Contract
IL CONTRATTO DI RETE: UNA FATTISPECIE DALLE “MAGLIE” TROPPO LARGHE?
di XXXXXX XXXXXXX
Articolo del 14 luglio 2014
ISSN 2420-9651
Il contratto di rete – introdotto nel nostro ordinamento giuridico dalla l. n. 33 del 2009 – si caratterizza per un’ampia flessibilità modulare e l’assenza di connotati tipizzanti ben definiti. L’articolo analizza i tratti più significativi di tale disciplina – peraltro a più riprese integrata e modificata –, mettendo in particolare evidenza l’eccessiva ampiezza della fattispecie contrattuale dalla stessa delineata, tale da determinare evidenti sovrapposizioni con i contratti associativi tipici già esistenti.
Il contratto di rete: l’evoluzione normativa.
La fattispecie del contratto di rete recepisce un fenomeno largamente diffuso nella prassi, consistente nella formazione di libere aggregazioni di imprese allo scopo di accrescere la rispettiva capacità competitiva grazie alle sinergie derivanti dalla reciproca collaborazione. Da un punto di vista giuridico, tali forme associative – in epoca anteriore agli interventi normativi in esame – assumevano tipicamente la veste di contratti innominati (le cd. joint ventures o associazioni di imprese), ovvero venivano realizzate tramite forme più o meno complesse di collegamenti negoziali caratteristiche della filiera produttivo-distributiva (es. reti di subfornitura e di franchising). In alternativa, le parti avrebbero potuto avvalersi degli schemi associativi tipici già esistenti, quali, in particolare, i consorzi, le società consortili e le società cooperative tra imprenditori, generalmente caratterizzati però da forme d’integrazione più intensa e da modelli organizzativi più complessi.
Nel tentativo di creare un parametro normativo che potesse dare veste giuridica unitaria a tali fenomeni, rappresentando al contempo il punto di riferimento di un’ampia ed articolata normativa di agevolazione, nel 2009 il legislatore ha disciplinato il contratto di rete, la cui genesi normativa, tuttavia, è stata piuttosto travagliata. Originariamente caratterizzata da una forte componente associativa – evidente nella necessaria presenza di un fondo patrimoniale, di un organo rappresentativo e nello svolgimento di un’attiva comune da parte degli aderenti (d.l. 10 febbraio 2009, n. 5 e relativa legge di conversione, l. 9 aprile 2009, n. 33) – , in un secondo momento la rete ha assunto una più agile veste tipicamente contrattuale, in considerazione della previsione solo facoltativa del fondo patrimoniale e dell’organo comune, nonché dell’ampliamento dell’oggetto contrattuale a qualsiasi tipo di collaborazione nell’ambito delle rispettive attività di impresa (d.l. 31 maggio 2010, n. 78, conv. in l. 30 luglio 2010, n. 12). Infine, a seguito delle ultime modifiche, la fattispecie del contratto di rete si caratterizza per una estrema flessibilità, potendo assumere una conformazione meramente contrattuale, o, viceversa, dotarsi di autonoma soggettività giuridica (d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in l. 7 agosto 2012, n. 134; d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, conv. in l. 24 dicembre 2012, n. 228).
Come anticipato, peraltro, la nuova figura contrattuale è divenuta il parametro di riferimento di una vasta ed articolata normativa di agevolazione fiscale, creditizia ed amministrativa, di natura statale e regionale [XXXXXXXX 2012, 96].
La nozione.
Nella sua più recente versione il contratto di rete si presenta come una fattispecie dai contorni tutt’altro che ben definiti, caratterizzata da amplissima autonomia negoziale e da una vasta gamma di modelli la cui concreta articolazione è rimessa alla scelta delle parti (art. 3, commi da 4-ter a 4-quinquies, d.l. n. 5 del 2009).
Stando all’interpretazione prevalente, la causa contrattuale è da rintracciare nel perseguimento dello «scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato» [così, fra altri, CUFFARO 2010, 7; XXXXXXXX 2012, 78; diversamente MALTONI-SPADA 2011, 499 e 505].
In termini più concreti, per il tramite della partecipazione alla rete, le imprese possono perseguire, alternativamente o cumulativamente, gli obiettivi di: (i) ridurre i costi attraverso proficue sinergie nella produzione/distribuzione o mediante la realizzazione di economie di scala; (ii) immettere nel mercato nuovi prodotti o servizi e/o garantirne un efficiente controllo di qualità, per il tramite delle reciproche interdipendenze e sinergie; (iii) svolgere attività di ricerca e sviluppo, riuscendo a sopportarne i costi ed i rischi e/o profittando delle reciproche interdipendenze in termini di know how e di diritti di proprietà intellettuale; (iv) conquistare nuovi mercati, soprattutto internazionali, attraverso la delocalizzazione dell’attività produttivo-distributiva [per un’analisi della prassi contrattuale: CAFAGGI-IAMICELI-XXXXX, in D’AMICO- XXXXXXX 2013, 799].
È indispensabile che tali vantaggi competitivi vengano perseguiti per il tramite della redazione di un programma comune, contenente la descrizione delle prestazioni cui le parti si obbligano reciprocamente per la realizzazione dello scopo comune. È dall’esame di tale programma che si deduce l’oggetto del contratto, il quale tuttavia ha acquisito contorni così ampi da poter essere costituito da qualsiasi forma di collaborazione, purché sufficientemente predeterminata.
Più in particolare, stando all’ultima versione del testo legislativo, le parti potrebbero impegnarsi a:
- collaborare in forme ed ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle proprie imprese;
- scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica;
- esercitare una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa.
In considerazione dell’autonomia negoziale che caratterizza il contratto, peraltro, il programma comune potrebbe prevedere una combinazione delle attività precedentemente menzionate, ed eventualmente prestazioni di tipo eterogeneo a carico delle diverse parti.
Infine, dal punto di vista soggettivo si tratta di un contratto tra imprenditori. Tale limitazione non consente la partecipazione alla rete di liberi professionisti o di soggetti pubblici (es. enti di ricerca, Università), la cui presenza invece avrebbe potuto, in determinate circostanze, rivelarsi proficua nel perseguimento degli obiettivi di sviluppo competitivo. Il dato normativo, tuttavia, sembra lasciare poco spazio a soluzioni differenti da quella imposta dalla lettera della legge [per un’interpretazione più flessibile: x. XXXXXXX 0000, 617; XXXXXXXXX 2011, 338].
L’analisi dei caratteri tipizzanti il contratto di rete – dal punto di vista della causa, dell’oggetto e dei soggetti – mostra significative analogie con schemi associativi già tipizzati dal legislatore, fra i quali, in primo luogo, i consorzi cooperativi con attività esterna e le società consortili [MARASÀ 2010, 9; XXXXXXXXX 2011, 323]. E le difficoltà di collocazione sistematica del nuovo istituto risultano viepiù evidenti alla luce del nuovo testo legislativo, che consente, secondo quanto si avrà modo di analizzare in seguito, l’attribuzione alla rete di autonoma soggettività giuridica.
I differenti modelli di rete.
La più recente definizione del contratto di rete lascia ampio spazio all’autonomia negoziale, consentendo alle imprese di optare per uno dei differenti modelli desumibili dal testo normativo, schematicamente identificabili in: a) reti-contratto; b) reti-soggetto; c) reti-organizzazione senza soggettività giuridica [CAFAGGI-IAMICELI-XXXXX, in D’AMICO-XXXXXXX 2013, 801].
La rete meramente contrattuale rappresenta il modello più snello e flessibile, in quanto privo di fondo patrimoniale e di organo comune, o, tutt’al più, dotato di un organo comune che si limiti a gestire i rapporti fra gli stessi partecipanti alla rete. Trattandosi di una rete priva di soggettività giuridica, l’iscrizione nel registro delle imprese dovrà essere eseguita a latere di quella dei singoli partecipanti (art. 3, comma 4-quater, l.n. 33 del 2009). A tal fine, il contratto dovrà rivestire la forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata o, da ultimo, di atto firmato digitalmente a norma degli articoli 24 (firma digitale) e 25 (firma elettronica autenticata) del d.lgs. n. 82 del
2005 (Codice dell’amministrazione digitale). Trattasi, tuttavia, di una forma che non condiziona la validità del contratto e la sua efficacia inter partes [MALTONI 2013, 2]. Quanto agli aspetti contenutistici, il contratto dovrà contenere una serie di indicazioni strettamente connesse alla causa ed all’oggetto dello stesso, ed in particolare: a) le generalità dei partecipanti; b) l’indicazione degli obiettivi strategici e le modalità concordate per misurare l’avanzamento di tali obiettivi; c) la definizione del programma di rete, tale da contenere l’enunciazione dei diritti e degli obblighi assunti da ciascun partecipante e le modalità di realizzazione dello scopo comune; d) la durata del contratto, le modalità di adesione di altri imprenditori e, se pattuite, le cause di recesso facoltativo e le modalità del suo esercizio; e) le regole per l’assunzione delle decisioni dei partecipanti sulle materie di interesse comune e sulla modificabilità del contratto, laddove ne sia prevista la modifica a maggioranza.
Il modello che si potrebbe definire antitetico rispetto alla rete-contratto è quello della rete-soggetto, caratterizzata dalla necessaria costituzione di un fondo patrimoniale e di un organo comune dotato di poteri rappresentativi della rete stessa. L’acquisto della soggettività giuridica, tuttavia, non deriva automaticamente dalle caratteristiche organizzative della rete, bensì da una scelta che l’ordinamento giuridico rimette agli stessi partecipanti: la volontaria ed autonoma iscrizione nella sezione ordinaria del registro delle imprese. Affinché tale iscrizione possa essere eseguita, il contratto dovrà indicare la denominazione e la sede della rete (comma 4-ter, n. 2, lett. a) [in tema, MILELLA 2013, 401].
Uno degli aspetti più rilevanti della disciplina delle reti-soggetto concerne la relativa responsabilità patrimoniale: al fondo comune si applicano, nei limiti della compatibilità,le disposizioni in tema di consorzio dettate dagliartt. 2614 e 2615, comma 2, c.c. Ciò significa innanzitutto che, per tutta la durata della rete, i partecipanti non potranno chiedere la divisione del fondo, e i creditori particolari di questi ultimi non potranno far valere i loro diritti sul medesimo (art. 2614 c.c.). Ai sensi del richiamato secondo comma dell’art. 2615 c.c., inoltre, i singoli partecipanti alla rete risponderanno solidalmente con il fondo patrimoniale, nel caso in cui le obbligazioni siano state assunte dall’organo comune nel loro diretto interesse. La costituzione del fondo patrimoniale, peraltro, comporta l’obbligo di redazione ad opera dell’organo comune di una situazione patrimoniale annuale, da redigere secondo le norme relative al bilancio delle società per azioni e da depositare presso l’ufficio del registro delle imprese ove la
rete ha sede.
Infine, oltre alle indicazioni già menzionate, il contratto deve esplicitamente includere alcune previsioni relative al fondo patrimoniale, consistenti nella misura e nei criteri di valutazione dei conferimenti, nonché quelle relative all’organo comune (i.e. generalità, poteri di gestione e di rappresentanza e regole per la sostituzione).
La discutibile scelta legislativa di subordinare l’acquisto della soggettività giuridica della rete alla sua volontaria ed eventuale iscrizione nella sezione ordinaria del registro delle imprese, fa sì che si possa individuare un terzo modello di rete, nel caso in cui la stessa sia dotata di un fondo patrimoniale e di un organo comune, ma resti priva di soggettività giuridica.
La disciplina è in tal caso largamente coincidente con quella esaminata con riferimento alle reti-soggetto, specie per quel che concerne gli obblighi contabili e l’autonomia patrimoniale del fondo comune. A tale ultimo riguardo, la norma specifica che “in ogni caso” per le obbligazioni contratte dall’organo comune in relazione al programma di rete, i terzi potranno far valere i loro diritti esclusivamente sul fondo patrimoniale: sembra potersene dedurre che la responsabilità per le obbligazioni attinenti allo scopo comune ricada unicamente su tale fondo, nonostante l’organo comune agisca in qualità di mandatario collettivo delle singole imprese facenti parte della rete.
Conclusioni sintetiche.
Alla luce delle considerazioni svolte, si concorda con quanti ritengono che la fattispecie contrattuale così delineata sia priva di connotati realmente tipizzanti, rappresentando piuttosto l’antecedente logico-giuridico di un’articolata normativa di agevolazione [MALTONI-SPADA 2011, 499], o, tutt’al più, configurando un contratto “transtipico”, cioè idoneo a comprendere nel suo ambito definitorio figure contrattuali già esistenti, ma contemporaneamente atto a dotare di tipicità modelli contrattuali sviluppatisi nella prassi [CAFAGGI 2009, 22; ID., in XXXXXXX-SCOGNAMIGLIO 2009, 919].
Fatta tale precisazione, la tecnica legislativa utilizzata desta non poche perplessità: il tentativo mal riuscito di creare un nuovo tipo di contratto, tale da racchiudere nella sua portata definitoria tutti i modelli reticolari già esistenti, finisce con il determinare indebite sovrapposizioni con i contratti associativi tipici, senza peraltro contribuire a dotare la nuova figura contrattuale di una disciplina organica a carattere imperativo e/o suppletivo. Al contrario, sarebbe stata auspicabile una definizione tipizzante il modello
di rete eminentemente contrattuale, ferma restando la possibilità, laddove ritenuto opportuno, di estendere la normativa settoriale di agevolazione dedicata alle suddette reti anche ad altre figure associative tipiche (quali, in primo luogo, consorzi e società consortili).
Riferimenti bibliografici.
Nella vasta letteratura dedicata al contratto di rete, da ultimo v. i contributi della rassegna curata da X. X’XXXXX-X. XXXXXXX, Contratti di rete: prime applicazioni pratiche, in Contratti, 2013, 799; e X. XXXXXXXX, Il contratto di rete dopo il cd. “Decreto Sviluppo”, in Ric. giur., 2012, 71; X. XXXXXXX, La pubblicità del contratto di rete: questioni applicative, CNN Studio n. 5-2013/I, in xxx.xxxxxxxxx.xx; X. XXXXXXX, La soggettività nel contratto di rete tra imprese, in Contratti, 2013, 401; X. XXXXXXX, Reti e contratto di rete, Padova, 2012.
Tra i numerosi contributi successivi alle modifiche del 2010, v. X. XXXXXXX-P. IAMICELI-G.D. XXXXX (a cura di), Il contratto di rete per la crescita delle imprese, Milano, 2012; X. XXXXXXX, Il contratto di rete nella prassi. Prime riflessioni, in Contratti, 2011, 504; V. DONATIVI, Le reti di imprese: natura giuridica e modelli di governance, in Società, 2011, 1429; X. XXXXXXX, Il contratto di rete dopo la legge n. 122 del 2010, in Contratti, 2011, 617; X. XXXXXXXX, Xxxxx considerazioni sulla governance nei contratti di rete, in Contr. impr., 2012, 348; X. XXXXXXX-X. XXXXX, Il “contratto di rete”: dialogo tra un notaio e un professore su una leggina recente, in Riv. dir. priv., 2011, 499; X. XXXXXXXXX, Il “contratto di rete” fra (comunione di impresa) e società (consortile), in Riv. dir. civ., 2011, 323.
Infine, sul testo normativo originario, v. X. XXXXXXX-X. XXXXXXXXXXXX (a cura di), Reti di impresa e contratto di rete: spunti per un dibattito, in Contratti, 2009, 915; X.XXXXXXX (a cura di), Il contratto di rete. Commentario, Bologna, 2009; X. XXXXXXX, I contratti di distribuzione come contratti di rete, in Obbl. e contr., 2009, 200; X. XXXXXXX-X. XXXXXX-X. XXXXXXX-M. D’AURIA-X. XXXXXXXX, X
contratti di rete, in Corr. mer., 2010, 5; M.R. XXXXXXX, Reti di imprese, contratto di rete e reti contrattuali, ivi, 2009, 951; X. XXXXXXX, Contratto di rete e sviluppo dell’impresa, ivi, 2009, 390.