INTRODUZIONE 2
INDICE:
INTRODUZIONE 2
CAPITOLO I.
SMART CONTRACTS: CONTRATTI SU REGISTRI DISTRIBUITI 4
1. Distributed Ledger Technologies e Blockchain 4
2. Brevi cenni storici 8
3. Il contratto intelligente 10
4. Un contratto senza inadempimento e necessariamente condizionato
...............................................................................................................16
5. Volontà e identificazione delle parti 21
6. Linguaggio degli Smart Contracts 24
CAPITOLO II 28
NORME CONTRATTUALI E INTERVENTI LEGISLATIVI IN TEMA DI SMART CONTRACTS 28
1. L’intervento del legislatore nazionale 28
2. Le discipline eurounitarie e il confronto con l’esperienza americana
...............................................................................................................32
3. Disciplina generale del contratto e Smart Contracts 35
4. Il problema del diritto di recesso 46
5. La necessità di un intervento normativo in tema di Smart Contracts
...............................................................................................................51
CAPITOLO III 54
APPLICAZIONI DEGLI SMART CONTRACTS 54
1. Smart Contracts nel settore finanziario 54
2. Smart Contract nel settore dell’energia elettrica 60
3. Smart Contracts e diritto del lavoro: nuove prospettive 67
5. Smart Contracts e diritto dei consumatori 82
CONCLUSIONI 87
BIBLIOGRAFIA 89
INTRODUZIONE
L’elaborato si pone l’obiettivo di inquadrare (in modo affatto che esaustivo) l’avvento degli Smart Contracts (e delle tecnologie che ne sono alla base) nel mondo dei contratti oggigiorno in continuo divenire.
Il concetto tradizionale di contratto, di cui agli artt. 1321-1469 c.c., non esaurisce le tipologie di contratti oggi esistenti; né si può affermare che tali norme possano ritenersi esaustive in materia contrattuale.1
È indubbio che, ormai da anni, stiamo vivendo un processo di
c.d. decodificazione, in cui ci si allontana dalle norme generali per lasciare maggiore spazio a norme speciali.2
Per tale motivo sarebbe anacronistico affermare che il paradigma codicistico in tema di contratti rappresenti ancora la regola in materia.
Al giurista moderno è chiaro che il tradizionale rapporto tra norme generali e norme speciali non sia più aprioristicamente accettabile, essendo considerevolmente mutato il contesto su cui era fondata la presunta supremazia ed esaustività delle norme codicistiche in tema contrattuale.
Infatti, nonostante la presenza dell’art. 1323 c.c., il quale stabilisce che tutti i contratti sono sottoposti alle norme generali presenti nel codice civile, si può ritenere che si possano applicare in via analogica anche norme sui contratti non ricomprese nella parte generale del codice.3
L’eccezione può essere regola (scusate l’ossimoro) per applicare e/o estendere in via analogica al caso concreto la norma che si ritiene più adeguata, sia essa generale o speciale.
1 X. XXXXXXX, Smart Contracts e disciplina dei contratti, Bologna, 2021, p. 15.
2 Sul punto già XXXXXXXX XXXX, L’età della decodificazione, Milano, 1978
3 X. XXXXXXX, Op. Cit., p. 19
Il processo evolutivo in tema contrattuale porterà, infatti, a fare uso anche di DLT (Distributed Ledger Technology), Blockchain e Smart Contracts.
Davanti queste nuove tecnologie per la conclusione e/o esecuzione di contratti, le norme generali previste dal codice civile e anche le più recenti regole in tema di contrattazione digitale si rivelano insufficienti, sia per comprendere sia per disciplinare tale nuovo fenomeno.
Le norme disciplinate dal legislatore del ’42 per gli scambi economici evidenziano incongruenze se applicate alle nuove realtà.
Come anticipato, l’elaborato prenderà in considerazione l’introduzione delle nuove tecnologie per la conclusione e/o l’esecuzione dei contratti, incentrandosi sul fenomeno degli Smart Contracts; in particolare sulla possibilità o meno di qualificare (alcuni) Smart Contracts come dei veri e propri contratti.
Il tema è divenuto negli anni giuridicamente rilevante (soprattutto in ambito internazionale) grazie alla possibilità di far girare gli Smart Contracts sulle Blockchains o generalmente sulle DLT.
I temi sopra brevemente descritti saranno affrontati nei successivi capitoli, chiarendo in primo luogo cosa sono e le potenzialità in ambito contrattuale delle DLT, delle Blockchains e, quindi, degli Smart Contracts. Successivamente, ci si interrogherà sulla qualificazione degli Smart Contracts stessi, nonché sulle norme (nazionali e internazionali) che possono disciplinare tali contratti.
Infine, ci si soffermerà sulle applicazioni degli Smart Contracts in ambito contrattuale.
CAPITOLO I.
SMART CONTRACTS: CONTRATTI SU REGISTRI DISTRIBUITI
Sommario: 1.DLT e Blockchains – 2. Brevi cenni storici – 3. Il contratto intelligente – 4. Un contratto senza inadempimento e necessariamente condizionato – 5. Volontà e identificazione delle parti – 6. Linguaggio degli Smart Contracts
1. Distributed Ledger Technologies e Blockchain
Prima di entrare in questioni prettamente giuridiche riguardanti gli Smart Contracts, ritengo necessario un breve cenno sulle nuove tecnologie che permettono agli smart contracts stessi di essere rilevanti in materia contrattuale, grazie alle caratteristiche che tali tecnologie hanno intrinseche.
È opportuno, quindi, partire da queste nuove tecnologie e dalla loro applicazione in tema contrattuale.
Le DLT (Distributed Ledger Technologies) sono registri distribuiti in cui è consentito immettere tutti i dati e le informazioni rilevanti per la conclusione e l’esecuzione dell’accordo tra le parti. Il vantaggio è di rendere tali dati immodificabili e, di conseguenza, certi.
Le parti possono entrare direttamente in contatto tra loro, creando quella disintermediazione tipica di questi registri distribuiti. È preclusa l’evenienza che un terzo possa bloccare l’esecuzione del contratto o che tale operazione sia rimessa alla volontà delle parti stesse. L’inadempimento è un’operazione non configurabile con la natura delle DLT; una volta affidata al registro la conclusione dell’accordo e la sua stessa esecuzione, l’inadempimento non è contemplabile.
Coesistono così nel registro due fasi dell’accordo: la conclusione e l’esecuzione. Entrambe le fasi dell’accordo affidate alla macchina “acquistano” un alto grado di sicurezza.
In generale, le DLT sono delle tecnologie in grado di gestire transazioni tra utenti di una rete, registrando e conservando in maniera certa e immodificabile i dati riguardanti l’accordo attraverso i propri archivi.
In Italia il riconoscimento legislativo è recente, avendo introdotto il legislatore l’articolo 8-ter del D.L. 14 Dicembre 2018, n.135 (convertito con Legge 11 Febbraio 2019). Al primo comma viene offerta la definizione di tecnologie basate su registri distribuiti, che afferma: “Si definiscono «Tecnologie basate su registri distribuiti» le tecnologie e i protocolli informatici che usano un registro condiviso, distribuito, replicabile, accessibile simultaneamente, architetturalmente decentralizzato su basi crittografiche, tali da consentire la registrazione, la convalida, l’aggiornamento e l’archiviazione di dati sia in chiaro che ulteriormente protetti da crittografia verificabili da ciascun partecipante, non alterabili e non modificabili”.
Si è detto che le Tecnologie basate su registri distribuiti sono un ampio genus, all’interno del quale si possono trovare diverse species, tra le quali le Blockchains.
Una Blockchain è un database distribuito; un registro strutturato in blocchi, privo di un database centrale. A quest’ultimo si sostituiscono i vari nodi della rete, che operano come registri diffusi. Il registro è condiviso tra tutti i nodi partecipanti al sistema e ogni modifica è soggetta all’approvazione di tutti i nodi.4
Tramite il sistema che sfrutta la crittografia e consente la conservazione dei dati e delle varie informazioni digitali in
4 Sulle caratteristiche della Blockchain, R. DE CARIA, The Legal Meaning of Smart Contracts, 733, così sintetizza: “a block chain is a type of database that takes a number of records and puts them in a block (rather like collating them on to a single sheet of paper). Each block is then “chained” to the next block, using a cryptographic signature. This allows block chains to be used like a ledger, which can be shared and corroborated by anyone with the approriate permissions”
modo certo e immodificabile, la Blockchain soddisfa le esigenze di massima sicurezza della circolazione di beni e diritti.
A ogni partecipante sono affidate due chiavi (una pubblica e una privata) associate a un indirizzo; con la chiave pubblica è possibile risalire all’indirizzo cui è univocamente collegata in modo tale da individuare il soggetto titolare. Grazie al sistema della crittografia e del c.d. timestamping (marcatura temporale) è nota la provenienza e l’ora delle transazioni effettuate.5
Le Blockchains possono distinguersi in:
- permissionless, che non hanno limiti all’ingresso di nuovi nodi e a ciò che questi ultimi possono fare;
- permissioned, ove solo alcuni nodi possono approvare e aggiungere nuovi blocchi all’interno della catena
- private, che sono accessibili solo a specifici soggetti.
Tra le Blockchains più importanti troviamo Bitcoin ed Ethereum, entrambe blockchains permissionless.
Bitcoin è descritto per la prima volta in un articolo tecnico del 2008, pubblicato da Xxxxxxx Xxxxxxxx (pseudonimo) come un sistema di contabilizzazione di oggetti digitali trasferibili.6
Da segnalare sicuramente anche Ethereum che, ereditando molte delle caratteristiche di Bitcoin, è la prima Blockchains che accende il dibattito giuridico, essendo stata progettata per la scrittura di Smart Contracts che consentano lo scambio e il trasferimento di valori diversi dalla criptovaluta (come nel caso di Bitcoin appunto).
Ethereum consente, infatti, transazioni peer to peer di beni anche diversi dalla moneta. In concreto, gli Smart Contracts su Ethereum possono, per esempio, essere impiegati nei servizi di
5 X. XXXXXXXX, il contratto intelligente: questioni di diritto civile, in Judicium, 2020,12, par.1
6 X. XXXXXXXX, Bitcoin: a peer-to-peer electronic cash system, 2008
crowdfunding, nella registrazione dei domini in operazioni finanziarie e nella gestione di sistemi elettorali.7
La moneta utilizzata è Ether, senza la quale gli Smart Contracts su Ethereum non potrebbero girare.
Ethereum introduce quindi una Blockchain in cui l’attività principale è quella di implementare gli Smart Contracts.
La rapida espansione delle Blockchains ha così portato alla “tokenizzazione” di diversi tipi di beni, ossia la trasposizione di beni, diritti e valori su Blockchain. I beni così tokenizzati possono circolare sulle varie piattaforme digitali. È per tale motivo che si è parlato di “Internet Of Value” in riferimento alle Blockchains, intendendo la circolazione online di valore.
7 Ethereum, cos’è, come funziona, differenze Bitcoin, in xxx.xxxxx.xx/xxxxxxxx consultato il 9 Aprile 2021
2. Brevi cenni storici
La prima volta in cui gli Smart Contracts furono teorizzati fu in un Post di Xxxx Xxxxx nel 1994, seguito da tre articoli in anni successivi dello stesso autore.8
Originariamente l’idea prendeva spunto da un distributore automatico tramite il quale fosse possibile trasferire utilità in esecuzione di un algoritmo: così era definito lo Smart Contract. Infatti, all’interno del Post, Xxxxx descrisse lo Smart Contract come un protocollo di transazione computerizzato che esegue i termini di un contratto, con l’obiettivo generale di eseguire le clausole contrattuali comuni.
Dalla descrizione così fatta di Xxxxx Contracts emerge che nell’idea di Xxxxx quest’ultimo non fosse un contratto, bensì solamente un “code” idoneo a dare esecuzione a un contratto.
Gli Smart Contracts avrebbero avuto il pregio di abbattere i costi e di garantire certezza nell’esecuzione, in quanto pensati come algoritmi che avrebbero impedito alle parti la scelta sull’eventuale adempimento.
Emerge, quindi, che originariamente gli Smart Contract erano pensati al di fuori delle DLT; ben possono, infatti, non girare su registri distribuiti.
La prospettiva muta nel 2008, dopo che un autore dallo pseudonimo di Xxxxxxx Xxxxxxxx pubblica un articolo in cui descrive un sistema per la contabilizzazione di oggetti digitali trasferibili, i Bitcoin. La possibilità di trasferire asset digitali in modo sicuro e decentralizzato e di basare la contabilità sulla Blockchain, ha fatto sì che il software Bitcoin acquisisse sempre
8 X. XXXXXXX, Op. Cit., pp. 29-30
maggiore attenzione e iniziasse a essere utilizzato come mezzo di scambio del valore in molteplici ambiti. Da queste premesse fu sviluppata nel 2014 la piattaforma Ethereum, ideata come un dispositivo distribuito di computazione che può eseguire programmi. Le applicazioni di questi programmi furono varie, tra le quali: servizi finanziari decentralizzati, assicurazioni, meccanismi di votazione ecc.
È per questi programmi che fu coniato il termine Smart Contracts.
A oggi, in generale, gli Smart Contracts possono adempiere molteplici funzioni riguardanti sia la fase di conclusione del contratto, che quella di esecuzione dello stesso. Altresì possono solo eseguire un contratto, senza averlo precedentemente concluso; come anche eseguire altri protocolli esterni al contratto.
Ciò che è importante chiarire fin da subito, è che non tutti gli Smart Contracts sono giuridicamente rilevanti.9
9 A tale proposito, X. XXXXX, Automazione contrattuale e “contratti intelligenti”,
p. 119, “ non tutto ciò che è eseguibile è giuridicamente rilevante” adducendo come esempio lo smart contract utilizzato per lo svolgimento di processi non contrattuali, come una procedura di voto on line.
3. Il contratto intelligente
Una volta conclusa una veloce premessa sulle nuove tecnologie di DLT e Blockchains e sull’evoluzione storica dentro la quale esse si sono sviluppate, occorre finalmente incentrare la nostra attenzione sugli Smart Contracts. Come affermato da X. Xxxxxxx in un recente webinar, la circolazione della ricchezza porta alla creazione di nuovi contratti. E, infatti, se i token come supra affermato costituiscono la rappresentazione digitale di beni e diritti, gli Smart Contracts sono lo strumento tramite cui è possibile gestire la loro circolazione. Tuttavia uno Smart Contract non è sempre un contratto giuridicamente inteso (ma ne dovrà integrare i requisiti); più semplicemente, in generale, sono degli strumenti per la negoziazione, conclusione e automatica applicazione di rapporti contrattuali. 10 Il suo inquadramento giuridico è, quindi, ancora dibattuto. La riflessione parte con il premettere che non esiste l’ontologia dello Smart Contract, bensì ci sono varie opinioni tra chi li distingue fra Ricardian Contracts, data-oriented contracts ecc... limitandosi agli Smart Contracts che girano su DLT e chi invece utilizza accezioni più ampie (come si è supra detto gli Smart Contracts possono girare fuori dalle DLT).
Infatti, utilizzando genericamente l’espressione “Smart Contracts” si intendono diversi tipi; e non tutti sono qualificabili come contratti.
Basti pensare alla prima definizione data di Smart Contracts dallo stesso Xxxxx nel Post del 1994, dove appunto non si
10 X. XXXXXXX, Blockchain e automazione contrattuale:. Riflessioni sugli smart contract, in La Nuova Giurisprudenza Civile Commentata, 2017,1, p. 111
parlava di un contratto ma di un code per dare esecuzione a un contratto, garantendone l’adempimento. 11
Attualmente invece, in generale, con il termine Smart Contracts si suole fare riferimento a protocolli di transazione, che possono riguardare la fase di conclusione ed esecuzione di un contratto, la sola esecuzione o anche l’esecuzione di altri protocolli al di fuori dei contratti stessi.12
A questo punto è evidente come gli Smart Contracts possono raggruppare varie tipologie.
Come detto, quindi, le Blockchains non sono una condicio sine qua non per gli Smart Contracts.
Tuttavia, ai fini di ciò che si vuole esporre in questo elaborato, gli Smart Contracts che assumono rilevanza sono solo gli Smart Contracts che girano sulle DLT, consentendo sia la conclusione sia l’esecuzione del contratto. Per identificare tale tipo di Smart Contracts si è soliti usare il termine “Smart Legal Contracts”; tuttavia è una definizione impropria dato che non mancano esempi in cui con tale terminologia sono stati indicati anche smart contracts che meramente danno esecuzione ad accordi presi al di fuori delle DLT.
In ogni caso, d’ora in poi, utilizzando il termine Smart Contract nel prosieguo della trattazione si intenderà solo lo smart contract che è concluso ed eseguito sulle DLT, che pare fuor dubbio siano, ai sensi dell’art. 1321 c.c., accordi fra due o più parti volti
11 Così il glossario di Xxxx Xxxxx, nel Post del 1994, afferma: “A smart contract is a computerized transaction protocol that executes the terms of a contract. The general objectives of smart contract design are to satisfy common contractual conditions (such as payment terms, liens, confidentiality, and even enforcement), minimize exceptions both malicious and accidental, and minimize the need for trusted intermediaries. Related economic goals include lowering fraud loss, arbitration and enforcement costs, and other transaction costs[1].
Some technologies that exist today can be considered as crude smart contracts, for example POS terminals and cards, EDI, and agoric allocation of public network bandwidth.
12 X. XXXXXXX, Op. Cit., p.30
a costituire un rapporto giuridico patrimoniale e, quindi, qualificabili come contratti. 13
Del resto, solo avendo come sottostruttura una Blockchain, gli Smart Contracts manifestano la loro rigidità in tema di: irreversibilità, ossia l’assoluta certezza dell’an della prestazione; impermeabilità, ossia l’impossibilità di intervenire e modificare quanto in esso contenuto.
Lo Smart Contract, infatti, opererà sulla base di quanto a esso impartito all’interno del codice. Quindi, lo Smart Contract è definito da ciò che è scritto all’interno del codice utilizzando il linguaggio14 della macchina (Go, Java, Solidity ecc) e, una volta attivato, inizia l’esecuzione del contratto. Proprio sul tema del linguaggio si manifesta una delle problematiche che circondano il mondo degli Smart Contracts, riservandomi la facoltà di trattare l’argomento più avanti.
La peculiarità, quindi, consiste nell’impossibilità di interrompere l’attivazione, cosicché l’eventuale volontà di un contraente di non adempiere non inficerà sull’esecuzione del contratto.
Il codice della macchina opera secondo uno schema ben definito, o meglio sulla base di una struttura logica del tipo: if this then that. Al verificarsi di un dato evento conseguirà qualcosa.
Sulla base di ciò che sarà descritto nel codice, la macchina concluderà un contratto, oppure darà esecuzione al contratto oppure ancora a solamente una clausola del contratto. Quando il code invece consente sia la conclusione che l’esecuzione del contratto, avremo i termini economici rappresentati nel codice sorgente e la macchina di conseguenza andrà a eseguire il codice.
Alla luce di quanto detto, possiamo affermare che il “contratto intelligente” è un contratto informaticamente programmato per eseguirsi automaticamente al realizzarsi di determinate condizioni preimpostate. 15
13 X. XXXXXXX, Op. Cit., p. 33
14 vedi infra cap.1, par. 6
15 Così anche X. XXXXXXXX, Il contratto intelligente: questioni di diritto civile, in Judicium, 2020,12, par. 2.2 e A.M. XXXXXXX, Il contratto giusto, in Rivista di Diritto
Provando a suddividere in fasi il processo degli Smart Contracts, ne possono essere richiamate tre.
La prima fase, dunque, consiste nella redazione in linguaggio informatico delle istruzioni per il funzionamento del software all’interno del codice della macchina. Avendo chiaro che quanto contenuto nel codice sarà poi immodificabile e irretrattabile, è chiaro che questa fase sia estremamente delicata. Le parti contrattuali, infatti, dovranno non solo trasporre alla macchina il voluto; ma essere anche già in grado di programmare all’interno del codice tutte le possibili sopravvenienze, operazione tutt’altro che semplice (special modo se si tratti di contratti a prestazioni periodiche e/o non istantanee). Ebbene, ciò che può essere un vantaggio degli Smart Contracts, dato che “Il vantaggio dell’utilizzazione di uno smart contract si rinviene nella circostanza che esso può includere una serie infinita di opzioni concepite, secondo linguaggio informatico, come altrettanti if- then, dunque può essere previsto un numero infinito di clausole che stabiliscono, in un dato momento e tenendo conto delle circostanze concrete (if), il contenuto delle prestazioni delle parti (then) […] una gestione più efficiente dell’esecuzione del contratto che, mediante la previsione di un’innumerevole varietà di eventi tradotte nella formula if-then, consenta di contenere in modo significativo il problema delle sopravvenienze e di assicurare la conservazione dell’equilibrio contrattuale originariamente programmato” e “Il vantaggio connesso all’utilizzazione di smart contract è rappresentato innanzitutto, come si è detto, dall’innumerevole quantità di variabili che un programma informatico può includere, il che determina sostanzialmente la possibilità di neutralizzare il rischio delle sopravvenienze”16; può rivelarsi anche un limite nel caso in cui
Civile 2020,3, p. 678 che, per l’appunto:” Lo smart contract e` un software che automatizza/gestisce l’esecuzione del contratto, cosı` come decisa dalle parti, garantendo che a certe premesse ed al verificarsi di certe condizioni, informaticamente verificabili, corrisponda un risultato certo, ossia l’esecuzione automatica di una determinata prestazione”.
16 D. Di SABATO, Gli smart contracts: robot che gestiscono il rischio contrattuale, in Contratto e Impresa, 2017, 2, pp. 387-388 e p.398
le parti contraenti non siano in grado di predeterminare ogni possibile sopravvenienza.
Ulteriore problema in questa fase riguarda il combaciamento tra la volontà delle parti e, quindi, di quanto esse vogliano raggiungere tramite lo smart contract, e quanto poi effettivamente trascritto nel codice tramite il linguaggio della macchina. Xxx può verificarsi che ci sia divergenza tra quanto voluto e quanto esternato nella dichiarazione informatica.
Il corollario di ciò è l’intervento di un terzo intermediario (ad esempio un programmatore) che deve esprimere la volontà delle parti nel linguaggio informatico richiesto dalla macchina.
Accertata l’importanza di questa prima fase, una volta concluso il processo del c.d. coding, le parti dovranno convalidare lo smart contract con un sistema crittografico a doppia chiave asimmetrica.
In questa fase lo smart contract è inserito definitivamente in un blocco senza possibilità successiva di modifiche, con data e ora certa della transazione. Il blocco all’interno della Blockchain di riferimento in cui viene introdotto lo smart contract è identificato con un codice hash ed è visibile a tutti i nodi partecipanti alla catena di blocchi.
A questo punto la terza fase consiste nell’esecuzione automatica di quanto impartito allo smart contract.
Per eseguirsi lo smart contract necessita di un input, di un evento al cui verificarsi si producano o cessino gli effetti del contratto.
L’input può consistere sia dal verificarsi di un evento interno alla Blockchain stessa (per esempio una data), oppure dal verificarsi di un evento accaduto nel mondo reale (che in tal caso dovrà essere accertato da una fonte esterna che prende il nome di oracolo).
Nel momento in cui l’evento si verifica e giunge l’input alla macchina, non c’è modo di interrompere l’esecuzione automatica del contratto secondo quanto stabilito dalle parti contraenti.
Infatti, tutti gli Smart Contracts producono gli effetti così come voluti dalle parti 17 (dato per certo che non ci sia divergenza tra il voluto e quanto trascritto nel codice).
17 Cfr. X. XXXXXXXXX, Il problema dell’integrazione dello smart contract, in Contratti 2020, 5, sulle fasi dello smart contract.
4. Un contratto senza inadempimento e necessariamente condizionato
Un contratto così concluso è un contratto immodificabile, irretrattabile e indissolubile. A tali caratteristiche si aggiunge l’impossibilità d’inadempimento delle prestazioni dedotte all’interno dello Smart Contract.
Le parti contrattuali, affidando la conclusione e l’esecuzione del contratto allo smart contract, escludono la possibilità futura di un intervento sul contratto e sull’esecuzione dello stesso. In altri termini si privano dell’elemento della volontà, della possibilità di scegliere se adempiere o meno.
La certezza dell’adempimento delle prestazione dedotte nel contratto per raggiungere gli interessi voluti dalle parti è fuor dubbio una prerogativa a cui ogni contraente aspira. Sotto questo punto di vista gli Smart Contracts rappresentano una tipologia di contratti all’avanguardia.
Invero, gli smart contracts non necessitano di un intervento umano, bensì il contratto in quanto applicazione della tecnologia Blockchain opera in modo automatico tramite i codici informatici che gli permettono l’autoesecuzione.18
Il che significa che una volta realizzatosi l’if, il software automaticamente eseguirà il contratto e cesserà di essere eseguito solo al momento della totale esecuzione del programma contrattuale.
Il contratto rimane sempre espressione della comune volontà delle parti, ma si creerà uno scollamento (da essi voluto se decidono di utilizzare tale tipologia di contratti) tra la
18 Sul punto vedi, X. XXXXX, La storia non finita dell’evoluzione del contratto tra novità tecnologiche e conseguenti esigenze di regolazione, in La Nuova Giurisprudenza Civile Commentata, 2021, 1, par.8
formazione del contratto (rimessa alle parti) e l’esecuzione dello stesso che sarà affidata al software.
Quindi, l’autonomia contrattuale sarà preservata in toto per la formazione del contratto e sarà auto-limitata per l’esecuzione dello stesso. 19
Un contratto così concluso, che è sempre l’incontro tra le volontà di due o più parti per costituire un accordo tra loro, è qualificabile come un contratto giuridicamente vincolante (ovviamente se rispetta gli altri requisiti previsti dalla legge).
La mancanza di libertà di scegliere se adempiere o meno ha portato a ritenere che gli smart contracts non basano l’esecuzione sulla vincolatività legale del contratto ma sulla struttura tecnologica in cui sono inseriti. D’altronde è oggi largamente diffusa in dottrina l’opinione secondo la quale l’adempimento di una obbligazione sia del tutto svincolato dalla volontà del soggetto. 20
La certezza dell’adempimento potrebbe, però, portare all’esecuzione di smart contracts illeciti (ove per esempio la causa o l’oggetto fossero contrari a norme imperative o a buon costume), o anche nullo o annullabile per vizi del consenso.21 Le parti non potranno agire sul contratto prima che l’esecuzione non sia giunta al termine. Tuttavia l’intervento della tutela giudiziale non è ovviamente precluso, ma si affermerà in un momento successivo all’esecuzione del contratto. Si può dire che si realizza un’inversione del tradizionale paradigma contrattuale, ove viene prima garantita l’esecuzione e solo successivamente eventuali interventi sul rapporto già eseguito.
Non potendo intervenire tempestivamente sui blocchi entro cui è inserito il contratto, non rimangono che i tradizionali rimedi risarcitori, restitutori e ripristinatori, nel caso in cui sia necessario ristabilire lo status quo ante. Nulla vieta inoltre che siano le parti stesse a intervenire con un successivo accordo
19 X. XXXXXXXX, Op. Cit., par. 3
20 Cfr. sulla natura non negoziale dell’adempimento, X. XXXXXX, Adempimento- Diritto Civile, in Enc. Dir. I, 1958 pp 554ss; con riferimento allo smart contract, X. Xxxxxxxxxxx, il contratto nell’era dell’intelligenza artificiale, par. 7.
21 A.M. XXXXXXX, Op. Cit., p. 679
diretto a ripristinare la situazione precedente, salva sempre la possibilità di avvalersi se del caso a una tutela giudiziale.22 Come si nota, il funzionamento degli Smart Contracts, se da un lato non permette interventi prima dell’adempimento, dall’altro consente sempre un intervento ex post., rendendo possibile tutele giudiziali su eventuali questioni scaturenti dal contenuto del contratto. L’intervento a posteriori del giudice è il compromesso della certezza dell’adempimento.
È, infatti, lo stesso schema su cui si basa lo smart contract a garantire l’adempimento di quanto trascritto nel codice.
Si è detto che gli Smart Contracts operano sullo schema logico
if/then, se accade x allora y.
Le clausole stabiliscono che al verificarsi in un determinato momento di determinate circostanze corrispondano determinate prestazioni delle parti.
Pertanto, una volta stabilite le condizioni contrattuali e che lo smart contract si consideri concluso, l’esecuzione dipenderà direttamente dal processo automatizzato del codice, senza che le parti possano più successivamente intervenire. 23
È stato affermato che si tratta di :”a machine-readable program, written in code that will execute itself when a set of pre- determined term are met”24.
Al verificarsi di una condizione programmata e informaticamente rilevabile tramite fonti interne o esterne alla Blockchain, il software esegue automaticamente la prestazione predeterminata.
A tale fine la parti possono inserire nella Blockchain un “trigger-point” , un evento specifico da cui far dipendere l’automatica esecuzione del contratto o della prestazione a esso collegato.
22 D. Di SABATO, Op. Cit., p. 401-402
23 X. Xxxxxxxx, Le nuove frontiere dell'automatizzazione contrattuale tra codici algoritmici e big data: gli smart contracts in ambito assicurativo, bancario e finanziario, in Giustizia Civile fasc. 4, 2020.
24 Cit. X. XXXXXXXXX – X. XXXXXXX – X. XXXXXXX, Smart Contracts – How will Blockchain Technology Affect Contractual Practices?, ETLA Reports No 68.
L’input, come già supra rilevato può giungere o da una fonte interna alla catena di blocchi o da una fonte esterna. In quest’ultimo caso vi è la necessità di un intervento esterno alla Blockchain, ossia dei c.d. oracles (programmi esterni alla Blockchain) che sono preposti a monitorare i dati esterni per poi comunicare l’eventuale soddisfacimento della condizione al software.
Si è a tal proposito ritenuto che gli Smart Contracts siano dei contratti necessariamente condizionati, equiparando lo schema if/then alle condizioni ex art. 1353 c.c. apposte al contratto.
Ebbene, lo smart contract si manifesta come un contratto necessariamente condizionato. Senza l’evento che dia l’input (if) il software non può operare (then).
Infatti, mentre nel caso di conclusione di un contratto tradizionalmente inteso le parti sono libere di scegliere se apporre condizioni al contratto, in caso di conclusione di smart contracts le parti devono necessariamente subordinare l’efficacia e l’esecuzione del contratto a un evento futuro.
Per tale motivo non manca chi ritiene che la condizione, da elemento accidentale, diventi elemento essenziale del contratto quando si tratta di smart contracts.
La condizione diviene anche strumento per la gestione dei rischi contrattuali: in effetti, tramite le condizioni le parti possono tutelarsi nel caso in cui alcuni eventi possano incidere sul rapporto. Le parti possono, quindi, predeterminare di modificare i termini economici e giuridici del contratto al verificarsi di determinati eventi futuri e incerti.
La potenzialità della condizione negli Smart Contracts risalta anche nella possibilità di utilizzare la condizione stessa come strumento per concedersi le parti il diritto di recesso. Ebbene, il recesso in uno smart contract sarebbe assimilabile a una condizione risolutiva meramente potestativa, ammissibile ai sensi dell’art. 1355 c.c.25
In conclusione va tuttavia affermato che lo schema logico su cui è fondato il funzionamento degli Smart Contracts non è di per sé una condizione. Lo schema if/then altro non è che lo schema
25 X. XXXXXXXXX, Op. Cit., p. 598
classico della modalità di funzionamento degli smart contracts, e non una condizione.
5. Volontà e identificazione delle parti
Come si è detto, gli Smart contracts sono uno strumento attraverso il quale far circolare ricchezza (beni, valori…) incorporati all’interno di token, che altro non sono se non la rappresentazione digitale di tali beni. L’insieme dei token appartenenti a un determinato soggetto vanno a costituire la sua
c.d. “smart properties”.
La disponibilità dei token che possono essere trasferiti tramite smart contracts si ricollega strettamente alle situazioni giuridiche di appartenenza dei beni (materiali o immateriali).
Si noti come in tali termini gli smart contracts, esattamente come i contratti “tradizionali”, tendono a essere uno strumento di circolazione di ricchezza e godimento di beni presenti e futuri.
La differenza risiede nel fatto che, in un sistema Blockchain, il trasferimento del token attraverso lo smart contract dovrà essere accompagnato dalla successiva materiale acquisizione del bene da parte dell’acquirente. Infatti, in virtù del principio consensualistico, l’effetto reale del contratto determina l’immediato trasferimento o costituzione del diritto, ma non l’immediata consegna del bene materiale che richiede la condotta umana.
Anche per tale motivo è necessaria l’identificazione delle parti, nonché la possibilità di poter imputare la volontà di concludere il contratto a un soggetto legalmente capace.26
La questione si pone perché nel mondo virtuale si è soliti trovare soggetti che concludono accordi sotto pseudonimi o anche in anonimo.
In tal modo sarebbe impossibile stabilire ex ante se uno dei soggetti fosse legalmente capace di concludere il contratto (con
26 X. XXXXX, Op. Cit., par. 4
il rischio di dover intervenire successivamente per l’annullamento del contratto attraverso i rimedi tradizionali). In secondo luogo, nel caso in cui una delle parti volesse esperire azioni nei confronti della controparte, non ci sarebbe conoscenza dell’identità del soggetto da convenire in giudizio.
Un simile problema si era riscontrato, infatti, anche in relazione ai contratti conclusi per via telematica. Tuttavia, in riferimento a quest’ultimi, sono state individuate regole a livello europeo per l’identificazione delle parti; le tecniche di identificazione elettronica predisposte in ambito europeo per i contratti telematici (che partono dal presupposto che i dati siano all’interno di sistemi centralizzati),non sono applicabili agli smart contracts che girano su blockchain, in quanto si caratterizza per essere decentralizzata.
Il tema dell’identificazione delle parti quando si tratta di smart contracts è in realtà ancora più delicato.
Ebbene, quando si tratta ditale tipologia di contratti, l’identificazione delle parti non è necessaria solo per i motivi supra esposti, ma anche per la validità ai fini di legge dello smart contract stesso (di cui tratteremo nel prossimo capitolo)27. Il problema di verificare e/o dimostrare l’associazione con una persona anagrafica di un soggetto virtuale è stato affrontato dal dibattito pubblico con alcune soluzioni.
La soluzione più di frequente rappresentata dal dibattito pubblico consiste nell’introduzione di soggetti c.d. custodial.
I custodial avrebbero il potere di identificare l’utente possessore dei token e ne custodirebbero le chiavi per risalire al soggetto.
La figura del custodial appare d’altro canto in contrasto con la natura decentralizzata della blockchain permissionless. 28
Si è allora considerata una soluzione alternativa, ossia di utilizzare un modello d’identità digitale self-sovereign. La soluzione si basa sui c.d. decentralized id (DID), ossia dei codici che sono automaticamente generabili dall’utente.
I codici sono composti da:
27 Vedi Cap.2 par. 1
00 X. XXXXXXXX, Xx. Xxx., xxx.0
- una componente pubblica, che rappresenta l’utente con gli altri;
- una chiave privata corrispondente, che gli consente di dimostrare crittograficamente il proprio possesso del codice pubblico.
Con tale sistema, l’identità dell’utente sarebbe protetta da crittografia ed essere decifrata solo da determinati soggetti in caso di necessità (per esempio dall’autorità giudiziaria).
Uno dei vantaggi della self-sovereign identity risiede nella possibilità per gli utenti in possesso di DID di emettere i c.d. claim, ossia affermazioni riguardanti altri soggetti in possesso di DID. Le affermazioni fatte saranno firmate digitalmente, in modo tale che si possa sempre verificare facilmente l’identità dell’utente che ha emesso il claim.
In tal modo le stesse autorità potrebbero usufruire di questo sistema per rilasciare affermazioni riguardanti utenti per associare un determinato DID a un’identità precisa (per esempio: al DID 1234567 è associato Xxxxxxx Xx Xxxxx …).
I claim, inoltre, possono essere resi leggibili dagli Smart Contracts, cosicché possano essere creati dei tokens cui lo smart contract richieda la previa identificazione del soggetto prima di essere trasferiti.
Ebbene, l’alternativa del self-sovereign identity permetterebbe l’identificazione delle parti senza sacrificare la natura pubblica e decentralizzata della Blockchain.29
In conclusione, nonostante le soluzioni che dominano il dibattito pubblico sono di tipo custodial, si deve notare come il modello di self-sovereign identity risulti più adeguato a una tipologia di contratti come quello degli Smart Contracts, portando l’indubbio vantaggio di non sacrificare i vantaggi connessi ai sistemi decentralizzati come Blockchain.
29 F. BRUSCHI, Le applicazioni delle nuove tecnologie: criptovalute, Blockchain e smart contract, in Il Diritto Industriale 2020/2.
6. Linguaggio degli Smart Contracts
Gli Smart Contracts implicano uno spostamento dal linguaggio naturale al codice, ossia un linguaggio comprensibile per la macchina.
Si è detto, infatti, che gli Smart Contracts per interagire con le DLT devono usare il linguaggio della macchina (di cui abbiamo già portato alcuni esempi, come Java, Go, Solidity ecc, in base alla piattaforma di riferimento). Si noti allora come si possano creare delle difficoltà di comprensione del testo, dal momento che il linguaggio comprensibile dalla macchina non lo è per l’agente umano medio.
La barriera semantica che si crea può essere (in parte) limitata dalle interfacce c.d. user friendly, che traducono il linguaggio della macchina in lingua comprensibile all’uomo.
Per le parti, nella generalità delle situazioni, potrebbe essere difficile trasporre le loro volontà in un codice informatico. Tale difficoltà si amplia se si considera che le istruzioni immesse all’interno della DLT non sono successivamente modificabili e, che nel momento in cui si avvera la condizione che avvia lo smart contract (if), l’esecuzione del contratto potrebbe portare a risultati non desiderati dalle parti contraenti.
La conclusione dello smart contract, di conseguenza, richiede l’intermediazione di un soggetto terzo che sia in grado di tradurre la volontà delle parti in un linguaggio comprensibile dalla macchina e in un linguaggio supportato dalla Blockchain di riferimento.
Tuttavia, l’intermediazione funzionale alla conclusione dello smart contract fa riemergere alcune criticità che invece un sistema decentralizzato dovrebbe, per sua natura, far venir meno. Infatti, le parti si dovrebbero affidare a un soggetto terzo e alle sue capacità, facendo affidamento sulle doti
dell’intermediario e sulla corretta trasposizione di quanto da loro voluto in un codice.30
Il rischio connesso all’intermediazione rileva in quanto la certezza e la prevedibilità di quanto trascritto nel codice non sarebbero caratteristiche assolute degli Smart Contracts, ma solo qualità cui tendenzialmente si aspira.
La barriera semantica che si crea con il codice comprensibile dalla macchina, può far sorgere problemi anche in relazione a eventuali sindacati di corti e arbitri sul contenuto di quanto pattuito dalle parti. La questione che si pone è se il linguaggio della macchina possa essere portato dinanzi a un giudice e se, nel caso, il giudice sia in grado di comprendere e interpretare quanto trascritto all’interno del codice. Si nota come il problema non è di poco conto.
Ebbene, non è escluso che il progresso tecnologico possa permettere alla macchina di comprendere ed elaborare istruzioni espresse direttamente in linguaggio naturale.
Per tali motivi, lo sviluppo degli Smart Contracts, allo stato attuale, sembrerebbe risiedere nel campo di accordi semplici e per lo più standardizzati, predisposti da professionisti o imprese con applicazione di clausole “smart” codificate.31
La questione riguardante il linguaggio non può prescindere anche dalle parti contraenti, ossia se si è in presenza di contratti PtoP (peer-to-peer, ossia tra pari), o di contratti BtoC (Business to Consumer).
È opportuno premettere che vi è una tesi (non condivisibile) secondo la quale agli Smart Contracts non sarebbero applicabili alcune discipline poste a tutela del consumatore, in quanto esentati ai sensi dell’art. 3, comma 3, lett. l) della Direttiva 2011/83/EU, al pari dei contratti conclusi tramite distributori automatici o locali commerciali automatizzati.
Si è già avuto modo nel corso della presente trattazione di affermare che oggi gli Smart Contracts non sono limitati all’idea originaria di Xxxx Xxxxx (come un distributore automatico per l’appunto).
30 X. XXXXXXX, Op. Cit, p.114
31 X. XXXXXXX, Blockchain, Op. Cit., p.115
Lo stesso Study on Blockchain, nel Legal, governance and interoperability aspects, afferma che : “smart contracts that are also legal conctracts can only be used where the necessary safeguards are implemented in B2C settings – just as is the case with any other electronic contracts”32.
Del resto, lo stesso Parlamento Europeo, nella Risoluzione del 20 Ottobre 2020, ha chiesto alla Commissione di aggiornare il documento orientativo della Direttiva di cui sopra, per chiarire appunto se gli Smart Contracts siano esentati al pari dei contratti conclusi tramite distributori automatici o in locali commerciali automatizzati.
Infatti, nell’allegato alla Risoluzione si legge che si debba prevedere: “un aggiornamento del documento orientamento esistente relativo alla Direttiva 2011/83/UE, al fine di chiarire se i contratti intelligenti siano contemplati dall’eccezione di cui all’art. 3, paragrafo 3, lett. i), della succitata Direttiva, e di chiarire le questioni legate alle transazioni transfrontaliere, ai requisiti di certificazione notarile e al diritto di recesso”.33 Chiarita tale premessa, occorre tornare a soffermarci sui problemi che la comprensione del testo può comportare in base alle parti contraenti (contratti PtoP o BtoC).
In entrambi i casi sono due i possibili scenari: che allo Smart Contract sia allegata una prosa legale oppure che non sia allegata.
Nei contratti XxxX potrebbe sorgere un problema di divergenza tra quanto previsto nel codice della macchina e quanto scritto nella prosa legale. In tal caso si ritiene che debba prevalere il codice; se invece una parte del contratto non è regolata dal codice, quanto affermato dalla prosa legale è vincolante per le parti. Nell’ipotesi in cui, invece, non sia allegata una prosa legale, sarebbe difficile per la parte provare la mancata comprensione del codice.
Ben più articolata è l’ipotesi in cui si sia in presenza di un contratto BtoC, special modo se manchi la prosa legale allegata.
32 Così ritiene lo Study on Blockchains, in Legal, governance and interoperability aspects, cit., p. 64.
33 Così il Parlamento Europeo nell’allegato alla Risoluzione del 13 Dicembre 2018.
Ebbene, si porrebbe il problema del rispetto di alcuni articoli del codice del consumo, tra i quali:
l’art.34, riguardante la comprensibilità e chiarezza; l’art.72, con riferimento sulla lingua dei contratti di multiproprietà; e, soprattutto, dell’art.51, per quanto riguarda l’obbligo del professionista di fornire o mettere a disposizione del consumatore le informazioni in un linguaggio semplice e comprensibile.
L’allegazione della traduzione potrebbe ovviare a tali problemi, ma resterebbe escluso sempre l’ipotesi di difformità tra quanto trascritto nel codice e quanto tradotto nella prosa legale, con la conseguenza di dover valutare soltanto l’invalidità del contratto.34
34 Sul punto vedi X. XXXXXXX, Op. Cit., pp 59-62.
CAPITOLO II.
NORME CONTRATTUALI E INTERVENTI LEGISLATIVI IN TEMA DI SMART CONTRACTS
Sommario: 1.L’intervento del legislatore nazionale – 2. Le discipline eurounitarie e il confronto con l’esperienza americana
– 3. Disciplina generale del contratto e Smart Contracts – 4. Il problema del diritto di recesso – 5. La necessità di un intervento normativo in tema di Smart Contracts.
1. L’intervento del legislatore nazionale
L’esigenza di garantire una disciplina uniforme e coordinata all’evoluzione delle tipologie contrattuali, in considerazione dell’incidenza degli strumenti tecnologici sull’autonomia negoziale, ha spinto il Legislatore nazionale ad intervenire in questo settore introducendo per la prima volta gli “smart contracts” e dandone così una definizione oltre che una valenza dal punto di vista probatorio.
Il D.L. 14 dicembre 2018, n. 135 convertito con modificazioni dalla L. 11 febbraio 2019, n. 12 ed entrato in vigore dal 15 dicembre 2018, introduce nel nostro ordinamento giuridico le
nozioni di tecnologie basate su registri distribuiti e smart contract.
Dispone, infatti, l’art. 8-ter del decreto:
“1. Si definiscono “tecnologie basate su registri distribuiti” le tecnologie e i protocolli informatici che usano un registro condiviso, distribuito, replicabile,
accessibile simultaneamente, architetturalmente decentralizzato su basi crittografiche, tali da consentire la registrazione, la convalida, l’aggiornamento e l’archiviazione di dati sia in chiaro che ulteriormente protetti da crittografia
verificabili da ciascun partecipante, non alterabili e non modificabili.
2. Si definisce “smart contract” un programma per elaboratore che opera su tecnologie basate su registri distribuiti e la cui esecuzione vincola automaticamente due o più parti sulla base di effetti predefiniti dalle stesse. Gli smart contract
soddisfano il requisito della forma scritta previa identificazione informatica delle parti interessate, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall’Agenzia per l’Italia digitale con linee guida da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata
in vigore della legge di conversione del presente decreto.
3. La memorizzazione di un documento informatico attraverso l’uso di tecnologie basate su registri distribuiti produce gli effetti giuridici della validazione temporale elettronica di cui all’articolo 41 del regolamento (UE) n. 910/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 2014.
4. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, l’Agenzia per l’Italia digitale individua gli standard tecnici che le tecnologie basate su registri distribuiti debbono possedere ai fini della produzione degli effetti di cui al comma 3”.35
35 D.L. 14 Dicembre 2018, n.135, convertito con Xxxxx 11 Febbraio 2019, n.12,
art.8-ter, commi 1-4.
Il primo, il terzo e il quarto comma dell’articolo sopra citato sono identici alla prima stesura del Decreto salvo la parola “memorizzazione” al posto di “condivisione” all’inizio del terzo comma.
Senza dubbio il legislatore italiano, primo tra tutti gli Stati membri dell’Unione Europea, ha inteso introdurre nell’ordinamento giuridico nazionale le definizioni di tecnologie basate su registri distribuiti nonché di Smart Contract, evidenziando altresì alcune conseguenze nel contesto giuridico del nostro ordinamento derivanti da caratteristiche tecnologiche di entrambi, tecnologie DLT e Smart Contract.
Il riconoscimento legislativo all’interno dell’ordinamento giuridico italiano ha avuto senza dubbio il pioneristico merito di costituire l’accettazione giuridica degli Smart Contracts e, di conseguenza, riconoscere in maniera espressa la rilevanza per la legge di tale nuova tipologia di contratti e delle tecnologie che ne sono alla base.36 Ebbene, si può affermare che, oggi, le transazioni eseguite attraverso uno smart contract che gira su DLT sono riconosciute dall’ordinamento e possono acquisire data certa e valore probatorio di scrittura privata.
Senza dubbio nel nostro ordinamento, ove la figura del contratto rappresenta la massima espressione del principio dell’autonomia negoziale ed ove il “formalismo” rappresenta un punto tradizionale dello stesso, è sorta la necessità di fornire agli operatori alcuni punti fermi in un settore in continua evoluzione. Il Decreto precisa quanto segue:
a) la memorizzazione di un documento informatico attraverso l’uso di tecnologie basate su registri distribuiti produce gli effetti giuridici della validazione temporale elettronica, ai sensi dell’articolo 41 del Regolamento UE n. 910/2014 in
materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno;
b) gli smart contract soddisfano il requisito della forma scritta esclusivamente previa identificazione informatica delle parti interessate.
00 X. XXXXXXXX, Xx. Xxx, xxx.0
Xx questo senso il nostro legislatore ha inteso dare atto che le tecnologie DLT e gli Smart Contract possano garantire integrità allo scambio di dati,
riconoscendo valenza giuridica a tale certificazione.
Purtroppo, le definizioni di cui al Decreto non possono, tuttavia, ritenersi conclusive dell’iter legislativo né possono dirsi direttamente applicabili nella prassi. Infatti è richiesto in maniera espressa l’intervento dell’Agenzia per l’Italia digitale al fine di emanare linee guida da adottare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della Legge di conversione del Decreto.
Pertanto l’iter legislativo può dirsi ancora aperto e va senza dubbio analizzato nel contesto Europeo ed in quello Statunitense, auspicando una organicità di disciplina, anche a livello interpretativo, e ciò soprattutto a garanzia del consumatore.
2. Le discipline eurounitarie e il confronto con l’esperienza americana
La lettura, il più possibile sistematica, dell’argomento impone una visione globale ed il confronto con gli interventi normativi negli altri Paesi ed in particolare il riferimento all’esperienza Europea e a quella Statunitense.
Gli altri Paesi europei sono ancora in una fase di proposizione di una regolamentazione precisa che possa garantire un’uniformità di applicazione.
Detta situazione frammentaria e disomogenea, ha spinto di recente il Parlamento Europeo a firmare la Risoluzione del Parlamento europeo del 3 ottobre 2018 sulle tecnologie di registro distribuito e blockchain. Detta Risoluzione mira a creare fiducia attraverso la disintermediazione proprio in merito agli smart contract sottolineando:
- la necessità che la Commissione effettui una valutazione approfondita delle potenzialità e delle implicazioni giuridiche come ad esempio i rischi relativi alla giurisdizione;
- la necessità di dare certezza alla validità di una firma digitale crittografata quale passo fondamentale per favorire gli smart contract.
Allo stesso tempo ha invitato la Commissione a promuovere l’elaborazione di norme tecniche a livello delle pertinenti organizzazioni internazionali, quali ISO, UIT e CEN-CELENEC e a condurre un’analisi del quadro giuridico esistente nei vari Stati
membri in relazione all’applicabilità dei contratti intelligenti, cercando anche di rafforzare la loro validità attraverso il
coordinamento giuridico o il riconoscimento reciproco tra gli Stati membri.
Ebbene, è opportuno analizzare alcuni interventi dei Paesi europei.
Il framework normativo approvato da Malta fa rientrare gli smart contract e le relative applicazioni, incluse le organizzazioni autonome decentralizzate (DAO), o altri simili progetti nella più ampia categoria di “Innovative Technology Arrangement” (la quale ricomprende tutte le soluzioni e architetture che si basano su tecnologie a registro distribuito). In Gibilterra, invece, la “Financial Services (Distributed Ledger Technology Providers)
Regulations 2017” (LN. 2017/2014) entrata in vigore il primo gennaio 2018, non contiene una definizione specifica di smart contract.
Negli Stati Uniti, invece, l’esperienza normativa sente l’influenza dei Paesi anglossassoni, il cui sistema giuridico è basato sul “Case Law”.
Nello Stato del Tennesse la Xxxxxx Xxxx n. 1662 del 26 marzo 2018, nel modificare il Tennesse Code, ha inserito la definizione di “Distributed Ledger Technology” e regolato anche gli smart contract.
Essi sono definiti programmi informatici basati su eventi, eseguiti su un registro elettronico, distribuito, decentralizzato, condiviso e replicato, ed utilizzati per automatizzare le transazioni, incluse, ma non limitatamente, le transazioni che:
□ custodiscono o trasferiscono assets sul registro;
□ creano e distribuiscono assets elettronici;
□ sincronizzano informazioni;
□ gestiscono l’identità e l’accesso degli utenti alle applicazioni. In merito alla loro validità la disposizione chiarisce genericamente che essi devono ritenersi validi e che non si può negare efficacia legale ad un contratto unicamente perché eseguito tramite uno smart contract.
Precedentemente, anche in Arizona era stata affermata l’efficacia di contratti conclusi attraverso smart contracts,
nell’Arizona Revised Statutes, nel Titolo 44, all’art. 5 del Capitolo 26.37
Sono numerosi, in effetti, gli Stati che in USA hanno emanato o sono in corso di emanazione discipline in tema Smart Contracts.38
In confronto all’esperienza americana si nota come l’UE sia rimasta più indietro nella riflessione sul fenomeno, nonostante negli ultimi anni non siano mancati segnali di una maggiore volontà dei Paesi Europei di intervenire nella regolazione di tali istituti.
37 Arizona Revised Statutes, Titolo 44, Cap 26, art.5 §44-7061 (2018) 44-
7061. Signatures and records secured through blockchain technology; smart contracts; ownership of information; definitionsA. A signature that is secured through blockchain technology is considered to be in an electronic form and to be an electronic signature.B. A record or contract that is secured through blockchain technology is considered to be in an electronic form and to be an electronic record.C. Smart contracts may exist in commerce. A contract relating to a transaction may not be denied legal effect, validity or enforceability solely because that contract contains a smart contract term.D. Notwithstanding any other law, a person that, in or affecting interstate or foreign commerce, uses blockchain technology to secure information that the person owns or has the right to use retains the same rights of ownership or use with respect to that information as before the person secured the information using blockchain technology. This subsection does not apply to the use of blockchain technology to secure information in connection with a transaction to the extent that the terms of the transaction expressly provide for the transfer of rights of ownership or use with respect to that information.E. For the purposes of this section:1. "Blockchain technology" means distributed ledger technology that uses a distributed, decentralized, shared and replicated ledger, which may be public or private, permissioned or permissionless, or driven by tokenized crypto economics or tokenless. The data on the ledger is protected with cryptography, is immutable and auditable and provides an uncensored truth.2. "Smart contract" means an event-driven program, with state, that runs on a distributed, decentralized, shared and replicated ledger and that can take custody over and instruct transfer of assets on that ledger
38 X. XXXXXXX, Op. Cit., pp. 39-41.
3. Disciplina generale del contratto e Smart Contracts
Sulla base del quadro legislativo sopra indicato appare necessario, a questo punto dell’indagine, analizzare la figura dello Smart Contract alla luce dei principi generali
del contratto così come disciplinato dal nostro legislatore ed in particolare nell’ambito codicistico.
Appare quindi doveroso fare un cenno alla definizione che l’art. 1321 c.c. dà del contratto quale “l’accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale” e soprattutto all’individuazione dei suoi elementi essenziali quali “ l’accordo delle parti, la causa, l’oggetto e la forma (quest’ultima quando prevista dalla legge a pena di nullità) (art.1325 c.c.).
Ripercorrendo, quindi, velocemente gli elementi essenziali sopra ricordati, non si pongono particolari problematiche in relazione all’oggetto del contratto oppure alla causa (tipica o atipica che sia).
Infatti, nessuna difficoltà particolare può essere individuata nell’incorporare in un documento scritto l’oggetto di un contratto (cioè il complesso delle prestazioni concordate) ovvero la sua causa (soprattutto se tipica e rientrante nella tipologia contrattuale già definita).
Maggiori problemi sorgono invece nella documentazione delle parti e dell’accordo (o, se si preferisce, della volontà).
L’identificazione della parte e la volontà, che deve essere manifestata in maniera non viziata e non restare quale mero motivo del contratto, non sempre sono elementi che in maniera univoca sono garantiti in detta tipologia contrattuale.
Infatti, posto che non sempre il documento può (o deve) essere redatto materialmente dalle parti interessate, occorre individuare uno strumento che sia idoneo a riferire la manifestazione di volontà che fa nascere il rapporto contrattuale alle parti interessante, anche nel caso in cui il documento sia stato predisposto da terzi. Tale strumento è la sottoscrizione. Ciò che
rende un documento imputabile a un determinato soggetto è la sottoscrizione; essa assolve tipicamente tre funzioni: indicativa (in quanto permette di identificare l’autore), dichiarativa (in quanto comporta l’assunzione della paternità del documento e della manifestazione di volontà in esso contenuta) e probatoria (dell’autenticità del documento).
In taluni casi, la legge impone l’utilizzo di una particolare forma per il compimento di determinati atti giuridici o per produrre particolari effetti (forma solenne). Si tratta, com’è noto, di casi eccezionali in quanto la regola generale è la libertà (non assenza) della forma. Ora, generalmente, viene riconosciuta alla forma solenne una duplice funzione: la prima è connessa all’opportunità di predisporre
una documentazione della volontà manifestata, al fine di avere la certezza dell’esatto contenuto delle dichiarazioni delle parti (c.d. “funzione di prova”); la seconda è riconnessa all’opportunità di richiamare l’attenzione delle parti sull’importanza dell’atto che stanno per compiere. Tra le forme solenni previste dal nostro ordinamento, la principale e più importante è sicuramente la forma scritta, imposta dalla legge per il compimento di taluni atti addirittura ad substantiam (quindi a pena di nullità).
Ora, è evidente che, affinché un contratto possa soddisfare il requisito della forma scritta, l’attività di documentazione dovrà investire tutti gli elementi essenziali del contratto. Tutti, pertanto, dovranno essere documentati (non necessariamente in un unico documento, come nel caso dei contratti a formazione progressiva, ma, a ogni modo, compiutamente documentati).
Se i principi generali suesposti sono applicabili ai contratti, e in particolare ai contratti per i quali la legge impone l’uso della forma scritta, sarà a questo punto necessario verificare se uno smart contract, a cui la norma espressamente riconosce analogo valore di forma, soddisfi tutti gli altri requisiti sopra indicati.
Analizzando gli elementi di più facile individuazione, possiamo senz’altro affermare che uno smart contract sarebbe idoneo con certezza a documentare l’oggetto del contratto, inteso come l’insieme delle prestazioni convenute dalle parti. La norma in
esame, sul punto espressamente prescrive che il programma per elaboratore opera sulla “base di effetti predefiniti” dalle parti.
Del resto a conferma di ciò è anche la funzione stessa di uno smart contract, il cui scopo primario è proprio quello di realizzare la prestazione voluta dalle parti, senza rischio d’inadempimento.
Non poche difficoltà, invece, lo smart contract pone in relazione alla documentazione relativa alle parti del contratto, come già si è avuto modo di osservare nel capitolo precedente.39
L’art 8-ter D.L. 14 Dicembre 2018, n.135, infatti, non prevede espressamente alcuna forma di sottoscrizione (nemmeno di tipo informatico) che sia utile allo scopo. Esso si limita a prevedere che “gli smart contract soddisfino il requisito della forma scritta previa identificazione informatica delle parti interessate, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall’Agenzia per l’Italia digitale con linee guida da adottare”.
La novella sembra, sul punto, porsi in linea con quanto già peraltro disposto dagli artt.20 comma 1-bis e 21 comma 2-bis del CAD (Decreto Legislativo 5 marzo 2005, n.82) che rispettivamente dispongono: “Il documento informatico soddisfa il requisito della forma scritta e ha l’efficacia prevista dall’articolo 2702 del Codice civile quando vi è apposta una firma digitale, altro tipo di firma elettronica qualificata o una firma elettronica avanzata o, comunque, è formato, previa identificazione informatica del suo autore, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall’AgID ai sensi dell’articolo 71 con modalità tali da garantire la sicurezza, integrità e immodificabilità del documento e, in maniera manifesta e inequivoca, la sua riconducibilità all’autore. In tutti gli altri casi, l’idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta e il suo valore probatorio sono liberamente valutabili in giudizio, in relazione alle caratteristiche di sicurezza, integrità e immodificabilità.”
“Salvo il caso di sottoscrizione autenticata, le scritture private di cui all’articolo 1350, primo comma, numeri da 1 a 12, del codice civile, se fatte con documento informatico, sono
39 Vedi infra cap. 1 par. 5
sottoscritte, a pena di nullità, con firma elettronica qualificata o con firma digitale. Gli atti di cui all’articolo 1350, numero 13), del codice civile redatti su documento informatico o formati attraverso procedimenti informatici sono sottoscritti, a pena di nullità, con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale ovvero sono formati con le ulteriori modalità di cui all’articolo 20, comma 1-bis, primo periodo.”.
Si prevede, insomma, che la funzione identificativa delle parti di uno smart contract avvenga attraverso un “processo” di identificazione di cui la norma non fornisce alcuna descrizione, limitandosi a prevedere che esso debba solo soddisfare taluni requisiti (tra l’altro non prefissati, ma la cui individuazione viene demandata all’AgID).
Ora, la somiglianza dal punto di vista letterale della formula utilizzata dal legislatore per gli smart contract, rispetto a quella già in precedenza usata nel CAD per il documento informatico, pone all’interprete alcuni interessanti interrogativi.
In primo luogo, dalla formulazione utilizzata dal legislatore nel CAD emerge che questo “processo” di “identificazione” rappresenti qualcosa di alternativo (e quindi di diverso) rispetto alla “firma” (digitale, qualificata o avanzata).
La lettura sistematica di entrambe le norme, quindi, potrebbe sollevare l’interrogativo se sia consentito all’AgID, nell’ambito della delega alla medesima
attribuita in materia di smart contract, prevedere comunque l’utilizzo di firme digitali, qualificate o avanzate, per l’imputabilità di uno smart contract ad un soggetto o se (come previsto per il documento informatico in generale) debba trattarsi esclusivamente di processi differenti ed ulteriori rispetto all’apposizione di una “firma”.
In secondo luogo, la delega all’AgID appare così ampia da finire per attribuire a tale Ente in via esclusiva la pesante responsabilità di adottare misure idonee ad evitare fenomeni di sostituzione di persona, senza una benché minima copertura normativa
A prima vista, sembrerebbe anche mancare nella normativa un modo che consenta di verificare l’effettiva manifestazione di volontà delle parti.
Riprendendo infatti il raffronto con le norme del CAD di cui si è detto, e sopra riportate, spicca la mancata riproposizione nella norma sugli smart contract dell’inciso secondo cui il processo di identificazione deve avvenire “con modalità tali da garantire (...) in maniera manifesta e inequivoca, la sua riconducibilità all’autore”. Sembrerebbe, in altre parole, mancare, nella normativa sugli smart contract, un meccanismo che consenta di documentare una manifestazione inequivoca della volontà delle parti. In realtà, ad una più attenta analisi, così non è. Anche nella norma definitoria in esame è, infatti, possibile intravedere l’elemento della volontà, anche se (forse) in parte celato sotto termini utilizzati in modo del tutto inconsueto. La chiave di volta è rappresentata dal termine “esecuzione” contenuto nella definizione normativa di smart contract. Ebbene, l’art. 8-ter afferma: “Si definisce “smart contract” un programma per elaboratore (...) la cui esecuzione vincola automaticamente due o più parti”.
Tradizionalmente con il termine “esecuzione” del contratto ci si riferisce (giuridicamente parlando) a quella fase del rapporto contrattuale, successivo alla sua conclusione, in cui le prestazioni dedotte nell’accordo vengono eseguite dalle parti. Se tuttavia applicassimo questa tradizionale definizione alla norma sullo smart contract otterremmo inevitabilmente un nonsenso giuridico. L’esecuzione, infatti, intesa come adempimento, non può certamente generale vincoli, in quanto, semmai, l’adempimento determina l’estinzione (e non il sorgere) di un’obbligazione. Se dunque questo, con tutta evidenza, non può essere il significato da attribuire al termine “esecuzione” riferito (nella norma) allo smart contract, allora il vero significato dovrà essere ricercato in altro registro linguistico e – più precisamente
– non in quello giuridico, ma in quello informatico, ove il termine “execution” significa “The performance of an instruction or program”. Esecuzione, pertanto, significa “avvio” del programma, ossia lettura delle istruzioni trascritte nel codice
dello smart contract e loro memorizzazione all’interno del sistema. Non significa pertanto loro immediata “esecuzione” nel senso giuridico del termine.
Sarà pertanto l’azione materiale di “dare avvio” al programma l’elemento che fornirà la prova (e quindi la “documentazione”) della manifestazione della volontà di una parte di accettare le istruzioni in esso contenute, e quindi sarà l’avvio congiunto del programma, a opera delle parti interessate, a documentarne l’accordo e la nascita del vincolo.
Infatti, se prendessimo in considerazione una lettura strettamente letterale della norma, interpretando “esecuzione” nel senso giuridico del termine, le parti non sarebbero vincolate tra loro fino al momento dell’esecuzione delle prestazioni, e nessun contratto avente forza di legge esisterebbe tra loro prima di tale momento. Tale interpretazione avrebbe come corollario che l’eventuale mancata esecuzione del programma non farebbe mai sorgere un vincolo tra le parti stesse. Per tale motivo, la nozione di Smart Contracts va ricondotta al contratto ex art.
1321 c.c. e al generale principio consensualistico.40 L’aspetto più problematico in uno smart contract è, senza
dubbio, la documentazione della causa del contratto. È evidente, infatti, che un programma per elaboratore, scritto peraltro in linguaggio non naturale ma unicamente nel linguaggio comprensibile per la macchina, conterrà solo istruzioni di tipo esecutivo. Difficilmente, esso conterrà anche istruzioni di tipo “descrittivo” in quanto, banalmente, esse non sono istruzioni. Di certo non è tenuto a contenerle, sia in quanto non necessarie per l’elaborazione da parte del calcolatore, sia in quanto non previste dalla norma (che prescrive solo l’indicazione degli effetti voluti dalle parti, e non altro). Ne consegue che non sempre uno smart contract sarà idoneo a documentare anche la causa del contratto. Se infatti possiamo con facilità ricavare la causa di uno smart contract che sovrintenda al funzionamento del distributore di bevande, non altrettanto possiamo dire di uno smart contract che (ad esempio) semplicemente contenga l’istruzione di pagamento di una somma da un soggetto ad un
40 X. XXXXXXXX, Op. Cit., par. 3
altro; pagamento che potrebbe in astratto trovare la propria causa in molteplici tipologie negoziali,
ma che potrebbe anche essere illecita. È, infatti, di tutta evidenza che non sempre è agevole ricostruire la comune intenzione delle parti, semplicemente analizzando il momento attuativo del contratto, soprattutto per quei contratti che prevedono obbligazioni a carico di una sola parte.
La norma - pertanto - lascia aperto un problema, senza offrire, per esso, alcuna soluzione. Sarà allora lecito immaginare che la soluzione passi: o attraverso il “volontario” inserimento in uno smart contract di informazioni non necessarie per la sua esecuzione informatica, ma necessarie per la sua qualificazione giuridica, o attraverso una tipizzazione degli smart contract attraverso l’imposizione di modelli standardizzati prefissati, la cui causa sia quindi predeterminata (che tuttavia sarebbe oltremodo limitante e di ostacolo per un rapido sviluppo di una simile tecnologia), oppure attraverso l’integrazione dello smart contract con un documento contrattuale ulteriore e separato, che contenga gli elementi omessi.
Alla luce della disamina che precede, appare potersi concludere che uno smart contract potrà porsi prevalentemente come “strumento” di supporto o come “parte” di un più ampio accordo contrattuale, magari redatto secondo forme più “tradizionali”, curandone e semplificandone l’aspetto relativo all’adempimento delle obbligazioni pattuite. Nonostante, infatti, esso possa ritenersi astrattamente idoneo, pur con qualche importante difficoltà, a costituire (una volta emanate le linee guida AgID) unica fonte del rapporto contrattuale, tale idoneità appare (almomento) ristretta ad ipotesi di contratto dalla struttura assai basilare. Del resto non tutti i contratti hanno la struttura “semplice” dell’acquisto di una bevanda dal distributore automatico, per cui, all’aumentare della complessità dell’accordo negoziale, la sola documentazione del momento attuativo del contratto difficilmente potrà fornire adeguata misura del complessivo accordo negoziale e della sua liceità.
Ma vi è di più, perché anche volendo considerare strutture contrattuali semplici, da tradurre interamente in smart contract,
la normativa in esame lascia comunque alcune zone d’ombra inesplorate, chiamando l’interprete al difficile compito di mettervi un po’ di luce. In particolare, dubbia è la compatibilità di uno smart contract con taluni gruppi di norme che sovrintendono la generalità dei contratti. Ci si riferisce in primo luogo alle norme relative all’interpretazione del contratto. Uno smart contract non è scritto in linguaggio naturale, ma unicamente in linguaggio informatico, il quale ha un unico significato: quello attribuito dall’elaboratore a cui il programma viene sottoposto. Se, da un lato, tale caratteristica è considerata da alcuni uno degli aspetti più positivi di uno smart contract, per la sua capacità di essere insensibile alle differenti interpretazioni che ciascuna mente umana può dare di un medesimo documento, dall’altro non si rinviene nella norma alcuna sterilizzazione delle regole codicistiche relative all’interpretazione del contratto (artt. 1362ss. c.c.), la cui applicazione ad uno smart contract, tuttavia, non può che risultare a dir poco difficoltosa . In secondo luogo, ulteriori difficoltà potrebbero incontrarsi nell’applicazione agli smart contract delle norme codicistiche sulla risoluzione del contratto. Non ci si riferisce tanto alla risoluzione volontaria o negoziale, che avviene quando le parti decidono di comune accordo di sciogliersi dai vincoli contrattuali (mutuo dissenso) o convengono fin da subito la possibilità di scioglimento unilaterale (recesso). Tali facoltà, infatti, ben potrebbero essere contenute in apposite istruzioni contenute nello smart contract, tramite le condizioni di cui supra si è trattato (vedi infra nel testo Cap.1 par. 4).
Ciò che appare sicuramente più problematica è la compatibilità degli smart contract con le norme che disciplinano le ipotesi di risoluzione legale, previste dal nostro ordinamento quando sorgono particolari problemi nel corso del rapporto contrattuale. Se, infatti, è in astratto possibile immaginare che uno smart contract sappia gestire una risoluzione di un contratto per inadempimento o per impossibilità sopravvenuta, ci sembra invero difficile immaginare che un programma per elaboratore possa (ad esempio) gestire anche l’eccessiva onerosità
sopravvenuta posto che essa, per definizione codicistica, trova applicazione unicamente in presenza di avvenimenti straordinari ed imprevedibili. E tale problematica sembra, peraltro, ancor più rilevante se si considera che, per espressa previsione normativa, gli smart contract per avere un riconoscimento legale dovranno necessariamente operare “su tecnologie basate su registri distribuiti” espressamente caratterizzate da protocolli informatici non alterabili e non modificabili.
La normativa in esame richiede espressamente che uno smart contract debba operare su tecnologie basate su registri distribuiti, e di esse offre la seguente definizione: “tecnologie e i protocolli informatici che usano un registro condiviso, distribuito, replicabile, accessibile simultaneamente, architetturalmente decentralizzato su basi crittografiche, tali da consentire la registrazione, la convalida, l’aggiornamento e l’archiviazione di dati sia in chiaro che ulteriormente protetti da crittografia verificabili da ciascun partecipante, non alterabili e non modificabili”.
Si pensi solo alla norma che impone di interpretare il contratto secondo “buona fede”.
Quid juris, tuttavia, se nulla prevede lo smart contract in proposito? Se la norma parla di programma che vincola automaticamente sulla base degli effetti predefiniti, sussiste margine per un’interruzione volontaria del programma se tale facoltà non è stata ab origine prevista? E ancora, appare difficile pensare che uno smart contract possa essere in grado di applicare i principi di cui all’art. 1455 c.c., i quali presuppongono la capacità di valutare se l’inadempimento abbia (o meno) una scarsa importanza, avuto riguardo all’interesse dell’altra parte. Si tratta, invero, di una definizione che utilizza termini e concetti evidentemente ricavati dalla dottrina.
Basti anche pensare all’art. 1375 c.c., secondo il quale il contratto deve essere eseguito secondo buona fede. Ebbene, con l’espressione buona fede si intende una clausola generale dalla portata incerta e mutevole, che mal si concilia con l’inflessibile logica degli smart contracts.
Si noti, infine, come la norma richieda necessariamente che gli Smart Contracts girino su registri distribuiti.
Il motivo di questa limitazione, non essendo di tipo tecnico (ben potendo uno smart contract girare su registri permissioned o addirittura su registri di tipo centralizzato), dovrà essere ricercato, appunto, nella ratio legis: se lo smart contract deve essere fonte di obbligazione e di vincolo per le parti, esso non può certo essere collocato all’interno di un registro su cui un soggetto esterno, non dotato ex lege dei requisiti di garanzia e terzietà di norma riconosciuti allo Stato, abbia facoltà e poteri di intervento o modifica. Insomma, la garanzia del cittadino o proviene dallo “Stato”, attraverso il ricorso a un’autorità statale (Agenzie delle Entrate, Anagrafe, ecc.) come avviene negli attuali registri centralizzati, oppure dovrà provenire dalla “collettività” attraverso la realizzazione nel registro distribuito di una sorta di esercizio diretto del potere democratico. Se tale è la ricostruzione, tuttavia, emerge in tutta evidenza una ulteriore lacuna del dettato normativo: la norma, infatti, nulla stabilisce riguardo ai requisiti che un registro distribuito deve avere.
Alla luce della disamina che precede, sarà allora forse possibile trarre alcune considerazioni in relazione alle conseguenze derivanti dall’obbligo (imposto dalla norma in esame) per gli smart contract di operare necessariamente attraverso tecnologie basate su registri distribuiti. In primo luogo, va evidenziato il fatto che tale imposizione evidentemente deriva da una espressa volontà del legislatore, posto che uno smart contract potrebbe benissimo funzionare anche all’interno di un registro di transazioni di tipo centralizzato, per cui tale previsione appare – di fatto – introdurre una limitazione di operatività degli smart contract. Tale limitazione, tuttavia, non è affatto di poco conto, poiché essa rischia di far dipendere il riconoscimento legale di uno smart contract da una verifica prettamente di tipo tecnico circa l’effettivo utilizzo (o meno) di una vera tecnologia basata su un registro distribuito.
In tale ottica, assume rilevanza la mancanza sopra evidenziata circa l’assenza di una previsione normativa relativa alla soglia minima oltre la quale un registro possa dirsi effettivamente
distribuito. È, infatti, evidente a chiunque che immaginare un registro distribuito (ossia realizzato su un’architettura informatica di tipo distribuito), ma in concreto affidato solo ad uno o due nodi (per esempio), finisce per realizzare un registro che in ben poco si differenzia da un registro centralizzato. Si tratterebbe, infatti, di un requisito impossibile tecnicamente da raggiungere o da garantire, con la conseguenza che l’intera normativa rischierebbe di non trovare mai applicazione.
Per maggiore chiarezza, il riferimento della norma a registri distribuiti non alterabili o modificabili non deve essere letto in senso assoluto (posto che non esiste un sistema informatico in assoluto non alterabile o modificabile), quanto piuttosto nel senso che in essi non deve essere prevista alcuna figura che abbia il potere (o anche solo la teorica possibilità) di alterare o modificare il registro. In secondo luogo, la norma richiede che lo smart contract operi su un registro distribuito e non semplicemente che si appoggi a esso. Ciò significa che non sarà sufficiente utilizzare il registro distribuito solo per provare l’esistenza di uno smart contract (ad esempio memorizzando in esso l’hash), ma sarà necessario che l’intero smart contract sia custodito ed operante all’interno del registro distribuito. Infine uno smart contract sarà autonoma fonte di vincolo per le parti contraenti, solo se esso opererà su registri distribuiti dotati anche di meccanismi distribuiti di formazione del consenso alle registrazioni, senza i quali non potrebbe dirsi rispettato il principio normativo di inalterabilità ed immodificabilità.
4. Il problema del diritto di recesso
Di particolare interesse è l’utilizzo degli smart contracts nell’ambito dei contratti a distanza e in particolare l’applicazione ai contratti intelligenti del c.d. Codice del Consumo e la tutela del consumatore.
Senza soffermarsi sui presupposti di operatività di detto Xxxxxx che si pone a protezione delle sole persone fisiche che operano al di fuori della propria eventuale attività imprenditoriale e professionale, l’analisi mira ad evidenziare, in mancanza di una disciplina unitaria ed omogenea, i rischi che nascono da questa nuova tipologia di contrattazione, sulla formazione di una volontà che può nascere viziata ed in particolare sugli strumenti posti a garanzia e sulla possibilità del c.d. “Ius poenitendi” o diritto di recesso.
Tale diritto è disciplinato non soltanto nel codice civile ma anche dall’articolo 52 del Codice del Consumo.
L’Art. 52. Codice del Consumo, infatti, recita:
1. Fatte salve le eccezioni di cui all’articolo 59,
il consumatore dispone di un periodo di quattordici giorni per recedere da un contratto a distanza o negoziato fuori dei locali commerciali senza dover fornire alcuna motivazione e
senza dover sostenere costi diversi da quelli previsti all’articolo 56, comma 2, e all’articolo 57.
2. Fatto salvo l’articolo 53, il periodo di recesso di cui al comma 1 termina dopo quattordici giorni a partire:
a) nel caso dei contratti di servizi, dal giorno della conclusione del contratto;
b) nel caso di contratti di vendita, dal giorno in cui
il consumatore o un terzo, diverso dal vettore e designato dal consumatore acquisisce il possesso fisico dei beni o:
1) nel caso di beni multipli ordinati dal consumatore mediante un solo ordine e consegnati separatamente, dal giorno in cui
il consumatore o un terzo, diverso dal vettore e designato dal consumatore, acquisisce il possesso fisico dell’ultimo bene;
2) nel caso di consegna di un bene costituito da lotti o pezzi multipli, dal giorno in cui il consumatore o un
terzo, diverso dal vettore e designato dal
consumatore, acquisisce il possesso fisico dell’ultimo lotto o pezzo;
3) nel caso di contratti per la consegna periodica di beni durante un determinato periodo di tempo, dal giorno in cui
il consumatore o un terzo, diverso dal vettore e designato dal consumatore, acquisisce il possesso fisico del primo bene;
c) nel caso di contratti per la fornitura di acqua, gas o elettricità, quando non sono messi in vendita in un volume limitato o in quantità determinata, di teleriscaldamento o di contenuto digitale non fornito su un supporto materiale, dal giorno
della conclusione del contratto.
3. Le parti del contratto possono adempiere ai loro obblighi contrattuali durante il periodo di recesso. Tuttavia, nel caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali, il
professionista non può accettare, a titolo di corrispettivo, effetti cambiari che abbiano una scadenza inferiore a quindici giorni dalla conclusione del contratto per i contratti di servizi o dall’acquisizione del possesso fisico dei beni per i contratti di vendita e non può presentarli allo sconto prima di tale termine. Il diritto di recesso disciplinato dal Codice del Consumo presenta elementi differenti rispetto alla fattispecie regolata nel Codice Civile, all’art. 1373.
Infatti, nella previsione codicistica, alle parti è consentito sottrarsi alla disciplina generale, in quanto le stesse potranno concordare ed inserire nel contratto altri elementi, come una maggiore garanzia per l’esercizio del recesso. Inoltre il diritto di recesso rappresenta un’espressione dell’autonomia negoziale delle parti e spesso rappresenta anche un mezzo per contestare la validità della transazione, in caso di vizi del contratto o d’inadempimento dell’altro contraente.
Invece il diritto di recesso regolato dal Codice del Consumo ha un ambito di applicazione specifico: è rivolto esclusivamente al consumatore, al quale è garantita una tutela completa poiché considerato la parte debole del contratto.
Per esercitare il diritto di recesso dal contratto, il consumatore dovrà comunicare tale intenzione alla controparte, che, ricevuta tale comunicazione, dovrà provvedere, ad esempio in un contratto di compravendita, al rimborso del prezzo.
Il diritto di recesso, per quanto riguarda la tutela del consumatore, può essere esercitato solo per contratti conclusi a distanza o negoziati fuori dai locali commerciali (art.52 Codice del Consumo) ed è quel diritto di ripensamento, che consente eccezionalmente al consumatore, solo per determinate fattispecie contrattuali, di liberarsi, ad nutum, dal vincolo obbligatorio.
Si è già avuto modo di notare che il diritto di recesso ex art.1355 c.c., negli Smart Contracts può assumere la forma di una condizione risolutiva meramente potestativa.41
La questione è ben diversa se si fa riferimento ai contratti BtoC conclusi attraverso Smart Contracts e alla consequenziale possibilità di garantire al consumatore il diritto di recesso così come disciplinato dall’art.52 del Codice del Consumo.
Difatti, come è stato accennato supra, è prevedibile che gli Smart Contracts vengano utilizzati per un tipo di contrattazione standardizzata, di massa e in rapporti asimmetrici.
Tutte le volte in cui uno smart contract sarà composto da una serie di condizioni generali, e in una situazione di disequilibrio dovranno allora essere rispettate (presumibilmente) le norme a protezione dei consumatori.
Le maggiori problematiche riguardano la dichiarazione espressa del consumatore di volersi avvalere del diritto di recesso o la sua accettazione relativa alla perdita del diritto di recesso stesso.
Invero, allo stato attuale, appare di non poca difficoltà acquisire all’interno di uno smart contract tali manifestazioni di volontà del contraente debole.
41 Vedi infra nel testo al cap.1 par.4
Non sono mancate soluzioni dalla dottrina, ma nessuna convincente o adeguata rispetto alla natura degli Smart Contracts.
Infatti, si è prospettata l’ipotesi di sospendere l’efficacia dei contratti durante la decorrenza del termine utile per esercitare il diritto di recesso, impartendo tale istruzione all’interno del codice, in attesa di un input da parte di un oracolo per procedere (eventualmente) all’esecuzione.
È inevitabile pensare che una simile ipotesi vada ad appesantire non poco il sistema degli Smart Contracts.
Altra soluzione si è rinvenuta nell’astratta possibilità di dotare gli Smart Contracts di un meccanismo idoneo ad accertare la volontà del consumatore di recedere, attraverso un oracolo esterno che invii un input di retrocessione. Anche in questo caso si osservi la divergenza tra la soluzione proposta e la natura degli Smart Contracts, che hanno come principale fine la certa esecuzione del contratto.
Non resterebbero, quindi, che i tradizionali rimedi per il consumatore al di fuori delle DLT e della Blockchain.
Tuttavia, non si può non notare che verrebbe meno per il consumatore l’efficacia del rimedio stesso, pensato, appositamente, per non far gravare sulla parte debole l’obbligo di adempiere.
Non resta che concludere affermando che il diritto di recesso (regolato dal Codice del Consumo) in riferimento agli Smart Contrats risulti un rimedio gravoso.
Si potrebbe allora pensare di eliminare il recesso ex art.52 cod. cons. quando si tratti di contratti conclusi tramite Smart Contracts; o, sicuramente, vi è la necessità di modificare alcune regole per poterle applicare a questa nuova tipologia di contratti senza forzature di sorta.
Infine, non sembrerebbe risolutiva la soluzione posta dal Parlamento europeo, contenuta nella Risoluzione del 20 Ottobre 2020, nella parte in cui chiede di prevedere: “misure atte ad assicurare che i contratti intelligenti siano dotati di meccanismi in grado di arrestarne i invertirne l’esecuzione”.
Sembrerebbe, infatti, di trovarsi anche in tal caso davanti a una soluzione “invasiva” e distonica rispetto al modello di funzionamento degli Smart Contracts.42
42 Cfr. X. XXXXXXX, Op. Cit., pp. 62-65
5. La necessità di un intervento normativo in tema di Smart Contracts
La parte generale del contratto non ha perso senso rispetto ai nuovi modi di circolazione di ricchezza.
Tuttavia, si è potuto notare come gli Smart Contracts sollevino discussioni sulla disciplina da applicare.
Questa nuova tipologia di contratti, infatti, si presenta come un prodotto già maturo meritevole di maggiore attenzione. Ebbene, si mostra un disallineamento tra un prodotto maturo e già insidiato in alcune materie, e la riflessione giuridica intorno a tale prodotto, che è ancora legata ai limiti di riferibilità degli Smart Contracts nelle norme generali e tradizionali.
Oltre gli aspetti tecnici, il problema giuridico che si pone in riferimento agli Smart Contracts è il loro impiego diffuso in alcune materie e contesti senza che vi sia una materia regolatrice in ambito europeo.
In ambito europeo emerge, infatti, ancora una certa diffidenza verso questi strumenti di conclusione del contratto.
La stessa Risoluzione dell’Ottobre 2020 del Parlamento europeo, di cui si è già parlato nel corso del seguente elaborato, tradisce un atteggiamento di diffidenza in diversi passaggi critici.
Basti pensare alla volontà del Parlamento europeo di prevedere regole capaci di arrestare la dinamica esecutiva degli Smart Contracts, che altro non è se non la negazione in termini degli stessi Smart Contracts che girano su Blockchain.
Altro passaggio critico riguarda l’adeguamento dei contratti intelligenti alla disciplina del diritto del recesso, che si è visto supra comporti un nonsenso giuridico, dal momento che chi
decide di affidarsi a uno smart contract ha la volontà che il contratto si esegua.43
Diffidenza, nel panorama europeo, si è posta anche in riferimento alla compatibilità di questi strumenti con la disciplina antitrust.
Alla luce di queste osservazioni, non potendosi negare che in certi contesti gli smart contracts siano dei veri e propri contratti, emerge il bisogno di un insieme di regole adeguato, e, soprattutto, respingere quell’idea dell’unicità del modello contrattuale.
La necessità di un intervento normativo pone il seguente interrogativo sul come e quando intervenire.
Molteplici sono gli approcci suggeriti.
Una prima ipotesi prende spunto dal c.d. Wait-and-see, ossia di monitorare l’evoluzione e lo sviluppo delle nuove tecnologie senza intervenire tempestivamente, applicando (o cercando di applicare) medio tempore il diritto esistente.
Altri sostengono, al contrario, un tempestivo intervento, possibilmente sovranazionale.
Infine, l’ultimo approccio che merita una menzione è il c.d. self- regulation a opera degli operatori del mercato.44
Ebbene, appare evidente come un intervento a livello europeo sia quantomeno necessario per rendere meno distoniche le norme poste rispetto a questa nuova realtà.
Non è mancato chi (Xxxxxxxxx), inoltre, ha proposto la necessità di una nuova Convenzione di Vienna cui affidare la costruzione di un vero e proprio codice mondiale del contratto algoritmico, non essendo sufficiente un’ennesima Direttiva europea.45
Oltre la necessità di un intervento nei termini sopra chiariti, è opportuno che nel frattempo anche il giurista faccia la sua parte nello sviluppo di queste nuove tecnologie e di questa nuova tipologia di contratti. Si rileva appropriato, per esempio, che il giurista partecipi a quell’approccio di self-regulation degli Smart Contracts assieme agli operatori del mercato, provando a
43 Vedi Cap.2 par.4
44 X. XXXXXXX, Op. Cit., p.90.
45 Cfr. XXXXXXXXX, contratto, algoritmi e diritto civile transnazionale: cinque questioni e due scenari.
comporre clausole compatibili con il linguaggio della macchina oppure avviando progetti formativi di “Coding for Lawyers”.
CAPITOLO III. APPLICAZIONI DEGLI SMART CONTRACTS
Sommario: 0.Xxxxx Contracts nel settore finanziario – 2. Smart Contracts nel settore energetico – 3. Smart Contracts e diritto del lavoro: nuove prospettive – 4. Smart Contracts e Blockchain nella gestione del diritto d’autore - 5. Smart Contracts nel diritto dei consumatori
1. Smart Contracts nel settore finanziario
L’ambito di applicazione del c.d. “contratto intelligente” trova il suo habitat naturale nel settore finanziario e assicurativo ove gli strumenti contrattuali mirano a soddisfare le esigenze di un pubblico sempre più attento, da un lato, ai risparmi e alla riduzione dei costi, dall’altro alla garanzia di una maggiore certezza, velocità e trasparenza.
Per questo molti operatori del settore hanno intrapreso la strada dell’utilizzo degli smart contract.
Le principali ragioni emergono dall’ampio uso nel settore finanziario di clausole standardizzate, che spesso includono variabili matematiche definite e misurabili. Di conseguenza, tali clausole sono facilmente riproducibili in uno smart contract nel linguaggio della macchina. Le attività finanziarie delle strutture organizzative, inoltre, riguardano complessi sistemi contabili e un’attività burocratica che ha a che fare continuamente con
un’enorme quantità di dati da verificare, scambiare e comparare.46
Gli Smart Contracts, per lo più, sono utilizzati per l’emissione di token o scambi di criptovalute, e per registrare transazioni che coinvolgono la proprietà degli asset senza intermediazione finanziaria.
Un esempio riguarda il fenomeno delle ICO’s (Initial Coin Offering), esploso nel 2017 e consistente nella raccolta di risorse economiche in cambio appunto di token. I tokens possono essere emessi da società, networks e, per lo più, stratup.
I tokens emessi sono distinti in tre tipi: gli utility tokens, che danno diritto a servizi; gli asset tokens, che danno diritto ad azioni e obbligazioni; payment tokens, che operano nello scambio tra investitori.
Le ICO’s sono solite essere accompagnate da un white paper, contentente il programma di investimento, il meccanismo dei tokens e altre informazioni utili.
In sostanza, le parti si accordano per uno scambio tra il contributo economico versato dall’investitore e un quantità di token rilasciata dalla società (stratup) all’investitore stesso, senza la presenza di un intermediario.47
Anche sui mercati azionari si sono manifestati eclatanti esempi, come quello della piattaforma Nasdaq Linq. Si tratta di una blockchain privata lanciata dal mercato Nasdaq per permettere a imprese private non quotate di scambiare azioni all’interno di un mercato chiuso. Con l’utilizzo di questa piattaforma non vi è necessità d’intermediazione e, di conseguenza, l’attività amministrativa con i relativi costi è drasticamente ridimensionata.48
Si registrano, di recente, anche alcuni tentativi per utilizzare gli smart contracts anche nelle operazioni di fusione e acquisizione, per la liquidazione dei crediti, o per ridurre il tempo necessario per ottenere i beni depositati come garanzia attraverso un accordo di escrow automatizzato.
46 X. XXXXXXX, Op. Cit., p. 117
47 X. XXXXXXX, Op. Cit., pp.71-73
4848 X. XXXXXXX, Op. Cit, 118 ss.
Tutto ciò va a garantire sicuramente una maggiore velocità nella contrattazione se si pensa che spesso, tali operazioni, sono rese più lente e più costose dalla partecipazione di avvocati, consulenti esterni e revisori: le aziende possono beneficiare dell’uso di blockchain e dell’intelligenza artificiale per velocizzare i processi e abbassarne i costi, ad esempio nelle attività di due diligence.
La tecnologia blockchain, dunque, sembra essere una struttura ideale poiché fornisce gli strumenti per sviluppare contratti innovativi e decentralizzati.
Nei mercati finanziari possiamo vedere la creazione di nuovi servizi e nuove opportunità per tutti quei soggetti precedentemente esclusi, nonché un possibile cambiamento nel rapporto tra clienti e operatori del settore che offrono servizi finanziari, a causa della moltiplicazione dei canali di intermediazione diretta.
Siamo nel mondo FinTech, dove le potenzialità offerte dalle applicazioni delle DLT, in particolare dalle Blockchains, sono particolarmente importanti.
Queste nuove tecnologie finanziarie (fintech), rappresentanto una vera “rivoluzione copernicana” nel settore dei servizi finanziari e si sono tanto sviluppate negli ultimi anni da influenzare il modo in cui tali servizi sono prodotti e forniti. Per FinTech si intende: «un’attivita` finanziaria resa possibile o offerta attraverso le nuove tecnologiche, che interessa l’intero settore finanziario in tutte le sue componenti, dal settore
bancario a quello assicurativo, i fondi pensione, la consulenza in materia di investimenti, i servizi di pagamento e le infrastrutture di mercato».49
Infatti, le tecnologie finanziarie rappresentano il punto di incontro dei servizi finanziari e del mercato unico digitale.
Il settore finanziario è il principale utilizzatore delle tecnologie digitali e un importante motore della trasformazione digitale dell’economia e della società.
49 Cosı`, «Relazione sulla tecnologia finanziaria: l’influenza della tecnologia sul futuro del settore finanziario» (2016/2243(INI)), Commissione per i problemi economici e monetari del Parlamento Europeo, 2017, spec. p. 4
Basti pensare a quanto le modalità di mobile payment o i trasferimenti di denaro c.d. peer to peer siano oramai naturali operazioni entrate nella quotidianità.
Sicuramente quindi la tecnologia applicata a tali mercati ha permesso un meccanismo di automatizzazione e semplificazione di diverse tipologie di operazioni: da quelle di trading e payment a quelle di gestione del rischio.
Tutto ciò comporta i seguenti vantaggi:
- riduzione dei tempi;
- maggiore fiducia nei presidi di sicurezza preposti alla tutela dei singoli utenti e operatori.50
È proprio in questo contesto che il settore bancario potrebbe accogliere e sviluppare maggiormente le innovazioni apportate dagli smart contracts.
Tutto ciò a vantaggio anche di una maggiore trasparenza nella definizione degli obblighi contrattuali rispetto ai meccanismi tradizionali, in quanto visibili a tutti i partecipanti della rete e ciò tenuto conto anche che le transazioni registrate non sono modificabili o cancellabili.
Tutto ciò va ad aumentare il grado di certezza e stabilità degli smart contracts.
Potenzialmente, l’unica terza parte a intervenire potrebbe essere il programmatore o il fornitore di servizi che va a trasporre il linguaggio naturale in linguaggio informatico.
C’è da considerare però che non tutte le tipologie contrattuali possono essere automatizzate tramite schemi if/then. Vi è chi ritiene corretto utilizzare uno smart contract solo per cristallizare specifiche sezioni di un accordo più ampio oppure per accordi poco complessi e altamente standardizzati. Si pensi agli affitti o collaborazioni commerciali, alle registrazioni di opere di proprietà intellettuale, o di garanzie e fideiussioni.
50 X. XXXXXXXx, E. M. INCUTTI, Gli smart contracts nel diritto bancario tra esigenze di tutela e innovativi profili di applicazione, in Contratto e Impresa, 2019, 3
Per entrare nell’ambito più specifico di applicazione del contratto intelligente nel settore in esame è d’obbligo fare un cenno al settore dei mutui e dei finanziamenti in generale, nonché al campo assicurativo.
Gli smart contract possono aiutare a snellire le procedure di erogazione di mutui e prestiti, eliminando le attuali procedure di Digital Transformation.
Si pensi a mero titolo esemplificativo alla lungaggine dell’iter del perfezionamento dei contratti.
L’utilizzo di detta figura comporterebbe una disintermediazione, l’abolizione di molte procedure cartacee e, in alcune nazioni, anche la rinuncia all’obbligo di rivolgersi a figure professionali qualificate (si pensi ai notai) considerate fondamentali per garantire la trasparenza dei rapporti.51
Tutto ciò potrebbe tradursi nell’abbassamento dei costi di accensione dei mutui e secondo alcuni esperti del settore si potrebbe arrivare a un risparmio compreso tra 480 e 960 dollari ovvero tra l’11% e il 22% degli attuali costi.
Gli esperti calcolano, quindi, che le banche potrebbero risparmiare fra 3 e 11 miliardi di dollari l’anno abbattendo i costi delle procedure solamente negli Stati Uniti e in Europa. Una conferma arriva dallo studio “Smart Contracts in Financial Services: Getting from Hype to Reality”.
Anche nel campo assicurativo gli smart contracts andrebbero sicuramente a velocizzare le pratiche di rimborso per le polizze sanitarie, automobilistiche, turistiche e domestiche portando a una sicura riduzione della modulistica da compilare nonché a uno snellimento delle interazioni necessarie tra l’assicuratore e il danneggiato.
Utilizzando il sistema di Smart Contracts, infatti, su un’unica piattaforma andrebbero unite tutte le componenti della value chain assicurativa: consumatori, compagnie, periti e fornitori terzi.
Solo nel settore delle polizze automobilistiche per la clientela privata si calcola che gli smart contract abbiano le potenzialità
51 Sul punto vedi X. XXXXXXX, Blockchain: la pretesa di sostituire il notaio, in Notariato, 2016, 3, pp. 213-216
per far risparmiare globalmente alle compagnie 21 miliardi di dollari all’anno, grazie alla riduzione dei costi di evasione delle pratiche.
L’ampio campo applicativo degli smart contract nel settore dei servizi finanziari e i potenziali vantaggi per i consumatori hanno spinto molti operatori a esplorare questa soluzione in maniera prioritaria. Operatori come BNP Paribas: il suo Head of CIB Blockchain Initiatives, Xxxxxxxx Xxxxx, ha dichiarato: «Questo è il momento di iniziare a sperimentare gli smart contract all’interno di un ambiente di test chiuso. Entro il 2017 inizieremo a vedere i primi contratti applicati a casistiche di utilizzo pratiche e una connessione con le piattaforme legacy.
Entro il 2019 potremmo persino iniziare a registrare una diffusione tra i consumatori».
Uno studio del Digital Transformation Institute di Capgemini rivela che il consumatore medio potrebbe risparmiare oltre 500 dollari sui costi bancari e assicurativi.
In conclusione, affidabilità, efficienza e sicurezza rendono la tecnologia Blockchain molto promettente nel settore finanziario.
Il decentramento e l’impossibilità di modificare ciò che è stato precedentemente registrato evita errori e manipolazioni ed aumenta non solo la sicurezza della rete, ma anche l’affidabilità delle informazioni registrate. Tuttavia, sebbene tutte le transazioni siano trasparenti e il tempo in cui esse sono effettuate sia certo, la blockchain non richiede agli utenti né di registrarsi né un controllo ex ante, offrendo così un elevato livello di anonimato.
Inoltre, la mancanza al momento di una regolamentazione ben precisa espone la nuova tecnologia a limitazioni tecniche e legali.
In attesa di una disciplina “su misura”, non si può negare l’importanza e lo sviluppo che le DLT e, in particolare, gli Smart Contracts possono e potranno avere nel settore finanziario.
2. Smart Contract nel settore dell’energia elettrica
Il settore energetico, insieme al settore finanziario, è quello in cui gli Smart Contracts hanno avuto l’impatto più positivo.
Senza dubbio il settore dell’energia, in generale, è quello che maggiormente ha subito negli ultimi anni una vera e propria rivoluzione dando origine a un’inversione di tendenza.
Negli anni, infatti, esso è rimasto sostanzialmente invariato dato che il modello tradizionale era indissolubilmente legato alla centralizzazione della produzione. In sostanza l’energia era legata a combustibili fossili, a energia idroelettrica e in un secondo momento all’energia nucleare.
Senza soffermarsi sulle diverse tipologie di fonti di energia va evidenziato che ciò che ha sempre connotato questo mondo è stata la presenza di un numero relativamente piccolo di grandi operatori e di una forma di distribuzione in regime di monopolio.52
L’emergere delle energie rinnovabili (solare, eolica, ecc..), delle questioni legate al cambiamento climatico e delle nuove tecnologie hanno determinato una trasformazione radicale in questo settore, che nasce dall’esigenza di esaudire, da un lato, il crescente fabbisogno energetico con una attenzione alle implicazioni legate all’impatto ambientale, dall’altro, di ottimizzare il rapporto produzione/consumo e di garantire con sicurezza che l’energia in questione provenga effettivamente da fonti rinnovabili.
Ebbene, in ragione di quanto supra illustrato si colloca il sistema della Blockchain e in particolare degli smart contracts nel settore dell’energia elettrica.
Già nella Risoluzione del Parlamento europeo del 2018, infatti, riguardante la “Blockchain: una politica commerciale lungimirante”, erano state messe in evidenza le potenzialità correlate all’applicazione delle nuove tecnologie nel settore
52 X. XXXXXXXXX, Op. Cit., p. 610
energetico. La Risoluzione mira a mostrare come le DLT e gli Smart Contracts, nel settore energetico, possano rendere più efficaci, veloci e sicuri gli scambi di energia elettrica tra i partecipanti a una stessa piattaforma.
Non sono mancati, infatti, negli ultimi anni progetti di utilizzo di DLT e Smart Contracts nel settore dell’energia elettrica.
Tuttavia, prima di soffermarci sui progetti sviluppatisi di recente, è opportuno fare un breve cenno sulle tecnologie che hanno successivamente costituito la base per lo sviluppo di tali progetti.
Mi riferisco in particolare alle Smart Grids e agli Smart Meters. Le Smart Grids sono delle reti intelligenti il cui compito è gestire e monitorare la distribuzione di energia elettrica e di soddisfare le richieste di elettricità dei vari utenti collegati. La qualità per cui si contraddistinguono queste reti intelligenti risiede nella bi-direzionalità del flusso di elettricità. In sostanza, il flusso può correre dai produttori ai consumatori e viceversa.
Strettamente collegati alle Smart Grids sono gli Smart Metering system, ossia un sistema di misurazione intelligente, in grado di misurare l’energia elettrica immessa nella rete o l’energia consumata.53
Le due tecnologie utilizzate congiuntamente consentono lo scambio di energia rinnovabile tra pari.
La stessa Direttiva dell’UE 2018/2001 definisce all’art. 2, punto 18, tale scambio come: “la vendita di energia rinnovabile tra i partecipanti al mercato in virtù di un contratto con condizioni prestabilite che disciplina l’esecuzione e il regolamento automatizzati dell’operazione, direttamente tra i partecipanti al mercato o indirettamente tramite un terzo certificato partecipante al mercato, come ad esempio un aggregatore”.
Grazie a tali sistemi, quindi, gli auto-produttori hanno la possibilità di cedere le eccedenze da loro prodotte di energia o
53 Così Direttiva UE 2019/944, 5 Giugno 2019, all’art.2, punto 23, definisce lo Smart Metering System:”un sistema elettronico in grado di misurare l’energia elettrica immessa nella rete o l’energia elettrica consumata, mediante un sistema elettronico fornendo maggiori informazioni rispetto a un dispositivo convenzionale e in grado di trasmettere e ricevere dati a fini d’informazione, sorveglianza e controllo utilizzando una forma di comunicazione elettronica”.
alla rete o direttamente ad altri utenti in uno scambio peer-to- peer.
Tornando ai progetti di cui supra si accennava, un antesignano di tali progetti è stato sicuramente quello che prende il nome di Enerchain, lanciato nel 2016 da una società tedesca specializzata nella produzione di software. I partecipanti di Enerchain con la oro adesione hanno “finanziato” lo sviluppo dell’infrastruttura coprendone i costi. L’obiettivo dell’infrastruttura è di permettere ai singoli di inviare, ricevere ed effettuare ordini attraverso un registro decentralizzato, senza intermediazione di un operatore centrale, realizzando scambi peer-to-peer.
Altra piattaforma per l’utilizzo della tecnologia Blockchain nel settore energetico è quella sviluppata da Power Ledger, una società australiana. Ebbene, la società ha progettato e costituito una piattaforma di compravendita di energia elettrica, prodotta esclusivamente da fonti rinnovabili. Il sistema traccia il consumo e gestisce gli scambi degli utenti in tempo reale, resi possibili dalla creazione di due apposite criptovalute (Power Ledger Token e Sparkz).
Il fenomeno più importante per gli scambi peer-to-peer è, però, quello delle Microgrid.
Tra i progetti Microgrid il più celebre è, senza dubbio, quello di Brooklyn. Tale Microgrid è connessa a una pluralità di utenze elettriche gestite attraverso un unico punto di connessione con la rete elettrica, affinché gli utenti tra loro vicini possano scambiarsi energia elettrica tra loro. L’obiettivo è di cedere l’eccedenza di energia generate dagli autoproduttori ad altri utenti vicini. L’energia elettrica in questione corre lungo la rete elettrica tradizionale; la differenza sussiste nella mancanza di un grande operatore centrale da cui comprare l’energia e nel rapporto alla pari tra gli utenti che si scambiano energia. Si noti, dunque, il plus che a un tale progetto deriva dall’applicazione del sistema Blockchain, che garantisce, infatti, la sicurezza della transazione e l’immodificabilità di quanto stabilito tra gli utenti, senza rischio di eventuali manomissioni a opera di terzi.54
54 X. XXXXXXX, Op. Cit., pp. 79-83
Di pari passo allo sviluppo di queste nuove tecnologie e progetti, è emersa una nuova figura, quella del Prosumer, che diventa la figura centrale degli scambi peer-to-peer.
L’espressione è stata coniata da Xxxxx Xxxxxxx nel suo libro “the third wave”, come la crasi di producer e consumer o di professional e consumer.
Il prosumer, secondo la definizione normativa italiana, è il soggetto che è al contempo produttore e cliente finale di energia elettrica.55
Il prosumer è senz’altro una figura centrale negli scambi di energia tra pari, nonché figura centrale del quadro regolatorio dell’Unione Europea per l’energia e il clima.56
Quel che merita di essere rilevato sulla figura del prosumer è che, negli scambi tra pari, è tutelato come un consumatore (salvo che l’attività di produzione e vendita di energia costituisca la sua principale attività commerciale e professionale).
Tale tutela, infatti, è confermata sia dalla Direttiva UE 2018/2001 all’art. 2, punto 18,57 sia dall’ARERA (l’autorità di regolazione per energia reti e ambiente) che non fa distinzione tra la figura del consumatore e del prosumer, utilizzando l’espressione “tutela del consumatore/prosumer”.
I progetti Microgrid, i dispositivi intelligenti (a cominciare dai fondamentali contatori digitali di nuova generazione “Smart
55 La stessa definizione si rinviene sia nell’Allegato A alla deliberazione dell’Autorità competente , n.188/2012/E sia nell’Allegato A alla deliberazione n.286/2014/R.
56 Cfr. Direttiva (UE) 2019/944, il prosumer come “il cliente finale o un gruppo di clienti finali consorziati che consuma o conserva l’energia elettrica prodotta nei propri locali situati all’interno di un’area delimitata o, se consentito da uno Stato membro, in altri locali, oppure vende l’energia elettrica autoprodotta o partecipa a meccanismi di flessibilità o di efficienza energetica, purché tali attività non costituiscano la principale attività commerciale o professionale”.
57 Così Xxxxxxxxx (UE) 2018/2001, all’art.2, punto 18 dispone che “il diritto di condurre scambi tra pari non pregiudica i diritti o gli obblighi delle parti coinvolte in qualità di consumatori finali, produttori, fornitori, aggregatori”. Su punto anche Xxxxxxxxx (UE) 2019/944, all’art.16, comma 3, lett. e) afferma che le comunità energetiche “abbiano il diritto di organizzare all’interno della comunità energetica dei cittadini la condivisione dell’energia elettrica prodotta dalle unità di produzione di proprietà della comunità, […] purché i membri della comunità conservino i diritti e gli obblighi in quanto consumatori finali”.
Meters” e “Smart Grids”), deputati a monitorare e gestire le fasi di produzione e distribuzione dell’energia, creano l’esigenza di un sistema sempre più interconnesso e flessibile, l’esigenza di migliorare e creare nuovi sistemi per il coordinamento, la tracciabilità e la sicurezza delle transazioni.
L’evoluzione, quindi, che nel corso degli anni si è registrata nel campo energetico e in particolare nella sua produzione ha fatto sì che molti operatori del settore, sulla scia dei nuovi sistemi di contrattazione intelligente, abbiano guardato alla nuova materia con notevole interesse.
Per soddisfare dette esigenze (soprattutto di certezza, velocità, immodificabilità del contenuto e riduzione dei costi) a oggi quasi duecento aziende, startup, e grandi compagnie, stanno testando l’utilizzo del sistema degli smart contracts.
Per le grandi compagnie l’adozione delle Blockchain , infatti, può produrre non solo una riduzione dei costi e un’innovazione nei servizi al cliente ma anche l’occasione di riprogettare tuti i processi interni nella comunicazione, automatizzazione e documentazione.
Gli Smart Contracts vanno a gestire (quasi) in tempo reale e in maniera automatica tutte le contrattazioni, tenendo conto della domanda e dell’offerta; della potenza disponibile e degli altri parametri monitorati dai dispositivi intelligenti.
Gli Algoritmi di Intelligenza Artificiale possono contribuire a proporre o scegliere le tariffe migliori.
Le transazioni generano dei micro-pagamenti che possono essere effettuati tramite criptovalute specifiche o token.
La “tokenizzazione”, una delle caratteristiche più interessanti delle blockchain, rappresenta la possibilità di trasformare qualsiasi asset, sia fisico sia virtuale, in un “gettone digitale”. Tutto ciò rende quel bene (l’energia), o meglio i diritti su quel bene, scambiabile. I token associati ad esempio ai Watt venduti o acquistati potrebbero poi essere convertiti in una valuta ufficiale come l’Euro o anche essere messi in compravendita in un mercato secondario, proprio come le azioni. I token possono fungere anche da strumenti finanziari per la multi-proprietà dei dispositivi di produzione d’energia.
Inoltre la certificazione in modo preciso e verificabile dell’origine “sostenibile” dell’energia usata diventa un servizio sempre più apprezzato dal consumatore nell’era della c.d. “consapevolezza ambientale”.
Grazie ai dati misurati dal contatore digitale e registrati su blockchain, si può ottenere una gestione efficace della tensione di rete e relativi sovraccarichi,
richiedendo in via automatica la riduzione dei consumi agli utenti e adeguando in modo istantaneo le bollette.
Lo stesso concetto legato alla decentralizzazione e istantaneità del sistema può essere utilizzato dalle grandi compagnie per la compravendita di altre fonti di energia quali petrolio e gas naturale.
È doveroso fare un cenno anche all’applicazione delle fonti di energia nel campo dei trasporti. Qui il sistema della contrattazione intelligente trova una larga applicazione nella c.d. “e-mobility”.
I trasporti sono per loro natura una forma di servizio decentralizzato che coinvolge più attori.
Per far fronte alle sempre più numerose richieste si possono creare nuovi modelli di bussiness, favorendo l’entrata in campo di nuovi fornitori privati.
Il conducente, infatti, potrebbe scegliere via app la stazione con il miglior prezzo o persino fare questa scelta direttamente a una stazione di ricarica che sarebbe servita da più produttori. Gli operatori di rete avrebbero sia vantaggi di gestione sia un coordinamento ottimizzato della ricarica dei veicoli elettrici.
Si avrà quindi un modo per i veicoli elettrici di diventare asset di rete cooperativi e interattivi.
Un cenno va fatto anche al collegamento tra il nuovo sistema e il campo degli investimenti.
Molte sono, infatti, le aziende che hanno diretto una parte dei propri investimenti in questo settore.
Uno studio ha stimato che nel 2018 il valore degli investimenti in blockchain nel mercato dell’energia, è stato superiore ai 220
milioni di dollari e che possa avere per il periodo 2019-2025 un tasso annuo di crescita composto, CAGR, pari al 50%.58 Esemplare in questo senso è l’esperienza della “SP Group”, il principale gestore e distributore di elettricità e gas a Singapore che nel mese di ottobre del 2018 ha costituito un mercato digitale per certificati energetici green (REC, Renewable Energy Certificate) basato proprio sulla tecnologia blockchain. Anche a livello Europeo la Direttiva 2022/2018 sull’efficienza energetica (EED) prescrive all’art. 9 (Misurazione del gas e dell’energia elettrica) che gli Stati Membri provvedano affinché i clienti finali di energia elettrica/gas naturale ricevano “a prezzi concorrenziali contatori individuali che riflettano con precisione il loro consumo effettivo e forniscano informazioni sul tempo effettivo d’uso”.
Questo è il sistema prospettato che presenta sicuramente un potenziale enorme. Sussistono però i rischi di mettere in discussione alcuni ruoli tradizionali quali i rivenditori, i fornitori intermediari e i tecnici. De iure condendo molti autori sottolineano la necessità di un intervento normativo chiaro e definitivo.
Xxxxxxx autore ha evidenziato inoltre che a discapito di un sistema sicuramente celere e snello vi sarebbe la necessità dell’utilizzo di un calcolatore elettronico tanto potente da essere in grado di processare la grande quantità di dati contenuti in ogni blocco, e che quindi l’aspetto negativo più evidente di questa tecnologia riguarderebbe proprio l’alto consumo di energia elettrica legato all’utilizzo dei processori.
58 Fonte: Global Market Insight
3. Smart Contracts e diritto del lavoro: nuove prospettive
L’applicabilità della tecnologia Blockchain e in particolare della figura degli Smart Contract incontra alcune perplessità in quelle figure contrattuali che sono improntate sulle qualità personali delle parti contraenti (c.d. contratti intuitus personae) e in particolare in campo giuslavoristico.
Sicuramente, i vantaggi già evidenziati in generale dell’utilizzo del contratto intelligente, quali la celerità, l’immodificabilità dei contenuti e la trasparenza
rappresentano elementi di garanzia nella contrattazione tra datore di lavoro e prestatore, e spingono molti operatori del settore a voler far uso della nuova tecnologia. Tuttavia, come evidenziato, forse l’applicazione delle nuove tecnologie nel rapporto di lavoro incontra maggiori limitazioni dovute proprio alla natura peculiare del contratto (dalla sua formazione, alla regolamentazione fino alla sua estinzione) e ciò tenuto anche conto che nel rapporto di lavoro subordinato le parti non rivestono un ruolo paritario, elemento questo che rappresenta il presupposto per l’applicazione dello smart contract.
Negli Smart Contracts, infatti, vi è sostanziale parità delle parti contraenti che dispongono delle situazioni giuridico patrimoniali in base esclusivamente alle loro volontà.59
Nel contratto di lavoro, invece, coesistono parti che non hanno, tra loro, il medesimo rapporto di forza e che fanno interagire nel rapporto diritti di rango diverso.
Senza considerare che il diritto del lavoro e il diritto sindacale sono rappresentati da un ampio apparato normativo complesso e stratificato sia a livello di produzione che di interpretazione, che come tale, non consente automatismi del processo gestionale del
59 X. XXXXXXXX, Blockchain, smart contract e machine learning: alla prova del diritto del lavoro, in Il lavoro nella giurisprudenza, 2019, 10, pp. 873 ss.
rapporto di lavoro. Infatti, alcune situazioni tipiche del rapporto di lavoro mal si conciliano con una traduzione in regole codificate secondo il linguaggio informatico.
Basti pensare all’oggettiva difficoltà di trasporre in un protocollo informatico tutto quel complesso di situazioni, anche di natura soggettiva, che determinano il licenziamento o le dimissioni. Senza considerare anche la folta giurisprudenza in materia che svolge un ruolo centrale di integrazione del contenuto e di interpretazione delle clausole.
Tutto ciò perché nel rapporto di lavoro la componente umana è necessariamente prevalente in una pluralità di aspetti ed è pertanto poco incline a essere automatizzata.
A ogni modo anche questo settore non può non tenere conto del progresso tecnologico. Sicuramente l’innovazione e la tecnologia hanno sempre influenzato il campo del lavoro. Basti pensare alle innovazioni tecnologiche che hanno determinato un impatto polivalente sul mondo del lavoro alimentando, da un lato, una costante critica sulla loro applicazione nei contesti produttivi in quanto considerate il presupposto per la eliminazione del “capitale umano” a vantaggio del capitale materiale; dall’altro lato, occorre considerare che le stesse sono accolte con crescente favore dal lavoratore, in quanto ormai indispensabile ausilio per la semplificazione di tutta una serie di adempimenti.
In questo senso lavoro e tecnologia sono sempre andati di pari passo.
Invero, il segretario generale della Fim-Cisl Xxxxx Xxxxxxxxxx ha “lanciato” il manifesto Blockchain Italia60, con l’intenzione di promuovere l’utilizzo della tecnologia Blockchain per migliorare i processi dell’industria (si è appunto parlato di industria 4.0).61
60 X. XXXXXXXXXx - X. XXXXXXXXx, Così la blockchain aumenta l’umanità del lavoro, in Il sole 24 ore Commenti del 12 agosto 2018, dossier Manifesto per un nuovo bene pubblico, in xxxx://xxx. xxxxxx00xxx.xxx/xxx/xxxxxxx/0000-00-00/xxxx-xxxxxxxxxx- aumenta-lumanita-lavoro203658.shtml?uuid=AEBXOWZF.
61 X. XXXXXX, La quarta rivoluzione industriale, Milano, 2016, p.1 secondo cui «si tratta della quarta fase della rivoluzione industriale, dopo la prima, caratterizzata
Nel Manifesto, Xxxxxxxxxx propone un’applicazione della tecnologia Blockchain alla contrattualistica del lavoro. Il segretario generale della Fim-Cisl parte dal presupposto che in un rapporto di lavoro ci sono diversi stakeholders, ossia i lavoratori, il datore di lavoro, gli istituti previdenziali ecc.
Tra tali stakeholders vi sono determinati obblighi di comunicazioni che l’applicazione della tecnologia Blockchain renderebbe più rapidi, certi e sicuri.
Il metodo Blockchain applicato ai contratti di lavoro creerebbe un registro unico, decentrato e accessibile simultaneamente a tutti gli operatori del rapporto, in modo tale che ognuno di essi possa promuovere un blocco immodificabile della catena- rapporto.
Xxxxx Xxxxxxxxxx promuove tale applicazione, a patto che lo Stato amministrazione rinunci a essere accentratore di tutte le funzioni regolative del rapporto.
In un contesto così fortemente orientato alla digitalizzazione del lavoro, la Blockchain sicuramente potrebbe avere una portata rivoluzionaria.
Per analizzare al meglio le sfaccettature possibili dello strumento dello smart contract nel campo giuslavoristico e in particolare nel contratto di lavoro subordinato è necessario focalizzare l’attenzione sulle parti del contratto e sulla tipologia dello stesso (con una piccola riflessione all’ambito di
dall’introduzione del telaio meccanico e dallo sfruttamento dell’energia a vapore, la seconda, contraddistinta dalla produzione di massa con metodi
fordisti e dall’impiego dell’energia elettrica, e la terza fase, quella digitale, segnata dall’avvento del
computer nei processi produttivi». 2 Cfr. il Dossier “Impresa 4.0” del Servizio Studi della Camera dei
deputati, del 2 ottobre 2019, al link xxxxx://xxx.xxxxxx.xx/xxxxxx/xxxxxxxxxxxxxx/xxxx/xxx/0000000.xxx?_00000000000 41 Si veda anche il Dossier del Senato della Repubblica – XI Commissione, avente ad oggetto “Impatto sul mercato del lavoro della quarta rivoluzione industriale”, in base al quale «la definizione di Industria 4.0 nasce in Germania come un vero e proprio paradigma economico nel quale la tecnologia non è che uno strumento per ripensare l’intera economia industriale. Questo si basa sull’utilizzo della rete internet all’interno dei processi produttivi per ottimizzare l’integrazione e il coordinamento sia all’interno della fabbrica sia lungo tutta la supply chain nel rapporto con i fornitori e soprattutto con i consumatori».
applicazione del sistema nuovo al contratto di appalto), con un cenno all’aspetto previdenziale, e alla tutela della privacy.
Senza dubbio gli Smart Contracts possono liberare i rapporti giuridici da incombenze burocratiche e da costi di gestione, rendendoli al contempo più trasparenti, tracciabili e affidabili. Un esempio degno di nota che ha spinto all’applicazione degli Smart Contracts, perviene dal Dipartimento di Ingegneria Elettrica ed Elettronica dell’Università di Cagliari, che nel 2017 ha realizzato uno studio denominato D-ES (Decentralized Employment System). L’esempio del D-ES mostra il pregio dell’applicazione della nuova tecnologia in ambito del diritto del lavoro, seppur prendendo come riferimento i rapporti di lavoro subordinato a tempo determinato.
Con il D-ES sono avviate in modo automatico la denuncia unica e il cassetto previdenziale e vengono coinvolte contemporaneamente le associazioni assicurative e ispettive che possono fin da subito e in qualsiasi momento consultare tutti gli elementi relativi al rapporto, eliminando attese, dispersioni cartacee, lungaggini e problemi burocratici.
La struttura del D-ES parte con la comunicazione della disponibilità del posto da parte del datore di lavoro. Una volta che il lavoratore comunica la propria candidatura, la piattaforma intermediatrice collega la domanda all’offerta, consentendo alle parti di avere subito tutte le informazioni relative al rapporto da instaurare. È qui che la Blockchain esprime il suo potenziale, poiché funge da registro pubblico immutabile, ove sono contenute le clausole pattuite dai contraenti. In più la Blockchain può impedire la conclusione del contratto finché tutte le clausole sono conformi al dettato legislativo vigente.62 Alla luce di quanto esposto è doveroso domandarsi in primo luogo se la blockchain e gli smart contract possano agevolare le imprese nella gestione amministrativa del rapporto di lavoro; in secondo luogo se tale tecnologia possa rappresentare uno strumento di tutela dei diritti e, al contempo, di contrasto agli abusi e alle condotte illecite poste ai danni del lavoratore.
62 X. XXXXXXXX, Op. Cit., pp. 872-874
La selezione del personale avverrebbe attraverso una piattaforma nella quale il datore di lavoro potrebbe inserire l’offerta e raccogliere la domanda (proposta e accettazione). Una volta concluso il contratto di lavoro sorgono per le parti non soltanto l’obbligo delle prestazioni principali ma anche una serie di prestazioni accessorie. Basti pensare, per il datore, all’obbligo di una serie di adempimenti di natura amministrativa, previdenziale e fiscale, tra i quali, ad esempio, la denuncia di assunzione attraverso modello elettronico UNILAV; la denuncia UNIEMES da trasmettere mensilmente all’INPS con riguardo ai flussi contributivi sulla base dei quali l’Istituto ricostruisce il DM10 Virtuale ; la trasmissione del modello 770, utilizzato dai sostituti d’imposta, per l’invio telematico dei dati fiscali dei contribuenti riguardante le ritenute operate nel periodo d’imposta considerato e i dati delle certificazioni rilasciate ai percettori.
Tutto questo complesso di dati o informazioni che sono oggetto di comunicazione obbligatoria da parte del datore di lavoro, potrebbero costituire le informazioni essenziali da inserire nel primo blocco della catena, su cui poi registrare l’intera evoluzione del rapporto di lavoro.63
Il datore sarebbe in grado di assolvere gli obblighi di informazione sia verso il lavoratore sia verso i sindacati, nonché di inoltrare le comunicazioni obbligatorie ai centri per l’impiego, agli enti previdenziali e all’amministrazione finanziaria.
In tal modo gli enti pubblici potrebbero ottenere notevoli vantaggi nel monitoraggio, costante e puntuale, della regolare corresponsione della retribuzione, del versamento dei premi assicurativi e dei contributi previdenziali, nonché dell’eventuale cessazione del rapporto di lavoro.
Dal punto di vista del contenuto dell’accordo contrattuale, il sistema in esame rappresenterebbe un filtro importante sulla valutazione della liceità dello stesso e sull’eventuale violazione di norme imperative e sulla presenza di clausole difformi.
63 X. XXXXXXXXX, X. XXXXXX, Blockchain e smart contract: nuove prospettive per il rapporto di lavoro, in Il lavoro nella giurisprudenza, 2019, 3, pp. 241-242
Il contenuto dell’accordo se non adeguato alla normativa vigente impedirebbe ab origine la conclusione del contratto in quanto non rientrante nei blocchi prefigurati.
In questo modo, dunque, il modello permetterebbe di semplificare la selezione e la gestione del personale, la determinazione dell’oggetto del contratto garantendo il pieno rispetto delle disposizioni di fonte normativa o collettiva.
Particolare attenzione è stata posta da alcuni autori sui possibili vantaggi che il sistema della Blockchain potrebbe apportare nel settore dei contratti di appalto.
In detto campo appare maggiormente sentita la necessità di garantire trasparenza, certezza e inalterabilità di tutti i flussi informativi nei rapporti tra imprese e P.A., nonché nei rapporti contrattuali tra le stesse imprese coinvolte nei cicli produttivi. Infatti, nel nostro ordinamento vige un regime di responsabilità solidale tra committente e appaltatore in relazione ai crediti retributivi, ai contributi previdenziali e ai premi assicurativi per tutto il periodo di esecuzione del contratto di appalto.
L’utilizzo di un registro distribuito e partecipato dalla P.A. e dalle imprese partecipanti all’appalto, da una parte, consentirebbe alle aziende di governare il rischio economico legato alla responsabilità solidale attraverso l’utilizzo di smart contract che segnalino la presenza di eventuali incongruenze tra i dati presenti nel sistema, disponendo l’invio di avvisi alle competenti funzioni aziendali per l’adozione degli opportuni correttivi; dall’altro, tale registro permetterebbe agli organi ispettivi di verificare il corretto adempimento degli obblighi retributivi, contributivi e assicurativi da parte del committente e dell’appaltatore.
Altro aspetto che è stato approfondito nel campo del lavoro è quello del rapporto tra il sistema della Blockchain e la tutela della privacy.
Sicuramente nell’ambito del rapporto di lavoro e della sicurezza del lavoratore vengono captati alcuni dati sanitari sensibili del lavoratore che vanno a violare gli articoli 5 e 6 della Legge n.300/70 (c.d. Statuto dei Lavoratori).
In particolare l’art. 5 vieta accertamenti del datore di lavoro “sulla idoneità e sulla infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente” posta la facoltà del primo di procedere in tal senso attraverso enti pubblici e istituti specializzati di diritto pubblico; l’articolo 6 vieta le “visite personali di controllo sul lavoratore fatti salvi i casi in cui siano indispensabili ai fini della tutela del patrimonio aziendale” e, in tale prospettiva, stabilisce che esse debbano essere “eseguite all’uscita dei luoghi di lavoro” e a condizione che “siano salvaguardate la dignità e la riservatezza del lavoratore “ e secondo modalità “concordate dal datore di lavoro con le rappresentanze sindacali aziendali oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna”.
Un sistema blockchain, installato sui wearable device, sarebbe in grado di garantire un trattamento “intelligente” di questi dati sanitari ovvero nel segno dei principi di correttezza, necessità e pertinenza ma anche dei c.d. principi di privacy by design e
di privacy by default , introdotti dal Regolamento Europeo sulla privacy, che fanno da pendant ai primi.
Da un lato, i token potrebbero scontare un trattamento fiscale più leggero di quelli dei tradizionali voucher perché diversi da essi; dall’altro, il lavoratore si assicurerebbe la qualità dei beni di consumo acquistati; dall’altro ancora, l’impresa registrerebbe un aumento di domanda di prodotto proporzionale al proprio numero di dipendenti.
Fin qui, senza dubbio, questi sono gli aspetti vantaggiosi dell’utilizzo del contratto intelligente nel settore del Lavoro. Forti dubbi permangono però riguardo la peculiarità del contratto lavorativo che, come già sottolineato, nasce da un rapporto non paritario tra i contraenti e
soprattutto si basa sulle qualità personali delle parti e su un rapporto di tipo fiduciario.
Alcuni problemi si possono rinvenire con l’articolo 2113 c.c. che riconosce un termine di sei mesi per impugnare una transazione, mentre negli Smart Contracts la reversibilità non è contemplata secondo lo schema logico di funzionamento.
Problemi potrebbero riguardare anche la contrattazione collettiva, a partire proprio dalla possibilità di qualificare parte
di uno smart contract il sindacato che sottoscrivesse il contratto collettivo.
Inoltre, con l’adozione degli Smart Contracts verrebbe meno il dialogo tra le parti, punto cardine di ogni contrattazione collettiva.
Non resta, quindi, che trovare soluzioni per rendere gli Smart Contracts compatibili con il diritto del lavoro.
Ebbene, se è vero gli Smart Contracts sembrano allo stato inadeguati a essere applicati al diritto del lavoro e ai relativi rapporti contrattuali, è anche vero che tale incompatibilità è dettata da un panorama normativo inadatto alle evoluzioni tecnologiche e sociali.
Segnali positivi, tuttavia, giungono dal panorama politico, sia italiano che europeo. Invero, il Cnel, in collaborazione con l’EU Blockchain Observatory and Forum e l’Università Roma Tre, ha istituito l’Osservatorio Italiano per la Blockchain,64 a cui è affidato un duplice compito. Il primo, riguardante politica e condizioni quadro della Blockchain per promuovere tale tecnologia e un correlato sistema legale e normativo; il secondo compito si basa sui c.d. “use cases”, ossia di monitorare lo sviluppo e la diffusione della tecnologia nei vari settori in cui è applicata o in cui potrebbe essere applicata.65
Xxxxxxx Xxxxxx, studioso del tema, ha prospettato la tesi di una Blockchain permissioned,66 ove gli attori del rapporto instaurino un contratto plurilaterale associativo di scopo comune. Gli istanti, quindi, per entrare nella Blockchain dovrebbero avere l’autorizzazione da parte di una o più autorità centrali.
Applicando così una permissioned Blockchain, tutti i dati ivi contenuti sarebbero immediatamente conoscibili; dati la cui certezza sarebbe assicurata non solo dalla tecnologia stessa, ma anche dalla presenza degli organismi di garanzia alla catena, che così conserverebbero la loro funzione controllo e coordinamento (solo ai fini del rapporto contenuto nella struttura).
64 Xxxx X. XXXXXXXXXXX, X. XXXXXX, Blockchain e politiche del lavoro, in I quaderni del XXXX, 0000, 1, pp.18 ss.
65 Cfr. X. XXXXXXXX, Op. Cit., pp. 874-876
66 Sulla differenza tra Blockchain permissionless e permissioned vedi Cap.1 par. 1
Quale che sia la soluzione, è indubbio che davanti al fenomeno degli Smart Contracts e delle DLT (che sono un prodotto già maturo) non bisogna rimanere inerti e guardare da lontano con diffida, nemmeno se si tratti di materie in cui a prima facie tali tecnologie possano sembrare inadatte.
In conclusione, non vi è ragione di partire da un aprioristico rifiuto di applicare gli Smart Contracts al diritto del lavoro, bensì è necessario studiare e approfondire il fenomeno per utilizzarlo come uno strumento utile per migliorare il mondo del lavoro, sfruttando i molteplici benefici che ne possono derivare (soprattutto riguardo il “cappio” della burocrazia).
4. Smart Contracts e Blockchain nella gestione digitale del diritto d’autore
Nel campo del diritto d’autore sono già noti sistemi informatici connessi alla gestione dei diritti di autore, che prendono il nome di Digital Rights Management (DRM), impiegati per limitare e regolare la fruizione dei contenuti.
Con tali sistemi è possibile portare ex ante a esecuzione le norme di legge e le condizioni contrattuali che regolano la circolazione delle informazioni digitali.
Tuttavia, le criticità legate ai sistemi DRM, tra le quali la compromissione della libertà degli utenti di utilizzare i contenuti digitali, hanno spinto a osservare, con buon occhio, alle potenzialità connesse all’applicazione del sistema Blockchain e degli Smart Contracts.
Infatti, nonostante l’applicazione delle nuove tecnologie trova concretamente spazio, oggi, nel settore finanziario ed energetico (come si è visto supra nel testo), da tempo si prova a estendere l’applicazione delle stesse in altri ambiti.
La possibilità di sfruttare il sistema Blockchain nel campo del diritto di autore è accolta con entusiasmo (forse troppo) dagli attori del settore.
È, infatti, un tema assai ricorrente, quello della gestione distribuita dei diritti d’autore.
L’entusiasmo con cui vengono accolti gli Smart Contracts e la Blockchain è correlato alle potenzialità che si potrebbero riscontrare dalla loro applicazione.
La vastità del potenziale ventaglio applicativo della Blockchain nel campo del diritto d’autore è stata recentemente riconosciuta anche dal Parlamento Europeo, che il 3 ottobre 2018 ha emanato una Risoluzione dal titolo “Tecnologie di registro distribuito e blockchain: creare fiducia attraverso la disintermediazione”67. I
67 Risoluzione del Parlamento europeo del 3 ottobre 2018 sulle tecnologie di registro distribuito e blockchain: creare fiducia attraverso la disintermediazione (2017/2772(RSP)), reperibile su
punti 22 e 23 della Risoluzione sono dedicati alle “Industrie creative e diritti d’autore” e rilevano come “nel caso di contenuti creativi “digitalizzati”, [la Blockchain possa] consentire di tracciare e gestire la proprietà intellettuale e facilitare la protezione dei diritti d’autore”, come essa possa essere sfruttata per la creazione di “un registro pubblico aperto che possa anche indicare chiaramente proprietà e diritti d’autore” ed infine, con riguardo all’uso dei contenuti protetti ed alla relativa remunerazione dei titolari, come la Blockchain “potrebbe giovare agli autori apportando maggiore trasparenza e tracciabilità all’uso dei loro contenuti creativi, nonché riducendo gli intermediari per quanto riguarda il pagamento dei loro contenuti creativi”.
Uno dei vantaggi ipotizzati è la creazione di una c.d. scarsità digitale. Infatti, la disponibilità di un registro digitale e di token che possono rappresentare le informazione iscritte nel registro, fanno sì che vari beni possano essere rispecchiati all’interno del registro stesso, come un’opera protetta da diritto di autore.
In tal modo sarebbe possibile una “mercificazione”, ossia una trasformazione dei contenuti digitali in prodotti standardizzati e facilmente commerciabili (con la possibilità di creare un mercato secondario).
Oltre che un’ipotesi, tale vantaggio è stato concretamente già sfruttato nel settore delle opere d’arte, dove è nato il movimento della CryptoArt, ove l’artista produce un’opera d’arte in collaborazione con una macchina e la distribuisce attraverso una piattaforma Blockchain.
Si ritiene che con tale movimento gli artisti possano ricorrere allo schema delle Initial Coin Offering (ICO), per emettere dei
c.d. copyright tokens e finanziare così la propria attività.68 Alla nascita del movimento è direttamente conseguita la creazione di vere e proprie gallerie d’arte digitali ancorate su
xxxxx://xxx.xxxxxxxx.xxxxxx.xx/xxxxx/xxxXxx.xx?xxxXxxx//XX//XXXXxXXxX- TA-2018-0373+0+DOC+XML+V0//IT.
68 Cfr. X. XXXXXX, Blockchain e sistema autorale: analisi di una relazione complessa per una proposta metodologica, in Le Nuove Leggi Civili Commentate, 2021, 1, pp. 213-214
registri Blockchain, come, per esempio, la galleria SuperRare
che gira su Ethereum.69
I token rappresentativi dei diritti iscritti nel registro rendono possibile il tracciamento degli asset digitali, in modo che possa essere utilizzato per risalire alla paternità dell’opera e alla provenienza della stessa.
La tecnologia Blockchain, infatti, come già riscontrato nel corso dell’elaborato, può creare un’impronta digitale unica (tramite il codice hash), sfruttando la tecnologia crittografica, che consenta la verifica della paternità dell’opera e della data di creazione.
I token, inoltre, possono codificare tutte le informazioni relative al diritto iscritto nel registro, a partire dalla titolarità fino ai termini e alle condizioni d’uso dei materiali protetti.
Non mancano, a tal proposito, organismi di gestione collettiva di diritti, come la SIAE, che mirano a far confluire i dati relativi ai diritti amministrati all’interno di un registro distribuito.
Altro vantaggio che si suole evidenziare, riguarda le transazioni degli asset digitali tramite Smart Contracts, che possono garantire una riduzione dei relativi costi e, soprattutto, una maggiore affidabilità e trasparenza delle transazioni stesse.
Infatti, i pagamenti, per esempio, delle royalty a tutti i titolari dei diritti tramite Smart Contracts sarebbero automatici e senza bisogno di intermediazione. Volendo implementare le transazioni tramite Smart Contracts in combinazione con le monete digitali, si potrebbero ottenere micro pagamenti (ossia pagamenti di somme di bassa entità, tipo frazioni decimali di Euro) che andrebbero a garantire il corretto pagamento (e la trasparenza dello stesso) agli autori e/o artisti, trasferendo immediatamente le royalty.
In questo ambito, un esempio è portato da Ujo Music, una piattaforma musicale che utilizza gli Smart Contracts per facilitare la vendita di musica digitale. Nel momento in cui un utente effettua un pagamento per scaricare una determinata canzone, viene innescato il funzionamento dello smart contract che divide istantaneamente il pagamento dovuto ai vari autori che hanno contribuito alle diverse fasi della creazione del brano.
69 Per maggiori informazioni su Ethereum, vedi Cap. 1 par. 1 e 2
Come si nota, si crea una sostanziale disintermediazione, a beneficio di un rapporto “diretto” tra l’autore/artista e gli utenti (i fan).
L’idea che gli Smart Contracts che girano su Blockchain possano essere utilizzati per determinare le modalità di fruizione dei contenuti e dare diretta esecuzione agli accordi contrattuali, nonché di gestire i pagamenti delle royalty e documentare la concessione delle licenze, ha fatto sì che prendesse piede l’opinione che la tecnologia Blockchain potrebbe essere nettamente superiore ai sistemi di gestione DRM.
Tale posizione è stata confermata da numerosi progetti, come quelli sviluppati da Sony (che ha depositato un brevetto per un sistema digitale di gestione dei diritti basato su tecnologia Blockchain) e Kodak (che ha lanciato il progetto KodakOne, che mira a trasformare il settore fotografico attraverso la creazione di una piattaforma di gestione dei diritti sulle immagini, in combinazione con l’uso di token e smart contract per gestire il pagamento istantaneo di royalty e documentare la concessione di licenze).
I vantaggi connessi all’applicazione simultanea di Smart Contracts e Blockchain, oltre a quelli derivanti dall’esecuzione automatica dei contratti per la circolazione dei diritti di autore e dall’utilizzo di token e asset digitale, si rinvengono nella solidità e nella sicurezza garantita da tali tecnologie, soprattutto se raffrontate con i sistemi DRM.
Mentre i sistemi DRM, infatti, sono maggiormente vulnerabili a possibili attacchi da parte di hacker, la natura distribuita della Blockchain garantisce sicurezza, in quanto il registro è simultaneamente distribuito su tutti i c.d. nodi della rete.
Tuttavia, anche l’applicazione della Blockchain potrebbe portare a riscontrare alcune problematiche, alle volte connesse proprio alla struttura stessa della catena di blocchi.
Un problema potrebbe riguardare quei progetti di utilizzo della Blockchain che non si limitino a impiegarla come infrastruttura tecnica, ma anche a impiegare le criptovalute come mezzi di pagamento delle transazioni. La volatilità delle criptovalute mal
si presta ai pagamenti delle royalty connesse all’utilizzo dei diritti su contenuti digitali.
Ulteriore questione può riguardare l’incremento di utilizzo che effettivamente possa esserci della tecnologia Blockchain e degli Smart Contracts in questo settore.
Infatti, per fruire a pieno delle potenzialità di tali tecnologie, è necessario che ci sia una grande quantità di utenti titolari di diritti che decidano di farne uso.
Il campo della gestione dei diritti di autore, quindi, dovrebbe scegliere il sistema Blockchain come sistema di riferimento. Problema ancora più rilevante sembra essere quello delle vendita off-chain, con il rischio del c.d. double spending, ossia della vendita plurima dello stesso asset, al di fuori della Blockchain.
Infatti, l’applicazione del registro distribuito non può impedire l’eventualità che materiali protetti da diritto d’autore siano copiati o venduti all’esterno della catena, senza che, quindi, le relative informazioni siano contenute nella Blockchain (rendendo così le informazioni stesse inaffidabili).
L’unica soluzione proposta sarebbe di vietare le vendite off- chain, impedendo quindi transazioni al di fuori della catena stessa.
Con l’applicazione delle tecnologie Blockchain rimarrebbe anche il problema del garbage-in e garbage-out ovvero l’autenticità dell’informazione che viene aggiunta al registro non può essere controllata e garantita. Vi sarebbe sempre l’inconveniente di dover verificare che le informazioni non siano scorrette. Infatti, mentre la certezza della correttezza delle transazioni è garantita dal sistema Blockchain, le informazione del bene oggetto della transazione (rappresentato sulla Blockchain) non è verificabile dai nodi partecipanti al registro. Alla luce di quanto supra esposto, non vi sono comunque dubbi circa i vantaggi e le potenzialità che potrebbero derivare da un’adeguata applicazione della tecnologia Blockchain e degli Smart Contracts.
A tal proposito vale la pena sottolineare l’interesse che in varie parti del mondo vi è riguardo il binomio diritto d’autore/Blockchain.
Negli Stati Uniti (sempre pioneristici nello sviluppo delle nuove tecnologie) è stata istituita una nuova agenzia incaricata di creare e mantenere una banca dati relativa a opere musicali accessibile a tutti, che prende il nome di Mechanical Licensing Collective (MLC). Dal momento che una delle imprese appaltatrici incaricate da MLC per la creazione della nuova banca dati è una nota impresa sviluppatrice di tecnologie Blockchain, ci si attende che la banca dati sfrutti proprio tale tecnologia.70
Da segnalare è anche l’esperienza della Cina, ove prima una sentenza della Corte Suprema Cinese ha sancito la necessità di dar corso a una valutazione sull’affidabilità e robustezza del sistema Blockchain in tema di copyright e, poi, il Tribunale dell’Internet di Hangzhou ha inaugurato la prima piattaforma giudiziale in Blockchain per le controversie in tema, appunto, di copyright.71
Limitandoci al nostro Paese, suscita sicuramente interesse, infine, il progetto della SIAE, che a fine 2019 ha annunciato la collaborazione con un partner che utilizza protocolli Blockchain, al fine di gestire i dati e le transazioni relativi ai diritti di autore tramite tali protocolli.72
70 Cfr. X. XXXXXX, Tecnologie blockchain e gestione digitale del diritto d’autore e connessi, in Il Diritto Industriale, 2020, 2,
71 X. XXXXXX, Op. Cit. , par.7
72 Per maggiori informazioni sul progetto di SIAE, si veda: xxxxx://xxx.xxxx.xx/xx/xxxxxxxxxx-x-xxxx/xxxxxxx-xxxxxxx-xxxx-xxxxxxxxxxx-xxx-xxxxxxxx- più-efficiente-grazie-alla. ASCAP, SACEM e PRS for Music hanno iniziato un progetto per migliorare l’accuratezza dei dati in favore dei titolari dei diritti. Per maggiori dettagli si veda, xxxxx://xxxxxxx.xxxxx.xx/xx/xxxxx-xxxxxxxxx/xxx- publication/press-releases/ascap-sacem-and-prs-for-music-initiate-jointblockchain- project-to-improve-data-accuracy-for-rightsholders.
5. Smart Contracts e diritto dei consumatori
La necessità di tutelare la parte debole del rapporto contrattuale è, ormai da tempo, avvertita all’interno del nostro ordinamento giuridico.73
Si tratta, in particolar modo, dei contratti B2C (Business to Consumer), ove le parti contraenti sono un professionista e un consumatore.74
La tutela accordata al consumatore, inteso come parte debole del contratto nei confronti del professionista, si rinviene in molteplici norme contenute all’interno del c.d. Codice del Consumo.
Si è posto, quindi, il problema relativo alla tutela del consumatore in caso di contratti B2C conclusi mediante Smart Contracts.
Si è osservato, infatti, come la peculiarità dello strumento utilizzato per concludere il contratto possa aumentare la posizione di debolezza del consumatore stesso.
Invero, l’inesperienza tecnica delle parti dell’accordo può indurre a ritenere che gli Smart Contracts siano uno strumento di difficile impiego per i consumatori, e, quindi, meglio se limitato ai contratti tra imprese e professionisti per evitare problematiche connesse al coinvolgimento dei consumatori.75
Ebbene, trattandosi di uno strumento nuovo, connotato da caratteristiche tecniche complesse e particolari, non è difficile immaginare che un consumatore medio possa riscontrare disagi nel comprendere un contratto concluso con un professionista mediante Smart Contracts.
73 Vedi, a tal proposito, Decreto Legislativo n.206/2005, che ha introdotto nell’ordinamento giuridico italiano il c.d. Codice del Consumo
74 Definizioni individuate dall’art.3, comma 1, lett. a) e c), Codice del Consumo 75 D. DI SABATO, Op. Cit , p.393. E anche Cfr. M. P. XXXXXXXXX, Il consumatore calcolante, Quaderni de “Il foro napoletano”, 45. Xxxxxx, 0000 p. 29
Sono note le numerose norme che impongono penetranti obblighi informativi e di trasparenza a carico del professionista quando vada concluso un contratto con un consumatore.
Basti richiamare gli articoli 34 e 51, comma 7, cod. cons., rispettivamente sulla chiarezza e comprensibilità degli elementi per valutare la vessatorietà delle clausole e sugli obblighi informativi a carico del professionista redatti in un linguaggio chiaro e comprensibile (già citati supra nel testo).76
Orbene, anche negli Smart Contracts le tutele apprestate al consumatore da tali (e altre) norme devono essere rispettate, a maggior ragione se tale tipologia di contratto viene equiparata a un contratto telematico concluso a distanza sulla Rete.
Tuttavia, non tutti gli obblighi informativi predisposti a tutela del consumatore possono essere trascritti nel codice in linguaggio informatico e, inoltre, potrebbe riscontrarsi il problema della chiarezza e comprensibilità di tali informazioni scritte nel linguaggio della macchina.
Ebbene, dal momento che la normativa deve trovare applicazione anche in caso di Smart Contracts la soluzione potrebbe consistere in uno split contract, ossia il modello contrattuale redatto in linguaggio tradizionale corrispondente allo smart contract di riferimento. La previsione di tale modello contrattuale sembra, quindi, essere necessaria.77
Altra difficoltà si riscontra (nell’ormai noto) problema di identificazione delle parti. Infatti, per trovare applicazione la disciplina a tutela del consumatore, bisogna avere certezza che si tratti di un contratto concluso tra un professionista e un consumatore.
Si è già avuto modo di osservare come nelle contrattazioni smart ci si possa facilmente imbattere con parti “nascoste” da anonimato o da pseudonimi, special modo nel caso di Smart Contracts che girano su Blockchain permissionless, prive di
76 X. XXXXXXXXXX, Gli Smart Contracts. Vecchi e nuovi (?) paradigmi contrattuali nella prospettiva della protezione dei consumatori, in Diritto Mercato Tecnologia, 2020, 5, par. 6
77 Cfr. X. XXXXXXXXXXX, X. XXXXXXXXX, A legal analysis of the use of blockchain technology for the formation of smart legal contracts, 2020, 2, par.7
un’autorità centrale di controllo.78 Ciononostante, facendo riferimento all’art. 8-ter del c.d. Decreto Semplificazione (che, come visto, al comma 2 definisce gli “Smart Contracts), la questione sembra risolversi in un falso problema. Infatti, l’identificazione delle parti è elemento imprescindibile per concludere uno smart contract che, nel nostro ordinamente, possa essere ritenuto tale e valido.79
In tal modo la conoscibilità dello status delle parti contraenti (quindi, di professionista e consumatore) è assicurata dalla definizione stessa di Smart contracts data dal legislatore italiano. Questioni si sono sollevate anche in merito all’art.13 del D. Lgs n.70/2003 (che ha attuato in Italia l’art.11 della Direttiva sul commercio elettronico) riguardante l’obbligo per il prestatore dei servizi di accusare ricevuta dell’ordine del destinatario contenente il riepilogo delle condizioni generali e particolari applicabili al contratto e le informazioni relative alle caratteristiche essenziali del bene e del servizio, e il tutto senza ingiustificato ritardo.
Gli obblighi derivanti dalla norma dovranno necessariamente trovare applicazione anche negli Smart Contracts.
L’applicazione dell’art. 13, d’altronde, non sembra porre problemi applicativi relativamente agli Smart Contracts; infatti, l’adempimento di tali obblighi non potranno che essere agevolati dalle caratteristiche tecniche della Blockchain e della contrattazione smart.80
Ebbene, il carattere distribuito della Blockchain potrebbe esplicare la funzione dell’avviso di ricevimento e, quindi, di rilevare la ricezione dell’ordine. Così la transazione dell’accettazione potrebbe essere replicata dai vari nodi della catena, in modo tale da essere visibile anche per il mittente. In
78 Vedi cap. 1 par. 5
79 Infatti, l’art.8-ter, comma 2, stabilisce: “Gli smart contract
soddisfano il requisito della forma scritta previa identificazione informatica delle parti interessate […]”
80 X. XXXXXXXX, Op. Cit., par. 4
tal senso la Blockchain fungerebbe da garanzia per provare sia il ricevimento dell’ordine sia la conclusione del contratto.81 Problemi più rilevanti possono sorgere in riferimento all’esercizio del diritto di recesso così come regolato dall’art. 52 del Codice del Consumo. Si è già osservato, nel corso di questo elaborato, come il diritto di recesso ex art. 52 cod. cons., in relazione agli Smart Contracts, rischi di essere un rimedio, da un lato, forzato e, dall’altro, gravoso.
La natura stessa di tale tipologia di contratti, infatti, evidenzia una distonia con l’esercizio del recesso a tutela dei consumatori.82
Tuttavia, è opportuno evidenziare che non mancano opinioni contrarie di chi ritiene agevole e garantito l’esercizio di tale rimedio negli Smart Contracts.
Ebbene, si ritiene che il diritto di recesso possa essere programmato all’interno dello smart contract, cosicché l’esecuzione del contratto tenga conto del tempo in cui il consumatore possa esercitare il suo ius poenitendi per “sospendere” l’esecuzione automatica fino al momento in cui il termine sia inutilmente spirato.83
In conclusione, facendo un passo oltre gli interrogativi supra evidenziati, non si può negare che gli Smart Contracts, per loro natura, trovino terreno fertile proprio nel campo dei contratti dei consumatori, in particolare per tre ordini di ragioni.
In primo luogo, i contratti dei consumatori sono, in genere, standardizzati e unilateralmente predisposti, da cui deriva un’applicazione agevolata di protocolli informatici ricorrenti. Inoltre, si è osservato come, allo stato attuale, l’applicazione degli Smart Contracts è incentrata su contratti di massa per adesione e, quindi, per lo più standardizzati (in quanto riducono
81 X. XXXXXXXXXXX, X. XXXXXXXXX, Blockchain e diritto contrattuale, ecco le implicazioni giuridiche, 2020, 11, disponibile su xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxx.xx/xxxxxxxxx/xxxxxxxxxx-x-xxxxxxx-xxxxxxxxxxxx- ecco-le-implicazioni-giuridiche/, consultato il 02/06/2021
82 Vedi cap. 2 par. 4 e Cfr. X. XXXXXXX, Op. Cit., pp. 62-65
83 Cfr, A. DAVOLA, Blockchain e Smart Contract as a Service: prospettive di mercato a criticità normative delle prestazioni BaaS e SCaaS alla luce di un’incerta qualificazione giuridica, in Il Diritto Industriale, 2020, 2 e anche X. XXXXXXXX, Op. Cit., par. 4
i rischi correlati alle capacità tecniche e informatiche delle parti).
In secondo luogo, si ritiene che i consumatori siano i soggetti che più possano trarre benefici dall’esecuzione automatica dei contratti, in quanto in antitesi con le ipotesi di inadempimento nei contratti tradizionali, ove spesso i consumatori, di fronte a costi e difficoltà, sono scoraggiati da far valere i propri diritti in giudizio.
Infine, la Blockchain si mostra idonea a ridurre le asimmetrie informative, potendo condividere, in tempo reale e in modo trasparente, tutti i dati contenuti all’interno della Blockchain stessa.
CONCLUSIONI
Alla luce dell’analisi svolta nel presente elaborato, sembra potersi concludere, innanzitutto, che la tecnologia Blockchain e gli Smart Contracts rappresentano degli strumenti innovativi e duttili, le cui caratteristiche peculiari possono costituire una “rivoluzione” nel panorama dei contratti.
Dopo un approccio di verghiana memoria, che, per citarlo, riteneva il progresso grandioso se visto da lontano, l’interesse del mondo giuridico intorno al fenomeno degli Smart Contracts e all’applicazione delle nuove tecnologie è, negli ultimi anni, in crescita.
Il nostro legislatore, infatti, con un pioneristico (in ambito europeo) intervento normativo ha voluto introdurre nel nostro ordinamento giuridico una definizione sia di registro distribuito (DLT) sia di Smart Contracts, come visto, ai primi due commi dell’art. 8-ter della L. n.12/2019. Nonostante non si tratti assolutamente di un intervento definitivo (da subito, infatti, si sono sollevate questioni volte a sottolineare l’insufficienza delle disposizioni legislative e la mancanza di una disciplina organica) e si rivela ancora lunga la strada per una regolamentazione adeguata alla maturità di tali istituti, non si può oltre negare che a tali nuove tecnologie è stata riconosciuta l’accettazione giuridica.
Le potenzialità e i vantaggi legati all’applicazione degli Smart Contracts su piattaforme Blockchain si è visto essere molteplici. Lo sfruttamento delle caratteristiche insite nella natura del registro distribuito può rendere concreta l’aspirazione a un diritto (dei contratti) più certo, sicuro, rapido e trasparente.
L’elaborato è partito dalla premessa dell’erroneità di voler (anacronisticamente) inquadrare, oggi, ogni tipologia di contratto nell’alveo del concetto tradizionale dello stesso, così come disciplinato dagli articoli 1321-1469 del Codice Civile.
Supponendo, infatti, che così non fosse, si negherebbe l’ingresso nel nostro ordinamento giuridico di istituti maturi (al passo con la società attuale e con lo sviluppo tecnologico), che nulla andrebbero a togliere alla disciplina contrattuale.
La società si evolve, il diritto si evolve.
L’elaborato si poneva l’obiettivo di poter qualificare gli Smart Contracts come dei veri e propri contratti.
In considerazione delle analisi svolte, si può concludere affermando che gli Smart Contracts, a certe condizioni e, quindi, quando presentano tutti gli elementi richiesti dalla legge, si possono qualificare come contratti.
Una tipologia di contratti nuova e peculiare, ma pur sempre contratti.
Si deve, ancora una volta, evidenziare la necessità di un intervento normativo satisfattivo, che possa dare una disciplina organica e armoniosa ai nuovi contratti, con l’ausilio, medio tempore, dei giuristi nello sviluppo e nella conoscenza delle nuove tecnologie.
Tuttavia, l’applicazione già concreta degli Smart Contracts in determinati settori, dove maggiormente per caratteristiche sono riusciti a imporsi, ha mostrato i potenziali e i benefici che se ne possono tratte in ambito contrattuale (vedasi il settore finanziario e il settore dell’energia elettrica).
Proprio per tale motivo è necessario un intervento normativo per un prodotto che, in diversi ambiti, è già maturo; inoltre, bisogna osservare con fiducia l’espansione di questa nuova tipologia di contratti in altri settori, come (ad esempio) quello del diritto del lavoro.
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