale non paiono direttamente connesse con gli eventi su cui è controversia. Si deve però considerare che il ricorrente è un operatore economico e che il contro corrente bancario è necessariamente strumentale alla corretta esecuzione di una pluralità di rapporti, sicché la improvvisa chiusura del conto e della relativa convenzione di assegno è atta a provocare effetti di disorganizzazione del tessuto dei rapporti in cui si estrinseca una attività imprenditoriale. Tale disorganizzazione della intelaiatura che sorregge l’attività di una impresa integra un tipo di danno che non può essere provato nel suo preciso ammontare e che perciò autorizza una liquidazione dello stesso in via equitativa.
In tale prospettiva tenuto conto della specifica situazione di fatto che si è venuta a creare, il Collegio ritiene di quantificare in € 10.000,00 il risarcimento dovuto alla ricorrente.
PQM
Il Collegio accoglie il ricorso e dispone che l’intermediario corrisponda alla ricorrente la somma di Euro 10.000,00 equitativamente determinata.
Il Collegio dispone inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di € 200,00, quale contributo alle spese della procedura, e al ricorrente la somma di € 20,00, quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1