SOMMARIO
SOMMARIO
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NEWSLETTER FINCO N. 11 -2013
1. APPALTI: PRONTA L’ANAGRAFE DELLE OPERE INCOMPIUTE.
2. APPALTI: AVCP, BANDO TIPO E CONTRATTO DA IN- DICARE
3. APPALTI: CONTINUANO GLI INCONTRI SUL PARERE DEL CONSIGLIO DI STATO
4. PREMI INAIL: FRONTE (SINDACALE) COMUNE CON- TRO L’ABBATTIMENTO DEL
PREMIO
5. RIFORMA DEL CODICE DELLA STRADA INIZIA ALLA CAMERA DEI DEPUTATI L’ITER DI DELEGA AL GOVER-
NO
6. PAGAMENTI DEI DEBITI DELLA P.A.: AGGIORNAMEN- TO
7. ECOBONUS: DEMOLIZIONE E RICOSTRUZIONE CON SA- GOMA DIVERSA
8. PATENTE A PUNTI NELL’EDILIZIA
9. ENERGIA. NO AGLI ONERI DI RETE E DI SISTEMA, SI AD UN LIBERO MERCATO
APPALTI: PRONTA L’ANAGRAFE DELLE OPERE INCOMPIUTE.
E’ iniziata la pubblicazione dell’ “Anagrafe sulle opere incompiute” del nostro Paese.
Vede la luce questa banca dati che fissa (ai sensi della Legge 214/2011) la situazione di centinaia di investimenti in iniziative attivate dalle Amministrazioni che, per cause diverse, sono rimaste incomplete e quindi non fruibili dalla col‐ lettività, rappresentando in sostanza uno spreco di risorse pubbliche.
Il censimento nazionale è stato realizzato con puntualità e nel rispetto dei termini imposti dal Legislatore. “Dobbiamo al Ministero delle Infrastrutture e Trasporti ed in particolare alla Direzione Generale per la Regolazione ed i Contratti Pub‐ blici ‐ sostiene la Presidente Finco, Xxxxx Xxxxxx ‐ questa prova del fatto che quando si vuole e c’è la competenza, la tenacia e l’abnegazione, anche nelle P.A. possono essere portate a termine operazioni di buona amministrazione”.
Dall’elenco, per ora mancante delle sole Regioni Sicilia, Sardegna e della Provincia autonoma di Trento, emerge che le opere incompiute finora comunicate sono 397 (con una punta di 53 nel Lazio). Il totale del valore delle opere realizzate ammonta a 1.509.251.826,80 euro. La parte incompiuta viene ad oggi stimata in 931.269.203,46 euro.
E’ da notare che tra le opere incompiute a livello nazionale, molte riguardano la costruzione di nuove caserme (non sarebbe meglio razionalizzare tali allocazioni arrivando ad una integrazione almeno logistica con la Polizia?!). Tra le altre si segnalano: la ricostruzione del Nuovo Ospedale Alba‐Bra (Piemonte); I’Xxxxxxx Xxxxxx‐Xxxxxxx (Xxxxxx); il restauro del Xxxxxx Xxxxx x Xxxxxxx (Xxxxxx‐Xxxxxxx); il risanamento di parte del centro storico di Urbino (Marche); il Minimetrò Pincetto‐Monteluce (Umbria); la realizzazione dello scolmatore del Fiume Liri (Lazio); i lavori di adeguamen‐ to e gestione dell’impianto di depurazione del Comune di Pescara (Abruzzo); la realizzazione del comparto alloggiativo della Scuola Ufficiali Carabinieri della Caserma Xxx Xx Xxxxxxx‐Roma (Lazio); il restauro e l’adeguamento funzionale del complesso demaniale di Via del Clementino 92 bis da adibire a sede dell’Avvocatura Generale dello Stato (Lazio).
Il naturale impulso per nuovi investimenti può venire proprio dai fondi delle opere incompiute, come Finco stessa a suo tempo, suggeriva nel Progetto “Per un’Italia più bella e più sicura”.
L’elenco ha la finalità di coordinare, a livello informativo e statistico, i dati circa tali opere da parte delle amministrazio‐ ni statali, regionali e locali, onde disporre di uno strumento conoscitivo volto ad individuare, in modo razionale ed effi‐ ciente, le soluzioni per l’utilizzo ottimale attraverso il completamento ovvero il riuso ridimensionato delle stesse, anche con diversa destinazione rispetto a quella originariamente prevista.
L’APPROFONDIMENTO
APPALTI: “ I FURBETTI DEL CANTIERINO”
“RICEVIAMO E VOLENTIERI
DAI SOCI
PUBBLICHIAMO…”
APPALTI: AVCP, BANDO TIPO E CONTRATTO DA INDICARE
In relazione ad alcune interpretazioni apparse è opportuno richiamare l’attenzione sulla corretta interpretazione dell’articolo 32, comma 7 bis del cosiddetto “decreto fare” (legge n. 98/2013), il quale ha introdotto un nuovo comma all’art. 82 del Codice dei Contratti Pubblici (comma 3‐bis), in virtù del quale è previsto che “Il prezzo più basso è deter‐ minato al netto delle spese relative al costo del personale, valutato sulla base dei minimi salariali definiti dalla contrat‐ tazione collettiva nazionale di settore tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e le organizzazioni dei datori di lavo‐ ro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, delle voci retributive previste dalla contrattazione inte‐ grativa di secondo livello e delle misure di adempimento alle disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.”
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Laddove oggetto del bando sono (anche) lavori non riconducibili a quelli dell’edilizia, nel bando non potrebbe essere menzionato il solo CCNL del settore edile.
In tal senso, la recente Nota del Ministero del Lavoro del 25 luglio 2013 non pare in contrasto con quanto in precedenza definito.
Il richiamo effettuato nella suddetta Nota al CCNL del settore edile non esclude in sostanza la possibilità che nel bando possano essere indicati anche altri CCNL, relativi a settori diversi da quello edile. Ciò, ovviamente, tenuto conto della tipologia di categorie di lavori da eseguire.
Non è opportuno, quindi, come da alcuni auspicato, che il riferimento al CCNL dell’edilizia venga inserito dall’AVCP nel Bando Tipo.
Fermo restando quanto sopra, il richiamo ad un solo specifico CCNL potrebbe unicamente costituire oggetto di una specifica previsione normativa.
Ciò in quanto il Bando Tipo non può prevedere qualcosa di ultroneo o di diverso da quanto stabilito dalla nor‐ mativa vigente (primi tra tutti, Codice dei Contratti ed il relativo Regolamento di attuazione).
Diversamente, una previsione del Bando Tipo in contrasto con la normativa vigente, potrebbe essere agevol‐ mente contestabile innanzi al giudice amministrativo.
APPALTI: CONTINUANO GLI INCONTRI SUL PARERE DEL CONSIGLIO DI STATO
Dopo l’Incontro con il Ministro Lupi del 25 settembre u.s., continuano i frequenti contatti con il Ministero competente per illustrare le motivazioni della posizione Finco.
Dopo quello del 10 ottobre scorso, si è poi tenuto un ulteriore incontro il 28 ottobre tra Xxxx, Agi e Xxxxx sempre in relazione alla delicata vicenda del Parere del Consiglio di Stato circa il Regolamento Appalti.
Su questo tema ci siamo ampiamente soffermati, da ultimo, nella newsletter precedente.
Nell’incontro di cui sopra si è in sostanza confermata la diversità di posizione tra le imprese generali e le im‐ prese specialistiche in merito ad una possibile soluzione da dare al vuoto normativo che si creerà a seguito della pubblicazione del DPR concernente il Parere del Consiglio di Stato.
In sintesi estrema: Xxxxx propone un temporaneo ritorno alla normativa regolamentare previgente il DPR 207/2010 ‐ o quanto ad essa di più analogo ‐ nell’attesa di una più ampia ridefinizione del sistema di qualifica‐ zione basato sulla reale valorizzazione delle peculiarità che rendono le lavorazioni specialistiche e superspecia‐ listiche; Ance ed Agi ritengono opportuno rivedere quantitativamente le elencazioni (qualificazioni obbligato‐ rie e SIOS) ed apportare modificazioni al Codice dei Contratti Pubblici (che, si noti, non è stato oggetto del Parere del Consiglio di Stato).
PREMI INAIL: FRONTE (SINDACALE) COMUNE CONTRO L’ABBATTIMENTO DEL PREMIO
Prevedibile opposizione dei Segretari confederali di Cgil, Cisl e Uil nei confronti della modifica all’art. 6 della Legge di stabilità che contempla un abbattimento dei premi Inail.
Il ridimensionamento per le imprese dei premi Inail per un valore pari a 1 miliardo per il 2014 comporterebbe il rischio di una riduzione della tutela della salute e sicurezza sul lavoro, affermano.
Quello che è certo è che le imprese private sono tenute ad un esborso obbligatorio esoso e spesso con am‐ montare dei premi anacronistico, nonché a contrarre nei fatti anche una ulteriore assicurazione privata per tutelarsi dagli incidenti in maniera effettiva.
Altra cosa certa è che l’Inail registra ogni anno un attivo di vari miliardi (miliardi!) di euro.
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RIFORMA DEL CODICE DELLA STRADA INIZIA ALLA CAMERA DEI DEPUTATI L’ITER DI DELEGA AL GOVERNO
Lungo l’inventario delle questioni aperte sulla sicurezza stradale secondo Xxxxx
A cominciare dagli oltre 500 ml di finanziamento per la sicurezza stradale dai proventi contravvenzionali.
Secondo ACI‐ISTAT diminuiscono gli incidenti stradali in Italia. È quanto emerge dall’ultimo Rapporto ACI‐ ISTAT, secondo cui nel 2012 sono stati registrati 186.726 sinistri con lesioni a persone (‐9,2% rispetto all’anno precedente), che hanno causato 3.653 morti (‐5,4%) e 264.716 feriti (‐9,3%). Ogni giorno sulle nostre strade si verificano in media 512 incidenti con 10 morti e 725 feriti. L’Italia conta più di 60 morti per incidente ogni milione di abitanti, mentre la media europea è di 55.
La distrazione è la prima causa di incidente (16,6%), seguita dalla mancata osservazione o imperfetta allocazio‐ ne della segnaletica e delle dotazioni di sicurezza (16,2%) e della velocità elevata (11,2%): come appare evi‐ dente il rapporto strada guidatore è alla base delle cause maggiore di incidentalità.
Nonostante ciò, “attualmente il rapporto costruzione/manutenzione ‐ afferma Xxxx Xxxxxx, Presidente Xxxxxxx Xxxxxxxxx Stradale Finco‐ è del tutto sbilanciato verso la prima e la manutenzione è relegata ad intervento di emergenza, quando non se ne può fare a meno. La mancanza di controlli di buona esecuzione è poi palese e ne abbiamo avuto drammatica testimonianza in occasione dell’incidente di Xxxxxxxxxx Irpino ‐ il pullman precipi‐ tato dal viadotto”.
La gestione del patrimonio viario e la realizzazione di diversi interventi devono avvenire in base a una pianifica‐ zione e non sulla gestione delle emergenze. Una programmazione a lungo termine sostenuta dai proventi contravvenzionali porterebbe all’apertura di diversi cantieri, genererebbe un’importante ricaduta occupazio‐ nale e la conseguente diminuzione dei pericoli derivanti della strada.
Ai sensi dei vigenti articoli del Codice della Strada vi è l’obbligo degli Enti proprietari di tenere a norma le stra‐ de amministrate e di predisporre la manutenzione e, da parte del Ministero delle Infrastrutture, di accertare che ciò avvenga.
Ciò, specie alla luce di un autorevole parere della Corte dei Conti del Lazio n. 21/2011 che rafforza quanto precedentemente affermato dalla Corte di Cassazione, imponendo la messa in sicurezza delle strade indipen‐ dentemente dalla presenza di fondi a questo destinati.
I magistrati contabili affermano che “la sicurezza stradale e la tutela dell’integrità fisica della persona non sono interessi comprimibili in ragione della limitatezza delle risorse finanziarie dell’Ente che deve calibrare le pro‐ prie potenzialità economiche in modo conforme alle necessità del territorio, anche di quelle che si presentano come situazioni di emergenza ampiamente prevedibili”.
Questo compito sarebbe poi altamente facilitato se finalmente si mettesse mano al “Catasto delle Strade”, peraltro non ritenuto primario dall’Agenzia del Demanio.
Purtroppo il cosiddetto “federalismo stradale” non ha dato buoni risultati e, anche su questo aspetto, occorre‐ rebbe effettuare una riflessione, onde far ritornare ad Anas quantomeno le strade nazionali di maggiore im‐ portanza, già trasferite alle Regioni che, a loro volta, in assenza nella maggior parte dei casi di strutture ad hoc, le hanno “rigirate” alle Provincie: con la profonda revisione di queste ultime, che fine faranno circa 120.00 km di strade attualmente in mano ad esse (di cui circa 30.000 ex nazionali)?
Inventario questioni aperte
In conclusione, nonostante il Codice della strada sia del 1992 pochi aspetti, ad oggi, sono stati portati a termi‐ ne, fatta eccezione per il recepimento di norme comunitarie: probabilmente sulle strade interagiscono poteri ed interessi fra di loro contrapposti che hanno impedito la realizzazione dell’interesse comune dell’utenza:
1. La riforma del Codice della strada.
‐Finco è d’accordo nel fare dell’attuale Codice una norma quadro, lasciando gli aspetti tecnici ai corpi regola‐ mentari, purché i Decreti Ministeriali vengano approvati, il che finora non è stato;
‐ il sistema sanzionatorio va però rivisto estendendolo anche alle inadempienze degli Enti proprietari delle strade.
2. Il “pasticcio” delle contravvenzioni.
Il DM attuativo della legge 120/10 non è stato ancora attuato, probabilmente per la pressione ostativa dei Comuni. Supera l’inerzia il Ministro dell’Interno con la comunicazione n. 0017909 del 24/12/12 che obbliga gli enti locali ad applicare la legge in oggetto anche in assenza di Decreto attuativo. Anche l’Anas ne ha fatto le
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spese, rimanendo esclusa da finanziamenti per le strade nazionali, nonostante il notevole gettito contravven‐ zionale su tali strade (oltre 1 miliardo annuo).
3. Occorre un finanziamento regolare legato ai fabbisogni per la gestione delle strade: la TASI.
Nel ddl di stabilità, all’art. 21, è stata prevista nella TASI una dotazione economica anche per la viabilità; occor‐ rerebbe, tuttavia, che la manutenzione delle strade avesse un finanziamento dedicato e non indiviso con gli altri servizi locali, proprio per la estrema pericolosità costituita dalle strade maltenute considerate dalla Cassa‐ zione, con giurisprudenza ormai consolidata, cose in custodia (art. 2051 c.c.) con colpa presunta ed inversione dell’onere della prova a carico dell'ente proprietario delle stesse.
4. Finanziamento della manutenzione stradale tramite imposte per destinazione.
Oltre i contributi locali occorre dotare la manutenzione stradale di parte dell’ingente gettito fiscale attorno al fenomeno della circolazione (oltre 80 miliardi annui) nel quale niente ritorna al cespite che tale provvista fiscale ha generato (cd “imposta per destinazione”).
5. I fabbisogni.
Nonostante la normativa preveda il “catasto delle strade”, realizzato in molte nazioni d’ Europa, tale inventa‐ rio è ritenuto dall’ Agenzia del Demanio non prioritario. La mancata iscrizione, nel bilancio degli enti proprieta‐ ri delle strade, del valore patrimoniale del bene demaniale strada, oltre a far perdere in tali bilanci complessi‐ vamente circa 500 miliardi di euro, non consente di stabilire i fabbisogni correlati alla valutazione delle tratte in manutenzione.
Conclusioni.
Su questi cinque punti Xxxxx chiede risposte certe per rimettere in moto la sicurezza delle nostre strade ed un settore industriale, quello della sicurezza stradale, che sta scomparendo. Si tratta di interventi costruiti nella “filosofia del fare”, su più punti ed, in maniera minima per ottenere il massimo risultato con il minor costo, a cominciare dagli oltre 500 ml dei proventi contravvenzionali.
PAGAMENTI DEI DEBITI DELLA P.A.: AGGIORNAMENTO
Dall’attività di monitoraggio del Ministero dell’Economia e delle Finanze risulta che nell’ultimo mese altri 2,5 miliardi di debiti sono stati saldati nei confronti dei creditori per un ammontare complessivo di 13,8 miliardi.
Dei 20 miliardi previsti dal DL 35 per il 2013, risulta che, ad oggi, le risorse effettivamente a disposizione degli enti debitori ammontano a circa 18 miliardi.
Per approfondimenti circa le risorse rese disponibili e i pagamenti (in milioni di euro) effettuati al 28 ottobre 2013, rimandiamo al seguente link: xxxx://xxx.xxx.xxx.xx/xxxxx‐piano/article_0118.html .
ECOBONUS: DEMOLIZIONE E RICOSTRUZIONE CON SAGOMA DIVERSA
L’agevolazione fiscale del 65% relativa alla riqualificazione energetica è valida anche in caso di demolizione e ricostruzione con sagoma diversa da quella originaria, purché resti inalterata la volumetria.
E’ bene precisare che nel suddetto caso, i lavori di ampliamento volumetrico sono ammissibili, fermo restando la possibilità di usufruire della detrazione al 65% esclusivamente per gli interventi sulla parte esistente e non su quella ampliata.
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PATENTE A PUNTI NELL’EDILIZIA
Xxxxx ha avuto un incontro con la competente Direzione Generale del Ministero in merito al Regolamento per la qualificazione delle imprese ai sensi dell’art. 6, comma 8, lettera g), del Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni.
La Federazione ha espresso preoccupazione sulla bozza di provvedimento ancora in via di consultazione che, per quanto condivisibile in linea di principio circa l’esigenza di qualificare le imprese edili, la vede assolutamen‐ te contraria con specifico riferimento alla estensiva applicazione del concetto di edilizia a settori che edili non sono.
Molti dei settori presenti nella Federazione infatti, pur non essendo edili, appartengono senz’altro al settore delle costruzioni e svolgono parte della propria attività (normalmente non prevalente) in cantiere.
L’impostazione generale del documento in bozza, nel fare riferimento alle lavorazioni del grande “Gruppo 3” della tariffa Inail ed all’allegato X del TU della Sicurezza, ha una estensione tale da includere molte delle attivi‐ tà rappresentate che, non essendo edili, non possono essere legittimamente, se non a costo di pesanti forza‐ ture, inserite nel contesto edile; con tutto ciò che da tale collocazione poi discende, come l’inserimento nella Sezione Specializzata per l’Edilizia “cogestita” dal sistema delle Casse Edili, con cui i settori Finco non hanno alcun contatto.
Finco non è naturalmente contraria alla qualificazione degli operatori in cantiere per ridurre l’incidentalità e migliorare la qualità delle attività svolte, tutt’altro. Non può però condividere che un sistema pensato per il solo settore dell’edilizia generale e “generica” venga applicato tal quale ai settori afferenti le lavorazioni spe‐ cialistiche e superspecialistiche che, oltre a rappresentare una componente imprenditoriale “diversa”, hanno un livello tale di professionalità da avere bassissimi livelli di infortunio.
E ciò a prescindere dall’appesantimento burocratico che tale normativa comporterebbe con l’obbligatoria iscrizione alle istituende Sezioni Speciali dell’Edilizia allocate presso le Camere di Commercio.
Occorre un confronto in merito che possa tener conto delle peculiarità di un mondo in gran parte metalmecca‐ nico.
ENERGIA. NO AGLI ONERI DI RETE E DI SISTEMA, SI AD UN LIBERO MERCATO
In un futuro molto vicino, prelevando solo una piccola parte dei propri consumi dalla rete, si potrebbe pro‐ spettare una riduzione degli oneri da parte dei consumatori ed un minore impatto sul territorio. Affinché si possa perseguire tale obiettivo, è necessario che vengano dapprima rimossi tutti gli ostacoli che da anni ne rallentano lo sviluppo, come la posizione contraria espressa dall’AEEG alcuni mesi fa.
La regolamentazione dell’autoproduzione di energia tramite i Sistemi Efficienti di Utenza (SEU), le Reti Interne di Utenza (RIU) e lo scambio sul posto (SSP), rappresenta una grande possibilità per lo sviluppo della genera‐ zione distribuita da energie rinnovabili esprimendo, inoltre, il recepimento di quanto previsto dalla Direttiva 2012/27/UE, che stabilisce norme atte a rimuovere gli ostacoli sul mercato e a superare le carenze che frena‐ no l’efficienza nella sua fornitura ed utilizzo.
Infatti,ogni provvedimento che non permette il superamento dei suddetti ostacoli, è solo una chiara espressio‐ ne della limitazione del libero mercato e costituisce l’ennesimo sostegno ai pochi grandi produttori di energia.
Risparmiare si può, e sarebbe possibile laddove gli autoconsumi ed i consumi “dietro al contatore” (come nel caso dei SEU) non fossero gravati dagli oneri di rete e di sistema. Bisognerebbe pagare solo ed esclusivamente ciò che si consuma senza ulteriori aggiunte.
Anche ipotizzando uno scenario verosimile di importante crescita dei SEU con impianti per la produzione di energia rinnovabile, avremmo un impatto molto limitato in termini di ridistribuzione degli oneri. I benefici per l’economia nazionale circa la filiera industriale, l’occupazione e l’ambiente sarebbero notevoli ‐ sostiene in una interrogazione il Movimento 5 Stelle ‐ vista la possibilità di riduzione di futuri investimenti nella rete di tra‐ smissione e distribuzione e la diminuzione dei prezzi all’ingrosso dell’energia elettrica permettendo così uno sviluppo senza incentivi delle fonti rinnovabili, dei sistemi di accumulo e delle tecnologie per la gestione intelli‐ gente dell’energia.
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XXXXXXX: “I FURBETTI DEL CANTIERINO”
L’APPROFONDIMENTO
Il recente scalpore suscitato dall’indagine della Dda della Procura di Caltagirone (resa ancora più clamorosa per la notorietà dell’appaltatore e la supposta infiltrazione mafiosa) ha, ancora una volta, alzato il velo sulla natura spesso esiziale dell’istituto del subappalto, sulla sua naturale attitudine a rendersi strumento di devi‐ anza per una fisiologica conduzione dell’appalto e, soprattutto, sul nesso di causalità che tutt’ora sussiste tra il verificarsi degli abusi nel settore dei lavori pubblici ed i limiti della normativa e dei controlli operati dalla direzione lavori.
Nulla di nuovo, purtroppo.
Già nel V secolo a.C. l’«incorruttibile» Xxxxxxx fu sospettato di aver lucrato sui lavori pubblici per la costruzio‐ ne del Partenone e lo scultore che su suo incarico sovraintese ai lavori, Xxxxx, fu trascinato in giudizio con l’imputazione di aver sottratto parte dell’oro destinato alla statua di Xxxxx. Un secolo dopo, Xxxxxxxxx, il difensore dell’indipendenza ateniese da Xxxxxxx il macedone e da Xxxxxxxxxx Xxxxx, fu pesantemente impli‐ cato nell’«affare Arpalo» (la sparizione di metà del patrimonio sottratto ad Xxxxxxxxxx dal suo tesoriere) e costretto all’esilio.
A dire il vero, però, una differenza c’è. Ai giorni nostri, il Legislatore continua a non perdere occasione per rendere sempre più semplice la patologica degenerazione dell’appalto:
la procedura di gara al massimo ribasso con esclusione delle offerte anomale è ormai una sorta di rappre‐ sentazione teatrale dove attori, trama e “coup de thèätre” sembrano, sempre più, restare fedeli ad un copione scritto altrove;
il consentire quotidianamente all’appaltatore di miscelare subappalti, noli “a caldo” e “a freddo” e sub‐ contratti di qualsiasi genere significa violare i divieti esistenti, creare situazioni di mera apparenza per eludere il divieto previsto dall’art. 21 della legge 13.09.1982 n°646 o, più semplicemente, concorrere in un reato penale;
l’istituto dell’avvalimento sta dimostrando sempre più la sua pericolosa attitudine ad incrementare l’afflusso di capitali provenienti da riciclaggio di denaro sporco ed a creare le condizioni per passare “dal sistema del garificio” ad un “sistema di avvalificio”. Con conseguente nascita e proliferazione di imprese “holding” dell’avvalimento, sostanzialmente scatole vuote, quali mere coordinatrici di attività, mezzi, uomini e capacità altrui, di soggetti che possono risultare del tutto estranei al mercato dei lavori pubblici e, ciò che più conta, privi di importanti requisiti oggettivi e soggettivi.
Ogni tanto, poi, scatta un’indagine, si celebra un processo e se si arriva ad un accertamento della responsabi‐ lità penale, non c’è problema!! Xxxxx sostituire l’amministratore o il direttore tecnico di turno e deliberare la solita finta dissociazione; insomma sprecare altra carta e documenti per aggiungere un fotogramma all’ipocrita saga dell’appalto all’italiana.
Una prova? Eccola: “Il Tribunale, visti gli artt. 533 e segg. c.p.p. dichiara gli imputati colpevoli del reato ascrit‐ to e, concesse le attenuanti generiche, li condanna alla pena di mesi 4 di arresto ed euro 350.000,00 di am‐ menda (…), per ciascuno, oltre alle spese processuali. Xxxx sospesa e non menzione. Motivazione in 40 giorni.”
Questo è il dispositivo della “Sentenza Ottobre 518” (per ovvie ragioni di tutela della privacy non maggior‐ mente connotata) che ha segnato l’epilogo di una vicenda sfociata nelle aule di un Tribunale Penale a causa della contestazione agli imputati della violazione dell’art. 21 della Legge n°646/1982.
Le caratteristiche della vicenda portata all’attenzione del Giudice possono essere così, sinteticamente, rias‐ sunte:
un’Associazione Temporanea di Impresa (ATI X&Y) si aggiudica un appalto e, successivamente, stipula un contratto di subappalto con la Società Z per un importo pari a circa il 2% dell’importo complessivo del contratto di appalto;
la Società X (mandataria della medesima ATI) stipula, inoltre, vari contratti di “nolo a freddo di mezzi d’opera” da utilizzare presso il cantiere di cui al predetto appalto;
in particolare, con due di tali contratti, la Società X prende a nolo dei macchinari dalla Società K che, a sua volta, aveva già preso a nolo dalla Società Z;
oltre a tali noli a freddo documentati, in forma scritta, dai relativi contratti, il direttore dei lavori accerta l’impiego, sul cantiere dell’ATI, di 10 mezzi d’opera forniti all’ATI dalla Società K e di 5 operai che avevano formato oggetto di distacco, ai sensi dell’art 30 della cd. Legge Biagi, sempre dalla Società K alla mandata‐ ria del ATI;
in sede di indagine viene accertato, inoltre, che la Società X (mandataria) aveva solo un ufficio (ma non aveva dipendenti nè mezzi), che la Società K aveva anche predisposto il progetto dei lavori per suo conto e che la Società Z (che poi sarebbe divenuta il subappaltatore) era socio della Società K;
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la società K aveva, inoltre, fornito all’ATI i segnali stradali da installare.
Un bel groviglio di contratti capace, in prima istanza, di creare una situazione apparente diversa da quella reale o, più semplicemente, di distrarre un ufficio di direzioni lavori svogliato, disinteressato a verificare il perché di tutti questi contratti, intenzionato a venir meno ai poteri/doveri posti a suo carico dalla determina dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici del 27 febbraio 2003, n.6.
La ratio dell’art. 21 della legge n°646/1982 è, com’è noto, quella di evitare che nell’esecuzione di contratti con la pubblica amministrazione si ingeriscano soggetti da questa non conosciuti (allo scopo, preminente ma non esclusivo, di scongiurare infiltrazioni della criminalità organizzata). Il contenuto del precetto penale di cui all’art. 21 va interpretato nel senso che sono vietati non solo i contratti che le parti qualificano come subappal‐ ti o cottimi ma tutti i negozi che, sotto altro nome, mirano a raggiungere lo stesso risultato del subappalto o del cottimo. Vale a dire la sostituzione, in tutto o in parte, dell’appaltatore con altri soggetti non autorizzati dalla P.A.
Nel giudizio di appello, a causa della dichiarazione di nullità del decreto che aveva disposto il rinvio a giudizio degli imputati, tutti vengono di fatto assolti grazie al solito cavillo giudiziario. Ma non è ancora tutto.
Lo stesso appaltatore dopo pochi mesi ha la fortuna di imbattersi in una diversa articolazione della medesima stazione appaltante (e per di più nell’efficientissima Bologna) che in un primo momento, dopo un’attenta e ponderata verifica di anomalia (sic..!), ha l’ardire di ritenere il ribasso proposto in una diversa gara d’appalto (il 62%!!!!) congruo ed affidabile e successivamente, allorché viene accertata l’esecuzione di lavori in subappalto da parte di altra impresa non autorizzata, non adotta alcun tipo di provvedimento rendendosi di fatto compli‐ ce del reato commesso dal recidivo.
Bene. Non sta a me stabilire le percentuali statistiche che potrebbero essere elaborate se si volesse applicare, alla generalità dei casi, il percorso logico‐sistematico seguito nella sentenza sopra illustrata. Xxxxxxx, tuttavia, che non possa essere sottaciuto il fatto che l’istituto della simulazione sia di casa nel mondo dei subappalti né la tattica, quotidianamente utilizzata, di subappaltare, per un verso, tutto il subappaltabile e, per altro verso, di coprire la restante parte dei lavori mediante la creazione di un sistema complesso di sub‐contratti. Ho sem‐ pre affermato che tale pratica illecita non poteva essere relegata al comportamento delle sole organizzazione mafiose e che ormai, anche in virtù delle degenerate utilizzazioni della legge Biagi, non si può continuare a fingere che, sempre più spesso, anche le imprese cd. “sane” non disdegnano la possibilità di cedere di fatto il contratto di appalto e si “accontentano”, evitando di impiantare un xxxxxxxx x xxxxxxxxx xx xxxxxxxxxx xx xxxxxx‐ xx dalla propria sede, un soddisfacente x% sull’importo dei lavori.
Ma, allora, se tutto questo è vero e se un coraggioso giudice ha saputo sovrapporre i vari contratti “attivati” dall’appaltatore per agire in frode alla legge, perché la maggior parte dei direttori dei lavori “rinuncia” sistema‐ ticamente alla possibilità di risolvere il puzzle, lasciandolo immacolato nella propria scatola, anche quando sono talmente pochi i pezzi che lo compongono che un bambino riuscirebbe a metterli insieme in men che non si dica?
Perché i direttori dei lavori ed i responsabili del procedimento non si adoperano per dimostrare, con la stessa frequenza con la quale ciò accade, quale è la realtà effettiva delle cose che gli appaltatori tentano di nascondere mediante i contratti simulati, e far, quindi, valere l’illiceità del contratto dissimulato, ai sensi degli articoli 1417 del codice civile?
Per vari motivi ma soprattutto perché il sistema di qualificazione SOA ha fallito e sta progressivamente collas‐ sando sotto i colpi dei vari decreti correttivi e, da ultimo, del parere del Consiglio di Stato n.3014 del 26/06/2013.
Il terzo decreto correttivo, modificando il comma 11 dell’art. 37 del codice dei contratti pubblici, aveva intro‐ dotto, in assenza della necessaria qualificazione (attestato SOA) in capo all’appaltatore, la possibilità di subap‐ paltare, a subappaltatori qualificati, i lavori relativi alle categorie specializzate di cui all’art. 72, comma 4, del Dpr 554/99 (opere a qualificazione obbligatoria), quando questi superino in valore il 15% dell’importo totale dei lavori, con i limiti comunque stabiliti per il subappalto nell’art.118, comma 2, terzo periodo: pertanto, il 30% potrà essere subappaltato, mentre per il restante 70% rimane l’obbligo di costituire eventualmente un’ATI verticale.
Anche qui tutti contenti ed intenti ad osannare la rimozione di un ulteriore legaccio normativo, felici di una correzione legislativa di dare (non riesco a capire in che modo) impulso all’economia e dignità all’autonomia imprenditoriale del mercato italiano.
Questa norma è servita invece unicamente a dare avvio ad un lento processo di de‐specializzazione delle cate‐ gorie previste dall’art.72 del Dpr 554/1999 (riportando le lancette dell’orologio al sistema dell’Albo Nazionale Costruttori) ed a favorire l’aggiramento del divieto di cui all’art.21 delle Legge 646/1982.
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E adesso il Consiglio di Stato cosa fa? Condividendo le esigenze e gli interessi perseguiti delle grandi imprese in sede di ricorso, legittima la definitiva rottamazione delle categorie specialistiche attraverso la rivisitazione in peius dell’Allegato A e la demolizione dell’art.109, comma 2, del Dpr 107/2010.
Se le “imprese generali” fossero veramente in grado di far tutto e non dovessero/volessero essere ostaggio degli operatori specializzati occorrerebbe per logica vietare il subappalto se non indicato direttamente in sede di gara!
Se si volesse seriamente intervenire su quest'ipotetico "sistema fortemente penalizzante per le imprese gene‐ rali, le quali, pur se in possesso della qualificazione nella categoria generale prevalente, non sarebbero più in grado di eseguire alcuna opera autonomamente, essendo costrette, praticamente per tutti gli appalti, a subaf‐ fidare opere non ricomprese nelle proprie qualificazioni “generali” e, per moltissime categorie (quelle di cui all’art. 107, comma 2), anche ad associare altre imprese" basterebbe vietare il subappalto per qualsiasi cate‐ goria a qualificazione obbligatoria o subordinare la possibilità di subaffidare tali lavorazioni alla condizione di indicare il subappaltatore già in sede di gara!!
Così facendo, sarebbe garantita l'autonomia decisionale del "povero" concorrente/impresa generale e non si creerebbe (rectius rafforzerebbe) un sistema, diametralmente opposto a quello fantasiosamente portato all’attenzione dei Giudici di Palazzo Spada, penalizzante per le imprese specialistiche, le quali, a causa dell'in‐ capacità delle imprese generali ad eseguire alcuna opera autonomamente pur se in possesso di corpose quali‐ ficazioni nella categoria generale prevalente, saranno condannate, praticamente per tutti gli appalti (e comun‐ que per quelli più rilevanti), a lavorare solo ed esclusivamente in subaffidamento, strozzate da una forza con‐ trattuale squilibrata e castigate a far valere i propri interessi verso il committente solo in via mediata ed indi‐ retta attraverso l’appaltatore.
Il Codice degli appalti, per motivi ben noti, si è dimostrato un modestissimo esempio di legiferazione ma un letale strumento scientificamente elucubrato per autoalimentare il contenzioso e, quindi, perpetrare l’influenza giurisdizionale e dottrinaria dei giudici amministrativi.
I risultati si rivelano sempre più disastrosi e la dicotomia tra la fase della gara (piena di orpelli, verifiche, dichia‐ razioni e buone intenzioni) e quella dell’esecuzione (dove invece l’esecutore reale non è quasi mai quello che dovrebbe essere) è il solo frutto che il Codice è riuscito a produrre.
Con buona pace dei “furbetti del cantierino”.
(Xxxxxxx Xxxxxxxx Comitato Scientifico Finco)
Pagina 9 NEWSLETTER FINCO N.11-2013
“RICEVIAMO E VOLENTIERI PUBBLICHIAMO…”
“Cara Redazione,
DAI SOCI
dovevamo lasciare le Province, che almeno non sono legislativamente “concorrenti” con lo Stato Centrale, ed abolire le Regioni…
Credo che, al motto politicamente corretto della “sussidiarietà”, abbiamo combinato un disastro forse irreversi‐ bile.
I principali risultati attesi dalla Riforma del Titolo V (semplificazione burocratica, diminuzione del carico fiscale, eccetera) non si sono verificati.
Il Federalismo ha invece portato una normativa differente tra Regione e Regione, con conseguenti difficoltà operative, soprattutto per le imprese che operano a livello nazionale con più stabilimenti.
Le Regioni, nel chiedere maggiori attribuzioni, non sono state in grado di negoziare con lo Stato centrale nean‐ che un limitato trasferimento del personale addetto a tali nuove funzioni, per cui la spesa per il personale ag‐ giuntivo pesa ancora una volta sulle tasche dei cittadini, sotto forma di ulteriore imposizione fiscale, cosa che è sotto gli occhi di tutti.
Ci abbiamo guadagnato in efficienza? Per carità, non ne parliamo neanche!
È mai possibile che in ogni Consiglio dei Ministri ci siano una ventina di leggi regionali da impugnare per conflit‐ to di competenze Stato/Regioni?”
Pagina 10 NEWSLETTER FINCO N.11-2013
LA FEDERAZIONE
N. 01-2012
FINCO
itolo brano principale
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scopo di un notiziario è fornire Definire infine la quantità di tempo ormazioni specializzate a un e denaro che si desidera investire bblico specifico. Questo tipo di nella realizzazione del notiziario. bblicazione consente infatti di Questi fattori consentono di de- bblicizzare un prodotto o servi- terminare la frequenza di pubblica-
nonché fare conoscere la pro- zione e la lunghezza del notiziario. organizzazione al pubblico. È consigliabile pubblicare il notizia- terminare innanzitutto il tipo di rio almeno a scadenza trimestrale
ori, ad esempio dipendenti o in modo che i lettori lo consideri-
sone interessate all'acquisto del no un appuntamento regolare.
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ossibile creare un elenco di irizzi utilizzando moduli di ri- osta o iscrizione e biglietti da ta raccolti in occasione di fiere
ltri eventi. Questo tipo di elen- di indirizzi può essere acquista- resso aziende specializzate.
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Sommario:
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Argomenti
La presente newsletter vuole essere un agile e trasparente strumento di informazione sulle posizioni
BranoFiinntceorvneorso gli interlocutori rilevanti. Tu2ttavia la Federazione non vuole assolutamente risultare invasi‐ va degli spazi e‐mail dei destinatari. Pertanto basterà inviare una e‐mail con scritto “CANCELLAMI” per
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esse2re eliminati dalla mailing list.
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A cura della Dr.ssa Xxxxx0xx Xxxxxxxx, Ufficio Comunicazione
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