FATTI DI CAUSA
Cassazione Civile Sentenza n. 23182 Pubblicata 27/09/2018
[omissis]
FATTI DI CAUSA
Con atto pubblico a rogito dott. xxxx, xxxx acquistarono in data 28/2/2008 da xxx xxx un appartamento sito in piano interrato di un complesso immobiliare di xxx. Nell'atto di compravendita si diede atto che la parte venditrice aveva dichiarato di aver presentato domanda di condono per il cambio di destinazione d'uso da magazzino ad uso residenziale ma contestualmente si dichiarava che era venduta come di categoria A3 e non come catagoria C/2. Successivamente alla stipula dell'atto, in data 9/5/2008 il Comune di xxx comunicò al venditore il diniego del permesso di condono, sicchè i compratori convennero il venditore davanti al Tribunale di xxx per sentir pronunciare la risoluzione del contratto per vendita di aliud pro alio e la restituzione del prezzo, in subordine la riduzione del prezzo e la restituzione del maggior importo versato, oltre al risarcimento danni.
Venne convenuto in giudizio anche il notaio xxx, chiedendo accertarsi la sua responsabilità professionale e la condanna al risarcimento dei danni. Per quel che ancora rileva in questa sede, il notaio chiese il rigetto della domanda assumendo che la scheda catastale dell'immobile recava la categoria A3 e che in tale qualità era stato già oggetto di un precedente contratto di compravendita, stipulato da altro notaio, sicchè l'obbligo di effettuare le visure catastali doveva ritenersi assolto.
Il Tribunale di xxx riconobbe la gravità dell'inadempimento, pronunciando la risoluzione del contratto di compravendita, la condanna alla restituzione del prezzo ed al risarcimento dei danni e, per quel che ancora rileva in questa sede, in ordine alla responsabilità del notaio, affermò che il medesimo non avrebbe potuto limitarsi a registrare passivamente la volontà delle parti ma avrebbe avuto l'obbligo di svolgere tutte le visure catastali, non essendo stato esonerato in tal senso dalle parti. Dopo aver esaminato l'atto di provenienza il notaio avrebbe dovuto avvedersi che la descrizione dell'immobile ivi contenuta non corrispondeva alla descrizione riportata nell'atto di compravendita, specialmente in presenza di una domanda di condono che avrebbe dovuto illuminare circa la condizione dell'immobile. Il Tribunale, pertanto, condannò il notaio a restituire la somma percepita a titolo di compenso professionale e ai danni.
La Corte d'Appello di xxx, con sentenza del 26/1/2016, ha rigettato l'appello confermando la responsabilità del notaio ai sensi dell'art. 1176 c.c. e dunque non solo per quanto accertato nel rogito ma anche per tutte le attività preparatorie, con particolare riguardo alle visure catastali e ipotecarie, obblighi intrinseci all'art. 1176 c.c. E successivamente recepiti dal legislatore con il d.l. n. 78 del 2010.
Avverso quest'ultima sentenza il dott. xxx propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. Resiste con controricorso, illustrato da memoria, xxx.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo (violazione dell'art. 360, co. 1, n. 5 c.p.c. - Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti) il ricorrente censura la sentenza nella parte in cui non avrebbe considerato che il notaio avesse assolto ai propri obblighi professionali verificando il precedente passaggio diproprietà dell'immobile nel quale il medesimo sarebbe stato indicato come appartamento ad uso residenziale corrispondente alla situazione catastale A3.
1.1 II motivo è inammissibile sotto più concorrenti profili. Innanzitutto il ricorrente non tiene conto della intervenuta modifica dell'art. 360 n. 5 c.p.c. che non consente più la censura
della motivazione ma il solo rilievo di omesso esame di un fatto decisivo, con esclusione di doglianze relative alla valutazione o alla scelta delle prove da parte del giudice del merito. In presenza di una domanda in sanatoria il notaio non avrebbe potuto dare atto, nel rogito, che l'immobile era abitativo e venderlo come tale, sicchè questo solo elemento consente di escludere in radice la ricorrenza del vizio di cui all'art. 360 n. 5 c.p.c. Ad una lettura attenta del ricorso si evince poi che il ricorso non fa riferimento ad un fatto decisivo, che sarebbe stato omesso, ma consiste esclusivamente in censure mosse in ordine alla valutazione dell'operato del giudice, inammissibile in questa sede. Il motivo è altresì inammissibile, ai sensi dell'art. 360 bis c.p.c., in quanto il provvedimento impugnato ha deciso su una questione di diritto in modo conforme alla giurisprudenza consolidata di questa Corte. Infatti, per il notaio richiesto della preparazione e stesura di un atto pubblico di trasferimento immobiliare, la preventiva verifica della libertà e disponibilità del bene e, più in generale, delle risultanze dei registri immobiliari attraverso la loro visura, nonché l'informativa al cliente sul suo esito e, nell'ipotesi di constatazione di presenza di iscrizioni pregiudizievoli, la dissuasione del cliente dalla stipula dell'atto, costituiscono, salva l'espressa dispensa degli interessati dalla suddetta verifica, obblighi derivanti dall'incarico conferitogli dal cliente e, quindi, fanno parte dell'oggetto della prestazione d'opera professionale, poiché, pur essendo il notaio tenuto, quale professionista, ad una prestazione di mezzi e comportamenti e non di risultato, l'opera di cui è richiesto non si riduce al mero compito di accertamento della volontà delle parti e di direzione della compilazione dell'atto, ma si estende a quelle attività preparatorie e successive, necessarie perché sia assicurata la serietà e certezza dell'atto giuridico da rogarsi ed in particolare la sua attitudine ad assicurare il conseguimento dello scopo tipico di esso e del risultato pratico voluto dalle parti dell'atto. Ne consegue che l'inosservanza di detti obblighi dà luogo a responsabilità contrattuale per inadempimento del contratto di prestazione d'opera professionale, a nulla rilevando che la legge professionale non faccia riferimento a tale responsabilità, posto che essa si fonda sul contratto di prestazione d'opera professionale e sulle norme che disciplinano tale rapporto privatistico (Cass., 3, n. 5946 del 15/6/1999; Cass., 3, n. 22398 del 27/10/2011; Cass., 2, n. 4427 del 2/3/2005; Cass., 2, n. 547 del 18/1/2002).
2. Con il secondo motivo (violazione dell'art. 360, co. 1, n. 4 c.p.c. dell'art. 111 Cost. E dell'art. 132, n. 4 c.p.c. - mancanza di motivazione della sentenza) il ricorrente censura la sentenza nella parte in cui non avrebbe motivato sull'attività cui il notaio sarebbe stato tenuto. La motivazione risulterebbe, comunque, perché fonderebbe la responsabilità del notaio su una legge, n. 79 del 2010, entrata in vigore dopo l'emanazione del rogito.
3. Con il terzo motivo (violazione dell'art. 360 c. 1 n. 4 c.p.c., dell'art. 11 disp. prel. c.c. Infondatezza e difetto di xxxxxxx xxxxxxx) insiste nella censura articolata nel precedente motivo secondo la quale la motivazione sarebbe illegittima perché basata su un d.l. n. 79/2010, entrato in vigore due anni dopo la stipula del rogito da parte del notaio.
3.1. Il secondo ed il terzo motivo possono essere trattati congiuntamente per evidenti ragioni di sovrapposizione, e sono entrambi infondati. Innanzitutto, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, gli addebiti di responsabilità al notaio non consistono tanto in illegittimi comportamenti attivi che avrebbe tenuto ma in comportamenti omissivi, quale un accertamento più approfondito a fronte di una domanda di condono non accoglibile, la mancata informazione alle parti sulla reale situazione dell'immobile, etc. La motivazione è più che adeguata e la pretesa violazione di una norma di legge entrata in vigore successivamente alla stipula è puramente pretestuosa, in quanto la Corte d'Appello ha inteso, solo ai fini di arricchire la motivazione, indicare che gli obblighi di cui all'art. 1176 c.c., hanno trovato conferma in una disciplina dettata specificamente per i notai, di ancora maggior rigore, con la normativa del 2010.
4. Con il quarto motivo [violazione dell'art. 360, co. 1, n. 4 c.p.c. - dell'art. 32 del D.L. 269/2003 (conv. con L. 326/2003) e dell'art. 1176 c.c.] Il ricorrente assume che esso
notaio, una volta ricevuta la dichiarazione di cui all'art. 46 del T.U. edilizia, non avrebbe avuto alcun dovere di attivarsi al fine di eseguire ulteriori verifiche.
4.1 L'assunto è manifestamente infondato. E' evidente che, dalla presenza di una domanda di condono, il notaio avrebbe dovuto trarre elementi per rifiutare il rogito di un immobile ad uso abitativo e non limitarsi alla formalistica trascrizione degli estremi della domanda già presentata per regolarizzarne la destinazione urbanistica.
5. Conclusivamente il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo. Sussistono i presupposti ai sensi dell'art. 13 comma 1- quater del d.P.R. n. 115 del 2002, per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, liquidate in €4.100 (più €200 per esborsi), più accessori di legge e spese generali al 15%. Dà atto ai sensi dell'art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato.
Così deciso in Roma, il 30/5/2018
Fonte://xxxxxxxxx.xxxxxxxxx.xx