DEL SALE AND PURCHASE AGREEMENT
Capitolo Primo
NATURA E STRUTTURA
DEL SALE AND PURCHASE AGREEMENT
SOMMARIO: 1. Un contratto in lingua inglese. – 2. La questione dell’“Applicable Law”. – 2.1. La scelta di un diritto nazionale. – 2.2. Un contratto che mira a essere auto-sufficiente. – 2.3. Categorie giuridiche angloamericane e diritto italiano. – 2.4. Regole di interpretazione e uniformità del contratto. – 2.5. Va- lidità delle clausole nel diritto interno e norme di applicazione necessaria. – 3. Una vendita particolare. – 3.1. Agreement e closing. – 3.2. Il “Closing”. – 4. Le premesse al contratto ovvero i cosiddetti “Recitals”. – 5. Certain definitions. –
6. Sale and Purchase of the Shares. – 7. Interim Period. – 7.1. L’impresa nel corso dell’Interim Period. – 7.2. Gli interessi in conflitto del seller e del buyer. – 7.3. Undertakings of the Seller e promessa del fatto del terzo. – 7.4. La violazione delle R&W nell’Interim Period. – 8. Condition precedent. – 8.1. In che senso la condizione è “previa”. – 8.2. Condizione volontaria o condizione legale? – 8.3. Lo Spin-off aziendale prima del closing. – 9. Representations and Warranties. – 9.1. Dichiarazioni e garanzie (del venditore). – 9.2. Un problema di informazione e di prezzo. – 10. Miscellaneous Provisions. – 11. La clausola compromissoria.
1. Un contratto in lingua inglese.
Il testo contrattuale che studieremo, e che è qui allegato, è in lingua inglese per la semplice ragione che i contratti di vendita di partecipazioni societarie, oggi, sono scritti in tutto il mondo, anche in Italia, in lingua inglese, e ciò a prescindere dalla nazio- nalità delle parti contraenti e anche se per il resto tutti i criteri di collegamento sono con un Paese non anglosassone.
Il testo del nostro SPA è redatto in lingua inglese anche se ai
fini della legge applicabile tutti i criteri di collegamento sono con l’Italia: il seller è un socio italiano della target, il buyer è un ac- quirente italiano, la società di cui si compravendono le azioni ha sede in Italia, il diritto che le parti scelgono di applicare è il di- ritto italiano.
Malgrado la presenza di tutti questi collegamenti con il no- stro Paese, si è nondimeno scelto di scrivere il contratto in in- glese: perché dunque?
La cosa può sembrare strana tanto più che, per scrivere un contratto in inglese, bisogna non solo padroneggiare questa lin- gua e il lessico tecnico-giuridico anglosassone, ma bisogna so- prattutto pensare in inglese, cioè secondo la prassi contrattuale angloamericana in materia.
Una prima risposta al perché anche in Italia si concludono Sale and Purchase Agreements in lingua inglese per compra- vendere partecipazioni societarie è che questo tipo di contratto non è espressamente disciplinato dal diritto italiano come auto- nomo tipo contrattuale. Manca una disciplina legislativa apposi- ta malgrado, come detto, esso sia un contratto particolarmente rilevante sul piano economico.
Se prendiamo il Codice civile e cerchiamo di capire come è disciplinato il contratto di cessione di partecipazione di control- lo di una società per azioni, rimaniamo delusi. In nessuna parte del Codice c’è una disciplina specifica minimamente organica. Potremmo cercare nelle norme sulla vendita delle azioni di una
S.p.A. o nel Capo relativo alla vendita (eventualmente, allargan- do lo sguardo ad altri tipi di contratto d’impresa) e/o nel Capo relativo alla società per azioni (o, eventualmente, nel Titolo Del- le società). Ma esaminando il Capo relativo alla vendita trovia- mo solo la vendita a termine di titoli di credito (Sez. II, § 5, artt. 1531-1536 cod. civ.). Le azioni normalmente sono rappresentate da titoli azionari (art. 2346 cod. civ.), ma le norme sulla vendita a termine di titoli di credito accennano appena ai titoli azionari, peraltro con riguardo a profili assai specifici o rinviando mera- mente alle leggi speciali (art. 1531 ss. cod. civ.). Tutto considera- to, a ben vedere, nessuna norma – ma proprio nessuna nel Capo
Della vendita – si occupa in modo rilevante della cessione delle partecipazioni sociali, tanto meno di partecipazioni sociali di con- trollo di una società per azioni (per contro, vi sono norme pun- tuali e complesse che si occupano della vendita di eredità, con- tratto che, nella vita professionale, si incontra assai raramente).
Allargando lo sguardo agli altri contratti tipici, quello più pros- simo che possiamo rintracciare è il riporto (art. 1548 ss. cod. civ.), anche se le relative norme sono sparute e comunque non sono sufficienti a regolare una vendita di partecipazioni societarie.
Anche tra le norme sulla società per azioni o a responsabilità limitata e in generale nel Titolo Delle società, vi sono sì norme che regolano il trasferimento di azioni e quote sociali, ma nes- suna norma ha ad oggetto il tema centrale del nostro corso: la vendita di una partecipazione di controllo di una società.
Da questa sommaria disamina del Codice civile si trae una prima ragione per la quale chi vuole concludere una operazione economica di cessione di una partecipazione societaria adotta un testo come il Sale and Purchase Agreement: non c’è una disci- plina legale italiana.
In mancanza di una disciplina legale, l’acquirente e il vendi- tore di una partecipazione azionaria non possono comportarsi co- me le parti di altri contratti: accordarsi sui profili economici fon- damentali – l’oggetto, il prezzo, le modalità di pagamento e qual- che altro aspetto – e per il resto fare rinvio alla legge. Questo modo di concludere i contratti, che è usuale per altri tipi di con- tratto o per altri generi di compravendita, non è praticato né pra- ticabile nel caso della cessione di azioni. Accordarsi sugli ele- menti essenziali indicati non sarebbe mai sufficiente e un even- tuale rinvio alla legge, come detto, sarebbe un rinvio senza esi- to, sostanzialmente vuoto.
C’è una seconda ragione per cui per effettuare una cessione di partecipazioni societarie di controllo di società per azioni si usa il Sale and Purchase Agreement, anche se tutti i collega- menti del contratto fanno riferimento all’Italia. Per questo gene- re di contratto la presenza di criteri di collegamento con un de- terminato Paese non esclude l’esistenza di legami con altri Paesi
o la presenza di interessi fondamentali anche al di fuori di un singolo Paese. Le azioni di una società italiana possono essere acquistate da acquirenti italiani (come avviene nel nostro caso), ma questa circostanza è del tutto contingente. Una società italia- na (i.e. le sue azioni) possono benissimo essere acquistate da una società non italiana oppure da una società italiana ma appar- tenente ad un gruppo la cui capogruppo è straniera.
Spesso, se una società non italiana (per esempio, statunitense o giapponese) vuole acquistare una società italiana 1, non si renderà direttamente acquirente, ma costituirà in Italia una propria so- cietà controllata. In questo modo, l’acquirente della società italia- na, che è il soggetto che con la cessione della partecipazione di- venterà socio della società, sarà italiano. Gli interessi coinvolti nel contratto si trovano però anche fuori dall’Italia: nel nostro esem- pio, negli Stati Uniti o in Giappone dove ha sede la capogruppo.
Dunque le sedi delle società acquirente e acquisita possono non coincidere col luogo effettivo in cui si trova chi ha interesse a comprare le azioni.
Se si presta attenzione a tutto ciò, si capisce perché il contrat- to di cessione della partecipazione in una società italiana a una società pure italiana può benissimo essere scritto in una lingua diversa dall’italiano e in particolare in lingua inglese: gli inte- ressati alla sua conclusione, cioè chi decide di vendere e com- prare, possono non essere italiani.
Se gli interessati non sono italiani e, più in generale, non han- no la stessa nazionalità – ripeto che questa eventualità è più che normale – sarà più facile e comodo contrattare e accordarsi ado- perando la lingua comune del mondo degli affari che oggi è no- toriamente l’inglese.
Una terza ragione per cui un socio italiano che intende alie- nare le proprie partecipazioni di controllo in una società italiana non usa l’italiano, ma usa l’inglese per stendere il contratto, è
1 Visto che oramai ci siamo intesi sul fatto che si acquistano le azioni, non la società, d’ora in poi dirò talora per brevità che si compra “la società”. Conside- riamola una formula di comodo.
che usando la lingua inglese per contrattare e contrarre si amplia la platea dei possibili interessati. Si usa l’inglese perché si desi- dera ottenere per il trasferimento delle proprie azioni il maggio- re prezzo possibile, obiettivo che è più facile raggiungere met- tendo in concorrenza tra loro il maggior numero possibile di ac- quirenti, italiani e stranieri.
Se si usa la lingua italiana, difficilmente si potranno attirare acquirenti non italiani, che di solito non conoscono l’italiano. Questo discorso vale per tutte le lingue nazionali che non hanno diffusione internazionale e transnazionale.
Sia chiaro che l’uso di una lingua a raggio di diffusione ridotto non è sempre un inconveniente: che lo sia o no dipende dal tipo di contratto o meglio dalla sua rilevanza economica. Per contratti che hanno ricadute economiche circoscritte o valore non partico- larmente cospicuo, basterà una platea di interessati più ridotta per spuntare comunque condizioni di scambio soddisfacenti. Questo non vale per il contratto di vendita di partecipazioni societarie di controllo, in cui la rilevanza economica dell’affare restringe il numero dei possibili acquirenti e richiede pertanto di estendere il più possibile la loro ricerca, anche oltre i confini nazionali.
Nel Sale and Purchase Agreement la ricerca dei potenziali acquirenti ha dimensione sovranazionale e questa è una ragione per usare una lingua, l’inglese, che è compresa e parlata in tutto il mondo.
Per attirare il maggior numero di acquirenti, il socio della tar- get intenzionato a vendere le proprie azioni preparerà un testo di contratto e chiederà al mercato di fare delle offerte di acquisto sulla base del testo così predisposto. Il testo contrattuale confe- zionato dal venditore è quindi una componente fondamentale del- l’operazione economica. Tramite il testo del contratto, il socio della target rende noto a tutti i potenziali acquirenti: «io sono il socio di controllo della società tal-dei-tali; questo è il testo di contratto in base al quale sono disposto a vendere la mia parte- cipazione di controllo e ve lo sottopongo: fatemi dunque delle offerte per la mia partecipazione sulla base di questo mio testo, perché così voglio che sia impostata la cessione».
Per comunicare ciò al maggior numero di potenziali interes- sati, il socio della target non predisporrà più testi contrattuali, ciascuno in lingua diversa: uno in italiano per rivolgersi ai par- lanti italiano, uno in tedesco per rivolgersi ai parlanti tedesco, uno in francese per rivolgersi ai parlanti francese, ecc. Questa strategia di contrattazione rappresenterebbe non solo un dispen- dio inutile di costi e tempi, ma sarebbe anche inopportuna sotto il profilo tecnico-giuridico perché avere a che fare con più testi in lingua diversa genererebbe problemi di traduzione da una lin- gua all’altra (esaminando il nostro SPA avremo un saggio di questi problemi di traduzione tra l’inglese e l’italiano, cfr. infra cap. 3, §§ 1, 2, 3).
2. LA QUESTIONE DELL’“APPLICABLE LAW”.
2.1. La scelta di un diritto nazionale.
Quando si è di fronte a un contratto, la prima cosa da chiedersi è qual è la legge applicabile. Può essere che il contratto stesso, cioè una clausola del suo testo, dica qual è la legge che lo regola, ma non sempre le parti manifestano espressamente nel testo con- trattuale la propria scelta sulla legge applicabile. Essa potrebbe non risultare dal testo del contratto e nondimeno essere stata concordata altrimenti.
Se il contratto non dice qual è la legge applicabile e le parti non si sono accordate altrimenti in tal senso, per capire qual è la legge applicabile al contratto dovremo fare riferimento alle nor- me di diritto internazionale privato. Queste norme prevedono criteri di collegamento, cioè collegano il contratto a una deter- minata legislazione o, meglio, rinviano a un determinato ordina- mento entro al quale cercare le norme rilevanti.
I contratti più rilevanti oggi sottoscritti, comunque, prevedo- no quasi sempre espressamente, in una apposita clausola, qual è la legge applicabile. Nei Sale and Purchase Agreements trovia- mo quasi sempre l’indicazione della legge che li regola. Così per
esempio, la clausola 12.5 del nostro SPA intitolata «Applicable Law» stabilisce: «This Agreement shall be governed by, and construed and interpreted in accordance with the Laws of the Republic of Italy».
Posto che parlo di legge e diritto nazionale applicabili, mi si potrebbe obiettare di stare trascurando un fenomeno significati- vo della prassi contrattuale contemporanea, specialmente nel set- tore dei contratti di maggior rilievo economico e che riguardano la vendita e l’acquisto di partecipazioni societarie. Finora non ho infatti mai parlato della cosiddetta lex mercatoria ovvero dei principi o regole comuni del commercio internazionale.
Si sa che vari istituti pubblici e privati da decenni si curano di trasfondere in Codici e testi norme e/o istituti giuridici che sono di fatto diffusi e generalmente applicati e riconosciuti dalla prassi contrattuale internazionale. Si potrebbe ritenere che questi tentativi di uniformazione del diritto del commercio internazio- nale possono costituire la fonte di riferimento per i contratti più importanti come il Sale and Purchase Agreement. Viene infatti da pensare che se il contratto ha un profilo di internazionalità, esso non possa che essere regolato da principi sovranazionali e che non ci sia affatto bisogno di una legge nazionale.
In queste lezioni non mi occuperò della lex mercatoria o dei principi del commercio internazionale perché l’idea che il Sale and Purchase Agreement possa essere regolato da queste regole o principi è solo un’ipotesi teorica, cioè essa non trova alcun ri- scontro nella realtà, in ciò che effettivamente avviene nel mondo delle law firms internazionali.
L’ipotesi che il Sale and Purchase Agreement rinvii, anziché a una data legge nazionale, ai principi del commercio internaziona- le o a un corpus di regole affini è un’ipotesi puramente dottrinale. Che qualcuno scriva un Sale and Purchase Agreement sce- gliendo come legge applicabile la lex mercatoria o norme omo- loghe non è verosimile, perché queste regole e principi sono per- lopiù generici, vaghi e ambigui. V’è grande incertezza sia sul lo- ro significato, sia sulle loro possibili applicazioni concrete, per cui nessun operatore economico si fida di fare rinvio solo a tali
regole, senza prevedere come legge applicabile una legge na- zionale.
2.2. Un contratto che mira a essere auto-sufficiente.
Se riflettiamo su quanto abbiamo detto poc’anzi, vediamo pe- rò che il rinvio alla legge applicabile può essere un rinvio a vuo- to se, come nel caso del rinvio alla disciplina legale italiana, manca una disciplina della cessione di partecipazioni societarie di una società per azioni.
Se le parti volessero davvero regolare il loro rapporto in base a una data legislazione nazionale, nel sceglierla dovrebbero pre- murarsi di accertare che le norme legali necessarie esistano in quell’ordinamento. Questo di fatto non avviene, e non avviene perché non è affatto vero che le parti di un Sale and Purchase Agreement vogliono regolare il loro rapporto sulla base dei dirit- ti nazionali.
Il Sale and Purchase Agreement è un contratto che non è so- lo scritto in lingua inglese ma è in primo luogo pensato secondo le categorie angloamericane. E anche se le parti dicono quale leg- ge lo regola (per esempio il diritto italiano), in realtà il Sale and Purchase Agreement è un contratto fatto e pensato per non esse- re integrato da una disciplina legale (per esempio il diritto ita- liano).
La clausola sulla legge applicabile non deve essere intesa come una dichiarazione di volontà delle parti che il loro rappor- to sia regolato dalla legge così scelta: indica solo un criterio sus- sidiario, o se si vuole l’extrema ratio. Nell’ottica delle parti, la legge applicabile dovrebbe rilevare solo nella (sfortunata) ipote- si in cui esse non s’intendano su cosa hanno scritto o, contro le intenzioni, abbiano lasciato scoperto qualche aspetto. Il che non vuole affatto dire che la legge applicabile non sia rilevante, co- me vedremo (infra cap. 4, §§ 6, 7, 8 sulle clausole relative al- l’aggiustamento del prezzo e alla sua determinazione; cap. 5 sulle Representation and Warranties e cap. 6 sui rimedi a disposizio- ne del seller e/o del buyer).
Il Sale and Purchase Agreement mira quindi a prevedere tut- to ciò che è necessario, senza che occorra fare riferimento al di- ritto applicabile per integrarlo o completarlo. Ciò non dipende dal fatto che, nel nostro esempio, i contraenti hanno scelto come legge applicabile quella del nostro Paese. Il Sale and Purchase Agreement pretende di essere autosufficiente quale che sia il Paese del mondo con cui esso ha collegamenti (vi sia o no in questo Paese una disciplina legale sul tema: in Italia, s’è detto, non c’è).
La situazione di fronte a cui ci troviamo è quindi la seguente: abbiamo un contratto scritto e pensato sulla base di categorie angloamericane che dice (vorrebbe dire) tutto ciò che occorre, le cui parti decidono di scegliere come legge applicabile il diritto italiano, il quale dal canto suo non disciplina questo contratto.
Questa situazione è frequentissima oggi con riguardo ai con- tratti economicamente rilevanti anche se suona quasi paradossa- le. Parlo di paradosso perché il Sale and Purchase Agreement manifesta due anime quasi opposte: per un verso, è un contratto alieno, cioè costruito sulla base delle categorie giuridiche an- gloamericane, che si vuole emancipare da ogni diritto o legge (non importa di quale legge stiamo parlando, se nazionale o no come la lex mercatoria sopra nominata); per altro verso, preve- de sempre una legge/un diritto (nazionale) applicabile, che può essere assai diverso da quello angloamericano, come nell’esem- pio del diritto italiano scelto dalle parti.
2.3. Categorie giuridiche angloamericane e diritto italiano.
Se esaminiamo la clausola Applicable Law sopra citata (per comodità, la riporto: «This Agreement shall be governed by, and construed and interpreted in accordance with the Laws of the Republic of Italy»), vediamo che il contratto dice non solo di es- sere regolato dal diritto italiano, ma anche di dover essere co- struito e interpretato in accordo col diritto italiano.
Letteralmente “governed” vuol dire “retto”, cioè che la legge applicabile è quella italiana; invece, “interpreted ” fa riferimento
a una figura che non è perfettamente corrispondente a quella ita- liana della interpretazione del contratto: l’interpretation è quel- l’attività con la quale il giudice o l’arbitro attribuiscono al con- tratto il significato che le parti hanno previsto. Diversa dalla in- terpretation è la construction, che è un procedimento con cui il giudice o l’arbitro non si limitano a dare significato alle clausole contrattuali ma integrano il contenuto del contratto; in qualche modo la construction si avvicina alla nostra qualificazione e, per esempio, può portare a identificare qualche obbligazione acces- xxxxx che le parti non hanno espressamente previsto ma che si deve ritenere implicita in ciò che esse hanno scritto.
Questa clausola fa risaltare il paradosso a cui s’è poc’anzi accennato: un testo contrattuale scritto e pensato secondo le ca- tegorie di un dato diritto (quello angloamericano) chiede di es- sere inteso secondo un diritto diverso (quello italiano).
Al di là del paradosso, questa clausola genera non pochi pro- blemi interpretativi come dirò e come conferma la clausola 12.8
«Language» la quale prevede che «Except for certain documents contained in the Schedules hereto, which are in languages other than English, this Agreement shall be executed in English, which shall be the only language governing this Agreement».
Il testo del nostro SPA dice di dover essere stipulato in lingua inglese, fatti salvi alcuni allegati, e che la lingua inglese deve essere l’unica lingua che regola l’accordo.
Esaminando le due clausole 12.5 e 12.8, ricaviamo quindi che il contratto è scritto in inglese e dice di dover essere inter- pretato secondo il diritto italiano (che è il diritto applicabile), ma che le regole della lingua da tenere presenti sono quelle della lingua inglese.
Per capire il senso delle due clausole, è necessario distinguere tra il contratto come fonte normativa e la legge o il diritto a esso applicabile, da un lato, e il testo in cui esso è redatto e il contesto a cui si deve fare riferimento per darvi significato, dall’altro lato.
Se si vuole capire come funziona il Sale and Purchase Agree- ment e, con esso, moltissimi altri importanti contratti odierni, bisogna distinguere tra il contratto come norma e il contratto co-
me testo e tra le regole giuridiche (di un dato diritto come il di- ritto italiano) e le regole linguistiche (di una certa lingua come quelle dell’italiano o dell’inglese).
Il Sale and Purchase Agreement è sia un contratto, vale a di- re una norma o meglio un insieme di norme che hanno “forza di legge” tra le parti, sia un testo contrattuale cioè un insieme di clausole. È un atto di autonomia privata a cui si applica la legge italiana ma pensato e scritto secondo le categorie e il lessico tec- nico-giuridico angloamericano, per cui il significato di ciò che è scritto va ricercato tenendo conto delle regole proprie di questo contesto giuridico e ambito linguistico.
In definitiva, per studiare il SPA dovremo tenere conto i) dei concetti e delle categorie del mondo giuridico angloamericano in cui esso è pensato e scritto; ii) delle norme del diritto contrat- tuale italiano che è stato scelto dalle parti.
Basti pensare che se traduciamo “Sale and Purchase Agree- ment”, otteniamo “accordo di vendita e acquisto”, ma il Sale and Purchase Agreement come tale non trasferisce diritti, in con- formità alla definizione di vendita del diritto italiano (art. 1470 cod. civ.). Il trasferimento delle azioni si produce infatti non con il SPA e al momento della sottoscrizione del SPA (cioè non è contestuale all’“execution of the contract”), ma in un momento successivo e tramite un altro atto denominato “Closing” (infra cap. 1, § 3.2).
L’interprete di un Sale and Purchase Agreement deve dun- que decodificare il testo del contratto secondo le categorie giu- ridiche e linguistiche del diritto angloamericano e della lingua inglese, e riqualificare le sue norme secondo le categorie giuri- diche del diritto che regola il contratto (nel nostro caso, il diritto italiano). Deve fare in modo che il contratto alieno venga ad abi- tare nel diritto italiano.
2.4. Regole di interpretazione e uniformità del contratto.
Quanto detto induce a porsi una domanda fondamentale: nel diritto italiano, le parti di un contratto possono validamente im-
porre all’interprete (e in primis al giudice) regole sull’interpre- tazione del contratto? 2.
Pattuire regole apposite per determinare il significato delle clausole contrattuali è frequente nei contratti alieni, pensati se- condo categorie giuridiche non italiane, originari di altri sistemi giuridici; i contratti alieni sono infatti destinati a circolare nel mercato globale e chi li redige vuole evitare che abbiano un’in- terpretazione differente nei vari Paesi.
Se pensiamo, per esempio, a una multinazionale che opera in tutto il mondo è chiaro che essa vuole che il contratto da essa elaborato sia identico per tutte le controparti in tutti i Paesi del mondo in cui opera: se il contratto fosse interpretato diversamente a seconda della nazionalità delle parti e magari in uno Stato al- cune clausole fossero giudicate nulle si porrebbero difficili pro- blemi di gestione.
Dico solo per inciso che una multinazionale potrebbe sce- gliere di applicare al contratto il diritto del suo Paese ma non è sempre detto che riesca ad imporre l’applicazione della propria legge e neppure che questa legge sia sempre preferibile a quella per esempio di un Paese terzo (per esempio per gli aspetti fiscali). La scelta della legge applicabile al contratto non dipende so-
lo dalla forza economica delle parti ma dall’esercizio delle ca- pacità di negoziazione; inoltre, in sede di redazione del contratto potrebbe giovare cedere in punto di legge applicabile in cambio dell’accettazione da parte della controparte di un’altra clausola assai vantaggiosa per sé.
L’obiettivo del seller di un Sale and Purchase Agreement è dunque quello di avere contratti che «reggono» in tutti i Paesi in cui essi sono destinati ad operare, senza differenze di sorta da Pae- se a Paese; con l’espressione “reggere” intendiamo non solo che i Sale and Purchase Agreements siano considerati validi, ma an- che che siano interpretati allo stesso modo così da avere un’appli- cazione uniforme.
2 Il tema è approfondito in DE NOVA, Il contratto alieno, 2ª ed., Xxxxxxxxxxxx, Torino, 2010, pp. 51 ss. e 95 ss.
Per questa ragione i contratti oggi più rilevanti del commer- cio internazionale e tra essi i Sale and Purchase Agreements so- no – come si è detto – contratti molto dettagliati e tendenzial- mente autosufficienti, che almeno in linea di principio non han- no bisogno di essere integrati da parte della legge applicabile.
2.5. Validità delle clausole nel diritto interno e norme di ap- plicazione necessaria.
Tutto questo discorso, naturalmente, vale nei limiti in cui le norme nazionali applicabili al contratto sono norme derogabili o dispositive, non se esse sono imperative: solo le norme deroga- bili da parte dei contraenti possono infatti essere sostituite dalle regole preferite dalle parti.
Tenere conto della distinzione tra norme di diritto dispositivo o derogabili e norme imperative è fondamentale, perché quando le parti prevedono nel contratto che si applichi il diritto italiano o francese o norvegese il rinvio all’ordinamento prescelto vale per tutte le norme di quell’ordinamento e dunque sia per le nor- me dispositive, sia a maggior ragione per le norme imperative.
Dovremo dunque chiederci se tutte le clausole del nostro SPA siano valide per il diritto applicabile: nel nostro caso, per il dirit- to italiano. Il giudice o l’arbitro, chiamato a dirimere una contro- versia sorta tra il seller e il buyer, deve applicare il diritto italia- no perché così le parti del nostro SPA hanno voluto e dovrà quin- di valutare se le sue clausole siano conformi o contrarie alle nor- me imperative ordinarie del diritto italiano. Vedremo a proposi- to di diversi aspetti che questo vaglio di validità genera proble- mi non trascurabili al giurista e all’interprete italiano.
Nell’ipotesi di un giudizio in Italia, dobbiamo anche chiederci se il diritto italiano si applicherebbe comunque anche se il seller e il buyer avessero stabilito che il diritto applicabile al SPA non è quello italiano ma per esempio quello di un altro Paese. In al- tre parole, un giudice italiano chiamato a giudicare sul SPA è tenuto ad applicare alcune regole di diritto interno, a prescindere dalla scelta della legge applicabile delle parti? Per esempio, se
le parti avessero scelto come diritto applicabile il diritto francese, il giudice italiano sarebbe obbligato ad applicare tout court il di- ritto francese, senza che vi sia alcuno spazio per il diritto italiano? La risposta è che il giudice di uno Stato, nell’esempio il giu- dice italiano, deve verificare che il SPA sia conforme alle norme di applicazione necessaria e alle norme di ordine pubblico inter-
nazionale.
3. Una vendita particolare.
3.1. Agreement e closing.
Il nostro contratto ha come intestazione “Sale and Purchase Agreement” cioè compravendita.
Ma, come accennavamo poc’anzi (supra cap. 1, § 2.3), nel no- stro SPA il momento del trasferimento della cosa, cioè delle azioni della target, avviene in un momento successivo alla sot- toscrizione: si parla di “Closing” e di “Closing Date” (che è la data in cui è previsto il Closing).
Nel nostro SPA le parti dichiarano, con un’espressa defini- zione (clausola 1.1. «Definitions»), di intendere per «“Closing” (…) the purchase and sale of the Shares, the payment of the Purchase Price and, in general, the execution and exchange of all documents and agreements and the performance and con- summation of all obligations and transactions, respectively re- quired to be executed and exchanged and performed and con- summated on the Closing Date pursuant to this Agreement».
Nel nostro caso, quindi, il Closing consiste di un insieme complesso di atti/attività tramite le quali l’acquirente da un lato ottiene il trasferimento delle azioni della target e dall’altro lato paga il prezzo. La clausola 5.2 b) del SPA ribadisce infatti che:
«the Buyer shall: (i) pay or cause to be paid to the Seller the Purchase Price».
La sequenza Sale and Purchase Agreement/Closing, non ri- sponde alle categorie a noi note.
Non si può dire infatti che il SPA sia un contratto preliminare cui debba seguire un contratto definitivo, né dire che il SPA sia una vendita definitiva e traslativa.
3.2. Il “Closing”.
Dunque, come mostra la definizione, il Closing si riferisce per un verso all’esecuzione del contratto, per altro verso al Pur- chase and Sale of the Shares (acquisto/vendita) delle azioni e al Payment of the Purchase Price (pagamento del prezzo).
Di conseguenza, il SPA definisce il Closing come la vicenda in cui si ha l’acquisto e la vendita delle partecipazioni sociali della target, ma il SPA stesso – come dice il suo nomen iuris – è un accordo di acquisto e vendita. Abbiamo quindi due vicende, di cui una (il SPA) si chiama compravendita ma pare non esserlo (il nostro SPA non ha effetto traslativo in sé e per sé come det- to), e l’altra (il Closing), che per il giurista italiano non sembra nemmeno un contratto, è per contro definita come una compra- vendita di azioni.
Se esaminiamo un poco più nel dettaglio la definizione, ve- diamo che il Closing consiste allo stesso tempo ne:
a) «the purchase and sale of the Shares»,
b) «the payment of the Purchase Price» 3,
c) «the execution (…) of all (…) agreements and the perfor- mance and consummation of all obligations and transactions, respectively required to be executed (…) and performed and consummated on the Closing Date pursuant to this Agreement». L’elemento sub a) indica uno scambio di qualcosa (azioni) ver-
so un prezzo; l’espressione “purchase and sale of the Shares” indica l’effetto traslativo della titolarità delle azioni, che avviene in un momento successivo e diverso rispetto alla stipulazione del SPA.
3 Purchase Price è il prezzo di compravendita determinato alla clausola 2.2 (a) come «The aggregate amount to be paid on the Closing Date by the Buyer to the Seller in consideration of the purchase and sale of the Shares (…) € […]».